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Docsity Traduzione Completa Di Tutti I Testi
Docsity Traduzione Completa Di Tutti I Testi
ANALISI:
Imitari= verbo transitivo prima coniugazione infinito presente. IMITO, IMITAS, IMITARE: verbo IM
(imitare)
Deinde= avverbio (di conseguenza)
Eos= pronome personale, accusativo plurale di is, ea, id (imitarLI)
Iuventus= soggetto della prima frase, iuventus, iuventis, nominativo, singolare collettivo, concordato
con il verbo coepere e con fundentes (verbi al plurale) (La gioventù)
Simul= avverbio (nello stesso momento/ assieme/ a vicenda)
Inconditis versibus= concordati in ablativo strumentale: Inconditis è aggettivo prima classe inconditus,
incondita, inconditum(mal scritto/inelegante, improvvisato) mentre versibus è il sostantivo maschile
quarta declinazione, versus, versus. (versi)
Questi versi improvvisati sono un uso che si impianta nella società romana, in particolare sono modi
informali tipici di una comicità di questa gioventù romana(non sappiamo il ceto), in un cui si sfrutta
una poesia orale, vernacolare romana con i suoi ritmi, modi e stile, non c’è niente di etrusco o di
greco.
Inter= preposizione (tra/ in mezzo)
Traduzione: dopo che con queste regole delle rappresentazioni sceniche la cosa si era allontanata
dal riso e dal gioco spensierato e il gioco a poco a poco si era trasformato in arte, la gioventù dopo
aver lasciato la rappresentazione delle fabula agli attori, cominciò lei stessa a scambiarsi tra di sé
secondo il costume antico, degli scherzi giocosi intessuti di ritmi e di qui, quelli che vennero poi
chiamati exodia=siparietti finali delle commedie, composti per lo più sulle trame delle Atellane. E
questo genere di spettacolo ricevuto dagli oschi (popolazione italica del sud) la gioventù lo tenne per
sé, né sopporto che venisse contaminato dagli attori e perciò rimane stabilito che gli attori delle
atellane non vengono rimossi dalle tribù e facciano il servizio militare come se non fossero coinvolti in
Primo verso dell’Odusìa di Livio Andronico, che riproduce la prima parte del primo verso dell’Odissea
di Omero: “Narrami, o musa, l’uomo astuto". Invece di dire “musa”, usa la parola “camena”, che è una
divinità legata al mondo panico, magico, religioso. Lui non invoca una musa greca bensì la camena
romana. Ancora Nevio userà la parola camena, rispettando questa tradizione romana.
L’intento di Livio Andronico era quello di avvicinare il più possibile il testo di Omero ai suoi destinatari
latini, romanizzandolo attraverso una costante sostituzione di espressioni, concetti e istituzioni greche
con quelle romane. In questa ottica sostituisce l’esametro omerico con il saturnio, l’antico verso latino
fondato sul ritmo binario di kola tra loro rinsaldati da figure di suono. Tutto questo perché la sua
traduzione non doveva indirizzarsi a uno scarso pubblico di lettori grecofoni, ma alle classi meno colte
o incolte, il cui peso politico si stava facendo sensibile, attraverso la pratica delle recitazioni orali.
Virum= sostantivo maschile seconda declinazione, vir, vir accusativo singolare (uomo)
Mihi= pronome personale ego, mei dativo singolare (a me)
Camena= sostantivo femminile prima declinazione nominativo singolare camena, camenae
(Camena, nome romano della musa)
Insece= verbo transitivo difettivo prima coniugazione, imperativo. INSECO, INSECIS, INSEXI
(narrami). Parola molto rara. I linguisti di oggi discutono se questo verbo sia da riconnettere a
“sequor” (seguire). Livio usa questo verbo perché ha voluto usare una parola arcaica e solenne del
latino (“inseco”) per tradurre una parola altrettanto arcaica e desueta del modello omerico. È una
letteratura, quella latina, che nasce già sulla filologia greca dei testi.
Versutum= aggettivo prima classe versutus, versuta, versutum accusativo singolare concordato con
Virum (astuto).“Uno che si sa rigirare”. L’astuzia è indicata con l’immagine dell’uomo che sa guardarsi
intorno, venire incontro a tutte le evenienze senza lasciarsi sorprendere. È un’astuzia duttile, che si sa
adattare com’era Ulisse.
Non tutti concordano sulla identificazione di questo frammento con il verso di apertura del poema
(Bellum Poenicum). Nevio ha fuso in questo verso due versi della Teogonia esiodea, Esiodo, (VIII-VII
a.C.), è un autore greco di un poema di un migliaio di versi in cui vengono elencate le generazioni
divine, partendo dal caos primordiale per arrivare alle tre età caratterizzate da Crono, Urano e infine
Zeus. Anche in questo genere di poema si rispetta il topos letterario dell’invocazione alle Muse, che in
questo caso è un “iniziare dalle Muse”, dalle quali egli riceve l’investitura poetica, attraverso il
simbolico dono di un ramo di alloro (pianta sacra ad Apollo, dio della poesia).Il verso neviano, rispetto
a Livio Andronico, è dunque più strettamente legato alla tradizione greca (le Muse prendono il posto
delle Camene) e, dal punto di vista stilistico è costruito ricorrendo a omoteleuto (concordes ...
sorores), allitterazione della sibilante (Iovis concordes ... sorores) e della vocale -o-, assonanze
(novem Iovis concordes filiae sorores).
Qui si tratta di comportamenti dei soldati durante la prima guerra punica,un comportamento valoroso
ma restano anonimi. Gli storici credono che questo frammento si rifà all’assedio romano in Sicilia,
nella città a Camarina da parte dell’esercito romano, 258 a.C. L’eroe di Nevio, l’uomo romano, è
caratterizzato da pietas (osservanza dei doveri religiosi) e virtus (valore militare). Ma in questo
frammento si può notare anche la necessità di evitare la vergogna (qui indicata con il termine
stuprum, che si ritrova con lo stesso valore di disonore in un frammento di Appio Claudio Cieco,
precedente a Nevio), anche a costo della vita.
Seseque= se + que pronome + e (ed essi)
Ei= soggetto (loro)
Perire= infinito del verbo PEREO, PERIS, PERII, PERIRE (morire)
Mavolunt= forma arcaica del verbo MALO, MALUI, MALLE indicativo presente terza persona plurale
(latino classico è malunt) (preferire)
MALO” deriva dalla forma contratta di “MAGIS VOLO”. Qui abbiamo una forma intermedia
rispetto al verbo “MALO”, quindi la forma “MALOVO”.
Ibidem= avverbio di luogo (in quel punto/li)
Quam= avverbio (piuttosto che)
Cum= preposizione semplice ( con)
Stupro= gli interessava l’uso arcaico della parola “stuprum”(sostantivo neutro seconda declinazione)
che significava disonore, vergogna, nel latino classico assunse il significato che gli attribuiamo noi
oggi
Redire= infinito del verbo REDEO, REDIS, REDII, REDITUM, REDIRE (tornare)
Ad= avverbio di moto a luogo (a)
Suos= pronome possessivo (proprio)
Popularis=accusativo plurale che corrisponde al suo “populares”(popolo)
Sin= congiunzione (se)
Illos= pronome dimostrativo accusativo plurale (questo)
Deserant= congiuntivo presente terza persona plurale del verbo DESERO, DESERIS, DESERUI,
DESERTUM, DESERERE
Fortissimos= superlativo di FORTIS aggettivo seconda classe,concordato con viros
Viros=sostantivo maschile seconda declinazione, vir, vir accusativo plurale (uomini)
Magnum= aggettivo prima classe magnus, magna, magnum (grande)
Stuprum= come “stupro” del frammento 42 concordato con magnum
Populo=sostantivo femminile e maschile terza declinazione (popolo)
Fieri= infinito del verbo FIO, FIS, FACTUS SUM, FIERI (sarebbe)
Deve essere retto da un verbo che nel frammento non è stato tramandato. Probabilmente il
grammatico non ha citato dei versi precedenti.
Per= preposizione semplice (per)
Gentes= sostantivo femminile terza declinazione (gente/popolo)
Vi è una contrapposizione tra “populo” e “gentes”, è il primo esempio di costruzione in antitesi che
sfrutta le caratteristiche metriche del saturnio perché “POPULO” sta a metà del verso, mentre
Questo è un frammento molto importante in cui viene citato il re Amulio (re di Albalonga, colui che
ordinò di gettare Romolo e Remo nel Tevere). Stiamo parlando delle vicende di Romolo e Remo.
Purtroppo non abbiamo niente del contesto, non sappiamo da quale tradizione Nevio ha ripreso le
vicende di Amulio.
Manus(que)= manus: sostantivo femminile quarta declinazione accusativo plurale (le mani)
Susum= avverbio (verso l’alto)
Ad= avverbio di moto a luogo (a)
Caelum= sostantivo neutro terza declinazione caelum, caeli (cielo)
Sustulit= indicativo perfetto del verbo SUBFERO, SUBFERS, SUSTULI, SUBFERRE (porgere/alzare)
Suas= pronome possessivo (le sue)
Rex= soggetto, sostantivo maschile terza declinazione rex regis nominativo singolare (il re)
Amulius= nominativo singolare maschile seconda declinazione
Divis= sostantivo femminile prima declinazione diva, divae dativo plurale (agli dei)
Que= congiunzione (e)
Gratulabatur= verbo intransitivo deponente prima coniugazione. GRATULOR, GRATULARIS,
GRATULATUS SUM, GRATULARI (con il dativo significa rendere grazie agli dei)
Il brano(tratto dalla commedia di Plauto Pseudolus) rappresenta proprio l’entrata in scena di Balione,
cioè il lenone di questa commedia. Egli sta dando indicazioni ai suoi servi per la festa del suo
compleanno ed entra in scena cantando (1 o 2 voci ma mai canto corale). Per capire se i personaggi
stanno cantando o recitando è necessario analizzare la metrica quello che qui viene presentato è il
tipico metro anapestico: si tratta di tetrametri anapestici; l’anapesto è una base ritmica formata da 2
sillabe brevi cui fa seguito una sillaba lunga. Ogni volta si possono sostituire le 2 sillabe brevi con una
Qui si annuncia l’ingresso in scena di Lenone. Sono presenti sulla scena Ballione, Lorari che sono gli
schiavi, le meretrici del bordello di Lenone, Pseudolo e Calidoro che stanno in disparte a conversare.
Lenone impartisce ordini ai suoi schiavi e alle meretrici dalle quali vuole dei regali presi dai loro
amanti. Partiamo dalla battuta di Ballione che è un canticum → una sorta di aria lirica che è intonata
da Ballione e capiamo che l’attore che impersonava Ballione doveva essere un attore esperto in
grado di sostenere una scena lirica
Exite, agite,exite= è un omoteleuto, figura retorica per indicare quando le parole finiscono in
modo simile.
Exite= seconda plurale dell’imperativo del verbo EXEO, EXIS, EXII, EXITUM, EXIRE (uscite)
Agit(e)= deriva dal verbo AGO ed è imperativo seconda plurale ma qui è usato come interiezione
(su/forza)
Ignavi= ignavus, ignavi vocativo plurale (buoni a nulla)
Male= avverbio
Habiti= participio perfetto del verbo HABĔO, HABES, HABUI, HABITUM, HABĒRE (avere cattive
abitudini)
Et= congiunzione (e)
Male= avverbio
Conciliat= participio perfetto del verbo CONCILIO, CONCILIAS, CONCILIAVI, CONCILIATUM,
CONCILIARE (non avete nessuna utilità)
Quorum= pronome relativo genitivo partitivo retto dal dativo quiquam (dei quali)
Numquam= avverbio (mai)
Quicquam= pronome indefinito (qualcuno/ a uno di loro)
Quoiquam= qualcosa neutro
Venit in mente= L’espressione mihi venit in mentem (mi viene in mente) regge il genitivo della persona
che viene in mente e il nominativo o il genitivo della cosa che viene in mente (se però la cosa è
espressa con un pronome neutro id, hoc, quod, ecc., è d’obbligo il nominativo) venit: terza singolare
dell’indicativo presente di VENIO, VENIS, VENI, VENTUM, VENIRE, mente: accusativo singolare di
mens menti terza declinazione
Ut= ut+congiuntivo (fare qualcosa di buono)
Recte= avverbio
Faciant= terza plurale congiuntivo presente del verbo FACIO, FACIS, FECI, FACTUM, FACERE (fare)
Quibus= pronome relativo dativo singolare (il quale)
Nisi= congiunzione (che)
Ad= presposizione (a)
Hoc= diettico, sottindtende che li frusta (se non ricorro a questo mezzo). Nei copioni teatrali non
c’erano le indicazioni di scena
Exemplum= exemplum, exemplii seconda declinazione accusativo singolare (pena/ punizione)
Experior= prima singolare indicativo presente verbo EXPERIOR, EXPERIRIS, EXPERTUS SUM,
EXPERIRI (ricorro)
Non= avverbio (non)
Potest= terza singolare indicativo presente verbo POSSUM, POTES, POTUI, POSSE (potere, essere
in grado)
Usura Usurpari= non è solo un’alliterazione, ma è un omeoarto, è una figura retorica opposta
all'omoteleuto; indica, infatti, tutte quelle parole che iniziano in modo identico(usu). gioco fonico
“MUSAE QUAE PEDIBUS MAGNUM PULSATIS OLYMPUM”: il primo verso scritto in esametri.
Ennio si sta rivolgendo alle muse greche e non alle “camene” romane. Localizza queste muse nel
grande Olimpo. Ennio nel suo proemio dice che è la reincarnazione di Omero, lui ricorda di avere
un’immagine di Omero che piangendo gli ha detto di essersi reincarnato dietro tutta la dottrina
pitagorica della trasmigrazione delle anime. L’anima di Omero si incarna prima in un pavone e poi in
Ennio. Ennio è quindi un Omero romano, un poeta greco di lingua latina, ed è questo che annuncia
nel suo libro.
Musae= musa, musae sostantivo prima declinazione soggetto quindi nominativo plurale in
alliterazione con magnum
Quae= che
Pedibus=ablativo strumentale (con i piedi) in alliterazione con pulsatis
Magnum= magnum, magni aggettivo neutro accusativo singolare concordato con Olympus (grande)
Pulsatis= verbo PULSO,PULSAS,PULSAVI,PULSATUM, PULSARE seconda persona plurare
indicativo presente (risuonate)
Olympum= sostantivo seconda declinazione, olympus, olympii accusativo singolare (Olimpo)
Ennio è il primo che usa l’esametro, che adotta questo verso greco e con le regole del greco. Egli
introduce un nuovo modo di scrivere i versi: l'esametro di Ennio impone all’orecchio romano un gusto
e un modo di comporre i versi completamente diverso ma che lui sente come il modo autenticamente
letterario. Inoltre, egli non si rivolge alle camene romane, ma alle muse greche di Omero, la vicenda si
svolge nel grande monte dell’Olimpo. Il poeta si reputa la reincarnazione di Omero e sostiene che
Omero stesso gli abbia detto di essersi reincarnato in lui l’anima di Omero si reincarna prima in un
pavone e poi su Ennio stesso.
Scripsere alii rem: frase prima di versibus (altri scrissero su questo tema)
O= interiezione (oh)
Tite Tati= sostantivo maschile seconda declinazione, nome proprio (Tito Tazio)
Tati= vocativo di Tatius
Tute= che significa “tu”, forma che si eclissa e lo rafforza, vocativo
Tibi= dativo di svantaggio (per te)
Tanta= tantum, tantis (tanto)
Tyranne”: grecismo. “Tyrannus”.
Tulisti= verbo FERO, FERS, TULI, LATUM, FERE seconda persona singolare del perfetto (hai
sopportato)
Il passo ci è pervenuto per tradizione indiretta attraverso un passo del De divinatione di Cicerone.Nel
seguente brano(Annales) viene trattato il sogno di Ilia, la figlia di Enea avuta sul suolo italico dopo
essersi sposato con Lavinia e che nel racconto viene considerata la genitrice diretta della coppia di
gemelli che fonda Roma, Romolo e Remo. La storia la conosciamo, però, in modo diverso infatti,
dopo Enea seguono una serie di generazioni e di re di Albalonga, fino ad arrivare a Numitore, padre
di Rea Silvia, che viene spodestato da Amulio, che ordina l’uccisione dei gemelli, cosa che non
avviene perché, secondo la leggenda, l’ancella a cui spettava il compito li affida al fiume e
successivamente verranno allevati dalla lupa.Non era questa l’unica forma della leggenda di Romolo
Tramandata da Cicerone
Ennio è autore soprattutto di tragedie ma anche di poesia scenica rappresentata per il pubblico e
diverso, quindi, da quello dell’epica. La poesia di Ennio segna un punto di non ritorno: viene
accantonato il saturnio, i versi sono tipo grecanici, ovvero latini ma ricalcati sulla tradizione greca.
Ennio mantiene, inoltre, registri alti e solenni ricalcati sulla lingua religiosa o di ambito anche giuridico.
Scrisse molte tragedie riprendendo il ciclo troiano: ad esempio quelle di Euripide. Euripide scrisse una
tragedia sulla malinconica e tragica Andromaca era la sposa di Ettore; perse Egli stesso durante la
battaglia contro Achille e fece esperienza della caduta di Troia. Fu costretta a seguire il figlio di
Achille, come sua schiava e concubina in Grecia. La tragedia porta il titolo di “Andromacha
Aechmalotis” (Andromaca prigioniera). Questo è il canticum di Andromaca che sta abbandonando la
città in rovina. È famosissimo perché ancora, nell’età di Cicerone, esso veniva spesso citato e
rappresentato. Il successo di queste opere, a noi non pervenute, nella Roma classica era molto
grande. Si tratta di un dimetro anapestico, tipico dei contesti lirici è un tempo debole che consta di
due brevi che possono essere sempre sostituite da una lunga e viceversa; 4 di questi fanno un
dimetro anapestico; l’orecchio romano distingueva quando un verso era recitato e quando era
cantato.
“O patria, o casa di Priamo, o tempio ben saldo sul cardine altisonante. Io ho visto te distrutta mentre
la ricchezza barbarica stava ancora in piedi con i tetti ben decorati (a riquadri) costruita con oro e
avorio in modo regale”. “Tutte queste cose che io ho visto in fiamme, ho visto togliere la vita a Priamo
con la violenza e ho visto l’ara di Giove sporcarsi di sangue”.
Nel frammento che riporta dal 310 al 313 del terzo libro di Lucilio (le Satirae), è uno dei testi più
famosi delle satire di Lucilio, perché in esso egli narra di un suo viaggio partendo da Roma la Sicilia
con dei suoi compagni. Siamo nel primo tratto di questo viaggio, cioè quello dell’Appia che i nostri
viaggiatori seguono almeno fino al tratto di Capua, per poi posteggiare il Tirreno. I versi sono ormai
già degli esametri. Lucilio si riferisce ad un episodio abbastanza piacevole di questo viaggio che
riguarda proprio le difficoltà delle strade di quel tempo.
Lucilio poi, fu ripreso da Orazio che infatti scrive una satira, la V del primo libro dove fa riferimento
alla satira di Lucilio (Orazio in questa V satira parla del suo viaggio a Brindisi e il primo tratto di
questo viaggio è sempre quello della via Appia). Questo è sicuramente un omaggio a Lucilio, ma
Orazio parla in termini non lusinghieri di Lucilio, lo definisce “fangoso”; Orazio trovava
evidentemente abbastanza rozzi gli esametri che utilizzava ma per meglio dire, egli trovava le satire
di Lucilio piene di cose che non servono.
Epigramma: dal greco ἐπί-γράφω, Epi-graphol (etteralmente: "scrivere su", "scrivere sopra") Era
un'iscrizione funeraria o commemorativa, destinata ad essere incisa su materiali durevoli quali la
pietra e il bronzo: da questa circostanza derivava il carattere della brevità, conservatosi anche quando
l'epigramma divenne un vero e proprio genere letterario in età ellenistica e bizantina, trattando temi
diversi. In epoca imperiale l'epigramma assunse anche un carattere satirico.
Servus (elisione della s)= servus, servi seconda declinazione nominativo singolare (servo)
Neque= avverbio (non)
Tra queste due parole c’è una sinalefe (nequinfidus si legge)
Infidus= infidus, infida, infidum aggettivo prima classe nominativo singolare concordato con servus
(infido)
domino= dominus, domini seconda declinazione dativo di svantaggio retto da infidus e da inutilus (al
padrone) si legge dominò
Ripetizione di neque usato in funzione elogiativa, che crea un parallelismo ricercato.
Tra neque e inutilis c’è una sinalefe (nequinutilis si legge)
Inutilis (elisione della s)= inutilis, inutilis, inutile aggettivo seconda classe concordato con servus
nominativo singolare (inutle). Il fatto che il servo sia utile è un tema dell'epitaffio sepolcrale greca
“chrestos” che significa persona brava.
Neque inutilis quanquam= è un tmesi, parola divisa sostanzialmente in 2,solitamente neque
quanquam signigica niente affatto.
Lucili (i lunga)= Lucilius, Lucilii seconda declinazione genitivo (di Lucilio)
columella= diminutivo di columna, columnae prima declinazione accusativo singolare. Il servo è
definito come una “piccola colonna” per il suo importante ruolo nella gestione della casa.
Tra queste due parola c’è una sinalefe in dieresi, pausa metrica del pentametro.
Hic Situs (s caduta)= dobbiamo sottintendere est. Situs, sita, situ, aggettivo participio perfetto di
SINO, SINIS, SIVI, SITUM, SINERE (è collocato/è sepolto). Formula tipica dell’epigramma funerario,
già usata da Ennio nell’epigramma per Scipione l’Africano → Enn. var. 19-20 v.
Metrophanes= soggetto nome proprio del servo (Metrofane) posto alla fine del verso, notare invece
come il nome del padrone “Lucili” è posto all’inizio, diverso dal primo verso dove “servus” è all’inizio
mentre “domino” è dopo.
Qui troviamo la forma caratteristica dell’epigramma romano, già utilizzata da Ennio per Scipione
l’Africano. La forma dell’epigramma nasce a Roma in modo solenne e gli elogi scipionici sono datati
all’incirca come provenienti dalla fine del III secolo. Fu Ennio, come abbiamo detto, ad inaugurare
l’epigramma letterario. Lo schema utilizzato prima della cesura è l’esametro, dove due brevi non
possono essere sostituite da una lunga.
Epitaffio poetico per Scipione l’Africano. Dopo la vittoria contro il regno di Siria(198-188), nel 183 a.C.
viene intentato un processo di corruzione, nel quale Scipione viene esiliato e muore poco dopo. Ennio
subito dopo la sua morte gli dedica questo epigramma. L’epigramma di Ennio ha una NOTA
POLEMICA: i cittadini non hanno saputo ripagare Scipione per le sue imprese. Infatti è morto in esilio
volontario a Viterbo perché coinvolto in scandali e processi.
Il De Rerum Natura si apre con un inno alla dea Venere, un argomento fortemente discusso. In
questo inno, Venere viene pregata di intervenire presso il dio della guerra Marte perché finisca lo
stato pietoso di belligeranza, di guerra, di sconvolgimento in cui si trova la patria ovvero Roma.
Questo perché in uno stato del genere è impossibile parlare di epicureismo, c’è bisogno di pace, di
riflessione, c’è bisogno di staccarsi da queste guerre. Quindi, Venere è invitata ad intervenire presso
il suo mitico amante (Ares e Afrodite fin da Omero, sono amanti), se Marte penserà ad Afrodite, non
penserà alla guerra e il dedicatario del poema (cioè l’importante uomo politico Gaio Memmio) potrà
dedicarsi alla lettura del poema stesso, ma finché Roma è in guerra egli non potrà farlo. Questo è il
senso generale del proemio. Lucrezio si rivolge all'élite di Roma per proporre questa nuova filosofia
che mira ad un miglioramento nella comunità della città. Parliamo di un grande rinnovamento che si
basa sui principi della filosofia epicurea, quindi non ad una filosofia che guarda la salvezza
individuale. Lucrezio in tutto il poema propone una comunità perfetta, non un saggio staccato dalla
società (KEPOS: giardino che rappresenta una comunità perfetta). Lucrezio propone una comunità
perfetta. Anche per Epicuro il Kepos rappresentava il giardino della comunità perfetta. È anche
chiaro che Epicuro propone una comunità chiusa, un giardino che sia alternativo alla polis di
Atene.Questa spinta sociale e comunitaria è ancora più viva e ancora più accentuata in Lucrezio, e
la propone come possibile “farmaco” di rinnovamento di una società romana che è arrivata ad una
Aeneadum= aeneadae, aeneadarum prima declinazione genitivo plurale di forma contratta per
Aeneadarum. Sono i discendenti di Enea, cioè i Romani, perchè Enea è figlio di Venere (degli
Eneadi)
Genetrìx: genetrix, genetricis, vocativo singolare (o genitrice/o madre). Vocabolo appartenente a un
registro aulico, deriva da GIGNO, GINIS, GENUI, GENITUM, GIGNERE (generare)
Hominum= homo, hominis terza declinazione genitivo plurale (degli uomini)
Divom(que)= genitivo plurale arcaico di divorum, divum, divi neutro seconda declinazione (e degli
dei)
Voluptas= voluptas, voluptatis terza declinazione vocativo singolare (piacere/godimento).
La voluptas è, nella mitologia greco-latina, un attributo convenzionale di Venere (o Afrodite), che era
appunto la dea della bellezza e dell’amore; nella prospettiva epicurea di Lucrezio, la dea è quel
“piacere” che costituisce il fine della vita umana.
Alma= altro epiteto tradizionale di Venere; l’aggettivo almus, -a, -um deriva dal verbo alo, alis, alui,
alitum, alere, “nutrire, alimentare, far crescere” ed indica quindi una forza cha dà e trasmette la vita.
È quindi questa la prerogativa che contrappone Venere a Marte “armipotens” (v. 33), come il poeta
spiega nella scena ai vv. 29-40.
Venùs= nome proprio di Venere
Alma Venus= indica tutta la sua maestà e allo stesso tempo il fatto che sia una figura materna.
Caeli= caelum, caeli neutro seconda declinazione genitivo singolare (del cielo)
Subter= forma arcaica di sub (sotto) introduce un complemento di luogo subter+accusativo signa
Labentia= Lucrezio intende lo scorrimento lento degli astri (“signa”) lungo la volta celeste; proprio
per questo usa il termine labentia, che deriva da labor, laberis, lapsus sum, labi, “scivolare, scorrere
dall’alto al basso”.
Signa= signum, segni neutro seconda declinazione accusativo plurale (segni/astri)
Quae= pronome relativo (che) Osserva l’iperbato del pronome relativo, collocato dopo l’inizio della
proposizione relativa.
Mare= mare, maris neutro terza declinazione accusativo singolare (il mare)
Navigerum= naviger, navigera, navigerum, è un composto poetico che significa “portatore di navi”
Quae= pronome relativo (che)
Terras= terra, terrae prima declinazione accusativo plurale (la terra)
Frugiferentis= aggettivo frugiferens, frugiferens, frugiferens accusativo plurale arcaico concordato
con terras (fertili/che portano frutto)
Navigerum e frugiferentis sono un hapax, cioè compaiono una volta sola in tutta la
letteratura latina.
Concelebras= seconda singolare indicativo presente del verbo CONCELEBRO, CONCELEBRAS,
CONCELEBRAVI, CONCELEBRATUM, CONCELEBRARE (tu popoli/colmi). Dall’aggettivo celeber
che significa propriamente affollato, popoloso. si legge concelebràs
Per= preposizione (per/grazie a)
Te= pronome personale accusativo di tu (te)
Quoniam= congiunzione che introduce una causale (perchè)
Genus= genus, generis neutro terza declinazione nominativo singolare (genere/specie)
Omne= omne, omnis neutro terza declinazione nominativo singolare (ogni)
Animantum= aggettivo animatus, animata, animatum che proviene dal verbo ANIMO(animare)
genitivo plurale. Significa essere dotato di anima/respiro (di esseri viventi)
Concipitur= terza singolare presente passivo verbo CONCIPIO, CONCIPIS, CONCEPIS,
CONCEPTUM, CONCEPIRE (viene concepito)
Questo è un brano del V libro (de Rerum Natura) di Lucrezio che si inserisce nella storia
dell’umanità, partendo dalle sue origini rozze, selvagge che si muove come oggetto di natura
appena nata sulla terra, e poi a poco a poco, questa umanità si evolve. Ci dà l’idea di un
progresso dell’umanità, da uno stadio selvaggio fino ad arrivare ad una vera e propria
evoluzione. Questa evoluzione ha due facce: da un lato l’umanità impara a convivere meglio con
la natura (impara le nuove arti, impara l’agricoltura, impara a costruire case, impara la
navigazione), ma al contempo si crea con il progresso la brama di potere, di guadagno, di
ricchezza, e quindi progresso anche nel senso di corruzione dei MORES (corruzione morale
dell’umanità). In un modo sempre materialistico, Lucrezio illustra l’inizio delle varie arti umane,
fra le varie arti c’è quella della musica: lui fa risalire l’inizio di quest’arte all’imitazione della
natura. Quindi l’umanità all’inizio sente il vento che soffia tra le canne o gli uccelli che cantano, e
proprio per un processo di imitazione, essi creano gli strumenti musicali e di conseguenza il
canto. Questo processo è descritto per gradi ed è descritto anche negli effetti che provoca
sull’umanità. Non c’è una divinità che arriva e all’improvviso insegna qualcosa agli uomini, sono
gli uomini stessi che a poco a poco imparano le artes. Rispetto alle concezioni tradizionali, sono
idee di grande novità.
1389: qui si saltano due versi, presenti nei codici, ma che sono un’interpolazione
Haec= pronome dimostrativo al nominativo (queste cose)
Animos= animus, animi seconda declinazione accusativo plurale (gli animi)
Ollis= forma arcaica e poetica di illis, tipica di Ennio. Pronome dimostrativo al dativo plurale (a loro)
Mulcebant= terza plurale imperfetto del verbo MULCEO, MULCES, MULSI, MULCERE (addolciva)
Atque= congiunzione (ed)
Iuvabant= terza singolare imperfetto dle verbo IUVO, IUVAS, IUVI, IUTUM, IUVARE (dava piacere)
Cum satiate= complemento di compagnia; Satiate è un termine poetico, forma arcaica di un
sostantivo “satia, satianis” che significa appunto “sazietà”. (con sazietà)
Cibi= cibus, cibi seconda declinazione genitivo singolare (del cibo)
Nam= congiunzione (infatti)
Tum= avverbio (allora)
Sunt= terza plurale presente del verbo SUM,ES,FUI,ESSE (sono)
Omnia= omnia, omnium nominativo (tutto)
Cordi= cor, cordis, neutro terza declinazione, qui è un dativo di vantaggio/fine (per il cuore)
Possiamo tradurre con “allora tutto da allegria”.
Saepe= avverbio (spesso)
Itaque= congiunzione (così)
Inter= avverbio/preposizione (in mezzo/tra)
Se= pronome indefinito in accusativo (loro)
Prostrati= participio perfetto di PROSTERNO, PROSTERNIS, PROSTRAVI, PROSTRATUM,
PROSTERNERE (sdraiati)
In gramine= stato in luogo(in+ablativo); gramen, graminis neutro terza declinazione ablativo singolare
(sull’erba)
Molli= mollis, mollis, molle aggettivo seconda classe ablativo singolare concordato con gramine
(tenera)
Propter= avverbio (presso)
Aquae= aqua, aquae prima declinazione genitivo singolare (d’acqua)
Rivom= -om invece di -rum, rivus, rivii seconda declinazione accusativo singolare (un ruscello)
Sub= preposizione+ablativo (sotto)
Ramis Arboris= stato in luogo; ramis: ramus, rami seconda declinazione ablativo plurale(i rami);
arboris: arbor, arboris femminile terza declinazione genitivo singolare( di un albero)
Altae= altus, alta, altum aggettivo prima classe concordato in genitivo con arboris (alto)
Non= avverbio (senza)
Magnis Opibus= ablativo strumentale; magnis: magnus, magna, magnum aggettivo prima classe
ablativo plurale (grandi); opibus: ops, opis terza declinazione ablativo plurale (risorse)
Iucunde= avverbio (piacevolmente/giocosamente)
Corpora= corpus, corporis neutro terza declinazione accusativo plurale (i propri corpi)
Habebant= terza plurale imperfetto verbo HABEO, HABES, HABUI, HABITUM, HABERE (avevano
cura/trattavano)
Iucunde corpora habebant= trattavano/curavano giocosamente i propri corpi
Praesertim= avverbio (soprattutto)
Cum= cum con valore temporale (quando)
Tempestas= tempestas, tempestatis femminile terza declinazione nominativo singolare (il tempo)
Ridebat= terza singolare imperfetto del verbo RIDEO, RIDES, RISI, RISUM, RIDERE (era favorevole)
Et= congiunzione (e)
Anni= annus, anni seconda declinazione genitivo singolare che va con tempora del verso successivo
(dell’anno)
È una delle prime attestazioni nella letteratura latina del “locus amoenus”: questi bestioni godono di
se stessi sdraiati sotto un albero, vicino ad un ruscello, soprattutto in primavera inteso come un tempo
felice per l’amicizia e per lo stare insieme nella semplicità. L’amicizia è un grande ideale
dell’epicureismo, ma è un’amicizia contenta di se stessa: non c’è bisogno di grandi ricchezze basta
stare insieme dentro la natura propizia (si tratta del verso dove dice: non magnis opibus iucunde
ecc.); dentro questa natura primaverile, dentro questo ”locus amoenus” ossia la descrizione di un
luogo ideale della natura. C’è una novità rispetto al modo in cui più comunemente viene ambientato
questo “locus amoenus”. Se noi leggiamo la letteratura greca, il “locus amoenus” è ambientato
d’estate perché d’estate è bello quando c’è il caldo e puoi metterti all’ombra di un albero, godere
dell’acqua di un ruscello. Questo è l’ambito iniziale, il “locus amoenus” è ristoratore. Lucrezio adotta
questo topos tenendo in mente questa idea di una società amicale, contenta di se stessa e contenta
di questa natura primaverile che induce al piacevole contatto con l’acqua. I versi 1391 e 1392
ritornano esattamente all’inizio del libro due, quasi identici. Nel poema di Lucrezio spesso troviamo
dei blocchi diversi ripetuti all’interno dei diversi canti. Il contesto del secondo libro è un contesto molto
interessante perché si apre con la grande immagine del naufragio che il saggio epicureo vede dalla
riva del mare. E lui dice che è bello vedere nel mare tempestoso le navi essere scosse dalla
tempesta, non perché godiamo dei danni altrui ma perché così capiamo da quali dolori noi siamo
esenti. Ovviamente la tempesta è una metafora delle passioni che scuotono l’animo umano che il
saggio epicureo vede da lontano e della gloria, della ricchezza, della potenza. Tutte queste cose non
toccano l’animo del saggio perché a lui bastano i semplici bisogni della natura, cioè stare sdraiato
sotto un albero, vicino ad un ruscello che scorre, avendo cura dei propri corpi soprattutto quando il
tempo è favorevole ed è primavera. Dopo il progresso dell’umanità, il contatto con i bisogni essenziali,
Carme 50 nelle Nugae(si legge Nughe). In questo carme Catullo narra di essersi incontrato con
l’amico Calvo il giorno prima e di aver fatto con lui una vera e propria gara nella composizione di
versi. Calvo aveva dimostrato la sua grande superiorità e Catullo era assolutamente andato via di là
rapito dal lepos(come già visto nell’inno alla venere di Lucrezio, indica la grazia e la sensualità) di
Licinio Calvo. Catullo sembra quasi affascinato da Calvo come un’amante, così affascinato che non
riesce a prendere sonno. È un carme di occasione, Catullo invita di nuovo Calvo a questa
competizione e lo fa attraverso questo carme così raffinato, e esprime con il pathos il senso di questa
amicizia, un’amicizia che confina con l’amore. Esigenza di realismo linguistico, nella caratterizzazione
dei sentimenti e dei rapporti amicali così come nella rappresentazione dei rapporti di amore quando
parleremo di Lesbia. I diminutivi continui sono caratteristici della lingua di Catullo, di una società
elegante, mondana e contemporanea. L’idea è quella di una sofisticata commissione di registri
linguistici. Questo linguaggio della quotidianità in realtà si mescola ad una serie di raffinate allusioni
alla letteratura precedente È già stato notato che il sonno tormentato di Catullo allude al sonno
tormentato di Achille nell’Iliade. La Nemesi, citata alla fine, è la dea della vendetta e, nella letteratura
contemporanea, rappresenta la dea della giustizia in amore, ciò che gli antichi chiamano la giusta
reciprocità in amore. Nemesi è una dea molto presente nell’epigramma omoerotico o meglio dire
pederastico, ma non possiamo affermare che Calvo e Catullo sono 2 amanti omosessuali. Non è da
un carme come questo che possiamo capirlo Catullo gioca scherzosamente su tanti registri per
evidenziare il pathos di questo rapporto. Il carme è presentato quasi come un bigliettino che Catullo
Metrica: endecasillabi faleci, è un verso di larghissimo uso sia nella poesia greca che in quella
latina. Prende il suo nome dal poeta alessandrino Faleco. l suo schema base è formato da un
primo piede bisillabico libero (caratterizzato da due sillabe ancipiti), seguite da un dattilo,
seguito a sua volta da tre trochei, ovvero lunga-breve (l’ultimo può essere uno spondeo - -)
Traduzione:
Tutta la poesia di Catullo è stata ridotta al rapporto con Lesbia (Clodia). Qui abbiamo uno dei
momenti caratterizzanti del loro rapporto, che seguiamo nelle varie frasi all’interno del Liber:
l’innamoramento, l’amore, il primo rapporto fra i 2 nel carme 68, i primi sospetti di tradimenti e
l’abbandono alla fine, il tentativo di stabilire una sorta di foedus (patto d’amore) in termini molto simili
a quelli della vita politica, giuridica. Catullo cerca di proporre a Clodia/Lesbia questo tipo di rapporto in
cui entra all’interno del rapporto erotico il ricordo e la struttura relazionale tipica di un mondo civile,
religioso che invece da parte sua è estremamente deludente perché la proposta di Catullo contro la
Caeli= nome proprio dell’amico; Caelius, Caelii seconda declinazione vocativo (oh Celio). Un tempo
amico e poi rivale di Catullo, l’amante di Lesbia da lei accusato e difeso da Cicerone nella Pro Caelio.
Lesbia= nome proprio dell’amata; Lesbia, Lesbiae prima declinazione nominativo (Lesbia)
Nostra= aggettivo possessivo noster, nostra, nostrum nominativo femminile singolare concordato con
Lesbia (la nostra)
Lesbia= Lesbia, Lesbiae prima declinazione nominativo
Illa= ille, illa, illud dimostrativo nominativo femminile singolare (quella)
Illa= ille, illa, illud dimostrativo nominativo femminile singolare (quella)
Lesbia= Lesbia, Lesbiae prima declinazione nominativo
Chiasmo che dà l'effetto di eco. Ripetizione che esprime disperazione e sgomento.
Quam= avverbio (che/la quale)
Catullus= firma del poeta; Catullus, Catulli seconda declinazione nominativo (Catullo)
Unam= aggettivo numerale unus, una, unum accusativo singolare riferito a Lesbia (sola)
Plus= plus, pluris neutro terza declinazione (di più)
Quam= avverbio
Se= pronome indefinito sui, sibi accusativo maschile singolare (se stesso)
Atque= congiunzione (e)
Suos=sostantivato accusativo plurale concordato con omnes (suoi familiari, generalmente le persone
più amate)
Amavit= terza singolare perfetto verbo AMO, AMAS, AMAVI, AMATUM, AMARE (ha amato)
Omnes= omnes, omnium, terza declinazione accusativo plurale (tutti/ tutta la gente). Contrapposto ad
Unam
Iperbole, che per un romano dell’età Cesarina è assolutamente una novità.
Nunc= avverbio di tempo (ora)
In quadriviis= complemento stato in luogo; quadrivium, quadrivii neutro seconda declinazione ablativo
plurale (i quadrivi sono l’incrocio di due vie o anche un punto dal quale dipartono 4 strade)
Et= congiunzione (e)
Angiportis= fa sempre parte del complemento di luogo; angiportum, angiporti neutro seconda
declinazione ablativo plurale (i vicoli)
Glubit= terza singolare presente verbo GLUBO, GLUBIS, GLUBERE (in senso figurato vuol dire
scorticare)
“Glubo”: termine molto crudo che ha un registro estremamente basso e osceno proveniente dal
linguaggio agricolo, che è molto frequente in Catullo e nella vena aggressiva dei suoi epigrammi.
Questo termine, usato in questo senso, non appare in nessun altro esempio della letteratura del
tempo, appare solo più tardi, nell’opera di Ausonio, il quale riprenderà questo verbo, non con la
potenza espressiva di Catullo, ma come curiosità antiquaria letteraria.
Magnanimos= aggettivo prima classe magnanimus, magnanima, magnanimum accusativo maschile
plurale riferito ai nipoti (magnanimi/nobili/virtuosi). E’ un composto (magno+animus: grande anima)
che appartiene a un registro alto e sarcastico.
Remi= nome proprio di Remo, fratello di Romolo; Remus, Remi genitivo singolare (di Remo)
Nepotes= nepos, nepotis, terza declinazione accusativo plurale (i nipoti)
Metrica: La metrica del carme 72 è quella dei distici elegiaci (esametro con pentametro). Le
figure retoriche del carme 72 sono la metafora, l’allitterazione, l’omoteleuto, l'enjambement.
Metrica: metro galliambo, usato spesso nella descrizione di contesti di vicende dei seguaci di
Abele (nella Bibbia secondo figlio di Adamo e Eva).
Attis, qui nei primi versi, passa in rassegna tutte le identità che ha attraversato con il suo corpo, con la
sua storia al contrario.
Ego= anafora dei pronomi personali di prima persona (ego..ego..ego); questo simboleggia l’io ormai
perduto, votandosi a qualcosa che lo ha dominato, cioè il culto a Cibele. (io)
Mulier= mulier, mulieris terza declinazione nominativo singolare (la donna). In un altro passo affianca
a questa parola il vocabolo notha (bastardo,impuro,illegittimo), una donna spuria perchè Attis voleva
essere qualcosa che non è, non basta infatti evirarsi per poter essere donna.
Adulescens= adulescens, adulescentis participio presente di ADULESCO, ADULESCIS, ADULEVI,
ADULTUM, ADULESCERE (l’adolescente)
Ephebus= ephebus, ephebi seconda declinazione nominativo singolare (l’efebo). Parola greca che
indica il giovane di età compresa tra i 18 e i 20 anni (età che lo chiama già ai primi obblighi militari e
paramilitari).
Puer= puer, pueri seconda declinazione maschile e femminile nominativo singolare (il bambino)
Ego= io
Gymnasii= gymnasium, gymnasii neutro seconda declinazione genitivo singolare (del ginnasio).
Istituzione greca per i ragazzi dai 12 ai 18 anni, fondamentale per i greci liberi, in cui, nudi, allenavano
Metrica: esametri
Pèliaco= Peliacus, Peliaca, Peliacum ablativo di stato in luogo e attributo di vertice (del Pelio, monte
in Tessaglia, regione storica dell’antica Grecia)
Quondam= avverbio (una volta/un giorno lontano)
Prognatae= prognatus, composto pro+nascor, è una parola dell’alta poesia epica (nascere da);
NASCOR, NASCERIS, NATUS SUM, NASCI.
Vertice= vertex, verticis terza declinazione ablativo singolare (sulla vetta)
Pinus= soggetto; pinus, pinus femminile quarta declinazione nominativo plurale (i pini)
Il verso successivo è un iperbato: si distanziano i due termini che sono in concordanza, liquidas e
undas. Questa caratteristica è accentuata dal fatto che liquidas è posta prima della cesura; la
tecnica di porre l'aggettivo prima della cesura e il sostantivo alla fine del verso viene definita con
un termine tedesco che in sé per sé significa separazione-divaricazione: Sperrung).
Dicuntur= terza plurale indicativo presente passivo, costruzione personale di DICOR: DICO, DICIS,
DIXI, DICTUM, DICERE (si dice). Verbo concordato con il soggetto prognatae pinus, letteralmente
sarebbe “i pini sono detti”. Crea un rapporto di anteriorità con l’infinito nasse.
Liquidas= liquidus, liquida, liquidum accusativo plurale concordato con undas (le limpide)
Neptuni= Neptunus, Neptuni seconda declinazione genitivo di specificazione (di Nettuno)
Nasse= sincope dell’infinito perfetto NAVISSE: NO, NAS, NAVI, NARE (nuotare/navigare). Retto da
Dicuntur
Per Undas= moto per luogo; unda, undae prima declinazione accusativo plurale (onde)
Phasidos= Phasis, Phasidos terza declinazione genitivo alla greca, riferimento alla geografia antica
(del Falsi, fiume della Colchide)
Ad Fluctus= moto per luogo: ad proposizione (verso) + fluctus, fluctus quarta declinazione accusativo
plurale (i flutti/ le correnti)
Et Fines= congiunzione (e)+ finis,finis maschile femminile accusativo plurale (confini/terre)
Aeeteos= aggettivo ricavato dal nome del re Eeta, re della Colchide; Aeetus, Aeeta, Aeetum
accusativo plurale (etee). Verso spondaico ->contrariamente all'uso prevalentemente si incontra uno
spondeo nel penultimo piede, quindi due sillabe lunghe consecutive. Caratteristica tipica
dell'esametro epicheggiante, omerizzante.
Cum= valore temporale (quando)
Lecti= participio perfetto di LEGO, LEGAS, LEGAVI, LEGATUM, LEGARE (scelti/selezionati)
Iuvenes= iuvinis, iuvinis maschile e femminile terza declinazione nominativo plurale (i giovani)
Argivae= Argiva, Argivae prima declinazione appositivo, aggiuntivo di lecti iuvenes e concordato a
Pubis(il meglio della gioventù Argiva, letteralmente il meglio della gioventù greca).
Robora= apposizione robor, roboris neutro terza declinazione accusativo plurale (letteralmente la
forza/i più forti)
Pubis= pubis, pubis femminile terza declinazione genitivo singolare (della gioventù)
Ecco un altro iperbato auratam all’inizio del verso è concordato con pellem alla fine, ordinamento a
cornice dell’intero verso.
Auratam= auratus, aurata, auratum accusativo singolare in concordanza con pellem (dorata/d’oro)
Sinalefe tra i due termini, Catullo non inserisce molte sinalefe (solo due), perchè è
estremamente attento alla costruzione delle frasi.
Optantes= participio congiunto con valore causale concordato con lecti iuvenes; verbo OPTO,
OPTAS, OPTAVI, OPTATUM, OPTARE (desiderando)
Colchis= Colchis, Colchidis dativo singolare sostenuto da avertere (ai Colchi). La Colchide è
veramente esistita, nell'antichità fu un vero e proprio calderone di civiltà. Oggi la regione appartiene
alla Georgia occidentale.
Avertere= infinito verbo AVERTO, AVERTIS, AVERTI, AVERSŬM, AVERTĔRE (portare via/rubare)
Pellem= pellis, pellis terza declinazione accusativo singolare (il vello)
Ausi Sunt= verbo della frase con il cum temporale; terza plurale perfetto da AUDEO, AUDES, AUSUS
SUM, AUSUM, AUDERE: verbo semideponente della seconda coniugazione (osarono)
Scansione:
Melibeo si rivolge direttamente a Titoo con un vocativo che esprime lo struggimento di un saluto
ancorato. (Il nome compare anche negli Idilli di Teocrito).
Tityre= Tityrus, Tityri seconda declinazione vocativo (oh Titiro)
Tu= pronome personale (tu)
Patulae= patulus, patula, patulum aggettivo prima classe genitivo singolare concordato con fagi
(ampio)
Recubans= participio presente, composto re + cubo RECUBO, RECUBAS, RECUBAAVI,
RECUBATUM, RECUBARE (“giacere, essere coricato”), che indica appunto lo sdraiarsi all’indietro,
sulla schiena, in una posizione di completo riposo.
Sub= introduce complemento di luogo sub+ ablativo (sotto)
Tegmine= tegmen, tegminis neutro terza declinazione ablativo singolare (la copertura). E’ una scelta
lessicalmente preziosa e raffinata, in quanto il termine è utilizzato comunemente per capi di vestiario
e non per costruzioni abitative.
Fagi= fagus, fagi femminile seconda declinazione genitivo singolare (di un faggio). I nomi di
alberi/piante sono per la maggior parte in femminile. Alcuni commentatori hanno notato che la pianta
del faggio non cresce nella pianura padana, dove si immagina ambientata questa bucolica.
PATULAE FAGI: è un Iperbato, quando due parole, un sostantivo e il suo attributo, sono separati. E’
un sperrung→ patulae si trova nella prima parte del verso e fagi invece alla fine (come in Catullo)
Silvestrem= silvestr, silvestris, silvestre aggettivo seconda classe accusativo singolare concordato
con musam (silvestre)
Tenui avena= ablativo strumentale
Tenui= tenuis, tenuis, tenue aggettivo seconda classe ablativo singolare concordato con avena
(tenue/sottile). Si riferisce sia al suono della zampogna sia al genere “umile” della poesia virgiliana
delle Bucoliche.
Musam= complement oggetto; musa, musae prima declinazione accusativo singolare (letteralmente
significa musa, qui invece metonimicamente significa musica/melodia)
Meditaris= terza singolare presente indicativo verbo deponente MEDITOR, MEDITARIS, MEDITATUS
SUM, MEDITARI (componi un motivo/intoni)
Avena= avena, avenae prima declinazione ablativo singolare (flauto/canna della zampogna)
Felix= felix,felix, felix aggettivo seconda classe (felice). Il termine “felix” è sì un omaggio a Epicuro,
ma anche al grande poeta Lucrezio.
Qui= pronome relativo (chi)→ bisogna integrare un dimostrativo “hic qui” (colui che)
Potuit= terza singolare del perfetto verbo POSSUM, POTES, POTUI, POSSE(ha potuto).
Rerum= res, rei quinta declinazione genitivo plurale (delle cose)
Cognoscere= infinito retto dal verbo potuit, verbo COGNOSCO, COGNOSCIS, COGNOVI,
COGNITUM, COSGNOSCERE terza coniugazione (conoscere)
Causas= causa, causae prima declinazione accusativo plurale (le ragioni/le cause)
Atque= congiunzione (e)
Metus= metus metus quarta declinazione accusativo plurale (i timori/le paure)
Omnis= omnis, omnis, omne aggettivo seconda classe, sta per l’accusativo plurale omnes concordato
con metus (tutti)
Et= congiunzione (e)
Inexorabile= inexorabilis, inexorabilis, inexorabile aggettivo seconda classe accusativo neutro
singolare (inesorabile).Inesorabile, cioè che non si può ottenere con le preghiere, il fato va avanti da
solo. Termine di tradizione tragica ed epica, registro dello stile molto elevato.
Fatum= fatum, fati neutro seconda declinazione accusativo singolare (fato)
Subiecit=composto sub+iacio, verbo che si costruisce con il dativo (pedibus); terza singolare del
perfetto di SUBICIO, SUBICIS, SUBIECI, SUBIECTUM, SUBICERE terza coniugazione (ha messo)
Pedibus= pes, pedis terza declinazione dativo plurale (sotto i piedi)
Strepitum(que)= strepitus, strepitus quarta declinazione accusativo singolare (e il rumore assordante)
Acherontis= Acheron, Acherontis terza declinazione genitivo singolare (dell’Acheronte, uno dei fiumi
infernali)
Avari= avarus, avara, avarum aggettivo prima classe genitivo singolare concordato con Acherontis
(dell’avido Acheronte)→L'Acheronte, fiume infernale, è definito avido nel senso che non concede
ritorno alla vita a chi lo ha oltrepassato; oppure perché non si accontenta dei morti che già lo hanno
attraversato.
Parla Didone, saranno le ultime parole che rivolgerà ad Enea. Ultimo invito di Didone ad Enea, invito
ovviamente sarcastico.
I= imperativo da EO, IS, IVI, ITUM, IRE (vai/parti). Notiamo la vocale lunga caratteristica del
singolare, che il latino ha esteso per analogia anche al plurale ite.
Sequere= seconda persona singolare imperativo presente di SEQUOR, SEQUERIS, SECUTUS,
SUM, SEQUI (segui). E’ un verbo deponente della terza coniugazione usato nel senso di “segui la
rotta per/ dirigersi verso”
Noi non ascolteremo le parole di Enea, che rimarrà balbettante, impaurito, apprensivo per questa
donna, che egli ama teneramente. Questo è un Enea terribilmente umano, che non riesce a proferire
parola, parole quasi impossibili, non c’è spazio per le parole, ognuno rimane con il proprio dolore,
questo vuol dire il silenzio di Enea. La narrazione vive di questi contrasti, tra ciò che viene espresso
nel discorso diretto di Didone, e nel discorso indiretto, nella narrazione dell’ego narrante, del pius
Aeneas. Narrazione che si impregna dei giudizi, spesso soggettivi, dei personaggi.
Est= terza singolare presente del verbo SUM, ES, FUI, ESSE (c’è)
Modus= modus, modi maschile seconda declinazione nominativo singolare (una misura)
In rebus= res, rei quinta declinazione ablativo plurale (nelle cose)
Est modus in rebus= c’è una misura nelle cose→ questa frase divenuta proverbiale condensa il
messaggio essenziale della satira ed è un precetto basilare per una morale, come quella epicurea,
fondata sulla moderazione.
Sunt= terza plurale presente del verbo SUM. E’ un predicato verbale come est all’inizio (ci sono)
Certi= certus, certa, certum aggettivo prima classe nominativo plurale concordato con fines
(certi/stabiliti)
Denique= avverbio (infine)
Fines= finis, finis maschile e femminile terza declinazione nominativo plurale (confini)
Quos= pronome relativo (i quali/dei quali). Si riferisce ai confini (fines).
Ultra citra(que)= avverbio (al di la)+ congiunzione (e)+ avverbio (al di qua). Reggono il pronome quos.
Nequit= terza singolare presente verbo anomalo NEQUO, NEQUIS, NEQUII, NEQUITUM, NEQUIRE
(non può)
Consistere= infinito del verbo CONSISTO, CONSISTIS, CONSISTI, CONSISTERE terza
coniugazione (sussistere).
Rectum= soggetto; rectum, recti neutro seconda declinazione nominativo (ciò che è giusto)
Idea che la natura abbia fissato i confini della felicità umana è un’idea epicurea.
Illuc= avverbio moto a luogo (la)
Unde= avverbio moto da luogo (da cui)
Abii= prima persone del perfetto da ABEO, ABIS, ABII/ABIVI, ABITUM, ABIRE verbo anomalo (sono
partito)
Redeo= prima singolare presente da REDEO, REDIS, REDII, REDITUM, REDIRE verbo anomalo
(ritorno). Composto di “eo”.
Illuc unde abii redeo→ Orazio riprende il filo del ragionamento che aveva svolto nei primi venti versi
della satira, cioè ritorna al motivo dell’incontentabilità degli uomini.
Qui= valore di congiunzione con la “i” lunga, introduce una serie di interrogative indirette (se pro-
bet… laudet… tabescat… se… comparet…laboret). (perchè)
Nemo= pronome indefinito (nessuno)
Ut= comparativo modale (come)
Avarus= avarus, avari seconda declinazione nominativo singolare (avido)
Se= sui sibi pronome indefinito in accusativo (se stesso)
Probet= terza singolare congiuntivo presente verbo PROBO, PROBAS, PROBAVI, PROBATUM,
PROBARE prima coniugazione (provi/sia)
Ac Potius= congiunzione (e)+ avverbio (piuttosto)
Leuconoe è l'XI ode del I libro delle Odi di Orazio, indirizzata a Leuconoe, una fra le donne amate dal
poeta latino (il nome in italiano significa "dalla candida mente"). 'ode si apre con l'invito a Leuconoe a
non chiedere (perché non è concesso saperlo) quale fine gli dèi abbiano stabilito per i due innamorati.
Quindi l'ode inizia con la rinuncia a sapere cosa gli dèi riservano agli uomini nel futuro; futuro che non
può essere chiarificato neppure consultando gli astrologi babilonesi o gli oroscopi orientali. Questa
rinunzia è riaffermata subito dopo: «È meglio patire/ accettare/, sopportare/ rassegnarsi/ a ciò che
sarà.»Questo senso di rassegnazione al destino stabilito dagli dèi percorre tutta l'opera oraziana, ma
esso è presentato con un'accezione nuova alla fine dell'ode n. 24 dedicata a Virgilio per confortarlo
della morte di Quintilio. Orazio dà un significato filosofico alla rassegnazione e rende tollerabile ciò
che immutabile ed intollerabile.Nel mezzo dell'ode Orazio insiste sull'incertezza del futuro: «Sia che
Giove ci conceda molti inverni, o sia questo l'ultimo, che fa sbattere le onde sugli scogli del mare
Tirreno». In questo crescendo di incertezza sul futuro e di coscienza della fugacità del tempo e della
vita, Orazio si rivolge alla bella Leuconoe ammonendola ad essere saggia e a fare le poche cose
concesse ai mortali per il godimento della loro breve esistenza: "versa il vino e recidi ogni speranza
sul futuro che oltrepassi il breve spazio del tempo immediato". Il poeta invita la consorte a
preoccuparsi del presente immediato, proprio poiché è impossibile (nonché inutile) per l'uomo
preoccuparsi del futuro. E ad Orazio non resta altro che concludere logicamente l'ode secondo la più
schietta e semplice concezione epicurea: "Cogli l'attimo (il giorno) e confida il meno che puoi sul
Metro: l verso impiegato è l'asclepiadeo maggiore, che corrisponde a un asclepiadeo minore con un
coriambo inserito dopo il primo membro: questo, isolato da due tmesi (che sono di solito anche
dieresi), è rappresentato da una sola parola (Leuconoe, debilitat) da due termini bisillabi (scire nefas,
vina liques) o da un monosillabo seguito da un trisillabo (ut melius, seu tribuit). Le figure retoriche
della poesia sono: l'inversione, l'allitterazione e la callida iunctura, cioè un'insolita associazione di
parole, creatrice di nuove analogie.
Tu= pronome personale. (tu) ll pronome personale, posto in posizione rilevata di incipit, dà il senso di
una conversazione in corso di svolgimento tra il poeta, maturo e disilluso, e la giovane Leuconoe, cui
si spiega con affetto che non è il caso di interrogarsi su ciò che accadrà in futuro.
Ne= non
Quaesieris= seconda persona da QUAERO, QUAERIS, QUAESII, QUAESITUM, QUAERERE
preceduto da ne, il perfetto congiuntivo assume valore di imperativo negativo. (chiedere per sapere)
Ne quaesieris= è il primo dei divieti o dei consigli (vv. 2-3: “nec Babylonios temptaris numeros”; v. 6:
“sapias, vina liques”; v. 8: “carpe diem”) che Orazio indirizza alla fanciulla, come se volesse
ammonirla sugli errori più comuni dei mortali; l’indicazione non è quella di godere in maniera irriflessa
dei piaceri della vita, ma piuttosto quella a raggiungere un piacere negativo, determinato dall’assenza
del dolore e della sofferenza, come insegnato dal maestro Epicuro.
Scire nefas= parentetica( è vietato sapere/non è lecito sapere/non è dato sapere)
Scire= infinito di SCIO, SCIS, SCII, SCITUM, SCIRE quarta coniugazione (sapere)
Dopo scire sottintendere “est”
Nefas= sostantivo neutro invariabile (illecito)
Quem….quem= aggettivi interrogativi che introducono un’ interrogativa indiretta, retta da quaesieris e
concordati a finem (quale…quale)
Mihi=dativo di ego (a me)
Tibi= dativo di tu (a te)
Finem= finis, finis maschile e femminile terza declinazione accusativo singolare (fine inteso come
destin)
Di= deus, dei seconda declinazione nominativo plurale, forma alternativa di dei (gli dei)
Dederint= terza plurale congiuntivo perfetto da DO, DAD, DAVI, DATUM, DARE (abbiano
dato/assegnato). Di nuovo un congiuntivo perfetto, stavolta per la regola della consecutio temporum,
c’è un’anteriorità rispetto al tempo della reggente→”tu chiedi quale destino gli dei abbiano già stabilito
per me e per te”
Leuconoe= vocativo (oh Leuconoe). Nome di origine greca, che indica probabilmente una figura di
invenzione; si tratta di un “nome parlante”, da leukós, “bianco, candido”, e nous, “mente, intelletto”.
Leuconoe è quindi l’immagine di una fanciulla dalla mente candida e pura, che si illude di poter
conoscere in anticipo quale sarà il destino suo e del poeta.
Nec= congiunzione (neppure)
Babylonios= babylonius, babylonia, babylonium aggettivo prima classe accusativo plurale concordato
con numeros. (babilonesi)
Temptaris= seconda singolare verbo TEMPTO, TEMPTAS, TEMPTAVI, TEMPTATUM, TEMPTARE
prima coniugazione (consultare/interrogare) Forma sincopata per temptaveris, perfetto congiuntivo
con funzione di imperativo negativo, come quaesieris, bisogna infatti sottintendere il ne
Numeros= numerus, numeri seconda declinazione accusativo plurale (gli oroscopi/i calcoli)
Babylonios temptaris numeros: l’espressione si ricollega all’usanza, diffusa soprattutto a livello
popolare, di consultare gli astrologi di origine babilonese o caldea per conoscere il proprio futuro. Il
sostantivo numerus, -i, al plurale, significa appunto, tra le altre cose, “astrologia”. Ovvio lo scetticismo
di Orazio nei confronti di queste superstizioni.
Ut= l’avverbio ha valore esclamativo, e introduce le indicazioni del poeta ai vv. 6-8 (quanto)