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ELEGIA

È un genere letterario che ha la sua fioritura, ma anche la sua rapidissima morte/fine in epoca
augustea. L’elegia è un genere che raggiunge il suo apice negli anni di Augusto, e che però dopo
la fine del principato di Augusto muore perché aveva già raggiunto tutti i suoi obiettivi, e
continuare quel genere con la qualità con cui era fiorito durante quegli anni era praticamente
impossibile. Quando parliamo di elegia, sostanzialmente parliamo di Tibullo Properzio Ovidio.
L’elegia non è un genere che nasce a Roma ed è tutto romano come la satira, (“satira tota nostra
est” - Quintiliano). Tuttavia, l’elegia latina ha delle peculiarità, delle particolarità, delle
caratteristiche tali che la differenziano in modo netto dall’elegia che si era sviluppata nel mondo
greco. Cerchiamo di capire in che cosa consiste l’elegia nel mondo greco e quali sono le
particolarità del l’elegia latina. L’elegia è un testo composto in distici elegiaci, (la coppia di versi
esametro + pentametro). Il termine elegia indica in primo luogo una forma metrica, tanto è vero
che nell’elegia arcaica greca, l’elegia si contraddistingue per una varietà di contenuti. Le elegie
arcaiche sono tenute insieme solo dalla forma metrica, (si parla di elegia quando si ha un
componimento più o meno lungo in distici elegiaci), ma i contenuti delle elegie di Callino, Tirteo
(elegia di tipo esortativo, di natura politico-militare. Esortava i giovani spartani a morire in prima
fila in battaglia, e non far crepare i vecchi poiché era una cosa vergognosa - i giovani dovevano
morire per la patria), Mimnermo (esortava alla giovinezza e all’amore), Teognide (esalta amore
erotico e il simposio), Solone (espone il suo programma politico), sono totalmente diversi.
Nell’elegia arcaica, quello che contraddistingue l’elegia è la varietà dei contenuti, tant’è vero
che già gli antichi non erano in grado di risalire all’etimologia del termine elegia, e ancora adesso
non è chiaro l’origine del termine. L’elegia ellenistica, (ci avviciniamo all’elegia di epoca
augustea), è contraddistinta da eleganza stilistica e formale secondo le regole della poesia
callimachea, (brevitas e labor limae che Catullo e i poetae novi hanno introdotto a Roma), e poi
da contenuti mitologici, (vi è la presenza del mito, che invece è assente nell’elegia arcaica -
soprattutto il mito in chiave amorosa). Parlare di mito vuol dire avere un tono narrativo, cioè
raccontare una storia. Sottolineati nel file quegli elementi che ora ci porteremo dietro, nell’elegia
di epoca augustea. Un altro genere letterario che influenza l’elegia di epoca augustea, è
l’epigramma ellenistico. Che differenza c’è fra un’elegia e un epigramma? Da un punto di vista
metrico, nessuno perché gli epigrammi sono perlopiù in distici elegiaci. La differenza sta nella
lunghezza, l’epigramma è breve, l’elegia è lunga, (i carmi di Catullo che abbiamo letto e tradotto
l’anno scorso erano perlopiù epigrammi perché erano 2,4,6 versi, massimo 8 - dai 10 in su è
un’elegia). In epoca ellenistica, oltre all’elegia abbiamo anche gli epigrammi, testi molto brevi di
argomento erotico, (sempre in termine tecnico, che parlano di eros, di amore), quindi con un
punto di vista soggettivo. Ultima fonte più importante di ispirazione per l’elegia latina, sono i
poetae novi, in particolare Catullo. Per i poetae novi, l’amore e la poesia coincidono, e sono
un’esperienza totalizzante: si vive per amare, (vivamus mea Lesbia atque amemus), e chi ama
automaticamente esprime i suoi sentimenti nelle poesie. La poesia è una conseguenza
dell’amore, e si deve amare per scrivere poesie. Questa visione del mondo è pienamente
condivisa dai poeti elegiaci. I poeti elegiaci si dedicano alla poesia, all’amore e basta, non fanno
nient’altro nella vita. Di conseguenza, vi è la scelta dell’otium come scelta esistenziale. La prima
elegia di tutta la storia della letteratura latina, viene riconosciuta nel carme 68 di Catullo perché
è l’ultimo dei carmina docta (61-68) e c’è tutto quello che contraddistingue l’elegia di epoca
augustea. L’elegia di epoca augustea con l’elegia di epoca arcaica, cosa condivide? Solo il metro.
Con l’elegia ellenistica condivide l’eleganza stilistica e formale, e gli argomenti mitologici, (con
eccezione di Tibullo). Con l’epigramma ellenistico, condivide l’argomento erotico e la
soggettività. Con i poeti neoterici condivide sostanzialmente tutto, (l’elegia latina parte dal carme
68 e trasforma quello che era un singolo componimento, in un intero genere letterario con le sue
regole). Definizione di elegia latina: elegie di lunghezza piuttosto estesa, di tema
prevalentemente amoroso a carattere autobiografico e soggettivo, (il poeta parla in prima
persona di una propria storia d’amore), nel quale c’è anche la presenza del mito, in cui il richiamo
al mito funge da modello esemplare che nobilita e sublima la vicenda personale, (poeti
tendenzialmente parlano di sé, dei propri sentimenti, della propria storia d’amore, ma
paragonano la loro storia al mito, alle storie tramandate dalla mitologia, esattamente come aveva
fatto Catullo nel carme 68). Il fatto che questa poesia sia soggettiva e autobiografica, ci
permette di usare questi componimenti come fonti per costruire la vita dei poeti? In parte si, in
parte no perché i poeti creano una persona letteraria, che all’interno delle poesie si comporta, si
muove, prova dei sentimenti secondo delle regole del genere, quindi non è che tutto quello che
viene raccontato è vero, ma risponde alle regole del genere letterario, quindi bisogna
distinguere tra una persona realmente esistita e la persone poetica che viene rappresentata nel
testi. Questa premessa vale per la poesia di tutti i tempi. Nell’elegia latina il poeta-amante crea
una persona poetica attraverso cui riscrive la propria vicenda personale: vi è la costruzione di
una finzione autobiografica che sottopone le esperienze vissute ad una trasfigurazione
letteraria. I reali fatti biografici, filtrati dalla letteratura e dalla poesia, si trasformano in una
vicenda formalizzata secondo il codice del genere elegiaco che segue il modello del liber
catulliano > l’amore risulta infelice, fonte di sofferenza e conflittualità. La vita reale viene
rielaborata in senso poetico secondo alcune regole, un codice di comportamento che è tipico
della poesia elegiaca. Quale storia d’amore seguono i poeti per raccontare le proprie vicende? Il
modello è la storia d’amore fra Catullo e Lesbia. I poeti elegiaci raccontano sempre un amore
tra la gente, travolgente, passionale, totalizzante per una donna che invece è più volubile, e
quindi in alcuni momenti questo è un amore che porta il poeta fino alle stelle perché è un amore
corrisposto e condiviso, in altri la donna è infedele e ha altri amanti, quindi il poeta cade nello
sconforto e nella depressione, maledice la donna, (centrale il tema della fides). Se in Catullo
l’esperienza è sostanzialmente reale, questi amori sono ricondotti a questo codice, a questo
modello, che deve essere sempre quello, sono amori infelici, amori che finiscono nel discidium
(la separazione, la rottura): l’amore è infelice e fonte di sofferenza e conflittualità. Ciò implica che
il poeta e la puella hanno delle caratteristiche fisse, sempre uguali. Le donne amate sono tutte
identificate con uno pseudonimo greco però, (a differenza di Clodia), queste donne sono tutte
liberte, non sono donne della nobilitas romana, (questo anche per evitare scandali - sono donne
che appartengono a una classe sociale inferiore quindi se anche avevano una vita intima
piuttosto libera, non creavano scandalo).
Il rapporto tra poeta e puella è un rapporto di servitù: il poeta è servus della donna. Il poeta è
caratterizzato da qualità tutte negative rispetto al codice dei valori del mos maiorum:

INERTIA incapacità di agire poiché bloccato da


un amore totalizzante
NEQUITIA l’incapacità/inadeguatezza nei confronti
della società, (non della donna), in
quanto non ha quelle caratteristiche che
ci si aspetta da un cittadino romano, che
contribuisce alla crescita della società. Il
poeta elegiaco vive in un suo mondo
separato, che lo rende inadeguato
rispetto alla vita sociale
AMENTIA pazzia d’amore
FUROR passione, che può diventare anche
rabbiosa nel momento in cui scopre
l’infedeltà della non corrispondenza
della moglie

La donna è caratterizzata da:

DURITIA durezza di cuore, è dura, non si fa


impietosire, (a differenza dell’uomo che
è servizievole e dà tutto se stesso per
amore, la donna usa l’uomo come tanti
altri amanti, ma senza sciogliersi)
NEQUITIA dissolutezza, sfrenatezza, infedeltà
SAEVITIA crudeltà
PERFIDIA e INIURIA negazione della fides: perfidia nel senso
che rompe la fides, i giuramenti, le
promesse, (in + ius —> negazione della
ius, delle regole)
Il poeta elegiaco è in un rapporto di servitium amoris nei confronti della donna e soprattutto
dell’amore. Il poeta chi serve? A chi si sottomette? All’amore. La sua vita non è soltanto
caratterizzata dal servitium amoris, ma anche dalla militia amoris: vive come un soldato
dell’amore che combatte per l’amore. Questi due aspetti che caratterizzano la vita del poeta
elegiaco si contrappongono in modo netto con il mos maiorum, (con i valori della res publica),
perché secondo l’ideale romano, il cittadino deve essere al servizio della res publica e non
dell’amore, e deve essere un soldato che combatte per la res publica e non per l’amore: vi è la
sostituzione dei valori tradizionali con i valori che vedono nell’amore il fine ultimo dell’uomo
per vivere una vita felice. Tutto quello che per Catullo è esperienza personale, qui diventa un
codice letterario e poetico, tanto da inventare un nuovo genere. Di conseguenza, se c’è il rifiuto
dei valori della Repubblica romana, ci sono l’aspirazione alla pace e il rifiuto della guerra.

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