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SAGGIO SPANDRI: Stendhal.

Stile e dialogismo
1. Il Naturel
Termine che unifica sotto una facile etichetta il proteiforme Testo stendhaliano.
Questo termine allude, innanzitutto, ad un certo modo di intendere la forma dell’espressione:
prediligere l’espressività enunciativa, praticare un uso privato delle convenzioni linguistiche,
recuperare senza difficoltà la forma.
Ha una sua retorica: l’arte nasce dalla rinuncia dell’arte -> il non rispetto della logica, la violazione
della grammatica diventano i segni propri del talento artistico.
Legato a questa retorica esiste il rischio della banalizzazione: si comincia con l’ammirare una
scrittura semplice, si finisce per ricondurre tale scrittura a un dispositivo retorico rovesciato,
convenzionale.
2. Dire la sensazione
Per Stendhal fondamentale è cogliere con la scrittura la verità del cuore.
L’esperienza dello scrittore-viaggiatore deve lasciarsi leggere come una «raccolta di sensazioni» ->
la lettera (narrazione) non riesce a soddisfare questa necessità e, quindi, Stendhal interviene
utilizzando il silenzio: strategia discorsiva che permette di esprimere una sensazione senza l’utilizzo
di parole concrete.
3. Lo Stile nobile
La pagina non trattiene affatto o trattiene appena la sensazione e questo spiega l’avversità di
Stendhal per lo stile nobile: utilizzato maggiormente dagli autori che cercano le “esagerazioni”.
Le esagerazioni hanno, però, un collegamento con la società che, essendo in via di
democratizzazione, tende a promuovere una lettura facile, suscettibile di offrire delle bellezze
immediate.
Quello che chiedeva il mercato sono forti emozioni e messaggi d’impatto e, lo scrittore, dovendo
soddisfare il pubblico, tende ad abusare lo stile.
Ma Stendhal rifiuta tale ragionamento, non accetta l’usurpazione del vero ad opera del bello. ->
disprezza un linguaggio semplice e ricerca un linguaggio enfatico
Il neologismo capta l’attenzione fluttuante del lettore ma rende più sfocati i contorni dell’idea -> fa
brillare lo stile ma cancella il sentimento. Stabilisce una comunicazione illusoria e legittima il
linguaggio autoreferenziale.
Per Stendhal è decisivo l’uso del termine appropriato «mot propre»: la sua qualità fondamentale è
quella di rendere dialogico il linguaggio -> offrire al lettore qualcosa di nitido.
4. Rifondare lo stile
Stendhal è propenso ad utilizzare lo stile nobile per ridondare lo stile ma, in contrasto, vi è l’idea
millenaria di una tradizione letteraria.
Il poeta è colui che non bada allo stile e che rimanendo sé stesso scrive come mosso da un demone.
Mosso da questa definizione, Stendhal ricollega la sua mancanza di stile ad un’incontestabile
originalità creativa.
Stendhal rimane fedele alla tradizione del naturel da un lato per sfuggire all’impennata democratica,
dall’altro per «impugnare» a proprio vantaggio gli effetti della democratizzazione (involuzione
spirituale della società, dissolvimento della forma).
A suo giudizio, solo smascherando le pretese della forma, la letteratura potrà tenersi ancorata
all’esperienza e alla storia degli uomini. Infatti, lo scrittore che non si preoccupa di impreziosire il
proprio linguaggio ottiene con il minimo sforzo una massima resa.
L’economicità verbale è in Stendhal rivoluzionaria perché lo scrittore, non utilizzando termini
eccessivi, ma utilizzando la frase netta, fraternizza con il lettore perché il suo linguaggio non brucia
l’esperienza.
Tutta l’estetica stendhaliana mette in primo piano la riflessione sulle nuove condizioni storiche
d’insorgenza e di comunicabilità dell’emozione, ponendo l’accento sulla figura del destinatario.
5. Stile ed esperienza
Rifiutando lo stile nobile, lo scrittore tiene fede ad un duplice impegno: nei confronti
dell’esperienza individuale che vuole trasmettere e nei confronti del lettore.
Le parole dello scrittore e l’emozione del lettore dovrebbero corrispondersi punto per punto. In ciò
risiede il miracolo stendhaliano della trasparenza stilistica.
In Stendhal l’adeguamento perfetto tra espressione ed esperienza si verifica solo nel caso del
linguaggio in codice e del silenzio -> ciò mostra come per mettere un’esperienza sulla pagina o
bisogna creare una scrittura cifrata oppure smettere di scrivere.
Tra questi due poli estremi esiste, però, uno stile che faccia tutt’uno con l’esperienza e la storia
degli uomini. -> la storia diventa l’epifania dell’esperienza individuale.
Per Stendhal, quindi, pensare e sentire, sono il fine più alto a cui l’uomo possa aspirare. Le parole
sono al servizio del pensiero e del sentimento dell’uomo.
L’ideale stendhaliano della semplicità della forma confluisce nell’idea di uno stile che non sia solo
ornamento ma, che sia consustanziale all’esperienza.
6. Il dialogo nell’era del sospetto
È stato osservato che sarebbe possibile concepire un romanzo privo di dialoghi. Ma vi sono anche
universi narrativi dove la parola dei personaggi è così decisiva da confondersi con il romanzo
stesso. Questa fusione di dialogo e romanzo è al centro dell’immaginario narrativo di Stendhal per il
quale dar voce alla parola dei personaggi equivale a liberare lo scrittore dal pericolo di parlare di sé.
6.1 Il dialogo drammatico
Tra le varie caratteristiche per cui il romanzo è predisposto, Stendhal favorisce quella drammatica:
intende il dialogo secondo il punto di vista della poetica teatrale. I personaggi devono esprimersi
secondo il loro carattere e secondo le passioni che li animano; l’autore non deve prendere il loro
posto e imporre le proprie idee.
Finalità del dialogo drammatico è quella di introdurre una pausa nel racconto destinata a modificare
la posizione del personaggio.
Molti critici si sono soffermati sul carattere non filosofico della narrazione stendhaliana, la cui
particolarità risiede nell’essere veloce.
6.2 Dialogo e mimesi
Stendhal, a differenza di Flaubert, fa molto più volentieri ricorso al monologo in stile diretto che al
dialogo.
Flaubert ricorre al dialogo anche se controvoglia ma è l’unico mezzo che gli permette di descrivere
al meglio la mediocrità. Secondo lui, raccontare in modo verosimile è un problema che non può
essere risolto ricorrendo alla parola dei personaggi. Per Stendhal, invece, la parola dei personaggi
non serve da riempimento ma agisce, spiega, crea effetti testuali. Le conversazioni occupano
(virtualmente) i momenti forti dell’azione romanzesca.
Flaubert vorrebbe eliminare la parola dei personaggi mentre Stendhal sembra privilegiare il dialogo
perché veicola l’illusione di un racconto autentico, prossimo al sentimento.
7. Far tacere l’autore
Stendhal non persegue l’ideale di una imitazione perfetta, esprime il desiderio di abolire l’istanza
autoriale del «dire» nei confronti della quale avverte un disagio incurabile. Il fatto è che l’autore,
«dicendo» molto, non «dà» niente.
La parola dialogata, invece, dà molto perché non dice nulla che sia rapportabile all’autore. Il
dialogo impedisce che a un autore abusivo corrisponda un lettore abusato.
Quando Stendhal suggerisce che far parlare i personaggi è un modo per far tacere l’autore, i termini
“autore” e “personaggio” vanno intesi nel loro valore oppositivo. Il punto essenziale è, non
riconoscere quale modo da raccontare debba essere condannato o assolto, ma riconoscere la
tensione esistente tra la parola dialogata e la parola autoriale.
Stendhal è persuaso che il dialogo sia efficace anche sul piano estetico dato l’apparente silenzio che
la parola dialogata impone alla voce autoriale. Qui prende corpo il paradosso dell’egotista: sembra
che, grazie a questo finto silenzio imposto all’autore, il discorso cessi di essere discorso e si
converta in cosa -> facendo parlare i personaggi, non si ha più l’impressione di una sfera imitativa
ma di un’arte totalmente vera.

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