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I MONDI POSTCOLONIALI

Alla fine della Seconda Guerra mondiale si avvia un tumultuoso processo di decolonizzazione che porta tutto il
mondo estraoccidentale a liberarsi dal dominio delle potenze occidentali. In alcuni casi questo processo ha effetti
radicali, con la costruzione di Stati e società che sono in grado di dotarsi di un’effettiva e integrale autonomia,
mentre in altri luoghi il dominio indiretto delle potenze europee continua a farsi sentire. Anche le forme politiche
adottate dai paesi possono variare profondamente: alcuni si dotano di istituzioni rappresentative e democratiche,
altri scelgono la soluzione comunista mentre altri ancora si trasformano in dittature militari. Prescindendo dalle
forme istituzionali diversi di questi paesi sentono di essersi avvicinati all’Occidente, instaurando un orientamento
politico che spezza la struttura bipolare che si era formata tra Europa e Nord America, poiché i nuovi
paesiextraoccidentali rifiutano di schierarsi nettamente. Questa posizione di “non allineamento”, già presa dalla
Jugoslavia, trova una sua sanzione ufficiale nel 1955, quando a Bandung (conferenza di Bandung), in Indonesia, i
rappresentanti di 29 Stati asiatici e africani si riuniscono per promuovere un coordinamentoafro-asiatico: è la
nascita del movimento dei “non allineati”, anche chiamato “Terzo mondo”, che non vuole essere né filoccidentale
né filosovietico. L’Asia postcoloniale è caratterizzata da una contrapposizione tra due diversi modelli
socio-economici:
- Stati come India e Giappone si dotano di strutture politiche democratiche e promuovono il libero mercato o
un’economia mista
- l’Asia centro-orientale e sud-orientale è invece dominata dal comunismo
Entrambi i modelli sembrano potersi sviluppare, ma il Giappone in particolare spicca per la ricostruzione
economica postbellica e la consolidazione degli istituti democratici, mentre la Cina ricorre continuamente alla
violenza per risolvere i contenziosi politici interni.

In India era già da tempo che il movimento nazionalista indù guidato da Gandhi e la lega musulmana
manifestavano l’intenzione di costruire un’India indipendente. Nel 1945 si forma il governo laburista di Attlee, che
convoca le elezioni per un’Assemblea Costituente indiana. Le elezioni però non danno il risultato sperato, perchè
sono l’occasione per una rottura tra il Partito nazionale del Congresso (part. indipendentista induista), guidato da
Gandhi e Nehru, e la Lega musulmana, con a capo Mohammed Ali Jinnah. Gandhi si è più volte pronunciato a
favore di un’India unita, dove indù, musulmani e sikh possano convinvere, ma lui e gli altri dirigenti del partito
hanno trascurato le richieste dei capi musulmani, che chiedevano garanzie per la minoranza musulmana. Ciò ha
indotto i musulmani a radicalizzare la loro posizione, con la richiesta di formare uno Stato musulmano autonomo,
dato che Jinnah sostiene la necessità di costituire due entità politiche separate. La mancanza di intensa porta i
musulmani a una campagna di “azione diretta” nel 1946, e ciò convince il vicerè e il governo inglese che è
necessario procedere rapidamente a una “divisione” (partition) del territorio indiano. Il problema però è che le
diverse etnie e gruppi religiosi non vivono in zone ben definite e facilmente separabili. Dunque, quando il governo
britannico procede a delineare due regioni, il Pakistan musulmano e l’Unione Indiana degli Indù, si scatenano
subito scontri armati e si verifica un gigantesco esodo, sia di indù che si sono ritrovati in territorio musulmano che
viceversa. Lo spostamento di queste persone, circa 17 milioni, è accompagnato da disagi e violenze, che porta il
bilancio a una quota superiore alle 100 mila vittime.

L’Unione Indiana cerca di uscire da questa situazione preparandosi a costruire un assetto costituzionale
democratico sotto la guida politica di Nehru e la guida morale di Gandhi. Quest’ultimo cerca di rasserenare i
rapporti tra le due popolazioni dicendo di essere favorevole alla spartizione delle risorse patrimoniali lasciate dagli
inglesi all’Unione Indiana, ma per questo verrà assassinato il 30 gennaio 1948 da un estremista indù. L’Assemblea
Costituente arriva poi alla redazione di una Costituzione che entra in vigore il 26 gennaio 1950 e pone le
fondamenta di uno Stato indiano laico e democratico, fondato sull’eguaglianza giuridica di tutti i cittadini e la parità
tra i sessi. Fino al 1964 il quadro politico indiano è dominato da Nehru e dal Partito del Congresso. Dal punto di
vista della politica economica questi governi si caratterizzano per una riforma agraria che ridistribuisce parte delle
proprietà terriere tra i contadini e finanzia la costruzione di infrastrutture. In politica estera Nehru è tra i principali
promotori della Conferenza di Bandung del 1955. Tuttavia gli equilibri interni sono minati dai dissensi tra India e
Cina per i confini orientali, che portano nel 1962 a una breve guerra in cui la Cina vince e prende il controllo del
Tibet meridionale. Problemi diversi si pongono al Pakistan, che è una realtà complessa. Oltre ad aver bisogno di
una solida identità comune, la sua popolazione è sia divisa fisicamente in Pakistan orientale e occidentale, ma è
anche divisa dai diversi gruppi etno-linguistici, il cui unico elemento comune è la confessione islamica. Tuttavia
quale contenuto debba essere attribuito alla locuzione “Stato islamico” è una questione che divide le elite: c’è chi
vorrebbe un Stato completamente modellato sui principi della Sharia e chi vorrebbe invece uno Stato laico, specie
gli esponenti della lega musulmana. Questa alternativa trova soluzione in un compromesso tra le due idee, ma ciò
non cessa le tensioni. In India, dopo, dopo la morte di Nehru, la guida del paese passa a sua figlia Indira Gandhi,
che deve governare una difficile situazione. Nel 1965 l’India ha già combattuto con il Pakistan per il controllo del
Kashmir, ma la guerra non fu risolutiva e la tensione riscoppiò nel 1971. Nel Pakistan orientale si era infatti formata
un movimento indipendentista bengalese che protesta contro il Pakistan per il poco peso politico dato alla parte
orientale e per lo sfruttamento di quest’area. Quando nel marzo 1971 l’esercito pakistano intervenne nella parte est,
la Gandhi decise di far intervenire l’esercito indiano, che con il Pakistan orientale riuscì a vincere e a formare il
nuovo Stato indipendente del Bangladesh. La guerra provocò però una crisi dele relazioni diplomatiche tra India e
Usa, che si erano alleati al Pakistan. Così la Gandhi fu indotta a rompere la politica di “non allineamento” e a
stringere un accordo di amicizia e di collaborazione con l’Unione Sovietica.

Dalla fine della guerra il Giappone è sotto il controllo degli Usa. Il generale MacArthur impone nel 1946 una nuova
Costituzione che prevede un parlamento rappresentativo: l’imperatore Hiroshito conserva il suo ruolo, ma non ha
nessun potere. I massimi dirigenti politici e militari sono processati, mentre gran parte dei generali dell’esercito
viene epurata. Su queste nuove basi il Giappone può intraprendere una nuova vita politica basata su regole
democratiche e sul pluralismo dei partiti. Essenziale per il suo decollo economico fu lo stretto rapporto con gli Usa,
e la decisione di questi di non chiedere al Giappone il pagamento dei danni di guerra, ma anzi di avviare un
programma di sostegno economico. Il livello di crescita è straordinario e si basa sulla presenza di pochi, ma enormi,
complessi industriali-finanziari, intorno ai quali si forma un’articolata costellazione di piccole e medie aziende. Il
positivo ciclo economico propizia un’assoluta piena occupazione e una notevole crescita dei salari.

Le diplomazie occidentali devono preoccuparsi dell’espansione del comunismo sia in Europa orientale ma anche in
Asia orientale, specie in Cina. Dopo la fine della guerra riprendono gli scontri militari tra comunisti, guidati da Mao
Tsetung, e i nazionalisti, guidati da Kai-shek. I comunisti però hanno il vantaggio di aver saputo conquistarsi il
sostegno delle masse contadine, utile per disporre di appoggi logistici e reclutare nuovi soldati. Nel 1949 le truppe
comuniste entrano a Pechino e i nazionalisti fuggono a Taiwan. Il 1 ottobre viene proclamata la nascita della
Repubblica popolare cinese, non riconosciuta dagli Usa, che ritiene la Rep. nazionalista cinese l’unico stato cinese
legittimo. La Rep. popolare procede subito alla nazionalizzazione di banche e imprese, e alla redistribuzione della
terra. Nel febbraio 1950 Urss e Cina stipulano un trattato di amicizia e di mutua assistenza. L’area comunista si è
estesa anche alla Corea del Nord, Dopo la caduta del Giappone, la Corea, è stata occupata a nord dall’Armata
Rossa sovietica e a sud dall’esercito statunitense. La Corea viene divisa in due parti, con il confine del 38 parallelo
Nord. La Corea del Nord è sotto un regime comunista, mentre la Corea del Sud è affidata a un governo nazionalista.
Nel giugno del 1950 le truppe nordcoreane invadono la Corea del Sud per cercare di annetterla. Il presidente
Truman chiede l’intervento dell’Onu, che risponde positivamente e il 27 giugno autorizza un’azione militare a
protezione della Corea del Sud, affidata al comando delle operazioni degli Stati Uniti. Alla fine del 1950 il corpo di
spedizione dell’Onu occupa la Corea del Nord, e dunque la Cina invia rinforzi militari, attraverso cui si riesce a
ristabilire la situazione iniziale. L’Onu autorizza l’avvio di negoziati, che si concludono, dopo lunghe trattative, con
l’armistizio del 25 luglio 1953, con il quale i contendenti si accordano nel ristabilire il confine al 38 parallelo. Il
mondo durante questa guerra è stato con il fiato in sospeso, perchè le contrapposizioni locali mettono di fronte due
superpotenze mondiali che possono scatenare una crisi globale. La guerra di Corea inasprice le tensioni e
incoraggia il potenziamento della produzione di armi, oltre a indurre l’Unione Sovietica a reintrodurre il proprio
rappresentante nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, che si è rivelata un’organizzazione efficace.

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