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sempre più tenue fino a scomparire.

Per quanto riguarda la durata una canzone

popular, questa varia dai 2 ai 3 minuti.

2.3 Dicotomia tra Musica Colta e Popular Music. Alcune definizioni

“Alcune dicotomie che sostenevano il dibattito teorico cinquant’anni fa […]

risultano oggi, di fatto non più operative”.27 Giannattasio si sta riferendo

specificatamente alla distinzione tra musica colta e musica popolare28 cioè tra un

livello “alto”, la Musica Colta ed un livello “basso”, quella popolare che in

inglese viene tradotta con il termine “Folk Music“. In questa visione del mondo

la Popular Music è da intendersi come musica media che può propendere una

volta nel medio-alto e nel medio basso. Ma di fatto le distinzioni fra livelli nel

XXI secolo, come detto, appaiono quantomeno singolari, tanto frequenti sono le

contaminazioni fra generi. Proprio nel 1960 lo scrittore Dwight Macdonald

proponeva appunto non due ma tre livelli: la cultura alta, la Masscult e la

Midcult.29 Proponendo una esemplificazione si trattava di porre Joyce, Picasso,

Proust nell’area colta, ed il rock così come il mondo hollywodiano nella

Masscult. Ma il Midcult, il terzo livello, era rappresentato da una cultura che si

indirizzava alla massa ed ai prodotti d’intrattenimento, sebbene al suo interno

vi proponesse e prendesse in prestito anche stilemi d’avanguardia. (Questo

livello può sicuramente coincidere con le canzoni arrangiate da Morricone tra

27 F. Giannattasio, Ci ragiono e (disin)canto, riflessioni in <<Musica Popolare>>, Etnomusicologia e Folk


Music Revival in Italia a venti anni dalla scomparsa di Diego Carpitella
28 Vi è una differenza tra musica popolare e popular music

29 D. Macdonald, Masscult e Midcult, Piano B, 22 Marzo 2018.

C’è da puntualizzare il punto di vista “aristocratico” dello scrittore stesso, che lamenta una
possibile estinzione della cultura alta. In questa prospettiva del Masscult fa parte tutto ciò che è
pop, medio, mediocre, prodotto appositamente per essere consumato dalle masse, non ha
finalità necessariamente artistiche ed è tuttavia, proprio per questa sua decisa prerogativa,
onesto e del Midcult quei prodotti con grandi ambizioni galleggiano sopra al livello medio con
qualche exploit senza raggiungere mai vette assolute.

23
gli anni ’50 e ’60.)

Ne tratta anche Umberto Eco in un suo articolo dal titolo “Alto medio basso”30

affermando tuttavia che cultura aristocratica e popolare erano state allontanate

soltanto in tempi vicini31. <<La distinzione tra due (o tre) culture si fa netta solo

quando le avanguardie storiche si pongono come fine quello di provocare il

ceto medio, e quindi eleggono a valore la non-leggibilità, o il rifiuto della

rappresentazione32>>. Tuttavia Eco continua affermando che se musicisti di

musica classica, per esempio Berio, si sono interessati anche alla musica rock,33

allo stesso tempo la <<musica da spaghetti western34 viene rivisitata come

musica da concerto>>, e semmai la <<distinzione dei livelli si è spostata dai loro

contenuti, o dalla loro forma artistica, al modo di fruirli.>>. Questo significa che

non è da distinguere il prodotto in sé in rapporto ad altri, quanto l’utilizzo che si

fa dello stesso: la cavalcata delle Valchirie di Wagner ad esempio può essere

utilizzata in programmi e giochi televisivi, così come Beethoven può essere

trasmesso dalle casse di ristoranti altolocati, sale d’aspetto negli aeroporti,

ovvero quella ”musica d’amebleument” tanto cara a Satie; e allo stesso tempo

canzoni leggere o un jingle pubblicitario possono subire un interesse critico

grazie a delle particolarità e/o invenzioni armoniche e melodiche.

Gli arrangiamenti morriconiani all’interno della RCA hanno ovviamente posto

all’interno della popular music, considerando l’utilizzo che viene fatto di questi,

30 U. Eco, Alto medio basso, ”La bustina di Minerva”, <<L’Espresso>>, 56., n°16
31 Si parla infatti delle tragedie di Sofocle a cui partecipavano anche i meno abbienti o del fabbro
che storpiava i versi di Dante, ma si può inserire anche il teatro di Shakespeare, tutti segni
evidenti della ”popolarità” dei prodotti.
32 U. Eco, op.cit.

33 Ad esempio i Folk Song (1964)

34 La musica da spaghetti western sembra riecheggiare tanto la figura di Morricone che tanto si è

dedicato al genere, ma soprattutto a quelle polemiche di fine anni ’80 che vedevano il
compositore scisso in due personalità, da una parte l’autore colto, dall’altra il compositore di
musica da film, dimenticando il Morricone arrangiatore, cioè il principale artefice della canzone
di consumo italiana.

24
cioè una musica proposta dalle radio, dalla televisione e realizzata per il

pubblico medio.

25
Capitolo 3

Mezzi compositivi ‘classici’ applicati alla canzone

3.1 Una “doppia estetica”

Si può affermare che la poetica morriconiana all'interno dei suoi arrangiamenti

di musica leggera, tra gli anni '50 e '60, è ascrivibile nella definizione di

<<doppia estetica>>1. La “doppia estetica” è una pratica che arriva a definire

soltanto in maniera retroattiva, e che riesce a stimolare la sua creatività ed a

sviluppare la sua identità di musicista. S'intende “una mediazione ossia volersi

far comprendere musicalmente dal pubblico e allo stesso tempo rimanere fedele

a sé stesso, alla sua dimensione colta, evitando banalità e tentando sempre,

anche segretamente, di informare il pubblico, di spingerlo verso universi

musicali che lo stesso non è abituato ad ascoltare. In altre parole si tratta di

mediare tra l'esigenza “commerciale” e quella “artistica”

dell'arrangiatore/compositore. E’ proprio da qui che si può partire per

comprendere e definire al meglio il lavoro che Morricone ha svolto. Un esempio

può essere dato da uno dei brani facente parte della triade di Morandi formata

da “In ginocchio da te”, “Non sono degno di te” e “Se non avessi più te”. In

quest'ultima, composta da Luis Bacalov, Morricone propone un arrangiamento

dolce, quasi schumaniano, avendo intuito l'ispirazione che il compositore aveva

avuto proprio dalla composizione “Il sogno” di Schumann2. Tuttavia il

produttore Franco Migliacci lo contestò, giudicandolo poco popolare perché

privo dell'elemento ritmico, elemento imprescindibile in quel periodo per le

1 E. Morricone, Inseguendo quel suono, Mondadori Editore, Milano Aprile 2016, p. 173.
Specifichiamo che la sua definizione di “doppia estetica” contestualmente è riferita alla pratica
compositiva per musica da film, ma può essere utilizzata, per estensione, anche per la sua
poetica in generale.
2 M. Becker, C’era una volta la RCA, conversazioni con Lilli Greco, Coniglio Editore, 2017, p.48

26
uscite nei juke-box. Lo stesso avvenne ne “Il pullover” di Gianni Meccia, brano

che provocò una diatriba: Morricone voleva infatti eliminare nel refrain una

frase strumentale proposta dopo la frase: “Il pullover che mi hai dato tu”,

considerata troppo popolare e volgare3. L’inserimento quasi segreto di mezzi

compositivi ‘classici’ unito al desiderio di donare dignità estetica a processi

”commerciali” sarà una prassi che riprenderà anche nell'ambito della

composizione di musica da film, ma trova le sue prime sperimentazioni negli

studi della RAI e successivamente in quelli della RCA. Molte volte infatti

utilizzerà modulazioni fra elementi compositivi tipici della tecnica puntilistica

ed elettronica, ed il tradizionale ambito tonale.

3.2 Gli influssi della musica d’Avanguardia

Come già accennato nel paragrafo 1.2 del primo capitolo, Morricone fu un

ampio sostenitore ed ammiratore della musica dodecafonica, nata all'interno

della cosiddetta “Seconda scuola di Vienna” intorno agli anni '20 del

Novecento, grazie a personalità quali Arnold Schönberg ed il suo allievo Anton

Webern che si approprierà della tecnica dodecafonica e la radicalizzerà

attraverso la pratica del “serialismo integrale”4. Morricone si recò, come detto,

insieme ad alcuni suoi amici a Darmstadt per alcuni corsi estivi, vero fulcro

delle sperimentazioni avanguardistiche musicali. Quando nel 1958 John Cage si

esibì per la prima volta a Roma, lo stesso Morricone vi partecipò, e l'esibizione,

che fece senza dubbio scalpore, segnò una sorta di spartiacque tra coloro che

continuarono ad apprezzare la musica avanguardistica ed altri che si

3Ivi p.50
4 Il serialismo integrale è una tecnica compositiva che comporta un’organizzazione seriale della
composizione non soltanto al livello di altezze, come in Shönberg ma anche ad altri parametri
quali il timbro, le dinamiche, la durata. Questo significa che tutti i parametri musicali
tenderanno ad essere serializzati e saranno rigorosamente controllati. La composizione si
avvicina in questo senso ad una progettazione scientifica.

27
distaccarono completamente da questa.5 Morricone ed i suoi compagni si

schierarono a fianco del compositore americano. Cage era solito utilizzare nelle

sue composizioni il “pianoforte preparato”, ovvero venivano utilizzati oggetti

extramusicali: pezzi di carta, viti, bulloni, pezzi di legno, inseriti all'interno

delle corde del pianoforte a coda, per distorcere e modificare in qualche modo il

suono. La sua è una musica nel complesso elementare ma particolare dal punto

di vista timbrico. Nello studio delle avanguardie post-weberniane non si può

non citare poi il puntillismo di Karlheinz Stockhausen: il termine sta ad indicare

una musica nella quale le note vengono considerate dei punti, simboli isolati tra

di loro, come se fossero eventi a sé stanti, evitando quindi un discorso

“narrativo” ed unitario di tipo melodico. Morricone si addentra in queste

pratiche e le fa sue riutilizzandole anche all'interno degli arrangiamenti di

musica leggera.

3.2.1 Musica dodecafonica,6 Musica concreta e Puntilismo

Per quanto riguarda la teoria schönberghiana basata sui dodici suoni,

Morricone, come lui stesso afferma,7 fa sua questa pratica utilizzando i soli sette

suoni che compongono la scala musicale e che l'orecchio medio del pubblico è

abituato ad ascoltare. Si tratta di un procedimento privato e segreto che egli

attua nell'ombra. I timbri, le altezze, le dinamiche sono organizzate secondo una

scrittura che in teoria è tonale ma in questo senso qui i suoni acquisiscono pari

importanza, vi è una democrazia dei suoni, e non una gerarchia tipica della

5 V. Mattioli, Superonda: storia segreta della musica italiana, Baldini Castoldi, 9 giugno 2016
6 La musica dodecafonica o dodecafonia è un sistema di composizione nel quale i dodici suoni
della scala cromatica presentano lo stesso valore a livello gerarchico, differentemente dal
sistema tonale nel quale le note sono rapportate le une con le altre secondo gerarchie ben
definite. Come avviene nel serialismo integrale, estremizzazione della dodecafonia, le note sono
disposte secondo una serie, scelta dal compositore.
Per ulteriori approfondimenti cfr. G. Salvetti, La nascita del Novecento, EDT Srl, Torino 1991
7 E. Morricone, Inseguendo quel suono, cit., pp. 173-175

28
scrittura tradizionale8. Dal punto di vista armonico sente ad esempio, in alcune

situazioni, l'esigenza di eliminare i bassi, che fungono da sostegno vero e

proprio della melodia stessa, e che si sono consolidati nel corso dei secoli

all'interno della tradizione armonica, così da creare una dimensione orizzontale

piuttosto che verticale dei suoni. In aggiunta, egli si propone una integrazione

tra atonalità e sistema tonale scegliendo, isolandoli, solo alcuni accordi,

prendendo spunto dall'opera di Wagner, come ad esempio l'introduzione

dell'Oro del Reno9. Tutto ciò aveva il fine intimo e non programmatico di

donare una dignità estetica al lavoro musicale svolto.

Rifacendosi a John Cage e alla musica concreta10 vi sono degli spunti

interessanti attuati proprio all'interno degli studi della RCA per gli

arrangiamenti di “Io lavoro”, “Il barattolo”di Gianni Meccia, o in “Pinne, fucile

ed occhiali” di Edoardo Vianello11. Si tratta ad ogni modo di rifacimenti minimi

dentro partiture molto banali ma che comunque tentavano di riscattare il brano

e di imporre la propria personalità colta. Un aneddoto di Lili Greco ritrae un

Morricone inginocchiato sul pavimento dello studio B che tentava di

armeggiare un tubo di gomma che sarebbe dovuto servire da suono

all'arrangiamento di Edoardo Vianello in “Pinne, fucile ed occhiali”. La sua

sperimentazione consisteva nel soffiare acqua nel tubo pretendendo che il

gorgoglio prodotto andasse a tempo. Un ulteriore esempio è dato da “Il

8 Sulla dodecafonia in Morricone ne parla Lilli Greco che afferma che egli ha ricevuto da
Petrassi un‘educazione musicale rivolta alla musica del Novecento, e per questo può essere
definito un musicista in origine dodecafonico. Ma Morricone, come detto da l compositore
stesso ha due idoli musicali: da una parte Bach, dall'altra Stravinksy, due anime unite
comunque da una “razionalità poetica” che ha senza dubbio influenzato l'artista. Greco poi
parla più che di ispirazione dodecafonica, di un forte influsso dei poemi sinfonici di fine
Ottocento, come quello di Lizst il quale verrà ripreso e sviluppato nell'impressionismo di Ravel
e Debussy.
9 E. Morricone, op.cit., p. 173

10 La musica concreta nasce da un’idea di Pierre Schaeffer nel 1948 e può considerarsi

anticipatrice della musica elettronica.


11 M. Becker, C’era una volta la RCA..., cit.

29
barattolo”12. Ricorda l’episodio lo stesso Morricone nel libro ”Made in Italy,

Studies in Popular music“: nel 1963, anno d‘uscita della canzone, la RCA

rischiava la bancarotta e nell‘organico c‘erano soltanto quattro o cinque

strumenti. Così Morricone ebbe questa intuizione: <<ero a conoscenza della

musique concrète, come ad esempio i lavori di Henri Pousseur, quindi decisi di

proporre il suono concreto del barattolo13>>. Andò dapprima da un falegname

per farsi costruire uno scivolo su cui far rotolare il barattolo14 ma il suono non

era quello auspicato, pertanto fece costruire uno scivolo di pietra ed anche in

questo caso il risultato non fu soddisfacente. Il problema più grande era quello

di far rotolare “a tempo” il barattolo stesso. Ciò venne risolto da Lilli Greco

prendendo il barattolo tra le dita.

Per quanto riguarda la tecnica puntilistica, come ricorda lo stesso Greco, a

Morricone piaceva scrivere per 3 o 4 chitarre suonate in chiave puntilistica:

ognuna doveva suonare poche note che dovevano incastrarsi alla perfezione nel

quadro generale; una sorta di mosaico. A tal proposito per i musicisti solisti era

difficile rimanere a tempo senza sbagliare.15 In lui vi era una propensione alla

riduzione dei materiali, che non era soltanto una riduzione dei suoni, da dodici

a sette o sei, ma anche una riduzione timbrica, cioè il timbro caratterizzato

totalmente16. Caratterizzazione che deriva dal serialismo integrale, dal calcolo

delle altezze, delle pause, tipiche della tecnica puntilistica.

12 A questo proposito si fa presente che ”Il barattolo” fu uno dei primi arrangiamenti di
Morricone all’interno della RCA. Fu una sorta di test per il compositore. Nonostante la
precarietà in cui versava la casa discografica a quell’altezza, e nonostante un organico che nel
caso de ”Il barattolo” comprendeva semplicemente chitarra, organo, basso e batteria, il brano
ebbe un enorme successo tanto che vendette trecentomila copie e salvò la RCA dal dissesto
economico.
13 F. Fabbri e G. Plastino, Made in Italy: studies in Popular music, Routledge, 30 ottobre 2013,

(traduzione mia)
14 Ivi, pag. 50

15 M. Becker, op.cit, p. 285

16 Ivi p.277

30
3.4 Citazionismo colto

Esempio a parte, ma che comunque rientra nel processo squisitamente

morriconiano di fusione di colto e “popular” è quello della schiera di citazioni

musicali di brani famosi di compositori che costituiscono la storia della Musica.

Queste citazioni sono rintracciabili soprattutto negli arrangiamenti di musica

napoletana, in special modo per Miranda Martino. Vi è ad esempio una

versione di “Voce 'e notte”, presente nel 45 giri Just say I love him del 1961, nella

quale la voce è accompagnata da arpeggi ed in parte dall'armonia del “Chiaro

di Luna” di Beethoven. Ulteriore esempio può essere dato da “Ciribiribin”,

canzone contenuta in “Le canzoni di sempre” del 1964, di Miranda Martino.17

Organicamente sono presenti quattro pianoforti, che vengono introdotti

attraverso una scrittura “staccata”. Le quattro note dell'introduzione vengono

riprese all'infinito, in maniera ossessiva. Ma oltre ciò vi sono anche ben 4

citazioni, prima del ritornello, di musicisti classici: vi è il Rondò alla Turca di

Mozart, “Al Chiaro di Luna” di Beethoven, “Moments musicaux n.3” di

Schumann, così come Donizetti. In “Napoli” del 1963, anche non utilizzando un

citazionismo colto, è presente l'utilizzo di un canone18 tra la prima e seconda

parte di “'O Sole mio”.19 In questo caso il mezzo compositivo ha il compito di

fungere da ricordo, ancora vivo nella memoria, della melodia presente nella

strofa, riproposta nel ritornello come sottofondo suonato da archi.20

17 Ibidem.
18 Quindi un mezzo compositivo classico
19 E. Morricone, Inseguendo quel suono, Mondadori Editore, Milano Aprile 2016, p. 23.

20 Gli esperimenti attuati da Morricone furono criticati dai Napoletani, poiché egli si era

discostato dalla tradizione napoletana. Sebbene lei cantasse in modo tradizionale infatti,
l’accompagnamento era differente.

31
3.5 Alcuni elementi caratterizzanti gli arrangiamenti morriconiani

Infine si menzionano alcune caratteristiche della poetica di Ennio Morricone,

affinché si possa avere una visione d’insieme sul lavoro svolto all’interno della

RCA. Per Morricone la sezione ritmica era la parte meno importante

dell’arrangiamento, al contrario ad esempio di Luis Bacalov, arrangiatore della

RCA in quegli stessi anni, che poneva grande attenzione all’elemento ritmico.

Difatti negli anni '50-'60 la suddetta sezione era pressoché fondamentale, e ne

costituiva quasi la base. Voleva porre invece maggiore attenzione al timbro, e

all'organico, ossia sull'insieme di strumenti che andavano a concorrere

nell'arrangiamento, tentando di scegliere gli strumenti in modo inusuale, e solo

dopo dedicandosi alla forma e alla struttura dei brani21. Le sue sono

orchestrazioni lussuose che presentano virtuosismi melodici, e utilizzano a

volte anche tonalità con molte alterazioni in chiave, ad esempio il Sol bemolle o

Fa diesis22, non dimenticando una melodicità focalizzata su poche note e una

ripetitività tipica della musica leggera. Gli interessava primariamente cosa

l’orchestra suonasse: << Ciò che già tentai allora era di conferire autonomia

all’arrangiamento rispettando la melodia [...] in altre parole l’arrangiamento

doveva essere a sé stante ed avere una firma distintiva [...] mi sembrava anche

una strategia che avrebbe funzionato da un punto di vista commerciale, perché

andava ad ampliare l’interesse dell’ascoltatore verso ciò che andasse oltre la

melodia e l’artista che cantava23>>. E’ bene ribadire che Morricone non fosse

molto agevolato nel tentativo di ”innovare” in qualche modo le canzoni di

21 E. Morricone, Inseguendo quel suono..., cit.


22 In questo caso bisogna affermare che vi è una differenza tra strumenti ad arco e strumenti a
fiato: gli archi prediligono una tonalità con i diesis mentre i fiati una tonalità con bemolle. Il
problema si crea poiché il Fa diesis degli strumenti a fiato è diverso da quello dei violini, così
come il Sol bemolle dei violini è diverso da quello dei fiati. I musicisti quindi dovevano
accordarsi tra di loro. All’interno della RCA Morricone proponeva la tonalità del bemolle agli
archi e quella del diesis ai fiati.
23 F. Fabbri, G. Plastino, Made in Italy...,cit. (traduzione mia)

32
musica leggera e forzava la mano solo quando ciò era possibile, come nei

trentatré giri, che allora erano un prodotto d’élite24.

3.6 Mezzi compositivi classici all’interno di canzoni ‘popular’: qualche esempio

Prima di passare ad un’analisi più approfondita di un arrangiamento di

Morricone, vale la pena menzionare anche altri due brani. Il primo è “Sapore di

sale” di Gino Paoli: nella prima sezione del ritornello è presente una risposta

veloce della mano destra, con rapidi salti di ottava, e poi una sezione più lenta

in cui il pianoforte ripete alcune melodie della voce, come se fosse un leitmotiv

di ascendenza wagneriana25. Ed infine ne “Il mondo” di Jimmy Fontana si

possono rintracciare due elementi: in primo luogo il brano inizia con una sorta

di onda resa grazie ad un movimento oscillatorio tra semitoni: do# e do.

L’ondulazione dà l’impressione di una immobilità dinamica26. Secondariamente

vi è l’idea di calcolare la giusta velocità della composizione: Morricone infatti

registrò la prima parte della canzone ad una velocità maggiore, utilizzando una

terza maggiore, per poi abbassarla dalla stessa terza e collegandola con la parte

suonata in live. Quindi la parte abbassata era stata registrata più alta ma

risultava più scura. Quando arrivava la normale parte registrata c’era una sorta

di switch nel suono: era stato aggiunto un colore che dava un impulso ricercato

alla canzone27.

24 Gli album venivano infatti registrati per ragioni contrattuali ma solo poche copie venivano
effettivamente vendute. Un esempio di album totalmente arrangiati da Morricone possono
essere quelli di Miranda Martino.
25 F. Fabbri e G. Plastino, Made in Italy..., cit. (traduzione mia)

Il leitmotiv è una frase, un tema, o un frammento che può essere melodico, ritmico o armonico
che ritorna più volte nel corso del lavoro musicale. Trova la sua massima applicazione in
Wagner il quale lo utilizzò sistematicamente.
26 F. Fabbri e G. Plastino, Made in Italy..., cit. (traduzione mia)

27 F. Fabbri, G. Plastino, Made in Italy...,cit. p.6581, (traduzione mia)

33
“Se telefonando”

L'avventura di questo brano inizia nel 1966 quando Maurizio Costanzo e Ghigo

De Chiara chiamarono Morricone dalla RAI per chiedergli di comporre una

canzone, che sarebbe dovuta poi diventare la sigla di “Aria Condizionata”, un

programma per la televisione di cui questi erano autori. La cantante scelta per

tale brano fu Mina. Come ricorda lo stesso Morricone l'ispirazione musicale gli

venne in mente mentre era in fila per pagare le bollette insieme alla moglie28.

Dopo l'arrangiamento musicale seguì la composizione del testo da parte di

Costanzo e De Chiara. Il brano fu lanciato nello stesso anno a “Studio Uno” e fu

accolto positivamente da un largo pubblico; difatti tra il 1966 e il 1967 il singolo

raggiunge la 14ª posizione nella classifica delle vendite settimanali, a fine 1966

risulta al 40º posto in quella annuale29.

Dal punto di vista strettamente testuale e contenutistico si racconta la fine di

una storia avvenuta telefonicamente, terminata senza aver dato il tempo di una

spiegazione dell'accaduto.

In quanto al tema musicale, esso era prevedibile e imprevedibile allo stesso

tempo: la melodia infatti si basa su una progressione tutt'ora molto comune nel

panorama “popular” sono presenti infatti tre suoni: Sol, Fa diesis e Re-. (vedi

foto n.1). L'imprevedibilità è data invece dalla struttura melodica che ha accenti

melodici/metrici che cadono sempre su una nota diversa, fino a quando la

successione dei tre accenti non viene ripetuta. In questo modo le tre note Sol, Fa

diesis e Re hanno accenti tonici differenti. A questa linea melodica se ne

28 V. Mattioli, Superonda…; cit.


29 G. Castaldo, Dizionario della Canzone Italiana, Armando Curcio Editore, 2003

34
aggiunge un'altra ricavata dagli stessi suoni dilatati, come se fosse un cantus

firmus30.

figura n.1

Secondo Franco Fabbri31 una componente fondamentale della riuscita di ”Se

telefonando“ anche solo rispetto a quegli obiettivi minimali che Adorno

attribuiva alle canzoni si trova <<nella dinamica grigio-colorato, nella capacità

di Morricone di coltivare l‘arte dell‘indugio, nel riferimento contradditorio ad

aspettative e regole di genere come quelle sull‘articolazione formale>>

intendendo per ”grigio” il verse o strofa32. Questo viene compreso meglio

analizzando la partitura a livello armonico e strutturale.

30 E. Morricone, op cit.
31 F. Fabbri, Il suono in cui viviamo: saggi sulla popular music, Il Saggiatore, 25 Settembre 2008
32 Si rimanda a questo proposito al paragrafo 2.2 del Capitolo secondo.

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