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Dio richiedeva la perfetta sincerit e la docilit completa del cuore. Altrimenti l'incontro votato all'insuccesso, peggio, alla catastrofe, perch la santit di Dio un fuoco che divora, che non pu tollerare il male. IL problema dell'alleanza con Dio riguarda il cuore. Se la storia dell'antica alleanza fu quella di un insuccesso stato perch il popolo, come dice Geremia, aveva un cuore sviato e ribelle (cf. Ger 5,23) e sempre seguiva l'inclinazione del suo cuore malvagio (cf. Ger 7,24). Questa storia mise in evidenza la necessit di un cambiamento di cuore che solo Dio poteva attuare e, difatti, al momento della pi tragica rottura, Dio promise di realizzare questo cambiamento: stabilir un'alleanza nuova scrivendo la sua legge non pi sulla pietra, ma sui cuori (cf. Ger 31,33), meglio ancora, donando agli uomini un cuore nuovo (cf. Ez 36,26). Le profezie di Geremia ed Ezechiele non indicavano i mezzi dei quali Dio si sarebbe servito per scrivere la legge nei cuori e dare ai credenti un cuore nuovo. La Lettera agli Ebrei, citando l'oracolo di Geremia, lo completa su questo punto, ricordando che la prima alleanza era stata stabilita con un sacrificio, che essa possedeva un culto e un sacerdozio e che dunque una nuova alleanza non poteva essere stabilita senza un nuovo sacerdozio; ora la differenza che rende conto della novit dell'alleanza che si tratta di un sacrificio del cuore, di un sacerdozio stabilito nel cuore.
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La Lettera agli Ebrei ci fa osservare che, nel culto antico, tutto era separazione. Separazione tra il popolo e il sacerdote: il popolo non poteva mai entrare nel santuario, solo il sommo sacerdote lo poteva. Separazione tra il sacerdote e la vittima, il sacerdote non poteva offrire se stesso, non ne era n degno n capace essendo peccatore; offriva la vittima, ma la vittima non poteva santificare realmente il sacerdote. Come potrebbe il sangue di una bestia purificare la coscienza di un uomo, si chiede l'Epistola. C'era anche la separazione tra la vittima e Dio: un animale non pu entrare in comunione con Dio. In Cristo tutte le separazioni sono state abolite. Egli, infatti, non ebbe bisogno di cercare una vittima fuori di se stesso; offr se stesso: ecco la formula che esprime una novit radicale (cf. Eb 9,14). Lo poteva perch era vittima degna, immacolata, senza nessuna complicit con il peccato e, d'altra parte, era sacerdote capace, perch aveva tutta la forza, tutto il dinamismo dello Spirito Santo per offrire se stesso. Quindi, invece delle immolazioni di bestie, offr la sua obbedienza personale fino alla morte. In tal modo stata abolita la distinzione tra sacerdote e vittima, nonch tra culto e vita. D'altra parte questo sacrificio, essendo l'adempimento della volont di Dio, trasform l'umanit di Cristo e la un perfettamente a Dio: la separazione tra vittima e Dio non esiste, infatti, nel sacrificio di Cristo. E anche l'ultima separazione stata abolita, quella cio tra sacerdote e popolo, perch Cristo non ha ottenuto il sacerdozio per mezzo di riti di separazione, ma, al contrario, per mezzo di un'esistenza di totale solidariet con gli uomini, fino a prendere su di s la loro morte di peccatori.
Il sacerdozio comune4
Questa abolizione di tutte le separazioni cambia completamente la situazione religiosa degli uomini e rende possibile la perfetta comunione di tutti con Dio e la perfetta comunione fra tutti in Dio. Troviamo in questa realt il fondamento del sacerdozio di tutti i cristiani, di tutta la chiesa. Poich le separazioni sono abolite, tutti i credenti sono partecipi del sacerdozio di Cristo, sono elevati alla dignit sacerdotale. Lo possiamo vedere su due punti: la possibilit di accesso presso Dio e la possibilit di presentare le oblazioni. 1. Possibilit del credente di accedere a Dio. IL Nuovo Testamento dimostra chiaramente che, grazie al sacrificio di Cristo, le barriere tra il popolo e Dio sono state rimosse. Tutti adesso, senza eccezioni, vengono chiamati ad avvicinarsi a Dio senza paura; tutti i credenti hanno questo diritto che anticamente era riservato al sommo sacerdote. Anzi, hanno un privilegio superiore perch lo stesso sommo sacerdote non poteva entrare nel santuario liberamente, ma soltanto una volta all'anno fa notare l'Epistola durante una solenne funzione di espiazione, il giorno del Kippur. Adesso, al contrario, tutti i cristiani godono di questo privilegio sacerdotale. San Paolo scrive ai Romani: Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia (Rm 5,1-2). Con un'allusione chiara alla liturgia del Kippur, cio dell'espiazione, e sottolineando il contrasto con le limitazioni antiche, la Lettera agli Ebrei dice che abbiamo piena libert di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Ges; per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi (Eb 10,19-22). Avviciniamoci dunque! 4
A. VANHOYE, IL sacerdozio della nuova alleanza, pp. 41-47.
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Anche la Lettera agli Efesini esprime questa libert di accesso: Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,18). I cristiani, dunque, hanno una relazione intima con Dio. Nella Lettera agli Ebrei essi vengono chiamati quelli che per mezzo di lui (Cristo) si accostano a Dio (Eb 7,25 ). Non c' pi nessuna limitazione, nessuna barriera; tutti sono liberi di avvicinarsi a Dio continuamente, tutti godono della libert dei figli di Dio e hanno diritto di avvicinarsi con tutta franchezza al loro Padre. Su questo punto non si fa, nel Nuovo Testamento, nessuna differenza tra le diverse categorie di cristiani. Non si distinguono preti e semplici laici. Nella nuova alleanza Geremia prediceva che tutti avrebbero avuto una relazione personale e intima con Dio: Non dovranno pi istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, poich tutti mi conosceranno dal pi piccolo al pi grande, dice il Signore (Ger 31,34). La Lettera agli Ebrei riferisce questo oracolo che viene adempiuto nel Nuovo Testamento e diversi testi del Nuovo Testamento rispecchiano questa predizione (ad esempio, 1Gv 2,27; 1Ts 4,9). 2. Possibilit del credente di presentare se stesso a Dio come offerta a lui gradita nella carit. Se veniamo all'altro aspetto importante del sacerdozio, cio l'offerta dei sacrifici, troviamo che i cristiani sono tutti invitati a presentare a Dio le loro offerte. Queste offerte per non possono somigliare agli antichi riti esteriori; debbono assomigliare all'offerta di Cristo, costituire un culto nuovo, pieno di realt. Se chiedo a un cristiano in che cosa consiste il culto cristiano la risposta pi abituale sar che esso consiste principalmente nella messa o anche nelle preghiere o nelle funzioni liturgiche. Non una risposta adeguata. La risposta pi piena, pi esatta, mi pare questa: il culto cristiano consiste nel trasformare l'esistenza per mezzo della carit divina. Tutto il resto non lo scopo ma soltanto i mezzi che servono a questa trasformazione. San Paolo presenta questa prospettiva in un passo importante della Lettera ai Romani, il passo che introduce tutta la parte esortativa all'inizio del capitolo dodicesimo: Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; questo il vostro culto spirituale (v. 1). Paolo non usa spesso il vocabolario sacrificale o sacerdotale; lo usa qui non per cerimonie cristiane, ma per l'esistenza cristiana e congiunge immediatamente a questo tema il tema della ricerca della volont di Dio nella vita concreta e quello della solidariet nel corpo di Cristo. Quando i cristiani non vivono la carit, la cena del Signore non una vera cena, dice Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, non pi la cena del Signore perch non c' pi la trasformazione dell'esistenza, diventata un rito che non pi cristiano (cf. 1Cor 11,20-21). L'apostolo, certamente, incoraggia a pregare, a cantare inni spirituali; per questo un mezzo per il culto cristiano, non ne la sostanza. Il culto cristiano trasformazione dell'esistenza per mezzo della carit di Cristo. La carit ha due dimensioni inseparabili: l'amore di Dio e l'amore del prossimo; e queste due dimensioni appaiono nel sacrificio di Cristo, misericordioso e obbediente, e devono essere similmente presenti nelle offerte dei cristiani. L'offerta di Cristo stata definita come obbedienza filiale, adesione alla volont di Dio: Eccomi, vengo o Dio per fare la tua volont. Lo stesso sacrificio personale va richiesto a tutti i cristiani. Nella Lettera agli Ebrei la stessa espressione fare la volont di Dio viene adoperata per Cristo da una parte (cf. 10,4-10) e per i cristiani dall'altra (cf. 10,36; 13,21).
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D'altra parte, il sacrificio di Cristo fu allo stesso tempo atto di misericordia, di carit sconfinata per gli uomini. I sacrifici dei cristiani debbono similmente consistere in una vita di carit. Non scordatevi scrive l'autore della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri (la koinonia) perch di tali sacrifici il Signore si compiace (Eb 13,16). Nei versetti precedenti l'autore ha rigettato l'antico concetto del culto che dava un'importanza fondamentale alle osservanze esterne, in particolare alle osservanze alimentari. Adesso non pi possibile, per un cristiano, concepire la religione come un insieme di pratiche esteriori, di gesti convenzionali che vengono aggiunti alla vita ordinaria. Adesso la religione si deve stabilire nell'esistenza stessa, come Cristo che ha preso nella sua oblazione la sua esistenza, la sua vita e l'ha trasformata, mediante la preghiera, in un'offerta presentata a Dio nell'amore. Similmente, i cristiani devono prendere la loro esistenza e trasformarla mediante la preghiera che ottiene la carit necessaria. San Pietro invita cos i cristiani a offrire sacrifici spirituali in un contesto dove si tratta di lotta contro ogni cattiveria e di condotta buona. I sacrifici cristiani sono allo stesso tempo spirituali e reali: spirituali non vuol dire mentali, ma significa un'esistenza condotta nella docilit allo Spirito Santo e quindi un'esistenza reale, trasformata grazie alla docilit allo Spirito Santo. Si tratta di assumere, secondo l'ispirazione dello Spirito di Dio, tutte le responsabilit concrete, personali, familiari, sociali, nazionali e internazionali, in maniera da ottenere una comunione sempre pi larga e profonda con Dio e tra gli uomini. L'importante parola sacerdozio non appare in san Paolo e non appare nemmeno nella Lettera agli Ebrei per la vita cristiana. Viene adoperato il vocabolario sacrificale, ma non il vocabolario sacerdotale. Ci sono alcuni testi invece, specialmente un testo della prima Lettera di Pietro, e poi alcuni testi brevi dell'Apocalisse, che riprendono il vocabolario sacerdotale. Questi testi si rifanno a una promessa espressa nel libro dell'Esodo, dove Dio dice al popolo di Israele: Se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza voi sarete per me un regno di sacerdoti (Es 19,5-6). L'Apocalisse ha tradotto direttamente dall'ebraico questa espressione in alcuni testi che la mettono in rapporto con il sangue di Cristo, ma non ne spiega il senso (cf. Ap 1,6; 5,10). Invece la prima Lettera di Pietro, in un testo splendido, spiega tutto il significato del sacerdozio della chiesa: Stringendovi a lui il Signore pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Ges Cristo (1Pt 2,4-5). Questo testo dapprima ci rammenta il sacrificio reale ed esistenziale di Cristo, rigettato dagli uomini e glorificato da Dio; esprime poi la vocazione cristiana a fare offerte dello stesso genere, cio non materiali ma spirituali, e l troviamo l'affermazione del sacerdozio comune. Al sacerdozio di Cristo corrisponde, quindi, il sacerdozio di tutti i cristiani nell'esistenza stessa, invitati ad accostarsi a Dio con la trasformazione in offerta spirituale, nella carit, di tutte le circostanze della vita.
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A. VANHOYE, IL sacerdozio della nuova alleanza, pp. 57-59. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, costituzione dogmatica Lumen gentium sulla chiesa, 21.11.1964, n. 10, in Enchiridion Vaticanum, I, EDB, Bologna 198513, 141s. Cf. GIOVANNI PAOLO II, esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 30.12.1988, n. 22, in Enchridion Vaticanum, XI, EDB, Bologna 1991, 1081s.
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Pertanto l'elemento specifico della mediazione nel senso forte proprio esclusivo privilegio, se posso dire, di Cristo. Il sacerdozio ministeriale rende presente questa mediazione di Cristo e quindi indispensabile. Ma, d'altra parte, il sacerdozio ministeriale in quanto tale meno realmente sacerdotale del sacerdozio comune perch soltanto sacramentale, cio segno di un'altra realt. Il sacerdozio comune invece offerta reale dell'esistenza a Dio, nella docilit concreta; non si tratta dello stesso aspetto del sacerdozio. Il sacerdozio comune offerta reale, il sacerdozio ministeriale mediazione sacramentale. Questa diversit di rapporti condizione concreta di una comunione organica e pi profonda.