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Collana editoriale di testi inediti o rari di età umanistica o rinascimentale, ideata da Giovanni
Gentile e da un ricercatore della scuola normale superiore di Pisa Paul Kristeller, tra Gentile e
Kristeller si era formata l’idea che si dovesse dare spazio alla pubblicazione in edizione critica di
testi di età umanistica o rinascimentale presso la normale superiore di Pisa.
Il primo testo che fu pubblicato fu l’edizione critica dei Carmina di Cristoforo Landino, autore la
cui produzione risultava interessante agli occhi di Gentile e Kristeller. Venne pubblicato per le cure
di Alessandro Perosa, filologo classico specializzato in letteratura greca, che ne procurò un’edizione
critica, che per noi risulta la prima vera edizione critica che rispetta precetti fondativi della filologia
umanistica. Perosa cercò di dare un’edizione critica più completa e definitiva.
Ricevette immediatamente una recensione molto dura e negativa da parte di un collega classicista,
latinista, Nicola Terzaghi, a suo giudizio segnalò tutti quegli errori che Perosa aveva lasciato nel
testo di Cristoforo Landino. Errori di ricostruzione soprattutto nell’ambito della metrica, Terzaghi
aveva notato che nel testo pubblicato vi fossero versi ipometri e ipermetri.
In risposta Perosa pubblica nella rivista del periodico della scuola normale un saggio con il titolo
“critica congetturale e testi umanistici”, già intendeva dire che con l’operazione critica un editore
esegue quando ricorre ad una emendatio (correzione) in maniera tale da sanare evidenti errori con la
forza del proprio ingenio, e dunque congetturando (ipotizzando) quale potesse essere la lezione
corretta.
Perosa sosteneva in risposta che in effetti egli avesse lasciato di propositi quegli errori metrici in
quanto l’autore stesso non aveva certamente quella perfezione metrica di composizione di versi e
correggere quegli errori avrebbe significato correggere l’autore stesso.
Gli autori medievali e umanistici non sono sempre capaci di distinguere la regola principale
prosodica latina.
Stemmatica: branca della filologia che riassume in se la teoria e la tecnica della tradizione e
dell’edizione di un testo. Stemma codicum: di tutte le fonti che oggi trasmettono un determinato
testo. Rappresentazione genealogica di tutte le fonti manoscritte e a stampa che oggi trasmettono un
determinato testo. Si chiamano testimoni le fonti manoscritte e a stampa che trasmettono un testo.
Ci testimoniano, ci danno una versione di quel testo ancora oggi e dunque possiamo interrogarli,
grazie alle versioni di questi testimoni possiamo procedere a costruire un testo nella sua autenticità.
Incunaboli: testi a stampa prodotti dall’inizio della stampa fino all’anno 1500 compreso. Dal latino
cuna “culla”.
Recensio: raccolta, censimento di tutti testimoni manoscritti o a stampa di un’opera. E’ un primo
gradino di quel metodo filologico attribuito a Lachmann, metodo ricostruttivo delle tradizioni
manoscritte.
Oggi usiamo un metodo neolachmanniano: lachmann diceva che bisognava recensere sine iudicio,
pensava non tanto alla raccolta dei testimoni ma alla Collatio: confronto, comparazione tra i
testimoni censiti di una determinata opera. Il filologo deve procedere a collazionare la lezione
tradita di tutti i testimoni che è riuscito a censire.
Non tutti i testimoni tramandano lo stesso testo, le testimonianze che raccogliamo sono divergenti
in vari punti, per quale motivo questo accade? Se non è sopravvissuto l’autografo e non abbiamo la
volontà certificata dell’autore, dobbiamo sempre immaginare che il testo originale sia stato copiato.
Per definizione filologica fondamentale qualsiasi copia è viziata almeno da un errore.
Interpolazioni, errori materiali (si è danneggiato un foglio, macchie di inchiostro, umidità), errori di
copia prodotti per distrazioni, meccanici di penna, errori di lettura. Il testimone da cui si genera una
copia viene chiamato Antigrafo, a sua volta la copia che deriva dall’antigrafo si chiama Apografo.
Corruttela: alterazione tale da essere reputata errore, cioè derivata da un errore.
La versione alterata che può essere interrogata sia concorrente, che sia tanto valida quanto quella
che si ritrova in un altro testimone, si parla di Variante: da una collazione emergeranno
necessariamente errori e varianti.
L’albero genealogico è un approdo teorico.

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Tre casi di copia:

- A (apografo) - B (antigrafo)
- B-A
- X-AeB
Indicati con lettere maiuscole vuol dire per convenzione che questi due codici sono oggi conservati,
cioè esistono. Contrariamente nel caso in cui il codice non sia sopravvissuto ma noi possiamo
ipotizzarne l’esistenza useremo le lettere minuscole dell’alfabeto latino. In più se stiamo
ipotizzando famiglie di testimoni o all’archetipo ricorreremmo all’alfabeto greco.
Perché B sia copia di A è necessario che abbia tutti gli errori di A più i propri. Nel terzo caso A e B
non sono in un rapporto di padre-figlio, ma in un rapporto collaterale, hanno un genitore comune
che in questo caso è X. A e B condividono almeno un errore congiuntivo, e hanno anche errori
propri. Errore congiuntivo: errore che riesce a congiungere, a stabilire una parentela tra due o più
testimoni. In più si dice che un errore congiuntivo è un errore monogenetico, errore che si è
generato una volta soltanto, lo ha prodotto un copista e quello stesso errore si è trasmesso a più
testimoni. Vuol dire che X aveva un errore che si è trasmesso al testimone A e B.
Ha natura monogenetica, è stato prodotto una volta soltanto e i testimoni che lo possiedono lo
hanno ereditato da quel testimone che lo ha prodotto una volta soltanto.
Errore particolare: almeno un errore sia in comune e un errore ciascuno dei due testimoni lo abbia
particolarmente e cioè non lo condivida con il fratello.

STEMMA CODICUM

O: originale, la prima copia realizzata nello scrittoio dell’autore. Autografo: un originale può essere
autografo, ma può non essere stato realizzato dalla mano dell’autore ma da un suo assistente che ha
copiato il testo, anche sotto dettatura ma in luogo dell’autore. Autografo se realizzato dalla mano
dell’autore. Idiografo: se originale ma sotto sorveglianza e per volontà dell’autore stesso scritto da
un altro copista.
Esemplare normativo: quell’esemplare che costituisce la forma autorizzata con la quale il testo può
diffondersi, può uscire dal suo scrittoio e deve conservare per volontà dell’autore tutte le
caratteristiche conforme all’originale.

Decimazione: ridotte ad un numero più esiguo le copie che sono circolate nel tempo.
Errore d’archetipo se è presente in tutti i testimoni sopravvissuti della tradizione. C’è un errore
congiuntivo che accomuna oggi A, B, C, D, tutti e 4 i testimoni hanno uno stesso errore.
Emendatio che non è sulla base dei codici (ope codicum), ma un emendatio ope ingenii, ossia
dovrò escogitare quello che in filologia è una congettura, cioè riuscire ad immaginare.
Recentiores non deteriores: i testimoni più recenti della tradizione di un’opera non sono
necessariamente i testimoni più corrotti di quella tradizione. Il concetto è stato espresso chiaramente
per la prima volta da Giorgio Pasquali, che nel 1934 realizza una monografia teorica della filologia
che si intitola storia della tradizione e critica del testo.
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eliminatio codicum descriptorum: processo di semplificazione per cui siamo invitati a semplificare
il nostro processo di ricostruzione del testo, mettendo da parte tutti quei testimoni copiati a partire
dagli altri testimoni che possediamo.
eliminatio lectionium singolarium:

quando siamo certi che un manoscritto dipenda da un altro manoscritto conservato, il manoscritto
prende il nome di Codex Descriptus. Teoricamente il Codex descriptus è sempre più corrotto del
suo antigrafo.

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Errore congiuntivo: quello più forte è la lacuna o anche detta omissione, non è vero che tutte le
lacune sono da considerarsi errori congiuntivi, perché ci sono tipi particolari di lacune che non sono
tali da avere una natura monogenetica. Saut du même au même o lacuna per omeoteleuto (parole
che terminano alla stessa maniera) questo stesso tipo di omissione i tipografi antichi lo chiamavano
pesce, in realtà indica una particolare omissione che ha natura poligenetica. Quando noi copiamo un
testo leggiamo il testo nell’antigrafo, breve porzione di testo che memorizziamo e trasferiamo sul
foglio, saltando per intero una porzione. Pericope: porzione di testo saltata, che è compresa tra due
elementi simili o identici.
Non è un errore che ci permette di apparentare uno o più testimoni.

Due criteri che teniamo in considerazione per operare una selectio (la scelta che l’editore critico
opera tra due o più varianti testuali): lectio difficilior e l’usus scribendi, che è la prassi linguistica di
un autore, è un modo per misurare lo stile dell’autore, per ricavare informazioni da altri contesti che
possano tornare utili alla nostra scelta per attribuire una o più varianti alla volontà del nostro autore.

Archimandrita e archiepiscopus, due modi diversi di dire arcivescovo.

Varianti adiafore: portano indifferentemente alla stessa soluzione, sono equivalenti e sono entrambe
le varianti o più concorrenti, potenzialmente attendibili perché possano essere considerate prodotto
dell’autore.
Criterio della prossimità semantica.
Criterio della distanza grafica.

Originale in movimento: Si muove nel tempo.


Archetipo in movimento:

16/03
Censura: se un testo è stato censurato questa azione non corrisponderà più alla libera volontà
dell’autore, ci troviamo davanti a un caso di fattore esterno che ha inciso sul testo e sulla volontà
dell’autore.

22/03
Codicologia: descrivere e studiare il libro manoscritto nelle sue caratteristiche formali. Procedere a
una illustrazione tecnica di quelle che sono le particolarità fisiche che compongono il libro, due
opzioni: cartaceo o pergamenaceo.
La codicologia si occupa di esaminare la convenzione dei manoscritti, la struttura del libro, la
rilegatura e altri dati tecnici.
Nel medioevo definiscono come passaggio fondamentale dal volumen (rotolo) al codex (libro come
lo intendiamo noi). I materiali utilizzati sono il papiro, la pergamena, la carta (introdotta solo verso
la fine del medioevo).
La pergamena aveva un supporto riutilizzabile, che poteva essere cancellato, con del liquido
solvente veniva eliminato l’inchiostro o addirittura rasato.

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