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Corso di Laurea

in Conservazione e gestione dei beni


e delle attività culturali

Tesi di Laurea

Maschera fra le maschere:


I Pulcinella di Giandomenico Tiepolo nella società
veneziana alla fine del Settecento

Relatore
Ch. Prof. Giulio Zavatta

Laureanda
Maddalena Carraro
868125

Anno Accademico
2019 / 2020
A chiunque sappia vederli, che tutta la vita,

dal principio alla fine, è una comica assurdità.

A. Mariuz
INDICE

1. Ringraziamenti ................................................................................................... 1

2. Introduzione ........................................................................................................ 3

3. Pulcinella: Giù la maschera ............................................................................... 5

3.1 Sulle origini di Pulcinella ................................................................................................ 5

3.2 Pulcinella e il doppio ..................................................................................................... 10

3.3 Il cieco universo di bisogni .......................................................................................... 15

3.4 Pulcinella: il bene e il male .......................................................................................... 18

4. Il Contesto: “La libertà quasi infinita di un’arte che affronta la propria

fine”.................................................................................................................... 25

4.1 Il rapporto col padre: una “vera copia dell’originale”? ........................................ 25

4.2 La società dei signori nobili e ricchi e l’avvento dei professori intendenti:
cenni sociali e politici della Venezia di fine Settecento............................................ 31

4.3 La “ricerca del tempo perduto” e la “scoperta del tempo ritrovato”: dietro la
scelta di Giandomenico Tiepolo ...................................................................................... 38

5. Giandomenico Tiepolo ..................................................................................... 47

5.1 Gli affreschi di villa Tiepolo a Zianigo ..................................................................... 47

5.2 Il Divertimento per li regazzi: un testamento artistico.......................................... 53

5.3 L’enigma della sequenza narrativa ............................................................................. 62

6. Appendice: nell’archivio e fototeca Antonio Morassi ................................... 71

7. Conclusioni ........................................................................................................ 77

8. Indice Delle Figure ........................................................................................... 79

9. Bibliografia ...................................................................................................... 107


1. RINGRAZIAMENTI

Prima di iniziare la trattazione, mi sembra doveroso riservare questo spazio a chi,


in questo mio percorso di crescita individuale e professionale mi è stato accanto,
supportandomi e guidandomi.

In primo luogo, ringrazio il mio relatore, Giulio Zavatta, il quale coi suoi consigli
mi ha guidato prontamente e con sicurezza in ogni pagina del mio elaborato. Lo
ringrazio infinitamente per la sua disponibilità.

Ringrazio Barbara Lunazzi, per il suo prezioso aiuto prestatomi durante la ricerca
nell’archivio e fototeca Antonio Morassi.

Un sentito grazie va anche alla mia famiglia, per non aver mai smesso di credere
in me e investire nelle mie passioni. Grazie per aver riposto in me la vostra fiducia.
In particolar modo mia madre, per essere stata la mia prima insegnante e, in questi
anni di università, la mia prima alunna, per aver ascoltato pazientemente e con
interesse le mie preparazioni agli esami.

Un ringraziamento speciale va a Luca, per aiutarmi sempre a vedere i lati positivi


di ogni situazione e per aver condiviso con me gioie e preoccupazioni, sempre, con
pazienza e amore.

Infine, ringrazio mia nonna e i suoi infiniti racconti, per avermi trasmesso la sua
curiosità e l’interesse per la cultura popolare e senza la quale questa tesi non
avrebbe motivo di esistere.

1
2
2. INTRODUZIONE

A partire dagli anni Sessanta del Settecento, Giandomenico Tiepolo si dedicò, a


più riprese, alla decorazione della sua proprietà di famiglia, la villa di Zianigo.
Nell'intimità di quel luogo, senza una committenza a imporgli un soggetto, lasciò
scorrere libera la propria fantasia, dipingendo satiri e centauri, scene mitologiche
e scene di vita nobiliare contemporanea, fino alla comparsa dei Pulcinella. Questi
irrompono sulle pareti della villa impetuosi, per non abbandonare più
Giandomenico fino ai suoi ultimi giorni di vita. Infatti, Pulcinella ritornerà anche
nella sua opera Divertimento per li regazzi, una raccolta di disegni con la sgraziata
maschera come protagonista. Questa tesi vuole andare a indagare sulle ragioni che
hanno portato Giandomenico Tiepolo a scegliere proprio la maschera di Pulcinella
fra tutte le altre. Saranno approfondite dunque motivazioni di tipo politico,
chiarendo il grado di coinvolgimento dell’artista negli accadimenti storici di
Venezia, ma anche di tipo sociale, in quanto Pulcinella fa la sua comparsa
nell'opera dell’artista in un momento in cui la nobiltà affrontava il proprio declino,
per lasciare spazio alla borghesia. Anche dal punto di vista artistico Pulcinella si
colloca in un periodo in cui lo stile rococò, prediletto da Giandomenico e suo
padre, non era più acclamato dal pubblico, in quanto il neoclassicismo si stava già
affacciando sul mondo dell’arte.

3
4
3. PULCINELLA: GIÙ LA MASCHERA

«Pulcinella confidò a Voltaire che da quando era sorta l’Encyclopédie egli


languiva, perché si era spento il riso. […] Per quel redattore, Polichinelle era in
tutto una sorta di buffone, gibboso, contraffatto, imbecille, adoperato nelle farse,
il cui avversario è detto compare»1

Come si poteva in poche stentate righe catturare l’essenza di Pulcinella?

3.1 Sulle origini di Pulcinella


Esistono moltissime versioni a proposito della nascita e delle origini di
Pulcinella. Secondo il racconto del XVIII secolo attribuito all’abate Galiani2, una
compagnia di commedianti itinerante si ritrovò a dover passare per la campagna
acerrana, dove dei vendemmiatori erano soliti canzonare i passanti. L’allegra
combriccola decise di prendere di mira gli attori, i quali stettero allo scherzo,
incontrando però qualche difficoltà nel tenere testa a uno dei vendemmiatori in
particolare: Puccio d’Aniello. Aveva un aspetto peculiare: il suo viso era inscurito
e segnato dal lavoro sotto al sole e il suo volto era contraddistinto da un naso
piuttosto importante. Era assai scaltro, e arguto nei giochi di parole, tant’è che con
i suoi sproloqui estenuò la compagnia, lasciandola senza possibilità di ribattere e
vincendo così il duello di scherni. Impressionati dalle sue abilità, gli chiesero di
unirsi al loro gruppo teatrale. Sin da subito il suo personaggio riscosse un successo
così clamoroso che quando morì dovettero cercare un sostituto simile sia nei modi
che nell’aspetto, in quanto il pubblico lo reclamava. In questo modo, col passare

1
R. De Maio, Pulcinella e l’illuminismo in Pulcinella: una maschera tra gli specchi, Atti del convegno
Pulcinella tra immaginazione e rappresentazione (Napoli, 1-3 febbraio 1989), a cura di F. C. Greco,
Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1990, p. 221.
2
F. Galiani, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano che piu si scostano dal dialetto toscano: con
alcune ricerche etimologiche sulle medesime degli Accademici filopatridi: opera postuma supplita, ed
accresciuta notabilmente, Napoli, Giuseppe-Maria Porcelli, 1789; cfr. D. Scafoglio, L. M. Lombardi
Satriani, Pulcinella, Milano, Leonardo Editore, 1992, p. 10.
5
del tempo si fissarono così dei canoni e nacque la maschera e il personaggio di
Pulcinella.

Questa storia contiene per certo elementi sia d’invenzione che reali, fra questi,
sicuramente d’inventato c’è il nome: Puccio d’Aniello, in quanto non si possiedono
prove che sia realmente esistito e non ci sono evidenze che lo colleghino a
Pulcinella3. D’altro canto, ci sono anche degli elementi realistici, come il fatto che
la maschera sia nata nel XVII secolo. Secondo il testo Frutti delle moderne
commedie, et auisi a chi le recita di Pier Maria Cecchini del 16284, la maschera di
Pulcinella fu infatti introdotta nel teatro da Silvio Fiorillo, celebre per la sua
interpretazione del capitan Matamoros: «Inventor di questa stragofissima parte fu
il Capitan Mattamoros, uomo in altri comici rispetti di una isquisita bontà»5.
Tuttavia, è da chiarire cosa intenda Cecchini con questa affermazione: se Fiorillo
abbia effettivamente introdotto la maschera e il personaggio in toto o se l’abbia
sottratta a una tradizione popolare, inserendola nei suoi spettacoli e rendendola in
questo modo celebre. La larga diffusione della figura di Pulcinella negli anni
contemporanei a Fiorillo, ci suggerisce che era improbabile che fosse una
maschera appena nata6. Piuttosto è grazie a Fiorillo se la maschera ha assunto
popolarità, rendendole la giusta attenzione, mentre prima era passata inosservata.
Per quanto riguarda invece la discussione riguardo le origini romane antiche della
maschera, mi affianco alla posizione di Benedetto Croce: «Non si sa nulla circa
l’efficacia della commedia popolare romana sulla moderna commedia romana; ma
quel che per avventura se ne potesse conoscere, gioverebbe a illustrare solamente
particolari secondari»7. Un altro elemento realistico è costituito dai rituali d’insulto
buffoneschi, i quali erano una pratica contadina molto diffusa e venivano

3
D. Scafoglio, L.M. Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 11.
4
P. M. Cecchini, Frutti delle moderne comedie, et auisi a chi le recita, Padova, Guaresco Guareschi al
Pozzo dipinto, 1628, cfr. B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza & Figli, 1962
(ed. or. 1911), p. 199.
5
Ibid.
6
B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, cit., p. 209.
7
Ivi, p. 219.
6
condannati dal mondo ecclesiastico8. È probabile che siano serviti da spunto per
alcuni tratti della personalità di Pulcinella.

Riguardo al luogo, ossia la campagna acerrana, invece esistono tesi


contrastanti9. Quella principale presenta due posizioni: che Pulcinella sia nato in
campagna per parodiare gli abitanti della città; che Pulcinella sia nato in città per
parodiare gli abitanti della campagna. Tutta una prima produzione concorda sulle
origini contadine di Pulcinella. Nella commedia di Silvio Fiorillo La Lucilla
costante10, Pulcinella dice di essere nato a Ponteselice, nell’ Escharistumerotos
overo i contenti d’amore11 del 1639 lo si relega ad Acerra e anche a Venezia
compare un Pulcinella acerrano. Tuttavia, sarebbe incorretto affermare con
certezza che l’interprete o ideatore di Pulcinella fosse effettivamente un
campagnolo e che dai suoi tratti derivi la maschera, come si sarebbe inclini a fare,
per via della tendenza a confondere, in un’unica persona, ideatore, attore e
maschera.

Che la maschera sia nata in città o campagna, ciò che è interessante notare è che
nel mito si produca una contaminazione: la città ingloba la campagna e la
campagna, entrandovi, deve mantenere la propria identità anche in città. Rimane
quindi da chiedersi come mai è universalmente noto che il personaggio di
Pulcinella, in ogni versione conosciuta, nasca in campagna.

Far nascere Pulcinella fuori dalla città non è solo un modo per spiegare alcune
sue caratteristiche fisiche e comportamentali. Infatti, si diceva che la campagna
fosse un luogo «dove gli uomini sono panciuti e pallidi, e parlono fioco e nel
naso»12, spiegando così la voce stridula e nasale di Pulcinella, ma anche la sua

8
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella cit., p. 8.
9
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella cit., p. 13-14.
10
Pulcinella si presenta in questo modo: «Io gran nobele e illustrissimo Policinella de Gamaro de Tamaro
coccumaro de Napole, nasciuto a Pontaselece, figlio de Marco Sfila e Madama Sbrignapresto»
S. Fiorillo, La Lucilla costante, in Commedie dei comici dell’Arte, a cura di L. Falavolti, Torino, UTET (ed.
or. Milano, G.B. Malatesta, 1632); cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 12.
11
In questo caso Pulcinella si presenta come: «Policinella Pulcinielli de civitate Cierra», C. Tiberi,
Escharistumerotos overo i contenti d’amore, Roma, Landini, 1639; cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani,
Pulcinella, cit., p. 12.
12
G.B. Doni, Trattato della musica scenica, in Lyra barberina. De' trattati di musica, a cura di A. F. Gori,
Firenze, Stamperia reale, 1763; cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 14.
7
grossa pancia. Inoltre, un altro detto popolare recitava: «lontan da città, lontan da
sanità»13 e mette in evidenza il fatto che fosse visto come un posto dove non solo
proliferavano malattie e deformità, ma anche corruzioni morali: un luogo dove
l’uomo era libero di agire secondo i propri istinti più bassi.

Tuttavia, la nascita contadina di Pulcinella rappresenta anche un’esigenza.


Questa maschera apparentemente si fa portatrice di idee e valori fuori dagli schemi
e da ogni convenzione, inverte ogni codice sociale e sembra esser modellata sul
negativo dell’uomo comune. Procedendo con un’analisi più profonda, è possibile
notare al contrario che possiede molti tratti in comune con esso. Pulcinella infatti
agisce secondo i propri desideri, che sono del tutto uguali a quelli dello spettatore,
il quale può sperimentare una sorta di libertà attraverso lo spettacolo, assistendo a
cosa accadrebbe se potesse seguire anche lui il proprio istinto14. In questo processo
è determinante il fatto che Pulcinella venga tenuto in qualche modo separato dalla
città o che si crei in altri modi una distanza fra le due dimensioni: è una tecnica di
difesa, altrimenti si creerebbe confusione fra il personaggio e lo spettatore, mentre
invece questo deve sentirsi attratto, ma anche disgustato da esso. Questo può venire
ulteriormente accentuato dalla ridicolizzazione ed esagerazione dei suoi tratti
fisici: più appare diverso e lontano, meglio funziona. È «un amore che deve essere
negato, un’attrazione che deve essere contraddetta, uno slancio che deve
mascherarsi in moto di disgusto».15

Perciò è possibile affermare che non sia nato in campagna perché il suo ideatore
proveniva da lì e per quel motivo ne abbia assunto i tratti, ma che le sue origini
sono una conseguenza necessaria della sua caratterizzazione. Effettivamente
quest’ipotesi è avvalorata anche dal fatto che all’inizio, non c’è un luogo preciso
univoco dove nasce Pulcinella, ma nei testi si trovano diverse località campestri
come Ponteselice16, Giffoni17, Acerra18. Col passare del tempo si concorderà sulle

13
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella cit., p. 14.
14
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella cit., p. 303.
15
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro in Pulcinella: una maschera tra gli specchi, cit., p. 39.
16
Fiorillo, La Lucilla costante, cit.
17
Doni, Trattato della musica scenica, cit.
18
Tiberi, Escharistumerotos overo i contenti d’amore, cit.
8
sue origini acerrane, nonostante non ci sia nulla che lo leghi necessariamente a
quella terra. Rimane dunque da chiedersi come mai proprio Acerra fra le diverse
possibilità. Esistono diverse teorie: la prima vuole che Pulcinella sia discendente
dell’antica figura di Maccus e siccome quest’ultimo era protagonista delle Atellane
e Atella si trovava molto vicino ad Acerra, si sarebbe scelto quello come luogo19.
I nomi delle due città suonano molto simili e si pensava un tempo che la due città
corrispondessero. Una seconda teoria si basa sul fatto che si tendeva ad attribuire
malattie e deformità a luoghi malsani come le paludi e Acerra in quel senso godeva
di una pessima reputazione20. L’ultima21 invece vede Acerra come l’unica città che
potesse soddisfare le esigenze di distanziamento sopra illustrate: era vicina ma allo
stesso tempo lontana da Napoli, una «diversità comunque accarezzata»22.

Pulcinella è dunque un’incarnazione del diverso, culturale, geografico e sociale,


in ogni commedia, a seconda del contesto, rappresenta l’altro: se il pubblico è
aristocratico, reciterà la parte del plebeo e se cittadino, del provinciale. Racchiude
così in sé sempre due dimensioni, le quali non si negano a vicenda, ma coesistono.
È interessante in questo senso notare come nel teatro si produca una sorta di campo
di prova per integrarle. Per il pubblico costituisce una simulazione per affrontare
la diversità attraverso il teatro prima che nella vita reale.

In particolare, il diverso in Pulcinella si manifesta sottoforma dei desideri


repressi, tutto ciò che non era consono alla società dell’epoca, il rimosso. È però
un’apertura verso i propri lati più oscuri controllata e graduale, nei limiti tollerabili
dalla società, motivo per cui viene distanziato e ridicolizzato.

19
Luigi Riccoboni, alla luce della scoperta di una statuetta di bronzo di epoca romana raffigurante
Maccus, scrisse: «La découverte de cette petite statuë est encore plus heureuse pour moi, parce que
non seulement nous avons pour l’habit du Polichinelle le masque & les deux bosses devant & derriere;
mais les auteurs qui nous ont conservés le nom de Maccus de l’ancienne langue Osque, qui veut dire
Polichinelle en langue Italienne, nous sont voir que ce nom de Polichinelle n’est point moderne, & que
ce personage en conservant sa figure presque semblable en tout à l’ancienne, en a conservé le nom
aussi.»
L.L. Riccoboni, Histoire du théâtre italien, Parigi, P. de Lormel, 1728, cfr. V. Sears Goldman, “The most
beautiful Punchinelli in the world”: a comprehensive study of the Punchinello drawings of Giovanni
Battista Tiepolo, tesi di dottorato, Princeton University, aa. 2012/2013, p. 57.
20
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 19.
21
Ibid.
22
Ibid.

9
Venendo da fuori città, Pulcinella gode inoltre del privilegio dell’outsider: può
interloquire con qualsiasi figura sociale senza distinzione di classe e dire ciò che
gli passa per la testa senza filtri. Avanza dubbi, mette in discussione canoni
prestabiliti, è spregiudicato e testardo. Tutto ciò attraverso il linguaggio
pulcinellesco: un chiacchiericcio confuso, fraintendimenti, risate, equivoci e deliri.

3.2 Pulcinella e il doppio


«Questo gustosissimo uomo ha introdotto una disciplinata goffaggine, la quale,
al suo apparire, conviene che la malinconia se ne fugga od almeno si concentri e
stia relegata per lungo spazio di tempo. Dissi disciplinata goffaggine, poscia ch'egli
fa un assiduissimo studio per passare i termini naturali e mostrar un goffo poco
discosto da un pazzo e un pazzo che di soverchio vuol accostare un savio»23

Questa definizione di Pier Maria Cecchini, costruita per ossimori, rende


trasparente una delle caratteristiche più enigmatiche di Pulcinella: la sua
ambivalenza.

Non è un caso se il costume di Pulcinella sia bianco e nero, in quanto la sua


essenza è lacerata in due. Nelle religioni mediterranee, il bianco è il colore
associato al mondo dei morti, mentre il nero è quello associato ai vivi. Quindi
Pulcinella rappresenterebbe un’entità di mezzo, un mediatore fra la vita e la
morte24. Questa dualità verrà ulteriormente accentuata dal cristianesimo con
diverse connotazioni (il primo associato alla luce e alla salvezza e il secondo alle
tenebre e al male) e spesso si è dibattuto a quale di queste due dimensioni possa
Pulcinella appartenere. Sarebbe scorretto vedere in lui il bianco e il nero come
separati, perché si presenta sempre come bianco e nero e vanno quindi considerati
assieme. Non prende mai una posizione definita, ma tende ad opporsi e a mettere
in discussione sempre tutto e ciò si riflette anche nella sua mimica, come l’azione

23
Cecchini, Frutti delle moderne comedie, et auisi a chi le recita, cit.
24
Di Bello, Bianco e nero, doppiezza di una maschera dimezzata, in Pulcinella: una maschera tra gli
specchi, cit., p. 235.
10
del ciondolare il capo. Nel suo universo non sono contemplati valori positivi o
negativi, ma solo bisogni25.

Motivo per cui nelle commedie incarna diverse coppie di opposti senza mai
risultare contraddittorio, è un equilibrio dinamico, composto da spinte e
compensazioni, rendendole allo stesso tempo complementari, come se tutte le
contraddizioni si ricomponessero in lui in un’unità26. Rappresenta l’imbroglione e
l’imbrogliato, la vittima e il carnefice.

Una delle sue caratteristiche principali, ossia la stolidezza27, è esemplare di


quest’aspetto. Infatti, viene spesso ritratto come lo sciocco. È dunque vittima della
propria maldestrezza, ma egli stesso è anche carnefice, creando confusioni,
imprevisti ed equivoci, mettendo così in difficoltà le persone che incontra nel suo
cammino. Ci sono diverse forze quindi che si contrappongono e controbilanciano,
mostrando i due lati della stessa medaglia. Pulcinella appare sia come il briccone
vincente, sia come lo stolto premiato. Entrambi i casi comunque riflettono
l’immagine di una società deformata, con basi morali poco solide dove non è
chiaro da che parte sia opportuno schierarsi28. È una figura che porta a porsi
domande sulla propria costruzione della realtà.

Allo stesso tempo la sua sciocchezza lo porta a essere spudoratamente sincero,


poiché non riconosce le convenzioni e i codici sociali del linguaggio, risultando
totalmente estraneo a essi29. Questa sua goffaggine stravolge le fondamenta
lessicali del discorso e porta alla luce le incongruenze e i non sensi. In questo modo
si rivela un’arma a doppio taglio, svelando il suo aspetto più arguto e sagace e
mettendo in serie difficoltà il proprio interlocutore. In alcune rappresentazioni

25
Ibid.
26
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella cit., p. 110, anche se mi sembra doveroso riportare il parere di
S. di Bello, secondo cui in Pulcinella non vi è dialettica e in lui non si avrà mai una ricomposizione, Di
Bello, Bianco e nero, doppiezza di una maschera dimezzata, cit., p. 241.
27
Ben illustrata in diverse commedie come quella di G.C. Monti, Il servo finto con Pulcinella overo Grilo
servo di Silvio, Viterbo, 1634, nella quale, alla domanda della padrona Celidora di portarle un
“bocconcino per sigillare lo stomaco”, le porta della cera di Spagna comprata dal cartolaio. Oppure in E.
del Cerro, Lazzi inediti della Commedia dell’Arte, «Rivista d’Italia», 1914, pp. 589-599, Pulcinella,
incaricato di “far prendere aria al grano”, lo dissemina sul campo, ma una volta accortosi che le galline lo
avevano mangiato tutto, le sventra per poterlo recuperare.
28
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 46.
29
Ibid.
11
infatti la sua doppiezza si fa sostanziale, sdoppiandosi in due fratelli: uno sciocco
e uno intelligente30. Nel suo agire è proprio la stolidezza che gli permette di essere
costantemente giustificato, provocando reazioni di compassione.

Abbatte i confini che separano uomo e animale, uomo e donna, uomo e diavolo.
Ogni codice viene in lui rimescolato, e capovolto: infatti non a caso è uno dei
simboli per eccellenza del carnevale, perché questo costituisce il momento in cui i
confini fra giusto sbagliato, mortale e immortale, maschile e femminile sono
sfumati. Pulcinella non solo è un «azzeratore di codici»31, ma anche un rivelatore
di codici nascosti.

Oltre allo sdoppiamento nei due fratelli sopracitato, allo stesso modo, viene
spesso accompagnato da una figura femminile: la Pulcinellessa. Mentre nei disegni
di Giandomenico Tiepolo la Pulcinellessa viene ritratta, a differenza della sua
controparte, come una figura bilanciata, femminile e armoniosa; nella tradizione
come maschera è pressoché identica a Pulcinella e si differenzia solo per i
pantaloni più corti e un’ampia scollatura. Apparivano tanto simili da confondere
lo stesso Pulcinella. Nella commedia L’Ernelinda ovvero l’amore trionfante
dell’odio scritta da Giovanni Domenico Pioli32 si racconta che Eumene volesse
ritrarre la Pulcinellessa, ma che per scherzo abbia fatto credere a Pulcinella che si
trattasse del suo ritratto e in effetti, alla fine, riconosce sé stesso nel dipinto. Come
altri personaggi ermafroditi della mitologia classica, nasce da un uovo e può
concepire e allattare, ma possiede anche un lato misogino. Come in ogni coppia di
opposti in cui Pulcinella si ritrova, non può scegliere dove schierarsi, deve
prendere necessariamente le distanze da entrambi i poli. Sembra sempre
intrattenere una relazione antagonistica con l’altro e mira ad appropriarsene, del
suo ruolo e delle sue prerogative33. Porta ogni opposto al suo estremo, finendo per
ricongiungerlo all’altro34.

30
Ibid.
31
M. Niola, Il segreto di Pulcinella, in Pulcinella: una maschera tra gli specchi, cit., p. 51.
32
G. D. Pioli, L’Ernelinda ovvero l’amore trionfante dell’odio, Roma, Stamp. del Komarek, 1720; cfr.
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 221.
33
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 238.
34
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 45.
12
Nella commedia antica c’era un intermezzo fra primo e secondo tempo
denominato parabasi, che significa “camminare di lato, deviare, trasgredire” e
consisteva nel momento in cui il coro si calava la maschera e si rivolgeva al
pubblico. Come fa notare Giorgio Agamben35, Pulcinella è pura parabasi, non solo
perché spesso infrange la quarta parete, ma anche perché cerca sempre una
scorciatoia, una via di fuga dalla vicenda in cui sta per venire coinvolto, evitando
così di dover prendere una posizione. «Ubi fracassorium, ibi fuggitorium»36.

A evidenziare la sua condizione di “doppio” si aggiunge anche il fatto che


l’attore che interpreta Pulcinella, oltre a travestirsi da Pulcinella stesso, si vede
spesso costretto a indossare un doppio travestimento, in quanto il camuffamento è
una caratteristica tipica del personaggio. Un motivo ricorrente è il mascheramento
di Pulcinella-servo nel suo padrone, cosa che spesso accadeva nelle feste
carnevalesche. Ciò gli consentiva di capovolgere codici sociali e ruoli codificati,
mostrando non tanto la sua inadeguatezza, data dalle sue umili origini, al ruolo del
padrone, ma svelando le assurdità celate dietro a quel titolo37. Parallelamente
questo costituiva un’occasione per il padrone, il quale si travestiva da Pulcinella
per poter allentare i propri freni inibitori e seguire i propri istinti. Questa tendenza
di Pulcinella al mascheramento è stata considerata come una sorta di
metamorfosi38. In alcuni casi infrange la regola più importante della metamorfosi,
ossia la rigida separazione delle classi sociali e per questo viene punito e i suoi
piani risultano fallimentari.

Secondo Claude Lévi-Strauss39 la maschera non è costituita da ciò che


rappresenta ma da ciò che trasforma, da ciò che evoca. Pulcinella è apertamente in
contraddizione con l’essenza della maschera, la quale è immutabile e immobile
perché è evocato in diversissimi e infiniti modi40. Non è un personaggio preciso,

35
G. Agamben, Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, Roma, Nottetempo, 2016.
36
Ivi, p. 45.
37
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., pp. 42-43.
38
Ibid.
39
C.L. Strauss, La via delle maschere, Torino, Einaudi, 1985; cfr. Niola, Il segreto di Pulcinella, cit., p. 52.
40
«La particolarità di Pulcinella è di essere una maschera senza essere, per questo, carattere a ruolo
fisso: cosa contraddittoria perché la maschera dell’arte ha bene un ruolo su determinate tipo umano,
con tradizionale repertorio di lazzi: essa fa sempre la stessa parte, recita sempre sé stessa, dice in ogni
commedia le medesime cose», A. G. Bragaglia, Pulcinella, Roma, G. Casini, 1953, pp. 109-110.
13
ma una collezione di personaggi41 e non può togliersi la maschera perché dietro
non c’è nulla. Dietro nasconde il vuoto della rappresentazione proprio perché non
si definisce mai in nessuna coppia di opposti, ma può incarnarli tutti, e la maschera
assume il compito di nascondere quel vuoto che essa stessa genera42.

Tuttavia, è anche da considerare la posizione di Stelio di Bello 43, il quale fa


notare che la maschera di Pulcinella non copre l’intero volto ma soltanto metà,
garantendogli quindi più mobilità mimica ed espressiva. Questa gli permette di
raddoppiare le sue possibilità di dialogo, nonostante rimanga sempre sospeso a
metà fra fissità e mutevolezza. Effettivamente il fatto che metà del suo volto sia
scoperto, suggerisce cosa si nasconda dietro: non il vuoto sopracitato, ma un
uomo44, con il proprio pensiero e il proprio punto di vista. Inoltre, si può risalire al
volto realistico sotto la maschera, poiché la maschera non è altro che
l’accentuazione dei tratti reali di una persona45. Nel quadro di Ludovico Carracci,
una delle prime raffigurazioni di Pulcinella, la Vera effige di Paoluccio della Cerra
detto comunemente Pulcinella, infatti, la maschera è il volto intero46. Anche
Bernardo de Dominici descriverà Pulcinella come «ritratto particolare di un uomo
grossolano»47 perché conserverà sempre i tratti espressivamente caricati di un
uomo.

È un uomo comune, abitante della realtà e in quanto tale estremamente conscio


della natura del luogo in cui vive. Questa è nella sua essenza duale e ambivalente
e ogni giudizio deve essere formulato con questa consapevolezza. Pulcinella perciò
non ha l’urgenza di cercare certezze, e definire qualsiasi cosa perché sa che ogni

41
B. Croce, Pulcinella o il personaggio del napoletano in commedia, Roma, E. Loescher, 1899; cfr.
Agamben, Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, cit., p. 58.
42
Niola, Il segreto di Pulcinella, cit., p. 59.
43
Di Bello, Bianco e nero, doppiezza di una maschera dimezzata, cit., pp. 235-259.
44
«Pulcinella, invece, è mutevole come l’uomo», A. G. Bragaglia, Pulcinella, cit, pp. 109-110.
45
Ibid.
46
Sears Goldman, “The most beautiful Punchinelli in the world”: a comprehensive study of the
Punchinello drawings of Giovanni Battista Tiepolo, cit., pp. 80-81.
47
«che la vera fisionomia del Pulcinella non è già quella delle ordinarie maschere che si veggono per
Napoli in tempo di Carnevale con gran nasi, ma bensì il ritratto particolare di uom grossolano, che
fu dell'Acerra, Città otto miglia discosta da Napoli.», B. de Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti
napoletani, III, Napoli, 1742, p. 245.
14
situazione presenta due lati48. Ciò nonostante spesso può portare confusione tra il
pubblico perché può apparire come portatore di disvalori, ma questo non perché li
reputi veri, ma perché riconosce come complementari e compresenti le diverse
coppie di opposti49. Sono momenti surreali per il pubblico ma si può parlare di
sana e saggia follia, poiché apportano un momento di ponderazione su cosa si
consideri accettabile e cosa meno, portando lo spettatore a una riflessione sulle
proprie dualità. Pulcinella parla di una libertà differente50.

3.3 Il cieco universo di bisogni


Fisicamente, ogni parte di Pulcinella è sproporzionata e irregolare: porta
pantaloni troppo larghi per la sua figura, di una misura inadeguata, così come la
camicia, la quale è fermata da una cintura sotto la pancia, che viene messa in
risalto. Più che a rimandare a un contadino, il suo travestimento non si adatta a
nessun ruolo o classe, come se fosse completamente estraneo alla società51.
Piuttosto, sembrerebbe rimandare alle rappresentazioni della Follia, o dell’Inganno
come il Bagatto dei tarocchi del Mitelli52 (Figura 1). Si inserisce in quell’attrazione
per il deforme che a partire dal Rinascimento si fa più come bellezza della
deformità, che altro non è se non un ritorno controllato del rimosso e del
diabolico53, motivo per cui a Pulcinella vengono spesso associate caratteristiche
infernali. Il suo aspetto è deforme perché anche il suo corpo deve esprime disordine
e sregolatezza. Così facendo, mette in crisi un universo che crede che l’ordine
risieda nell’aspetto esteriore e nella regolarità di esso, così come nei convenevoli
e nelle regole54.

Una delle caratteristiche principali di Pulcinella è la sua fame. Questa è una vera
e propria fame fisiologica e può essere un segno dello scontento e della

48
S. di Bello, Bianco e nero, doppiezza di una maschera dimezzata, cit., p. 253.
49
Ibid.
50
Ibid.
51
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 329.
52
Ibid., per via delle somiglianze col cappuccio a punta, il camicione stretto in vita da una corda e il naso
importante.
53
Ibid.
54
Ibid.
15
malnutrizione delle fasce più basse della società55, tanto che nell’Ottocento
Pulcinella diverrà simbolo del proletariato napoletano, facendo emergere il
problema della sottoalimentazione. Fino ad allora era invece visto come ghiottone
ed era strettamente connesso col peccato di gola56.

Quella di Pulcinella è però anche una fame psicologica57. Egli infatti ricerca
costantemente sicurezza e protezione nel cibo contro il vuoto che sente dentro,
generato dalle sue paure. Questo perché oltre alla fame, si somma anche il timore
del digiuno58. Pulcinella vive alla giornata e cerca di approfittare di ciò che gli
capita al momento, non ha certezze sul futuro e non sa se il giorno successivo
riuscirà a mangiare, perciò accumula provviste. In un dialogo con Tissaferne si ha
la contrapposizione fra gli uomini “di petto”, i quali affrontano le avversità in
maniera coraggiosa, e Pulcinella, il quale è un «uomo di tutto pancia dalla gola in
giù»59.

Tisaferno: Hai petto?

Pulcinella: Diana sguercelo, e no lo vidi?

Tisaferno: E se hai petto devi combatter per tuo padre.

Pulcinella: Aiebò aggio sbagliato, so tutta panza da lo


cannaruozzolo in giù.60

In particolare, ciò che è ostile a Pulcinella, è la moderatezza e il controllo nel


mangiare secondo certi ritmi e norme di buona educazione. In un episodio
esemplare, Pulcinella viene fatto imperatore del Mogol61. Fra le tantissime attività
e compiti da svolgere, lo spazio per il cibo è ridotto, tant’è che chiede ai giardinieri
di scambiarsi di ruolo per poter finalmente andare a mangiare. In un altro invece,

55
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 47.
56
Ibid.
57
Ibid.
58
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 329.
59
Ivi, p. 177.
60
F. De Petris, Teatro comico sentimentale: con buffi napoletani, vol. II, Napoli, 1830, p. 40.
61
Ibid.
16
diventato principe, scopre di non poter mangiare maccheroni perché non è consono
alla sua figura e rinuncia al titolo per poter tornare a mangiarli, dicendo: «mo mo
me sprencepo’»62.

Gli eccessi di pulcinella sono tipici di chi è affamato, ma costituiscono anche


un segno vitalistico, di chi è troppo attaccato alla vita63. Rende evidente il fatto che
i bisogni primari sono naturali e non sono da punire, in quanto egli stesso «non
appartiene a nessun mondo di valori, ma a solo un cieco universo di bisogni»64.

Un altro aspetto saldamente legato al mangiare è quello della sessualità. Infatti,


per Pulcinella cibo e sesso sono intercambiabili, riferendosi all’amata con nomi
come: “pommadora”65, “fecato fritto mio, casatiello fatto a pane mio”66. Le due
dimensioni sono quindi complementari, ma il cibo rappresenta anche un codice
segreto per sviluppare il discorso sulla sessualità in modo più libertino67. Infatti, la
gola era spesso associata al peccato della lussuria, come testimoniano le parole di
De Villiers: «un baratro spaventoso, pronto a inghiottirvi a letto così come a
tavola»68.

Si può quindi affermare che Pulcinella sia tutto corporeità, ma ciò non è da
intendere in senso dispregiativo o corruttivo, ma nel senso di “tutto immerso nei
sensi”, produttivo di nuovi codici sovversivi, storia e cultura69.

62
I. H., Santo Domingo, Tablettes Napolitaines, Bruxelles, Remy, 1829; cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani,
Pulcinella, cit., p. 171.
63
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit, p. 48.
64
Ivi., p. 49.
65
F. Cerlone, La forza della bellezza, in Commedie, Napoli, stamp. Rampe di San Marcellino, 1828, cfr.
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 177.
66
F. Cerlone, Pulcinella vendicato, Napoli, Sangiacomo, 1802, (ed. or 1765), cfr. Scafoglio, Lombardi
Satriani, Pulcinella, cit., p. 177.
67
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 48.
68
C. D. Villiers, Le festin de Pierre, Parigi, 1660 cfr. cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p.
161.
69
S. di Bello, Bianco e nero, doppiezza di una maschera dimezzata, cit., p. 242.
17
3.4 Pulcinella: il bene e il male
Luigia: Ma che sei qualche diavolo tu?

Pulcinella: L’ho dentro l’anima.70

Per via della sua natura ambigua, si è a lungo dibattuto a quale dimensione possa
Pulcinella appartenere, se al demoniaco o al religioso.

Celato dalla sua apparente allegria, sotto la sua risata, può nascondervisi un
demone?

Uno dei racconti sulla sua nascita informa il lettore che Pulcinella nasce da un
uovo nelle viscere del Vesuvio per mano di due fattucchiere: Dragoncina e
Colombina. Queste avevano chiesto a Pluto di mandare un diavolo sulla terra per
risolvere una questione amorosa.

Dragoncina: Per formar dell'impasto il gran vigore

Vi pongo le bestemmie scellerate

Di tutti i giocator, ch'hanno perduto,

L'ira, la rabbia ed il velen vi getto

Di brutta donna non curata al mondo,

E ridotta a implorar da impiastri e veli

Chi del suo bello alia conquista aneli

Colombina: Pe finire lu impasto io mo noe metto

Lo grasso de na crapa maumettana;

l'uocchio deritto de no jocatore,

70
F. De Petris, Il pesce Niccolò ossia l’uomo anfibio con Pulcinella accademico ignorante, bersagliato da’
birri, e spaventato da un braccio nella fontana di Messina, Napoli, Miranda, 1828, cfr. Scafoglio,
Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 39.
18
Che na sera jocanno a zecchinetto

Co mico lo perdette nietto nietto.71

Questo trova conferma anche nelle sue prime rappresentazioni, come quella di
Jacques Callot72 nei Balli di Sfessania73 (1622). Qui viene raffigurato con
caratteristiche demoniache, come il copricapo biforcuto, il quale ricorda la forma
delle corna. Allo stesso tempo, quello che diventerà in seguito tipico di Pulcinella,
il coppolone, è presente in moltissime illustrazioni demoniache per le sue allusioni
al mondo fallico, oltre che essere il copricapo più diffuso fra gnomi e folletti74.
Anche il naso adunco era un tratto comune ai demoni priapici, così come il colore
scuro della sua maschera. Inoltre, l’oggetto con cui viene più spesso rappresentato
è la forchetta, che può essere considerata come un tridente o forcone in miniatura75.

Tuttavia, è bene sottolineare che questa è solo una delle tante stratificazioni
della maschera e che questa accentuazione del carattere demoniaco di Pulcinella
non è arcaica, ma piuttosto recente e risalente al XVIII- XIX secolo76.

In ogni caso, la maschera era effettivamente considerata di per sé diabolica,


perché era credenza diffusa che questa agisse in qualche modo sul corpo di chi la
indossava, trasformandolo in uno stregone, in quanto si riteneva fosse la pelle del
diavolo77. Anche lo stesso teatro era considerato come un luogo privilegiato dal
demonio e i predicatori ammonivano di starne ben lontani, anche se questo ha
probabilmente attirato molte più persone di quelle che ha allontanato. La fortuna
dell’immagine del diavolo priapico, inoltre, è probabilmente dovuta al contesto

71
Anonimo, Gl'incanti delle maghe per la nascita di Pulcinella dalle viscere del monte Vesuvio, Napoli,
Miranda, 1824; cfr. D. Scafoglio, Pulcinella: per un'antropologia del comico, «Annali d’italianistica», 15,
1987, p. 71.
72
Callot potrebbe aver assistito a uno spettacolo di una compagnia itinerante mentre si trovava a
Firenze, F. C. Greco, Pulcinella, Maschera del Mondo, Napoli, Electa, 1990 cfr. Sears Goldman, “The most
beautiful Punchinelli in the world”: a comprehensive study of the Punchinello drawings of Giovanni
Battista Tiepolo, cit., p. 83.
73
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 42.
74
Ibid.
75
Ibid.
76
Ivi, p. 43.
77
Ivi, p. 44.
19
altamente sessuofobico dell’epoca78. Il teatro costituiva un momento di libertà in
cui tutte le restrizioni venivano allentate e Pulcinella era portatore di un nuovo
messaggio più aperto sulla sessualità79. Ancora una volta, in questo caso, è
necessario ribadire le sue origini aliene, in modo da tenerlo distanziato dalla
quotidianità.

Talvolta, però, questi poteri malefici, si sono rivelati utili a fin di bene,
combinando in Pulcinella la figura del demone e del salvatore. Un tratto tipico del
Pulcinella-diavolo è infatti la sua propensione al doppio senso, all’equivoco e al
garbuglio verbale ed è significativo perché proprio attraverso i giochi di parole è
possibile «trasformare l’ombra minacciosa del demone in personaggio facondo, il
quale però trasferisce l’aggressività del nulla nelle fonti segrete del nostro riso»80.

Questo rende quindi Pulcinella in grado di risolvere le inquietudini del suo


interlocutore grazie alla dialettica, perché capace di trasformare la paura in gioco81,
così come ogni cosa nel suo opposto.

Ciò nonostante, Pulcinella fa più di qualche apparizione anche nel palcoscenico


della religione, rivelando caratteristiche inaspettate.

Nella lettera di Diderot a Sophie Volland del 5 settembre del 1762, egli le
racconta l’esperienza di un amico, Angelo Gatti, a Venezia. Un prete invita gli
spettatori di uno spettacolo di Pulcinella a guardare il crocifisso, perché egli
afferma che è lui il vero Pulcinella.

«Si vedono da un lato, su un palco, dei saltimbanchi, che interpretano farse


giocose di una licenza sfrenata, e dall’altro lato un secondo palco su cui dei preti
recitano farse di diversa natura e gridano: “Signori, lasciate perdere quei
miserabili! Quel Pulcinella intorno al quale vi accalcate è solo uno sciocco!” E -
mostrando il crocefisso - “Questo è il vero, il grande Pulcinella!”»82

78
Ibid.
79
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 48.
80
J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Torino, Boringhieri, 1970, p. 142.
81
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella e l’altro, cit., p. 44.
82
D. Diderot, Lettera a Sophie Volland del 5 settembre 1762, in Letters to Sophie Volland: a selection, a
cura di P. France, Londra, 1972; cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 289.
20
E un episodio simile accadde a Largo di Castello in Napoli, raccontato da
Samuel Sharp, secondo cui un predicatore, esasperato dal fatto che il teatrino di
marionette riscuotesse molto più successo del suo sermone, impugnò il crocefisso
ed esclamò: «Ecco il vero Pulcinella! Venite, signori! Venite da me!»83

Questi due aneddoti devono la loro fortuna ai turisti stranieri, i quali, affascinati
dalla commistione fra sacro e profano, raccontarono e replicarono la storia in
diversi modi. Questa possiede sicuramente degli elementi intriganti, ma è da
considerare che i predicatori di piazza erano soliti applicare i dettami della
religione cattolica alla vita popolare, in modo da attirare e avvicinare più fedeli
possibili84. Effettivamente ciò è plausibile perché avevano diversi tratti in comune
con i comici di piazza: la vita vagabonda, la povertà, i toni e l’approccio
colloquiale. In questo modo era facile che uno prendesse le strategie e i modi di
parlare dell’altro e viceversa.

Un osservatore germanico anonimo nota infatti: «Il popolo è avvezzo a vedere


Pulcinella su un terreno sacro e su un terreno profano»85.

Inoltre, questi episodi permettono di rilevare un atteggiamento che non incarna


solo un’inclinazione comune nei confronti della chiesa, ma che è anche una
risposta a tutte le censure, restrizioni e obblighi che questa imponeva al teatro. Per
esempio, Francesco de Geronimo interruppe diversi spettacoli a causa
dell’atteggiamento di Colombina, considerato troppo libidinoso86. Ancora, durante
tutta la Quaresima era vietato indossare maschere, anche se in alcuni casi si
mostrarono più tolleranti, riscrivendo canovacci di testi teatrali e adattandoli alla
vita ecclesiastica87. Nel Settecento Pulcinella compare addirittura nei presepi88.
Questa contaminazione fra le due figure ha luogo a partire dal concilio tridentino,
momento in cui i rapporti fra chiesa e teatro, già tesi, si incrinarono89. Questo fece

83
S. Sharp, Lettere dall’Italia, a cura di S. Di Giacomo, Lanciano, Carrabba, 1911; cfr. Scafoglio, Lombardi
Satriani, Pulcinella, cit., p. 290.
84
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 291.
85
Ivi, p. 298.
86
Ivi, p 296.
87
Un esempio potrebbero essere le commedie scritte dal benedettino Placido Adriani.
88
Ivi, p. 82.
89
A. Fontana, La scena, Venezia, Marsilio Editori, 2019, p. 61.
21
emergere la figura di Pulcinella perché in lui vi si ritrova il rimosso, il proibito e
tutto ciò che veniva censurato. A questa viene opposta, in periodo quaresimale, la
figura di Cristo, il quale si fa carico dei suoi peccati e indica al fedele la via della
salvezza.

Ci troviamo in un universo di valori in cui ciò che non era consentito, veniva
integrato nella quotidianità attraverso forme di apertura controllate e socialmente
approvate dalle istituzioni, grazie alla tradizione comica90. Questo andava a
compensare e bilanciare la vita religiosa: se da un lato l’esperienza religiosa
trovava rilassamento nel comico, dall’altro il comico trovava disciplina nella
religione. La società così governata dalla chiesa, soddisfava i suoi bisogni di
evasione nel teatro91. Stanno in rapporto l’uno all’altro come rito e anti-rito, in
modo tale che Pulcinella può essere considerato un «Cristo capovolto»92. Nello
stesso modo, come si può vedere nella commedia La maga Armida con Pulcinella
scudiere di Tancredi, e condannato a esser cibo di un orso, sovverte i canoni della
preghiera:

Sacerdote: Inginocchiati avanti a lui, e dì come dico io.

Pulcinella: Eccome ccà. Và dicenno.

Sacerdote: Eterni e sommi lumi

Pulcinella: Lanterne co li lumi93

In entrambi i casi, sia Pulcinella che Cristo, si fanno carico di colpe altrui e
vengono derisi ed esclusi dalla società94. Inoltre, Pulcinella, infrangendo tutte le
regole dettate dal senso comune, viene visto come una figura straordinaria, la quale
si muove in un mondo fatto di regole diverse e impregnato dalla magia, che può

90
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 300.
91
Ibid.
92
Ivi, p. 301.
93
Anonimo, Armida con Pulcinella scudiere di Tancredi, e condannato a esser cibo di un orso, Napoli,
Sangiacomo, 1802; cfr. Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 294.
94
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 300.
22
utilizzare a fin di bene e a fin di male95. Così consolida in sé la figura del
trasgressore e del santo.

Sia Cristo che Pulcinella sono per giunta accomunati dall’immagine dell’intrigo
e del labirinto96. Nella religione rappresenta il cammino tortuoso che deve
percorrere il fedele, senza perdere la retta via, per giungere alla salvezza, mentre
in Pulcinella l’intrigo è costituito dagli inganni, i suoi piani contorti e i garbugli in
cui si caccia. Stanno in rapporto l’uno all’altro come il carnevale e la Pasqua nel
calendario. Se nel Carnevale prendono forma i desideri più reconditi e oscuri
dell’uomo verso il diverso, perché attraverso la maschera si ha la possibilità di
abbandonare la propria individualità per abbracciare “l’altro”, nella Pasqua invece
Cristo si fa carico di questi e li espia tramite la morte97. «La maschera trova un
corpo ed un volto, l’Unheimliche viene purgato e bruciato nel sacrificio; l’ordine
infranto viene restaurato, il discorso della morte ritrova un soggetto»98.

Pulcinella si può quindi considerare una sorta di capro espiatorio, perché è sia
trasgressore che vittima, si fa carico dei peccati altrui commettendoli, compiendo
tutto ciò che l’uomo comune non oserebbe provare e lo libera così dalla curiosità99.
Si configura così, ancora una volta, in analogia con la figura di Cristo, come una
figura sacrificale.

«Ora, se il clown tragico finisce così per rivestire il ruolo della vittima
redentrice, non stiamo per tale via raggiungendo i significati più arcaici del clown
e del folle?»100

Nello stesso periodo in cui il frate predicatore pronunciò quelle parole,


Giandomenico Tiepolo iniziò a dipingere la Via Crucis101, ripresa poi negli ultimi

95
Ibid.
96
Fontana, La scena, cit., p. 42.
97
Ivi, pp. 61-63.
98
Ivi, p. 66.
99
Scafoglio, Lombardi Satriani, Pulcinella, cit., p. 303.
100
Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, cit., p. 125.
101
Ciclo dipinto tra il 1747 e 1749 nell’oratorio del Crocifisso della chiesa di San Polo; cfr. Mariuz,
Giandomenico Tiepolo, cit.
23
anni della sua vita nelle 104 carte del Divertimento per li regazzi102, consolidando
quindi questo nesso fra sacro e profano.

102
Raccolta di 104 disegni eseguiti da Giandomenico Tiepolo tra il 1797 e 1804; cfr. Mariuz,
Giandomenico Tiepolo, cit.
24
4. IL CONTESTO: “LA LIBERTÀ QUASI INFINITA DI
UN’ARTE CHE AFFRONTA LA PROPRIA FINE”

4.1 Il rapporto col padre: una “vera copia dell’originale”?


«Il suo bel talento verrà ad esser un giorno nella bella arte di pittura una vera
copia, dell’originale, cio è, del virtuoso Suo Signor Padre».103

Nel saggio “Giandomenico Tiepolo”104 Adriano Mariuz sottolinea come due


elementi siano stati fondamentali nella formazione di Giandomenico: l’arte del
padre e il neoclassicismo. In effetti, è proprio dal linguaggio paterno che parte per
costruire il proprio e lo fa sullo sfondo della nuova avanguardia, il neoclassicismo,
dalla quale prenderà le distanze. In una bellissima lettera, Giambattista, dopo aver
visto a Bassano il battesimo di Santa Lucilla di Jacopo Bassano (Figura 2), è
rimasto così tanto colpito da riferire al figlio:

«Sappi, o Domenico, ch’io ho veduto nel mio viaggio un miracolo, cioè un


drappo nero che parea bianco.»105

Quest’affermazione è emblematica non solo del suo stile, ma anche della sua
visione artistica e del mondo. Infatti, Giambattista si era servito della tradizione
barocca precedente, della retorica della fede nella provvidenza e dell’ossequio
verso le autorità, “sublimandola in bianco”106. L’ha svuotata di ogni significato
ideologico e l’ha riproposta come una favola. Allo stesso modo, nell’opera di
entrambi i Tiepolo, è partendo dalla base di una società in decadenza, ormai
logorata, che si produce una simulazione di una civiltà felice, immortalata nei loro
dipinti come in un sogno eterno107.

103
Affermazione del principe vescovo di Würzburg, M. Precerutti Garberi, Asterischi sull’attività di
Domenico Tiepolo a Würzburg, in Commentari, XI, 1960, p.268; cfr. A. Mariuz, Giandomenico Tiepolo
(1727-1804), in Tiepolo, a cura di G. Pavanello, Verona, Cierre Edizioni, 2012, p. 366.
104
A. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, in Tiepolo, cit., pp.19-115.
105
G.B. Roberti, Lettera del signor conte abate Giambattista Roberti al signor cavaliere conte
Giambattista Giovio… sopra Giacomo da Ponte, Lugano, 1777, p. 28; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo,
cit. p. 19.
106
Ibid.
107
Ibid.
25
La formazione di Giandomenico avviene sotto questa luce. Egli cresce in un
clima vivace per Venezia nella bottega del padre e da subito, come documenta
Algarotti108 sembra ricalcare le orme paterne. Sin da giovane si dimostra da subito
affascinato dal disegno e dalle sue potenzialità espressive. Un esempio è costituito
dai gruppi di orientali concitati realizzati negli anni Quaranta o Cinquanta del
Settecento109. Già in queste prime prove emerge il suo tratto tipico: il segno
tremolante, secco e allo stesso tempo incerto. Un mezzo che si rivelerà
estremamente efficace per donare espressività all’opera, in quanto restituisce la
mobilità dello sguardo di chi la sta scrutando.

Tuttavia, è l’oratorio del Crocefisso della chiesa di San Polo110 che costituisce
il primo vero e proprio campo di prova per Giandomenico, fra il 1747 e 1749.
Purtroppo, come esordio, è stato duramente criticato, come viene riferito in una
lettera di Pietro Visconti111, la quale riporta il fatto che non ha incontrato il gusto
comune. Giandomenico aveva inserito fra le figure della Via Crucis dei personaggi
orientali vestiti in modo moderno (Figura 3). Questo non è stato apprezzato dal
pubblico, perché riteneva che non avrebbero dovuto trovarsi lì, ma che aveva scelto
di inserirle puramente per gusto personale, invece di attenersi alla verità. Si
potrebbe ipotizzare che le avesse messe lì per alludere al fatto che ai contemporanei
non interessasse veramente la religione112, perché non era il suo scopo principale,
a differenza del padre, quello di ottenere il favore del pubblico. Non, solo, anche
la composizione era insolita e lo spazio appare come traballante e sconnesso 113.
Tutto ciò è sintomo di come Giandomenico avesse una sensibilità diversa da quella

108
H. Posse, Die Briefe des Grafen Francesco Algarotti an den Sächsischen Hof und seine Bilderkäufe fur
die Dresdener Gemlädgalerie 1743-1747, in Jahrbuch der Preuszischen Kunstsammlungen, 52, 1931; cfr.
Mariuz, Giandomenico Tiepolo (1727-1804), cit., p. 366.
109
Secondo l’ipotesi formulata da A. Morassi nel catalogo Disegni veneti del Settecento nella collezione
Paul Wallraf, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), Venezia, 1959; cfr. Mariuz,
Giandomenico Tiepolo, cit. p. 28.
110
La vena satirica di Giandomenico Tiepolo, in La pittura nel Veneto. Il Settecento, a cura di R.
Pallucchini, II, Electa, Milano, 1997, p. 556.
111
«Tutte figure straniere parte vistiti alla spanola, schiavoni et altre carichature che dichono che in quel
tempo non si ritrovava tal sorte di gente ma che lui li à fatti perché meglio comodono al suo caratro.» A.
Arslan, Quattro lettere di Pietro Visconti a Gian Pietro Ligari, «Rivista archeologica dell’antica provincia e
diocesi di Como», 133, 1952, pp. 63-72; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 32.
112
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 32.
113
Ivi, p. 28.
26
del padre. Le loro differenze vengono esemplificate da Mariuz attraverso una
metafora: se Giambattista fosse un poema, fissato da leggi rigorose, Giandomenico
sarebbe un racconto in prosa, libero e sempre aperto a nuove esperienze114.

È chiaro dunque già da questa prima esperienza come Giandomenico Tiepolo


non potrà mai essere una reale copia del padre, pur lavorandoci assieme,
rispettandolo e guardando ai suoi lavori in diverse occasioni e con ammirazione.

Addentrandoci nel nucleo di questa tesi, anche la figura di Pulcinella viene


contesa fra l’opera di entrambi gli artisti.

Giambattista aveva ritratto in diverse occasioni Pulcinella, in 22 dei suoi disegni


e negli Scherzi di Fantasia, in cui compare per ben 2 volte115. È la diretta
conseguenza della sua passione per le caricature, ma anche un’occasione per
esplorare le possibilità di rappresentazione che si collocano fra la deformità del
corpo, mobile, e l’espressione determinata della maschera, immobile116.

Francesco Algarotti era affascinato dai suoi Pulcinella, infatti arriva ad


affermare: «Io credo di possedere i più belli Polcinelli del mondo, di mano del
celebre nostro Tiepoletto.»117

La familiarità con i disegni del padre da parte di Giandomenico non è


questionabile, in quanto è egli stesso a pubblicare gli Scherzi dopo la sua morte118.
Tuttavia, i loro Pulcinella presentano alcune differenze. Quelli di Giambattista
formano una società a parte e raramente entrano in contatto con altri personaggi,

114
Ivi, p. 33.
115
M.E. Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, tesi di dottorato, Standford
University, 1979, p. 44.
116
Ibid.
117
«Altri disegni pur ci sono degni di considerazione, e tra essi se ne vedono alcuni con piacere di Andrea
Borchignano, toccati bravamente di penna: rappresentano la vita di Polcinella. Nel primo bruciasi la sua
casa ed egli, qual novello Enea, si salva per mezzo alle fiamme insieme con la isbigottita sua famigliuola;
dove a traverso della mezza maschera si vede il volto di Polcinella mirabilmente atteggiato di lagrime e
di dolore. Tanto più mi chiamarono a sé così fatti disegni, quanto che io credo di possedere i più belli
Polcinelli del mondo, di mano del celebre nostro Tiepoletto. Il nostro comune amico, l’abate di Saint-
Non, così grande amatore di ogni cosa bella ne ha volute ricopiare alcuni, ed Ella ne vedrà uno tra gli
altri in ischiena che facendo acqua al muro si accorge di un mal giuoco fattogli dalla sua Licori, e in ogni
parte della persona esprime così bene il dolore che chiamar si potrebbe il Laocoonte de’ polcinelli. E con
questa picciola farsa finirà la seriosa mia lettera», Sears Goldman, “The most beautiful Punchinelli in the
world”: a comprehensive study of the Punchinello drawings of Giovanni Battista Tiepolo, cit., p. 1.
118
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 45.
27
mentre quelli di Giandomenico pervadono ogni aspetto della quotidianità e si
mescolano fra i soggetti ritratti in Villa Tiepolo a Zianigo. Inoltre, i Pulcinella di
Giambattista sono eterei come gli angeli o i putti che era solito rappresentare119,
mentre quelli di Giandomenico sono reali, fanno parte della quotidianità più bassa,
come i ciarlatani o i buffoni di piazza.

Un caso degno di nota per esemplificare queste differenze fra i due può essere
il modo in cui trattano il soggetto di Pulcinella ubriaco. Quello di Giambattista
(Figura 4) è solo e isolato; anche l’ambiente attorno a lui non ci dà molte
indicazioni su dove si trovi o indizi sul perché si sia ridotto in quelle condizioni,
in quanto è estremamente spoglio. È posizionato supino e in modo da dare i piedi
verso lo spettatore, evocando così il Cristo morto di Mantegna. Al contrario, quello
di Giandomenico (Figura 5) si trova in compagnia di altri suoi compagni ubriaconi
ed è collassato fra le loro braccia, fornendo allo spettatore gli elementi per costruire
una storia dietro quella scena120. Oltre a ciò, le loro versioni differiscono anche
fisicamente: il primo lo raffigura nel contesto carnevalesco enfatizzando i suoi
tratti più comici. Infatti, è basso, tozzo, stravagante e ghiotto di gnocchi. Negli
affreschi nella villa di Zianigo, invece, incarna uno spirito più frivolo e anche nel
Divertimento la figura di Pulcinella si fa più alta e magra, diventando quasi
deforme. Si trasforma, nelle mani di Giandomenico, sostanzialmente in una
maschera meno comica e più tragica121.

Ciò nonostante alcuni elementi rimangono comuni a entrambi, come, per


esempio, l’ossessione di Pulcinella per gli gnocchi, andando così a costituire una
controparte tutta veneziana rispetto al tradizionale Pulcinella.

Resta da chiarire da dove possano aver ricavato quest’iconografia. Secondo


un’ipotesi di George Knox, appoggiata anche da Marcia Vetrocq 122, l’origine del

119
Ibid.
120
Ibid.
121
A. Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, Milano, Mondadori, 1986, p. 15.
122
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit.
28
tema sono da far risalire alla tradizione dei baccanali dello gnocco veronesi 123.
Verona infatti era detta «città scaligera e gnoccolona»124, perché celebre per il suo
venerdì gnoccolare, il quale cadeva l’ultimo venerdì del carnevale. Questa festa
venne documentata con precisione da Alessandro Torri125 nel 1818 e sembra aver
origine nel XVI secolo: o durante il difficile periodo della lega di Cambrai nel 1508
o in seguito alla battaglia e sacco di Pavia nel 1527. L’obiettivo, in tempi così
tormentati, era di distribuire cibo e vino ai più poveri126. In particolare, gli abitanti
del quartiere povero di S. Zeno erano soliti uscire travestiti col costume da
Pulcinella recitando versi maccheronici in una voce stridula grazie a una piva
inserita nella gola. La loro processione terminava in piazza San Zeno, dove
invitano il podestà a unirsi a loro per mangiare gli gnocchi e bere del vino.

«Diverse compagnie di Sanzenati composte di puttelli vestiti da capo a pie’ di


candida tela, fiocchettata di nastri rossi di seta con simil berretta in testa, e di
uomini colle loro zerbine per mano vestite da Pulchinella. S’invitava il Podestà a
uscire e venire in Piazza Zeno per offrirgli un piatto di gnocchi»127

Knox e Vetrocq sostengono che si possa supporre che i Pulcinella tiepoleschi


possano avere origine proprio nei ragazzi del quartiere di San Zeno. Questa
spiegazione sembrerebbe giustificare infatti da un lato il titolo del Divertimento
per li regazzi di Giandomenico, e dall’altro anche l’aspetto bizzarro e la personalità
goliardica del Pulcinella di Giambattista128.

Il tema degli gnocchi non è il fulcro centrale dell’opera di Giandomenico, ma


rimane comunque costante. Già a partire dall’affresco del Mondo Novo (Figura 6)
nella villa di Zianigo, compare un Pulcinella mentre regge in mano una forchetta

123
G. Knox, The Punchinello drawings of Giambattista Tiepolo, in Interpretazioni Veneziane. Studi di
storia dell'arte in onore di Michelangelo Muraro, a cura di D. Rosand, Venezia, Arsenale Editrice, 1984, p.
439.
124
G. Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, in Satire in the 18th
century, a cura di J. D. Dudley, New York e Londra, Garland Publishing, 1983, p. 133.
125
A. Torri, Cenni storici su l'origine e celebrazione dell'annua festività ricorrente in Verona il Venerdì
Ultimo di Carnovale, denominato Gnoccolare, Verona, Libanti, 1847; cfr. G. Knox, Domenico Tiepolo’s
Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, in Satire in the 18th century, cit., pp. 133-142.
126
Ibid.
127
Ibid.
128
Knox, The Punchinello drawings of Giambattista Tiepolo, cit., p. 439.
29
sulla quale sono infilzati due gnocchi. Ulteriori riferimenti compaiono anche sul
frontespizio del Divertimento (Figura 7). Vi sono alcuni coni appoggiati sulla
tomba, i quali ricordano, per forma e dimensione, i recipienti in terracotta in cui
venivano serviti gli gnocchi, oltre che al tipico copricapo di Pulcinella. Questo
viene suggerito anche dal piatto di gnocchi che si trova sul terreno in primo piano.
Il rimando a questa pietanza può essere ritrovato in moltissimi altri disegni, come
nell’Infanzia di Pulcinella, in cui l’infante viene nutrito con gli gnocchi, ritenuti
un cibo adeguato persino a un neonato. Al contrario, in Giambattista il tema degli
gnocchi è prevaricante. In A large group of Punchinelli, si possono ammirare
alcuni Pulcinella con gli gnocchi infilzati sulla forchetta, mentre uno è già stato
colto da gnoccolonità ed è steso a terra con lo stomaco gonfio. In Omaggio a
Pulcinella incoronato (Figura 8) vi è un riferimento esplicito alla tradizione del
venerdì gnoccolare. Si può infatti pensare che il Pulcinella seduto sul trono sia il
podestà sceso in piazza a cui viene offerto il piatto di gnocchi129. In questo disegno
il gioco dell’inversione è esposto in maniera magistrale. Non solo perché a una
figura potente come il podestà viene posta la maschera popolare di Pulcinella, ma
anche perché, se si osserva con attenzione il recipiente usato per contenere gli
gnocchi, questo non è altro che uno dei cappelli indossati dalla maschera
capovolto. Inoltre, in secondo piano si può scorgere uno degli utensili inseparabili
da Pulcinella, la forchetta, agghindata però come un tirso. L’imitazione parodica e
giocosa della sfera eroica-mitica però non termina qui, perché in Punchinello as
an antique River God (Figura 9) compare un Pulcinella nelle vesti di un dio
fluviale, ma a infrangere la solennità dell’opera è la presenza degli gnocchi, che
scorrono al posto dell’acqua130.

Cosa abbia spinto sia padre che figlio a essere così affascinati da questa bizzarra
figura è un enigma che tutt’oggi è fonte di discussioni. Per ciò che concerne l’opera
di Giambattista, George Knox suggerisce la possibilità di un mecenate veronese131.
Scipione Maffei potrebbe essere un’opzione, in quanto avevano già lavorato

129
Ivi, p. 441.
130
Ibid.
131
Ivi, p. 443.
30
assieme nel 1732 circa in Verona illustrata. Altrimenti potrebbe essere stata
commissionata da Marshal Schulenberg132, appassionato dal genere grottesco
fiammingo e a cui sono ricollegabili i quadri: La cucina di Pulcinella e Pulcinella
colpevole (Figure 10 e 11). Un’ultima opzione è che siano stati spinti a
rappresentare questa figura sempre più spesso, per via dell’interesse crescente di
Francesco Algarotti verso la figura di Pulcinella e, in quanto mecenate,
collezionista e artista, volevano assicurarsi la sua simpatia133.

4.2 La società dei signori nobili e ricchi e l’avvento dei professori


intendenti: cenni sociali e politici della Venezia di fine Settecento
Giambattista Tiepolo aveva potuto godere della fama e dello splendore che la
stagione del rococò gli aveva benevolmente donato.

«Li Pittori devono procurarsi di riuscire nelle opere grandi, cioè in quelle che
possono piacere alli Signori Nobili e ricchi, perché questi fanno la fortuna de’
Professori, e non già l’altra gente, la quale non può comprare quadri di molto
valore. Quindi è che la mente del Pittore deve sempre tendere al Sublime,
all’Eroico, alla Perfezione»134

In quei tempi, nello scalino più alto della piramide sociale, c’era la classe
dell’aristocrazia, “i signori nobili e ricchi”, e Giambattista era entrato nelle loro
grazie, ponendosi al loro servizio. Come racconta il conte di Tessin, infatti, nei
dipinti del pittore, anche i pezzenti sembravano vestiti di seta135 e tutto era
perfettamente piegato a quell’universo di valori e di esteriorità a cui era legata la
classe aristocratica. Tuttavia, egli rielaborava i loro desideri e il repertorio a sua
disposizione in modo spregiudicato e libertino, in accordo con l’antidogmatismo
delle nuove tendenze filosofiche136. Tutto ciò veniva restituito sotto una luce

132
Ibid.
133
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., pp. 49-50.
134
Dichiarazione di Giambattista Tiepolo, Nuova Gazzetta Veneta; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo,
cit. p. 20.
135
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 20.
136
Ibid.
31
oggettiva, illuministica, fredda e vera, o meglio, come suggerisce Longhi137: come
quella di Canaletto. Si potrebbe quindi considerare Giambattista come un
“vedutista della fantasia”138.

Ciò nonostante, questo idillio non durò a lungo, perché una nuova classe
emergente, portatrice di valori e ideali differenti stava emergendo.

Nel Settecento infatti, si delineano due tendenze: quella della pittura di storia o
di soggetti mitologici e quella dell’avanguardia: ossia il vedutismo e il capriccio139.
Il secondo tipo viene però screditato e ciò accade anche in campo musicale. Per
esempio, Goldoni descrive Mozart come un «eccellente suonatore di violino e
mediocre compositore»140.

In questo contesto germoglia l’opera del Divertimento, parola che proviene dal
campo musicale e che descrive uno di quei generi che veniva criticato dai
“professori intendenti”.

In uno di questi disegni, in cui Pulcinella assume il ruolo di pittore, viene ritratto
mentre dipinge un soggetto che assomiglia al Sacrificio di Ifigenia di Villa
Valmarana141 (Figura 12). Si tratta proprio di quell’affresco che Goethe aveva
commentato, preannunciando il principio di separazione degli stili. In una lettera
del 1786 a Madame von Stein dice:

«Lo stile sublime non gli è riuscito come il naturale»142

Da queste parole, quindi, sembra emergere una differenza fra lo stile naturale e
quello sublime, il quale, per essere definito tale, non deve essere naturale. Queste
sono state le ultime parole di lode rivolte al lavoro di Giambattista143, alludendo a

137
R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze, 1946; cfr. Mariuz, Giandomenico
Tiepolo, cit. p. 20.
138
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 20.
139
M. Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, atti del Congresso
internazionale di studi sul Tiepolo, Milano, Electa, 1971, p. 24.
140
C. Goldoni, Memorie, Firenze, 1831, p. 141; cfr. Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e
Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 24.
141
A. Chiarloni, Text and Image. Fresco of Iphigenia from Gian Battista Tiepolo. Villa Valmarana near
Vicenza, «Arts», 1, 2012, pp. 4-12.
142
J.W. Goethe, Diario del viaggio in Italia, Berlino, 1908, p. 106; cfr. Bonicatti, Il problema dei rapporti
fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 26.
143
A. Morassi, La Villa Valmarana, Venezia, F. Ongania, 1928, p. 34.
32
una sostanziale differenza fra il suo stile, sublime e quello del figlio, naturale 144.
In questo disegno, attraverso la ripresa di un tema sublime-mitologico in un
disegno capriccioso, si può dunque rintracciare la volontà dell’artista di auto
analizzarsi e criticarsi145.

A inasprire il conflitto, nel 1763 Winckelmann scrive:

«Tiepolo fa più in un giorno che Mengs in una settimana, ma ciò che fa, appena
visto è dimenticato, mentre l’opera di Mengs rimane immortale»146

Nel neoclassicismo sono rilevabili infatti le intenzioni della classe borghese147,


quindi in aperto conflitto con l’arte legata alla classe aristocratica. In questi anni
avviene uno scontro generazionale fra quella dei libertari contro una di libertini, e
gli artisti non dovranno più cercare l’approvazione dei “signori nobili e ricchi” ma
dei “professori intendenti”148.

Fra questi due frangenti si colloca Giandomenico Tiepolo, il quale si è formato


nel momento di massimo splendore dell’arte rococò, ma che concluderà il suo
percorso assistendo non solo all’abbandono di questo stile e alla decadenza della
classe a cui appartiene, ma anche alla caduta di una civiltà, quella veneziana, nelle
mani di Napoleone. Sotto questa luce crepuscolare, ad ogni modo, Giandomenico
riuscirà a mantenere vivo il suo spirito ludico, il quale lo aiuterà a rielaborare gli
eventi in maniera diversa, come se attraverso la pittura riuscisse a esorcizzare il
male quotidiano149. In particolare, gli servirà come strumento per rielaborare gli
eventi storici nella finzione pittorica. Allo stesso modo, questo è lo scopo della
Commedia dell’arte, ossia un modo per mostrare all’uomo comune i suoi difetti,
ma anche per distrarlo da essi.

In questo contesto è doveroso aprire una parentesi sui quadri di pittura di genere
realizzati da Giandomenico, nei quali emerge la sua personale visione della

144
La vena satirica di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 555.
145
Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 26.
146
J.J. Winckelmann, Il bello nell’arte. Scritti sull’arte antica, a cura di F. Pfister, Torino; cfr. Mariuz,
Giandomenico Tiepolo, cit. p. 21.
147
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 21.
148
Ibid.
149
Ivi, p. 23.
33
società.
La mostra spoglia dalle convenzioni, con uno sguardo incredibilmente acuto per la
sua epoca. Ritrae una società che ama il travestimento, le apparenze e i
convenevoli, tanto da dimenticare la sostanza. È un mondo di valori fittizi, dove
chi sa ingannare meglio, a prescindere dai beni o dalle capacità, ha la meglio sugli
altri, e dove l’artificio vince sulla natura150. Se prima Giambattista offriva alla
classe aristocratica uno specchio in cui ammirarsi, ora Giandomenico invece ne
ritrae il declino, cogliendo «un’umanità svuotata che prende congedo da sé
stessa»151.

Non a caso infatti Venezia per attirare i turisti promuoveva un clima di eterna
festa e carnevale, come è possibile riscontrare dal diario di Goethe «La sera vanno
poi al teatro e vedono e ascoltano la stessa loro vita della giornata, riprodotta con
arte, allontanata dalla realtà per mezzo della maschera, ma a quella ravvicinata
dalla rappresentazione dei costumi. […] Dalla mattina alla sera, anzi, da una
mezzanotte all’altra, la vita è sempre quella»152

Venezia, però, era ormai streamata e sul punto di cedere.

«No gavemo forze, non terresti, non maritime, non alleanze, vivemo a sorte e
per accidente e vivemo colla sola idea della prudenza del Governo della
Repubblica»153. Scrive il doge Paolo Renier nel 1780.

Ancora Goethe riporta:

«E se anche le lagune di Venezia a poco a poco si vanno riempiendo, se dalle


paludi esalano perfidi miasmi, se il commercio langue, se la sua signoria è
decaduta, tuttavia questa Repubblica, col suo carattere e con le sue istituzioni, non
sembrerà, a chi bene osservi, men degna di rispetto. Anche essa soggiace al tempo,
come tutto ciò che si affaccia alla vita»154.

150
Ivi, p. 52.
151
Ivi, p. 99.
152
J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Firenze, 1948; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 53.
153
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 93.
154
J.W. Goethe, Viaggio in Italia, cit., p. 93.
34
Tornandovi qualche anno dopo, ma con una diversa consapevolezza politica,
non ha più una visione disincantata di Venezia, ma evidenza i lati più negativi,
descrivendola come «rana e palude»155.

Ciò nonostante a Venezia si continua a festeggiare, ma un’ombra sinistra


incombeva sulla città. Gasparre Lippomano, scrive nel 1797:

«Qui siamo tutti immersi nello strepito del Carnovale. È una compiacenza il
veder questo popolo, quasi non vi fosse alcuna disgrazia, e tutto andasse
felicemente»156

Era il 22 febbraio di quel famigerato anno. Solo pochi mesi dopo con 512 voti
favorevoli e solo 20 contrari, il Maggior Consiglio dichiarò la caduta della
Repubblica di Venezia.

La testimonianza del patriota bresciano Vittorio Barzoni offre uno spaccato su


ciò che successe successivamente con l’arrivo di Napoleone:

«Le campagne sono devastate dal flagello della guerra, le città rifinite dalle
enormi gravezze da voi imposte, li villagi scarnati dalle rapine dei vostri commisari
e dai furti delle amministrazioni municipali: tutte le provincie sono roinate a
cagione delle immane vettovaglie da voi requisite per mantenere grandiosamente
i vostri soldati.»157

Giandomenico blocca il tempo nel momento in cui si svolge l’ultimo Carnevale,


il 1797: fino ad allora il passare dei mesi era stato scandito secondo due figure:
quella di Pulcinella e quella di Cristo, ricalcate dai due modi di dire: “È solo un
povero Cristo” e “Non sono mica un Pulcinella!”158, ma con l’arrivo dei francesi,

155
J.W. Goethe, Le Elegie, le Epistole, e gli Epigrammi veneziani, a cura di G. Manacroda, Firenze, 1946;
cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 93.
156
P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata. Dalle origini alla caduta della Repubblica,
Bergamo, 1929; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit. p. 109.
157
Lettera aperta a Napoleone Bonaparte del 1799 in V. Malamani, I Francesi a Venezia e la Satira,
Venezia, 1877; cfr. Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 58.
158
Fontana, La scena, cit., p. 62.
35
giunge una nuova figura: quella dell’individuo, e Giandomenico non può
comprendere questa nuova realtà159.

Non solo, con l’arrivo dei francesi la situazione nel campo della Commedia
dell’Arte si fa ancora più tesa, in quanto è stata il bersaglio degli intellettuali
filofrancesi che sostenevano il nuovo governo democratico alla caduta della
Repubblica della Serenissima160. Se nel 1762 Goldoni abbandonò Venezia,
lasciando quindi campo libere alle maschere della Commedia dell’arte, ora la
situazione era precipitata161.

Il commediografo Antonio Piazza scrisse sulla Gazzetta Urbana Veneta il 28


giugno 1797: «In una nazione rigenerata, è un delito lasciargli quel teatro che
aveva sotto l’aristocrazia: è un dovere de’ più sacri il riformarglielo interamente,
il renderglielo una scuola piacevole di costumi, una dottrina di morale in azione; e
tanto non si otterrà se non verranno severamente proscritte le insulse commediacce
all’improvviso … che stordiscono gli ignoranti senza illuminarli o correggerli.»162

«La farsa non deve permettersi nemmeno alla più vile feccia del popolo:
teatruccoli, istrioni, burattinate, zanni, saltimbanchi, ec. Veleni del gusto e della
morale, si sradichino e si distruggano.» Scrive invece Francesco Milizia in Del
teatro, nel 1773163.

Ma ancora prima, nel 1760: Marco Foscarini voleva bandire i purincinei da


piazza San Marco164. Anche analizzando il susseguirsi di vedute dipinte da
Carlevarijs, Canaletto e Guardi, si possono notare sempre meno palchi e casotti di
burattini165. Allo stesso modo confrontando le due versioni del Mondo Novo dello
stesso Giandomenico, in quella di villa Tiepolo a Zianigo rimane una sola
maschera lasciata a lato, quella di Pulcinella.

159
A. Mariuz, Due mostre su Giandomenico Tiepolo, in Tiepolo, cit., p. 196.
160
Ibid.
161
A. Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, in Tiepolo, cit., p. 233.
162
Mariuz, Due mostre su Giandomenico Tiepolo, cit., p. 195.
163
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 233.
164
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 27.
165
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 233.
36
Nella commedia Le donne gelose, Giulia rifiuta di fare una passeggiata in piazza
per via della presenza di «truffaldini, Purichinelli, Guaghe» che offendevano le
donne166. In difesa delle maschere si erse invece un anonimo buffone, il quale
scrisse un epigramma latino167 nel quale notava che senza di loro, piazza San
Marco sarebbe stata privata di un terzo del suo pubblico168.

Nonostante le nuove imposizioni e ideali portati dai francesi, Venezia


difficilmente potrà mai essere disinfestata dalle maschere che l’avevano abitata.

«Pulcinella è un pessimo parlatore: para abbia una rana in gola; par di sentire il
corvo, e il suo crocidare diffonde un cattivo gusto nella parlata. Molti bambini lo
imitano perfettamente, e siccome le cose cattive si imparano con più facilità delle
buone, potrebbe darsi che Venezia diventasse col tempo un teatro di burattini.»169

Infatti, a prescindere dalla maschera di Pulcinella, Venezia si stava lentamente


trasformando in un palcoscenico, in cui ciò che realmente contava era mettere in
mostra i propri beni e mantenere un perenne clima di festa, come se, un po’ alla
volta, tutti gli abitanti si stessero tramutando in maschere. Si potrebbe definire
come una società-teatro poiché ognuno aveva un preciso ruolo e con uno specifico
canovaccio da recitare170. Al contrario, paradossalmente, nell’opera di
Giandomenico, la maschera si rivela come più autentica delle persone, in quanto
Pulcinella è l’«eternamente identico all’uomo»171. Scrive Voltaire:

«Approdò a una città che non rassomigliava per nulla a quelle viste fino allora.
Il mare formava le strade, le case erano costruite sull’acqua. Le poche piazze
pubbliche che adornavano quella città erano popolate di uomini e donne dal doppio
viso; quello dato dalla natura, e una faccia di cartone che vi applicavano sopra, di
modo che il popolo pareva composto di spettri.»172

166
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 27.
167
Anonimo, Ricorso a Pulcinella scacciato dalla Piazza di S. Marco, divenuto errante sopra le strade di
Venezia l’anno 1760; cfr. Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 27.
168
Ibid.
169
P. Correnti, Il Carnevale di Venezia, Milano, 1968; cfr. Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of
Domenico Tiepolo, cit., p. 28.
170
Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, cit., p. 130.
171
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 103.
172
Ivi, p. 51.
37
4.3 La “ricerca del tempo perduto” e la “scoperta del tempo
ritrovato”: dietro la scelta di Giandomenico Tiepolo
Durante il XVIII secolo il numero delle apparizioni di Pulcinella nel
palcoscenico del mondo dell’arte è sensibilmente aumentato. Queste si possono
essenzialmente distinguere in due tipi: il Pulcinella mascherato, dietro al quale si
nasconde una persona, generalmente un attore, e il Pulcinella in carne e ossa, ossia
il personaggio reale che conduce una vita normale. Il primo tipo testimonia la
presenza e la fortuna della figura di Pulcinella a Venezia, come maschera e
burattino, mentre il secondo si può considerare la base che ha ispirato
Giandomenico e su cui ha costruito il Divertimento173.

Giandomenico deve essere rimasto affascinato dal lato ricco dal punto di vista
umoristico e ironico di questa figura popolare. Ai suoi tempi occupava inoltre un
posto fisso a Piazza San Marco e sulla Riva degli Schiavoni, nelle vesti del
ciarlatano o del buffone di strada174. Non aveva nemmeno bisogno di caricare la
sua figura per renderla comica, né nel carattere né nell’aspetto, perché era già
bizzarra di per sé.

Anche Carlo Goldoni, conosciuto per la sua crociata contro la volgarità nel
teatro, nella sua opera Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, trae ispirazione da una
storia che aveva avuto moltissimo successo fra il popolo. Inoltre, aveva ripreso nel
titolo di due opere due modi di dire popolari: Il mondo alla Roversa e Il paese
della Cuccagna. Questo è indice di quanto la cultura popolare fosse radicata, anche
nel più estremo dei casi, negli uomini dell’epoca175.

C’è da aggiungere però, che non è stato il primo, ma altri prima di lui hanno
subito lo stesso incantesimo.

173
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 29.
174
L. Wolk-Simon, Domenico Tiepolo: Drawings, Prints, and Paintings in the Metropolitan Museum of
Art, «The Metropolitan Museum of Art Bulletin», 54, New York, The Metropolitan Museum of Art, p. 61.
175
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 56.
38
Un sostanziale numero di rappresentazioni di Pulcinella è costituito dal lavoro
di Alessandro Magnasco (Figura 13). Ciò che lo distingue dagli altri artisti è
l’atmosfera cupa di cui sono intrise le sue opere. Gli scenari in cui sono ambientate
le scene sono tenebrose e hanno un aspetto malsano. Con la sua opera non vuole
documentare o denunciare la condizioni di alcuni attori ridotti alla miseria, ma
vuole semplicemente ritrarre Pulcinella nelle condizioni di un vagabondo 176. Non
è possibile stabilire per certo la connessione fra Giandomenico e queste opere, ma
era sicuramente interessato alla sua arte, in quanto ha preso ispirazione per la sua
versione di I Monaci bruciano i libri eretici dallo stesso soggetto del Magnasco177.
In entrambe le rielaborazioni di Pulcinella da parte dei due artisti lo si può vedere
coinvolto in attività quotidiane e circondato dalla famiglia. Tuttavia, mentre
Giandomenico ha donato al suo Pulcinella una vita agiata, coccolato dalle bellezze
della campagna veneta, Alessandro l’ha confinato in luoghi periferici e ambigui,
dove anche la più normale delle attività si colora di una sfumatura più oscura178.

Più simile all’atmosfera tiepolesca, è il modo di rappresentare Pulcinella di Pier


Leone Ghezzi (Figura 14), il quale lo ritrae lontano dal teatro e immerso nella
tenera vita quotidiana. Le sue raffigurazioni trasudano compassione ed empatia,
tant’è che anche l’asino di Pulcinella vive dentro casa con Pulcinella e la sua
famiglia e condivide il focolaio domestico179, partecipando addirittura a una
lezione in classe180. Le connessioni fra Giandomenico e Pier Leone sono
molteplici: Giandomenico aveva copiato una sua caricatura raffigurante degli
ecclesiastici nei dipinti Consilium in Arena e I Monaci bruciano i libri eretici, oltre
al fatto che alcuni dei disegni di Pulcinella di Ghezzi erano state riprodotti dalle
incisioni di Vasconi e Pier Leone Bombelli181.

176
Ivi, p. 33.
177
Ibid.
178
Ibid.
179
Ivi, p. 37.
180
In Punchinello, Schoolmaster, 1715, Duke of Devonshire Collection, Chatsworth; cfr., Sears Goldman,
“The most beautiful Punchinelli in the world”: a comprehensive study of the Punchinello drawings of
Giovanni Battista Tiepolo, cit., p. 98.
181
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 37.
39
La prima comparsa di Pulcinella nell’opera di Giandomenico risale al 1750, nel
Minuetto182, nel quale viene ritratto come parte di una compagnia teatrale che
intrattiene una folla nel giardino di una villa. Successivamente apparirà nella
versione del Minuetto conservata al Louvre e nel Cavadenti. Fino al 1765 non si
trova più alcuna traccia di Pulcinella, per poi sparire nuovamente fino al 1791,
anno in cui riemerge grazie agli affreschi nella villa di Zianigo e al Divertimento.
In questo contesto vediamo temi già esplorati da Tiepolo, ma si assiste a
un’invasione di Pulcinella. Il suo proposito però non è solo quello di proporre
vecchi motivi accompagnati dalla figura di Pulcinella, ma è come se i personaggi
che prima abitavano quelle scene, fossero diventati dei Pulcinella loro stessi183.

Negli affreschi di villa Zianigo e nel Divertimento, sembrano perfettamente


aderire al secondo tipo di rappresentazione, raccontando la storia di Pulcinella
come persona, secondo i racconti popolari. È da questi infatti che Giandomenico
trae ispirazione per la maggior parte delle sue scene184. Un esempio è costituito da
Pulcinella in a Carnival procession, la quale è tratta da una scena tipica del
Carnevale e che si poteva facilmente osservare a quei tempi a Venezia. Anche la
morte di Pulcinella può rappresentare la fine del Carnevale e segnare l’inizio della
Quaresima185.

Altri temi strettamente appartenenti alla cultura popolare sono rappresentati in


Pulcinella Begging Alms, dove è rappresentato Pulcinella mentre cavalca un asino
al rovescio, motivo tipico per rappresentare la follia umana, il mondo alla rovescia.
In Pulcinella as Street Criers, invece è raffigurato il tema delle arti ambulanti,
mentre in The Barber Shop, The Carpentry Shop e The Tailor Shop sono
rappresentati i diversi mestieri urbani. Pulcinella per Giandomenico doveva
raffigurare la quintessenza della cultura popolare, poiché occupava una posizione
particolare fra finzione e realtà quotidiana186.

182
Ora conservato presso la Wrightsman Collection a New York.
183
Ivi, p. 42.
184
Ivi, p. 52.
185
Ibid.
186
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 53.
40
Un aspetto da non trascurare è sicuramente quello politico. L’ultima data ad
apparire sulle pareti di Villa Tiepolo a Zianigo è quella del 1797. Il ciclo di
affreschi non è mai stato completato187.

Una voce fuori dal coro è quella di James Byam Shaw, secondo il quale i disegni
di Giandomenico non avrebbero una valenza politica. Dal suo punto di vista, è
necessario soffermarsi sul titolo, Divertimento per li regazzi, e sul contesto.
Giandomenico, alla fine della sua carriera e senza più una clientela, probabilmente
non aveva più alcun interesse a compiacere qualche mecenate o il pubblico, perciò
sarebbe futile ricercare motivi politici nei suoi disegni188. Non solo, si spinge anche
oltre, suggerendo che potrebbe averli disegnati appositamente per i bambini del
vicinato. Infatti, i suoi affreschi avevano riscosso il successo e la curiosità di chi
gli viveva accanto, oltre al fatto che gli spettacoli di quel tempo con Pulcinella
come protagonista pullulavano di oscenità, mentre nei disegni di Giandomenico
compare una versione più adatta ai bambini di quegli scherzi189.

Tuttavia, quella di Pulcinella non è una comparsa casuale. Non può essere frutto
solo di un’evoluzione interna, perché è un’invasione improvvisa, quindi è
probabile che i fatti storici abbiano avuto un impatto sulla sensibilità dell’artista190.

Ciò che rimane da stabilire è quanto fosse coinvolta la figura di Pulcinella con
la situazione politica dell’epoca.

Maurizio Bonicatti sostiene che questa scelta sia stato un modo per trasmettere
la sua solidarietà alla fascia popolare e affermare il suo punto di vista sul sistema
gerarchico, il potere e la ricchezza191. Tradizionalmente il simbolo della
venezianità era associato a Pantalone ed è significativa la scelta di Giandomenico
di porre al suo posto Pulcinella192.

187
Ivi, p. 57.
188
J.B. Shaw, The drawings of Giandomenico Tiepolo, Londra, Faber and Faber, 1962, pp. 58-59.
189
Ibid.
190
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 233.
191
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 58.
192
Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 29.
41
«Pantalone è un veneziano e parla il dialetto della sua città, ma non potrebbe
mai essere considerato il simbolo di tutto il popolo veneziano, precisamente perché
possiede un’individualità propria […] Significativo è il fatto che nella sua fantasia
d’artista, Tiepolo abbia visto così Pulcinella: non come un’entità unica,
inconfondibile, ma come un tipo»193

Secondo lo studioso, Giandomenico lo scelse perché ben rappresentava


l’anonimato della condizione servile. La maschera infatti veniva considerata come
una forma di uguaglianza sociale, seppur illusoria, perché cela il volto della
persona e rende tutti, aristocratici e popolani, uguali194. Nella lettera di Antonio
Piazza si legge:

«I nobili sempre nobili sono in qualunque forma si cangino; ma la plebe che


dall’uso delle maschere gode de’ lor privilegi, diventa insolente, temeraria,
insofferibile. Voi lo sapete meglio di me che i giovani di bottega, i servitori, gli
ebrei sono appunto quelli che con 15 soldi di tela incerata sul volto si fanno largo
da tutti».195

Questa rappresenta una testimonianza vitale perché dimostra come già all’epoca
la maschera avesse un significato sociale e di classe. Inoltre, le origini contadine
di Pulcinella costituivano un altro spunto per trattare dello sfruttamento
dell’entroterra da parte della città196. La scelta di una maschera del teatro, infine, è
astuta perché costituiva il mezzo più divulgativo a livello comunicativo, ossia il
teatro popolare197.

Nonostante il Pulcinella di Giandomenico ricalchi temi e motivi popolari, non


si può ignorare però che in molte rappresentazioni Pulcinella riveste i panni di
figure come il mercante, il boia o il proprietario terriero. Infatti, secondo il punto
di vista di Vetrocq, le argomentazioni di Bonicatti non sono sufficienti a

193
A. Nicoll, Il mondo di Arlecchino, Milano, Bompiani, 1965, pp. 68-69; cfr. Bonicatti, Il problema dei
rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 29.
194
Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 29.
195
Lettere di Antonio Piazza riportata sulla Gazzetta Urbana Veneta del febbraio del 1761; cfr. Bonicatti,
Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 29.
196
Bonicatti, Il problema dei rapporti fra Domenico e Giovanbattista Tiepolo, cit., p. 27.
197
Ibid.
42
giustificare queste tendenze politiche198. L’interesse verso la cultura popolare di
Giandomenico andrebbe rivisto sotto la stessa luce spensierata che investe gli
affreschi di Villa Valmarana. La sua è una pura fantasia aristocratica, quindi è un
interesse più paternalistico verso la vita popolare che lo spinge a operare questa
scelta199. La sua posizione e il suo orientamento conservatore però non gli hanno
precluso una visione molto lucida della stratificazione sociale e sicuramente era
consapevole dell’eco politico che poteva possedere la maschera di Pulcinella.

Nel 18esimo secolo alcuni studiosi avevano utilizzato la maschera di Pulcinella


per dimostrare la continuità della cultura italiana dall’antichità all’epoca
moderna200. È in questo contesto che risuona l’opera di Giandomenico. Ciò è la
conseguenza della crisi che si era verificata nel teatro. Secondo i riformatori la
Commedia dell’Arte era ormai un modello vecchio e poco consono alla nuova di
società, in quanto si pensava potesse corrompere gli animi. Al contrario, i
conservatori difendevano le loro tradizioni perché le persone possedevano «il
diritto di godere di ciò che gli piace, di ridere a ciò che le solletica»201. Per questo
motivo Pulcinella viene identificato come diretto discendente di Maccus, uno dei
protagonisti delle Atellane, diventando quindi espressione della più autentica e
primitiva inventiva italiana. Così, il Divertimento incarna questi ideali e li oppone
all’austerità degli invasori francesi202. A ridosso dell’avvento napoleonico che
segnerà la fine della libertà di Venezia, sceglie un soggetto vitale e gioioso, il quale
esprime quell’impulso del perdurare adattandosi a tutte le situazioni e incarna la
resilienza nelle situazioni difficili203.

In quest’ottica, anche il fatto di rielaborare diversi temi e composizioni già viste,


da parte sua o di suoi contemporanei, acquisisce un senso, in quanto è l’arte che
guarda alla sua storia e le dona nuova linfa vitale, basata sulla dimensione del

198
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 58.
199
Ivi, p. 59.
200
Ibid.
201
C. Gozzi, Ragionamento ingenuo e Storia sincera dell’Origine delle mie dieci Fiabe teatrali, in Opere
Teatro e Polemiche teatrali, a cura di G. Petronio, Milano, 1962; cfr. Vetrocq, The Divertimento per li
regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 59.
202
F. Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, in Satiri, Centauri e Pulcinelli,
Venezia, Marsilio, 2000, p. 54.
203
G. Romanelli, Pulcinella in attesa: la delusione della storia, in Satiri, Centauri e Pulcinelli, cit., p. 15.
43
piacere e del divertimento204. Effettivamente è proprio il titolo in primo luogo a
suggerire ciò. La parola Divertimento infatti deve essere intesa come diversione
dalle proprie responsabilità e preoccupazioni205. Quest’opera quindi costituirebbe
un’oasi felice, in cui si affermano il valore della creatività e la necessità del gioco,
temi fondamentali per rivendicare la creatività italiana.

La teoria secondo cui la maschera di Pulcinella sarebbe discesa da quella di


Maccus (Figura 15), presenta inoltre altre sfaccettature. Si ipotizzava che Maccus
sarebbe sopravvissuto proprio nelle tradizioni delle fasce più basse della
popolazione nel periodo delle invasioni barbariche206. Alla luce di questa scoperta,
la scelta di Giandomenico si colora di nuove sfumature. Può essere infatti intesa
come una forma di resistenza verso i nuovi barbari, ossia i francesi, i quali si
facevano portatori di nuovi ideali, come la ragione, l’ordine e l’impegno etico, che
andavano a cozzare con la dimensione ludica grottesca in cui Giandomenico aveva
costruito il divertimento207.

Come è già stato detto più che uno solo, è un’orda parassitaria a manifestarsi
nell’opera di Giandomenico. Questa, in particolar modo negli affreschi della villa
di Zianigo sembra quasi intenta a scacciare da Venezia la classe aristocratica, il cui
tempo è ormai giunto alla fine208. Vediamo infatti nel Mondo novo un solo
Pulcinella solitario, che richiama poi i suoi compagni a uscire dalle cavità
sotterranee in cui giacevano in trepidante attesa dall’essere risvegliati, per poi
uscire nell’affresco dell’altalena e infestare gli ambienti signorili. Si può ipotizzare
che Giandomenico volesse ritrarre la decadenza delle famiglie aristocratiche della
sua epoca. Questo è connotato da una nota non critica, in quanto si tratta solamente
di una malinconica constatazione, frutto di una nuova consapevolezza dopo aver
girato fra le più ricche corti europee209. Si potrebbe dire che ogni coppia
aristocratica abbia cresciuto un piccolo Pulcinella, incline unicamente alla vita

204
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 60.
205
Ibid.
206
Ibid.
207
Mariuz, Due mostre su Giandomenico Tiepolo, cit., p. 195.
208
J. Starobinski, Le ultime feste di Venezia, in Satiri, Centauri e Pulcinelli, cit., p. 19.
209
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 50.
44
mondana e festosa e non dedito all’impegno e al lavoro, causando così la
decadenza della famiglia210. Con la caduta della classe dominante e il sorgere del
gusto estetico neoclassico di quella nuova, Giandomenico si trovò così senza una
clientela e finì per farsi committente da solo, con l’opera Divertimento per li
regazzi, nella quale Pulcinella, nel suo costume bianco candido, sembra la
controparte umile dei gessi neoclassici211.

È probabile quindi che scelse Pulcinella perché era una figura che gli ricordava
i bei giorni spensierati dell’infanzia, in cui il nome dei Tiepolo suscitava ancora
clamore e il futuro gli appariva radioso. Infatti, Pulcinella rappresentava per
Giandomenico un personaggio della sua infanzia212. A Venezia abbondavano
spettacoli di burattini con Pulcinella come protagonista, infatti i suoi portano un
copricapo conico a tronco privo di falda molto simile a quello ritratto nel disegno
di Anton Maria Zanetti, Gentiluomo che assiste a uno spettacolo di burattini213
(Figura 16). Oltre a questo, Pulcinella era già uscito dalla penna del padre. I primi
disegni di Giambattista risalgono al 1735, perciò Giandomenico quando li vide era
molto giovane e non si può escludere che li abbia concepiti per suo figlio, come
un gioco o una favola214.

La ricerca dell’artista su questo bizzarro ed enigmatico personaggio consiste


quindi nella «ricerca del suo tempo perduto»215, ma anche nella «scoperta del
tempo ritrovato»216, consapevole che il mondo che conosceva e che lo aveva reso
celebre, era finito per sempre.

210
Starobinski, Le ultime feste di Venezia, cit., p. 19.
211
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 23.
212
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 232.
213
Ibid.
214
Ibid.
215
Ivi, p. 232
216
Ibid.
45
46
5. GIANDOMENICO TIEPOLO

5.1 Gli affreschi di Villa Tiepolo a Zianigo


In villa Tiepolo a Zianigo Giandomenico realizza un compendio sul divenire
dell’umanità217. È il filo conduttore che lega tutti gli affreschi, un percorso che
porta dalla primitività, alla civiltà, fino a giungere alla natura218. Prima, i satiri e
centauri, i quali vivono seguendo i loro istinti; poi gli antichi e i moderni, i quali
vengono rappresentati sul modello delle figure del padre, successivamente, i
contemporanei, immersi nel divertimento e nelle frivolezze della vita mondana e
infine i Pulcinella219.

Le prospettive aeree, l’infinito, gli abbellimenti e le graziosità si fanno da parte


in villa Tiepolo a Zianigo per lasciare spazio a un paesaggio più arido, scabro e
tormentato dalle intemperie220.

Gli affreschi della villa vennero realizzati in diverse fasi a partire dal 1759.
Precisamente nel 1771, 1791 e 1793. Tuttavia, Pulcinella fa la sua comparsa nelle
pareti della villa solo nel 1791, ed è su quegli affreschi su cui si focalizzerà questo
capitolo.

Risalgono infatti a quell’anno le scene di vita quotidiana, raffigurate sulle pareti


del salone al piano terra. Fra queste meritano particolare attenzione il Mondo Novo,
il Minuetto (Figura 17) e la Passeggiata (Figura 18). Nel Mondo Novo
Giandomenico riprende un tema che aveva già trattato in Villa Valmarana221: una
folla concitata si accalca attorno a un cosmorama, il quale è celato alla vista dello
spettatore, per ammirare le immagini delle meraviglie provenienti da luoghi esotici
del mondo. Già nell’affresco precedente si può avvertire un clima di attesa, tant’è

217
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 103.
218
Romanelli, Pulcinella in attesa: la delusione della storia, cit., p. 17.
219
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 103.
220
Starobinski, Le ultime feste di Venezia, cit., p. 19.
221
Morassi, Tiepolo: la villa Valmarana, cit.
47
che Giustino di Valmarana affermò: «contemplare durante la notte Il mondo nuovo
di Gian Domenico talora mi atterrisce»222.

Questo tema viene però rielaborato secondo una nuova consapevolezza, ossia
che ormai era invecchiato e, assieme a lui, lo era anche il mondo a cui era tanto
affezionato223. I personaggi, rispetto al precedente, sembrano inermi, proprio come
marionette, pronte a farsi abbindolare o manovrare da chiunque lo voglia. La
particolarità di questo affresco risiede nell’atmosfera di attesa che Giandomenico
orchestra perfettamente. Si manifesta davanti agli occhi dello spettatore un luogo
dove sia lo spazio che il tempo vengono sospesi, dando l’impressione di un’aria
quasi metafisica224. Tutte le persone, infatti, sono ritratte di spalle, in una serie di
quelli che si potrebbero definire come anti-ritratti225. Probabilmente questo è un
omaggio all’opera del padre, il quale amava, nelle sue caricature di persone
potenti, ritrarle di spalle226 (Figura 19). Il motivo per cui operava questo
rovesciamento è che in questo modo entravano in contrapposizione ai dipinti che i
committenti erano soliti farsi fare, dove, col loro sguardo altezzoso, mettevano in
soggezione lo spettatore. Letteralmente, Giambattista si “divertiva alle spalle” del
proprio soggetto; era abile tanto nell’elogiare, quanto nello schernire227. Infatti, le
caricatura di Giambattista dovevano costituire in qualche modo un’occasione di
evasione dalle urgenze e dalle restrizioni dei suoi committenti228. Quello che fa
Giandomenico però è calarle in uno spazio reale e in particolare sulle pareti di una
villa, dove Giambattista non avrebbe mai posto i suoi soggetti di spalle. Infatti, se
nelle sue opere i personaggi sono pronti ad accogliere lo spettatore e vogliono
essere osservati e applauditi, nel Mondo Novo di Giandomenico sembrano

222
G.A. Cibotto, G. Barbieri, Tiepolo e la vita in villa: arte e cultura nel Settecento veneto, a cura di N.
Pozza, Vicenza, 1996, p. 13.
223
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 94.
224
Romanelli, Pulcinella in attesa: la delusione della storia, cit., p. 16.
225
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 94.
226
A. Morassi, Disegni del Tiepolo, catalogo della mostra a cura di Aldo Rizzi, Loggia del Lionello (10
ottobre-14 novembre 1965), Udine, Tipografia Doretti, 1965.
227
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 94.
228
Morassi, Disegni del Tiepolo, cit., p. 79.
48
personaggi colti alla sprovvista, che nemmeno si accorgono della presenza di uno
spettatore229.

«Per la prima volta il teatro viene osservato al rovescio, dalle quinte anziché dalla
platea.»230

Questa particolare visione che Giandomenico offre, è importante perché crea


un distanziamento dagli spettatori appartenenti alla società, rispetto alla società
stessa. Costituisce quindi un punto di vista innovativo che permette di formulare
un giudizio imparziale sulla società. Solo tre personaggi sono colti di profilo,
dichiarando la propria estraneità e coscienza rispetto alla folla. Sulla destra,
secondo Pignatti231 l’uomo vestito di rosso con la parrucca nera corrisponderebbe
a Giambattista, mentre l’altro, con l’occhialino, sarebbe Giandomenico. Se fosse
così, Giandomenico starebbe compiendo un’opera di autoanalisi rispetto al proprio
ruolo nella società232. Altre ipotesi invece vedono in quei personaggi
semplicemente i rappresentanti di una classe sociale aristocratica ormai in
decadenza233. L’altro personaggio che si discosta dalla folla, è un Pulcinella.
Sembra quasi capitato lì per puro caso, incuriosito, anche lui, non tanto dallo
spettacolo offerto dal cosmorama, ma da quella strana folla, affascinato dai loro
costumi e i loro modi di fare. Qui, la sua presenza non è invasiva, ma si mescola
bene fra la società. Tuttavia, rileggendo l’affresco in funzione della figura di
Pulcinella, il quale si rivela un elemento chiave nella composizione, la sua
presenza può essere considerata come un presagio di quello che accadrà dopo.
Infatti, Giandomenico sembra quasi voler accompagnare i suoi personaggi nel
passaggio dal mondo vecchio al mondo novo, del quale viene offerto un piccolo
assaggio e che le persone si accalcano ad ammirare.

229
Ivi, p. 95.
230
M. Bonicatti, Note sul vedutismo veneziano: sulla cultura artistica di Francesco Guardi e di Domenico
Tiepolo, «Arte Veneta», XVIII, 1964; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 98.
231
T. Pignatti, Il Museo Correr di Venezia, 1960, p. 345; cfr. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 98.
232
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 98.
233
A. Momo, M. Muraro, Zianigo: la casa del pittore come autobiografia di Giandomenico Tiepolo, in I
Tiepolo. Virtuosismo e ironia, catalogo della mostra di Mirano, Torino, 1988; cfr. Pedrocco,
Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 49.
49
Secondo la lettura di Pedrocco234, infatti, la caratteristica principale della
maschera e dei suoi compagni è quella di essere tutti uguali, per questo motivo è
possibile stabilire un paragone fra questa figura e i francesi. Anche il clima di
inquietante attesa quindi può trovare il proprio riferimento nell’imminente caduta
di Venezia e l’arrivo dei francesi. Effettivamente, quando i Pulcinella entreranno
in scena, si mescoleranno ai personaggi della società veneziana, dando la parvenza
che li stiano accompagnando, o meglio, scacciando235, fuori dalla scena, per
ritagliarsi un posto proprio, come se stessero rubando la loro identità236.

Anche nel Mondo Novo è possibile rilevare la rielaborazione di vecchi modelli.


La figura colta di schiena, per esempio, viene da un disegno caricaturale nella
collezione Paul Wallraf di Londra, mentre la popolana viene dall’incisione numero
7 della serie Fuga in Egitto del 1753237.

Nei riquadri minori vengono rappresentati invece due motivi molto popolari
all’epoca: quello del minuetto e la passeggiata. Quest’ultimo era già stato trattato
da Giandomenico presso la Foresteria di villa Valmarana238 (Figura 20). I
protagonisti di queste due scene sono giovani della classe aristocratica vestiti alla
moda del tempo. I loro gesti volutamente esagerati, tanto da apparire stravaganti,
sembrano voler alludere alla superficialità del gruppo sociale, troppo attento alle
formalità e alle apparenze, trascurando la propria reale condizione239. Il Minuetto
sembra infatti più un’uscita di scena. In ogni caso, entrambe le scene sono pervase
da un’atmosfera eterea e irreale, come se i personaggi che le animano stessero per
scomparire da un momento all’altro per sempre. Tuttavia, Giandomenico si incanta
a osservarli, come intrappolati in una palla di neve, sospesi in un mondo dove tutto
è ancora dettato dalla moda e consiste nelle parrucche perfettamente acconciate,
ciprie polverose e vitini stretti240. È una risposta alla società dei professori
intendenti dell’Accademia, i quali prediligevano il genere storico, da parte di un

234
Ivi, p. 54.
235
Ivi, p. 49.
236
Romanelli, Pulcinella in attesa: la delusione della storia, cit., p. 16.
237
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 49.
238
Morassi, Tiepolo: la villa Valmarana, cit., pp. 31-32.
239
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 49.
240
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 98.
50
figlio dello spirito rococò241. Questo era un linguaggio ormai superato, ma che
Tiepolo riutilizza in un ambiente intimo per contemplare la decadenza della società
a cui era legato. Non c’è spirito polemico, è solo una constatazione del suo
declino242. È una presa di coscienza dopo aver viaggiato fra le corti più ricche di
Europa.

Dopo aver messo in mostra la classe nobile, i cui movimenti negli affreschi
appaiono goffi e sgraziati, inadeguati alla situazione, e dopo averli fatti uscire di
scena, Tiepolo a partire dal 1793 introduce i Pulcinella. Essi sono il simbolo di una
nuova classe, più povera e umile, ma che appare perfettamente a proprio agio e in
armonia sulle pareti della villa243. Quindi, nonostante possano essere deformati
fisicamente e oggettivamente non belli da vedere, sembrano genuini, graziosi e
perfettamente inseriti nel contesto. Come già accennato, Pulcinella è un
personaggio vitale e gioioso e incarna perfettamente la volontà di sopravvivenza
di fronte alla morte e la decadenza, scenario che proiettava la propria ombra
inquietante sul futuro di Venezia244. Secondo il pensiero di Mariuz245, Momo e
Muraro246, il quale entra in contrasto con la tesi esposta in precedenza, infatti,
l’invasione dei Pulcinella è simbolo del dissenso verso le imposizioni francesi, le
quali ritenevano la commedia dell’arte indegna.

È in questi anni che realizza la stanza con Pulcinella sull’altalena (Figura 21).
Qui, la buffa maschera compare al centro del soffitto, posto d’onore solitamente
riservato alle divinità o agli eroi, con la differenza che Pulcinella è l’antieroe247.
La scena si apre agli occhi dello spettatore dal basso e dà l’impressione che queste
creature siano risalite alla luce da una fossa per mezzo di una scala, dopo essere
stati segregati in un’altra dimensione per molto tempo248. Questo spiegherebbe
perché tutti i personaggi che, nell’opera di Giandomenico, si imbattono nella

241
Ibid.
242
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 50.
243
Ivi, p. 53.
244
Romanelli, Pulcinella in attesa: la delusione della storia, cit., p. 15.
245
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit.
246
Momo, Muraro, Zianigo: la casa del pittore come autobiografia di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 49.
247
Ivi, p. 54.
248
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 235.
51
maschera non riscontrano delle anomalie e non si dimostrano sorpresi. Forse
perché non possono vederli249. Giandomenico invece sembra vederli, presenti in
ogni scena della sua vita, che infestano passato, presente e futuro.

Attorno alla sala, si situano diverse scene di contorno. La cavalcata di


Pulcinella (Figura 22) potrebbe costituire la parodia di Napoleone, in quanto è
ritratto in un atteggiamento autoritario, mentre incita il suo insolito esercito alla
battaglia. Tuttavia, l’atmosfera dell’affresco risulta caotica e indisciplinata e il
comandante viene ridicolizzato dal fatto che è a cavallo di un asino250. In
Pulcinella innamorato (Figura 23), invece, riprende il tema caro al padre, ma
anche allo stile rococò, del corteggiamento; infatti in quest’affresco sembra aver
preso a modello Incontro di Antonio e Cleopatra (Figura 24) di Giambattista
Tiepolo251. In quello della Partenza di Pulcinella (Figura 25) invece, riprende la
posa del Giacinto morente in Morte di Giacinto (Figura 26) di Giambattista della
collezione Thyssen252. A suggerire ciò, contribuisce anche il dettaglio della
racchetta da volano. Infatti, secondo una rilettura del Cinquecento del mito di
Giacinto delle Metamorfosi, egli era stato colpito da una palla colpita dalla
racchetta di Apollo253. Infine, la figura in piedi che si sta avviando verso l’orizzonte
sembra presagire il Pulcinella che si troverà nel frontespizio del Divertimento254.

Innamorato dei costumi contemporanei, Giandomenico li racconta in prima


persona, ma il risultato finale è che appaiono come flebili imitazioni della vita
mondana, svuotati di significato e umanità, effetto dovuto anche ai colori gessosi
che il pittore prediligeva e che ben si accostavano al costume di Pulcinella255.

La sua natura mutaforme inquadra perfettamente la società veneziana e


quell’inclinazione dell’epoca a reinventarsi e a adattarsi a ogni avventura e
situazione. A differenza delle opere di Thomas Rowlandson, James Gilray o

249
Ivi, p. 236.
250
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 57.
251
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 105.
252
Ibid.
253
Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, cit., p. 59.
254
Ibid.
255
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 105.
52
Francisco Goya, nelle quali la tensione polemica è palpabile, in quelle di
Giandomenico lo scherno si fa pallido e nostalgico, cosciente che non potrà mai
immaginarsi in un mondo differente da quello che sta scomparendo256.

5.2 Il Divertimento per li regazzi: un testamento artistico


«Rese quasi umano un personaggio grottesco»257

Negli ultimi anni della sua vita, senza una committenza e in solitudine,
Giandomenico compie la consapevole scelta di schierarsi dalla parte del volgo
“ignorante” e più precisamente dalla parte dei ragazzi, dedicando loro un’intera
raccolta di disegni: il Divertimento per li regazzi.

Probabilmente iniziò a lavorare a quest’opera a partire dal 1797, data che


compare anche sull’affresco Pulcinella innamorato della villa di Zianigo258. Venne
poi dimenticata fino al 1920, anno in cui a un’asta a Sotheby’s i disegni riemersero
e vennero venduti a Richard Owen. Non è stato registrato l’anonimo venditore e
ancora meno si sa della loro storia prima di quell’anno. Tuttavia, Henry Francis fa
notare che probabilmente ai tempi di Tiepolo quei disegni dovevano essere
piuttosto comuni, per questo motivo non devono aver attirato molto l’attenzione259.
Owen li tenne uniti il tempo necessario per realizzare la prima e unica mostra in
cui vennero esposti tutti assieme nel Musée des Arts Décoratifs nel 1921, poi iniziò
a venderli e la raccolta venne smembrata. Trentanove di questi disegni vennero
successivamente riuniti in occasione della mostra tenutasi presso il museo d’arte
dell’Indiana University di Bloomington nel 1979. È una grande perdita che al
giorno d’oggi la raccolta non sia stata ricomposta, perché questa assume valore nel
suo insieme, nella sua fitta trama di rimandi e somiglianze, oltre che nella
particolarità di ogni disegno. Infatti, proprio nel titolo, l’accezione musicale della

256
Ivi, p. 99.
257
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p.15.
258
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 103.
259
H.S. Francis, Six Drawings from the Life of Pulcinella by the Younger Tiepolo, «The Bulletin of the
Cleveland Museum of Art», 26.4, 1939, pp. 46-49.
53
parola divertimento rimanda a un gioco di temi e motivi concatenati fra loro e
presentati in modi diversi260.

Mentre negli affreschi di villa Tiepolo a Zianigo la figura di Pulcinella si trovava


in un contesto più gioioso, nel Divertimento si fa più alta e magra, diventa più
deforme, meno comica e più tragica261. La sua caratterizzazione non si può far
derivare unicamente dalla tradizione carnevalesca o dalla passione di Cristo262,
perché nel Divertimento è un personaggio estremamente sfaccettato, troppo, per
poterlo costringere a una sola tradizione figurativa. Nemmeno è sufficiente
ricondurlo a qualche attore che recitava il personaggio nei teatri dell’epoca. In
questi disegni, piuttosto, ciò che emerge è che il personaggio teatrale sembra
prendere vita e che inizi a dilettarsi nel recitare i più diversi ruoli che appartengono
agli umani263. Tuttavia, nel momento in cui sembra assumere connotazioni umane
si contraddice producendo eccentricità. Infatti, lo vediamo protagonista di alcune
avventure insolite, che vive con la sua consueta goffaggine, ma fondamentalmente
conduce la sua vita come una persona comune. È in sostanza il doppelgänger
dell’essere umano, anche se non rispecchia mai a pieno la realtà comune264. In
questo modo Giandomenico fornisce allo spettatore uno strumento per
rispecchiarsi, ma anche per comprendere i pericoli in cui potrebbe incappare e
prendere le distanze dal lato oscuro degli eccessi di Pulcinella. Così diverso,
eppure così familiare, egli riesce a rendere particolare anche gli aspetti più comuni
della quotidianità265.

Per quanto riguarda la tecnica, predilige il disegno a penna e inchiostro, con


l’utilizzo dell’acquerello per dare rilievo. Una tecnica tradizionale, ma grazie alla
sua maestria riuscì a conferire speciali effetti atmosferici, differenziando le
superfici e ottenendo particolari giochi di luci. Sperimenta quindi partendo dai

260
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 225.
261
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 15.
262
Ibid.
263
Ibid.
264
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 103.
265
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p.15.
54
limiti stabiliti dalla tradizione266, ma giungendo a risultati inediti per la sua
epoca267.

È difficile orientarsi fra la 104 carte senza avere dei dubbi su chi sia il reale
protagonista. Anche se paradossalmente nel Frontespizio è raffigurato un
Pulcinella solitario, la storia si sviluppa attorno a una comunità di pulcinella.
Quindi chi è veramente il vero Pulcinella protagonista? La risposta è molto
semplice: tutti e nessuno268. Il protagonista è ognuno di loro, nella misura in cui lo
spettatore lo decide. Infatti, è significativo abbia scelto una maschera perché questa
è qualcosa di inanimato fino al momento in cui qualcuno non la indossa e proietta
su di essa la propria personalità. Allo stesso modo è il lettore a interpretare la storia
di Giandomenico269.

Un altro elemento che ci suggerisce ciò è la diversità delle situazioni in cui


Pulcinella è coinvolto, dalla vita ordinaria a situazioni straordinarie come quelle
dei viaggi esotici, così da poter, da un lato, far rispecchiare moltissime persone
nelle sue avventure ma allo stesso tempo, dall’altro, farle viaggiare con la fantasia.
Pulcinella è in grado di vivere situazioni così differenti fra di loro proprio per il
suo essere al tempo stesso persona comune, ma anche straordinaria 270. Per
esempio, anche semplicemente il raccogliere la frutta diventa motivo di caos per i
Pulcinella (Figura 27), tanto che sembra che anche la statua dietro si giri per non
assistere al loro comportamento poco disciplinato. In questo disegno è da notare
come giochi anche con la composizione: questa è perfettamente simmetrica
nonostante la situazione raffigurata sia disordinata. Oppure anche in Pulcinella si
prepara per unirsi a una festa, anche se il clima è caotico, tutto sembra una danza
perfettamente coreografata.

266
Infatti, utilizza inchiostro di seppia, bistro e galla di quercia; cfr. Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di
Pulcinella, cit.
267
«Attraverso una tecnica tanto tradizionale precorre gli sviluppi di maestri dell’Ottocento come Van
Gogh.»; cfr. Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 16.
268
Ivi, p. 17.
269
Ibid.
270
Ibid.
55
Per via della sua natura stravagante, spesso l’attenzione dei Pulcinella viene
attirata da elementi altrettanto bizzarri come uno struzzo, un cane ballerino, un
elefante. Per esempio, nella scena Alcuni Pulcinelli con gli struzzi nel giardino di
una villa (Figura 28) afferra l’ala di uno struzzo e si assiste a un confronto faccia
a faccia di due esseri ugualmente buffi e sgraziati. Questo è indice di come
Giandomenico abbia fatto delle scelte ponderate su cosa inserire nei disegni e di
come ogni elemento abbia un senso nell’universo del Divertimento.

Una delle immagini più enigmatiche della raccolta è proprio quella iniziale: il
frontespizio. In questa scena è ritratto Pulcinella, solo, a contemplare un sepolcro
su cui è inciso il titolo dell’opera, Divertimento per li regazzi carte no. 104. Viene
colto di spalle e regge in braccio una bambola vestita secondo la moda dell’epoca.
In primo piano sono stati abbandonati un piatto ancora ricolmo di gnocchi, una
giacca, un cesto e delle caraffe. Sullo sfondo invece, sopra al sepolcro, sono posati
degli oggetti conici, i quali potrebbero essere o recipienti per gnocchi o i copricapi
di altri Pulcinella. Sul sepolcro è appoggiata anche una scala. Ognuno di questi
elementi ha uno specifico peso nell’opera, appunto perché, come si è già detto,
nulla è casuale.

Secondo la lettura di Vetrocq271, Pulcinella, contemplando la propria tomba,


sarebbe in attesa della propria chiamata all’azione. Tiene in mano una bambola,
che rappresenta sé stesso, ma anche tutti gli altri Pulcinella inanimati, in attesa del
soffio vitale che li porterà in vita. Questo verrà confermato dalla scena finale, in
cui Pulcinella riemerge dalla propria tomba. Tuttavia, secondo Mariuz272, la
bambola celerebbe una critica. Questa rappresenterebbe la società veneziana
dell’epoca, senza una volontà propria, come se fosse composta da marionette
estremamente manipolabili.

Anche secondo Adelheid Gealt273, il frontespizio allude a una fine piuttosto che
a un inizio, se non fosse per la composizione della scena, la quale è chiusa sulla

271
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 62.
272
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 109.
273
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit.
56
sinistra per aprirsi poi sulla destra. Infatti, in tutta la raccolta la dimensione del
comico e quella del tragico si intrecceranno diverse volte. La bambola che regge
in braccio sembra essere più espressiva di lui, mentre gli oggetti rimandano alla
sfera dell’abbandono. Anche Gealt riscontra una struttura circolare in quest’opera.
Nell’ultimo foglio, L’apparizione alla tomba di Pulcinella (Figura 29) in cui viene
rappresentata l’apparizione del fantasma che emerge dalla tomba, viene ripresa la
scena del frontespizio per ossimori. L’atmosfera da calma e malinconica si fa
caotica e al posto di un solo Pulcinella con una bambola, si vedono un gruppo di
Pulcinella spaventati. Infine, l’atteggiamento del Pulcinella scheletro sembra
paradossalmente più vivo, in quanto molto più animato e vivace del Pulcinella in
carne e ossa.

Giorgio Agamben fa notare invece che il personaggio di Pulcinella, per via delle
sue innumerevoli resurrezioni, non appartiene né a questo mondo, né all’altro, ma
si fa beffe della morte e la inganna274. Questo sarebbe il motivo per cui
Giandomenico nel frontespizio decide di ritrarre il momento significativo in cui
Pulcinella guarda la propria tomba, perché è sia dentro che al di fuori di essa.
Inoltre, fa notare che quest’immagine ricalca l’opera giovanile della Via Crucis. Il
sepolcro di Pulcinella, infatti, coincide con quello di Cristo, in entrambe le opere
si trova una scala, come se anche Pulcinella fosse stato in qualche modo deposto
dalla croce. Al posto della croce, il sudario, il martello e la corona di spine,
troviamo i simboli di Pulcinella: gli gnocchi, una brocca di vino e della legna,
simboli della sua personale Passione275.

Tuttavia, è da notare come la scala, elemento che ricorre moltissime volte in


tutta la raccolta, potrebbe essere la stessa che i suoi compagni hanno utilizzato in
villa Tiepolo a Zianigo nell’affresco dell’Altalena, per risalire alla luce.

La resurrezione dalla morte può infine indicare che, come tutti gli eroi, anche
Pulcinella rimarrà sempre nel cuore e nella memoria delle persone276. George

274
Agamben, Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, cit., p.
275
Ivi/Ibid.
276
Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, cit., p. 130.
57
Knox suggerisce l’accostamento a una delle note di Goya in Il disastro della
guerra277 (Figura 30):

«Muriò la verdad. Si resucitarà?»

In realtà però il paragone con Goya non è così esatto, perché Goya è un uomo
moderno, che prende una posizione ed è convinto di agire nel nome della
giustizia278. Al contrario Giandomenico sente di appartenere a un mondo ormai
vecchio, in decadenza e non c’è nulla che possa fare per salvarlo.

Come mai Giandomenico abbia scelto di donare questa particolare struttura


all’opera è una questione che ha generato diverse ipotesi.

Una delle più interessanti è quella legata alla dimensione del gioco279. Facendo
rinascere Pulcinella alla fine, ogni volta che si conclude la lettura dell’opera, viene
offerta allo spettatore l’opportunità di ricominciare tutto dall’inizio. È un gioco
anche per il pittore stesso, in quanto nel Divertimento si realizza una sorta di
compendio sulla propria arte, quella del padre e sullo stile rococò in generale,
facendolo durare in eterno. Sulla soglia della morte di questo stile Giandomenico
trova un modo per riviverlo e immortalarlo in modo ludico280.

Costituisce anche un modo per contrastare i nuovi valori di serietà e impegno


etico portati dai francesi281. Questi avevano introdotto una nuova scansione del
tempo, non più secondo feste e quaresime, ma dettata dalla razionalità. In quegli
stessi anni, inoltre, stavano affiorando visioni più cupe di Venezia come quella di
Francesco Gallimberti in Le carceri sotteracque e della aristocrazia triumvirale,
dette pozzi282 (Figura 31). Al contrario Giandomenico rimane in una dimensione
giocosa, libera e festosa, come quella che aveva animato l’ultimo Carnevale di
Venezia prima della caduta, quando avevano tutti festeggiato come se nulla stesse
accadendo. Questo doveva aver affascinato e stuzzicato l’immaginazione del

277
Ibid.
278
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 99.
279
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 235.
280
Ibid.
281
Ibid.
282
Ibid.
58
pittore, identificando in Pulcinella quel popolo che sapeva divertirsi in qualsiasi
circostanza.

Ciò si può ritrovare anche nel titolo. Mentre James Byam Shaw283 ipotizza che
l’abbia creato letteralmente per i bambini del vicinato, come già aveva fatto Callot
con i suoi Capricci per «i fanciulli che apprendono l’arte di disegnare», Mariuz
crede che il titolo conservi una vena polemica284. Giandomenico è consapevole che
la sua arte non riscuote più molto successo fra nuovi intendenti d’arte, perciò la
indirizza ai ragazzi, che ancora possono godere della bellezza dello svago.

A valorizzare l’aspetto ludico dell’opera, si aggiunge anche la particolare


configurazione di ogni scena. I personaggi non si rivolgono direttamente allo
spettatore, eppure esso si sente perennemente coinvolto. Quest’effetto è dovuto al
fatto che i protagonisti sono particolarmente eloquenti, ma è un’espressività
composta per lo più da gesti esagerati, atteggiamenti e posizioni, invece che da
espressioni.

Inoltre, lo spettatore viene coinvolto nella scena attraverso degli espedienti nella
composizione. Nella Partita a bocce (Figura 32), per esempio, i personaggi sono
disposti secondo un semicerchio aperto verso lo spettatore, facendolo sentire parte
della scena. In un’altra invece, viene inglobato fra le persone che passeggiano per
le calli di Venezia. Infine, un altro elemento importante nella lettura di ciascun
disegno, sono i cani, i quali danno sempre una connotazione diversa alla scena, ne
amplificano la narrazione, in quanto reagiscono come reagirebbe lo spettatore. Per
esempio, in La pioggia primaverile (Figura 33), tutti i personaggi sono colti di
schiena, solo il cane, con un’aria malinconica, si volta a guardare lo spettatore. Al
contrario, nell’Ultima malattia di Pulcinella (Figura 34) il cane dà le spalle, quasi
a non voler assistere alla morte del suo padrone.

Come è già stato sottolineato, in questi disegni Pulcinella assume un’infinità


varietà di ruoli, è allo stesso tempo servo e padrone, vittima ed esecutore,
rispondendo così alle accuse di chi sosteneva che la maschera mortificava il

283
Shaw, The drawings of Giandomenico Tiepolo, cit., p. 59.
284
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 105.
59
personaggio in quanto lo intrappolava in canoni e schemi fissi, senza possibilità di
sfumatura.

Il Pulcinella di Giandomenico è invece un Everyman285, ha interpretato nei suoi


disegni diversissimi ruoli, parodiando da Federico Barbarossa fino al più umile
contadino, anche se per la maggior parte del tempo veste i panni del nobile
veneziano che si gode i piaceri della vita. In questi disegni infatti è completamente
diverso dal Pulcinella degli spettacoli di Punch and Judy286. Nelle storie raccontate
nei casotti dei burattini britannici, Pulcinella veniva descritto come un personaggio
malvagio, il quale uccide il figlio, picchia la moglie, impicca il boia e viene
trascinato all’inferno dal diavolo. Anche nell’aspetto fisico differisce dalla
versione inglese, perché è più alto, magro e spensierato del crudele e tarchiato
Punch. Inoltre, il costume è più semplice e lineare, tutto bianco, mentre quello di
Punch ricorda per lo più quello di un Arlecchino usurato287.

Allo stesso tempo, questa infinita esplorazione sulle variazioni della maschera
significa anche una minuziosa ricerca e ripresa di temi e opere care a
Giandomenico. In ogni disegno si celano rimandi e citazioni ad altre opere dei
Tiepolo, ma anche dei loro contemporanei.

«Aveva l’arte di adattare le massime di quei grandi uomini alla semplicità del
balordo»288.

In Il giovane Pulcinella guarda i contadini al lavoro (Figura 35), uno dei


vangatori riprende un personaggio nella Crocifissione di Tintoretto (Figura 36)
presso la Scuola Grande di San Rocco, la donna che fugge alla vista del granchio
in Pulcinella e il granchio gigante (Figura 37) riprende il gesto del frate spaventato
nel Martirio di san Pietro da Verona di Tiziano (Figura 38). Ancora, nel Banchetto
nuziale (Figura 39) riprende la struttura delle Nozze di Cana del Veronese (Figura

285
Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, cit., p. 131.
286
T. Hill, The Punch and Judy Show: Its history and cultural significance, «Acta Neophilologica», XX,
2018, pp. 169-185.
287
Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, cit., p. 131.
288
Commento di Casanova sugli attori della Commedia dell’Arte; cfr. Mariuz, I disegni di Pulcinella di
Giandomenico Tiepolo, cit., p. 232.
60
40) e Il plotone d’esecuzione (Figura 41) ricalca l’incisione della Fucilazione di
Callot (Figura 42). Ulteriori somiglianze sono riscontrabili in Pulcinella porta a
casa la sua sposa (Figura 43) con L’incontro alla Porta d’Oro di Giotto (Figura
44), mentre in La moglie o amante di Pulcinella sviene (Figura 45), il gatto
assomiglia a quello dell’Annunciazione di Lorenzo Lotto289 (Figura 46).

Non solo, moltissime suggestioni sono offerte anche dal lavoro di suo padre.

In Il matrimonio di Pulcinella (Figura 47) riprende l’affresco del padre nel


Kaisersaal di Würzburg, fatto in onore delle nozze tra l’imperatore Federico
Barbarossa e la principessa Beatrice di Burgundia (Figura 48). Tutta la
composizione è pervasa da un’atmosfera solenne, i Pulcinelli sembrano quasi
tenere a bada i propri istinti, mentre in quella dopo, nel Banchetto nuziale, c’è la
liberazione di questi. Anche in questa scena, probabilmente per via dei temi trattati,
cari alla tradizione rococò, sembra riprendere Il banchetto di Antonio e Cleopatra
di Giambattista (Figura 49). Per motivi più ovvi, anche in Pulcinella pittore di
ritratti (Figura 50) prende a modello il padre, ispirandosi ad Alessandro e
Campaspe nello studio di Apelle 290 (Figura 51).

Inoltre, non mancano i riferimenti all’invasione napoleonica: Nel Plotone


d’esecuzione è chiaro il riferimento all’occupazione francese e al modo in cui
reprimevano le resistenze. Se confrontata con lo stesso soggetto ritratto da Goya
(Figura 52), tuttavia, in quella di Tiepolo risulta evidente che è una finta
fucilazione, dovuta anche al fatto che Pulcinella non può morire. La tragedia in
291
questo disegno culmina in una farsa, mentre in Los fusilamientos del tres de
mayo di Goya la scena è cruda e reale. Una velata critica è riscontrabile anche in
Alcuni Pulcinelli abbattono un albero (Figura 53), perché alluderebbe alla
sradicazione degli alberi della libertà che i francesi erano soliti piantare nelle
piazze d’Italia292. Di Alcuni Pulcinelli in una “Malvasia” (Figura 54), invece, è
possibile risalire al disegno originale: La Malvasia della collezione Masson. Nel

289
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p.
290
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 232.
291
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 109.
292
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 112.
61
secondo, il leone di San Marco è dipinto sul muro delle scale che conducono alla
strada, mentre nella scena coi Pulcinella, il vecchio emblema della repubblica è
posto al piano inferiore, sul muro della taverna stessa, con il segno della W
aggiunto prima, come si era soliti fare a Venezia per dimostrare il proprio supporto
per la repubblica293.

«Come i concerti per piano di Mozart, quasi contemporanei, le immagini di


Domenico comunicano una sconfinata energia e una malinconia inafferrabile e
quasi snervante. (…) Affrontando la morte Domenico ci ha insegnato qualcosa
della vita attraverso l’umorismo, la comprensione, la compassione e la
speranza.»294

5.3 L’enigma della sequenza narrativa


Addentrandosi all’interno del Divertimento, si riscontreranno diversi problemi
legati alla logica della sequenza. Questa difficoltà è data dal fatto che si muovono
sullo scenario tantissimi Pulcinella, perciò non è possibile individuare facilmente
il protagonista e nemmeno in che rapporto stanno gli uni agli altri. Non appena si
crede di aver trovato un filo conduttore, si viene portati fuori strada, o meglio,
“divertiti” da nuovi accadimenti.

Al giorno d’oggi non è stata rilevata nessuna analogia o rifacimento ad alcun


testo teatrale295, anche se il procedimento secondo cui si è costituito il divertimento
trae spunto da quello delle commedie dell’arte296. Infatti, lo stesso tipo di
personaggio si trova in situazioni e intrecci sempre diversi, mentre la trama era
appena accennata e spettava a ogni attore costruirci sopra la scena, improvvisando.
Dà l’illusione allo spettatore di aver dinanzi a lui degli esseri viventi, nonostante
Pulcinella sia un semplice burattino inanimato297.

293
Shaw, The drawings of Giandomenico Tiepolo, cit., p. 60.
294
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 21.
295
Anche se secondo Morassi potrebbe aver preso ispirazione da Poesie e Prose di Francesco Malosio;
cfr. Shaw, The drawings of Giandomenico Tiepolo, cit., p. 58.
296
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 230.
297
Ibid.
62
Per via di questa sua tendenza a esplorare le possibilità della variazione,
l’enigma della sequenza si infittisce. È possibile rilevare degli intrecci, ma con
altrettanta facilità possono essere disciolti. Un esempio: si può osservare Pulcinella
bambino che cresce sia in città che in campagna. Queste due diramazioni entrano
in contrasto fra di loro e disorientano lo spettatore, il quale non comprende quale
versione della storia sia quella corretta. L’artista potrebbe aver messo a confronto
come vivono due bambini diversi provenienti da classi sociali diverse, ma potrebbe
anche essere lo stesso bambino che vive prima in campagna e poi in città o
viceversa298.

Vengono offerti solamente due indizi da Tiepolo: il tema dell’avvenimento


raffigurato e i numeri segnati a margine. Nonostante questi siano effettivamente
l’unica documentazione certa, poiché apposta da Giandomenico stesso,
seguendoli, alcune scene risultano collocate in modo sparso. Gli episodi al circo,
infatti, risulterebbero distribuiti lungo la narrazione e inframezzati da altre scene,
oppure un Pulcinella adulto ubriaco, comparirebbe nel bel mezzo delle scene
dell’infanzia299.

Oltre a ciò, anche interpretare ciascuna scena risulta problematico, infatti alcune
di esse presentano più di un titolo come La riscossione degli affitti, scena
denominata anche Il pagamento degli stipendi. Anche nella scena Il
corteggiamento di Pulcinella presenta lo stesso problema perché viene intitolata
anche come La luna di miele (Figura 55). Ci sono simboli che rimandano alla sfera
del corteggiamento, come il gioco e il cane col collare (anch’esso costituisce un
rimando a un dipinto di Veronese, Venere e Adone (Figura 56)), ma anche alla luna
di miele perché la corteggiata indossa già la maschera della Pulcinellessa. Tutta la
scena è inoltre costellata da allusioni al vedere o allo studiare, quasi a suggerire
che qualcosa sfugga a Pulcinella sulla natura dell’amore.

298
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 15.
299
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 15.
63
Il livello di ambiguità quindi si moltiplica, oltre che nella sequenza narrativa,
anche nella scena stessa300. Inoltre, nonostante i gesti siano riconoscibili, i
personaggi si assomigliano moltissimo, tant’è che si possono incontrare delle
difficoltà nel trovare il Pulcinella protagonista. È il boia o il condannato? Il maestro
o l’alunno?

Anche le donne che incontra e accompagnano il racconto sono tutte molto


simili. Altre incongruenze sono riscontrabili sullo scenario, il quale o rimane lo
stesso, ma la logica narrativa non continua, o altre volte cambia anche se la storia
sembra continuare301. Per esempio, la tomba di Pulcinella che compare nel
frontespizio appare diversa dal luogo della resurrezione, in quanto la prima si trova
in città, mentre la seconda si trova in campagna. Ancora, lo stesso edificio figura
sullo sfondo sia della Partita a bocce, sia nella scena del Plotone d’esecuzione.
Anche la porta ad arco compare sia nella scena I Pulcinella chiedono leccornie,
sia quando comprano un asino. Inoltre, Pulcinella nasce da un tacchino ma viene
allattato da un umano e a volte porta la maschera, mentre altre no. Infine, il primo
e l’ultimo disegno, in senso numerico, non sono stati effettivamente il primo e
ultimo a essere realizzati e ciò comporta altri dubbi e problemi.

Probabilmente tutto ciò è dovuto al fatto che Giandomenico non avesse in mente
un’idea precisa sulla trama nel momento in cui ha realizzato i disegni302, ipotesi
che viene avvalorata dai suoi precedenti come disegnatore. Infatti, si potrebbe
rivedere l’intera opera di Giandomenico in prospettiva del Divertimento. Esistono
moltissimi studi da lui eseguiti come God the Father in the Clouds, Christ received
into Heaven, Saint Anthony and the Christ Child303, così come le scene di vita
contemporanea, anche questi presentano dei numeri a lato ma non vi è una
sequenza narrativa fissa304. Aveva già dimostrato la tendenza a giocare con le

300
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 16.
301
Ibid.
302
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 16.
303
J.B. Shaw, Some Unpublished Drawings by Giandomenico Tiepolo, in Master Drawings, 17.3, 1979, pp.
239-244 e pp. 289-301.
304
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., p. 16.
64
variazioni di uno stesso motivo anche nella Via Crucis, riproponendo il tema di
cristo che cade sotto la croce per tre volte305.

Anche in La Fuga in Egitto306, una raccolta di incisioni pubblicata nel 1753,


come nella Via Crucis, la struttura viene organizzata in modo sequenziale, come
«una composizione musicale con 24 varianti sopra un tema dominante»307. È
interessante notare come nel titolo affermi orgogliosamente di aver creato questa
serie, da intendere come primo segnale del suo estro creativo. Un aneddoto
simpatico riguardo questa serie viene riportato da Pompeo Molmenti in Tiepolo308.
Si raccontava che questa serie fosse nata con lo scopo di provare il contrario a un
committente, il quale, dopo aver visto una bozza con soggetto La Fuga in Egitto,
disse che non era abbastanza fantasiosa. Tuttavia, in seguito si è provato che questo
racconto fosse un falso, anche se, ancora una volta, è indice del temperamento di
Giandomenico. Un’ipotesi più probabile è che egli avesse attinto al lavoro del
padre, imparando dai suoi Capricci309 e dalla sua versione della Fuga in Egitto310.

Il lettore viene dunque accompagnato e coinvolto nella vicenda, per via della
varietà delle situazioni in cui sono coinvolti i personaggi e talvolta si identifica con
essi. È come se Giandomenico proiettasse sulla dimensione sacra della
composizione una patina del quotidiano, facendo sì che i personaggi appaiano più
come uomini comuni che eroi o santi311 e riducendo quindi la distanza fra
spettatore e narrazione. Il tema della variazione invece è un modo per esplorare le

305
Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, cit., p. 230.
306
Idée pittoresche / sopra / la Fugga in Egitto / di /Giesù, Maria e Gioseppe / Opera / inventata, ed
incisa / da me / Gio: Domenico Tiepolo / in Corte di detta / Sua Altezza Reverendissima etc. etc. / Anno
1753.
307
A. Morassi, «La Fuga in Egitto» di Domenico Tiepolo. 27 acqueforti, Milano, 1960, p. 8.
308
P. Molmenti, Tiepolo, Milano, 1909, p. 324; cfr. Morassi, «La Fuga in Egitto» di Domenico Tiepolo. 27
acqueforti, cit., p. 27.
309
F. Büttner, Tiepolo und die subversive Kraft des Capriccio, in Das Capriccio als Kunstprinzip: zur
Vorgeschichte der Moderne von Arcimboldo und Callot bis Tiepolo und Goya: Malerei, Zeichnung,
Graphik, catalogo della mostra (Köln, Wallraf-Richartz-Museum, 1996), a cura di E. Mai, J. Rees, Milano,
Skira, 1996.
310
Eseguiti negli anni Quaranta del Settecento; cfr. Morassi, «La Fuga in Egitto» di Domenico Tiepolo. 27
acqueforti, cit., p. 10 e p. 28.
311
Non a caso Pulcinella nell’affresco dell’altalena di villa Tiepolo a Zianigo comparirà al centro della
composizione, impadronendosi di quel posto che prima era dedicato alle divinità. «La “gesta” di
Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, nella Venezia ormai sulla via del tramonto, offre il primo segno di tal
sostituzione degli Dei ad opera dei pagliacci.»; cfr. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, cit.,
p. 43.
65
potenzialità massime dei motivi ed è sintomo di curiosità verso le infinite
possibilità di rappresentazione. Tutto ciò verrà trasferito nella figura di Pulcinella,
il quale nei suoi disegni prolifera, e moltiplicandosi, moltiplica anche le situazioni
in cui si trova.

Marcia Vetrocq vede la storia di Pulcinella disposta su due assi312. Quello delle
ordinate segue la storia cronologica di Pulcinella, mentre quello delle ascisse, il
quale si presenta più volte a interrompere il flusso della trama, mostra le varie
opzioni di trame alternative. Un esempio: Pulcinella cresce e diventa un adulto, a
questo punto Giandomenico, invece di mostrare cosa accadrebbe se scegliesse un
mestiere, mostra cosa accadrebbe per ogni diversa scelta. La scrittrice chiama
sequenziali i primi e stazionari i secondi. Una spiegazione di questo tipo getterebbe
luce sul modo di pensare di Giandomenico e sul suo approccio logico a queste
enormi raccolte di disegni. Ciò segnerebbe anche il fallimento di qualsiasi tentativo
di numerazione dei disegni.

La domanda da porsi successivamente riguarda il nucleo originario dei disegni.


Giandomenico è partito con l’idea di una biografia, la quale è in seguito
degenerata, affascinato dalle infinite possibilità da esplorare che gli consentivano
le variazioni, o è partito con l’intenzione di disegnare delle idee pittoresche slegate
fra di loro, ma che hanno assunto un senso logico una volta raggiunto un certo
numero di disegni?

Vetrocq suggerisce che la seconda ipotesi sia la più probabile313. Il nucleo


originario era probabilmente quello ispirato agli affreschi della villa di Zianigo.
Questi vengono ripresi in: Pulcinellas with Dancing Dogs, Pulcinellas in a
Carnival Procession, The Country Dance, Pulcinella on a Swing, The Courtship
of Pulcinella314. Un’altra ipotesi invece vede nei disegni in cui Pulcinella incontra
i centauri il punto di inizio del Divertimento315. Infatti, oltre alla stanza coi
Pulcinella, a villa Tiepolo a Zianigo era anche presente la stanza dedicata ai satiri

312
Vetrocq, The Divertimento per li regazzi of Domenico Tiepolo, cit., pp. 18-19.
313
Ivi, p. 19.
314
Ivi, p. 20.
315
Ibid.
66
e centauri. Può quindi aver agito in questo modo, sulla base di modelli che aveva
già esplorato, mascherandoli con la maschera di Pulcinella316.

In questo concorda anche Byam Shaw, il quale ha notato che nell’opera del
Divertimento si possono distinguere tre tipologie di scene317. Quelle rurali,
riguardanti la vita di contadini e degli zingari, quelle della vita quotidiana della
classe medio-bassa a Venezia e infine le attività dell’alta società modaiola, sia in
città che in campagna, con la differenza che nel Divertimento sono tutti camuffati
sotto la maschera di Pulcinella.

Byam Shaw li raggruppa in cinque grandi sezioni, come se fossero dei capitoli
di una vita picaresca318.

Il primo riguarda la nascita, infanzia e giovinezza di Pulcinella. Si vede il padre


che nasce da quello che sembra essere l’uovo di un tacchino, cresce, si sposa e fa
un figlio, il principale protagonista dei disegni. Anch’esso cresce, partecipa al
Carnevale e finisce per la prima volta nei guai, partecipando a una caccia illegale
di anatre. Un secondo capitolo sarebbe dedicato ai vari mestieri e occupazioni. In
questo, lo si vede ricoprire diversissimi ruoli, come il falegname, sarto, barbiere e
pittore319. Dopodiché, un’intera sezione è dedicata alle sue bizzarre avventure.
Visita continenti stranieri e incontra animali mai visti prima, come dromedari,
elefanti e struzzi, ma anche creature fantastiche come i centauri. Ritornato alla vita
comune, riesce in qualche modo a giungere a una posizione di successo. Sembra
quasi officiare come un magistrato, decidendo le sorti delle persone in tribunale e
condannandone qualcuna. Infine, l’ultimo, in cui è immortalata la malattia e la
morte di Pulcinella. Viene colto da un malore per strada e viene poi visitato dai
dottori. Ma l’opera non si conclude qui, perché alla fine, risorge dalla sua tomba.

Analizzando altre ipotesi riguardo l’ordine della sequenza, quella di Adelheid


Gealt è sicuramente da considerare320. Secondo la sua supposizione, Pulcinella

316
Ibid.
317
Shaw, The drawings of Giandomenico Tiepolo, cit., p. 59.
318
Ibid.
319
La bottega del falegname, La visita del sarto, La bottega del barbiere, Pulcinella ritrattista.
320
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 17.
67
passa la sua infanzia in campagna, una volta cresciuto si sposa e fa un figlio.
Dopodiché seguono gli svaghi e le avventure con gli amici, fra cui anche uno
screzio con la legge, il quale gli costa la prigione. Dopo essere stato liberato segue
la sequenza delle diverse occupazioni, viaggi in luoghi esotici e feste, fino al giorno
in cui non viene colto da un malore per strada, il quale lo condurrà alla malattia e
infine alla morte.

Secondo George Knox321, nonostante non si possa affermare che non ci sia una
minima volontà logica dietro all’opera, la questione della sequenza non è il reale
fulcro dell’opera. Infatti, sempre secondo l’autore, questo problema passa in
secondo piano se si considera il Divertimento come una sorta di testamento
artistico di Giandomenico, in cui egli ha raccolto le memorie della sua vita e del
padre, rendendo omaggio a Venezia e a quella società che aveva donato loro la
gloria.

È da considerare anche un’ultima ipotesi, forse quella un po’ più audace, ma


molto accattivante. Giandomenico potrebbe aver lasciato appositamente i disegni
senza una sequenza narrativa precisa322. In questo modo, il compito di creare la
storia sarebbe stato affidato allo spettatore, in modo da generare un’infinità di
storie diverse e ognuna secondo il proprio gusto. A ben vedere, è ciò che è
effettivamente accaduto, perché le diverse proposte formulate dai critici hanno
generato versioni molto diverse323. Ad avvalorare questa tesi, si aggiunge anche il
fatto che, nel periodo in cui lavorava Tiepolo, non sempre il significato era di
fondamentale importanza324. Infatti, spesso si preferiva lasciare spazio alla fantasia
dello spettatore, il quale poteva lasciarsi fascinare dalle misteriose opere e fornire
loro un significato. Dietro a ogni disegno si cela la domanda: “Cosa succederebbe
se Pulcinella fosse/facesse…?”. In questo modo si colloca pienamente nella
tradizione del capriccio ripresa dal padre.

321
Knox, Domenico Tiepolo’s Punchinello Drawings: Satire or Labor of love?, cit., p. 130.
322
Gealt, Domenico Tiepolo: i disegni di Pulcinella, cit., p. 16.
323
Ibid.
324
Ibid.
68
Si potrebbe paragonare quest’approccio con l’arte musicale della fuga325.
Questa è costituita da una o più idee tematiche che vengono riproposte secondo
diverse combinazioni. Allo stesso modo, nell’arte di Giandomenico, il tema è solo
un’espediente per sperimentare tutte le infinite possibilità di combinazione. È una
sorta di sfida personale: l’artista vuole spingersi al limite delle possibilità, dove
tutto è intercambiabile e tutto può essere l’opposto dell’altro326.

325
Mariuz, Giandomenico Tiepolo, cit., p. 21.
326
Ibid.
69
70
6. APPENDICE: NELL’ARCHIVIO E FOTOTECA
ANTONIO MORASSI

Il lavoro di ricerca svolto nell’archivio e fototeca Antonio Morassi ha costituito


per la mia tesi un apporto preziosissimo, non solo perché ho potuto ritrovare
moltissimi disegni di cui avevo solo letto nei testi consultati, ma che non avevo
effettivamente visto, ma anche perché mi ha offerto un punto di vista particolare.

L’operazione si presentava a un primo sguardo un po’ complessa per via della


natura della mia ricerca e la struttura dell’archivio. La raccolta di disegni del
Divertimento per li regazzi non è unitaria, ma è stata smembrata fra diversi
compratori, perciò è sparsa per tutto il mondo. Il materiale dell’archivio Morassi è
invece suddiviso per luoghi, perciò a un primo impatto è stato disorientante
approcciarmi all’argomento.

Tuttavia, in un secondo momento, ho potuto riscontrarne i benefici. Le foto del


Divertimento, inframmezzate in questo modo con le altre, hanno infatti dato luogo
a paragoni interessanti, accentuando la natura poliedrica di questa raccolta.
Osservandole da questa prospettiva, anche se più caotica, moltissimi rimandi sono
balzati all’occhio, e potenzialmente potrebbero essere infiniti.

Passando agli esempi, ho incontrato diversi studi sugli animali, interesse


riscontrabile anche nella raccolta di disegni, come negli episodi in cui Pulcinella
si confronta con uno struzzo, un elefante o un leopardo.

71
Oltre alle somiglianze già citate, ho inoltre scorto nel disegno denominato da
Morassi Stalla d’asini una figura familiare. Infatti, il personaggio sulla destra a
cavallo, compare anche in La cavalcata di Pulcinella a villa Tiepolo e sembra
quasi un tutt’uno con l’animale.

72
Anche nel seguente disegno, apparentemente senza titolo, ho ritrovato lo stesso
gesto da parte della donna spaventata che si trova anche in Pulcinella e il granchio
gigante, a sua volta preso dal Martirio di san Pietro da Verona di Tiziano.

Ho ravvisato anche delle analogie fra uno dei disegni della Fuga in Egitto e La
carovana di Pulcinella, per via dell’atteggiamento unito del nucleo familiare e
quello protettivo e sicuro della figura maschile. Inoltre, nel primo disegno si può
intravedere una figura tagliata a metà sulla destra, la quale ricorda il Pulcinella
vangatore di Il giovane Pulcinella guarda i contadini al lavoro.

73
Inoltre, fra c’erano anche una serie di foto riguardo i soggetti che Giandomenico
aveva ritratto di spalle, i quali non potevano non farmi pensare alle caricature di
Giambattista di cui ho già parlato in questa tesi.

74
Il collegamento fra queste figure e il bellissimo e malinconico disegno della
Pioggia primaverile o l’affresco della Passeggiata mi è parso immediato. Anche
di questi, nell’archivio è conservata una foto di una versione alternativa, così come
per il Minuetto.

75
76
7. CONCLUSIONI

Tirando le fila del discorso, mi auguro, con questo studio, di aver reso giustizia
all’ultima opera di Giandomenico Tiepolo.

I risultati che mi aspettavo all’inizio di questa ricerca erano quelli di gettare luce
sul contesto in cui è nata l’idea a Giandomenico di portare Pulcinella nel suo
mondo pittorico. Tuttavia, anche dopo averlo analizzato, è difficile scegliere un
solo motivo per cui il pittore abbia scelto questo personaggio. Trovo infatti che la
bellezza delle ipotesi esposte in questa ricerca sia che si completino a vicenda,
donando all’opera di Giandomenico sempre una sfumatura differente. D’altronde,
ammettendo che il Divertimento sia realmente un’opera che il lettore può comporre
a proprio piacimento, forse è in parte ciò che Giandomenico si aspettava: che
chiunque potesse trarne giovamento e colorarla con il proprio gusto.

Devo ammettere che è difficile separarmi da questo studio perché ha costituito per
me un argomento infinitamente affascinante, perciò mi auguro che in futuro,
essendo il tema molto prolifico, si possa approfondire questa ricerca, magari
analizzando la diffusione della figura di Pulcinella su una scala più vasta.

Per esempio, si potrebbe verificare in che periodi storici e luoghi questo bizzarro
personaggio si affaccia sul mondo dell’arte, paragonando anche i diversi tipi di
background culturali da cui provengono gli artisti che l’hanno scelto, come ha fatto
Giandomenico. Inoltre, se possibile, si dovrebbe ricercare se esiste una certa
cadenza nelle apparizioni di Pulcinella nel campo dell’arte e a quel punto si
potrebbe verificare se ci sono degli eventi o delle cause storiche, politiche o sociali
che ne provocano la comparsa.

Infine, mi piacerebbe concludere con il ragionamento illustrato da Philipp Fehl in


Farewell to Jokes. Egli afferma che quello che il Divertimento vuole suggerirci, è
che dovremmo rispondere a quest’opera con dei capricci del tutto nostri. Questo
sarebbe un modo non solo per stimolare la nostra fantasia, ma anche per riflettere
sull’assurda comicità della vita.
77
«Rain (…) does not only make us wet. Without it there would be no umbrellas and,
perhaps, not even harlequins to accompany us on a lonely road, and to lead the
way.»327

327
P.P. Fehl, Farewell to Jokes, The Last Capricci of Giovanni Domenico Tiepolo and the Tradition od Irony
in Venetian Painting, «Critical Inquiry», 5.4, 1979, p. 791.
78
8. INDICE DELLE FIGURE

Figura 1: Il Bagatto, Tarocchi di Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718)

Figura 2: San Valentino battezza santa Lucilla, Jacopo Bassano, 1575, Museo Civico, Bassano del Grappa

79
Figura 3: Via Crucis. Gesù cade per la seconda volta, Oratorio del Crocifisso della chiesa di San Polo, 1747-1749

Figura 4: Pulcinella ubriaco, Giambattista Tiepolo, Collection Eugene Thaw/Morgan Library

80
Figura 5: Pulcinella sviene per strada, Divertimento per li regazzi, Giandomenico Tiepolo

Figura 6: Il Mondo Novo, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

Figura 7: Frontespizio del Divertimento per li regazzi, Giandomenico Tiepolo

81
Figura 8: Omaggio a Pulcinella incoronato, Giambattista Tiepolo, Musei Civici di Trieste

Figura 9: Punchinello as an antique River God, Giambattista Tiepolo

82
Figura 10: Punchinello cooking gnocchi, Giambattista Tiepolo, Duc de Trevise Collection

Figura 11: Punchinello suffering, Giambattista Tiepolo, Duc de Trevise Collection

83
Figura 12: Sacrificio di Ifigenia, Giandomenico e Giambattista Tiepolo, 1757, Villa Valmarana

Figura 13: Pulcinella suona con i suoi numerosi figli, Alessandro Magnasco, 1725-1730, Columbia Museum of Art

84
Figura 14: Punchinello, Schoolmaster, Pier Leone Ghezzi, 1715, Duke of Devonshire Collection

Figura 15: Statuetta di Maccus, II secolo a.C., Metropolitan Museum of Art, New York

85
Figura 16: Gentiluomo che assiste a uno spettacolo di burattini, Anton Maria Zanetti, Windsor Castle, Royal Library

Figura 17: Minuetto, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

86
Figura 18: La passeggiata, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

Figura 19: A Caricature of a Man seen from Behind, with a Cane and Holding a Tricorne Hat, Giambattista Tiepolo

87
Figura 20: La passeggiata, Giambattista e Giandomenico Tiepolo, 1757, Villa Valmarana

Figura 21: L'altalena di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

88
Figura 22: La cavalcata di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

Figura 23: Pulcinella innamorato, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

89
Figura 24: Incontro tra Antonio e Cleopatra, 1745-1748, Giambattista Tiepolo, Palazzo Labia, Venezia

Figura 25: Partenza di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Villa Tiepolo a Zianigo (Ca’ Rezzonico, Venezia)

90
Figura 26: Morte di Giacinto, 1752-1753, Giambattista Tiepolo, Collezione Thyssen

Figura 27: Alcuni Pulcinella raccolgono frutta e litigano, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

91
Figura 28: Alcuni Pulcinelli con gli struzzi nel giardino di una villa, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

Figura 29: L’apparizione alla tomba di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

92
Figura 30: Muriò la verdad Figura 3030: Si resucitarà?

Francisco Goya, Los Desastres de la guerra, 1810-1815,


Museo del Prado, Madrid

Figura 311: Le carceri sotteracque e della aristocrazia triumvirale, dette pozzi, Francesco Gallimberti, 1797, Museo
Correr, Venezia

93
Figura 32: La partita a bocce, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

Figura 33: La pioggia primaverile, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

94
Figura 34: L'ultima malattia di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

Figura 35: Il giovane Pulcinella guarda i contadini al lavoro, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

95
Figura 36: La crocifissione, Tintoretto, 1565, Scuola Grande di San Rocco, Venezia

Figura 37: Pulcinella e il granchio gigante, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

96
Figura 38: Martirio di san Pietro da Verona, Tiziano, 1528

Figura 39: Banchetto nuziale, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

97
Figura 40: Nozze di Cana, Paolo Veronese, 1563, Louvre, Parigi

Figura 41: Il plotone d'esecuzione, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

98
Figura 42: La fucilazione, Callot, 1633

Figura 43: Pulcinella porta a casa la sua sposa, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

99
Figura 44: Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d'Oro, Giotto, 1303-1305, Cappella degli Scrovegni

Figura 45: La moglie o amante di Pulcinella sviene, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

100
Figura 46: Annunciazione, Lorenzo Lotto, 1534, Museo civico Villa Colloredo Mels, Recanati

Figura 47: Il matrimonio di Pulcinella, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

101
Figura 48: Il matrimonio di Federico e Beatrice, Giambattista Tiepolo, 1752, Residenza di Würzburg

Figura 49: Il banchetto di Antonio e Cleopatra, Giambattista Tiepolo, 1743, National Gallery of Victoria, Melbourne

102
Figura 50: Pulcinella pittore di ritratti, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

Figura 51: Alessandro e Campaspe nello studio di Apelle, Giambattista Tiepolo, 1725, Museo delle belle arti di
Montréal, Montréal

103
Figura 52: Los fusilamientos del tres de mayo, Francisco Goya, 1814, Museo del Prado, Madrid

Figura 53: Alcuni Pulcinelli abbattono un albero, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

104
Figura 54: Alcuni Pulcinelli in una “Malvasia”, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

Figura 55: Il corteggiamento di Pulcinella o La luna di miele, Giandomenico Tiepolo, Divertimento per li regazzi

105
Figura 56: Venere e Adone, Paolo Veronese, 1580, Museo del Prado, Madrid

106
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