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Bologna, 14 giugno 2011 L ORIZZONTE DELLE IMPRESE.

Investimenti, sviluppo e nuovi mercati Confindustria Emilia Romagna Intervento di Corrado Passera PASSERA: Bisogna ringraziare Vincenzo Boccia, perch una di quelle persone che hanno mantenuto la voglia e il coraggio di pensare in grande. Magari ci ha provocato con una frase un po eccessiva, diventare il paese pi forte del mondo, per non molto lontano da quello che anchio personalmente penso. Probabilmente come economia, non fosse altro per la nostra dimensione, non lo saremo mai, ma come paese, come societ, noi dobbiamo e possiamo tendere a essere un gran bel posto nel quale vivere, crescere, prosperare, produrre lavoro ecc., perch ci sono elementi, come la competitivit delle nostre imprese - oggi abbiamo ascoltato una serie di imprenditori la cui esperienza devo dire apre il cuore - come la coesione della nostra societ, che a molti altri paesi non basterebbero mille anni per mettere insieme. Ci mancano dei pezzi, ci manca parte dellefficienza del sistema Paese, ma che possiamo migliorare, come in molti casi abbiamo dimostrato, perch anche la Pubblica Amministrazione, io ne ho avuto esperienza diretta, pu essere girata in positivo e ribaltata di 180 gradi, se si vuole veramente farlo. Ci mancano poi alcuni elementi che contribuirebbero a rendere il Paese pi dinamico: ci mancano, ad esempio, meccanismi decisionali adeguati, anche se stiamo ancora parlando di cose che possiamo migliorare senza troppi problemi. Quindi, anche se sembrava una provocazione, noi dobbiamo crederci, perch cos: abbiamo alcuni degli elementi per poter essere un gran bel paese nel quale vivere e crescere, dal quale partire per la conquista del mondo, anche se, soprattutto dal punto di vista economico, dobbiamo aggiustare alcuni pezzi che non funzionano. Veniamo al tema della crisi. Credo che tutti siamo daccordo che il peggio passato, anche se penso, come professionista e come cittadino, che non ci potremo sentire fuori dalla crisi fino a quando non avremo ricominciato a creare posti di lavoro, cosa che non ancora successa. Lammontare del disagio sociale che si inevitabilmente accumulato, in tutta Europa, non soltanto in Italia, ma certamente anche in Italia, in realt nascosto dalle statistiche ufficiali, perch noi censiamo i disoccupati, ma in realt il malessere occupazionale fatto di disoccupati, di inoccupati scoraggiati, di sotto-occupati, di sospesi dalloccupazione che sono registrati, come occupati come i lavoratori in CIG, e questo numero, probabilmente nessuno di noi sa qual , un multiplo del numero rilevato dei disoccupati ufficiali. Non dobbiamo, n possiamo, quindi, sentirci esclusi, anche se vediamo alcuni elementi positivi di ripresa, di rilancio: alcuni di questi sono stati presentati stamattina per quanto riguarda lEmilia Romagna,

che uno dei motori delleconomia del paese, che sta trainando prima di altre la ripresa complessiva. Per non siamo completamente al riparo e non dobbiamo sentirci, come classe dirigente, lo diceva Boccia prima, a posto con noi stessi fino a quando non si sar rimessa in moto una crescita sostenibile, sufficiente a creare posti di lavoro in misura importante. Cosa ci dicono le aziende di successo? Sia dallindagine di Confindustria della settimana scorsa, sia dalla vostra di stamattina, sia dalle parole, dallesperienza degli imprenditori che abbiamo sentito, si capisce come la formula magica in realt non esista. Il circolo virtuoso per rilanciare la competitivit delle imprese fatto di grande efficienza, ma soprattutto di innovazione, di investimenti in capitale umano, di capacit di essere sui mercati internazionali, e tutte queste cose hanno un minimo comune denominatore, nel senso che non si pu realizzarne quasi nessuna se non si ha una massa critica sufficiente, che cambia da settore a settore, ma senza la quale non si pu produrre innovazione, internazionalizzazione, n investimenti importanti in capitale umano e certamente non si possono raggiungere livelli di efficienza sufficienti. Se questa la lezione che ci danno le imprese che stanno trainando lItalia di nuovo fuori dalla crisi, tutti, banche per prime, imprenditori per primi ma anche la Pubblica Amministrazione e il mondo della politica devono lavorare a fondo su tutte queste cose. Sulla dimensione, ad esempio, si pu fare molto, basta guardare a cosa hanno fatto altri paesi per facilitare le fusioni, per premiare investimenti e capitale che entrano nelle aziende. C da dire per che il nostro paese alcuni strumenti che prima non aveva riuscito poi a darseli, come il Fondo Italiano per le piccole e medie imprese. Bene, ma dobbiamo continuare a pensare a tutte quelle cose che scoraggiano la crescita per eliminarle quanto prima, perch non solo non abbiamo dei meccanismi che facilitano, che incentivano la crescita dimensionale, ma abbiamo anzi in taluni casi meccanismi che penalizzano chi cresce: vincoli burocratici, vincoli giuslavoristici, vincoli fiscali ecc., tali per cui conviene alla fine avere unazienda piccola piuttosto che un gruppo pi forte ed esteso. Su questo tema, cosa possiamo fare come banche? Possiamo fare il nostro mestiere e metterci un po di pi in termini di capitale, e questo labbiamo fatto in pi di un centinaio di casi e quasi sempre con buoni risultati, provocando effetti positivi, perch certe volte non basta mettere risorse di debito, bisogna anche saper mettere capitale di rischio. Labbiamo fatto inventandoci insieme alla Piccola di Confindustria, nel momento massimo della crisi, dei meccanismi particolari come la moratoria piuttosto uno strumento chiamato ricap, vale a dire: tu imprenditore metti 100 mila euro o 1 milione e la banca mette 3, 4, 5 volte in prestiti aggiuntivi a lungo termine senza garanzie. Devo tuttavia dire che questo strumento non ha funzionato come nelle nostre attese, nel senso che su 2 mila richieste di moratoria, ne giungevano 10-12 di

ricap, a dimostrazione di quanto sia difficile nel nostro Paese spingere e incentivare la crescita dimensionale. Nellinnovazione bisogna invece essere capaci di finanziare anche quello che non si comprende nellimmediato, perch c una componente tecnologico-scientifica che la banca da sola non pu dominare. Occorre pertanto collaborare con luniversit piuttosto che con competenze esterne, e impegnarsi per fare da ponte tra il mondo della ricerca, molte volte esterna allazienda e alla stessa banca, e il mondo delle imprese. C da fare molto e di pi in termini di incentivazione fiscale alla ricerca: noi vediamo altri paesi che si stanno portando via impianti e laboratori da tutto il mondo, rendendo la ricerca meno costosa del 30, 40, 50% rispetto allinvestimento iniziale. I paesi che ci credono lo fanno con grande determinazione e questo pu portare a buoni risultati. Sul fronte dellinternazionalizzazione, chiaro che fatto il primo passo, che quello relativo allaumento dimensionale, le banche possono fare qualcosa di utile. Noi abbiamo deciso, in un certo numero di paesi, di essere presenti con banche complete, cio con banche universali, istituti leader e ben radicati nei Paesi di riferimento, mentre in altri 40 Paesi di esserci solo con le strutture di supporto, soprattutto nei paesi difficili, perch nei paesi avanzati ormai gli imprenditori non hanno bisogno di essere sostenuti. Per, per esempio, in Cina siamo presenti potendo mettere in moto sia meccanismi di credito, sia di capitale, sia di consulenza, e questo pu fare la differenza. Certo che se riuscissimo a mettere insieme e a coordinare meglio tutti gli sforzi che il paese pu e deve fare - le strutture diplomatiche, le strutture del commercio estero, le strutture del Ministero degli Esteri, gli istituti culturali allestero, lICE, la SIMEST ecc. - sarebbe certamente meglio. Questi sono soltanto degli esempi, se poi vogliamo andare a vedere quali sono gli elementi di sistema che maggiormente aiutano la crescita e la forza delle aziende, di nuovo torniamo su cose ben conosciute su cui non sempre si fa abbastanza. Abbiamo sicuramente un problema, come paese, di costi non competitivi dellenergia. Alcune scelte fatte anche ultimamente, probabilmente inevitabili, non vanno certamente nella direzione di risolvere questo problema, anche se rimane il fatto che dobbiamo continuare a lavorare sia sul tema del risparmio energetico sia sul tema della ricerca nelle energie alternative. Veniamo ora al tema della disponibilit del credito. I numeri ci dicono che anche nella fase pi difficile della crisi, il credito rimasto pi o meno uguale allanno precedente, e anche nella fasi pi acute della crisi esso non mai calato. Prendiamo lEmilia Romagna: nel 2007-2008 addirittura salito del +10%, per poi scendere, segnando per sempre un positivo +5%, fino ad un avvallamento sotto lo zero verso la fine del 2009, anche se di poco. Nel corso del 2010 il credito ha ripreso una dinamica positiva e nel primo trimestre di questanno ha registrato quasi il 6% di crescita rispetto

allanno scorso, che vuol dire varie volte sopra la crescita del Pil. Se guardiamo lItalia nel suo complesso rispetto allandamento delleuro zona, vediamo che siamo sempre stati sopra in termini di offerta di credito, e adesso siamo molto al di sopra rispetto alla media europea. Questo non vuol dire che non ci siano problemi, non vuol dire che non dobbiamo sforzarci di trovare insieme soluzioni migliori, anche per gestire il dopo Basilea 3 con tutte le sue implicazioni. Per come sistema si pu dire che abbiamo tenuto bene. E chiaro che il credito non pu essere dato in modo automatico, ma nessun imprenditore chiederebbe mai di farlo, n chiederebbe di farlo chi non lo merita: ricordiamoci sempre che la crisi viene anche da una cattiva modalit di concessione e gestione del credito. Quindi in tema di disponibilit di credito non possiamo dire di essere messi male; siamo messi male in termini di meccanismo decisionale, di qualit del sistema di istruzione e di formazione. In termini di infrastrutture c moltissimo da fare e si pu farlo senza mettere in difficolt i conti pubblici. C da pensare a un fisco che faciliti, premi molto di pi chi investe, chi cresce, chi assume, chi mette capitale nelle aziende. In compenso abbiamo, rispetto ad altri paesi, un sistema di welfare certamente da aggiustare, che per solido. E anche il sistema di welfare e tutto ci che garantisce coesione sociale, e tutto ci che elimina paura sul presente e sul futuro, alla fine uno straordinario motore di crescita. DOMANDA di Marco Alfieri: Raccolgo anche lapertura che mi sembra abbia fatto Boccia, per chiedere a Corrado Passera, sembra davvero una domanda paradossale da fare a un banchiere, ma, come dire, in Italia, lo dicevamo prima, tutti bussano alle porte della banca: siamo oggettivamente un paese molto banco-centrico, e devo dire che non sempre un bene. Insomma, dal punto di vista di un banchiere, questa pu essere una diversificazione utile oppure un rischio? PASSERA: Questa volta inizio correggendo Boccia, ma facendolo in positivo. Lui dice: il mio mandato un mandato suicida, perch devo distruggere associati. No, in realt tra i suoi mandati, ma tra i compiti che tutti noi abbiamo, c anche quello di far nascere nuove aziende, perch molto spesso parliamo solo delle aziende esistenti, di come farle crescere, e non parliamo di un motore di crescita formidabile in tutti i paesi pi forti del mondo, che quello che permette la nascita di nuove aziende, che ovviamente parte dalla cultura del rischio e dellimprenditorialit. Si parte dal premiare il giovane che si mette per conto suo e non che va a fare certi altri mestieri; passa attraverso facilitatori, passa attraverso meccanismi come il venture capital, come da altri tipi di finanziamento che oggi ancora non sono premiati; passa attraverso delle semplificazioni che ancora non abbiamo. Per io mi auguro che con

lentusiasmo che ci metti in tutto avrai pi associati alla fine del tuo mandato, sia perch ne perderai verso lalto sia perch ne acquisirai verso il basso. Il banco-centrismo non un tema che vale per tutte le aziende, perch la stragrande maggioranza delle aziende grandi, internazionali, che hanno forze proprie, hanno a disposizione e usano credito e finanza di tutto il mondo, quindi non parliamo mai di un fenomeno generale, perch, di nuovo, la dimensione e la forza fanno la differenza e gran parte delleconomia, dellimpresa italiana, soprattutto da una certa dimensione in su, ampiamente capace e ha a disposizione molte diverse alternative rispetto al solo credito bancario. Nel campo delle piccole e medie aziende in Italia succede pi o meno quello che succede in tutto il mondo. Le relazioni fra PMI e banche tendono a essere strette, perch la banca una delle poche entit, forse lunica tra le entit finanziarie, che conosce la piccola e media imprese, conosce il suo distretto, il suo comparto, ne conosce a fondo la storia, le caratteristiche competitive, loperativit. Noi abbiamo circa 1 milione di aziende come clienti, e la stragrandissima maggioranza di queste lavorano con la nostra banca da decenni, in taluni casi da generazioni, e questa fiducia reciproca va molto spesso al di l dei numeri e dei documenti ufficiali. Poi c la disponibilit di risorse da parte del settore bancario nei confronti di questo settore, che non uguale in tutto il mondo. Vale la pena ricordare che l80% del nostro portafoglio crediti in Emilia Romagna concentrato sul mondo delle imprese, il 70% indirizzato in particolare alle piccolissime, alle piccole e alle medie. Quindi noi viviamo di credito alla PMI e queste ultime vivono o quanto meno ricavano un grande appoggio da questa nostra attivit. Paura di perdere lavoro. Ma direi in tanti casi addirittura lopposto. Insieme a Boccia in quante occasioni solleviamo il tema della ingiustizia e della inefficienza derivanti dal fatto che la Pubblica Amministrazione e le grandi aziende non pagano i loro fornitori o lo facciano con estremo ritardo. A causa di questi ritardi abbiamo almeno una cinquantina di miliardi di indebitamento sbagliato, che magari nei nostri libri come impieghi, ma che noi non vorremmo che ci fosse, perch, se non ci fosse, vorrebbe dire avere aziende pi forti, aziende pi elastiche, aziende pi capaci di fare crescita e investimento. E chiaro che per avere alternative positive al finanziamento bancario, come in tutta Europa, bisogna avere come minimo una certa disponibilit per aprire il capitale dimpresa ad investitori esterni, cosa che non avviene cos spesso. Ci deve essere un mercato per le quote di aziende spesso non quotate o non quotabili, e quindi ci devono essere meccanismi di mercato per queste quote e la possibilit di investire, ma anche di uscire, altrimenti gli investitori non arrivano. E qui si pu fare, si pu lavorare, si pu prendere esempi da altri. C il mondo della Borsa con tutti i suoi limiti, ma che da una certa dimensione in su, per talune tipologie di azienda, pu essere la risposta che aspettavano. Dobbiamo inventarci modi diversi al di l

dellincentivazione fiscale alla fusione, allacquisizione. Per esempio dobbiamo inventarci come usare le reti dimpresa: probabilmente non una soluzione taumaturgica a tutto, ma un altro modo che in taluni casi, in taluni distretti, in talune filiere pu essere la risposta giusta. Noi qui a Bologna, insieme alluniversit e alla Confindustria locale, lavoriamo su questo, e probabilmente talune novit, talune possibilit che prima non erano disponibili in termini di finanziamento, da questi meccanismi possono facilmente arrivare. Anche sul forte rapporto tra piccole e medie aziende e banca, dobbiamo affrontare insieme, lo diceva prima Vincenzo Boccia, anche la tematica delle nuove normative, come Basilea 3 che ha una serie di aspetti positivi, di maggiore comprensione reciproca, di evidenziazione, di trasparenza nei rapporti, ma che per, naturalmente, comporta delle difficolt in pi che in molti casi, e Boccia lo sa bene, in molte parti dItalia, compresa lEmilia Romagna, stiamo trasformando, come dice lui, in opportunit, perch lavorando insieme, facendo le simulazioni sui rating, discutendo sugli interventi correttivi, modificando la forma tecnica, le durate ecc., si pu in taluni casi ottimizzare efficacemente il rating. Basilea 3, pu aiutare a costruire un rapporto creditizio pi maturo tra cliente e banca spingendo verso una migliore rappresentazione dei dati, una pi tempestiva fornitura degli stessi e soprattutto dei piani prospettici. Questo un punto fondamentale perch quando magari non ci sono i risultati di bilancio, come possono in molti casi non esserci, soprattutto dopo una crisi come quella che stiamo vivendo, e quando molto spesso magari non ci possono essere neanche le garanzie, la giustificazione per forzare il modello interno di rating - perch molto spesso noi lo forziamo, anzi in taluni casi non si potrebbe proprio far credito se non si forzasse il modello - deve essere basata su piani, su progetti credibili, vendibili, presentabili, plausibili. Su questo le associazioni di categoria possono fare molto, in tanti casi hanno dimostrato di poter fare, per mi sembra che con lattitudine con cui abbiamo affrontato la crisi e con cui stiamo affrontando lintroduzione di Basilea 3, lItalia almeno dal punto di vista bancario, sul tema del rapporto fra banche e piccole e medie imprese, pu dire di essere fra i sistemi Paese pi capaci.

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