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 Medio Evo: Tra maestro e allievo, si sviluppava una relazione rigida, subtrato di una didattica

ripetitiva, talvolta giocosa, più spesso ossessiva. L’oggetto del sapere è considerato statico

 1400/1600: verso una nuova interpretazione della didattica

• nuova situazione economica e sociale

• nascita del termine Didattica (didactique)

• inizio della riflessione teorica sull’insegnamento

 Dopo Comenio, (1600/1700) autori come Locke (1632-1704), Rousseau (1712-1778), Herbart
(1776-1841), con i loro studi, contribuiranno ad accrescere l’attenzione nei confronti della
didattica concepita come arte dell’insegnare

 Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, la didattica si appresta a compiere quei passi che la
condurranno ad essere identificata con la teoria della cultura formativa, avente come scopo la
formazione dell’uomo istruito

 La svolta definitiva dopo la fine del dell’Idealismo:

• Il contributo della psicologia

• L’esigenza metodologica già avvertita nella storia dell’educazione da Comenio, rappresenterà il


focus per gli studi dei maggiori esponenti dell’Attivismo pedagogico: J. Dewey (1859-1952), M.
Montessori (1870-1952), O. Decroly (1871-1932), E. Claparede (1873-1940), C. Freinet (1896-1966).

• L’influenza esercitata dalla psicologia cognitivista di seconda generazione (che ha i suoi più alti
esponenti in

Vigotskij e Bruner)
Fin dalla nascita delle prime civiltà, l’insegnamento ha assunto una particolare significatività non solo per la
sopravvivenza fisica dei componenti dei vari gruppi umani, ma anche per la vita sociale e più
specificamente culturale di ogni popolo.

si può senz’altro affermare che con la nascita dell’uomo e il suo evolversi nel tempo, si sia anche diffusa e
poi consolidata la consuetudine del tramandare il patrimonio conoscitivo ed esperienziale via via
accumulato attraverso i continui tentativi messi in atto per conseguire una sempre più alta capacità di

dominare e governare l’ambiente.


Concepita come arte essenzialmente pratica, la didattica, nell’età antica, non riservava alcuna particolare
attenzione al fanciullo, della cui educazione morale si occupava una figura diversa dal didatta, quale era
appunto quella del pedagogo.

Se alla didatta spettava di curare il versante pratico dell’insegnamento, al pedagogo si richiedeva di


occuparsi della trasmissione dei contenuti con maggiore valenza teoretica e perciò morale.

Esercitando liberamente il suo insegnamento all’aperto, Socrate promuoveva una didattica concepita come
arte maieutica, la quale prendeva forma con l’azione del maestro, il cui fine era quello di aiutare il
discepolo a portar fuori la conoscenza che già aveva in sé.

A tale scopo, Socrate si serviva del metodo dialogico, il quale risultava funzionale, allo stesso tempo, sia ad
un’esigenza pedagogica che ad una euristica.
Tra il 1400 e il 1600 il sapere didattico, ancora in alcuni casi concepito come genere letterario, si appresta a
vivere una vera e propria rivoluzione culturale.
Nel 1554, l’impiego del termine didactique nell’accezione di scienza dell’insegnamento, pose le premesse
per la collocazione della didattica all’interno del discorso pedagogico.

L’associazione didattica-scienze dell’insegnamento, infatti, sollecitò l’avvio della ricerca sui principi teorici e
i fondamenti scientifici della didattica, che solo nel secolo scorso, ovvero nel Novecento, ha acquisito
legittimità scientifica e dignità accademica, al pari delle altre scienze, affermandosi come disciplina
autonoma con un proprio nucleo teoretico ed un proprio apparato epistemologico.

Tra il XVI e il XVII secolo, successivamente al riconoscimento e alla valorizzazione dell’uomo e delle sue
qualità, non solo spirituali, ma anche fisiche, oltre che cognitive, comincia a farsi forte l’esigenza di una
formazione etica, culturale e professionale sempre più specialistica.

La riflessione speculativa sull’insegnamento prende avvio nel XVII secolo attraverso i contributi di
importanti studiosi dell’epoca.

L’attenzione crescente nei confronti del come insegnare e, in particolar modo, del “metodo” (F. Bacone
1562-1626, Cartesio 1596-1635), e l’interesse manifestato non più solo verso la dimensione contemplativa
della scienza, ma anche nei confronti della sua finalità operativa, inducono ad osservare la realtà non più
solo per conoscerla, ma anche e soprattutto, per trasformarla (principio base quest’ultimo della didattica).

In tale contesto, prima W. Ratke Ratichius (1571-1635), poi J. A. Comenio Kominsky (1592-1671),
attribuiscono al termine didattica una nuova significatività: Scienza regolatrice della pratica
dell’insegnamento, il primo; arte dell’insegnare, il secondo.

Con W. Ratke Ratichius, il termine “didattica” compare per la prima volta in un contesto prettamente
pedagogico.

Facendo suoi gli aspetti più innovativi e quelli di apertura individuati nelle esperienze e nelle riflessioni dei
suoi predecessori,

Comenio (1592-1671), nell’opera Didactica Magna (1657),

definisce la didattica come arte dell’insegnare, tracciando le linee essenziali di una teoria dell’educazione
basata sul principio secondo cui qualsiasi arte -come la stessa didattica- avrebbe raggiunto il suo scopo
nella misura in cui avesse imitato la logica della natura. Comenio sosteneva la necessità di un’educazione
universale che avrebbe dovuto concorrere alla formazione globale del genere umano, perseguendo i
principi e i tempi dell’evoluzione naturale.

L’unità della formazione umana, obiettivo posto alla base dell’educazione universale comeniana, si
persegue attraverso mezzi e strumenti di cui lo stesso autore offre indicazione nelle sue opere.

Essi richiamano essenzialmente:

◗ la necessità di conoscere il metodo universale di insegnamento;

◗ l’attenzione da dedicare alla scelta dei contenuti, che in chiave pansofica

(Termine usato da Comenio per designare il suo ideale di un sapere enciclopedico che rendesse possibile
un'organizzazione sistematica delle varie discipline) devono offrire una visione unitaria ed armonica del
sapere e rendere conoscibili i fondamenti e i principi che stanno alla base di tutte le cose;

◗ il riconoscimento delle esigenze e dei tempi di apprendimento dell’alunno da istruire, i quali


assumono un ruolo determinante nel favorire l’acquisizione di altre conoscenze, che a sua volta si
incardinano sugli apprendimenti pregressi.

Sulla via tracciata da Comenio (1600/1700) autori come :


 Locke (1632-1704),

 Rousseau (1712-1778),

 Herbart (1776-1841),

con i loro studi, contribuiranno ad accrescere l’attenzione nei confronti della didattica concepita come arte
dell’insegnare, la quale pur ricoprendo un ruolo via via maggiore all’interno del discorso pedagogico, dovrà
ancora fare un lungo viaggio prima di acquisire legittimità sul piano scientifico, e ciò soprattutto a causa
delle scarse conoscenze fino ad allora maturate nel campo psicologico.

Agli inizi del Novecento, il diffondersi del pregiudizio neoidealistico, racchiuso nel sofisma gentiliano
secondo il quale il sapere fosse l’unica chiave per insegnare
La successiva caduta dell’Idealismo, che aveva imperato osteggiando l’affermarsi della ricerca scientifica e
dei suoi metodi, segnerà una svolta importante nell’ambito della riflessione sull’insegnamento e quindi il
compimento di un passo fondamentale per l’accreditamento epistemologico della Didattica.

Siamo ancora nella prima metà del Novecento quando, l’opera di grandi

pedagogisti come:

 Ferrière,

 Montessori,

 Decroly,

 le sorelle Agazzi in Italia,

contribuisce ad accrescere l’attenzione nei confronti del fanciullo, di cui cominciano ad essere considerate,
in un’ottica evolutiva, esigenze e peculiarità, sia di tipo fisiologico che psicologico.

Risalgono ai primi decenni del Novecento, infatti, le importanti riflessioni condotte da Piaget in relazione
allo sviluppo cognitivo del fanciullo, destinate ad avere una notevole risonanza nell’ambito della riflessione
educativa.

L’esigenza metodologica già avvertita nella storia dell’educazione da Comenio, rappresenterà il focus per
gli studi dei maggiori esponenti dell’Attivismo pedagogico, ovvero di quel movimento innovatore fondato
sul concetto di “educazione progressiva” che si sviluppa in Europa e in America nella prima metà del
Novecento con l’opera di grandi pedagogisti come:

J. Dewey (1859-1952),

M. Montessori (1870-1952), O. Decroly (1871-1932),

E. Claparede (1873-1940),

C. Freinet (1896-1966).

John Dewey (attivismo pedagogico) propone una didattica basata sull’identificazione degli interessi degli
allievi, sulla promozione di attività spontanee da tradursi in esperienze finalizzate (progetti).

E’ una scuola attiva che fa leva sugli interessi del fanciullo e lo educa senza trascurarli, unificando gioco e
lavoro, sollecitando nel discente la verifica dei propri errori.

L’insegnante non deve trasmettere valori precostituiti, ma promuovere la maturazione delle capacità di
giudizio.
Per Dewey ogni ricerca nasce, come primo momento da una situazione problematica, emergente
funzionalmente nella e per la ricerca stessa, creando incertezza e dubbio.

La Scuola Attiva:

Puerocentrismo: il bambino è rispettato nella sua dimensione infantile, mentre precedentemente


l'educatore doveva rendere il bambino adulto il prima possibile.

Importanza della psicologia: la pedagogia ripensa i suoi limiti, legandosi alle scoperte della ricerca
psicologica riguardo

l'apprendimento e lo sviluppo.

Insegnante come guida: l'insegnante è facilitatore nel processo di scoperta del fanciullo, non più colui che
trasmette le conoscenze.

Legame Interesse/Bisogni: l'educatore personalizza l'insegnamento a seconda degli interessi e dei bisogni
del bambino. Legame Insegnamento/Vita: la scuola serve per la vita, non deve esserne separata.

Intelligenza Operativa: l'apprendimento passa attraverso l'esperienza pratica, il bambino va stimolato ad


utilizzare la

propria intelligenza attraverso dei laboratori.

Per Ovide Decroly l’insegnamento deve essere svolto per “centri di interesse”, che si riferiscono agli istinti
individuali primari (alimentazione, lotta contro le intemperie, difesa conto i pericoli) tenendo presente la
tendenza globalizzante della mente infantile (metodo globale).

La necessità di dar forma all’insegnamento, seguendo un preciso metodo, ha acquisito con O.Decroly
(1871-1952) una notevole importanza, a tal punto che egli fece del metodo d’insegnamento un vero e
proprio oggetto di ricerca scientifica.

Le ricerche e le riflessioni sviluppatesi intorno ad esso, da parte di altri studiosi dell’attivismo, hanno
contribuito al nascere di uno specifico settore di conoscenza, definito appunto metodologia, il quale
riguardando in maniera specifica lo studio critico dei metodi applicati in situazioni didattiche ed educative,
occupa oggi uno spazio diverso da quello della didattica, sempre più riconosciuta come arte di insegnare
precisi contenuti.

Célestin Freinet prospetta una didattica cooperativa, basata sull’individualizzazione dell’insegnamento e la


sua dimensione sociale, secondo la quale vanno privilegiati la ricerca e il lavoro di gruppo, l’esplorazione
dell’ambiente naturale e sociale, il gioco, le attività espressive e manuali.
La Scuola Attiva:

⚫ Puerocentrismo: il bambino è rispettato nella sua dimensione


infantile, mentre

precedentemente l'educatore doveva rendere il bambino adulto il prima possibile.

⚫ Importanza della psicologia: la pedagogia ripensa i suoi limiti, legandosi alle scoperte della ricerca
psicologica riguardo l'apprendimento e lo sviluppo.

⚫ Insegnante come guida: l'insegnante è facilitatore nel processo di scoperta del fanciullo, non più
colui che trasmette le conoscenze.

⚫ Legame Interesse/Bisogni: l'educatore personalizza l'insegnamento a


seconda degli
interessi e dei bisogni del bambino.

⚫ Legame Insegnamento/Vita: la scuola serve per la vita, non deve esserne separata.

⚫ Intelligenza Operativa: l'apprendimento passa attraverso l'esperienza pratica, il bambino

va stimolato ad utilizzare la propria intelligenza attraverso dei laboratori.

Tra i cambiamenti e le trasformazioni generate da un’evoluzione che appare irrefrenabile, la celerità con
cui si affermano e diffondono nuovi alfabeti, nuovi saperi, nuovi ruoli professionali, e la rapidità con cui
diventano obsolete le conoscenze -con particolare riferimento alla cultura contenutistica, tradizionalmente
trasmessa dalla scuola- richiedono, in maniera crescente, il perseguimento di nuovi e più alti traguardi
formativi.

Ciò rende ancor più indispensabile un ammodernamento della didattica, che, oggi più che mai, deve mirare
a formare saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale affinché possa affrontare positivamente
il disorientamento e la precarietà degli scenari sociali e professionali presenti e futuri (MPI, Indicazioni per
il curricolo, 2007).
Nell’attuale contesto storico-sociale che, già nella seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso
cominciava ad assumere i tratti di una “società conoscitiva”, è divenuta sempre più impellente la domanda
di una formazione orientata:

• all’acquisizione di saperi e competenze non solo di natura cognitiva,

• ma anche relazionale e strategico-comportamentale,

• oltre che tecnico-professionale.

Un tipo di formazione, che pur includendo l’azione di trasmissione di una certa

quantità di contenuti, risulta essere per lo più incentrata:

• sulla dimensione qualitativa degli stessi,

• mirando a fornire alle nuove generazioni gli alfabeti ritenuti indispensabili per comunicare e
rielaborare in modo originale le conoscenze fatte proprie al fine di produrne altre e nuove,

• promuovendo in ciascun soggetto l’abilità di sapersi muovere autonomamente e consapevolmente


nei più diversi contesti sociali e in quelli più specificamente professionali.

• “Apprendere ad apprendere” è il paradigma educativo, al quale, già da qualche tempo, la ricerca


pedagogica, e più specificamente quella didattica, riflette per promuovere percorsi formativi
intenzionalmente strutturati per:

• favorire l’incontro dialettico fra il soggetto, i saperi e la situazione contingente nella quale si
sviluppa l’interazione fra docente e alunno.

1. Le otto competenze chiave europee


Comunicazione nella madrelingua

2. Comunicazione nelle lingue straniere

3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia

4. Competenza digitale

5. Imparare ad imparare
6. Competenze sociali e civiche

7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità

8. Consapevolezza ed espressione culturale


La Didattica, come afferma C. Laneve, “non si limita alla trasmissione di un sapere, alla
presentazione di una disciplina”, ma predispone le condizioni affinché ci sia una reale
“sintonizzazione fra il repertorio culturale e le caratteristiche personali degli allievi”.

9. “La didattica non banalizza il sapere, né lo semplifica, ma rappresenta la capacità di farlo vivere, di
tradurlo in sempre più vasti e stimolanti contesti e, sovrattutto, di funzionalizzarlo alla crescita
personale di chi apprende” (Laneve C., 2003).

10. In questo senso essa conferisce senso al sapere.

Oggi, con il termine “Didattica” si fa riferimento alla disciplina il cui


oggettodi interesse è rappresentato dalle molteplici azioni progettuali,
valutative e negoziativo- simboliche
Oggetto della didattica è quindi l’insegnamento formale, ovvero l’insieme delle attività mirate a fornire le
migliori condizioni affinchè abbiano luogo e si attivino processi di apprendimento qualitativamente alti ed
efficaci.

Chi insegna, dovendo agire in maniera tattica e strategica, non può prescindere dalla conoscenza
dell’insegnamento e dei suoi principi fondamentali, così come da una adeguata analisi della propria ed
altrui esperienza operativa, e della situazione contingente in cui si trova ad operare.

L’insegnamento, pertanto, richiama alla riflessione su di esso: una riflessione che, in qualche modo, ha
inizio nell’antichità, con la sua comparsa.

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