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S.

Alfonso Maria de Liguori


Glorie di Maria
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 Introduzione di O. Gregorio C.Ss.R.

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Introduzione di O. Gregorio C.Ss.R.

Il secolo XVIII, considerato come l'età di ferro della devozione verso la


Madonna, nell'autunno del 1750 vide uscire da una modesta tipografia di
Napoli un libro destinato ad esercitare nel Cristianesimo un influsso
"profondo, durevole e universale", come sottolineò con debita competenza il
Bittremieux.

Erano le Glorie di Maria...

I due tometti in-12 con 768 pagine complessive, precedute da una immagine
della Vergine incoronata di. stelle e spirante misericordia, ebbero subito liete
ripercussioni specie tra gli umili, accendendo luci di speranza nel firmamento
di quell'anno giubilare proclamato da Benedetto XIV.

L'opera tuttavia non era occasionale e nemmeno precipitosa, come vorrebbero


far credere i soliti critici di professione. Pur restando assai significativa nella
biografia missionaria di S. Alfonso Maria de Liguori, suo autore, s'inserì
vivificante nel movimento della cultura cattolica in perfetto accordo con la sua
Teologia pastorale e coni la sua originale concezione della grazia.

Una lettura riposata nel corrente Anno Mariano ci svelerà spontaneamente l'
intrinseco valore del granitico capolavoro, che con forza irresistibile continua
a suscitare sotto ogni cielo vividi fiammeggiamenti di pietà popolare.

I maestri non tardarono a scoprirvi la serratura d un epoca povera di letteratura


mariana e la chiave d'oro del mattino di un periodo nuovo, che è sfociato
vittorioso nel meriggio odierno dopo aver spazzato l'arido pessimismo
protestante e giansenista.

Le Glorie di Maria "agente ed eco della Mariologia moderna" secondo la


giusta definizione del Rivière, storico del dogma della Redenzione, riuscirono
doppiamente proficue in quel tempo di decadenza scolastica: come studio e
come esercizio spirituale, divenendo il libro classico di parecchi Istituti
religiosi. Non ostante l'abbondanza sterminata di produzioni simili nel
mercato librario, sono rimaste tali anche nel secolo XX, per nostra fortuna. La
parte dottrinale e la parafrasi ascetica, la solida Theologia mentis e la
sublime Theologia cordis appaiono plasmate in mirifica maniera italiana, che
mentre indicano l'inconfondibile fisionomia del Dottore zelantissimo, formano
"l'ultimo grande libro europeo" scritto in lode della Madonna.

La genesi di questo indiscusso monumento, - che combatté con franchezza e


pose nell'ombra la Regolata divozione (1747) del celebre Ludovico Antonio
Muratori, deve cercarsi nella sensibilità squisita e tenera di S. Alfonso e un po'
nei suoi immediati intenti apostolici e polemici. Da sé per dir così sorse un
significato letterario non trascurabile, che entusiasmava l'avvocato Bartolo
Longo nell'uso largo fattone per la propaganda del Santuario di Pompei e delle
iniziative sociali annesse.

L'elaborazione fu lunga: certamente il libro iniziato nel 1734 a Villa Liberi,


l'antica Sclavia, dove S. Anselmo stese il famoso trattato Cur Deus homo, fu
ultimato nella quieta vallata di Ciorani presso Mercato San Severino, nel cui
castello sostò, come sembra, l'Angelico San Tommaso.

Il 12 ottobre del, 1750 l'autore spedendo uno dei primi esemplari delle Glorie
di Maria in omaggio al dotto canonico Fontana, l'accompagnava col seguente
biglietto: "Invio a V. Sig. Ill.ma il mio povero contraddetto libro della
Madonna uscito finalmente dopo molti stenti, e dopo molti anni di fatica a
raccogliere in breve quello che ci sta". In parole sobrie è delineata la storia
della composizione e dell'affannosa revisione, compiuta dal Savastano e dal
chiarissimo Prof. Martorelli, questi regio e quello esaminatore ecclesiastico.
Vi è sottinteso un gaudio interiore, dal quale erompe il trepido amore del
Santo per quest'opera che fu la prediletta fra un centinaio di altre date alla
luce.

Il 13 giugno del 1734 il Padre Francesco Pepe (m. 1759) mariologo gesuita
meridionale, rispondeva a S. Alfonso, che l'avea consultato su alcune
questioni: "Dica poi quanto vuole a gloria di questa gran Madre… Dia alle
stampe il libro, e tutto a gloria di tal gran Madre ". L'11 luglio dello stesso
anno Mons. Tommaso Falcoia, vescovo di Castellammare di Stabia e suo
direttore di spirito, gli scriveva: "Vi benedico mille volte l'operetta intrapresa
per promuovere la devozione di Nostra Signora e Madre. Lei ve la faccia
riuscire di fuoco".

Il pio scrittore non portò fretta. Con la sua tipica costanza e probità seguitò per
altri tre lustri a studiare l'argomento, che riguardava come la perla della
Teologia, mettendo nelle indagini impegno filiale assai serio. Leggitore
formidabile convocava "i grandi a testimoniare ai piedi della Madre e Regina
la loro fede somma, inconcussa, quasi risposta al gesto di Dio, che l'ha fatta e
l'ha manifestata dappertutto sì grande e sì indispensabile a noi". E dal lungo
studio e grande amore scaturiva quel "piccolo volume che è il centro locale
d'irradiazione di Padri, Vescovi, Patriarchi, Contemplativi, Apologeti".

Nel suo disegno S. Alfonso si propose di condensare i risultati più salienti e


più puri dei predecessori per assicurare il trionfo delle tesi mariane
tradizionali. Omesse le sottigliezze, s'industriò di fare una sintesi nel clima
della cultura e civiltà settecentesca, scrutando con acuta intelligenza gli
orizzonti lontani. Oggi notiamo che le intuizioni teologiche furono tanto
copiose e precise da superare l'ambiente. Sotto quest'aspetto parve persino
troppo ardito a coloro che legati a strette correnti di pensiero minimizzavano
le prerogative della Madre divina, atteggiandosi a paladini dell'onore dovuto
al Verbo Incarnato!

Con un coraggio, che sconcertava gli epigoni muratoriani, desiderosi di norme


ristrettive nel culto mariano coi loro scrupoli intellettualistici, l'autore
cominciò con dedicare il lavoro a Gesù Cristo, confessando candidamente: "Io
non so pertanto a chi meglio raccomandarlo che a Voi, cui tanto preme la
gloria di questa Madre". Dopo un rapido Avvertimento, così utile per la storia
della Mariologia, esponeva in una nitida Introduzione il duplice fine
dell'opera, la maniera dello svolgimento ed indi il piano generale.

Conoscendo l'acida avversione degli eretici per la Salve Regina, sceglieva


come tema fondamentale della prima parte appunto questa magnifica antifona
liturgica, e dividendola in 10 brani costruiva su questa trama organica 10
capitoli inespugnabili come altrettante tesi tomistiche.

Nella seconda parte includeva nove discorsi ariosi intorno alle principali feste
della Madonna, sette riflessioni sopra i suoi dolori, dieci paragrafi sulle sue
virtù, dieci ossequi da praticarsi in suo onore, 89 esempi ricavati da scrittori
attendibili, diverse orazioni e canzoncine. Dopo la descrizione
documentatissima di Maria Vergine premurosa soccorritrice del genere umano
con deliberata insistenza sul concetto della sua mediazione universale nella
distribuzione delle grazie, S. Alfonso ne tracciava il ritratto soave, spingendo
le anime con una intimità affettiva gagliarda ad amarla, supplicarla ed
imitarla. Nessuno come lui aveva sinora capito il fascino eccezionale che
possiede la Madonna per attirare efficacemente le anime a Gesù Cristo.

Tale è il profilo del libro, riboccante di idee, di esempi e di preghiere tuttora


recitate con trasporto. In seguito vi aggiunse una risposta serrata alle
recriminazioni dell'enigmatico Lamindo Pritanio redivivo (1756) e un'altra più
vivace per ributtare la stravagante riforma intentata dall'oscuro Leoluca Rolli
(1775). Per tal via l'Enciclopedia Mariana era completa.

Non era facile fatica di epitomatore o combinazione più o meno ingegnosa di


citazioni e racconti, priva d'impronta personale! Il santo Dottore con
accorgimento utilizzava i tesori dottrinali del passato e coordinandoli col suo
metodo caratteristico donava ai maleriali raccolti il vigore della sua anima. In
questo lavoro gigantesco di selezione brilla ovunque l'eccezionale suo
sentimento di ortodossia tridentina, al di sopra degli errori che possono
incontrarsi circa l'attribuzione di fonti o la certezza di taluni episodi.

Eppure c'è ancora chi con la mentalità miope del tagliapietre grida all'intarsio
superficiale e si ferma al di qua della semplice erudizione, presa talvolta di
seconda mano! Non vede la costruzione armonica, scevra di esagerazioni
notate nel P. Pepe e di lacune teologiche lamentate nello storico modenese. Né
è capace di apprezzare la massiccia diga creata contro le tendenze corrosive
serpeggianti in un mondo frivolo che minacciava di crollare.

Le Glorie di Maria non sono un cifrario prolisso di testi patristici e biblici, né


somma di deduzioni compilato per una circostanza festiva, né una esplosione
esuberante di affetti dai colori partenopei. Sarebbero già intristite come i
consueti florilegi...

S. Alfonso non si accinse a scrivere pei soli napoletani secondo certe recenti
pretese! Volle fare opera di. pietà e di scienza, pensata e ruminata, che i secoli
vanno compitando stupiti, trovandovi il simbolo dei nuovi tempi, e come disse
David "un évangil marial".

Il 1854 salutò giulivo il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria; il 1950


ha plaudito al dogma della sua Assunzione corporea al cielo; l'avvenire aspetta
l'alba gaudiosa della Mediatrice di tutte le grazie. L'immacolata, l'Assunta, la
Mediatrice sono le tre stelle della Mariologia di S. Alfonso, contro cui si
accanirono i discepoli di Giansenio, ritenendole indiscrete!

La prova migliore dell'attualità delle Glorie di Maria, capolavoro di teologia


orante e contemplante e pegno di poderosa vittoria del verace culto cattolico
per la SS. Vergine, è da ricercarsi nel successo editoriale addirittura
prodigioso. Niun libro sulla Madonna è stato tanto letto, particolarmente
nell'Ottocento. M. De Meulemeester, bíbliografo fiammingo, ha elencate 736
edizioni fatte tra il 1750 e il 1932, di cui 109 nel testo originale. La somma è
imponente, senza dubbio.

Nell'ultimo ventennio le ristampe sono avvenute con ritmo lodevole. Tra le


numerose edizioni segnaliamo per la loro importanza quella curata dalla
regina di Sardegna, Vener. Maria Clotilde (in. 1802), e l'altra preparata testé
dal mariologo servita P. Gabriele Roschini. Sorpassa poi tutte le ristampe
antiche e moderne l'edizione critica dei Padri Redentoristi in due volumi in-8
con note marginali ed appendici (vol. VI, Roma 1936; vol. VII, Roma 1937),
basata sul testo remondiniano rivisto e postillato nel 1761 dal medesimo S.
Alfonso, il cui prezioso esemplare si conserva nel Museo Civico di Bassano
del Grappa.

L'attualità delle Glorie di Maria è dimostrata dalla notevole letteratura


sviluppatasi intorno ad esse. Tra i molti studii meritano una fuggevole
menzione le pubblicazioni di Godts, del Card. Van Rossum, di
Dillenschneider, di Santonicola che nel 1950 stampò: L'Assunzione di Maria
V. e la mente di Sant'Alfonso.

I protestanti naturalmente disistimando la Mariologia Alfonsiana, l'hanno


spesso attaccata con uno stile denigratorio più che scientifico. Pusey, Meyrick,
Achelis, Heiler, Wernle, Evans, Zoeckler e prossimamente il valdese
Giovanni Miegge si sono alternati nella lotta, illudendosi di accantonarla in un
angolo polveroso di biblioteca. Un certo Brewer da Frascati lanciava uno
smilzo opuscoletto arrabattandosi a collocare S. Alfonso, nientedimeno,
contro l'Apostolo San Paolo! La trovata banale è giovata ancor una volta a
mostrare la forza viva delle Glorie di Maria nel tentativo di screditarle.

Il P. Vitti nella Civiltà Cattolica (7 maggio 1951) scriveva: "Se ci


domandiamo ora che cosa abbia perduto in bellezza ed efficacia, dopo due
secoli, questo meraviglioso gioiello, possiamo rispondere con sicurezza che
anzi ci pare che si trovi oggi quasi nel suo ambiente. L'ora di Maria suscita
fervori d'indagini. E si può trovare quanto offra di sicurezza e come
intensifichi I' impeto il piccolo libro di due secoli or sono".

Non ha torto.

"Manuale per eccellenza della devozione confidenziale verso la Madonna "


(D'Alès) resterà anche domani come un fermento tra le masse cristiane sarà
ancora il termometro spirituale di ogni anima, nelle crisi. "Codice di salutare
fiducia", come lo definì l'Accademico Goyau, ci aiuterà ad approfondire le
familiarità della Madre divina con noi, poveri peccatori, spianando ai teologi
il sentiero delle loro future ricerche.

Prendi, caro lettore, queste pagine che comunicano luce e calore; leggile in
tutti i sabati dell'anno o almeno nelle principali festività mariane. Anche tu
constaterai commosso come il P. Gabriele Roschini: "Per me le Glorie di
Maria sono il più bel libro scritto in italiano sulla Madonna".

Roma, 2 febbraio,1954

P. Oreste Gregorio

in S. ALFONSO M DE LIGUORI

Opere Spirituali
Serie B - Le Glorie di Maria

Edizione PP. Redentoristi, Roma-Pagani, 1954, pp. VII-XVIII

Introduzione di Raffaele Cananzi

I - Il culto mariano

"O santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo
popolo che anela a risorgere. Tu che accogliendo il saluto dell'angelo, nello
stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, madre sempre vergine,
pietà di noi peccatori"'.

È questa una traduzione dell'Alma Redemptoris Mater, traduzione che non


rende a pieno la pregnanza di alcuni vocaboli latini di cui si compongono i sei
esametri secondo il metro classico dal ritmo grave e solenne che, però, non
manca di slancio singolare in arcane memorie e in fulgide proiezioni. In
questa classica invocazione Maria è Alma Redemptoris Mater: santa sì, ma
anche datrice di vita e celeste. Questo "alma" della latinità classica
strettamente legato a Mater e a Redemptoris dice dell'unicità della condizione
di questa Donna; una singolarità connessa ad un popolo "surgere qui curat",
che anela a risorgere, da una umanità segnata dal peccato, atrofizzata
dal misterium iniquitatis ma chiamata dal profondo, sospinta da un arcano
disegno di salvezza, a risorgere anche con la propria cooperazione.

In questa antifona mariana - che sembra precedere la Regina Caeli, la Salve


Regina, l'Ave Regina Caelorum - il mistero della creazione, della famiglia
umana, del peccato e della redenzione è presente nel mistero di questa "Madre
sempre vergine" "virgo prius ac posterius" non nella nebulosità di mistero che
si aggiunge a mistero ma nella trasparenza di una linea misteriosa che si
dipana nella luce che muove dalla profezia della Genesi fino al momento
supremo del "Figlio, ecco tua madre" e del "Donna, ecco tuo figlio" attraverso
quella speranza che si fa inno dell'umanità di lode e di ringraziamento "gloria
a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Quando, come ricorda Rodolfo il Glabro, tutta la terra si riempiva di cattedrali


- non solo di pietra, ma anche di musica, di pittura e di scultura, di vetri
colorati, di parole - poco dopo il Mille veniva innalzata anche, con l'Alma
Redemptoris Mater, questa edicola mariana forse ad opera del benedettino
tedesco Hermann lo Zoppo, in latino Hermannus Contractus. Ed Ermanno per
questa antifona poi così cara alla pietà medievale e ispiratrice di numerose
altre composizioni, si avvalse certamente dello sviluppo devozionale popolare
ma anche del progresso teologico che il culto a Maria aveva già a quell'epoca
raggiunto.

È infatti, assai probabile che il culto della Madonna sia nato in Oriente, negli
stessi luoghi dove Maria aveva avuto l'annuncio divino di Gabriele e
l'annuncio umano di Elisabetta. Il testo originale, scritto in greco su un
frammento di papiro conservato dalle sabbie del deserto egiziano, della
preghiera (per lungo tempo erroneamente ritenuta medievale) "Sub tuum
praesidium" porta a far risalire - anche per altre scritte di lode a Maria
ritrovate a Nazareth - al III secolo un culto orientale alla Madonna già
abbastanza diffuso.

D'altro canto sin dai primi secoli il culto doveva essere presente anche in
Occidente se al II e al III secolo si fanno risalire i due affreschi, nelle
catacombe di Priscilla in Roma, di Maria col bambino ed il profeta Isaia e di
Madonna col bambino.

Il culto tributato a Maria risale, perciò, alla primissima era cristiana in oriente
e in occidente; è culto che si esprime in innumerevoli forme - letterarie,
pittoriche, musicali - coniugando lirica ed arte con i più alti concetti teologici
come nel bellissimo inno dell'Akàthistos che è ancora oggi, dal V secolo, vivo
nella liturgia bizantina, inno da cantarsi in piedi, dove il tema
dell'incarnazione si esprime con profondi accenti poetici.

Se dell'Alma Redemptoris Mater si conosce con certo qual fondamento


l'autore, dell'Akàthistos, del Sub tuum praesidium, dell'Ave maris stella, forse
la preghiera alla Vergine più amata e diffusa nella cristianità, non si
conoscono gli autori. Per la devozione a Maria - donna umile, silenziosa, forte
e perciò segno vivo di una piena umanità e, nel contempo, Madre di Cristo e,
perciò, di Dio e quindi già dalla terra "più che creatura" - per questa singolare
devozione, intessuta su un divino che nasce dall'umano popolare, la pietà del
popolo ha forse storicamente preceduto la riflessione teologica.

E anche gli inni e le preghiere che sono frutto di riflessione teologica e che
possono essere attribuiti ad autori precisi sono stati pure ripresi dalla gente
comune per essere cantati sotto le volte delle cattedrali o nelle modeste
cappelle di campagna, così penetrando nella vita quotidiana della gente che
nutre la propria fede in Cristo morto e risorto attraverso questa devozione
mariana che più facilmente fascia le ore del lavoro e del riposo, della gioia e
della sofferenza di uomini e donne che vivono, che lottano, che sperano.

Maria di Nazareth, figlia di Anna e di Gioacchino, fidanzata e sposa di


Giuseppe, che riceve l'annunzio dell'Incarnazione del Verbo, che va in aiuto a
Elisabetta cantando il Magnificat e ricevendosi l'annunzio umano
dell'Incarnazione, che con Giuseppe resta a Nazareth fino al censimento
ordinato da Augusto e poi insieme raggiungono Betlemme loro città di
origine, dove Maria dà alla luce Gesù, ricevendo pastori e magi e fuggendo
poi, per la persecuzione d'Erode, con Gesù e Giuseppe in Egitto; Maria che,
con loro, ogni anno va a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, che fa
vita familiare a Nazareth per circa trenta anni fin quando Gesù non inizia la
vita pubblica a Lui talvolta accompagnandosi come alle nozze di Cana; Maria
che nell'ora della Passione si trova sul Calvario, e che riceve il corpo del
Figlio morto nelle sue braccia, che è nel Cenacolo con gli Apostoli il giorno
della Pentecoste; Maria, questa Maria è da due millenni venerata nella
preghiera liturgica, nella devozione popolare, nelle vetrate ricamate delle
cattedrali, nelle preziose miniature dei codici, in musiche sublimi, in preghiere
celebri che abbiamo sopra ricordato o in altre non meno celebri come le tre di
Anselmo da Aosta o nello Stabat Mater di Jacopone da Todi, in
rappresentazioni classiche come la lanola, attribuita allo stesso
Jacopone, Donna del Paradiso, in innumerevoli pitture dal tratto forte e
gentile e dalla fattura realistica o di gotico ricamo, in sculture che soprattutto
con la Pietà hanno soffiato vita palpitante al freddo marmo, lucente o opaco;
questa Maria da due millenni è innalzata alle vette della teologia e della lirica,
la più nobile sentita alta, il cui vertice tocca Dante mettendo, nel XXXIII del
Paradiso, in bocca a san Bernardo la celestiale - per potenza poetica e per
robustezza teologica invocazione "Vergine madre, figlia del tuo figlio...";
questa Maria la cui umanità e la cui santità i teologi, nella luce della fede nel
Signore Gesù Cristo, hanno approfondito in questi due millenni con quella
funzione tipica della teologia che, pur essendo fede che cerca intelligenza, non
può non essere sempre funzione ecclesiale e, quindi, mediatrice per rendere
sempre più accessibile il Magistero della Chiesa ai fedeli e per proporre allo
stesso Magistero l'approfondimento, con nuova luce, della Rivelazione; questa
Maria la cui maternità di Cristo la Chiesa ha sempre professato affermando,
contro l'eresia nestoriana, già dal Concilio di Efeso, la collegata maternità di
Dio, perciò Maria madre di Cristo e madre di Dio perché madre del Verbo,
vero uomo e vero Dio; questa Maria, sempre Vergine, proclamata dalla Chiesa
concepita senza peccato originale con il dogma del 1854 e assunta in cielo con
il dogma del 1950; questa ineffabile Creatura, prefigurazione del Corpo
Mistico di Cristo che è la Chiesa, madre spirituale di tutti i battezzati,
corredentrice del genere umano, non poteva non toccare la mente lucida ed
aperta ed il cuore sensibile e fedele di Alfonso de Liguori, il Santo che al
nome maschile di Alfonso aggiungeva quello di Maria così evidenziando, già
da quell'indice importante di identità che è il nome, la profonda devozione, il
grande amore, la filiale pietà verso questa Madre, umile e potente, tenera e
forte, di grande spiritualità nel grande impegno storico.

2. Pietà mariana di Alfonso de Liguori


Profonda devozione, grande amore, filiale pietà Alfonso nutrì per la Madonna
per l'intero arco della sua vita. "Se sano fu divoto di Maria, divotissimo lo fu
agonizzante, e tra le braccia della morte". Questa affermazione è contenuta nel
capitolo XXXVII della quarta parte della scrupolosa e dettagliatissima - quasi
sempre - biografia del Tannoia: "Della vita ed istituto del venerabile Servo di
Dio Alfonso Maria Liguori, vescovo di S. Agata dei Goti e fondatore della
Congregazione dei preti missionari del SS. Redentore", biografia che vedeva
la luce in Napoli presso Vincenzo Orsini nel 1798-1802 che (come è detto
nella presentazione della riproduzione anastatica del 9 novembre 1982 per il
250° anniversario della Fondazione della Congregazione del SS. Redentore)
resta e resterà la fonte indispensabile alla quale attingere la vita e lo spirito del
Santo più grande del secolo XVIII".

Il Tannoia nel descrivere le fasi della "preziosa morte" di Alfonso ricorda che
sul volto agonizzante e fra le gravissime sofferenze l'immagine di Maria riuscì
a suscitare il sorriso di Alfonso, che aveva già promesso di non smettere nella
sua devozione ma anzi di renderla sempre più ricca e appassionata fino alla
morte se aveva così pregato, scrivendo le Glorie di Maria: "Quando poi mi
troverò nelle ultime angustie della mia morte, o Maria, Speranza mia, non mi
abbandonate. Allora più che mai assistetemi, e confortatemi a non disperare
alla vista delle mie colpe, che mi opporrà il demonio. Signora, perdonate il
mio ardire, venite voi stessa a consolarmi con la vostra presenza. Questa
grazia l'avete fatta a tanti, la voglio ancor io. Se il mio ardire è grande,
maggiore è la vostra bontà, che va cercando i più miserabili per confortarli".

Di grande e singolare conforto dovette, perciò, essere il silente ma assai


espressivo dialogo fra la Madonna ed Alfonso in quei supremi istanti della
vita, preludio al naturale passaggio dello spirito e alla trasformazione del
corpo, istanti della vita novantenne di Alfonso ma lunghe ore della giornata
del 31 luglio fino al mezzogiorno del 1° agosto 1787. Silente ma espressivo
dialogo fra la Madre di Cristo e della Chiesa e un servo fedele che
s'apprestava alla visione beatifica e che aveva curato per l'intero arco della sua
vita religiosa una devozione feconda, profonda, appassionatamente sentita
tanto da indurlo ad esprimerla nelle "Glorie di Maria", che è stato pur definito
"l'ultimo grande libro europeo" scritto in lode della Madonna.

Chi ama autenticamente sente due profonde necessità verso la persona amata:
un approfondimento della conoscenza, per una immedesimazione sempre più
piena e per una risposta sempre più adeguata, e una esteriorizzazione per
quanto possibile espressiva di quest'amore che raccolga, raffermi e confermi
l'energia che l'amore sprigiona e che è di per sé diffusiva di vita. L'amore
autentico involge integralmente la persona in tutte le sue facoltà di guisa che
c'è una pienezza di intelletto, di sensibilità, di volontà, di interiore affetto che
ha bisogno di sprigionarsi sul piano della conoscenza e sul piano della vitalità
espressiva.
Qui azzardo l'ipotesi che fu proprio questo grande amore filiale di Alfonso a
Maria, questa tenera e profonda devozione, la ragione giustificatrice della
paziente stesura del prezioso volume su "Le glorie di Maria". È in questo che
mi pare vada ricercata la genesi di questo indiscusso monumento" che è opera
di fede e di pietà, che è opera teologica e popolare ad un tempo come molte
opere del nostro Santo. "Nella sensibilità squisita e tenera di S. Alfonso e un
po' nei suoi immediati intenti apostolici e polemici", non è tanto da rinvenirsi
la genesi, il motivo ispiratore, di questo prezioso testo quanto piuttosto la
causa prossima, forse l'occasione per consentire a quell'amore alla Vergine di
sprigionarsi in tutta la sua energia e in tutta la sua significanza.

Non a caso nella "supplica dell'autore a Gesù ed a Maria" con cui si apre il
libro, Alfonso lo definisce "piccolo ossequio dell'amore che ho per voi e per
questa vostra Madre diletta". La preghiera dei Santo al Signore Gesù è, perciò,
quella di accogliere questo sensibile, espressivo segno di amore alla sua
Madre diletta; è preghiera per far piovere luci di confidenza e fiamme d'amore
a chiunque lo leggerà verso questa Vergine Immacolata", è preghiera per
conservare "quell'amore verso Maria, ch'io ho desiderato con questa mia
operetta di vedere acceso in tutti coloro che la leggeranno". E più avanti
parlando alla Madonna la definizione che Alfonso dà del libro è quella del
"mio povero dono", povero rispetto ai meriti di Maria, ma certamente
"gradito" poiché è dono tutto d'amore".

È l'amore a Maria nella dimensione della interiorità spirituale di Alfonso,


nella dimensione del dono ricevuto che non si vuole perdere, nella dimensione
apostolica della diffusione di un amore che è di singolare aiuto alla crescita
della fede verso l'Amore assoluto e di peculiare conforto per l'intero arco della
vita umana perché trattasi di santità di donna, di mamma, di umile figlia
dell'umanità che diventa nell'unica natura umana la più alta delle creature; è
questo amore la genesi profonda delle "Glorie" che non si possono contenere e
che, come le laudi nel Medioevo, costituiscono il modo di cantare inni e di
annunciare venerazione nel secolo dei lumi.

Vien da dire che sarebbe interessante fermare qui il discorso su Alfonso e le


"Glorie" per raccogliere, in tutta la sua ricchezza e nelle più ampie risonanze,
l'insegnamento vivo che da quest'amore tutto spirituale e così profondamente
umano può derivare alla sensibilità dell'uomo di questo nostro tempo che, per
un combinato processo di scientismo materialista e di materialismo edonista,
sembra non poter concepire che la sola dimensione materializzata dell'amore
quasi che lo spirito non possa esprimersi che nella tenda temporanea del
corpo, trattenuto nello slancio di pienezza di espansione che è il suo venire
dall'Eterno ed il suo proiettarsi verso l'eternità.

Ma bisogna smorzare l'interesse per stare al tema e per dire ancora che
Alfonso per quest'amore - che durò tutta la vita come sopra ho accennato - e
per esprimerlo e diffonderlo, attraverso uno strumento - il libro - che allora
costituiva la più larga e incidente forma di comunicazione, studiò
pazientemente per oltre quindici anni per raccogliere nel compendio del suo
cuore e secondo la sua particolare sensibilità quello che di meglio il discorso
letterario e religioso aveva prodotto nei precedenti sedici secoli sulla Madonna
al fine di promuovere la devozione nella forma più appropriata sia teologica
che culturale.

Così si esprime l'autore nell'introduzione del libro: "Ben io ho osservati


innumerevoli libri che trattano delle glorie di Maria, e grandi e piccoli; ma
considerando che questi erano o rari o voluminosi o non secondo il mio
intento, perciò ho procurato da quanti autori ho potuto aver per le mani di
raccogliere in breve, come ho fatto in questo libro, le sentenze più scelte e
pregnanti dei Padri e dei Teologi, affine di dare il comodo ai devoti, con poca
fatica e spesa, d'infiammarsi colla lezione nell'amor di Maria, e specialmente
di porgere materia ai sacerdoti di promuovere colle prediche la divozione
verso questa divina Madre".

Si può forse ben dire che l'intendimento apostolico è quello di un dottore della
Chiesa quale fu S. Alfonso, occupato non solo a diffondere la buona dottrina
sotto l'aspetto esegetico e teologico ma anche a trovare i destinatari naturali di
un buon approfondimento, che, dovendo arricchire la dimensione ecclesiale, si
rivolge alle varie componenti della comunità cristiana offrendo validi motivi a
ciascuna di esse, in modo che la crescita della fede serva per consentire a tutti
una più significativa sintesi fra fede e vita e, in particolare, ai battezzati
l'esercizio del sacerdozio comune con l'arricchimento della vita spirituale, la
profondità devozionale, l'incarnazione quotidiana e ai presbiteri anche la
materia di ulteriori riflessioni per continuare a sostenere, anche con l'esercizio
del ministero profetico, un culto genuino, autentico, sempre più vivo e vitale.

Voler indicare gli autori - santi, padri, teologi studiati dal nostro nei sedici
anni dedicati alla stesura delle Glorie dal 1734 al 1750 sarebbe opera
difficilissima e forse anche di poco rilievo per la quantità delle citazioni
riportate nel testo alfonsiano.

Ciò che conta mettere in luce è la robusta dottrina di Alfonso sulla Madonna
formata sulla conoscenza meditata ed amata delle letture bibliche che
riguardano Maria nell'Antico e nel Nuovo Testamento.

Nell'Antico i passi della predizione e la prefigurazione, nell'attesa del


compimento dei tempi, di questa Donna di eccezionale rilevanza per la storia
della salvezza: Maria segno dell'umanità vittoriosa sul male in Genesi 3.15;
Maria la madre vergine di Gesù Messia in Isaia 7, 14; Maria nuova Anna
umile e povera serva del Signore in 1 Samuele 2, 1-10; Maria nuova Sion
madre e sposa in Sofonia 3,14-17.
Nel Nuovo i brani che direttamente chiamano in causa la persona di Maria che
in chiave storica si presenta negli avvenimenti già ricordati e che in chiave
spirituale val la pena richiamare con le espressioni offerte in una recente
pubblicazione (La Chiesa in cammino con Maria, Gregoriana, Padova):
Maria, madre del Messia in Mt 1-2; in Luca 1,26-38: La madre e la serva del
Signore; 1,39-45: Modello di fede nella Parola del Signore; 1,46-55: il
Magnificat: cantico di lode e riconoscenza a Dio; 2, 1 20: atteggiamento
meditativo di Maria di fronte agli eventi; 2,21-35 "Anche a te una spada
trafiggerà l'anima"; 2,41-52: le scelte radicali di Gesù e le angosce di Maria e
della Chiesa; 8,19-21: la parentela di Gesù: non di sangue ma di ascolto e
prassi; 11,27-28: "Beata colei che ti fu madre... Beati piuttosto gli osservanti
della parola dì Dio"; in Paolo, Galati 4,4 e Romani 9,5: Maria figlia di Israele;
in Giovanni 2,1-2: Mediatrice del primo "segno" di Gesù; 19,25-27: Maria
madre della comunità dei discepoli; in Atti 1, 12-14: Maria madre di Gesù
nella primitiva comunità cristiana; Apocalisse 12,1-18: Maria madre del
Messia e della sua stirpe.

La conoscenza di Alfonso, meditata ed amata, di questi passi dell'Antico e del


Nuovo Testamento fu certamente ampliata dalla lettura dei Padri della Chiesa
da sant'Ireneo ed Origine ad Agostino e san Giovanni Damasceno con molti
altri santi ed autori dell'evo antico e medio, alcuni dei quali ho citato sopra.

Da questa elencazione di momenti biblici, di studi teologici, di devozioni colte


e popolari sulla Madonna, in una sequela ininterrotta e variegata di ben 16
secoli di vita cristiana, e dall'affermazione circa questo lungo studio dello
stesso autore delle "Glorie" potrebbe inferirsi il convincimento che Alfonso si
sia limitato ad assumere, a riassumere tematicamente scegliendo e mettendo in
ordine, a sostanzialmente fare opera di corretta e sintetica compilazione.

Se tale fosse stato l'esclusivo o il preponderante intendimento del nostro Santo


certamente egli avrebbe egualmente compiuto opera meritoria sotto il profilo
dell'incremento devozionale in una sana visione teologica e pedagogica.
Questa dimensione di proposta organica e sintetica non manca ma non
costituisce di per sé il contenuto del testo né la finalità precipua, in quanto
basta guardare la struttura del libro e le varie parti che lo compongono per
rendersi conto che il nostro autore intese fare opera di buona spiritualità e
teologia toccando in alcuni punti vette assai alte dettate da quella fiamma
d'amore che gli ardeva in petto e da quel forte intelletto che, nell'accoglienza
della Parola e della santità della Chiesa, gli consentì quella che oggi, con
espressione di Giovanni Paolo II, potremmo definire una chiara e vibrante
coscienza di verità.

Che Alfonso non intese fare opera di mera compilazione lo si evince subito
dalla parte introduttiva al testo che non solo consta della vera e propria
"introduzione" ma anche della "Supplica dell'autore a Gesù e a Maria" nonché
di una "Protesta dell'autore" e di un "Avvertimento al lettore" e di una
"Orazione alla Beata Vergine per impetrar la buona morte".

Oltre al taglio eminentemente spirituale dovuto alla preghiera di lode e di


impetrazione già contenuta in questa parte introduttiva, ciò che più colpisce è
la preoccupazione dell'autore ad essersi mantenuto nella sana teologia nello
sviluppare la dottrina della Chiesa in particolare sui due "pregi" da lui
singolarmente trattati: 1a gran pietà e la potente intercessione della Madonna".
Egli è così preoccupato di poter essere interpretato in modo non consono -
soprattutto quando attribuisce alla Madonna i titoli di "Mediatrice"
"Onnipotente" "Speranza" - che ritiene opportuno fare un'affermazione
generale per chi, soprattutto nel secolo dei lumi, avesse potuto ritenerlo un
"adulatore" della figura di Maria: "Se mai alcuno stimasse qualche
proposizione scritta nel libro essere troppo avanzata, mi protesto di averla
detta ed intesa nel senso della Santa Chiesa Cattolica e della sana Teologia".

Questa preoccupazione del mariologo è giustificata dall'autoconoscenza di


Alfonso di aver contribuito a sviluppare la vera dottrina sulla Madonna. Perciò
non mera opera di compilazione ma anche sviluppo dottrinale tenendo conto
dell'assioma che una corretta mariologia è fondata sempre su un'autentica
cristologia, così come 1a conoscenza della vera dottrina cattolica sulla beata
Vergine Maria costituisce sempre una chiave per l'esatta comprensione del
mistero di Cristo e della Chiesa" (Paolo VI, discorso del 21 novembre 1964;
Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, n. 47).

Come è chiara la preoccupazione di fondare cristologicamente la dottrina, il


culto e la devozione a Maria così è pure chiara la precisa volontà di non
consentire ad alcuna riduzione della grande dimensione teologica di questa
Donna. Ecco perché il nostro Santo ha corredato l'opera, prima di chiudere la
prima parte dedicata al commento della Salve Regina e conclusa con la
riproduzione di alcune preghiere di santi alla divina Madre, con due scritti
chiarificatori aggiunti.

Il primo il cui titolo originario è "risposta ad un anonimo che ha censurato ciò


che sta scritto nel precedente capo V, par. 1 della prima parte; ed insieme
l'opera morale del medesimo" venne pubblicata la prima volta nel 1756 in
appendice alla II edizione di Napoli. È una risposta puntuale alle
recriminazioni dell'enigmatico Laurindo Pritanio redivivo, che è l'agostiniano
Ambrogio Manchi il quale, in difesa della Regolata Divozione di Ludovico
Muratori (scritta nel 1747 sotto lo pseudonimo di Lamindo Pritanio), ebbe a
criticare come "iperboli" le affermazioni di P. Piazza e di Alfonso circa la
costante mediazione di Maria. Con serrate argomentazioni il nostro Alfonso,
in commento ad Anselmo, Tommaso, Agostino, Bernardo, Girolamo,
Bernardino, Bonaventura, Efrem, Germano, Pier Damiani, Riccardo di S.
Lorenzo, e sulla base del "comune sentimento dei fedeli" con il conforto di
altri teologi più vicini nel tempo, prova e conferma la "mentovata sentenza
che tutte le grazie passino per mano di Maria".

Il secondo scritto fu aggiunto da Alfonso dopo il 1775, anno in cui fu


pubblicata la "dotta operetta" del P. Gio. Idelfonso Cardoni dei Minimi dove
eruditamente confuta un libro nuovamente dato alla luce dall'abate D. Leoluca
Rolli, intitolato "Il novello progetto ecc.". Il Cardoni confutava il Rolli sul
buon uso delle litanie e altre preghiere; a sostegno del francescano, Alfonso
scrive questa "breve risposta alla stravagante riforma intentata dall'abate Rolli
contraria alla pietà dovuta verso la Madre divina".

Questi due scritti aggiunti provano la profonda aspirazione del nostro Santo di
salvaguardare il complesso dottrinale espresso nella sua "Enciclopedia
Mariana" nella prima parte con i 10 fondamentali capitoli di commento alla
magnifica antifona liturgica della Salve Regina, nutrendo il commento dei
paragrafi inclusi in ciascun capitolo con un "esempio" e una "preghiera".

Si potrebbe parlare di un momento dottrinale, un momento morale e un


momento spirituale. Ogni momento è in realtà segno vivo di quell'amore alla
Madre Celeste che costituisce la costante di tutte le "glorie" senza nulla
togliere alla profondità del pensiero e alla sana dottrina delle preghiere.

La seconda parte delle "Glorie" comprende otto discorsi sulle sette feste
principali di Maria. I due ultimi sono sull'Assunzione e gli altri sei sono
sull'Immacolata Concezione, Nascita, Presentazione, Annunciazione,
Visitazione e Purificazione. Un nono discorso è dedicato ai Dolori di Maria,
accompagnato da successive sette riflessioni sui momenti della grande
sofferenza mariana dal vaticinio di Simeone fino alla sepoltura di Gesù.

La seconda parte contiene poi altre tre sezioni: la terza sulle "virtù di Maria
santissima", la quarta su "vari ossequi di devozione verso la divina Madre
colle loro pratiche" con una "conclusione dell'opera" che in realtà non la
conclude perché segue un'ultima sezione contenente "orazioni diverse alla
divina Madre".

A parte i lusinghieri giudizi che potrebbero essere riportati su questo ampio


testo mariano dovuto alla pietà e alla scienza del santo vescovo di S. Agata dei
Goti, giudizi che è facile leggere nella valida introduzione ridotta per le varie
edizioni delle "Glorie", mi pare che -come nota P. Oreste Gregorio
nell'edizione del 1954 -"la prova migliore dell'attualità delle Glorie di Maria,
capolavoro di teologia orante e contemplante e pegno di poderosa vittoria del
verace culto cattolico per la SS. Vergine, è da ricercarsi nel successo editoriale
addirittura prodigioso. Niun libro sulla Madonna è stato tanto letto,
particolarmente nell'Ottocento. M. De Meulemeester, bibliografo fiammingo,
ha elencato 736 edizioni fatte tra il 1750 e il 1932, di cui 109 nel testo
originale. La somma è imponente, senza dubbio".

Lo stesso P. Gregorio ricorda le molteplici ristampe in questo secolo e


richiama il testo remondiniano rivisto e postillato nel 1761 dal medesimo S.
Alfonso, il cui prezioso esemplare si conserva nel Museo Civico di Bassano
del Grappa, testo sul quale fu condotta l'edizione critica dei Padri Redentoristi
in due volumi nel 1936-1937.

All'amplissima divulgazione si accompagna la cospicua letteratura


sviluppatasi intorno ad esse, sia in senso positivo che in senso denigratorio. In
quest'ultimo senso soprattutto i protestanti che hanno "con costanza attaccato
la mariologia alfonsiana.

3. Attualità delle "Glorie di Maria"

Ma l'attualità viva ed efficace de "Le Glorie di Maria" è autorevolmente


sottolineata dal Santo Padre Giovanni Paolo II nella sua recente Enciclica, di
formidabile ricchezza dottrinale e spirituale, dedicata alla santa Madre di Dio
Vergine Maria: la Redemptoris Mater. Ed è un'attualità viva perché si riferisce
a questo contesto ecclesiale in cui, alla luce del Concilio Vaticano II e del
Sinodo straordinario dei vescovi a 20 anni dal Concilio, s'intende far risaltare
la. mariologia conciliare nella dimensione fondamentale della speciale
presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della sua Chiesa.

Ed è una attualità efficace, perché essa si inserisce nell'Anno Mariano


proclamato, nel periodo anteriore alla conclusione del secondo millennio dalla
nascita di Cristo, dalla Pentecoste del 1987 fino alla solennità dell'Assunzione
della santissima Vergine al Cielo del 1988. Il Papa, infatti, al n. 48
dell'Enciclica sottolinea che nel contesto post-conciliare "l'Anno Mariano
dovrà promuovere una nuova e approfondita lettura anche di ciò che il
Concilio ha detto sulla beata Vergine Maria, Madre di Dio, nel mistero di
Cristo e della Chiesa, a cui si richiamano le considerazioni di questa Enciclica.
Si tratta qui non solo della dottrina della fede, ma anche della vita di fede e,
dunque, dell'autentica "spiritualità mariana" vista alla luce della tradizione e,
specialmente, della spiritualità alla quale ci esorta il Concilio. Inoltre la
spiritualità mariana, al pari della devozione corrispondente, trova una
ricchissima fonte nell'esperienza storica delle persone e delle varie comunità
cristiane, viventi tra i diversi popoli e nazioni su tutta la terra. In proposito, mi
è caro ricordare, tra i tanti testimoni e maestri di tale spiritualità..." e qui il
ricordo va anche (nota n. 143) a "S. Alfonso Maria de' Liguori, di cui ricorre
quest'anno il secondo centenario della morte: cfr, tra le sue opere, Le Glorie di
Maria".
S. Alfonso è da così alta Autorità richiamato all'attenzione della cattolicità
quale testimone di spiritualità e devozione mariana. Questo richiamo è il
segno più evidente e Più autorevole della attualità della testimonianza
dell'amore del Santo alla Madonna e della fecondità ecclesiale della sua
dottrina, che viene proprio richiamato nel momento in cui la Chiesa universale
celebra un Anno Mariano e quando si va proprio compiendo il secondo
centenario della morte del fondatore dei Redentoristi.

O singolare, fortunata, forse in una visione di fede, misteriosa coincidenza!


Non ha forse la Vergine santa voluto ricambiare con questo segno il fedele e
fecondo amore del suo devotissimo Alfonso, facendo sì che si operi memoria
del suo transito dalla vita terrestre a quella celeste proprio nell'anno in cui la
Chiesa universale medita e implora in modo particolare la Madre di Dio, così
unendo la speciale preghiera alla Vergine con la preghiera al Santo nel mistero
dell'universale amore al Padre Creatore, al Figlio Redentore, allo Spirito
santificatore? Non ha voluto la Vergine riproporre le sue glorie all'attenzione
della umanità - in apparenza sicura ma nella realtà tragicamente al bivio fra
disperazione e speranza, fra guerra e pace, fra consumismo e povertà, fra odio
e amore, fra violenza e solidarietà - attraverso la proposta e la riflessione
alfonsiana di sana dottrina, di filiale pietà, di devota venerazione?

Possono i Padri Redentoristi essere veramente fieri, di quella giusta fierezza


dei cristiani, per avere un Fondatore vero e genuino cantore della Madonna;
può la Chiesa che è in S. Agata de Goti essere orgogliosa, di quel sano
orgoglio dei cristiani, del suo Vescovo Alfonso padre nella fede del mistero di
Cristo e della Chiesa cantato anche con le glorie di Maria. Agli uni e all'altra
l'augurio di mantenere alta, pura, nobilissima spiritualità e devozione mariana
nel tesoro della testimonianza e dell'insegnamento di Alfonso de Liguori.

"Le Glorie di Maria" di S. Alfonso Maria de Liguori sono ancora una


testimonianza e un insegnamento pregevole perché Maria, - Alma
Redemptoris Mater - viva nel cuore dei cristiani e dell'umanità come segno
dell'amore di Dio per l'uomo e sia la strada più sicura per radicarsi nel vero
amore al Padre e nel vero amore agli uomini camminando in loro compagnia e
spezzando la Parola di verità e il Pane di vita.

Raffaele Cananzi

in S. ALFONSO M. DE LIGUORI

Le Glorie di Maria

Valsele Tipografica 1987, pp. 7-27


Fonte:
http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PPQ.HTM

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