Sei sulla pagina 1di 130

Anatomia II

Splancnologia
AA 2012/13 – Canale B
Prof.sse A.M. Billi., L. Manzoli

A cura di: Muccioli Lorenzo


1
2
INDICE
Apparato digerente 4

Apparato urinario 72

Apparato genitale 82

Riepilogo vascolarizzazione 103

Anatomia microscopica 111

3
CAVITÀ ORALE
La bocca o cavità orale si estende dalle labbra e dalle guance esternamente, al pilastro anteriore dell’istmo
delle fauci internamente, per poi continuarsi nell’orofaringe.
Diametro trasversale = 60-65 mm.
Diametro antero-posteriore = 70-75 mm, con varietà individuale ampia.
Diametro verticale = considerando come pavimento la lingua il diametro verticale è nullo, visto che a
bocca chiusa essa è adagiata sul palato duro; considerando però il vero pavimento, che è il muscolo
miloioideo, il diametro è di 20-25 mm.
La presenza delle arcate gengivo dentali, superiore ed inferiore, suddivide la cavità orale in due porzioni. Si
parla infatti di vestibolo della bocca riferendosi alla porzione che si trova esternamente alle arcate gengivo-
dentali e si parla di cavità orale propriamente detta riferendosi alla porzione che si trova internamente
posteriormente alle arcate.
Se consideriamo la cavità orale come solido ovviamente possiamo distinguere una parete anteriore costituita dalle labbra,
due pareti laterali costituite dalle guance, una parete superiore, la volta del palato, una parete posteriore incompleta (
perché dalla cavità orale si passa alla orofaringe) formata dal palato molle ed infine la parete inferiore che è il pavimento,
il quale accoglie la lingua. Analizziamole:
Parete anteriore – Labbra
Sono due pieghe muscolomembranose caratteristiche dei mammiferi.
La loro presenza è probabilmente legata alla suzione. solo la presenza del muscolo orbicolare mi permette di rendere la
rima buccale arrotondata ed adeguata alla suzione.
Essendo due pieghe possiamo distinguere una superficie cutanea ed una superficie interna mucosa.
Superficie cutanea
Mostra innanzitutto il limite con la guancia, quindi con le due pareti laterali, limite che è segnato dal solco
nasolabiale. Nel labbro superiore, in posizione mediana, è presente una piccola depressione che prende il
nome di filtro, essa diparte dal margine inferiore del setto nasale e raggiunge il tubercolo del labbro superiore.
Anche inferiormente al labbro inferiore vi è una piccola depressione centrale. Le due labbra si uniscono ai due
angoli e vanno a delimitare la rima labiale.
Superficie mucosa
Sollevando le labbra vediamo la faccia posteriore, il versante mucoso, in continuità con la superficie cutanea.
Il rivestimento mucoso che riveste la faccia mucosa continua nel rivestimento della gengiva, sia nell'arcata
inferiore che in quella superiore. Il passaggio della mucosa dal rivestire labbro a gengiva in posizione mediana
va a determinare la presenza di una piega, più pronunciata superiormente che inferiormente, che prende il
nome di frenulo (del labbro inferiore o superiore). Vi possono essere altre pieghe lateralmente, soprattutto a livello
del canino, ma sono più piccole ed insignificanti.
Tra labbro superiore e gengiva ma anche tra labbro inferiore e gengiva vi è un solco che separa le due strutture,
il solco labiale, che vedremo in continuità con il solco che si delimiterà a livello delle guance.
Struttura
Partendo dall'esterno, dal versante cutaneo verso quello mucoso, vediamo le seguenti strutture:
- Cute con annessi cutanei
- Tessuto sottocutaneo, un tipo di tessuto adiposo. A livello solo della faccia, del volto, è presente il
sistema muscolo aponeurotico superficiale (SMAS), particolarmente evidente nelle guance. Questo
non è altro che una componente connettivale più densa che mi va in pratica a suddividere lo strato
sottocutaneo in due parti; lo strato superficiale rispetto a questo SMAS presenta dei lobuli adiposi
piccolini con grosso contenuto di connettivo che si porta al derma, più resistente, consistente. Lo strato
di sottocutaneo profondo a questo SMAS presenta lobuli adiposi più grandi, meno consistenti.
Questo sistema in alcuni punti del volto presenta strutture connettivali così consistenti da poter essere chiamati
legamenti. In certi punti lo SMAS aderisce tenacemente al piano profondo: è l'esempio del solco
nasolabiale, o della parte inferiore del labbro inferiore.
4
È una ruga di espressione il solconasolabiale, difficilmente riesci a staccarlo, è strettamente ancorato.
- Muscolo orbicolare delle labbra. È quel muscolo che mi permette di fare la U.
Fa parte dei muscoli mimici, che si trovano a livello della faccia. A differenza dei muscoli scheletrici i muscoli
mimici hanno un'inserzione sull'osso mentre l'altra a livello dermico, dello SMAS sopracitato. Questi muscoli
mimici derivano dalla muscolatura degli archi branchiali, per quanto riguarda l'innervazione sono innervati tutti
da un unico nervo cranico, il nervo facciale.
- Tonaca mucosa. Ha epitelio di rivestimento mucoso e presenta le ghiandole salivari minori.
Vascolarizzazione
È assicurata dall'arteria facciale, ramo della carotide esterna. L’arteria facciale, giunta a livello della rima
labiale, si divide nell'arteria labiale inferiore e nell'arteria labiale superiore; le due arterie labiali superiore ed
inferiore si anastomizzano a pieno canale con i due rami dell'arteria facciale controlaterale in modo da creare
un perfetto circolo anastomotico a livello delle labbra, che risultano fortemente vascolarizzate.

Pareti laterali – Guance


Superficie cutanea
Le guance hanno un aspetto tutto sommato abbastanza convesso, ovviamente la convessità dipende dallo
stato di nutrizione della persona. Le guance sono ovviamente in continuità con le labbra; risultano separate dal
labbro superiore ad opera del solco nasolabiale.
Superficie mucosa
Il versante mucoso ovviamente è anch'esso in continuità esattamente con la mucosa che riveste le arcate
gengivo-dentali nella loro porzione laterale, posteriore. Tra il rivestimento mucoso della guancia e dell’arcata si
viene a delimitare un solco (in continuità con il solco labiale). L'unica struttura da ricordare che si apre a livello
di guancia sul versante mucoso è la papilla parotidea, a livello del colletto del 2° dente molare superiore.
Questa papilla rappresenta lo sbocco del dotto della ghiandola parotide, detto anche dotto di Stenone. Essendo
il versante mucoso della guancia quello che forma la gran parte del vestibolo della bocca, l'unica struttura effettivamente
importante a livello di vestibolo è la presenza della papilla parotidea.
Struttura
- Cute con annessi cutanei.
- Tessuto sottocutaneo, diviso in due dal sistema muscolo aponeurotico superficiale (SMAS).
- Il piano più profondo è occupato dal muscolo buccinatore, che è un sottile muscolo mimico
estremamente importante per la formazione del bolo alimentare. Non è un muscolo masticatore, che
mi muove la ATM, però vedremo che interviene nel processo di assunzione degli alimenti.
Tra i muscoli buccinatore e massetere esisto uno spazio, che risulta occupato da tessuto adiposo
sottocutaneo. Nel bambino, soprattutto evidente nel lattante, è presente il corpo adiposo di Bichat, o
bolla adiposa di Bichat, una struttura di tessuto adiposo con un proprio rivestimento ben demarcato.
Questa funziona probabilmente come borsa mucosa, nel senso che questa bolla, essendo struttura così
rigida, può favorire la suzione. Le gote così tonde dei bambini sono date da questa bolla, che
naturalmente nel corso dell'età gradualmente si riduce ma soprattutto si sposta tra ramo della
mandibola e buccinatore, portandosi indietro, a colmare quello spazio profondo all'arcata zigomatica.
Muscolo buccinatore. È un sottile muscolo mimico di forma quadrangolare piuttosto sottile. Ha una
inserzione piuttosto estesa: origina dai margini alveolari e dell'osso mascellare e della mandibola,
grosso modo a livello dei molari, dopo di che si inserisce sul versante anteriore del rafe
pterigomandibolare (da uncino pterigoideo a porzione posteriore della linea miloioidea). Le fibre si
portano in avanti, si dividono ed in parte si intrecciano, e si vanno a disperdere in parte nel labbro
superiore ed in parte nel labbro inferiore, a livello del muscolo orbicolare delle labbra.
Con la sua contrazione tira indietro la rima labiale. Risulta importante perché quando la bocca è aperta
il muscolo è rilassato, mentre man mano che la bocca si chiude il muscolo si contrae, si irrigidisce, per
far sì che la guancia non finisca in mezzo schiacciata tra le due arcate gengivo dentali.
Ha quindi questa funzione riguardo la preparazione del bolo alimentare. Permette poi di gonfiare un palloncino
5
rendendo rigida la guancia, è il muscolo dei trombettisti.
Il muscolo buccinatore resta perforato dal dotto parotideo; la parotide presenta un unico dotto
escretore che si porta in avanti, perfora il muscolo buccinatore, e di conseguenza andrà a perforare
anche la sottomucosa e quindi la mucosa per aprirsi nella papilla parotidea.
- Sottomucosa e Mucosa
Vascolarizzazione
Innanzitutto sono da citare diverse sorgenti.
1. L’arteria trasversa della faccia è il primo ramo consistente dell’arteria temporale superficiale, a sua
volta terminale della carotide esterna. Si porta orizzontalmente in avanti, di conseguenza va a
vascolarizzare il muscolo massetere, e portandosi ancora più in avanti, andrà a vascolarizzare il
muscolo buccinatore e poi il corpo adiposo.
2. L’arteria buccale, sita profondamente alla precedente, è il 4° ramo collaterale inferiore dell’arteria
mascellare interna, e va a vascolarizzare anche il versante mucoso della guancia.
3. Rami provenienti dall’arteria facciale o dall’arteria infraorbitaria.

Fossa Infratemporale
È delimitata:
- Anteriormente dalla la tuberosità del mascellare;
- Medialmente dalla lamina laterale del processo pterigoideo.
Anteriormente a questo vi è la fossa pterigopalatina.
- Lateralmente dall’arcata zigomatica e dalla faccia mediale del ramo della mandibola.
- Superiormente dalla cresta infratemporale, che la separa dalla fossa temporale.
Nella parete superiore ritroviamo le facce infratemporali della grande ala dello sfenoide e della porzione
orizzontale (anteriore) della squama delimitate entrambe dalla cresta infratemporale.
Ritroviamo i fori ovale e spinoso.
La fossa infratemporale è occupata dai muscoli pterigoidei, di cui il più visibile è il muscolo pterigoideo esterno, l’interno
sarà più profondo. Il pterigoideo esterno, con i suoi due capi, permette il passaggio non solo della mascellare interna ma
anche la fuoriuscita di rami nervosi del trigemino. La fossa infratemporale sarà la sede di distribuzione del nervo
mandibolare.
Fossa Pterigopalatina
È delimitata:
- Anteriormente dalla tuberosità del mascellare;
- Posteriormente dalla superficie anteriore della base del processo pterigoideo dello sfenoide;
- Medialmente dalla lamina perpendicolare dell’osso palatino, dove troviamo il foro sfenopalatino a livello di
margine superiore
Supero-anteriormente si trova la fessura orbitaria inferiore, per la comunicazione con la cavità orbitaria.
Nella parte più alta della fossa si trova il foro rotondo, che la fa comunicare con la fossa cranica media.
Nella parte superiore della base del processo pterigoideo è visibile l’ apertura anteriore del canale pterigoideo.
La parete mediale, corrispondente alla lamina perpendicolare del palatino, presenta superiormente il foro sfenopalatino,
che la fa comunicare con le cavità nasali.

Arteria temporale superficiale


Rami collaterali
1. Arteria trasversa della faccia.
2. Ramo zigomatico-orbitario, che va a portarsi alla parte esterna della cavità orbitaria.
3. Arteria temporale media.
Rami terminali
1. Ramo frontale, che si porta alla regione anteriore della fronte.
2. Ramo parietale, che decorre verticale verso l’alto, andando a vascolarizzare la porzione anteriore e
laterale della testa.

6
Arteria mascellare interna
La biforcazione della carotide esterna in arteria mascellare interna ed arteria temporale superficiale avviene a
livello di condilo della mandibola. Questa biforcazione si realizzerà a livello della parotide, ghiandola che
rappresenterà un rapporto intrinseco importantissimo. La direzione che assume la mascellare interna è
indubbiamente verso l'avanti ma soprattutto latero-mediale. L’arteria si andrà ad incuneare tra i due capi del
muscolo pterigoideo esterno, per addentrarsi con i suoi rami terminali nella fossa pterigopalatina. Quest'arteria
tutto sommato non è estremamente lunga, circa 4 cm, ma ha un andamento estremamente tortuoso.
Tantissime arterie hanno questo andamento, questo chiaramente perché se l'arteria fosse di misura i movimenti ampi che
compie la mandibola di abbassamento bene o male stirerebbero l'arteria riducendone il calibro, mentre avendo decorso
tortuoso anche ampi movimenti non danno nessun tipo di interferenza sul transito del sangue.
Tolto il ramo della mandibola, tolta l'arcata zigomatica possiamo vedere i 14 rami della mascellare interna;
parleremo sempre di fasci vascolo-nervosi.
Rami superiori
1. Arteria auricolare profonda. È il primo ramo che cede, si distribuisce ad una porzione interna del
canale auricolare. L'origine di questa arteria è molto variabile. Talvolta questa arteria ha origine dall'arteria
timpanica, che è il secondo ramo superiore.
2. Arteria timpanica. Questa arteria timpanica penetra nella fessura petrotimpanica per raggiungere la
cavità timpanica.
3. Arteria meningea media. Penetra nel foro spinoso per distribuirsi alle meningi.
4. Arteria temporale profonda posteriore.
5. Arteria temporale profonda anteriore.
Queste ultime due arterie in sequenza si vanno a portare entrambe a livello della fossa
temporale dove si andranno ad anastomizzare con l’arteria temporale media, che è ramo della
temporale superficiale. Si andranno a distribuire a livello della loggia temporale (muscolo
temporale).
Rami inferiori
1. Arteria alveolare inferiore. Penetra all'interno della mandibola per andare a vascolarizzare l'arcata
alveolare inferiore.
2. Arteria masseterina. Di dimensioni minori, si distribuirà al muscolo massetere; di conseguenza è quella
che scavalca l'incisura che si realizza tra processo coronoideo e condiloideo della mandibola per
portarsi sulla superfice esterna del ramo.
3. Arterie pterigoidee (in genere in numero di 2), vascolarizzeranno i due muscoli pterigoidei, siti nella
fossa infratemporale.
4. Arteria buccale. Disposta più profondamente, si porta a vascolarizzare la superficie laterale della cavità
orale (guancia).
5. Arteria palatina discendente. Va a decorrere nel canale pterigopalatino disposto tra tuberosità del
mascellare e processi pterigoidei, quel canale che si apre con due orifizi a livello di palato duro.
Il ramo maggiore della palatina discendente è quello che adagiato sul palato duro andrà a fare l'anastomosi
attraverso il canale incisivo con l'arteria sfenopalatina.
Rami anteriori
1. Arteria alveolare posteriore superiore. È responsabile della vascolarizzazione delle radici dei denti
molari. I rami di quest’arteria penetrano attraverso piccoli fori a livello di tuberosità del mascellare ed
attraverso questi raggiungono le radici dei molari superiori.
2. Arteria infraorbitaria. Siamo già a livello di fossa pterigopalatina. Andrà ad adagiarsi sul solco
infraorbitario e vedremo che fuoriuscirà dal foro infraorbitario.
Rami posteriori
Sono due rami di piccolissime dimensioni. Qui siamo ampiamente all'interno della fossa pterigopalatina.
1. Arteria del canale pterigoideo. Portandosi indietro si distribuisce alla faringe, passando per il canale
pterigoideo, a livello della base delle radici del processo pterigoideo.
7
2. Arteria faringea. Passa dal canale faringeo, a livello del margine superiore della lamina verticale del
palatino, per distribuirsi anch’essa alla faringe.

Ramo terminale
Arteria sfenopalatina. Si porta a livello di cavità nasali attraversando il foro sfenopalatino.
Quest'arteria si divide in due rami, uno per la parete laterale ed uno settale. È quest'ultimo
responsabile dell'anastomosi con la palatina maggiore, ramo della palatina discendente, a livello del
canale incisivo. Si realizza un'anastomosi tra rami della stessa mascellare interna (cosa non rara).

Ritorno venoso
La variabilità è una caratteristica espressa in massimo grado per il ritorno venoso. Alla vena temporale
superficiale, che ha un decorso verticale verso il basso, satellite dell'arteria, giungono le vene mascellari, che
drenano tutto questo amplissimo plesso venoso, il plesso pterigoideo, nella loggia dei muscoli pterigoidei. Nel
momento in cui arrivano queste vene non si parla più di vena temporale superficiale ma di tronco
retromandibolare, un grosso vaso venoso. Questo cede un ramo posteriore con una direzione piuttosto
superficiale, e si va ad unire alla vena auricolare posteriore portando alla costituzione della vena giugulare
esterna. Il ramo anteriore del tronco retromandibolare continua a discendere verticale e riceve la vena facciale
ed anche la vena linguale e questa unione dei 3 porta alla formazione del tronco comune, che si apre questa
volta nella vena giugulare interna.

Arcate gengivo-dentali e denti


Arcate gengivo-dentali
Riconosciamo un’arcata superiore portata dalle ossa mascellari ed una inferiore portata dalla mandibola.
La tonaca mucosa non ha discontinuità nel rivestire prima la superficie interna del labbro e poi la gengiva. È da
notare la differenza di colore: quella che riveste la gengiva è molto più chiara perché la gengiva è strettamente
aderente al piano osseo e c'è un connettivo molto denso che si attacca al periostio. Il rivestimento risulta
essere poi particolare, nella cavità orale ci sarà tessuto pavimentoso stratificato, mentre quello di gengive e
palato duro sarà pavimentoso ortocheratinizzato. Il perché di questo rivestimento sono gli insulti meccanici a
cui sono sottoposti gengive e palato duro durante la masticazione.
Denti
I denti sono accolti a livello di alveoli in ossa mascellari e mandibola. Riconosciamo una porzione visibile che
forma la corona ed una porzione infissa nell'alveolo che va a formare la radice. il passaggio tra le due parti è
dato dal colletto del dente. Come si nota nella corona lo strato più esterno è formato dallo smalto, un tessuto
durissimo costituito da prismi ben allineati di idrossiapatite. A livello di radice ritroviamo invece uno strato
sottile di cemento; questo è un tessuto molto simile all'osso, ma a differenza di questo non è vascolarizzato.
Internamente a smalto e cemento vi è la dentina, materiale estremamente duro e resistente. Nella dentina
abbiamo innumerevoli piccoli canalicoli, i tubuli dentinali, nei quali vanno a sporgere i prolungamenti degli
odontoblasti, cellule disposte subito profondamente a formare un unico strato. Internamente, sia a livello di
corona che radice ritroviamo la cavità pulpare. Qui ritroviamo connettivo, vasi, plesso nervoso. A livello di
corona la cavità è maggiore e a livello di radice si riduce. All'apice della radice avremo fori apicali che
consentono l'ingresso di vasi e nervi. L'articolazione che il dente contrae con l'osso alveolare è la gonfosi,
un'articolazione immobile, fissa, a causa di un apparato legamentoso che trattiene la radice del dente ben
infissa all'interno della cavità alveolare, il legamento parodontale, formato da diversi fasci di collagene con
direzioni molto complesse, fasci che si dipartono dal cemento e si approfondano nell'osso.
Ciascuna arcata, sia superiore che inferiore, può essere suddivisa, tirando una linea mediana, in due quadranti.
In ciascun quadrante possiamo distinguere un versante esterno del dente, che allora prenderà il nome di versante linguale
o versante buccale a seconda che prospetti lingua o guancia.

8
Dentizione decidua. Per ogni quadrante abbiamo 2 incisivi, 1 canino e 2 molari.
Dentizione permanente. Per ogni quadrante abbiamo 2 incisivi, 1 canino, 2 premolari e 3 molari.
La forma della corona del dente è adeguata allo scopo.
Incisivi. Hanno corona a forma di lama tagliente. 1 radice.
Canino. Ha corona più cilindrica, aguzza per strappare. 1 radice, molto sviluppata.
Molari e premolari. Presentando le cuspiti saranno adatti ai processi di triturazione. Il 1° premolare superiore
ha 2 radici mentre gli altri 1. I molari inferiori hanno 2 sole radici mentre i molari superiori ne hanno 3.
Vascolarizzazione
- Arcata inferiore. La vascolarizzazione è data dalla sola arteria alveolare inferiore, che entra attraverso
il foro mandibolare, limitato dalla lingula anteriormente, che da accesso al canale mandibolare.
Decorre nel canale lungo la mandibola e, giunta a livello del 2° premolare, un ramo dell’arteria esce
attraverso il foro mentale per vascolarizzare la cute della parte anteriore della mandibola. L'altro ramo
procede per vascolarizzare canino ed incisivi. Vi sarà anastomosi con la controlaterale, quindi
dall'arteria alveolare inferiore si staccheranno tutti i rami che penetreranno nella radice dei diversi
denti che si distribuiranno anche a legamenti parodonatali e gengive.
- Arcata superiore. Per quel che riguarda l'arcata superiore l'arteria alveolare posteriore superiore
penetra a livello di tuberosità del mascellare e va a vascolarizzare i molari.
La restante parte dell'arcata è vascolarizzata da rami dell' arteria infraorbitaria, che ad un certo punto
intramuralizza. Vi è l'ampissimo seno mascellare per cui l'avremo esterna, sulla superficie laterale del
seno mascellare. Cede un' arteria alveolare media e cede anche un' arteria alveolare anteriore.
Queste due provvedono a creare questo circolo anastomotico che consente l'irrorazione di premolari,
canino ed incisivi. Per cui l'arcata superiore è vascolarizzata per quanto riguarda i denti posteriori dall'arteria
alveolare posteriore superiore, per quanto riguarda premolari, canino ed incisivi dai rami provenienti dall'arteria
infraorbitaria.

Volta
La volta ha una forma chiaramente a ferro di cavallo data dalla forma delle due ossa mascellari che si vengono
ad articolare tra di loro.
Struttura
- Mucosa. La volta risulta rivestita da una tonaca mucosa che è tipica in tutta la cavità orale ma che nel
caso del palato duro è identica a quella delle gengive, parliamo quindi di epitelio pavimentoso
stratificato ortocheratinizzato, resistente. Questa tonaca mucosa con questa grossa componente
connettivale forma sulla linea mediana un rafe piuttosto sporgente; anteriormente si viene a
descrivere una sporgenza ulteriore, o papilla, in corrispondenza del canale incisivo. Da questo rafe
mediano si dipartono perpendicolarmente delle pieghe, tra loro parallele, che rendono ruvida la
superficie del palato.
- Sottomucosa. Profondamente alla tonaca mucosa è presente una sottomucosa, fornita di ghiandole
salivari minori in numero superiore rispetto a quelle presenti nella sottomucosa della guancia. La
secrezione di queste ghiandole è prevalentemente di tipo mucoso. Ghiandole palatine strettamente
aderenti al piano osseo. tessuto denso.
- Piano osseo. È costituito per i 2/3 anteriori dai processi palatini delle due ossa mascellari. A livello della
porzione anteriore del margine mediano, che si va ad articolare tra le due ossa, si va a delimitare il
canale incisivo, dove sporge la papilla. Il canale incisivo, che è uno a livello di volta, giunto al
pavimento delle cavità nasali si sdoppia. Posteriormente ai due processi palatini delle ossa mascellari
abbiamo l'articolazione con le lamine orizzontali delle ossa palatine. Da notare la delimitazione dei fori
palatini maggiori e minori. Il foro palatino minore è di pertinenza della lamina orizzontale; il foro
palatino maggiore si forma per articolazione con il mascellare stesso.

9
Vascolarizzazione
L’arteria palatina discendente, che è il 5° ramo collaterale inferiore dell’arteria mascellare interna, percorrerà
il canale pterigopalatino e si dividerà in arteria palatina minore che esce dal foro palatino minore ed arteria
palatina maggiore la quale esce dal foro palatino maggiore.
L'arteria palatina maggiore si porta in avanti e vascolarizza tutto il palato duro; raggiunge il foro incisivo, dove
avviene l'anastomosi con il ramo settale dell'arteria sfenopalatina. Il fatto che qui si realizzi un'anastomosi tra un
ramo superiore ed uno inferiore farà in modo che questa porzione di arcata dentale e di palato duro sarà innervata da un
ramo del mascellare, che non è quello che andrà ad innervare la maggior parte del palato duro.

Parete posteriore - Palato molle


Il palato molle è una diretta prosecuzione del palato duro; è quindi inizialmente orizzontale ma piegherà poi ad
un certo punto per divenire verticale. Il palato molle è in pratica un setto muscolomembranoso in grado di
contrarsi e di essere mobile.
- Il palato molle può abbassarsi, venire in contatto con il dorso della lingua ed interrompere il passaggio
tra cavità orale ed orofaringe. Questo meccanismo è necessario nella suzione, altrimenti non si
creerebbe il vuoto nella cavità orale.
- Viceversa, il palato molle può sollevarsi, ingrossarsi, e aderire quindi alla parete posteriore della
faringe; in questo modo diventa orizzontale e va a chiudere l'accesso alla parte superiore del
rinofaringe. Questo meccanismo è necessario nel corso della deglutizione, garantendo che il contenuto
della cavità orale prenda la via inferiore dell’esofago e non possa risalire nelle cavità nasali.
Margine libero – Istmo delle fauci
È costituito in posizione mediana dall'ugola, un prolungamento cilindrico con estremità arrotondata. Alla base
dell'ugola sembrano emergere da entrambi i lati due coppie di pieghe: la piega anteriore è l'arco palatoglosso,
quella posteriore è costituisce l'arco palatofaringeo. L’istmo delle fauci è delimitato dai due archi palatoglossi
controlaterali e dal margine libero dell’ugola. Questo rappresenta il confine posteriore della cavità orale, da lì in
poi avremo l’orofaringe. Tra i due archi si delimita una piccola fossa triangolare, la fossa tonsillare, dove viene
accolta la tonsilla palatina.
Struttura
Tonaca mucosa e sottomucosa non cambiano, ciò che cambia è che a livello di palato molle non abbiamo
bisogno dell'ortocheratinizzazione, il rivestimento sarà semplicemente epitelio pavimentoso stratificato. Nella
sottomucosa continuiamo a trovare ghiandole.
Nel piano più profondo ritroviamo la struttura muscolomembranosa tipica, dove andiamo a distinguere una
aponeurosi palatina e i muscoli che arrivano a questa aponeurosi.
Definizione aponeurosi. È un tendine che invece di essere a forma di cordoncino è a forma di lamina sottile, è una lamina
estremamente robusta.
Aponeurosi palatina
L'aponeurosi palatina è una lamina che si viene ad inserire in modo molto tenace sul margine posteriore libero
della lamina orizzontale del processo palatino. Questa raggiunge, in posizione mediana, la spina nasale
posteriore, dove prende inserzione. L’aponeurosi palatina rappresenta il tendine del muscolo tensore del velo
palatino. Le aponeurosi dei due tensori del velo palatino controlaterali in pratica si uniscono e si inseriscono al
margine posteriore della lamina orizzontale. All'aponeurosi palatina arrivano due muscoli dall'alto, i muscoli tensore
del velo palatino ed elevatore del velo palatino, che originano a livello di base cranica e saranno i responsabili
dell’elevazione del palato. Si dipartono anche due muscoli che si portano in basso, il muscolo palatoglosso e
palatofaringeo, che interromperanno la comunicazione tra cavità orale ed orofaringe. Vi è inoltre l’inserzione del muscolo
dell’ugola.
Muscolo tensore del velo palatino
È il muscolo il cui tendine va a formare l’aponeurosi palatina, è situato anteriormente all’elevatore.
Inserzione prossimale. Fossetta scafoidea (sulla lamina mediale del processo pterigoideo, superiormente) e

10
lamina laterale della tuba uditiva.
Inserzione distale. Si dirige verticalmente verso il basso andando ad occupare parte della fossa pterigoidea.
Si risolve poi nel tendine. Questo passerà sotto l'uncino abbracciandolo e si farà poi orizzontale, ampliandosi,
diventando una lamina che si fonde con la controlaterale formando l'aponeurosi palatina, inserita al margine
posteriore della lamina orizzontale del palatino.
Azione. Rende rigida l'aponeurosi, che sarebbe altrimenti molle. Visto che questa deve dare inserzioni ad altri
muscoli è necessario che venga irrigidita. La sua connessione con la lamina laterale della tuba uditiva andrà a
permettere l'ingresso di aria nell'orecchio medio.
Muscolo elevatore del velo palatino
Inserzione prossimale. È a livello della superficie ruvida che si trova subito davanti al foro carotico esterno,
sulla faccia inferiore esocranica della rocca petrosa del temporale.
Inserzione distale. Dalla sua inserzione prossimale il muscolo prende contatti con la lamina mediale. Avrà un
decorso obliquo, portandosi verso il basso. Le sue fibre muscolari prendono inserzione sull’aponeurosi palatina.
Azione. Una volta che l’aponeurosi è irrigidita dal muscolo tensore del velo palatino, l’elevatore potrà portare
in alto il palato molle, sollevandolo. Nonostante prenda contatti con la lamina mediale della tuba uditiva il suo
ruolo nell’apertura di quest’ultima risulta essere pressoché nullo.
Muscolo dell’ugola
Questo muscolo non fa parte né dei due muscoli inferiori né dei due superiori che si inseriscono sul palato
molle. Ad ogni modo prende anch’esso inserzione sia sull’aponeurosi palatina sia sulla spina nasale posteriore.
Il muscolo dell’ugola ha un margine arrotondato che sporge libero inferiormente. Avendo questa terminazione
libera quando si contrae il suo spessore aumenta e si retrae, coadiuvando il muscolo elevatore del velo palatino
nella chiusura dell’accesso alla rinofaringe.
A dire il vero sarebbero due muscoli ma essi sono così vicini che si fondono e li consideriamo come un unico muscolo.
Muscolo palatoglosso
È il più anteriore dei due muscoli che si dipartono inferiormente.
Inserzione prossimale. È il versante inferiore dell’aponeurosi palatina.
Inserzione distale. Si porterà in avanti per terminare a livello di margine laterale della lingua, nella sua
porzione posteriore.
Azione. La sua funzione è quella di abbassare il palato molle e di elevare il dorso della lingua, interrompendo la
comunicazione tra cavità orale ed orofaringe.
Muscolo palatofaringeo
È il più posteriore dei due muscoli che si dipartono inferiormente. È più sottile, piccolino.
Inserzione prossimale. È sempre l’aponeurosi palatina, in comune con gli altri.
Inserzione distale. La sua direzione è verso il basso e verso il dietro, scorre lungo la parete laterale della
faringe, fino ad inserirsi sulla cartilagine tiroidea della laringe a livello di margine posteriore del corno superiore
ed anche parte del margine posteriore della lamina. Questo sarà uno dei muscoli verticali della faringe.
Azione. Vede coinvolta maggiormente la faringe; sarà responsabile dei movimenti verticali di questa.
Il muscolo salpingo-faringeo che si attacca all’estremità della lamina mediale della tuba confonde le sue fibre
con quelle del palatofaringeo, in questo modo aiuta a dilatare la tuba, tirando la lamina mediale.
Vascolarizzazione
Proviene da più fonti.
- L’arteria palatina minore, ramo dell’arteria palatina discendente, dopo essere fuoriuscita a livello del
foro palatino minore, si porta posteriormente e provvede a vascolarizzare parte del palato molle.
- L'arteria palatina ascendente, uno dei rami dell'arteria facciale, (quindi carotide esterna) si porta verso
l'alto per andare a portarsi al palato molle. Si porterà in parte ovviamente anche alla faringe.
- Un piccolo contributo si ha anche dall’arteria faringea ascendente, il 1° ramo posteriore della carotide
esterna, che oltre che a vascolarizzare la faringe raggiungerà anche il palato molle.(decorso lungo)
11
- Pavimento della cavità orale
È molle ed è teso tra due archi ossei: il primo, quello anteriore, è dato dal corpo della mandibola, che ha forma
a ferro di cavallo aperto posteriormente (U aperta indietro); l'altro arco osseo interessato è l'osso ioide, l'unico
osso che è svincolato dallo scheletro assile; non ha articolazioni in alcun modo con esso.
Osso ioide
L'osso ioide ha forma di ferro di cavallo aperto indietro, in cui riconosciamo 5 porzioni.
C'è un corpo posto anteriormente, che presenta una faccia anteriore convessa ed una posteriore concava. Da
questo corpo si prolungano due coppie di corni. Quello più lungo e grande che si porta indietro e verso l'alto è il
grande corno. Il piccolo corno, molto più piccolo, emerge dall'estremità laterosuperiore del corpo e ha la
forma di un piccolo cono. Quest'osso si situa alla base del collo, grosso modo a livello dell'angolo della
mandibola. La presenza dell'osso ioide ci permette di distinguere i muscoli che prendono inserzione su questo
in sovraioidei se stanno sopra o sottoioidei se si portano inferiormente.
Muscoli sovraioidei
In ordine dalla superficie alla profondità.
Muscolo digastrico
Presenta due ventri muscolari con intercalata una porzione tendinea.
Ventre posteriore. A livello dell’incisura digastrica, un solco presente subito medialmente rispetto al processo
mastoideo del temporale, lateralmente al solco dell’arteria occipitale.
Questo ventre si porta in basso, medialmente, dopo di che vi è il tendine intermedio, che attraversa il muscolo
stiloioideo. Il tendine intermedio presenta una sorta di fascetto connettivale fibroso, aderente al tendine
stesso, che si va ad ancorare sul margine superiore del corpo dell’osso ioide.
Ventre anteriore. Questo si porta verso l’avanti e si va a fissare sulla fossetta digastrica portata dal margine
inferiore del corpo della mandibola, subito a lato della linea mediana.
Rinforzerà il muscolo miloioideo in posizione paramediana.
Azione. A causa della presenza del tendine che si fissa all’osso ioide l’azione di questo muscolo può essere
scomposta: posso cioè considerare separatamente l’azione del ventre anteriore e del ventre posteriore.
- Ventre anteriore. Punto fisso sul tendine fissato all’osso ioide: Abbasserà la mandibola.
Punto fisso sulla mandibola: Trascina in avanti l’osso ioide.
- Ventre posteriore. Punto fisso a livello dell’incisura digastrica: Innalzamento e spostamento indietro
dell’osso ioide.
Punto fisso a livello di tendine intermedio: Iperestensione della testa.
Tutti gli spostamenti dell’osso ioide sono seguiti da spostamenti della laringe e di conseguenza della
laringofaringe; sono quindi interessati i processi di fonazione e deglutizione.
Muscolo miloioideo
Rappresenta il vero e proprio pavimento della cavità orale. È un muscolo piuttosto sottile, una sorta di
diaframma.
Origine. Prende inserzione lungo tutta la linea miloioidea, sulla faccia posteriore del corpo della mandibola.
Inserzione. Le fibre anteriori ed intermedie convergono verso il piano mediano e lì vanno ad intersecarsi con le
fibre controlaterali dando luogo alla formazione di un rafe centrale. Le fibre posteriori raggiungono la faccia
anteriore del corpo dell’osso ioide.
Azione. Innalza l’osso ioide ed in generale tutto il pavimento della cavità orale. In questo modo solleverà anche
la struttura che è situata sul pavimento, ovvero la lingua.
Muscolo genioioideo
È un sottile muscolo con disposizione analoga al ventre anteriore del muscolo digastrico, con la differenza che è
posto al di sopra del muscolo miloioideo. Irrobustisce il pavimento della cavità orale.
Origine. Apofisi geni inferiore, in posizione paramediana sulla faccia posteriore del corpo della mandibola.
Inserzione. Si dirige indietro adagiato sul muscolo miloioideo e si va a fissare sempre sulla faccia anteriore del
12
corpo dell’osso ioide, questa volta un po’ più superiormente rispetto al miloioideo.
Azione. Punto fisso sulla mandibola: Porta l’osso ioide in avanti.
Punto fisso sul corpo dell’osso ioide: Abbassamento della mandibola.
Muscolo stiloioideo
Non facente parte del pavimento della cavità orale.
Origine. Processo stiloideo (fascetto BR di Riolano)
Inserzione. Discende, apre le sue fibre perché viene attraversato dal tendine intermedio del muscolo
digastrico, dopo di che si va a fissare all'estremità laterale del corpo dell'osso ioide ed in parte al piccolo corno.
Azione. Sarà quella di elevare l'osso ioide ed anche laringe (con pf su processo stiloideo).
Struttura
È possibile mettere in evidenza solo una piccola parte del pavimento della cavità orale, solo sollevando la
lingua. Questa porzione libera risulterà rivestita da tonaca mucosa, che a questo livello risulta essere
estremamente sottile e mobile. La mucosa si continuerà nel rivestire la faccia inferiore della lingua, andando a
formare una piega nota come frenulo della lingua. Questo è estremamente importante, visto che dalle
dimensioni del frenulo dipendono l'ampiezza dei movimenti della lingua.
Negli animali il frenulo della lingua viene detto laccio linguale perché raggiunge la faccia posteriore del corpo della
mandibola, risulta quindi essere piuttosto breve e permetterà movimenti relativamente piccoli. Il fatto che il laccio
linguale nell'uomo non esista più ma esista solo il frenulo ci permette un’ampia motilità della lingua, senza dubbio
essenziale per mettere in atto quei movimenti necessari nell’articolazione del linguaggio.
A lato del frenulo linguale vi sono due piccole papille che prendono il nome di caruncole sottolinguali,
corrispondenti agli sbocchi dei dotti delle ghiandole sottomandibolari. In posizione laterale possiamo osservare
in trasparenza le due ghiandole sottolinguali. I numerosi sbocchi di quest’ultime ghiandole li ritroveremo a
livello della lunga piega sottolinguale. Questa si ritrova nel punto in cui la tonaca mucosa passa dall’aver
rivestito il pavimento alla faccia inferiore della lingua (?)
Dobbiamo ricordare che la mucosa è molto sottile, che vi è la presenza di frenulo, caruncole, e a livello di piega
sottolinguale gli orifizi della ghiandola sottolinguale.
Lingua
È un organo muscolomembranoso estremamente mobile adagiato sul pavimento della cavità orale.
Non è solo la sede di quei movimenti responsabili dell’articolazione del linguaggio, o della formazione del bolo alimentare,
o della deglutizione, è anche la sede del gusto.
È un cono la cui base è rivolta posteriormente verso l'orofaringe. Il corpo risulta disposto tutto sommato
orizzontalmente. Si assottiglierà in avanti per giungere all’apice.
Faccia superiore
Osservandola dall'alto identifichiamo un solco a forma di V capovolta (V linguale o solco terminale) che si trova
nel punto di unione tra i 2/3 anteriori ed il 1/3 posteriore della lingua. Al davanti della V linguale si descrive il
corpo della lingua (2/3 anteriori), cioè la porzione mobile. Il 1/3 posteriore, quindi la parte posteriore alla V
linguale, forma la radice della lingua, cioè la porzione strettamente connessa con l’osso ioide.
La radice della lingua prospetta l'orofaringe mentre tutta la porzione del corpo della lingua (faccia dorsale)
viene in contatto con palato duro.
Nei 2/3 anteriore la superficie è tutta ruvida per la presenza delle papille linguali.
Nella porzione della radice la superficie è tutta estremamente discontinua e presenta nell'insieme la tonsilla
linguale, che risulta formata da formazioni sporgenti grossomodo ovoidali composte da MALT addensato.
Considerando anche la tonsilla palatina e la tonsilla faringea risulta completato l’anello del Waldeyer.
Posteriormente la tonaca mucosa che riveste la radice della lingua si continua sulla faccia anteriore
dell’epiglottide. Nel passare dall’una all’altra formazione la tonaca mucosa si solleva in queste 3 pieghe: quella
mediana sarà la piega glossoepiglottica mediana, le altre due saranno le due pieghe glossoepiglottiche
laterali. Queste vanno a delimitare delle fosse con profondità abbastanza marcata dal nome di vallecole, a
fondo cieco.
13
Faccia inferiore
La faccia inferiore della lingua la si può osservare sollevando la lingua. L’unica particolarità è che il rivestimento
mucoso a livello di faccia inferiore della lingua è estremamente sottile e fortemente svincolato dal piano
profondo muscolare, cosa che invece non si realizza nella faccia superiore, che è strettamente aderente al
piano profondo. Ovviamente ritroviamo qui il frenulo linguale. Ai lati possiamo osservare in trasparenza un
plesso venoso molto consistente, il plesso venoso linguale.
Non a caso esiste un modo di somministrazione di farmaci molto rapido che è proprio per via sublinguale; questo sfrutta il
fatto che in questa sede la tonaca mucosa è molto sottile e vi è forte vascolarizzazione.
Struttura
Come già detto è un organo muscolomembranoso. Ha una struttura interna di connettivo denso che si dispone
in un modo particolare, vi saranno due strutture di supporto, una verticale, l’altra sagittale:
- Membrana ioglossa. Origina dal margine superiore del corpo dell’osso ioide e dalle piccole corna. Si
porta poi verticalmente verso l’alto, sul piano coronale. Il suo margine superiore si disperde nella
muscolatura linguale. (un muscolo intrinseco gli passa sopra).
- Setto mediano. È un setto che si diparte perpendicolarmente dal margine anteriore della membrana
ioglossa e si porta in avanti verso l’apice della lingua. In pratica me la divide in due metà simmetriche.
Anche il setto mediano si andrà a disperdere, a livello di apice.
In questa impalcatura osteofibrosa (teniamo in considerazione anche mandibola e osso ioide) prendono
attacco i muscoli della lingua, che possono essere divisi in estrinseci ed intrinseci.
Muscoli estrinseci della lingua
I muscoli estrinseci, dal momento che si inseriscono o su ossa o su strutture abbastanza consistenti,
membranose, permettono i movimenti della lingua.
Muscolo genioglosso
È il più grande ed esteso, consistente, è una sorta di grande ventaglio che va dall’apice della lingua fino all’osso
ioide. Li troviamo subito a lato del setto mediano descritto prima.
Origine. Dall’apofisi geni superiore.
Inserzione. Il muscolo si irradierà a ventaglio con le sue fibre.
Fibre anteriori. Raggiungono e vanno a costituire la punta della lingua.
Fibre intermedie. Si portano obliquamente a costituire la porzione del corpo.
Fibre posteriori. Raggiungono la radice della lingua, inserendosi sulla membrana ioglossa. Le ultime
si vanno ad inserire sull’osso ioide.
Azione. Fibre inferiori, che si portano all’osso ioide, determineranno lo spostamento in avanti di questo.
Fibre intermedie, che si portano sia alla radice che soprattutto al corpo della lingua, portano al di fuori
la lingua, la fanno proiettare all’esterno della cavità orale.
Fibre superiori, serviranno ad appiattire la punta della lingua.
Muscolo stiloglosso
Origine. Dal processo stiloideo. Quest’ultimo da inserzione ad una serie di muscoli e legamenti: il fascetto bianco e
rosso di Riolano.
Inserzione. Si porta in avanti e medialmente. Parte delle sue fibre inferiori si vanno ad intersecare con le fibre
del muscolo ioglosso. Le fibre superiori proseguono lungo il margine laterale della lingua, giungendo fino
all’apice. Il margine arrotondato della lingua è dato dalle fibre superiori del muscolo stiloglosso.
Azione. Riporta la lingua indietro nella cavità orale, dopo che il m. genioglosso l’aveva proiettata di fuori.
Muscolo ioglosso
Muscolo sottile di forma quadrilatera.
Origine. A livello di margine superiore del grande corno dell’osso ioide ed in parte anche dal corpo, nella sua
porzione più laterale.
Inserzione. Le fibre hanno obliqua verso l’alto in senso latero-mediale. Si intrecciano con le fibre dello

14
stiloglosso e si portano penetrando nella lingua fino al setto mediano, posto sagittale.
Azione. Fa sì che la lingua possa essere abbassata. Ovviamente concorre anche lui per riportarla nella cavità orale,
mentre lo stiloglosso la riporta indietro lo ioglosso lo porta verso il basso.
Muscolo palatoglosso
È molto sottile, forma la struttura portante dell’arco palatoglosso.
Origine. Faccia inferiore dell’aponeurosi palatina.
Inserzione. Discende e si disperde nel margine laterale della lingua.
Azione. Eleva e porta indietro la lingua, oltre ad abbassare il palato molle.
Muscolo faringoglosso
È in realtà una piccola parte del muscolo costrittore superiore della faringe. Le fibre inferiori del muscolo
costrittore superiore della faringe si prolungano nella lingua, a livello di margine laterale.
Muscolo amigdaloglosso
È quella porzione di muscolatura che tappezza la fossa tonsillare, sempre facente parte del costrittore
superiore della faringe. Anche questo in minima parte si disperde nella lingua.
Muscoli intrinseci della lingua
I muscoli intrinseci sono quelli che ritroviamo quasi totalmente a livello della lingua. Essi originano e terminano
nell'ambito della lingua stessa e la loro contrazione servirà a modificarne la forma.
Muscolo linguale (longitudinale) superiore (Impari)
È formato da una serie di fibre che si dipartono dalla piega glossoepiglottica mediana e si dispongono con
direzione longitudinale. È il muscolo più superficiale, che viene a contatto con la sottomucosa che riveste la
superficie superiore della lingua.
Azione. Permette di arrotolare la punta della lingua.
Muscolo linguale (longitudinale) inferiore
È formato da una serie di fibre che si dipartono dalle piccola corna dell’osso ioide e raggiunge anch’esso la
punta della lingua.
Muscolo trasverso
Origine. Si fissa sul setto mediano.
Inserzione. Le fibre si portano verso il margine della lingua, da un lato, e ovviamente anche dall’altro.
Azione. Permette di far diventare concava la lingua.
Muscolo verticale
Sono semplici fibre disposte in direzione verticale dalla faccia superiore a quella inferiore della lingua,
soprattutto nella sua porzione libera.
Azione. Permette di appiattire la lingua.

Vascolarizzazione
Il pavimento della lingua risulta fortemente vascolarizzato dall'arteria linguale. essendo l'arteria linguale ad
insinuarsi tra i muscoli le fibre ci nascondono i rami dell'arteria, non c'è modo di procedere all'emostasi, il sanguinamento
è profuso. In questo caso si rende necessaria la legatura dell'arteria linguale. (è stata creato un taglio nel muscolo ioglosso)
Questa è un ramo collaterale anteriore dell’arteria carotide esterna. Si porta in avanti e raggiunto il margine
posteriore del muscolo ioglosso l'arteria linguale cede una o due arterie dorsali della lingua. Questa/e
andranno a vascolarizzare la porzione della radice della lingua. L’arteria linguale si insinua poi in quello piccolo
spazio compreso tra muscolo ioglosso all'esterno e muscolo genioglosso interno, una specie di fessura. Giunta
poi al margine anteriore del muscolo ioglosso l'arteria linguale cede l'arteria sottolinguale, che procede in
avanti adagiata sul pavimento della lingua ed andrà a vascolarizzare, tra le altre strutture del pavimento, la
ghiandola sottolinguale. L'altro ramo è l'arteria linguale profonda, che si porta verso l'alto, entra nella lingua
insinuandosi tra i fasci muscolari, e lì cede rami per tutta la porzione di corpo fino all'apice della lingua.

15
Ritorno venoso
La rete venosa è fittissima. Le vene che drenano la regione dorsale della lingua saranno le vene dorsali della
lingua. La porzione di parte del corpo e del margine della lingua va a costituire una vena satellite all'arteria
linguale, che va a decorrere in quel piccolo spazio delimitato da genioglosso e ioglosso.
La restante parte di lingua, soprattutto quel plesso così evidente dalla mucosa, porta alla costituzione della
vena linguale profonda, che riceve la vena sottolinguale e l'insieme delle due porta a costituire la vena
satellite del nervo ipoglosso. Il nervo ipoglosso e la vena satellite decorrono adagiati sopra il muscolo ioglosso.
Le due vene sono separate dal muscolo, rispetto ad esso risulteranno l’una esterna e l’altra interna. Il nervo
ipoglosso sarà il nervo motore per i muscoli della lingua. Tutte queste vene convergono insieme alla facciale e
al tronco retromandibolare a costituire il tronco comune, che sarà tributario della vena giugulare interna.
In caso di lesione della lingua bisogna procedere alla legatura dell'arteria linguale. Vi sono due triangoli molto
importanti dal punto di vista clinico che ci consentono di avere la chiara posizione di due punti strategici in cui
l’arteria linguale è particolarmente superficiale e può essere legata facilmente.
Basta infatti rimuovere solamente cute, sottocute e fascia superficiale.
Triangolo di Béclard
A questo livello l'arteria linguale non ha ancora ceduto le arterie dorsali della lingua. La leghi a questo livello se
la lesione della lingua comporta anche sezione della radice (disastrosa!).
I limiti sono:
- Margine posteriore del ventre posteriore del muscolo digastrico
- Grande corno dell’osso ioide (base)
- Margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo
Triangolo di Pirogoff
Se la lesione della lingua è a livello di corpo si può procedere alla legatura dell'arteria linguale a livello di
triangolo di Pirogoff, dove ha già ceduto l'arteria dorsale.
I limiti sono:
- Margine anteriore del ventre posteriore del muscolo digastrico
- Margine posteriore libero del muscolo miloioideo
- Nervo ipoglosso
Basta rimuovere cute, sottocute e fascia superficiale e già puoi legare, molto superficiale in questo tratto.

16
Ghiandole salivari maggiori
la più piccola è la sottolinguale, poi sottomandibolare, poi parotide.
Loggia sottolinguale
Nella suddetta loggia ritroviamo, all’interno del tessuto adiposo di riempimento, ghiandola sottolinguale,
dotto della ghiandola sottomandibolare e nervo linguale.
I limiti sono:
- Pavimento: Muscolo miloioideo;
- Limite mediale: Muscoli della lingua (posteriormente ritroviamo il muscolo ioglosso, in posizione più
anteriore avremo solo il genioglosso, quindi parete della lingua);
- Limite antero-laterale: Fossa sottolinguale, al di sopra della linea miloioidea sul corpo della mandibola.
Ghiandola sottolinguale
Si ritrova accolta nella loggia sottolinguale. Pesa soli 3g, è la ghiandola salivare maggiore più piccola.
Possiede numerosi dotti escretori, che sboccano a livello della piega sottolinguale. Un dotto escretore più
grande è posto a lato della caruncola sottolinguale, che riceve lo sbocco della ghiandola sottomandibolare.
Ha un rapporto importante con il nervo linguale (sensitivo), che occupa anche lui questa regione sottolinguale.
Più in basso, qui non disegnato, c'è anche il nervo ipoglosso.
Vascolarizzazione. L'arteria sottolinguale si distribuisce a tutte le strutture del pavimento della lingua,
portandosi fino alla ghiandola sottolinguale.
Regione sopraioidea
La regione sopraioidea è disposta orizzontalmente quando la testa è eretta, mentre risulta su un piano obliquo
se la testa è iperestesa.
- Lateralmente. Margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo
- Inferiormente. Piano orizzontale passante per il corpo dell'osso ioide.
- Superiormente. Margine inferiore della mandibola.
Le strutture che si susseguono sono: cute, sottocute + SMAS, che gradualmente si riduce perché accompagna il
muscolo platisma.
- Muscolo platisma
È un sottile muscolo molto variabile come spessore. Si attacca sul margine inferiore della mandibola e
prosegue inferiormente andando a disperdere le sue fibre al di sopra della clavicola. Alcuni fasci muscolari
proseguono superiormente andando ad inframezzarsi al risorio ed al muscolo orbicolare delle labbra
inferiore. Con la contrazione permette di corrugare la pelle del collo. Non riusciamo a separarlo dalla sottocute,
lo ribalti insieme.
Al di sotto del platisma ritroviamo la fascia cervicale superficiale.
- Fascia cervicale superficiale
La fascia cervicale superficiale avvolge tutto il collo. Sezionata questa fascia mostra la presenza della
ghiandola sottomandibolare. Questa fascia è importante perché si sdoppia da unico foglietto che è in due
foglietti che vanno ad avvolgere il muscolo sternocleidomastoideo. Dopo di che i due foglietti si incontrano
di nuovo, si fondono, e riformano un unico foglietto.
I due foglietti si sdoppiano ad avvolgere anche il muscolo trapezio posteriormente.
Rimossa la fascia cervicale superficiale abbiamo i muscoli sovraioidei.
Loggia mandibolare
Mentre al di sopra del pavimento della cavità orale abbiamo descritto la loggia sottolinguale la loggia
sottomandibolare la ritroveremo esternamente rispetto al muscolo miloioideo, al di sotto.I limiti sono:
- Inferiormente. Fascia cervicale superficiale.
- Supero-lateralmente. Fossa sottomandibolare a livello di corpo della mandibola.
- Supero-medialmente. Muscolo miloioideo
- Posteriormente. Muscolo ioglosso.

17
In questa loggia vi sarà sempre tessuto cellulo-adiposo di riempimento e ritroveremo: ghiandola
sottomandibolare, arteria facciale e vena facciale e linfonodi sottomandibolari.
Ghiandola sottomandibolare
La ghiandola sottomandibolare è simile come forma e dimensioni ad una noce, con un peso di 7-8g.
Essa si pone a riempire l'angolo tra i due ventri del digastrico, nonostante sia adagiata indubbiamente più
indietro, sul ventre posteriore.
La superficie inferiore è convessa e presenta un rapporto importante con l'arteria facciale, che lascia un solco
su questa faccia. L'arteria facciale poi supera il corpo della mandibola e si fa anteriore.
Di questa ghiandola sottomandibolare vi è un prolungamento profondo, di estensione variabile, che si porta a
scavalcare il margine libero del muscolo miloioideo. Si porta poi in avanti adagiandosi sulla porzione posteriore
del muscolo miloioideo portandosi quindi nella loggia sottolinguale.
Per cui possiamo dire che la loggia sottomandibolare è in comunicazione con la loggia sottolinguale, di
conseguenza un processo infettivo in una loggia può diffondere nell'altra.
La ghiandola nella sua faccia mediale contrae un rapporto molto importante con il nervo linguale e con il
ganglio sottomandibolare. Il nervo ipoglosso contrae rapporto più inferiormente. Entrambi entrano poi nella
sottolinguale a due profondità differenti.
Dotto escretore (di Warton)
L’unico dotto escretore della ghiandola sottomandibolare drena principalmente la porzione superficiale. Esso
ha origine proprio a livello di questa porzione più superficiale ed emergerà poi dal prolungamento profondo
che si insinua nella sottolinguale. Il dotto di Warton decorre nella loggia sottolinguale in quel pertugio che si
realizza tra la ghiandola sottolinguale ed il muscolo genioglosso. Il dotto si andrà ad aprire a livello di caruncola
sottolinguale.
Il nervo linguale passa sotto al dotto e si porta poi verso l'alto, perché dovrà distribuirsi a tutta la lingua
(innervazione sensitiva-tattile). È da notare l'ansa che compie il dotto sottomandibolare, che piega prima verso
l'alto poi in avanti. Qualora si crei un calcolo all'interno del dotto questo avrà chiaramente difficoltà a spostarsi e lo
troveremo prevalentemente proprio nel punto in cui il dotto curva. La ghiandola così si ingrossa e diventa dolente.
Vascolarizzazione e Ritorno venoso. Data la vicinanza con l' arteria facciale sarà vascolarizzata da rami di essa. Il
ritorno venoso sarà invece a carico della vena facciale, che anch'essa decorre vicino.

Loggia parotidea
I limiti sono:
- Superiormente. Arcata zigomatica e capsula dell'ATM.
- Inferiormente. Angolo della mandibola.
- Anteriormente. Ramo della mandibola
- Posteriormente. Margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo
- Medialmente. Ventre posteriore del muscolo digastrico, processo stiloideo, (fascetto BR di riolano), lo
scavo raggiungerà la parete esterna della faringe. (+ muscolo pterigoideo interno)
- Lateralmente. Cute + sottocute + SMAS
La fascia parotidea-masseterina riveste la loggia parotidea. Essa si continua sul massetere e si continua in
avanti anche con lo SMAS della guancia, a livello del quale non siamo più in grado di separare le due strutture.
La fascia parotideo-masseterina è dipendenza della fascia cervicale superficiale. Quest'ultima si sdoppia a
rivestire lo sternocleidomastoideo e, giunta al margine anteriore di questo muscolo, i due foglietti si riuniscono.
Immediatamente però si risdoppia per cui possiamo descrivere un foglietto superficiale ed un foglietto
profondo.
Sezione trasversale
- Foglietto superficiale
Il foglietto superficiale si porta semplicemente in avanti e si va ad unire con la fascia del muscolo massetere.

18
- Foglietto profondo
Il foglietto profondo si porta a rivestire il ventre posteriore del digastrico, più profondamente poi processo
stiloideo con fascetto bianco rosso di Riolano. In posizione più profonda ma piuttosto vicino (un po' più
posteriormente), ritroviamo arteria carotide interna e vena giugulare interna. Procedendo ancora più
profondamente ritroviamo la parete della faringe. Spostandoci anteriormente fissato al versante interno della
mandibola ritroveremo il muscolo pterigoideo interno, quindi più superficialmente il ramo della mandibola e
poi il muscolo massetere, fino a che i due foglietti si riuniscono e vi è fusione con la fascia masseterina.
Sezione frontale
Superiormente il foglietto profondo si fissa alla base del processo stiloideo, quello superficiale si fissa invece
proprio dove c'è l'ATM, l'arcata zigomatica.
Inferiormente i due foglietti si riuniscono nuovamente, con il risultato che la loggia parotidea risulta separata
dalla loggia sottomandibolare, non vi è alcun tipo di contatto tra le due.
Un fenomeno infettivo a livello di loggia parotidea non può diffondere nella loggia sottomandibolare.
Parotide
La parotide è la ghiandola salivare maggiore più grande; è situata in uno scavo piuttosto profondo posteriore al
ramo della mandibola. Essa non fa altro che riempire lo spazio delimitato dalla fascia parotideo-masseterina.
Quindi avremo una porzione superficiale che si può prolungare anteriormente sul muscolo massetere
(variabile) ma avremo anche tutta una porzione profonda della ghiandola che si va ad insinuare in tutti gli spazi
resi disponibili, giungendo fino alla parete esterna della faringe.
Più profondamente riconosciamo la tonsilla palatina, quando questa viene rimossa l’otorino deve stare attento.
Dotto parotideo (di Stenone)
La parotide viene drenata da un unico dotto, il dotto di Stenone o dotto parotideo, che emerge dal margine
anteriore della ghiandola, si porta in avanti adagiato sul muscolo massetere, poi piega medialmente, perfora,
se c'è, il corpo adiposo di Bichat, e perfora anche il muscolo buccinatore, per aprirsi a livello di papilla parotidea
a livello di corona del 2° dente molare superiore.
Rapporti estrinseci
Sono tutte le strutture descritte precedentemente con la fascia parotideo-masseterina.
Rapporti intrinseci
Sono rapporti estremamente importanti. In sezione trasversale vediamo due strutture importanti: proprio nello
spessore della parotide l'arteria carotide esterna che sta salendo verso l'alto si divide nei suoi due rami
terminali: la temporale superficiale che prosegue verticalmente e la mascellare interna che ha decorso
lateromediale in avanti.
Sempre nello spessore della ghiandola si formerà anche il tronco retromandibolare perché la vena temporale
superficiale discendendo verso il basso riceve le vene del plesso pterigoideo. Questo proseguirà poi
inferiormente.
Vi saranno rapporti anche con strutture nervose: dietro al processo stilomastoideo nella base cranica vi è il
forostilomastoideo, da cui fuoriesce la gran parte del nervo facciale, che si trova quindi ad essere immerso
nella parotide. Tant'è che la diramazione di questo mi permette di separare una porzione superficiale della
ghiandola ed una profonda. Il nervo facciale si divide nei suoi rami temporofacciale e cervicofacciale.
Sempre nella parotide vi è anche un altro nervo, il nervo auricolotemporale, che rappresenta un ramo del
nervo mandibolare, a sua volta branca del trigemino. Questo è solo sensitivo, ed è il responsabile della
sensazione di dolore nel corso della parotite.
Qualora la compressione fosse massiva il nervo facciale potrebbe essere compromesso e ridurrebbe l'ampiezza dei
movimenti dei muscoli facciali, ma quello che sentiamo prima è il dolore veicolato dal nervo auricolotemporale.
Vascolarizzazione. È a carico dell’arteria trasversa della faccia, il primo ramo che cede l'arteria temporale
superficiale. Vi sono anche rami che provengono dall'arteria auricolare posteriore.

19
Drenaggio linfatico della faccia
Linfonodi superficiali
Riconosciamo 3 gruppi linfonodali superficiali, drenano la linfa dalle strutture superficiali.
Linfonodi sottomentali. Li ritroviamo a livello di regione sottomentale. Vanno a drenare la parte media del
mento e del labbro inferiore.
Linfonodi sottomandibolari. Li ritroviamo sulla superficie esterna della ghiandola sottomandibolare. Drenano
l'angolo del labbro e tutta la porzione inferiore e laterale del mento, raggiungono anche la superficie laterale
del naso ed in più tutta la guancia.
Linfonodi preauricolari e parotidei. Li ritroviamo sulla superficie della parotide. Drenano tutto l'ampio
territorio che va dall'occhio a tutta la superficie parietale e temporale.
Linfonodi profondi
Li ritroviamo a livello di giugulare interna. Due linfonodi piuttosto importanti sono il giugulo digastrico e il
giugulo omoioideo. I linfonodi superficiali inviano la linfa direttamente ai profondi, ad eccezione di alcune
regioni della lingua che vengono drenate direttamente dai linfonodi profondi:
- La punta della lingua viene drenata ai sottomentali;
- I margini della lingua vengono drenati ai sottomandibolari;
- La porzione mediana e la radice della lingua vengono drenate direttamente ai linfonodi cervicali
profondi.
A livello di lingua vi sono tantissime anastomosi tra un lato e l'altro. un carcinoma di un lato della lingua può avere linfatici
che raggiungono l'altro lato, per cui il chirurgo deve vagliare anche i linfonodi dell'altro lato.

20
COLLO – MUSCOLI, FASCE, VISCERI
Muscoli della regione laterale
- Strato superficiale
Muscolo platisma
Sottile muscolo pelliciale annesso al sottocute; è in pratica una sottile lamina quadrangolare che si estende dal
livello della clavicola inferiormente fino al margine inferiore della mandibola superiormente. Parte delle fibre
procedono superiormente andandosi ad incrociare con le controlaterali a livello di sinfisi e anche con fibre di
muscoli mimici quali il muscolo triangolare delle labbra ed il muscolo risorio.
Muscolo sternocleidomastoideo
Origine. Processo mastoideo e porzione laterale della linea nucale superiore.
Inserzione. Si porta in basso e verso l’avanti e si dividerà in due capi. Il fascio sternale va a fissarsi al manubrio
dello sterno, viceversa il fascio clavicolare si va a fissare sul ¼ mediale della faccia superiore della clavicola.
Azione. Ruota la testa con contrazione unilaterale. Se si contraggono entrambi si ha flessione della testa.
Muscoli della regione anteriore (o sotto-ioidei)
Sono 4 muscoli diretti verso il basso, di cui 3 prendono inserzione sull’osso ioide
Muscolo sternoioideo
Origine. Estremità mediale della clavicola e manubrio dello sterno.
Inserzione. Porzione mediale del margine inferiore del corpo dell’osso ioide (in posizione paramediana).
Azione. Abbassa l’osso ioide.
Muscolo omoioideo
È un muscolo molto sottile, sito subito a lato del precedente. Presenta un tendine intermedio, e sarà quindi
diviso in due ventri, uno inferiore ed uno superiore.
Origine. Margine superiore della scapola, subito medialmente all’incisura sovrascapolare.
Inserzione. Porzione laterale del margine inferiore dell’osso ioide, subito a lato dello sternoioideo.
Azione. “”Abbassa”” l’osso ioide. Nella pratica tende la fascia cervicale media.
- Strato Profondo.
Muscolo sternotiroideo
Origine. Manubrio dello sterno e 1° cartilagine costale.
Inserzione. Margine inferiore della linea obliqua della cartilagine tiroidea della laringe.
Azione. Abbassa la laringe, e di conseguenza l’osso ioide.
Muscolo tiroioideo
Origine. Margine superiore della linea obliqua della cartilagine tiroidea della laringe.
Inserzione. Margine inferiore del grande corno dell’osso ioide.
Azione. Abbassa l’osso ioide.

21
Fasce del collo
Sono importanti perché rappresentano mezzi di scorrimento. I movimenti del collo, che sono ampi, sono
permessi dalla presenza di queste fasce che isolano i vari piani muscolari e permettono a questi di scorrere
l’uno rispetto all’altro senza avere impedimenti.
A causa degli ampi movimenti che può effettuare il collo i vasi che decorrono qui non sono mai rettilinei, della lunghezza
del collo, hanno sempre un andamento piuttosto tortuoso in modo da permettere i movimenti senza alterare i flussi
emodinamici.
Fascia cervicale superficiale
Questa fascia si va a situare profondamente al sottocutaneo, e va a rivestire completamente il collo.
Inserzione superiore. A livello del cranio si inserisce, per entrambi i lati, a livello di protuberanza occipitale
esterna, linea nucale superiore, processo mastoideo, margine della mandibola fino alla sinfisi mentale,
andando a circondare l’intero cranio.
Inserzione inferiore. Anteriormente su incisura giugulare dello sterno, margine della clavicola, acromion.
Posteriormente invece si disperde con la fascia del muscolo trapezio.
La fascia cervicale superficiale si sdoppia in due foglietti per rivestire i muscoli superficiali del collo:
sternocleidomastoideo nella porzione laterale e trapezio nella regione posteriore; una volta rivestiti questi
muscoli i due foglietti si ricongiungeranno. L'estensione del muscolo trapezio è talmente grande anche inferiormente
che i due foglietti si disperderanno intramezzandosi alla fascia del muscolo stesso.
La fascia parotidea-masseterina è una dipendenza della fascia cervicale superficiale.
La ghiandola sottomandibolare rimane profonda rispetto alla fascia cervicale superficiale.
Fascia cervicale media
La fascia cervicale media va a rivestire i muscoli anteriori del collo (sottoioidei), non va a rivestire tutto il collo.
Inserzione superiore. Margine inferiore dell’osso ioide, compreso il grande corno, ad un livello più superficiale
dell’inserzione muscolare.
Nello sdoppiarsi per rivestire i muscoli sottoioidei la fascia segue il margine laterale del muscolo omoioideo,
assumendo la forma di un trapezio.
Inserzione inferiore. Margine superiore della clavicola e incisura giugulare dello sterno.
Le fasce cervicale superficiale e cervicale media a livello della loro inserzione su sterno e clavicola saranno piuttosto vicine.
Lo spazio che viene limitato inferiormente tra le due fasce risulta infatti chiuso; ne segue che fenomeni infettivi che si
possono sviluppare tra le due fasce non raggiungono il mediastino, ma si fermano a livello del margine superiore della
clavicola – giugulo.
Fascia cervicale profonda (o prevertebrale)
La fascia cervicale profonda va a rivestire i muscoli prevertebrali, e si porta anche a rivestire i muscoli scaleni ed
i muscoli profondi posteriori del collo.
È anch’essa una fascia completa, crea un manicotto attorno ai muscoli che si dispongono attorno alla colonna.
Anteriormente i due prevertebrali, di lato i profondi della loggia vertebrale (scaleni), poi suboccipitali e profondi del collo.
Inserzione superiore. Si inserisce sul cranio, circondando le inserzioni delle formazioni muscolari che va a
rivestire.
Inserzione inferiore. Si disperde nel connettivo del mediastino posteriore. Ne segue che fenomeni infettivi che
possono evolvere superiormente possono poi diffondersi nel mediastino, causando danni.
Guaina viscerale (o Fascia bucco-faringea)
I visceri collocati nel collo saranno coperti da una fascia di rivestimento derivante dal mesenchima che rivestiva
queste formazioni. Questa guaina sarà comune per tutti i visceri, quindi laringe e trachea, ghiandola tiroide,
faringe ed esofago.
Tra il margine posteriore della guaina viscerale e la fascia prevertebrale esiste uno spazio virtuale, lo spazio
retrofaringeo, contenente connettivo di riempimento molto lasso. (più inferiormente parleremo di spazio
retro-esofageo). Questo spazio risulta essere direttamente connesso con il mediastino.
Lo spazio retrofaringeo risulta essere piuttosto importante dal punto di vista funzionale, permetterà infatti i

22
movimenti verticali della faringe, della laringe e delle vie aeree nel corso di processi come deglutizione,
fonazione eccetera. Il fatto che questo spazio contenga tessuto connettivo molto lasso non creerà infatti alcun
impedimento allo scorrimento delle strutture suddette.
La guaina viscerale è dipendenza della sola fascia cervicale media.
Guaina vascolare
È una guaina che riveste il fascio vascolo-nervoso del collo, formato a vena giugulare interna posta
superficialmente, arteria carotide e nervo vago. Alla formazione della guaina vascolare partecipano tutti e 3 gli
strati fasciali, essa è quindi una dipendenza della fascia cervicale media, della fascia cervicale profonda ed in
parte anche della fascia cervicale superficiale.

Secondo gli anglosassoni il sottocute corrisponde alla fascia cervicale superficiale.


Le nostre fasce cervicale superficiale, media e profonda, corrispondono ai tre foglietti in cui si divide secondo
gli anglosassoni la fascia cervicale profonda: strato superficiale, fascia pretracheale e fascia prevertebrale.

Tiroide
La ghiandola tiroide, di colore rosso bruno, altamente vascolarizzata, si trova anteriormente nella porzione
inferiore del collo, tra C5 e T1. È avvolta dalla fascia cervicale media (più precisamente dalla guaina
peritiroidea, una guaina fibrosa dipendenza della fascia cervicale media) ed è composta dai lobi destro e
sinistro connessi da un sottile istmo mediano. Pesa in genere 25 g, ma tale parametro è assai variabile.
I lobi della ghiandola tiroide presentano una forma circa conica. I loro apici diretti verso l’alto
divergono lateralmente a livello delle linee oblique sulle lamine della cartilagine tiroidea, e le loro basi sono al
livello della 4°-5° cartilagine tracheale. Ciascun lobo è lungo 5 cm. I versanti postero-mediali dei lobi sono
inseriti ai lati della cartilagine cricoidea per mezzo del legamento laterale della tiroide.
L’istmo connette le porzioni inferiori dei due lobi, sebbene talvolta possa essere assente. Esso si trova
anteriormente alla 2° e alla 3° cartilagine tracheale.
Rapporti
- La faccia laterale, superficiale, è ricoperta dal muscolo sternotiroideo, la cui inserzione a livello della linea
tiroidea obliqua evita che il polo superiore della ghiandola si estenda in alto sino al muscolo tiroioideo. Più in
avanti si trovano il muscolo sternojoideo ed il ventre superiore del muscolo omojoideo. Più
esternamente si ritrova anche il muscolo sternocleidomastoideo.
Anteriormente, vista la caratteristica direzione obliqua dei suddetti muscoli, la ghiandola risulta scoperta
da questo rapporto lungo la linea mediana. Qui soltanto le due fasce cervicali, media e superficiale,
giustapposte, la separano dai tegumenti.
- La faccia mediale si adatta alla laringe e alla trachea; il suo polo superiore entra in contatto con il muscolo
costrittore inferiore della faringe e con la parte posteriore del muscolo cricotiroideo. Il nervo laringeo esterno si
trova medialmente a questa parte di ghiandola nel punto in cui si estende ad innervare il muscolo cricotiroideo.
In basso, la trachea e, più indietro, il nervo laringeo ricorrente e l’esofago, più vicino a sinistra, costituiscono i
rapporti mediali.
- La superficie posterolaterale della ghiandola tiroide è vicina alla guaina carotidea e ricopre l’arteria
carotide comune.
Vascolarizzazione
La ghiandola tiroide è vascolarizzata dalle arterie tiroidee superiore ed inferiore e talvolta da un’arteria tiroidea
ima proveniente dal tronco brachiocefalico o dall’arco aortico.
- L’arteria tiroidea superiore, primo ramo anteriore della carotide esterna, raggiunge l’organo dall’alto.
Questa attraversa la fascia tiroidea per poi dividersi in due rami:
o Il ramo anteriore irrora la superficie anteriore della ghiandola.
o Il ramo posteriore irrora le superfici mediale e laterale.

23
- L’arteria tiroidea inferiore è un ramo del tronco tireocervicale della relativa succlavia. Essa si avvicina
alla base della ghiandola tiroide e si divide nei rami tiroidei superiore ed inferiore, per supplire le
superfici inferiore e posteriore della ghiandola. Il ramo superiore irrora anche le ghiandole paratiroidi. Il
rapporto tra arteria tiroidea inferiore e nervo laringeo ricorrente è assai variabile ed è di notevole importanza
clinica: il danno a questo nervo rappresenta una complicanza maggiore della chirurgia della tiroide.
- L’arteria tiroidea ima, proveniente dal tronco brachiocefalico o dall’arco aortico o dalla carotide
comune, qualora esista, raggiunge la tiroide dal basso a livello dell’istmo, decorrendo lungo la linea
mediana sulla faccia ventrale della trachea.
Ritorno venoso
Il drenaggio venoso avviene in genere avviene attraverso le vene tiroidee superiore, media ed inferiore.
- La vena tiroidea superiore emerge dalla porzione superiore della ghiandola e decorre con l’arteria
tiroidea superiore in direzione della guaina carotidea: essa drena nella vena giugulare interna.
- La vena tiroidea media raccoglie il sangue dalla parte inferiore della ghiandola: emerge dalla superficie
laterale della ghiandola e drena nella vena giugulare interna.
- Le vene tiroidee inferiori originano nel contesto di un plesso venoso ghiandolare, che si connette
anche con le vene tiroidee medie e superiori. Queste sono tributarie delle vene brachiocefaliche.
Faringe
La faringe è un tratto del canale digerente posto dietro alle cavità nasali, alla bocca e alla laringe. Fa seguito
all’istmo delle fauci e prosegue nell’esofago. Da passaggio al bolo alimentare che, formatosi nella bocca, vi
giunge, attraverso l’istmo delle fauci, con la deglutizione. La faringe, tuttavia costituisce anche parte delle vie
respiratorie in quanto riceve aria dalle cavità nasali immettendola nella laringe.
È una sorta di doccia (cilindro tagliato a metà), con due pareti laterali e una parete posteriore.
La faringe non possiede una parete anteriore propria, i margini anteriori delle pareti laterali si andranno ad
inserire sulle strutture ossee e legamentose che delimitano coane, istmo delle fauci e aditus laringeo.
A seconda dei tratti che andiamo a considerare parleremo di rinofaringe, orofaringe e laringofaringe.
La lunghezza della faringe è di circa 12 cm,(rino: 4-4.5, oro: 4-4.5, laringo: 3-4).
Il rinofaringe ha come limite superiore la base cranica e come limite inferiore il palato molle (quando è
orizzontale al momento della deglutizione).
L’orofaringe ha come limite inferiore un piano orizzontale passante per l’osso ioide.
La laringofaringe ha come limite inferiore il margine inferiore della cartilagine cricoidea, che proiettato sulla
colonna vertebrale è a livello di C6.
La faringe si presenta con una parte slargata craniale in contatto con la base cranica ed una parte ristretta in
basso che si continua nell’esofago.
Struttura
Dall’interno all’esterno ritroviamo:
1. Tonaca mucosa;
2. Aponeurosi faringea (annessa alla sottomucosa);
3. Tonaca muscolare;
4. Fascia di rivestimento esterna o peri-faringea o bucco-faringea o guaina viscerale.
2. Aponeurosi faringea
L’aponeurosi faringea risulta essere composta di tessuto connettivo piuttosto denso, robusto.
Delle 4 formazioni che compongono la faringe essa è l’unica (ovviamente insieme alla tonaca mucosa) che
ritroviamo in tutto il decorso della faringe; darà sostegno all’intera struttura.
Superiormente l'aponeurosi diventa particolarmente robusta e prende il nome di fascia faringo-basilare.
Questa, a livello di estremità superiore della faringe, formerà la parete stessa della faringe, visto che viene a
mancare il contributo della tonaca muscolare.
Inserzione. La fascia faringo-basilare si va ad inserire a livello della base cranica: si inserisce sul tubercolo
faringeo della porzione basilare dell’osso occipitale in posizione mediana e, partendo da qui, si porta
24
lateralmente per arrivare all’apice della piramide. Si andrà poi a fissare sulla cartilagine che va ad obliterare il
foro lacero e successivamente scavalcherà la porzione cartilaginea della tuba uditiva per giungere infine al
margine posteriore della lamina mediale del processo pterigoideo, che seguirà tutto arrivando inferiormente
all’uncino pterigoideo.
L’aponeurosi faringea continuerà la sua inserzione sul versante posteriore del rafe pterigo-mandibolare,
giungendo alla porzione posteriore della linea-miloioidea, dove si interrompe.
Si torna a parlare di aponeurosi a livello dell’inserzione sulla porzione distale del legamento stiloioideo, che
continuerà poi sul margine superiore del piccolo corno e successivamente del grande corno dell’osso ioide.
Dopo questo tratto di inserzione orizzontale torniamo ad avere un andamento verticale, l’inserzione continuerà
infatti sul margine libero della membrana tiroioidea, il legamento tiroioideo posteriore, per arrivare infine al
margine posteriore della cartilagine tiroidea ed ancor più in basso sulla faccia postero-laterale della cartilagine
cricoidea della laringe, quasi al confine tra lamina ed arco, fino al margine inferiore.
Mentre l’aponeurosi faringea superiormente risulta essere spessa, dura e resistente, formata quindi da
un connettivo piuttosto denso, man mano che ci spostiamo verso il basso il connettivo diventa sempre meno
denso, fino a giungere a livello di esofago, dove la ritroviamo come tonaca sottomucosa, di connettivo lasso.
Quindi mentre in alto l’aponeurosi faringea svolte un importante funzione di sostegno, in basso questa
funzione si viene a perdere.
3. Tonaca muscolare
Muscoli costrittori della faringe
Sono lamine muscolari molto estese ma di spessore ridotto.
Posteriormente i muscoli costrittori vanno a sovrapporsi l'uno all'altro; si embricano in senso contrario:
l’inferiore va a coprire il medio ed il medio va a coprire il superiore.
Muscolo costrittore inferiore della faringe
- Fascio tiroideo. Origina lungo il versante posteriore della linea obliqua della cartilagine tiroidea.
Questo fascio si slarga, le fibre hanno un andamento obliquo verso l’alto e vanno a convergere
posteriormente sul rafe faringeo, in posizione mediana.
- Fascio cricoideo. Origina dalla faccia postero-laterale della cartilagine cricoidea.
Le fibre hanno andamento piuttosto orizzontale e vanno a formare una sorta di anello.
Muscolo costrittore medio della faringe
Origine
- Un fascio origina dal piccolo corno dell'osso ioide e dalla porzione inferiore del legamento stiloioideo.
- Un altro fascio ha origine dal margine superiore del grande corno dell'osso ioide.
Tra i due fasci si delimita un piccolo spazio che sfrutta l'arteria linguale per portarsi nel triangolo di Bèclard.
Inserzione. Le fibre divergeranno ampiamente:
- Le fibre inferiori sono obliqui verso il basso, discendono sotto al muscolo costrittore inferiore perraggiungere
l’estremità inferiore della faringe.
- Le fibre intermedie sono orizzontali;
- Le fibre superiori sono oblique verso l’alto, si sovrappongono in parte al costrittore superiore.
Tutti i fasci si fissano posteriormente sul rafe faringeo.
TALVOLTA le fibre superiori possono raggiungere il tubercolo faringeo.
Muscolo costrittore superiore della faringe
Origine. Ricalca l’origine dell’aponeurosi faringea. Si inserisce sulla porzione posteriore della linea miloioidea,
da cui si staccano dei fasci che proseguono a far parte della lingua (muscolo faringoglosso). Dopo di che
l’inserzione continua sul rafe pterigo-mandibolare ed in piccola parte sul margine posteriore della lamina
mediale del processo pterigoideo. (la restante porzione superiore è occupata dalla membrana faringo-basilare).
Inserzione. Le fibre si aprono a ventaglio:
- Fibre superiori hanno decorso obliquo verso l’alto e si fissano sul tubercolo faringeo.
- Le restanti sono orizzontali e si inseriscono sul rafe faringeo.
25
Azione comune. Considerando la direzione obliqua delle fibre l'unica azione di questi muscoli non è solo quella
di ridurre il diametro ma anche quella di elevare la faringe.
Muscoli elevatori della faringe
Sono due piccoli muscoli verticali.
Muscolo palatofaringeo
Origine. Aponeurosi palatina
Inserzione. La sua direzione è verso il basso e verso il dietro, scorre lungo la parete laterale della faringe,
inframezzandosi in parte al muscolo costrittore medio, fino ad inserirsi sulla cartilagine tiroidea della laringe a
livello di margine posteriore del corno superiore ed anche parte del margine posteriore della lamina.
Muscolo stilofaringeo.
Origine. Processo stiloideo.
Inserzione. Si porta verticalmente verso il basso con direzione mediale sfruttando la distanza che vi è tra i
muscoli costrittore superiore e medio. Questo è il livello in cui l’aponeurosi si interrompeva, e questo spazio è
proprio quello utilizzato dal muscolo stilofaringeo per portarsi internamente.
Va a fissarsi sul margine posteriore libero dell’epiglottide e sul margine posteriore del legamento della
membrana tiroioidea raggiungendo il margine posteriore della cartilagine tiroidea.
Azione comune. Funzione di elevare, permettono i movimenti verticali.

4. Fascia peri-faringea (o bucco-faringea) – Guaina viscerale


Descritta precedentemente. Importantissimo da ricordare è lo spazio retrofaringeo, compreso tra la fascia
bucco-faringea e la fascia prevertebrale.
A livello di spazio retrofaringeo, nella porzione posteriore alla faringe, nei lattanti, nei bambini, sono posizionati
linfonodi che drenano la linfa dalle cavità nasali. Nel corso della vita questi vanno esaurendo la loro funzione.
Nei bambini i suddetti linfonodi possono rappresentare un problema perché in caso di ascesso l’infezione può
sfruttare questo spazio per discendere nel mediastino posteriore.
Questo tipo di patologia nell’adulto non vi è, essendo questi linfonodi assenti.

1. Tonaca mucosa
Rinofaringe
Nel rinofaringe ritroviamo la classica mucosa respiratoria.
Nelle porzioni successive si ha il passaggio alla mucosa tipica della cavità orale.
Orofaringe - Loggia tonsillare
La loggia tonsillare è quella regione delimitata anteriormente dall’arco palatoglosso e posteriormente dall’arco
palatofaringeo che accoglie la tonsilla palatina. La parete della fossa tonsillare, la parete data dal muscolo
costrittore superiore e dell’aponeurosi faringea è estremamente sottile.
Subito esternamente al piano muscolare ed alla fascia decorrono diverse arterie e strutture nervose.
L’arteria palatina ascendente è adagiata sulla parete della faringe, e a questo livello essa è estremamente
sottile. Un'asportazione di una tonsilla praticata in modo erroneo può causare il danneggiamento dell'arteria
palatina ascendente. Subito di fianco decorre l'arteria carotide interna.
Il ramo tonsillare dell’arteria palatina ascendente è il ramo più importante per la vascolarizzazione della
tonsilla palatina, ma non bisogna escludere la presenza di altri apporti vascolari. Vi può infatti essere un ramo
che si distribuisce dall’alto, proveniente dall’arteria palatina discendente. Quindi nel momento in cui si pratica
l’asportazione della tonsilla palatina bisogna prestare attenzione all’emorragia che si può instaurare, anche dal
ramo che proviene superiormente.
Laringofaringe
Vediamo sporgere, in veduta posteriore, la lamina cricoidea, che ci permette di evidenziare la presenza dei due

26
recessi piriformi. Le due fosse si vengono a formare perché e l’aponeurosi faringea e il muscolo costrittore
inferiore si vanno ad inserire sulle facce laterali della cartilagine cricoidea. Sul fondo delle due fosse è possibile
intravedere il nervo laringeo ricorrente.
È attraverso questi recessi a lato dell’epiglottide che il bolo alimentare passa nella laringofaringe e quindi
nell’esofago; molto difficilmente il bolo scavalca l’epiglottide.
La faringe si chiuderà inferiormente a forma di imbuto per continuarsi nell’esofago.
Rapporti
I rapporti a livello cefalico si instaurano nel tratto compreso tra la base cranica e l’angolo della mandibola.
(orofaringe)
La parete lateralmente appare robusta se viene preso in considerazione il muscolo stiloglosso.
Nella parte anteriore ai muscoli stiliani la parete laterale della faringe viene in rapporto coi due muscoli
pterigoidei, esterno ed interno, e ricordiamo anche la porzione profonda della ghiandola parotide.
Posteriormente al processo stiloideo ritroviamo il fascio vascolo-nervoso del collo, e possiamo ritrovare anche i
nervi ipoglosso e glossofaringeo.
(il fascio vascolo-nervoso rappresenta un importantissimo rapporto della faringe a livello cervicale ! !! )
Posteriormente ritroviamo lo spazio retrofaringeo delimitato da guaina viscerale e fascia cervicale
profonda.
Regione carotidea
- Lateralmente. Muscolo sternocleidomastoideo.
- Medialmente. Parete laterale della faringe.
- Posteriormente. Colonna e muscoli vertebrali rivestiti dalla fascia prevertebrale.
Rimosso lo sternocleidomastoideo si mette in evidenza il fascio vascolo-nervoso del collo, ricoperto dalla
guaina vascolare. Rimossa la guaina vediamo in posizione superficiale la vena giugulare interna,
profondamente arteria carotide, prima comune e che poi al margine superiore della cartilagine tiroidea si
suddivide. Tra le due strutture vascolari si pone il nervo vago, che decorre verticalmente insieme a queste
strutture vascolari.
In un primo tratto è evidente il nervo ipoglosso, che andrà a distribuirsi alla muscolatura della lingua.

Vascolarizzazione
- Il contributo più importante è quello dell’arteria faringea ascendente, che emerge dalla faccia
posteriore della carotide esterna e che risale verso l'alto per distribuirsi alla faringe.
Due contributi più piccoli sono dati dall’ arteria faringea, un piccolo ramo collaterale posteriore della
mascellare interna, e dall’arteria palatina discendente, che prima di impegnare il canale pterigopalatino cede
dei rami per la faringe.

27
Esofago
È un tratto muscolomembranoso del canale digerente che ha la funzione di convogliare il bolo alimentare verso
lo stomaco, ha la sola funzione di transito.
L'esofago è piuttosto lungo, e normalmente non misura meno di 23-24 cm. L’estremità superiore dell’esofago,
continua con la faringe, si trova nel collo all’altezza di C6. L’esofago discende poi nel mediastino posteriore e
attraverso il diaframma passa nell’addome, dove si sviluppa per ulteriori 2-3 cm. Il limite inferiore, proiettato
sulla colonna, raggiunge T10-11, ed è demarcato dall'angolo di Hiss, delimitato dal margine sinistro
dell'esofago e dal fondo dello stomaco.
Curvature
Come la faringe è, con lo spazio retrofaringeo a distanziare, adagiata sui corpi della colonna vertebrale, così
anche il primo tratto dell'esofago, separato dallo spazio retroesofageo, sarà in rapporto coi corpi vertebrali. A
livello di T5 però l’aorta, dopo che ha compiuto il suo arco, discosta l’esofago e lo sposta in avanti, cosicché da
quel punto sarà l’aorta toracica ad essere in rapporto con i corpi vertebrali.
(curva a concavità anteriore sul piano sagittale)
Nel decorso dell’esofago possiamo descrivere due curvature sul piano frontale:
- La prima curva che ritroviamo ha convessità sinistra; l’esofago verrà successivamente rispinto verso
destra dall’arco dell’aorta, che quindi lo sposta in avanti e a destra.
- La seconda curva che ritroviamo ha convessità destra, con un raggio più ampio della precedente;
l’esofago si risposterà poi sulla sinistra.
Restringimenti
A esofago vuoto esso appare schiacciato in senso antero-posteriore. Quando esso è disteso, assume una forma
tubulare e possono essere messi in evidenza i restringimenti.
- Il primo restringimento lo si ritrova all’origine dell’esofago, ed è causato dal fascio cricoideo del
muscolo costrittore inferiore della faringe, che ha la forma di anello. Alcuni autori lo descrivono come
sfintere esofageo superiore, ma è da tenere a mente che questo non è uno sfintere anatomico.
- Il secondo restringimento che si realizza è quello determinato dall’arco dell’aorta, che spinge l’esofago
a destra, e dal bronco principale di sinistra, che si porta a sinistra. Alcuni autori considerano due
restringimenti separati (restringimento aortico e bronchiale), altri autori considerano un unico
restringimento aortico-bronchiale.
- Il terzo restringimento, più importante, è quello che si ha quando l’esofago attraversa il diaframma.
L’architettura di questo attraversamento (e le differenti pressioni che ritroviamo tra torace ed addome)
fanno sì che venga impedito il reflusso gastro-esofageo. Questo attraversamento viene chiamato
sfintere esofageo inferiore ma, come il superiore, è uno sfintere solamente funzionale, non anatomico,
in quanto assente un anello proprio di muscolatura.
Rapporti
Porzione cervicale (teso da C6 a T2, a livello dell’incisura giugulare)
L'esofago si trova in una posizione decisamente profonda, inaccessibile dal punto di vista chirurgico.
- Anteriormente. Rapporto diretto con il muscolo tracheale; è da notare lo scambio di fibre tra lo strato
superficiale della muscolatura esofagea con il muscolo tracheale.
Questo rapporto si spiega dall’embriologia perché il diverticolo respiratorio originava dalla faccia anteriore della
porzione iniziale dell’intestino anteriore, dalla quale si separa mediante il setto esofageo-tracheale.
In caso il setto deviasse posteriormente si verrebbero a descrivere la fistola tracheoesofagea e l’atresia della
porzione prossimale dell’esofago, situazione che merita l’immediato intervento chirurgico.
- Posteriormente. Spazio retroesofageo che separa dai corpi vertebrali.
- Lateralmente. Ritroviamo i due nervi laringei ricorrenti.
A sinistra abbiamo il lobo sinistro della tiroide che arriva a contattare l'esofago.

28
Porzione toracica
Andiamo a descrivere due sezioni (vedi Netter), una a livello di T3, l’altra a livello di T7.
Sezione sopra-aortica (T3)
Si può osservare come l’esofago decorra moolto profondamente nel mediastino posteriore.
- Anteriormente. Persiste il rapporto con il muscolo tracheale.
- Posteriormente. Corpi vertebrali.
A sinistra rapporto con il dotto toracico.
- Lateralmente. Ritroviamo i nervi vaghi di destra e di sinistra.
Sezione sotto-aortica (T7)
- Anteriormente. L’esofago è in rapporto, separato dal pericardio e dal seno obliquo, con l’atrio sinistro.
Il reflusso gastro-esofageo può per questo motivo mimare un dolore cardiaco.
- Lateralmente. Contrae rapporti con le pleure mediastiniche dei due polmoni,
- Posteriormente. Compare l’aorta discendente (a partire da T5).
Posteriormente a destra ritroviamo la vena azygos, e tra le due strutture il dotto toracico.
Porzione diaframmatica
Lo hiatus esofageo mediante il quale l’esofago si porta nell’addome è uno hiatus muscolare, formato quasi
interamente dai fasci carnosi del pilastro mediale destro del diaframma. Nell'attraversare il diaframma fibre
muscolari del diaframma si mescolano alle fibre più esterne dell'esofago.
- Le fasce di rivestimento e dell’esofago e della superficie superiore del diaframma risultano essere in
continuità, l’una si fonde con l’altra. Superiormente si viene a creare il legamento freno-esofageo
superiore, che consiste anche di una componente muscolare.
Inferiormente al diaframma non è presente una componente muscolare di scambio, ma è invece
presente tutt’attorno all’esofago un anello di tessuto adiposo che lo contorna.
- La fascia di rivestimento dell’esofago si continua anche con la fascia della superficie inferiore del
diaframma, venendo a formare i legamenti freno-esofagei inferiori, indubbiamente meno estesi dei
corrispettivi legamenti superiori.
Dati i diversi mezzi di fissità ne risulta che l’esofago è solidale con il diaframma, fissato ad esso.
Erna iatale da scivolamento. Qualora vi sia lassità dei legamenti freno-esofagei può accadere che la porzione
addominale dell'esofago si porti nella cavità toracica, trascinandosi anche la parte iniziale di stomaco.
Erna iatale para-esofagea. Qualora invece si ampli lo hiatus esofageo, e solo un lato di questi legamenti freno-
esofagei diventi più lasso, ecco allora che l'esofago rimane in situ e ciò che ernia in cavità toracica è la parte
alta dello stomaco.
Porzione addominale
Non presenta nulla di particolare se non i rapporti anteriori.
- Anteriormente e lateralmente questa porzione di esofago è rivestita dal peritoneo viscerale.
- Posteriormente. Rapporti sono con il fegato.
Rapporto che ha l'esofago con i due nervi vaghi. Nel discendere inizialmente essi sono posti ai lati. Mano a
mano che discende il nervo vago di sinistra si porta sulla faccia anteriore dell'esofago, così come il nervo vago
di destra sarà trascinato e si porterà sulla faccia posteriore dell'esofago.
Tonaca muscolare
La tonaca muscolare è organizzata in due strati continui.
- Strato interno. Fibrocellule disposte circolarmente.
- Strato esterno. Fibrocellule disposte longitudinalmente, che hanno origine dalla cresta della lamina
cricoidea.
Dal punto di vista clinico esistono si vengono a delimitare due triangoli importanti.
- Triangolo di Killian. Con vertice verso l’alto, delimitato dal fascio cricoideo e dal fascio tiroideo del
muscolo costrittore inferiore.
- Triangolo di Laimer. (leggi Leimer) Si realizza tra la muscolatura circolare della porzione iniziale

29
dell'esofago, che è una muscolatura continua, e la muscolatura longitudinale, che ha origine dalla
cresta della lamina cricoidea. Questi fasci coprono tutta la porzione dell'esofago ad eccetto del
triangolo di Laimer, dove resta solo il fascio circolare. Questo triangolo è quindi una sede dove la
parete è particolarmente debole, mancando uno strato di muscolatura.
Nel caso vi sia un aumento di pressione intraluminale, il punto debole sarà proprio questo triangolo e si potrà
avere erniazione esterna di mucosa e sottomucosa; si può quindi venire a formare un diverticolo.
A questo punto il bolo alimentare passerà di qui e causerà infiammazione. Fasci longitudinali si aprono a ventaglio
ma non arrivano a coprire tutto.

Vascolarizzazione
Essendo un tratto così lungo avrà diverse forme di irrorazione.
- Porzione cervicale. Riceve rami esofagei dall'arteria tiroidea inferiore (dal tronco tireocervicale).
- Porzione toracica. Riceve rami esofagei dalle arterie bronchiali, dall'aorta toracica e dalle arterie
intercostali.
- Tratto addominale. Riceve rami esofagei dall’arteria gastrica sinistra e dall’arteria frenica inferiore
sinistra.
Ritorno venoso
Ritroviamo plesso a livello di sottomucosa ed un plesso periesofageo; vi saranno rami che uniranno i due
plessi. A seconda dell'altezza dell'esofago considerato queste vene saranno tributarie:
- Porzione cervicale. Tributarie delle tiroidee inferiore.
- Porzione toracica. Vena azygos ed emiazygos.
- Porzione addominale. Vena gastrica sinistra.
Dal pdv clinico l'anastomosi tra vena gastrica sinistra e le vene che drenano sulla azygos sarà molto
importante, anastomosi porto-cavale.

30
ADDOME
Anatomia di superficie
In posizione mediana ritroviamo la linea alba, che tesa dal processo xifoideo raggiunge la cicatrice ombelicale,;
inferiormente non è più così ben visibile.
Ai lati della linea alba notiamo il muscolo retto dell'addome, del quale risultano evidenti i solchi.
Subito a lato ritroviamo la linea semilunare.
Altro punto di repere è la piega inguinale, tesa dalla spina iliaca antero-superiore al tubercolo pubico.

Parete addominale antero-laterale


Dall'esterno all'interno ritroviamo le seguenti strutture:
1. Cute. Sottile e mobile, ad eccetto della cicatrice ombelicale.
2. Sottocute.
Strato superficiale. Fascia adiposa di Camper.
Strato profondo. Fascia fibrosa di Scarpa, in continuità con la fascia lata.
3. Fascia lata.
4. Parete muscolare.
5. Fascia trasversalis.
6. Peritoneo parietale.
Muscolatura anteriore
(rimossa cute, sottocute, sezionata la guaina dei retti).
Muscolo retto dell'addome
Origine. Inferiormente nello spazio compreso tra i due tubercoli pubici. (tra linea mediana e tubercolo pubico di sx
o dx).
Inserzione. Questo fascio piuttosto appiattito risale verso l’alto per fissarsi al processo xifoideo dello sterno e
alle cartilagini costali dalla 5° alla 7°.
Appare interrotto da formazioni tendinee che prendono il nome di iscrizioni tendinee. Queste non sempre
interessano l’intero spessore del muscolo: talvolta sono da lato a lato, talvolta interessano solo la porzione
superficiale o profonda.
- Il margine laterale del retto dell’addome corrisponde alla linea semilunare, il margine mediale
corrisponde alla linea alba.
Muscolo piramidale
È di piccole dimensioni; si trova inferiormente, superficialmente al retto dell’addome.
Origine. Linea alba.
Inserzione. Sinfisi pubica.
Muscolatura laterale
Mostra 3 muscoli in sequenza: obliquo esterno, obliquo interno, trasverso.
Muscolo obliquo esterno
Origine. Faccia anteriore delle ultime 7-8 coste; Anteriormente la sua origine si va ad interdigitare con l’origine
del muscolo dentato anteriore. Posteriormente le sue origini costali si vanno ad interdigitare con le origini del
grande dorsale, si ha un intreccio di fibre.
Inserzione. Le fibre si aprono a ventaglio e sono piuttosto oblique dirette dall’alto al basso e verso l’avanti,
quelle inferiori sono quasi verticali.
- Fasci inferiori. 3/4 anteriori del labbro laterale della cresta iliaca;
- Fasci medi e superiori. Si continuano in una larghissima aponevrosi, l’aponevrosi del muscolo obliquo
esterno, una lamina fibrosa estremamente densa e robusta analoga al tendine.

31
L’aponevrosi dell'obliquo esterno copre il retto dell'addome, e si va a fondere con l'aponevrosi dell’obliquo
esterno controlaterale dell'altro obliquo esterno a livello della linea alba. è proprio l'incrocio tra le due
aponeurosi che determinano la linea alba.
Il margine inferiore dell’obliquo esterno darà origine al legamento inguinale; il margine libero
dell’obliquo esterno è infatti teso tra spina iliaca antero-superiore e tubercolo pubico.
Muscolo obliquo interno
A contrario della direzione delle fibre dell’obliquo esterno, quelle dell’obliquo interno sono dirette dal basso
verso l’alto in avanti. In questo modo viene impedito lo sfiancamento della parete addominale.
Origine. Fibre inferiori. 2/3 laterali del legamento inguinale;
Fibre intermedie. 2/3 anteriori della cresta iliaca;
Fibre superiori. A livello della fascia toraco-lombare.
Inserzione. Le fibre intermedie ed inferiori si risolvono anche qui nella larga aponevrosi del muscolo obliquo
interno, a livello di linea semilunare.
Il margine inferiore del muscolo obliquo interno (muscolare) passa a ponte sopra il funicolo spermatico;
successivamente anche questa formazione si risolve nella larga aponevrosi.
L’aponevrosi del muscolo obliquo interno si apre in due foglietti a livello di linea semilunare, che avranno
comportamento diverso in base al tratto di addome considerato:
- Per quel che riguarda i ¾ superiori dell’addome il foglietto anteriore passa davanti al retto coprendolo,
mentre il foglietto posteriore resta in profondità rispetto all’aponeurosi dell’obliquo esterno, passa
dietro al retto.
- Nel ¼ inferiore dell’addome l’aponevrosi dell’obliquo interno non si divide, passa tutta davanti al retto.
Muscolo trasverso dell'addome
Le fibre hanno andamento orizzontale.
Origine. Inferiormente si diparte dai 2/3 laterali del legamento inguinale (come l’obliquo interno), ancora una
volta dai 2/3 anteriori della cresta iliaca, dalla fascia toraco-lombare ma non solo; si inserisce anche sulla
superficie interna delle ultime 6 coste (prima la superficie era esterna). In questo caso le fibre andranno ad
interdigitarsi con le fibre del diaframma.
Inserzione. Da questa ampia origine le fibre si portano medialmente e danno origine all’aponevrosi del
muscolo trasverso dell’addome.
Anche il margine inferiore del muscolo trasverso dell’addome, sempre muscolare, va a scavalcare il funicolo
spermatico, inserendosi successivamente nella larga aponevrosi.
L'aponevrosi dell'obliquo interno e l’aponevrosi del trasverso a livello di margine inferiore, medialmente, si fondono per
formare il tendine congiunto, che si va a fissare sulla cresta pettinea.
Anche l’aponeurosi del muscolo trasverso si comporterà diversamente in base al tratto di addome considerato.
- Per quel che riguarda i ¾ superiori si porta dietro al foglietto posteriore dell’aponevrosi dell’obliquo
interno, e quindi anche dietro al muscolo retto.
- Nel ¼ inferiore questa aponevrosi passa davanti al muscolo retto, come le altre due.

Riassumendo:
- Nei ¾ superiori l’aponeurosi del muscolo obliquo esterno, il foglietto anteriore ed il foglietto posteriore
dell’aponeurosi dell’obliquo interno e l’aponeurosi del muscolo trasverso si fondono tutte a livello della
linea alba, che risulta particolarmente evidente sopra l’ombelico.
- Nel ¼ inferiore tutte e 3 le aponeurosi passano al davanti del muscolo retto, andando ad evidenziare
posteriormente la linea arcuata, al di sotto della quale non vi sarà alcuno strato aponeurotico, ma
rimarrà solamente la fascia trasversalis, inseparabile dal peritoneo parietale.

32
Vascolarizzazione
Si formano due reti vascolari, una superficiale ed una più profonda.
Rete arteriosa superficiale
È molto scarsa, ridotta. Si viene a creare tra i due strati del sottocutaneo, la fascia adiposa di Camper e la fascia
fibrosa di Scarpa. È a carico principalmente di due arterie: l’arteria epigastrica superficiale e, subito a lato,
l’arteria iliaca circonflessa superficiale. Entrambe queste arterie sono rami dell’arteria femorale.
Si viene inoltre a creare un circolo anastomotico con rami provenienti dall’arteria sottocostale.
Rete arteriosa profonda
È molto più consistente ed importante della superficiale; si realizza a livello del piano muscolare, all’interno dei
due muscoli retti dell’addome. Vi è l’anastomosi a pieno canale (ovvero due arterie si uniscono e non si ha
l’idea precisa di dove termini una e inizi l’altra) tra arteria epigastrica superiore ed arteria epigastrica inferiore.
- L’arteria epigastrica superiore è uno dei due rami terminali di divisione dell’arteria toracica interna.
Questa attraversa il diaframma e si viene a trovare nello spessore del muscolo retto dell’addome.
- L’arteria epigastrica inferiore è invece un ramo dell’arteria iliaca esterna; viene ceduta subito prima
del passaggio dell’iliaca esterna sotto il legamento inguinale. L’epigastrica inferiore risalirà poi adagiata
sulla parete addominale anteriore nello spazio compreso tra peritoneo parietale e fascia trasversalis,
nello strato sotto peritoneale. Giunta alla faccia posteriore del retto dell’addome si infilerà sotto alla
linea arcuata e risalirà nella guaina di rette fino a fare l’anastomosi a pieno canale con l’epigastrica
superiore.
- Vi sono alcuni rami che provengono dall’arteria sottocostale;
- Altri rami provengono dall’arteria iliaca circonflessa profonda, ramo dell’iliaca esterna.
I rami più profondi si staccano tutti prima.
Ritorno venoso
Per quel che riguarda il ritorno venoso ci ritroviamo in una situazione opposta alla precedente: è molto più
preponderante il ritorno superficiale di quello profondo.
Rete venosa superficiale
Si trova, come la superficiale, sempre compresa tra fascia di Camper e fascia di Scarpa.
Tutta la rete superficiale ha rami venosi che si dispongono attorno alla cicatrice ombelicale; questi rami venosi
sono tributari di più vie:
1. Vena epigastrica superficiale, satellite dell’arteria, si apre nella vena femorale.
2. Vena iliaca circonflessa superficiale, satellite dell’arteria, si apre nella vena femorale.
3. Vena toraco-epigastrica, si apre nella vena ascellare.
Queste vene disposte attorno alla cicatrice ombelicale sono unite alle vene para-ombelicali, presenti in
numero variabile di 1 o 2. Queste vene sfruttano il legamento rotondo del fegato per giungere alla vena porta,
e andranno quindi ad unire il circolo portale con il circolo superficiale della parete addominale.
Rete venosa profonda
È in generale satellite del circolo arterioso.
- Vena epigastrica superiore, confluirà nella vena toracica interna.
- Vena epigastrica inferiore, confluirà nelle vena iliaca esterna.
A livello di legamento rotondo del femore, dove decorrono le vene para-ombelicali, vi saranno piccoli rami che
si uniscono al circolo epigastrico profondo. Quindi le vene para-ombelicali sono unite anche, in minima parte
rispetto alla rete superficiale, con la rete venosa profonda.

33
Regione inguinale
Descrizione Settoria
Rimuoviamo cute e sottocute
Ritroveremo per primo il muscolo obliquo esterno, di cui risulta coinvolta (per quel che riguarda la regione
inguinale) la sola aponeurosi, non la porzione muscolare.
Il margine inferiore dell’aponeurosi dell’obliquo esterno si fissa a livello di spina iliaca antero-superiore e di
tubercolo pubico, nella sua porzione inferiore questo margine è un cordoncino fibroso particolarmente robusto
ed al tatto ben evidente che corrisponde al legamento inguinale.
Il legamento inguinale mi va a delimitare inferiormente una loggia dove ritroviamo lacuna dei muscoli e lacuna
dei vasi, separati dalla benderella ileo-pettina.
La porzione inferiore, terminale del legamento inguinale, portandosi verso il tubercolo pubico, si apre a
ventaglio, con fibre che paiono quasi tornare indietro. Questo fascio fibroso prende il nome di legamento
lacunare (di Gimbermat), e si andrà a fissare sulla cresta pettinea.
Le fibre del legamento inguinale poste superiormente si aprono formando 3 pilastri:
- Il pilastro laterale corrisponde alla porzione di legamento inguinale che va a fissarsi sul tubercolo
pubico (porzione inferiore).
- Il pilastro mediale, formato da fibre che stanno superiormente al pilastro laterale, si porta più in alto
rispetto al tubercolo pubico raggiungendo la sinfisi pubica, ove si intreccia con le fibre del pilastro
mediale controlaterale.
- Il pilastro posteriore, che si viene a trovare profondamente al pilastro mediale, si porta sulla linea
mediana a livello di sinfisi e passa poi dall’altro lato, ove si continua e va a costituire il legamento
riflesso, che formerà il pavimento del canale inguinale controlaterale. Il legamento riflesso lo
troveremo quindi profondamente al funicolo spermatico; esso si andrà ad inserire sulla cresta pettinea.
Rimuoviamo l’aponeurosi del muscolo obliquo esterno
Ritroviamo il piano muscolare dato dal muscolo obliquo interno. Le sue fibre che originano dai 2/3 laterali del
legamento inguinale, a livello di margine inferiore, passano a ponte sul funicolo spermatico. Queste fibre si
risolvono poi nell’aponeurosi; in posizione mediale l’aponeurosi dell’obliquo interno e l’aponeurosi del
trasverso vanno a formare il tendine congiunto.
Il funicolo spermatico appare rosso, in quanto possiede un rivestimento muscolare, dato dal muscolo
cremastere. Questo muscolo, che va ad avvolgere il funicolo spermatico ed anche il testicolo, è dato da fibre
provenienti dal muscolo obliquo interno.
Rimuoviamo il muscolo obliquo interno
Nel piano successivo ritroveremo il muscolo trasverso dell’addome. Anch’esso origina dai 2/3 laterali del
legamento inguinale, più profondamente rispetto all’obliquo esterno. Anche il trasverso ha un margine
inferiore carnoso, libero, che passa a ponte, scavalca il funicolo spermatico. I fasci carnosi si risolveranno poi
nell’aponevrosi, che si fonde con l’aponevrosi dell’obliquo interno per dare luogo al tendine congiunto, che si
fissa sulla cresta pettinea.
Tutto sommato stiamo descrivendo una sorta di fessura poco profonda in senso antero-posteriore.
Rimuoviamo il muscolo trasverso
In un piano più profondo ritroviamo la fascia trasversalis, estremamente sottile. Vediamo che essa andrà in
pratica a formare la parete posteriore. Superiormente e posteriormente risulta in continuità con la fascia del
muscolo iliaco (che viene pertanto chiamata anch’essa fascia trasversalis). La fascia si estrofletterà a dito di
guanto andando a rivestire il funicolo spermatico (o legamento rotondo dell’utero nella donna; finito di
rivestirlo proseguirà poi inferiormente, andandosi a fissare, a livello dei vasi, alla guaina che li ricopre.
Non ritroviamo nella coscia un foro che ci permette di risalire in addome.
In alcuni punti la fascia, che è veramente sottile, si irrobustisce un po’: ne è un esempio il legamento
interfoveolare, costituito da un addensamento connettivale della fascia trasversalis sul margine mediale del

34
punto in cui essa si estroflette a seguire il funicolo spermatico.
Canale inguinale
Il canale inguinale lo vediamo essere localizzato a livello di regione inguinale, nella piega inguinale, tra
l’addome e la radice della coscia. Il canale (o tunnel) inguinale è un tunnel con direzione latero-mediale
dall’alto verso il basso e dall’interno verso l’esterno. Attraverso il canale inguinale passa il funicolo spermatico
nel maschio ed il legamento rotondo dell’utero nella donna. Ovviamente patologie legate al canale inguinale sono
più frequenti nel maschio, ma l’ernia inguinale può capitare anche nella femmina.
Interessa la regione inguinale dal punto medio del legamento inguinale. Ha lunghezza media di 4-4,5 cm.
Nel canale inguinale distinguiamo 4 pareti: una parete anteriore, una parete inferiore (pavimento), una parete
superiore (volta) ed una parete posteriore.
- Parete anteriore. Costituita dall’aponeurosi del muscolo obliquo esterno.
- Pavimento. Costituito dal legamento inguinale, nella sua porzione mediale.
- Volta. Costituita dai margini libero inferiore del muscolo obliquo interno e trasverso che passano a
ponte. Lateralmente troviamo i fasci carnosi che passano a ponte; medialmente il tendine congiunto.
- Parete posteriore. Data dalla semplice e sottile fascia trasversalis. Poi riconosciamo strato sotto-sieroso e
peritoneo parietale.
Il canale inguinale, essendo un tunnel, avrà 2 aperture, 2 orifizi, una profonda addominale ed una superficiale
sottocutanea.
Anello inguinale superficiale (o sottocutaneo)
È delimitato dai pilastri del legamento inguinale (aponeurosi obliquo interno):
(L’aponeurosi dell’obliquo interno nella sua porzione inferiore si apre nei pilastri.)
- Lateralmente. Pilastro laterale del legamento inguinale.
- Medialmente. Pilastro mediale del legamento inguinale.
- Superiormente. Fibre intercrurali.
- Posteriormente. Pilastro posteriore del legamento inguinale controlaterale (legamento riflesso).
Anello inguinale profondo (o addominale)
È delimitato dalla fascia trasversalis.
Visto che la fascia trasversalis si estroflette a dito di guanto per rivestire il funicolo, guardando internamente
possiamo osservare, una volta rimosso il funicolo stesso, una sorta di asola molto sottile, una piccola fessura.
Come detto precedentemente la fessura risulterà essere un po’ più robusta in posizione mediale, per la
presenza del legamento interfoveolare. Il margine laterale sarà impercettibile, si andrà a perdere nella parete
laterale.
Triangolo di Hesselbach
Il triangolo di Hesselbach rappresenta un’area debole del canale inguinale.
- Supero-lateralmente. Vasi epigastrici inferiori.
- Infero-lateralmente. Legamento inguinale.
- Medialmente. Margine laterale del retto dell’addome.
In questa zona le aponeurosi dei muscoli laterali dell’addome passano tutte davanti al muscolo retto. Il canale
inguinale risulterà debole a livello di parete posteriore perché qui a ricoprirlo ritroveremo solamente la sottile
fascia trasversalis. Per il resto del decorso bene o male la parete risulta irrobustita dai vasi epigastrici
superiormente o dal tendine congiunto inferiormente; è proprio questa porzione triangolare a risultare poco
coperta. Ed è infatti proprio a livello di triangolo di Hesselbach che si possono verificare ernie inguinali: infatti qualora vi
sia un aumento di pressione intra-addominale un’ansa intestinale potrebbe erniare nel canale inguinale.
- Ernia diretta. Se un’ansa intestinale sporge e si spinge nel triangolo di Hesselbach questa, una volta entrata nel
canale inguinale, uscirà dall’orifizio inguinale superficiale. È il caso più frequente.
- Ernia indiretta. Quando l’asola che va a costituire l’anello inguinale profondo da piccola fessura che è si slabbra e
diventa larga l’ansa intestinale può entrare dall’orifizio addominale e seguire il decorso del funicolo spermatico
lungo tutto il canale, fino a che non fuoriesce dall’orifizio inguinale superficiale.

35
Cavità addomino-pelvica
Essendo una regione molto ampia è necessario suddividerla per descrivere meglio la collocazione dei visceri.
Si è soliti dividerla in 9 regioni, delimitate da 4 piani:
- Due piani verticali emiclaveari.
- Due piani trasversali, il primo è il piano transpilorico, che si ha a livello di piloro, normalmente
corrispondente a L1. L’altro è il piano interubercolare, teso tra i tubercoli delle due creste iliache.
Si vengono quindi a distinguere 3 piani successivi:
Piano epigastrico (superiore)
Ipocondrio sinistro Epigastrio Ipocondrio destro
Piano mesogastrico (medio)
Regione lombare sinistra Mesogastrio Regione lombare destra
Piano ipogastrico (inferiore)
Regione iliaca (o inguinale) sinistra Ipogastrio Regione iliaca (o inguinale) destra

Peritoneo
È la membrana sierosa che ritroviamo nella cavità addominale.
Il peritoneo è la più vasta e complessa sierosa di tutto il corpo. La sua disposizione è la stessa di pericardio e
pleura, la differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre pericardio e pleura sono in rapporto con un organo
solo, il peritoneo lo è con molti organi di cui alcuni sono mobili, altri fissi.
Descriviamo un peritoneo parietale, che va a rivestire la superficie interna dell’ampia cavità addomino-pelvica.
Si dispone come un lenzuolo su tutto ciò che incontra e ne segue perfettamente la forma.
Nella parete posteriore vediamo come alcuni organi, detti retro-peritoneali, siano ricoperti dal peritoneo
parietale. Ne sono esempi il colon ascendente e discendente, il duodeno, il pancreas.
Ovviamente al peritoneo parietale è connesso il peritoneo viscerale, strettamente aderente all’organo.
Tra i due foglietti vi sarà ovviamente la cavità addominale vera e propria, uno virtuale, in cui vi è un po’ di
liquido derivato dal trasudato interstiziale ma è normalmente virtuale, piena.
Terminologia di base
Lamina peritoneale
La lamina peritoneale è una qualunque area della superficie peritoneale (piuttosto ampia), può essere semplice
o costituita dalla sovrapposizione o accollamento di due o più foglietti peritoneali.
Omenti (o epiploon)
Gli omenti o epiploon sono larghe lamine che si distaccano dallo stomaco.
La lamina che dallo stomaco si porta al fegato si chiama piccolo omento.
Quella che si distacca inferiormente, infarcita di tessuto adiposo, è il grande omento.
Meso
Meso è la porzione di peritoneo che si stacca dal peritoneo parietale, per diventare peritoneo viscerale. Questa
lamina è costituita da 2 foglietti attraverso i quali decorrono vasi e nervi destinati all’organo peritoneizzato.
“La porzione che mi appende il tubo alla parete “ “ mi sospende il tratto intestinale alla parete addominale”
La lunghezza del meso in quanto tale consente al tratto intestinale di muoversi. Se il meso fosse molto lungo
l’ampiezza sarebbe maggiore. Accorciando il meso viene invece ridotta l’ampiezza del movimento.
Radice del meso
La radice del meso è ciò che mi resta se vado a sezionare il meso dal punto in cui si stacca dalla parete
addominale. Sezionando alla radice, alla base, dove il peritoneo si stacca, ho il margine di sezione e di questo
foglietto e dell’altro, che mi delimitano quella sottile fessura.
Legamento

36
I legamenti sono pieghe o lamine sierose (formati da due foglietti) che uniscono organi tra loro o alle pareti
addominali. Attraverso il doppio foglietto decorrono i vasi sanguigni. Il legamento prenderà il nome degli organi
tra i quali è teso (es. legamento gastro-lienale, o pancreatico-lienale)
Talvolta si parla di legamento anche quando si considera un unico foglietto, intendendo il punto di
ribaltamento tra il peritoneo viscerale e la parete addominale posteriore (la linea di riflessione tra i due).
Questo piccolo tratto di riflessione sarà il legamento che si stabilisce, per esempio, tra organo e parete
addominale.
Cavo (o sfondato)
Si definiscono cavo o sfondato quelle depressioni che si realizzano tra due organi peritoneizzati dal peritoneo
parietale. È in pratica un’ampia depressione delimitata da organi diversi rivestita da peritoneo.
Il peritoneo parietale si adagia come un lenzuolo. Il cavo retto-uterino nella femmina è ben più profondo del cavo retto-
vescicale nell’uomo.
Concetto di accollamento o coalescenza
È un fenomeno che conduce a:
- Riduzione della lunghezza del meso e progressivo spostamento della sua radice;
- Fissità all’organo.
(Facciamo un esempio: Immaginiamo un tratto di tubo digerente sulla linea mediana, collegato alla parete da un meso.
Può capitare che a seguito di spostamenti uno dei due foglietti venga a porsi in contatto con il peritoneo parietale: il
foglietto del meso ed il peritoneo parietale si fondono. Ciò che resta dell’accollamento è un po’ di tessuto connettivo.
Il risultato è che, rispetto alla situazione iniziale, in seguito al fenomeno di accollamento succede che il meso è diventato
più corto, la porzione di tubo digerente viene spostata dal lato in cui il foglietto si accolla: il viscere cambia posizione. Se
l’accollamento procedesse ulteriormente il foglietto del meso si accollerebbe del tutto con il peritoneo parietale, e
rimarrebbe solamente peritoneo parietale con un addensamento connettivale come residuo dell’accollamento. Questo
tratto del viscere, oltre ad essersi spostato di molto, rimarrà anche fisso, venendo a mancare il meso e, rimanendo
solamente il peritoneo parietale con l’addensamento connettivale, il viscere diventa retroperitoneale.)
Questo processo spiega che duodeno e pancreas e colon ascendente e discendente li vediamo dietro; a causa
di fenomeni di coalescenze questi organi che erano intraperitoneali si trovano a diventare retroperitoneali.
Recesso (o fossetta)
Sono piccole depressioni a fondo cieco che si realizzano tra un organo peritoneizzato e la parete addominale, o
tra una piega peritoneale e la parete dove, per esempio, si può infilare un’ansa intestinale (o un dito, lol).
Un recesso potrebbe derivare da un difetto di accollamento: in un punto dove non vi è completo accollamento
posso individuare un piccolo cul de sac. Anche una piega peritoneale può formare un recesso, o in alternativa
una piega vascolare. Un vaso che dalla parete addominale posteriore si deve portare ad organo peritoneizzato
solleva il peritoneo parietale determinando una piega vascolare, al di sotto della quale vi è un recesso.

37
ORGANOGENESI DELL’APPARATO DIGERENTE
L’intestino primitivo è costituito da un tubo che va dalla membrana faringea alla membrana cloacale, ed è
suddiviso in intestino anteriore, medio e posteriore. In tutta la sua estensione è sospeso nella cavità
celomatica mediante un meso dorsale.
Il meso dorsale da transito ai vasi. Dall’aorta addominale originano 3 arterie impari mediane rivolte abbastanza
verso l’avanti, ciascuna delle quali è responsabile della vascolarizzazione di un tratto diverso.
a. A. celiaca -> intestino anteriore.
b. A. mesenterica superiore -> intestino medio.
c. A. mesenterica inferiore -> intestino posteriore.
Sviluppo dell’intestino anteriore
La parte anteriore dell’intestino presenta, oltre al meso dorsale tipico dell’intestino in tutta la sua estensione,
anche un meso ventrale, che deriva dal setto trasverso (addensamento mesenchimale tra peduncolo vitellino e
sacco pericardico in sviluppo). Nel setto trasverso si spinge il diverticolo epatico.
L’intestino anteriore è quello che nel corso dello sviluppo subisce più cambiamenti, ed è quindi la porzione più
complessa. Alla IV settimana, che rappresenta la situazione di partenza, lo stomaco:
- Appare come una dilatazione fusiforme;
- È attaccato alla parete addominale anteriore attraverso il mesogastrio ventrale, in cui si spinge il
diverticolo epatico trascinandosi dietro le vie biliari.
- È attaccato alla parete addominale posteriore attraverso il mesogastrio dorsale, in cui si stanno
sviluppando la milza e l’abbozzo dorsale del pancreas.
- L’intestino anteriore e le ghiandole in via di sviluppo sono disposte sul piano mediano.
Il fatto che all’interno del meso ventrale si vada ad insinuare il fegato fa sì che questo meso ventrale venga
suddiviso in 2 parti:
• Una porzione intermedia tra stomaco e fegato, che sarà il piccolo omento.
• Una porzione anteriore che avrà come destino, giunta alla parete anteriore, quello di continuarsi nel
peritoneo parietale. Questo tratto è il legamento falciforme del fegato.
La via biliare corrisponde al margine libero del meso.
Il meso ventrale è disposto sul piano sagittale mediano, di conseguenza la cavità addominale sarà suddivisa in
una cavità addominale destra ed una sinistra, divise fra di loro. Al di sotto saranno ovviamente in
comunicazione tra di loro queste cavità, essendo il meso ventrale assente in questa porzione.
Dobbiamo tenere in considerazione che avvengono contemporaneamente 3 fenomeni:
1. Rotazione dello stomaco;
2. Formazione della borsa omentale;
3. Fenomeni di accollamento.
Presenteremo i tre fenomeni in sequenza, ma essi avvengono contemporaneamente.
1 – Rotazione dello stomaco
- Rotazione di 90° in senso orario attorno al suo asse longitudinale;
- Accrescimento accelerato del margine sinistro (grande curvatura);
- Rotazione intorno all’asse antero-posteriore.
Lo stomaco ruota di 90° in senso orario attorno al suo asse longitudinale.
Il margine che era anteriore diventa destro; Il margine che era posteriore diventa sinistro.
La faccia che era destra diventa posteriore; La faccia che era sinistra diventa anteriore.
Nel frattempo il margine posteriore che si sta portando a sinistra (sta ruotando) si accresce enormemente
rispetto a quello che si sta spostando verso destra. Allora quello che era posteriore diventa grande curvatura,
quello opposto, l’anteriore, diventa la piccola curvatura.
Il piccolo omento a questo punto è disposto in posizione frontale, non più sagittale. (il legamento falciforme
continuerà ad essere comunque collegato alla parete addominale)
38
Nello stesso tempo lo stomaco subisce anche una rotazione intorno all’asse antero-posteriore.
Questa seconda rotazione porterà la piccola curvatura (e la porzione pilorica) in alto (e a destra) e la grande
curvatura in basso (e a sinistra).
2 – Formazione della borsa omentale
A seguito di questi eventi (in particolare della rotazione di 90° sul piano longitudinale) quella che in origine era
la cavità addominale primitiva di destra diventa borsa omentale (o retrocavità degli epiploon o piccolo sacco).
Quella che era la cavità primitiva di sinistra diventerà invece la grande cavità peritoneale.
Nel frattempo il fegato cresce a dismisura e si va ad avvicinare alla parete addominale posteriore.
Il mesogastrio dorsale, attaccato alla grande curvatura, si estende e si allunga considerevolmente. Esso
aumenta così tanto la sua lunghezza che va prima a coprire il colon trasverso, ci si appoggia sopra, e continua
successivamente a crescere verso il basso, andando a costituire il grande omento.
“ la borsa omentale si espande in alto e in misura molto maggiore in basso all’interno del mesogastrio dorsale”
Il grande omento risulta composto da 4 foglietti perché è costituito dal raddoppio del mesogastrio dorsale che
internamente presenta il recesso inferiore della borsa omentale.
Se il grosso meso dorsale è formato da due foglietti, quando questo si raddoppia portandosi verso il basso sarà formato da
4 foglietti separati indubbiamente dal recesso inferiore (per ora!)
La milza origina per proliferazione mesodermica nello spessore del mesogastrio dorsale; a causa della rotazione
dello stomaco viene spostata a sinistra.
3 – Fenomeni di accollamento o coalescenza
La parete posteriore della borsa omentale si accolla al peritoneo parietale posteriore per tutta la sua
estensione ad eccezione dell’estremità sinistra che resta mobile. (foglietto posteriore del grande omento?)
Il foglietto che era di sinistra a seguito della rotazione viene a contatto con il peritoneo parietale, ecco allora
che si accolla. Il foglietto posteriore della borsa omentale gradualmente si accolla al peritoneo parietale. Di conseguenza
resta intraperitoneale solo la sua estremità laterale, tutto il resto è accollato aderisce.
Le due coppie di foglietti del grande omento si fondono tra loro partendo dall’apice e portandosi verso l’alto
andando a ridurre le dimensioni del recesso inferiore della borsa omentale, fino all’obliterazione di questo.
Nello stesso tempo si vengono a fondere con il grande omento anche mesocolon e faccia superiore del colon,
portando alla formazione del legamento gastro-colico. La restante parte, inferiore, continueremo a chiamarla
grande omento.
Borsa omentale (o retrocavità degli epiploon)
Presenta come limiti:
- Anteriormente. Peritoneo che riveste la faccia posteriore dello stomaco e piccolo omento.
- Superiormente. Riflessione del foglietto peritoneale che riveste la faccia posteriore del fondo dello
stomaco nel peritoneo parietale che riveste la faccia inferiore del diaframma.
- Posteriormente. Peritoneo parietale che riveste la parete addominale posteriore.
- Lateralmente. Legamento pancreaticolienale (e lienorenale) posteriormente, e legamento gastro-
lienale anteriormente.
- Parete inferiore. Legamento gastro-colico (e mesocolon trasverso).
La borsa omentale è messa in comunicazione con la grande cavità peritoneale dal foro di Winslow:
Forame epiploico (di Winslow)
Presenta come limiti:
- Anteriormente. Margine libero del piccolo omento (o legamento epatoduodenale), in cui decorre la
triade portale: vena porta, arteria epatica, coledoco.
- Posteriormente. Vena cava inferiore.
- Superiormente. Lobo caudato del fegato.
- Inferiormente. 1° porzione del duodeno.

39
Sviluppo dell’intestino medio
La situazione di partenza è la V settimana.
L’intestino medio è sospeso alla parete addominale posteriore tramite un corto meso dorsale; attraverso i due
foglietti del meso ritroviamo l’arteria mesenterica superiore, che si porta a vascolarizzare questo tratto. Il
meso ventrale è assente.
1 - Formazione dell’ansa intestinale primitiva
L’intestino medio compie sul piano sagittale un’ansa, detta ansa ombelicale o ansa intestinale primitiva. In
corrispondenza dell’apice dell’ansa sbocca nella cavità intestinale il dotto vitellino destinato a obliterarsi
completamente. Vi è quindi comunicazione con il sacco vitellino attraverso il peduncolo vitellino.
La presenza di quest’ultimo mi permette di suddivide l’ansa intestinale primitiva in una porzione cefalica ed in
una porzione caudale. Il tratto cefalico andrà a formare la parte distale del duodeno, il digiuno e parte dell’ileo.
A questo tratto giungono numerosissimi rami dall’arteria mesenterica superiore. L’altro segmento, il tratto
caudale, darà origine alla parte terminale dell’ileo, al colon ascendente e ai 2/3 prossimali del colon trasverso.
L’arteria mesenterica superiore cede solo 3 rami per questa porzione (rami colici).
2 – Rotazione dell’ansa intestinale primitiva
L’ansa intestinale ruota di 90° in senso antiorario attorno all’asse formato dall’arteria mesenterica superiore e
dal condotto vitellino; quindi il versante cefalico sarà rivolto a destra ed il versante caudale a sinistra.
La rotazione non si arresta a 90° ma continua, divenendo di 180°. L’ansa in questo modo ritorna verticale. Il
sopra ed il sotto si sono invertiti ed avremo l’estremità duodenale che si viene a portare al di sotto dell’arteria
mesenterica superiore (da qui la formazione del compasso aorto-mesenterico).
In seguito a questa rotazione l’ansa intestinale rientra in cavità addominale e si ha che l’angolo colico sinistro si
porta in alto a sinistra, raggiungendo il diaframma, mentre l’angolo duodeno-digiunale si porta inizialmente
sulla linea mediana e in seguito risale, passando sotto l’arteria mesenterica superiore e fissandosi a sinistra
della linea mediana a livello di L2. La porzione a destra si va a dilatare per formare l’abbozzo ciecale, che si
trova in alto all’inizio in alto a destra, a livello di ipocondrio destro.
La rotazione si completerà ora raggiungendo i 270°. A sviluppo completato l’abbozzo ciecale si porterà nella
fossa iliaca destra, permettendo la formazione di colon ascendente e flessura colica destra. In questo periodo si
forma un piccolo diverticolo, l’appendice vermiforme.
3 – Fenomeni di accollamento
Il peritoneo presenta:
- Il mesoduodeno che si estende fino all’angolo duodeno-digiunale
Il mesoduodeno si accolla, andando a saldare il duodeno al peritoneo parietale posteriore (fascia di Treitz) ad
eccezione della sua prima porzione, dove il rivestimento peritoneale persiste. Il duodeno, ed il pancreas che è
solidale con la C duodenale, si trovano in posizione retroperitoneale.
- Il meso dorsale che comprende il mesentere vero e proprio, il mesocolon ascendente e il mesocolon
trasverso. Nell’insieme è un grande meso che forma una spirale con al centro, in posizione mediana e
sagittale, l’arteria mesenterica superiore.
L’arteria mesenterica superiore, all’interno del meso dorsale, si appoggia alla parete addominale posteriore e lì
il suo margine posteriore si accolla. Quel primitivo meso che era uno viene diviso in due parti: una a sinistra che
sospende digiuno ed ileo (mesentere) e un’altra a destra che sospende parte terminale dell’ileo, colon
ascendente, colon trasverso (mesocolon).
Il mesocolon ascendente va incontro ad accollamento -> il colon ascendente diventa retroperitoneale.
L’intestino cieco resta invece peritoneizzato.
Il mesocolon trasverso subisce un piccolo e parziale accollamento che fa sì che la radice del mesocolon
trasverso sia compresa tra flessura colica destra e flessura colica sinistra.
La radice del mesocolon trasverso separa una regione sovramesocolica da una sottomesocolica, andando a
tagliare la porzione discendente del duodeno, taglia la testa del pancreas, di cui poi segue il margine inferiore.

40
Sviluppo dell’intestino posteriore
Andrà a formare il 1/3 distale del colon trasverso, colon discendente, colon sigmoideo e intestino retto.
Nella situazione di partenza l’intestino posteriore è rettilineo, sospeso alla parete addominale posteriore
mediante un meso dorsale che da passaggio all’arteria mesenterica inferiore.
L’intestino posteriore segue la rotazione dell’ansa dell’intestino medio: la porzione ciecale nel portarsi a livello
di fossa iliaca destra trascina verso l’alto l’intestino posteriore.
Il mesocolon discendente, analogamente a ciò che è successo al mesocolon ascendente, va incontro ad
accollamento, il colon discendente diverrà quindi retroperitoneale. Analogamente al colon ascendente
ritroveremo a livello dell’accollamento un addossamento connettivale, eventualmente utile per scollare.
Il meso che sospende il tratto del colon sigmoideo, detto mesosigma o mesocolon sigmoideo, persiste. Il colon
sigmoideo risulta pertanto a tutti gli effetti mobile, analogamente al colon trasverso. Il mesocolon sigmoideo
presenta una radice composta da due segmenti che nell’insieme formano un angolo aperto inferiormente e a
sinistra, una sorta di V capovolta:
- La radice primaria è verticale, ed è corrispondente al meso primitivo;
- La radice secondaria è obliqua, e termina dove cessa l’accollamento del colon iliaco.
Quindi se l’accollamento si è fermato un po’ prima la radice sarà più orizzontale; nel caso si prolunghi
verso il basso diverrà ancor più verticale.
La porzione terminale dell’intestino posteriore converge nella cloaca insieme al seno uro-genitale primitivo
(allantoide); il primo sarà disposto posteriormente, il secondo anteriormente.
Il setto uro-rettale, di natura mesodermica, cresce verso il basso andando a separare l’allantoide dall’intestino
posteriore; esso si avvicina alla membrana cloacale senza giungervi a contatto: l’apice del setto formerà il
centro tendineo del perineo quando la membrana cloacale si rompe.
A livello di canale anale vi sarà un brusco cambio di epitelio (da ectoderma a endoderma in senso caudo-
craniale) ed una diversa vascolarizzazione.

41
Stomaco
Lo stomaco è una dilatazione sacciforme del canale alimentare ed è interposto tra l’esofago e il duodeno.
Esso occupa l’intero ipocondrio di sinistra, parte dell’epigastrio e parte del mesogastrio.
Mezzi di fissità
I legamenti peritoneali non hanno funzione di fissità, essi limitano solo i movimenti, ma non fissano
assolutamente l’organo, anzi lo rendono mobile.
I reali mezzi di fissità dello stomaco sono essenzialmente due:
- Il primo è rappresentato dall’esofago. Il tratto di esofago che attraversa il diaframma è fissato all’anello
diaframmatico, quindi la continuità con esso è un mezzo di fissità.
- Il secondo è rappresentato dall’aderenza che vi è tra la faccia posteriore del fondo dello stomaco ed il
diaframma, che fa sì che lo stomaco resti appeso in alto.
Configurazione esterna: forma, regioni e margini
Lo stomaco presenta una porzione discendente ed una porzione orizzontale, alcuni parlano di forma a J
maiuscola, mentre testi più antichi parlano di bisaccia.
Nella porzione verticale, che è la maggiore, distinguiamo superiormente il fondo, che ha una forma a cupola e
si estende al di sopra e a sinistra del cardias, superiormente a una linea immaginaria che unisce l’incisura del
cardias alla grande curvatura. Il fondo contiene la bolla gastrica, che rappresenta l’accumulo dell’aria che
ingeriamo normalmente.
La porzione maggiore è il corpo dello stomaco, di forma più cilindrica, che è quella indubbiamente coinvolta
maggiormente nei processi digestivi.
Al corpo fa seguito la porzione orizzontale(o porzione pilorica): L’angolo che si forma tra porzione verticale e
porzione orizzontale prende il nome di incisura angolare.
Nella porzione orizzontale distinguiamo un primo tratto che prende il nome di antro pilorico, con forma ad
imbuto, dove passiamo da un anello a circonferenza maggiore ad un anello a circonferenza minore nella
porzione finale dell’antro. Dopo di che fa seguito il canale pilorico, che è invece perfettamente cilindrico.
L’ultimo costituente è lo sfintere pilorico, che mi separa lo stomaco dal tratto successivo, che è il duodeno.
- Il margine rivolto a sinistra (laterale) prende il nome di grande curvatura dello stomaco. Questa è
convessa e ha origine dall’incisura del cardias, circonda tutto il fondo, passa nella porzione verticale e
poi nell’orizzontale e alla fine si andrà a continuare a livello di margine inferiore di duodeno. Misura
circa 40 cm.
- Il margine rivolto a destra è la piccola curvatura dello stomaco. Questa presenta una netta concavità e
terminerà con il margine superiore della prima porzione del duodeno. Misura ca 15 cm.
La forma e la posizione dello stomaco sono estremamente variabili e influenzati da numerosi fattori, tra cui la costituzione
della persona, se longilinea o massiccia, e la tonicità della tonaca muscolare dello stomaco.
Quello descritto è lo stomaco ortotonico.
Nello stomaco ipertonico la tonicità muscolare aumenta. Prevale la porzione orizzontale; questo è caratteristico di
persone con torace largo e muscolatura possente.
Nello stomaco ipotonico la tonicità muscolare è minore. Prevale la porzione verticale e la porzione che era orizzontale
diviene discendente. Questo è tipico di longilinei e donne.
In posizione supina è posto da sinistra verso destra e da dietro in avanti.

Configurazione interna
A livello di grande curvatura lo spessore è abbastanza ridotto mentre viceversa lo spessore è più rilevante a
livello di piccola curvatura.
A stomaco vuoto la superficie interna del viscere si mostra sollevata in pieghe longitudinali grossolane e
temporanee, le pieghe gastriche, che man mano che lo stomaco si riempie si vanno a distendere.

42
Soltanto in corrispondenza della piccola curvatura si osservano pieghe longitudinali ben evidenti, molto
sporgenti, che delimitano una docciatura che collega direttamente l’esofago alla parete pilorica dello stomaco
e viene pertanto detta magenstrasse (o via gastrica breve).
Comportamento del peritoneo sullo stomaco
Faccia anteriore. La faccia anteriore dello stomaco è completamente peritoneizzata (rivestita dal peritoneo). Il
foglietto peritoneale si prolunga a rivestire la parte inferiore dell’esofago ma si prolunga a rivestire anche il
primo tratto del duodeno.
Faccia posteriore. La faccia posteriore dello stomaco è anch’essa quasi completamente peritoneizzata, ad
eccezione di una piccola parte. Vediamo infatti che la faccia posteriore del fondo va incontro ad accollamento
con il peritoneo parietale che riveste una parte di diaframma, facendo sì che questo piccolo tratto di stomaco
non sia rivestito da peritoneo e risulti accollato al diaframma stesso. (mezzo di fissità!)
A livello dei margini i due foglietti che hanno rivestito faccia anteriore e faccia posteriore si avvicinano.
Piccola curvatura. A livello di piccola curvatura i due foglietti non arrivano immediatamente a contatto, cosa
che succederà subito dopo. Questi due foglietti andranno a costituire la lamina peritoneale che abbiamo
definito come piccolo omento, il quale si estenderà fino al tratto iniziale di duodeno. Possiamo quindi
suddividere il piccolo omento in una parte più estesa connessa allo stomaco che chiameremo legamento
epato-gastrico ed in una porzione di dimensioni minori che si porta al primo tratto del duodeno e che
chiameremo legamento epato-duodenale. Il piccolo omento sarà quindi formato dal legamento epato-gastrico e dal
legamento epato-duodenale. La porzione dell’epato-gastrico viene normalmente chiamata pars flaccida, visto che
è sottile ed estremamente delicata. La parte che si riferisce all’epato-duodenale viene invece chiamata pars
densa. A livello della pars densa (margine libero del piccolo omento) vi decorreranno vena porta, arteria
epatica e coledoco.
Il piccolo omento ha una costituzione di tessuto adiposo piuttosto variabile.
Grande curvatura. Dei due foglietti a livello della grande curvatura vediamo che, in una zona prossima al cardia, i due
foglietti divergono: il foglietto posteriore si va a riflette in basso sulla parete posteriore dell’addome per continuare con il
peritoneo parietale, il foglietto anteriore si va a riflettere in alto sul diaframma.
Più a sinistra sulla grande curvatura le due lamine si avvicinano e si riuniscono per formare il legamento gastro-
lienale, che va a connettere lo stomaco con l’ilo della milza.
Nella restante parte (orizzontale) della grande curvatura, che arriverà a coinvolgere il margine inferiore del
primo tratto di duodeno, si distaccherà il legamento gastro-colico, che va a saldarsi sulla faccia superiore del
colon trasverso e sul mesocolon trasverso. Questo legamento rappresenterà ovviamente solo il primo tratto,
più inferiormente ritroveremo il grande omento. Non è un caso che venisse chiamato grembiule omentale. Se
solleviamo il grande omento vediamo come esso si attacchi fermamente al colon trasverso ed al mesocolon
trasverso. Il grande omento è fortemente infarcito di tessuto adiposo, rappresenta una riserva di questo
tessuto.
Rapporti
Faccia anteriore
La parete anteriore dello stomaco è in rapporto in alto con la parete anteriore del torace, in basso con la parete
anteriore dell’addome. Possiamo perciò distinguere una porzione toracica da una addominale.
La porzione toracica corrisponde ad un’area denominata area semilunare di Traube (leggi “troibe”). Questo
spazio ha la forma di una semiluna con la convessità volta in alto e a sinistra ed è delimitato:
- Inferiormente. Dal margine delle cartilagini costali, dal processo xifoideo alla 9° costa.
- Superiormente. Corrisponde alla 5° costa (fondo dello stomaco)
- Lateralmente. Da una linea verticale a 2-3 dita dalla linea paramediana, che decorre dalla 5°alla 9°
costa.
Questa è un’area con interesse semeiologico in quanto corrisponde alla regione dello stomaco normalmente occupata
dalla bolla gastrica. Per la presenza di questa normalmente alla percussione si ha sonorità. Qualora questa mancasse

43
insorse un campanello d’allarme, in quanto qualcosa mi impedisce di rilevare la sonorità. Potrebbe trattarsi di versamento
pleurico ma anche di splenomegalia.
La porzione addominale è di dimensioni piuttosto variabili; essa è coperta in alto e per breve estensione dal
fegato, ed è in diretto rapporto con la parete anteriore dell’addome in un’area triangolare (triangolo di Labbé)
che ha come lato sinistro il margine costale, come lato destro il margine inferiore del lobo sinistro del fegato e
come lato inferiore la grande curvatura dello stomaco.

Piccola curvatura
La piccola curvatura dello stomaco è coperta dal lobo sinistro del fegato. Discende a sinistra di T11-12 e L1, che
incrocia trasversalmente da sinistra verso destra. Con la sua concavità abbraccia l’aorta, i pilastri mediali del
diaframma, l’arteria celiaca, il plesso celiaco e la colonna vertebrale.
Grande curvatura
La grande curvatura dello stomaco viene in rapporto, procedendo dall’alto in basso, con il centro tendineo del
diaframma e tramite questo con il cuore, con il muscolo trasverso dell’addome, con la flessura sinistra del
colon e con il colon trasverso.
Faccia posteriore
La faccia posteriore dello stomaco è rivolta verso la borsa omentale (o retrocavità degli epiploon). Essa andrà
difatti a formare la parete anteriore di questo spazio.
Con l’interposizione della borsa omentale risulta essere in contatto, procedendo dall’alto al basso, con il
diaframma e mediante questo con il seno pleurale costodiaframmatico sinistro (No borsa omentale interposta), con la
faccia gastrica della milza, con la ghiandola surrenale e con il rene di sinistra (in una posizione più profonda),
con il pancreas, ed infine vedremo come sarà spiaggiato sopra mesocolon e colon trasverso.
Il fatto che vi sia la borsa omentale interposta permette allo stomaco di muoversi senza interferire con gli organi che gli
sono vicini. I movimenti della muscolatura dello stomaco non saranno infatti percepiti.
Cardias
Il cardias si trova a livello di T10-11. È coperto in avanti dal lobo sinistro del fegato. Sul suo margine sinistro
decorre il nervo vago di sinistra, mentre il vago di destra si trova sulla sua faccia posteriore.
Piloro
Il piloro si trova a destra della linea mediana, all’altezza di L1; posteriormente è in contatto con la testa del
pancreas; anteriormente è coperto dal lobo quadrato del fegato.

Vascolarizzazione
Arco arterioso della piccola curvatura
Si realizza tramite l’ anastomosi dell’arteria gastrica sinistra e dell’arteria gastrica destra. Entrambe si vanno ad
adagiare sulla piccola curvatura, ove vi è un anatomosi a pieno canale.
Arteria gastrica sinistra
L’arteria gastrica sinistra è il ramo più piccolo del tronco celiaco. Si porta in alto e a sinistra decorrendo al di
sotto del peritoneo della parete posterosuperiore della borsa omentale. Quindi si porta in avanti nella porzione
superiore del piccolo omento, adiacente all’estremità craniale della piccola curvatura, e piega in basso e a
destra lungo la piccola curvatura per decorrere tra i due foglietti peritoneali del piccolo omento.
Termina anastomizzandosi con l’arteria gastrica destra, in un punto non preciso.
L’arteria gastrica sinistra ha calibro maggiore della destra, da un contributo maggiore.
Rami collaterali:
- Rami esofagei inferiori. Ceduti a livello del cardias. Questi, risalendo attraverso l’orifizio esofageo del
diaframma, si anastomizzano con le arterie esofagee, rami dell’aorta toracica.
- Rami per la parte destra del fondo dello stomaco.
- Rami gastrici. Si distribuiscono alla faccia anteriore ed alla faccia posteriore dello stomaco.

44
L’arteria gastrica sinistra talvolta può originare dall’aorta addominale (bipode celiaco), talvolta anche dall’arteria epatica
comune o dall’arteria epatica propria. Può inoltre esistere un’arteria gastrica sinistra accessoria, dalla lienale.
Arteria gastrica destra
Origina dall’arteria epatica propria quando essa si trova a livello di legamento epatoduodenale. Alla sua origine
è quindi già compresa tra i due foglietti del piccolo omento: essa non fa altro che discendere e una volta giunta
alla porzione del piloro piega a livello di incisura angolare per proseguire a livello di piccola curvatura,
terminando anastomizzandosi a pieno canale con l’arteria gastrica sinistra. Cede:
- Rami gastrici. Per la faccia anteriore e posteriore dello stomaco.
- Dall’arteria gastrica destra talvolta ha origine un’arteria epatica accessoria, in sovrannumero (queste arterie
accessorie possono originare in alternativa dall’arteria mesenterica superiore).
L’arteria gastrica destra talvolta può originare dall’arteria epatica comune.
Arco arterioso della grande curvatura
L’arco arterioso della grande curvatura si realizza dall’anastomosi delle due arterie gastroepiploiche.
Arteria gastroepiploica sinistra
Rappresenta il ramo principale dell’arteria lienale. Origina in vicinanza dell’ilo della milza e si dirige in basso, in
avanti e verso destra tra i foglietti del legamento gastrolienale (parte superiore del legamento gastrocolico),
quindi decorre accollata alla grande curvatura tra i due foglietti peritoneali del legamento gastrocolico,
portandosi in basso per anastomizzarsi con l’arteria gastroepiploica destra.
Arteria gastroepiploica di destra
Dopo l’origine a livello di margine inferiore del primo tratto di duodeno si porta verso sinistra decorrendo tra i
due foglietti del legamento gastrocolico, risalendo in questa sede la grande curvatura dello stomaco per
terminare anastomizzandosi con l’arteria gastroepiploica di sinistra, ramo dell’arteria lienale, in un punto non
ben definibile. Essa nel suo decorso cede:
- Rami gastrici. Si dirigono in alto alle facce anteriore e posteriore dello stomaco (porzione pilorica)
- Rami epiploici. Si portano in basso nel grande omento.
- Rami che irrorano la superficie inferiore della prima porzione del duodeno.
Arterie gastriche brevi
Sono sottili e brevi rami presenti in numero variabile, comunemente 5-7. Decorrono nello spessore del
legamento gastrolienale per irrorare principalmente la parte destra del fondo dello stomaco. Si anastomizzano
con i rami dell’arteria gastrica sinistra e della gastroepiploica sinistra.
Ritorno venoso
La gran parte del sangue refluo dall’aver circolato nello stomaco è tributario della vena porta, con due sole
eccezioni:
Vene esofagee inferiori
Il circolo sottomucoso presenta anastomosi tra rami esofagei tributari della vena gastrica sinistra (vene
esofagee inferiori) e rami più alti (vene esofagee medie) dove il ritorno venoso è a carico di azygos ed
emiazygos. In questo caso si parla di anastomosi porto-cavale, visto che la vena gastrica sinistra confluisce nella
vena porta e la vena azygos confluisce nella vena cava superiore. (non succede sempre l’anastomosi)
Piccoli rami della faccia posteriore del fondo
Si anastomizzano con rami parietali diaframmatici che si aprono nella vena cava. (meno importanti)

La vena porta si forma dalla confluenza della vena mesenterica superiore con la vena lienale, che ha ricevuto lo
sbocco della vena mesenterica inferiore.
- Per quel che riguarda il circolo venoso della piccola curvatura la vena gastrica di sinistra e la vena
gastrica di destra si aprono entrambe indipendentemente nella vena porta, ciascuna per conto
proprio; la sinistra più posteriormente, la destra più anteriormente.
- La vena gastroepiploica sinistra e le vene gastriche brevi si aprono nella vena lienale, che a sua volta
confluirà con la vena mesenterica superiore per formare la vena porta.

45
- La vena gastroepiploica di destra difficilmente si apre direttamente nella mesenterica superiore;
solitamente si presentano due casi:
o il più delle volte confluisce con la vena pancreatico-duodenale superiore anteriore a formare
un tronco comune, che si apre nella vena mesenterica superiore.
o In alternativa, sempre piuttosto frequentemente, la vena gastroepiploica di destra si unisce con
la vena colica media, a formare un tronco comune che si apre nella vena mesenterica
superiore.
Ad ogni modo si formano dei tronchi comuni che si aprono nella vena mesenterica superiore.

Drenaggio linfatico
La rete linfatica sottosierosa la vediamo convergere a livello delle curvature: i linfatici seguiranno i vasi. Tutti i
linfatici provenienti dai linfonodi distribuiti a livello di piccola e grande curvatura convergono nella cisterna del
chilo. Particolarmente numerosi sono i linfonodi sottopilorici.

Duodeno
Il duodeno rappresenta il primo tratto dell’intestino tenue, che risulta pertanto diviso in duodeno ed intestino
tenue mesenteriale. In quest’ultimo vi è un meso che trattiene il lungo tratto digiunale e ileale (Mesentere).
Caratteristica del duodeno è che non vi è il meso, a causa dei fenomeni di accollamento che hanno portato il
duodeno ad accollarsi alla parete posteriore, ad eccezione del primo tratto del duodeno, dove vi è il legamento
epatoduodenale, pars densa del piccolo omento.
Altra caratteristica del duodeno è che risulta formato dalla porzione caudale dell’intestino anteriore e dalla
porzione craniale dell’intestino medio, si trova ad essere l’organo di confine tra le due parti. Il punto di
demarcazione, che le va a suddividere, è rappresentato dall’ingresso della via biliare nel duodeno.
Configurazione esterna
Il duodeno presenta una forma caratteristica, per semplificare si dice che esso forma una sorta di C maiuscola;
distinguiamo 4 porzioni.
La prima porzione è il bulbo duodenale, con un calibro maggiore rispetto alla restante parte di duodeno; esso
ha direzione obliqua posteriormente e un po’ verso l’alto e verso destra. La prima parte, che è ancora
peritoneizzata, ha per forza direzione verso l’indietro, essendo le restanti parti accollate posteriormente. La sua
estensione è circa 5 cm, dal piloro al collo della cistifellea.
La seconda porzione è il tratto discendente, un tratto verticale che raggiunge, circa L3. Questo tratto è
decisamente più lungo (8 cm).
Al tratto discendente fa seguito un tratto orizzontale, che scavalca vena cava inferiore ed aorta portandosi a
sinistra del piano mediano. (6 cm)
L’ultimo tratto è il tratto ascendente, che termina nella flessura duodenodigiunale, che è rivolta verso l’avanti,
essendo il digiuno completamente rivestito da peritoneo. (6 cm)
Naturalmente questa è la forma che assume normalmente il duodeno. Vi sono altri casi: per esempio il duodeno a V si ha
quando la porzione orizzontale viene ad essere molto ridotta ed il duodeno semilunare si ha quanto le porzioni verticali
sono brevi.
A livello di flessura duodeno-digiunale ritroviamo il muscolo sospensore del duodeno (di Treitz), questa
componente muscolare ha origine da fibre del diaframma che si portano ad ancorarsi alla flessura duodeno-
digiunale. Ma la componente muscolare è in realtà la minore, c’è una notevole componente legamentosa
(alcuni autori parlano infatti di legamento). La porzione connettivale legamentosa deriva dalla guaina vascolare
particolarmente densa che riveste il tronco celiaco. In questo modo il duodeno è trattenuto in situ e ne viene
impedita la discesa.
Configurazione interna
Notiamo che nel bulbo duodenale la superficie è liscia. Dalla 2° porzione in poi si vengono a descrivere le
pieghe circolari (o valvole di Kerckring), che sono sollevamenti permanenti di mucosa e sottomucosa. Nella
46
porzione discendente del duodeno, a livello della superficie mediale posteriore, si mettono in evidenza due
papille: una è la papilla duodenale maggiore, nella quale si aprono la via biliare (o coledoco) ed il dotto
pancreatico maggiore (del Wirsung), e che ci va ad indicare il passaggio tra la porzione appartenente
all’intestino anteriore e quella all’intestino medio. Al di sopra della papilla duodenale maggiore vi è la papilla
duodenale minore, che riceve lo sbocco del dotto accessorio del pancreas (di Santorini)
Nel duodeno arriveranno quindi sia le secrezioni epatiche che pancreatiche.
Organogenesi
Il duodeno si forma dall’estremità distale dell’intestino anteriore e dall’estremità prossimale dell’intestino
medio. In seguito alla rotazione dello stomaco e alla torsione dell’ansa intestinale, il duodeno assume la forma
a C e ruota verso destra. Il rapido accrescimento della testa del pancreas provoca poi lo spostamento del
duodeno a destra. Duodeno e testa del pancreas vengono compressi contro la parete addominale posteriore
ed il mesoduodeno si accolla e si fonde con il peritoneo parietale, ad eccezione della prima porzione del
duodeno.
Comportamento del peritoneo
Il bulbo duodenale è completamente rivestito da peritoneo; in alto ritroviamo il legamento epato-duodenale
(pars densa) ed in basso l’estremità del legamento gastro-colico. La restante parte del duodeno è
retroperitoneale, rivestita solo dal peritoneo parietale. Qui ci sono strutture estremamente importanti.

A livello di porzione discendente del duodeno osserviamo la radice del mesocolon trasverso (due foglietti che
dal peritoneo parietale si staccano per andare a formare il meso che sostiene il colon trasverso), la quale
separa una regione sovramesocolica da una sottomesocolica. La regione sovramesocolica a questo livello non
sarà altro che la parete posteriore della borsa omentale; verso destra il peritoneo parietale prosegue a rivestire
rene e poi diaframma e parete addominale laterale.
La regione sottomesocolica costituisce la maggior parte della cavità addominale, e risulta essere ulteriormente
suddivisa in una regione sottomesocolica destra ed una sinistra dalla presenza della radice del mesentere, che
ha direzione obliqua verso destra e verso il basso.
Le due radici hanno un punto di unione; la loro linea di fusione ha la forma della lettera tau.

Il duodeno nelle sue porzioni discendente, orizzontale e ascendente è retroperitoneale.


Nel momento in cui si continua con la flessura duodeno-diguiunale si mettono in evidenza dei recessi, che
saranno visibili solamente tirando le anse dell’intestino tenue mesenteriale verso destra.
Vediamo un recesso duodenale inferiore, che è una semplice piega del peritoneo parietale a fondo cieco, ed
un recesso duodenale superiore, attraverso il quale si accede alla piccola fossetta duodenale superiore, dove
decorre la vena mesenterica inferiore, che circoscrive la flessura duodeno-digiunale.
talvolta è presente la fossa digiunale (?)
Solitamente questi recessi sono molto piccoli, e raramente anse intestinali vanno ad infilarsi nei recessi e ne restano
strozzate. Anomalie che determinano recessi più ampi danno la possibilità che un’ansa si vada ad infilare.
Rapporti
Bulbo duodenale
Anteriormente. Lobo desto del fegato.
Superiormente. Si distacca il legamento epato-duodenale.
Posteriormente. Rapporto con la via biliare e l’arteria gastroduodenale, che si porta verticalmente verso il
basso.
Tutta la C duodenale prenderà rapporti con la testa del pancreas.
Porzione discendente
Posteriormente. Ilo renale di destra e vena cava inferiore.
Anteriormente. Nella regione sovramesocolica vi è il fegato; nella regione sottomesocolica vi è il rapporto con il
colon trasverso e con le anse intestinali dell’intestino tenue mesenteriale.
47
Porzione orizzontale
Posteriormente. Vena cava inferiore ed aorta addominale, che vengono scavalcate.
Anteriormente. Arteria mesenterica superiore, che la scavalca per portarsi alla radice del mesentere.
Visto il rapporto anteriore con la mesenterica superiore ed il rapporto posteriore con l’aorta possiamo andare a descrivere
il compasso aorto-mesenterico. La porzione orizzontale del duodeno può subire compressione se o l’aorta o la
mesenterica si ingrossano (a causa di una patologia). Il duodeno può venire compresso così tanto da provocarne la stenosi;
quando la compressione è veramente massiva.
Porzione ascendente
Medialmente. Aorta.
Posteriormente. Muscolo ileo-psoas.
Vascolarizzazione
La vascolarizzazione sarà a carico e del tronco celiaco e dell’arteria mesenterica superiore, essendo una
struttura di passaggio tra intestino anteriore e medio.
Anche qui si creano due circoli arteriosi, uno anteriore ed uno posteriore alla testa del pancreas.
Arteria gastroduodenale
Prima della sua divisione in arteria gastroepiploica di destra ed arteria pancreaticoduodenale superiore cede
rami retroduodenali per la prima porzione e per il tratto prossimale della seconda porzione del duodeno.
Arteria pancreaticoduodenale superiore
L’arteria pancreaticoduodenale superiore ha calibro decisamente minore della gastroepiploica di destra e
consta normalmente di due rami, uno anteriore ed uno posteriore, che possono originare singolarmente o
come un unico tronco.
- L’arteria pancreaticoduodenale superiore anteriore decorre nel solco anteriore tra la seconda
porzione del duodeno e la testa del pancreas e termina anastomizzandosi con l’arteria pancreatico-
duodenale inferiore anteriore, ramo dell’arteria mesenterica superiore.
- L’arteria pancreaticoduodenale superiore posteriore discende verso destra, davanti alla vena porta ed
al condotto coledoco, passa dietro la testa del pancreas e termina anastomizzandosi con l’arteria
pancreaticoduodenale inferiore posteriore, ramo dell’arteria mesenterica superiore.
Irrora la testa del pancreas, la prima e la seconda porzione del duodeno.
Arteria pancreatico-duodenale inferiore
L’arteria pancreaticoduodenale inferiore origina dall’arteria mesenterica superiore o dal suo primo ramo
digiunale, lungo il margine superiore della terza porzione del duodeno. Si divide subito in due rami:
- L’arteria pancreaticoduodenale inferiore anteriore si dirige verso destra, passando davanti al margine
inferiore della testa del pancreas, e risale per anastomizzarsi con l’arteria pancreatico-duodenale
superiore anteriore.
- L‘arteria pancreaticoduodenale inferiore posteriore si dirige verso destra, passando dietro al margine
inferiore della testa del pancreas, e risale per anastomizzarsi con l’arteria pancreatico-duodenale
superiore posteriore.
Vascolarizza testa e processo uncinato del pancreas, e seconda e terza porzione del duodeno.
Rami digiunali
La quarta porzione del duodeno è irrorata da ramificazioni del primo ramo digiunale dell’arteria mesenterica
superiore, che spesso si anastomizzano con il ramo terminale anteriore dell’arteria pancreaticoduodenale
inferiore. La quarta porzione del duodeno, pertanto, è potenzialmente irrorata da collaterali dal tronco celiaco
e dall’arteria mesenterica superiore, e pertanto va raramente incontro ad ischemia.
Ritorno venoso
Tutto il circolo è tributario della vena porta.
La vena pancreatico-duodenale superiore posteriore si apre direttamente nella vena porta.
La vena pancreatico-duodenale superiore anteriore converge a formare il tronco comune con la vena
gastroepiploica di destra, che si apre nella vena mesenterica superiore.
Le due vene pancreatico-duodenali inferiori convergono e si aprono nella vena mesenterica superiore.
48
Intestino tenue mesenteriale
È la porzione più lunga dell’intestino e si estende dal duodeno all’intestino crasso.
Risulta ricoperto dal grande omento: quest’ultimo ha dimensioni estremamente variabili e può arrivare a
ricoprire l’intera massa intestinale e talvolta a penetrare a livello di cavità pelvica (altre volte risulta essere
piuttosto breve). Il grande omento è una riserva di tessuto adiposo ma ha anche funzione protettiva,
adagiandosi sulle anse intestinali.
Le anse dell’intestino tenue mesenteriali sono visibili sollevando il grande omento ed il colon trasverso.
Forma, posizione e rapporti
Limiti: Superiormente. Flessura duodeno-digiunale (posta al lato sinistro di L2).
Inferiormente. Valvola ileocecale, nella fossa iliaca destra (art. sacro-iliaca dx)
Lunghezza: 6-8 metri.
Diametro: 25-30 mm nel digiuno; 15-20 mm nell’ileo.
Distinguiamo due porzioni: il digiuno (così denominato in quanto nel cadavere si trova ordinariamente vuoto -> la
peristalsi continua dopo la morte) che corrisponde ai 2/5 prossimali e l’ileo che corrisponde ai 3/5 distali.
Tra questi due segmenti non vi è alcun limite reale, l’uno prosegue nell’altro. Le anse appartenenti al digiuno
risultano essere localizzate preferenzialmente nella cavità addominale in alto e sinistra mentre la restante
parte iliaca si dispone nella cavità addominale in basso a destra.
Configurazione interna
Aperto longitudinalmente l’intestino tenue, si osserva innanzitutto l’esistenza di rilievi della sua superficie
interna che hanno forma di pieghe sottili disposte trasversalmente al suo asse maggiore. Sono le pieghe
circolari (di Kerkring), già incontrate nel duodeno: sporgenze permanenti della mucosa il cui asse è formato
dalla sottomucosa. Queste sono raramente estese in forma di anello completo per tutta la circonferenza
dell’intestino, più spesso limitate solo a un tratto di questa. Più frequenti e maggiormente sviluppate nel terzo
prossimale del digiuno si fanno via via più rade e meno pronunciate fino a scomparire del tutto nell’ultima
porzione dell’ileo.
Comportamento del peritoneo
Il mesentere è un’ampia duplicatura formata dal peritoneo della parete posteriore dell’addome che si porta
nella cavità addominale e che comprende, nello spessore del suo margine libero, l’intestino tenue
mesenteriale, il quale pertanto è completamente avvolto dalla lamina sierosa.
In ogni ansa intestinale possiamo pertanto andare a descrivere un margine posteriore che è concavo ed
aderente al mesentere ed un margine anteriore che è convesso e libero.
La radice del mesentere corrisponde alla linea lungo la quale l’ampia plica peritoneale si distacca dalla parete
posteriore dell’addome. Inizia sul lato sinistro del corpo di L2 e da qui discende obliquamente in basso e verso
destra, fino a terminare nella fossa iliaca destra, a livello di L5. (valvola ileo-ciecale).
La lunghezza complessiva della linea di attacco parietale del mesentere è di 14-16 cm. Nel discendere, la linea di
inserzione parietale del mesentere incrocia la porzione orizzontale del duodeno. Al di sotto del duodeno la radice del
mesentere incrocia l’aorta e la vena cava inferiore e quindi l’arteria iliaca comune di destra. Nella fossa iliaca destra, la
radice supera il muscolo grande psoas, incrociando quindi l’uretere destro, l’origine dell’arteria iliaca esterna e i vasi
genitali, per raggiungere infine l’angolo ileo-ciecale.
La piccola radice si aprirà poi ovviamente a ventaglio e sul suo margine libero avremo l’ansa intestinale.
L’altezza del mesentere, che è minima all’inizio (in corrispondenza della flessura duodeno-digiunale (essendo il
duodeno in questo tratto retroperitoneale) e alla terminazione (a livello della valvola ileo-ciecale) va da questi
due estremi gradatamente aumentando fino a raggiungere, nel tratto medio, il valore massimo di circa 15 cm;
in questo modo risulta che le anse medie del tenue mesenteriale sono piuttosto mobili mentre il grado minore
di mobilità del tenue mesenteriale si osserva in corrispondenza della flessura duodeno-digiunale e della
giunzione ileo-ciecale.

49
Oltre a garantire mobilità alle anse il mesentere è fondamentale perché nel suo spessore, tra i due foglietti
della lamina sierosa, decorrono i vasi sanguiferi, i vasi linfatici e i nervi dell’intestino tenue mesenteriale. Vi si
trovano inoltre numerosi linfonodi.
Vascolarizzazione – Arteria mesenterica superiore
L’arteria mesenterica superiore origina ad angolo acuto dall’aorta addominale circa 1-1,5 cm al di sotto del
tronco celiaco, all’altezza di L1/L2. Si dirige anteriormente ed inferiormente passando, nel suo segmento di
origine, al di dietro della vena lienale e del corpo del pancreas, separata dall’aorta per l’interposizione della
vena renale sinistra. Successivamente continua il suo decorso ponendosi al davanti del processo uncinato del
pancreas e della terza porzione del duodeno, venendo come a “pinzare” quest’ultimo insieme con l’aorta
addominale, andando a formare quello che è detto compasso aorto-mesenterico. La porzione orizzontale del
duodeno può subire compressione se o l’aorta o la mesenterica si ingrossano (a causa di una patologia). Il duodeno può
venire compresso così tanto da provocarne la stenosi; quando la compressione è veramente massiva. In questo tratto
penetra nella radice del mesentere, di cui segue il decorso incrociando anteriormente la vena cava inferiore,
l’uretere di destra e il muscolo grande psoas di destra e descrivendo una curva con convessità verso sinistra,
fino a raggiungere la fossa iliaca destra, dove si anastomizza con l’arteria ileocolica, uno dei suoi rami
collaterali.
I rami ileali e digiunali Si distaccano dalla convessità sinistra dell’arteria mesenterica superiore in numero di
15-20. Questi rami vascolarizzano il digiuno e l’ileo (tranne l’ultima porzione). Presentano un decorso parallelo
tra di loro tra i due foglietti del mesentere e costituiscono delle arcate, che risultano essere più evidenti nel
tratto ileale. Ciascun vaso si divide in due rami:
- Il ramo superiore si anastomizza con il ramo inferiore del ramo ileale/digiunale superiore.
- Il ramo inferiore si anastomizza con il ramo superiore del ramo ileale/digiunale inferiore.
In questo modo si viene a costituire una prima arcata. Dalla convessità di queste arcate, per quel che riguarda il
tratto ileale, originano dei successivi rami che si uniscono, formando una seconda serie di arcate. Talvolta ve ne
può anche essere una terza. Si ha quest’organizzazione perché nell’organogenesi i rami si separano per portarsi a
vascolarizzare tutta l’estensione del tratto intestinale.
Dall’arcata di ultim’ordine emergono le arterie rette che, giunte al margine concavo dell’ansa di dividono in un
ramo anteriore ed in uno posteriore, che si vanno rispettivamente a distribuire alla parete anteriore ed alla
parete posteriore dell’intestino.
Si parla di vascolarizzazione segmentale dell’intestino tenue perché ciascuna arteria retta si porta a
vascolarizzare un segmento di circa 1 cm di superficie di intestino tenue ma le arterie rette tra di loro
presentano solo anastomosi tra rami di calibro molto piccolo. Ne segue che qualora vi dovesse essere un
diminuito apporto di sangue perché l’arteria retta si occlude il tratto intestinale vascolarizzato dall’arteria
stessa va incontro ad ipossia, mancando un sufficiente circolo collaterale. Questa situazione è detta infarto
intestinale. Se l’interruzione del vaso avviene prima il circolo collaterale è sufficiente.
Ritorno venoso – Vena mesenterica superiore
Il circolo venoso di ritorno è satellite rispetto a quello arterioso: le vene si aprono nella vena mesenterica
superiore. Questa è disposta anteriormente e a destra rispetto all’arteria mesenterica superiore. Nel tratto a
livello di radice si ritrovano molto vicine, nel tratto distale la vena è più marcatamente spostata verso destra.
Ritorno linfatico – Cisterna del chilo
I collettori linfatici sono particolarmente numerosi nel digiuno e lo sono meno nell’ileo; a livello mesenterico
tutta la linfa viene drenata dalla cisterna del chilo.

50
Intestino crasso
Fa seguito al tenue, a livello della fossa iliaca destra, dove inizia con una parte a fondo cieco che trovasi poco al
di sotto dell’estremità inferiore dell’ileo; termina aprendosi all’esterno con l’orifizio anale.
Configurazione esterna
Lunghezza. Ha una complessiva che va da 1,6 a 1,8 metri e viene diviso in tre porzioni che sono l’intestino
cieco, il colon e l’intestino retto.
Calibro. Da un tratto ileale il cui era 1,5-2cm passiamo ad un calibro di circa 6 cm. Questo poi nei tratti
successivi si riduce gradualmente, raggiungendo circa i 4 cm.
Il cieco, cui è annessa l’appendice vermiforme, è posto nella fossa iliaca destra e prosegue in alto con il colon ascendente
che raggiunge la faccia inferiore del fegato all’ipocondrio destro e ripiega quindi verso sinistra formando la flessura destra
del colon per continuare nel colon trasverso; questo, raggiunto il polo inferiore della milza all’ipocondrio sinistro, ripiega
verso il basso in corrispondenza della flessura colica sinistra e continua nel colon discendente. Giunto nella fossa iliaca
sinistra, l’intestino, con il nome di colon iliaco, passa dalla cavità addominale nella cavità pelvica, spostandosi verso la linea
mediana, con il tratto che prende il nome di colon pelvico. Il colon ileopelvico, che viene anche denominato colon
sigmoideo, all’altezza di S3 prosegue nell’intestino retto che si apre all’esterno, nel perineo posteriore, tramite l’orifizio
anale.
Un’altra caratteristica peculiare dell’intestino crasso è la presenza delle tenie: tre lamine nastriformi di circa 1
cm di larghezza disposte secondo la lunghezza del tratto intestinale, date da ispessimenti di fasci dello strato
longitudinale della tonaca muscolare. Al di fuori delle tre tenie la muscolatura longitudinale risulta essere piuttosto
sottile. Le tre tenie hanno origine dall’appendice vermiforme.
Tenia libera
La tenia libera è disposta sulla linea media della superficie anteriore del colon ascendente; prosegue poi
portandosi sulla superficie inferiore del colon trasverso (considerato in situ) e si continua poi nel colon
discendente tornando ad essere anteriore.
Tenia mesocolica
La tenia mesocolica è disposta a livello di superficie postero-mediale del colon ascendente. Questa tenia
mesocolica corrisponde alla posizione in cui si andava ad inserire il mesocolon che sospendeva anche il tratto ascendente.
(essendoci stato l’accollamento la vediamo solo se la stiriamo lateralmente, a destra). Nel colon trasverso a livello di
tenia mesocolica vi è l’inserzione del mesocolon trasverso; nel colon discendente essa si riporta sul margine
postero-mediale.
Tenia omentale
La tenia omentale si trova in posizione postero-laterale a livello di colon ascendente (è quindi visibile spostando
il colon medialmente). Nel colon trasverso corrisponde al punto in cui si va ad accollare il grande omento, per
formare il legamento gastro-colico. Si riporterà in posizione postero-laterale nel colon discendente.
Lungo i margini delle tenie si trovano attaccate, alla superficie esterna del crasso, numerose frange
peritoneali peduncolate e ripiene di materiale adiposo (sacchettine di peritoneo ripiene di tessuto adiposo): le
appendici epiploiche. Queste sono estremamente variabili di dimensione e di numero.
Alla superficie esterna del crasso si notano gibbosità (espansioni) che prendono il nome di haustra.
Le haustra sono separate le une dalle altre da solchi; questi si fermano a livello delle tenie e sono
determinati dalla contrazione di alcuni fascetti di muscolatura circolare.
Ne seguirà per questo motivo che i solchi si possono modificare, e così la posizione delle haustra.
Configurazione interna
I solchi che si vedono esternamente corrispondono a pieghe della superficie interna, le così dette pieghe
semilunari, che si interromperanno a livello delle tenie. La superficie interna delle haustra appare liscia.
Nel caso un vaso si approfondi per andare a irrorare la parete la porzione in questione risulta essere piuttosto debole
(essendo la muscolatura longitudinale molto scarsa). In caso di aumento di pressione endoluminale mucosa e sottomucosa
possono erniare ed andare a formare diverticoli: piccole sacche erniali che si portano esternamente.

51
Intestino cieco
Il cieco appare come una grossa sacca a fondo cieco posta inferiormente al piano passante dalla valvola ileo-
ciecale, nella fossa iliaca destra; a livello prossimale è in continuità con il tratto distale dell’ileo, e a livello
distale con il colon ascendente. I diametri del cieco si equivalgono: lunghezza e larghezza sono di 6-7 cm.
Posteriormente entra in rapporto con i muscoli iliaco e grande psoas di destra, con l’interposizione del nervo
cutaneo laterale del femore, e presenta il recesso retrocecale che spesso contiene l’appendice vermiforme.
Questa, a fondo cieco anch’essa, origina solitamente dall’estremità infero-mediale del cieco.
La posizione più frequente è la loggia ciecale, a livello di fossa iliaca destra, delimitata anteriormente dalla parete
addominale anteriore, lateralmente dalla parete addominale laterale e medialmente dalle anse intestinali del tratto ileale
del tenue mesenteriale.
L’intestino cieco è situato nella fossa iliaca destra solo nel 50% dei casi; nel 30% dei casi si trova a livello di regione
lombare destra; nel 15% dei casi si trova molto in basso, spostato verso la pelvi. La causa di queste differenze sono una
rotazione dell’intestino medio a livello embrionale che può proseguire oltre i 270° o fermarsi prima.
Appendice vermiforme
L’appendice vermiforme è una formazione tubulare, simile per l’appunto a un verme, che origina dell’estremità
infero-mediale del cieco, approssimativamente 2-3 cm al di sotto della valvola ileo-ciecale.
L’origine dell’appendice, se il cieco è situato nella loggia ciecale, è a livello del punto di McBurney, dato dal
punto di unione dei 2/3 mediali con il 1/3 laterale della linea che unisce la spina iliaca antero-superiore
all’ombelico. L’appendice si osserva relativamente poco frequentemente diretta verso la pelvi (30%), nel 65%
dei casi essa si presenta disposta in posizione retrocecale, raggiungibile scollando il tratto dove il cieco è
accollato posteriormente.
Le tre tenie del colon ascendente e del cieco convergono alla base dell’appendice e si fondono nella sua
muscolatura longitudinale. La tenia anteriore del cieco, solitamente ben distinguibile, può essere seguita fino
all’appendice, fornendo una guida per la sua localizzazione intraoperatoria.
Valvola ileo-ciecale
L’ileo si apre nell’intestino crasso attraverso la valvola ileo-ciecale, situata a livello della giunzione del cieco con
il colon ascendente, sulla sua superficie posteromediale. L’orifizio presenta due labbri che sporgono nel lume
dell’intestino crasso. La precisa conformazione della valvola è variabile: nel cadavere presenta due labbri: uno
superiore, approssimativamente orizzontale, ed uno inferiore, più lungo e concavo, orientato obliquamente.
Alle loro estremità i labbri si fondono, continuando in stretti rilievi membranosi, i frenuli della valvola. Nel
vivente ha la forma di una papilla.
La valvola ileo-ciecale non è un vero e proprio sfintere (a seconda di alcuni autori sì, di altri no). Tutti si è
concordi però nel dire è il risultato di un’invaginazione dell’ileo all’interno del colon. Di conseguenza la valvola
ileo-ciecale risulta formata da una duplicatura della mucosa e dello strato circolare della muscolatura. Le fibre
dello strato longitudinale della muscolatura sono solo parzialmente duplicate al loro ingresso nella valvola,
mentre le fibre più superficiali e il peritoneo si continuano direttamente dall’intestino tenue all’intestino crasso
senza interruzioni.
Comportamento del peritoneo
Il cieco è l’unica porzione dell’intestino crasso ad essere completamente rivestita dal peritoneo:
sollevando il cieco si può notare il punto di riflessione tra il peritoneo parietale della parete addominale
posteriore, che tappezza la fossa iliaca, ed il peritoneo viscerale sulla faccia posteriore del cieco.
Ovviamente è presente la variabilità: infatti mentre normalmente il cieco è completamente rivestito da peritoneo
l’accollamento del mesocolon ascendente può interessare anche un’ampia superficie sulla faccia posteriore del cieco. In
altri casi l’accollamento si interrompe più superiormente e va ad interessare solo una piccola parte del colon ascendente.
La porzione intraperitoneale è quindi variabile!
Anche l’appendice vermiforme è completamente peritoneizzata e presenta un piccolo meso, che è
detto mesenteriolo o mesoappendice; questo si presenta come una piega triangolare a base superiore. La base si
impianta sulla faccia mediale (inferiore) del cieco e sul tratto terminale dell’ileo. (dall’imbocco appendicolare all’angolo
ileocecale). Oltre quest’angolo, il mesenteriolo si fonde con il foglietto inferiore del mesentere. L’apice del mesenteriolo
52
corrisponde all’apice dell’appendice stessa. Dei due margini, uno è aderente all’appendice e l’altro è libero ed è ingrossato
perché accoglie l’arteria appendicolare.
Possiamo identificare piccoli recessi nella zona di passaggio del peritoneo viscerale dall’ileo al cieco e al colon: il
recesso ileocecale superiore si trova antero-superiormente all’angolo ileocecale ed è delimitato posteriormente dal
mesentere e anteriormente dalla piega ileo-cecale superiore (o vascolare cecale) che, partendo dal foglietto destro del
mesentere, si porta in basso e all’esterno per terminare sul lato interno del cieco. Il recesso ileocecale inferiore si trova
nella parte inferiore dell’angolo ileocecale e si forma per la presenza della piega ileo-cecale inferiore (o esangue del
Treves) che si distacca in alto dal margine libero dell’ileo per portarsi in basso sul lato interno del cieco e sull’estremità
superiore dell’appendice.
Il recesso retrocecale è lo spazio che si viene a formare dalla riflessione tra il peritoneo viscerale e
parietale, posteriormente al cieco. Infilando la mano possiamo salire fino a dove si è interrotto l’accollamento.
Colon ascendente
Il colon ascendente decorre quasi verticalmente, dal basso verso l’alto e dall’avanti all’indietro, a partire dal
cieco (come limite inferiore abbiamo sempre il piano passante per la valvola ileo-ciecale) fino al punto in cui
compie la flessura colica destra, raggiungendo la faccia viscerale del fegato. Ha lunghezza di 15 cm.
Inferiormente si trova adagiato sui muscoli, più superficialmente, superiormente si trova più profondamente.
Il colon ascendente è una formazione retroperitoneale, ricoperta dal peritoneo anteriormente e sui lati.
Rapporti posteriori. Con l’interposizione di un tessuto connettivo che forma la fascia di accollamento, la
superficie posteriore risulta adagiata sui muscoli iliaco, trasverso e quadrato dei lombi. Raggiunge infero-
lateralmente il rene destro ma è separato da esso, oltre che dalla fascia di accollamento, anche dal foglietto
anteriore della fascia renale.
Rapporti anteriori. Vi è rapporto diretto con i muscoli della parete addominale anteriore
Rapporti mediali. Ritroviamo le anse intestinali.
Rapporti laterali. Spostando la parete addominale lateralmente si mette in evidenza una doccia che prende il
nome di doccia paracolica. Vediamo piccole pieghe cecali che altro non sono che pieghe del peritoneo. In teoria
se in certi punto non fosse avvenuto l’accollamento si potrebbero realizzare piccoli recessi.
Flessura colica destra (o epatica) – L2
È un segmento del colon compreso fra il tratto ascendente e quello trasverso e si configura come un angolo di
70-80° che si apre in avanti, in basso e medialmente. La flessura destra è situata nell’ipocondrio destro e si
mette in rapporto: anteriormente, con la faccia inferiore del lobo destro del fegato sulla quale lascia l’impronta
colica e con la cistifellea; posteriormente, con la parte inferiore della faccia anteriore del rene destro e con la
porzione discendente del duodeno.
Colon trasverso
Si trova compreso tra le due flessure coliche, destra e sinistra. La sua lunghezza, variabile, è di circa 50 cm. In
generale esso descrive un arco la cui concavità è diretta indietro e in alto.
Rapporti anteriori. Grande omento e parete addominale anteriore.
Rapporti posteriori. Faccia anteriore del rene destro, con la parte discendente del duodeno, con la testa del pancreas e con
la faccia anteriore del rene sinistro.
Rapporti superiori. Con la faccia inferiore del lobo destro del fegato, con la cistifellea, con il corpo e con la grande
curvatura dello stomaco alla quale è connesso dal legamento gastrocolico che contiene, nel proprio spessore, i vasi
gastroepiploici. Questo prende attacco sulla tenia mesocolica.
Rapporti inferiori. Con le anse dell’intestino tenue.
Sulla faccia anteriore del colon trasverso prende inserzione il grande omento, a livello della tenia omentale.
Comportamento del peritoneo – Mesocolon trasverso
Il colon trasverso è completamente avvolto da peritoneo e connesso alla parete addominale posteriore dal
mesocolon trasverso, che divide la cavità peritoneale in una regione sovramesocolica ed in una
sottomesocolica. La radice del mesocolon trasverso è compresa tra le due flessure, e si estenderà dalla
porzione inferiore del rene di destra (a livello di flessura colica destra) alla porzione superiore del rene di
sinistra (a livello di flessura colica sinistra); risulta quindi essere obliqua verso l’alto e verso sinistra.
53
La radice del mesocolon trasverso va ad incrociare il secondo tratto del duodeno, taglia la testa del pancreas, si
porta lungo il margine inferiore del pancreas passando al di sotto della flessura duodeno-digiunale e raggiunge
la coda del pancreas per portarsi verso l’ilo della milza.
Nel corso dell’organogenesi questo meso è andato a fondersi con il grande omento, da questo derivano i
rapporti che ha con la borsa omentale. La faccia superiore del mesocolon trasverso corrisponde infatti al
pavimento della borsa omentale. I rapporti del mesocolon nella sua faccia inferiore sono con le anse intestinali,
soprattutto la porzione digiunale di queste.
Flessura colica sinistra (o lienale) – T11-12
Posta tra colon trasverso e discendente, la flessura sinistra o lienale si presenta come un tratto di colon
incurvato ad angolo acuto aperto in basso, in avanti e medialmente.
Si trova nell’ipocondrio sinistro, ad un livello superiore rispetto a quello della flessura colica sinistra.
La flessura colica sinistra è mantenuta fissa soprattutto dal legamento frenocolico sinistro che, distaccandosi
dall’angolo superiore della flessura stessa, raggiunge il diaframma. Questo legamento si mette in rapporto con
il polo inferiore della milza, alla quale offre un piano di sostegno.
È in rapporto: in avanti con il corpo dello stomaco; in dietro con la faccia anteriore del rene e con il surrene
sinistro; lateralmente con il polo inferiore della milza.
Colon discendente
Il colon discendente fa seguito alla flessura sinistra e discende sino a livello della fossa iliaca sinistra. Ha una
lunghezza di circa 25 cm. Esso, discendendo, si porta da una posizione più profonda che lo caratterizza
superiormente ad una porzione più superficiale inferiormente.
I rapporti ed il comportamento del peritoneo sono analoghi al colon ascendente.
Colon sigmoideo
Il colon sigmoideo ha come limite superiore la fossa iliaca sinistra. Esso discende inizialmente lungo la cresta
iliaca sinistra per poi piegare e formare una curva con la concavità verso l’alto e medialmente. Terminata la
curva decorre con direzione lateromediale nella piccola pelvi -> l’ansa del sigma termina addossandosi
posteriormente a livello del corpo di S3, subito a destra della linea mediana; da qui piega inferiormente per
continuarsi con l’intestino retto. Nel colon sigmoideo il numero di tenie passa da 3 a 2: persistono la tenia
anteriore (mesocolica) e posteriore. La lunghezza è di circa 40 cm, con grande variabilità.
Comportamento del peritoneo - Mesosigma
È completamente rivestito da peritoneo, ed è connesso alla porzione inferiore della parete addominale
posteriore ed alla parete posteriore della grande pelvi tramite un meso conformato a ventaglio, il mesocolon
sigmoideo (o mesosigma). La radice di questo corrisponde ad una V aperta in basso e a sinistra. Di particolare
rilievo è il recesso intersigmoideo, che corrisponde al vertice della V: alla base di questo recesso decorrono
lateralmente i vasi iliaci comuni di sinistra, i quali vengono in questo tratto incrociati anteriormente
dall’uretere.
Vascolarizzazione
Il crasso verrà vascolarizzato dall’arteria mesenterica superiore per il cieco, colon ascendente e 2/3 prossimali
del colon trasverso e dall’arteria mesenterica inferiore per la restante parte.
La vascolarizzazione arteriosa dell’intestino crasso presenta un numero inferiore di anastomosi arteriose risetto
all’intestino tenue, ma le anastomosi presenti garantiscono comunque alle varie regioni del colon un certo
grado di vascolarizzazione collaterale.
Per una trattazione dettagliata guardare il riepilogo sulla vascolarizzazione ! !
Intestino cieco. È vascolarizzato quasi esclusivamente dall’arteria ciecale anteriore e dall’arteria ciecale
posteriore, che derivano dal ramo ileale dell’arteria ileocolica.
Appendice vermiforme. È vascolarizzata dall’arteria appendicolare, derivata dal ramo ileale dell’arteria
ileocolica, che decorre nel mesenteriolo.

54
Colon ascendente. È vascolarizzato dall’arcata data dal ramo discendente dell’arteria colica destra e dal ramo
colico (ascendente) dell’arteria ileocolica, che decorrono nell’addensamento connettivale risultato
dall’accollamento del mesocolon ascendente.
Colon trasverso. È vascolarizzato dai rami destro e sinistro dell’arteria colica media, che decorrono nel
mesocolon trasverso.
Colon discendente. È vascolarizzato, insieme al 1/3 distale del colon trasverso, dalle arcate che si formano tra
il ramo sinistro dell’arteria colica media ed il ramo ascendente dell’arteria colica sinistra e tra il ramo
discendente dell’arteria colica sinistra e la 1° arteria sigmoidea.
Colon sigmoideo. È vascolarizzato dalle, solitamente 3, arterie sigmoidee.
Ritorno venoso
È satellite delle arterie. La vena mesenterica superiore che corre parallela all’arteria spostata a destra e più
superficialmente rispetto ad essa. Nella sua porzione terminale si distacca dall’arteria mesenterica superiore
portandosi decisamente verso destra. La vena mesenterica inferiore si apre nella vena lienale .
Ritorno linfatico
La fitta rete di linfatici ha stazioni linfonodali a livello dell’arcata marginale e a livello delle arterie. Tutti i
collettori linfatici, anche quelli dell’intestino crasso, convergono tutti verso la solita cisterna del chilo.
Intestino retto
L’intestino retto ha un decorso meno flessuoso del colon sigmoideo a cui fa seguito e si apre all’esterno con
l’ano, dopo un decorso di 16-18 cm.
Come limite superiore ha S3, nel punto in cui il mesosigma scompare. L’annullamento di quest’ultimo
corrisponde infatti al limite tra le due strutture. Il limite inferiore è l’apertura anale.
Come configurazione esterna non presenta più né haustra, né tenie, né appendici epiploiche.
Le 2 tenie che erano rimaste nel sigma si aprono a ventaglio e vanno a costituire uno strato continuo di
muscolatura longitudinale nel retto.
L’intestino retto può essere suddiviso in due parti: una craniale, la porzione pelvica, che risulta dilatata e
prende anche il nome di ampolla rettale ed una caudale, che prende il nome di canale anale. La porzione
pelvica è accolta nella pelvi ed il suo limite inferiore è dato dal punto in cui la muscolatura del pavimento
pelvico si unisce alla muscolatura longitudinale esterna del retto. Quando le due muscolature si fondono il
canale anale non fa altro che passare attraverso il pavimento pelvico.
La lunghezza del retto pelvico va dai 13 ai 15 cm mentre il canale anale raggiunge i 3 cm.
Loggia rettale
L’intestino retto è adagiato sul pavimento pelvico. Come limiti avremo:
Posteriormente. Sacro e coccige, coperti dai muscoli ileococcigei e piriformi, e le loro fasce.
Lateralmente. Muscolo elevatore dell’ano rivestito dalla sua fascia.
Inferiormente. Chiusa dall’aderenza delle fibre dell’elevatore dell’ano con la muscolatura longitudinale del
retto.

Curvature del retto


L’intestino retto presenta una concavità anteriore seguita da una concavità posteriore.
Flessura sacrale. Inizialmente la porzione pelvica del retto segue la cifosi sacro-coccigea, e di conseguenza
mostra una concavità aperta anteriormente.
Flessura perineale. Successivamente si viene a creare una concavità aperta posteriormente detta angolo ano-
rettale, che si realizza tra la porzione pelvica dell’intestino retto e la porzione del canale anale. Questo angolo,
che è normalmente di 80-90°, è determinato dalla presenza del muscolo pubo-rettale, facente parte del
muscolo elevatore dell’ano. Questo origina da un ramo pubico e si porta indietro, abbraccia a fionda l’intestino
retto nel punto in cui passa nel canale anale e ritorna verso il ramo pubico controlaterale.

55
Considerandolo in stato di vacuità notiamo la presenza ulteriori tre curve.
Vi saranno una convessità superiore rivolta verso destra, una convessità intermedia rivolta verso sinistra ed
un’ultima convessità inferiore rivolta verso destra. Queste convessità si perdono nel momento in cui l’intestino
retto si riempie.
In corrispondenza di queste convessità possiamo osservare internamente delle pieghe: tra le due convessità
rivolte verso destra si solleva una piega e, a delimitare la convessità intermedia rivolta verso sinistra, si
solleveranno internamente due pieghe, una inferiore e una superiore. L’estensione di queste pieghe è molto
variabile, esse possono occupare la metà del diametro del retto, i 2/3 ecc. Impropriamente queste sono anche
chiamate valvole rettali, pur non avendo alcun significato valvolare in senso stretto.
Queste risultano formate da mucosa, sottomucosa e una parte di muscolatura circolare che si solleva e forma
la piega.

Comportamento del peritoneo


A livello di cavità pelvica dobbiamo immaginare il peritoneo parietale che si adagia sugli organi qui contenuti
come una sorta di lenzuolo, che praticamente segue il profilo di tutte le formazioni che sporgono dalla cavità
pelvica. Nel caso della femmina il peritoneo si adagia sulla vescica, ne segue il contorno, si rifletterà sull’utero
seguendone il contorno dopo di che continua e si riflette su una piccola parte della a faccia anteriore del retto (in parte
anche lateralmente).
Solo la porzione superiore del retto pelvico è rivestita dal peritoneo parietale nella sue faccia anteriore e nelle
due laterali. Posteriormente il peritoneo non è presente perché non si ha alcun meso (il mesosigma termina ad
S3). L’intestino retto è quindi retroperitoneale.
Situazione femminile. Il peritoneo parietale che riveste la faccia anteriore del retto ad un certo punto si
riflette a rivestire la faccia posteriore dell’utero. Da questa riflessione si viene ad identificare il cavo retto-
uterino, anche detto cavo di Douglas. Nella femmina c’è un altro cavo, più piccolo, meno profondo, che si realizza
quando il peritoneo che ha rivestito tutto l’utero si ribalta a rivestire la vescica, questo sarà il cavo vescico-uterino.
I chirurghi parlano di Douglas posteriore identificando il cavo retto-uterino, ma parlano anche di Douglas anteriore
intendendo il cavo vescico-uterino.
Situazione maschile. Nel maschio li peritoneo parietale che riveste faccia anteriore e laterali della prima parte
del retto si riflette sulla vescica e così si identifica l’unico cavo retto-vescicale. La nomenclatura “Douglas” è
normalmente utilizzata solo per la femmina.
Notiamo sia nella femmina che nel maschio che il peritoneo che riveste le due facce laterali della prima
porzione di retto pelvico si continua nel rivestire la superficie laterale della pelvi. In questo passaggio si
vanno a formare due fosse, dette fosse para-rettali. Queste sono evidenti solo in stato di vacuità del retto;
quando il retto è pieno queste sono le prime fosse ad essere occupate dalla sua estensione.

Il mesoretto descritto dal Gray è il compartimento che si trova ad avvolgere l’intestino retto nella sua porzione
al di sotto del peritoneo. In pratica è quello spazio compreso tra il peritoneo superiormente ed il muscolo
elevatore dell’ano inferiormente, che risulta occupato da tessuto fibroadiposo di riempimento.
Il mesoretto non ha quindi niente a che vedere con i mesi peritoneali descritti fino ad ora.
Alcuni autori distinguono una fascia meso-rettale che ipotizzano essere il residuo del peritoneo che ai primordi
rivestiva l’intestino posteriore.
Alcuni autori definiscono questa regione fascia endo-pelvica; si intende fascia perché viene considerata una
fascia spessa di tessuto fibroadiposo più consistente quando transitano vasi e nervi.
Alcuni autori parlano infine, molto più semplicemente, di tessuto adiposo sotto-peritoneale.

56
Rapporti
Rapporti posteriori. Con l’interposizione del tessuto fibroadiposo di riempimento il retto viene in contatto con
le ultime vertebre sacrali e con il coccige. Superiormente decorre l’arteria sacrale mediana. Subito ai lati
ritroviamo la catena del simpatico, vi sono i gangli sacrali che convergono nell’unico ganglio coccigeo.
Ai lati della catena del simpatico vi sono i rami che portano alla formazione del plesso sacrale, adagiati sul
muscolo piriformi. Questi rapporti non sono diretti ma mediati dal tessuto di riempimento !!
Rapporti laterali. Subito a lato vi saranno le due fosse para-rettali. Ritroviamo poi tutti i rapporti a livello di
tessuto adiposo sotto-peritoneale, che da passo ai vasi, come l’arteria rettale media. Questo tessuto accoglie
lateralmente anche il plesso ipogastrico inferiore che, formato da gangli sia orto- che parasimpatici, darà
origine ai nervi che innerveranno dal punto di vista autonomo la vescica e i genitali.
Rapporti anteriori (nel maschio). Nella porzione peritoneizzata vi è rapporto con la vescica con
l’interposizione del cavo retto-vescicale.
Nella porzione sottoperitoneale vi è la presenza del setto retto-prostatico (di Denonvilliers); questo è un setto
fibroso che separa l’intestino retto dalla componente urogenitale. Il setto retto-prostatico (di Denonvilliers) è il
residuo del setto uro-rettale che nell’embrione separava nella cloaca il seno uro-genitale e la porzione terminale del retto.
Con l’interposizione del setto retto-prostatico la faccia anteriore del retto viene in rapporto in posizione
mediana con la prostata.
Ai due lati ritroviamo invece le vescichette seminali e dotto deferente adagiati posteriormente, e l’uretere che
entra nella vescica. (uretere entra nella vescica, le altre sono adagiate posteriormente).
Rapporti anteriori (nella femmina). Nella porzione peritoneizzata vi è rapporto con l’utero, con
l’interposizione del cavo retto-uterino (di Douglas).
Nella porzione sottoperitoneale vi è il rapporto con la faccia posteriore della vagina. Nella femmina non
ritroviamo un setto così demarcato come il setto retto-prostatico nel maschio, si viene semplicemente a
formare un addensamento connettivale dato dalla fusione delle tonache avventizie di retto e vagina. No setto
Canale anale
Il limite superiore del canale anale è demarcato dal momento in cui le fibre mediali dell’elevatore dell’ano si
vanno a fondere con lo strato longitudinale esterno della muscolatura del retto.
Il canale anale attraversa il diaframma pelvico: le strutture attraverso cui passa sono il muscolo elevatore
dell’ano e l’anello di muscolatura dato dal muscolo sfintere esterno dell’ano.
Componente muscolare del canale anale
Muscolatura propria dell’intestino retto
Lo strato muscolare circolare interno diventa più espanso e va a costituire il muscolo sfintere anale interno,
che è costituito di muscolatura liscia. Esso diventa sempre più consistente man mano che si procede nella vita,
nell’anziano esso sarà particolarmente espanso.
Lo strato muscolare longitudinale, indubbiamente più sottile, si porta verticalmente verso il basso e si fonde
con le fibre mediali del muscolo elevatore dell’ano; la muscolatura longitudinale una volta congiunta si porta
ancora più in basso, le fibre assumono poi andamenti differenti:
- Una parte di queste si rivolgono medialmente verso la superficie interna del canale anale,
determinando la formazione di una linea, il solco intersfinterico (o linea ano-cutanea o linea bianca).
- Altre fibre longitudinali arrivano inferiormente e si aprono a ventaglio andando a costituire il muscolo
corrugatore dell’ano, che si fissa a livello di sottocute.
A tutto questo si aggiunge il:
Muscolo sfintere esterno dell’ano
Questo può essere suddiviso in tre parti:
- Parte profonda. Risulta essere strettamente aderente al muscolo elevatore dell’ano.
- Parte intermedia. Questo è il vero e proprio anello circolare che circonda lo sfintere anale interno.
(in successione avremo sfintere interno, la sottile muscolatura longitudinale congiunta e sfintere esterno)

57
- Parte sottocutanea. Risulta parzialmente separata dalle fibre longitudinale; la disposizione delle fibre è
sempre circolare.
La fossa ischio-rettale è quella porzione di spazio situata inferiormente al muscolo elevatore dell’ano e ripiena di tessuto
fibroadiposo di riempimento.
Un setto fibroso trasverso separa la parte media dalla parte sottocutanea dello sfintere esterno. Il setto si
continua poi lateralmente portandosi fino alla porzione ischiatica del bacino andando a suddividere la fossa
ischio-rettale in due. Inferiormente al setto fibroso abbiamo tessuto adiposo con lobuli di dimensioni molto
minori rispetto alla porzione superiore, che costituisce la porzione profonda del sottocute.
Il setto fibroso trasverso andrà quindi a suddividere parte media e sottocutanea dello sfintere esterno e le due logge di
tessuto adiposo, quella superiore con lobuli più grandi e quella inferiore con lobuli più piccoli.
Dalla parte intermedia del muscolo sfintere esterno dell’ano si dipartono fibre che si prolungano
posteriormente andandosi ad inserire all’apice del coccige e costituendo così il legamento ano-coccigeo;
Alcune fibre si prolungano anteriormente ancorandosi al corpo perineale.
Configurazione interna
Il limite superiore del canale anale (fusione delle fibre longitudinali del retto con le mediali dell’elevatore
dell’ano) si può identificare a livello di linea ano-rettale.
In posizione mediale del canale anale ritroviamo una linea piuttosto irregolare, con pieghe semilunari con la
concavità verso l’alto che prende il nome di linea dentata (o pettinata). Questa è la linea corrisponde al punto
di fusione tra la porzione ectodermica del canale anale e la porzione endodermica dell’intestino primitivo. La
linea dentata si diparte dal margine libero delle valvole semilunari.
Il passaggio che si ha non è brusco. L’endoderma è caratterizzato da epitelio cilindrico semplice, l’ectoderma è il tipico
pavimentoso stratificato cheratinizzato. Quest’ultimo in un primo tratto sarà solo parzialmente cheratinizzato; diventerà
del tutto simile a quello della cute (più cheratinizzato) a livello di linea bianca (visibile ad occhio nudo).
Le valvole semilunari non sono altro che pieghe di mucosa e sottomucosa che vanno a delimitare una piccola
cripta con la parete del canale anale. Sul fondo di questa si aprono le ghiandole del canale anale. Le estremità
di queste valvole semilunari si portano verso l’alto diminuendo il loro spessore e scomparendo a livello di linea
ano-rettale. Possiamo inoltre notare strutture verticali sporgenti che prendono il nome di colonne rettali (di
Morgagni), che sono sollevamenti determinati da mucosa, sottomucosa e dal plesso emorroidale profondo, un
plesso vascolare molto consistente che caratterizza la porzione prominente.
Vascolarizzazione
La spiegazione di questo tipo di vascolarizzazione sta nell’origine organogenetica: la porzione dell’intestino
retto di pertinenza epidermica viene vascolarizzata dall’arteria ipogastrica tramite la rettale superiore; la
porzione endodermica viene vascolarizzata dall’arteria mesenterica inferiore tramite la rettale superiore.
Arteria rettale superiore
L’arteria rettale superiore rappresenta la continuazione dell’arteria mesenterica inferiore. Discende nella pelvi
all’interno del mesosigma, incrocia i vasi iliaci comuni di sinistra e passa sul promontorio sacrale, di norma subito
a sinistra della linea mediana. Si pone anteriormente alle vertebre sacrali superiori, fino a S3, a livello della quale
termina il mesosigma. Indi si porta nel tessuto fibroadiposo sottoperitoneale, sempre posteriormente al retto,
e cede due rami, i quali si distribuiscono alla porzione pelvica del retto:
- Il ramo destro, più consistente, si distribuisce alle superfici laterale destra ed anteriore del retto.
- Il ramo sinistro andrà a vascolarizzare la superficie posteriore e la superficie laterale sinistra.
Alcuni rami si vanno ad anastomizzare con rami della rettale inferiore.
Arteria sacrale media
Da anch’essa un piccolo contributo alla vascolarizzazione del retto.
Arteria rettale media
L’arteria rettale è un ramo dall’arteria ipogastrica, che spesso origina da un tronco comune con l’arteria
vescicale inferiore. L’arteria nel portarsi all’intestino retto cede rami principalmente ad organi della cavità
pelvica, come prostata nel maschio e la vagina nella femmina. Solo una piccola parte raggiunge il retto: questi
pochi rami si fermano esternamente per vascolarizzare la sola superficie muscolare.
58
Arteria rettale inferiore
L’arteria rettale inferiore è un ramo dell’arteria pudenda interna (a sua volta ramo dell’ipogastrica). Questa si
va a distribuire a tutto il canale anale. Rami dell’arteria rettale inferiore che vascolarizzano il canale anale
andranno in parte ad anastomizzarsi con rami terminali dell’arteria rettale superiore provenienti da sopra, vi
sarà quindi un piccolo tramite tra le porzioni ecto- ed endodermica.
 Anastomosi tra mesenterica inferiore ed iliaca interna attraverso rami della rettale superiore e
rami della rettale inferiore.
Ritorno venoso
Il plesso venoso rettale circonda il retto e si connette anteriormente con il plesso vescicale, nel maschio, o con
il plesso uterovaginale, nella femmina. È costituito da un plesso interno e da uno esterno.
Plesso emorroidale profondo
Il plesso emorroidale profondo è situato nella tonaca sottomucosa del retto. Presenta dilatazioni longitudinali,
connesse da rami trasversali, che formano la porzione sporgente delle colonne di Morgagni. Le dilatazioni sono
più pronunciate nelle regioni laterale sinistra, anterolaterale destra e posterolaterale destra. Il plesso interno drena
prevalentemente nella vena rettale superiore, ma è ampiamente connesso con il plesso esterno.
Plesso emorroidale superficiale
Il plesso emorroidale superficiale è posto nel tessuto sottocutaneo, esternamente alla tonaca muscolare.
La porzione inferiore del plesso esterno è drenata dalla vena rettale inferiore nella vena pudenda interna (che a sua volta
drena nella vena iliaca interna); la porzione intermedia viene drenata nella vena iliaca interna tramite una o più vene
rettali medie, mentre il sangue refluo dalla porzione superiore è raccolto dalla vena rettale superiore, che drena nella vena
mesenterica inferiore. (x Gray)
Il plesso emorroidale superficiale è drenato dalla vena rettale inferiore, che confluisce nella pudenda interna,
che a sua volta affluisce nella vena iliaca interna (x Billi)
Il plesso emorroidale superficiale è fortemente connesso con quello profondo: a livello sottomucoso vi
sono tanti rami che li connettono. A livello rettale si realizza dunque una importante anastomosi tra i sistemi
venosi portale e sistemico.

Vene rettali superiori


Le vene rettali superiori si formano dal plesso emorroidale interno. Gli affluenti della vena rettale superiore
risalgono dalla sottomucosa rettale confluendo in vasi di calibro considerevole che, solitamente in numero di 6, perforano
la parete del retto a un’altezza di circa 7,5 cm al di sopra dell’ano. Questi rami si uniscono per dare origine alla vena
rettale superiore, che decorre lungo l’arteria rettale superiore portandosi superiormente, per poi incrociarla
insieme con i vasi iliaci comuni di sinistra e proseguire verso l’alto, a sinistra della linea mediana, come vena
mesenterica inferiore.
La vena rettale superiore drena tutta la porzione pelvica del retto.
Vene rettali inferiori
Le vene rettali inferiori drenano tutto ciò che sta al di sotto della linea pettinata e drena nella vena pudenda
interna -> vena ipogastrica -> vena cava inferiore(circolo sistemico).
Vene rettali medie
Le vene rettali medie seguono il decorso delle arterie omonime e drenano nella divisione anteriore della vena iliaca
interna.

59
Pancreas
Il pancreas è la seconda più grande ghiandola extramurale annessa al canale alimentare. Esso si trova collocato
nell’epigastrio. In parte la porzione inferiore della testa giunge nel mesogastrio.
Si trova in una posizione estremamente profonda, che rende molto complicato l’accesso chirurgico.
Il suo asse maggiore è obliquo e si presenta diretto in alto e a sinistra.
Il pancreas non è posizionato su un piano frontale; esso è caratterizzato da una concavità posteriore. Bisogna
infatti tenere in considerazione che i corpi vertebrali sporgono tantissimo anteriormente e di conseguenza il
pancreas si adatta alla convessità data dalla colonna. Gli antichi anatomici descrivevano la situazione del
pancreas come il sacco del mugnaio sul dorso dell’asino.
La forma del pancreas è irregolare e anche le misure sono variabili, misura 16-20cm in lunghezza, 4-5 in altezza
e 2-3 in spessore. Il colore grigiastro non aiuta a identificarlo, talvolta può essere confuso con il tessuto
adiposo.
Nel pancreas possiamo distinguere una porzione più espansa chiamata testa, che è accolta nella cavità del
duodeno; a questa fa seguito il corpo, con forma di piramide triangolare. Tra corpo e testa è presente un
restringimento, il collo, che è determinato in alto dall’emergenza del tripode celiaco, e in basso dall’emergenza
dell’arteria mesenterica inferiore. Il corpo si prolunga poi verso sinistra e verso l’alto e termina con una
porzione assottigliata (o arrotondata a seconda dei casi) che è la coda, la quale arriva in contatto con l’ilo della
milza.
La porzione inferiore della testa può presentare un piccolo processo, il processo uncinato, che si porta al di
sotto dei vasi mesenterici superiori. Questo talvolta può staccarsi dal pancreas e formare un’isola di tessuto
ghiandolare staccata.
Organogenesi
Il pancreas origina da 2 abbozzi derivati dall’endoderma dell’estremità distale dell’intestino anteriore:
- L’ abbozzo dorsale è contenuto nel mesoduodeno e con la sua estremità risale nel mesogastrio
dorsale.
- L’ abbozzo ventrale origina a stretto contatto con la via biliare.
In seguito alla rotazione dello stomaco e della torsione dell’ansa intestinale, l’abbozzo ventrale (insieme alla via
biliare con cui è solidale) migra indietro e si viene a trovare posteriormente e inferiormente all’abbozzo dorsale
col quale si fonde.
La porzione inferiore della testa è appartenente all’abbozzo ventrale; l’estremità di quest’ultimo corrisponderà
al processo uncinato.
A livello di superficie postero-mediale del tratto discendente del duodeno abbiamo descritto due papille. Una
maggiore ed una minore. Nella maggiore si vanno ad aprire il dotto pancreatico maggiore insieme alla via
biliare. Nella superiore un piccolo dotto accessorio.
- Dotto principale. Porzione distale dell’abbozzo dorsale e dotto dell’abbozzo ventrale.
- Dotto accessorio. Porzione prossimale del dotto dell’abbozzo dorsale.
La rotazione dello stomaco trascina a sinistra la coda del pancreas e l’arteria lienale.
Fenomeni di accollamento
Il peritoneo sulla faccia posteriore del pancreas si accolla. Il mesoduodeno ed il foglietto posteriore del
mesogastrio dorsale si accollano e si fondono con il peritoneo parietale della parete posteriore.
La coda, che si trova nella porzione non accollata del mesogastrio dorsale, resterà l’unica porzione del pancreas
ad essere peritoneizzata; avremo infatti il legamento pancreatico-duodenale.
Anomalia
Se l’abbozzo ventrale invece di ruotare posteriormente passa davanti i due abbozzi si fondono ugualmente ma il pancreas
si trova ad avvolgere il tratto discendente del duodeno potendolo strozzare.
Più consistente abbozzo dorsale

60
Comportamento del peritoneo
Il pancreas si trova in una posizione retroperitoneale ad eccezione di una porzione della coda, che può essere
più o meno lunga a seconda di quanto è progredito l’accollamento nel corso dell’organogenesi.
Posteriormente ritroviamo del tessuto connettivo, in comune con quello del duodeno (che ha anch’esso subito
fenomeni di accollamento); questo connettivo è chiamato fascia retro-pancreatica (di Treitz), che permette di
staccare il pancreas e le strutture ad esse posteriori dal piano vascolare profondo, posteriore alla fascia
(importante chirurgicamente).
La faccia anteriore del pancreas è ricoperta dal peritoneo parietale.
Rapporti
Rapporti anteriori
La superficie anteriore è tagliata dalla radice del mesocolon trasverso che incrocia la testa del pancreas, segue
il suo margine inferiore scavalcando la flessura duodeno-digiunale e giunge quasi fino alla coda.
Questa ci permette di distinguere la regione sovramesocolica del pancreas da quella sottomesocolica.
Nella regione sovramesocolica la faccia anteriore del pancreas è coperta dal peritoneo parietale e corrisponde
alla parete posteriore della borsa omentale.
La piccola parte di testa sarà nella regione sottomesocolica viene in rapporto con il colon trasverso o con anse
intestinali che possono raggiungere questa regione.
Il processo uncinato viene ad essere ricoperto dai vasi mesenterici superiori.
Rapporti posteriori
Vi è la presenza della fascia di Treitz comune col duodeno (che fa sì che si muovano insieme).
Questa fascia suddivide lo spazio posteriore del pancreas in due compartimenti:
Spazio retroviscerale
È lo spazio compreso tra la capsula del pancreas e la fascia di Treitz. In questo spazio ritroviamo il coledoco, che
discendendo a livello della testa lascia il solco del coledoco. Il coledoco poi intramuralizza e si porta dentro al
pancreas (la via biliare risulta comune con il dotto principale).
Sempre a livello di testa c’è un importante rapporto vascolare con l’arco arterioso che si realizza tra i rami
posteriori delle arterie pancreaticoduodenali superiore e inferiore.
Un altro rapporto è con i vasi venosi che confluendo portano alla formazione della vena porta.
Ritroviamo poi il solco lasciato dall’arteria lienale, che decorre sul margine superiore del pancreas, prospicente
la faccia posteriore.
Vediamo anche rapporti con la vena lienale e la vena mesenterica inferiore (?).
Il ritorno venoso si va a collocare quindi proprio a livello di faccia posteriore del corpo del pancreas.
Spazio posteriore alla fascia di Treitz
In questo spazio ritroviamo vena cava inferiore, vena renale sinistra e aorta addominale
Dotti
Ritroviamo un dotto pancreatico principale (di Wirsung) che inizia a livello di apice della coda, procede lungo
tutto il corpo e giunto all’istmo (collo), ove piega bruscamente verso il basso; si va poi a fondere con il coledoco
e si andrà ad aprire a livello di papilla duodenale maggiore. Questo deriva dalla porzione distale dell’abbozzo
dorsale e da tutto il dotto dell’abbozzo ventrale.
Più in alto vi è il dotto pancreatico accessorio (di Santorini) che sbocca nella papilla duodenale minore, 1-2 cm
al di sopra della maggiore. Questo deriva dalla porzione prossimale dell’abbozzo dorsale.
Sono possibili diverse variazioni.
Vascolarizzazione
La vascolarizzazione del pancreas è molto variabile.
Testa
È vascolarizzata dalle due arterie pancreaticoduodenali: l’arteria pancreaticoduodenale superiore è il ramo
terminale dell’arteria gastroduodenale (dal tripode celiaco), l’arteria pancreaticoduodenale inferiore, è invece
61
un ramo dell’arteria mesenterica superiore. Entrambe le arteria si suddividono in un ramo anteriore ed in un
ramo posteriore che si anastomizzano fra loro (il superiore con l’inferiore) formando una doppia arcata (una
anteriore ed una posteriore) attorno alla testa del pancreas.
Corpo e coda
Presentano vasi che derivano principalmente dall’arteria lienale che gli decorre sopra; questa cede:
- Arteria pancreatica dorsale. Discende adagiata sul tessuto connettivale della faccia posteriore del
pancreas e si divide in due rami:
 Ramo destro. Va ad anastomizzarsi con l’arcata formata dai rami posteriori delle due arterie
pancreaticoduodenali superiore ed inferiore (2° versione: decorre tra il collo ed il processo
uncinato per fari anteriore, ed anastomizzarsi con un ramo dell’arteria pancreatico-duodenale
superiore anteriore).
 Ramo sinistro. È l’arteria pancreatica inferiore. Essa decorre lungo il margine inferiore della
coda del pancreas e riceve anastomosi dall’arteria pancreatica maggiore e dall’arteria della
coda del pancreas.
- Arteria grande pancreatica (o pancreatica magna). Discende verso il basso per andare a confluire
nell’arteria pancreatica inferiore.
- Arteria della coda del pancreas. Anch’essa posteriore si porta verso sinistra per distribuirsi alla
porzione terminale del corpo ed alla coda del pancreas. Spesso termina confluendo anch’essa
nell’arteria pancreatica inferiore.
Tutti i rami che vascolarizzano corpo e coda sono rami dell’arteria lienale, adagiata sulla faccia posteriore del corpo, dalla
coda alla testa.
Può esserci un contributo anche da un ramo della prima arteria digiunale, dalla mesenterica superiore, che
può risalire e portarsi al pancreas.
Ritorno venoso
Per la vena pancreatico duodenale superiore:
- Il ramo posteriore va ad aprirsi nella vena porta.
- Il ramo anteriore spesso confluisce con la vena gastroepiploica di destra a formare un tronco comune
che si apre nella mesenterica superiore
Molto spesso i due rami anteriore e posteriore della vena pancreaticoduodenale inferiore vanno a costituire
un tronco comune con la vena gastroepiploica destra (o talvolta anche un tronco comune con la vena colica
media). La parte che si riferisce alla testa come ritorno venoso non è facile come corpo e coda.

62
Milza
La milza è un organo linfoide secondario situato in una piccola porzione laterale dell’ipocondrio di sinistra. La
sua forma è quella di un ovoide schiacciato (una focaccina) superiormente dal diaframma e medialmente dalla
faccia laterale del fondo dello stomaco e la grande curvatura. Inferiormente vi è la flessura colica sinistra. (limiti
della loggia lienale).
Parete laterale
La parete laterale della milza, che viene in contatto col diaframma, è convessa e non presenta niente di
particolare.
Parete mediale
La parete mediale della milza presenta in posizione mediana un rilievo che corrisponde all’ilo, dove giunge
l’arteria lienale che si divide in tanti rami e da dove fuoriesce la vena lienale data dalla confluenza dei tanti rami
provenienti dal parenchima lienale.
L’ilo mi va a separare una faccia anteriore (gastrica), che presenta l’impronta gastrica ed una faccia posteriore,
che presenta l’impronta renale. La base mostra l’impronta colica, data dalla flessura colica sinistra.
Comportamento del peritoneo
La milza è completamente rivestita dal peritoneo. Essa è molto mobile; nei movimenti respiratori la milza
scivola in basso ed in avanti perché il rivestimento peritoneale glielo consente. La discesa della milza viene
impedita proprio dal fatto che essa è adagiata sulla flessura colica sinistra, la quale presenta il legamento
freno-colico, che forma il pavimento su cui si adagia la milza. La milza appare comunque estremamente mobile
Vascolarizzazione
Operata da parte dell’arteria lienale. Il ritorno venoso porta alla formazione della vena lienale.
Il legamento pancreaticolienale consente all’arteria lienale di raggiungere l’ilo. Sempre dall’altezza dell’ilo si
diparte il legamento gastrolienale, che permette all’arteria gastroepiploica sinistra di raggiungere la grande
curvatura. Il chirurgo che deve eseguire una splenectomia dovrà legare entrambi i legamenti.

63
Fegato
Il fegato è il più grande organo pieno dell’organismo umano; esso occupa tutto l’ipocondrio destro, si prolunga
nell’epigastrio e raggiunge, talvolta, anche l’ipocondrio sinistro.
Occupando l’ipocondrio destro rimane nascosto per la gran parte dall’arcata costale; questa risulta quindi
estremamente importante dal punto di vista protettivo, impedendo insulti alla gran parte del fegato (una parte
del fegato sporge comunque dal profilo dell’arcata). Proprio per questo motivo per procedere alla palpazione del
fegato è necessaria una profonda inspirazione (il diaframma si abbassa e così farà il fegato).
Il fegato ha consistenza parenchimatosa e deprimibile facilmente alla pressione digitale. (è piuttosto delicato, si
spezza con grande facilità. La digitoplasia è una tecnica chirurgia che consiste nella sfrangiatura del fegato in seguito a
pressione digitale, è poi possibile provvedere alla legatura, necessaria per poter successivamente rimuovere parti di
fegato.)
In proiezione posteriore occupa lo spazio compreso tra T10 e T12. Sulla parete addominale anteriore il limite
superiore dell’organo va dal 4° spazio intercostale a destra alla 5° costa a sinistra, è quindi leggermente obliquo
verso il basso e verso sinistra.
Il peso è di 1,4-1,8 kg nel maschio e di 1,2-1,4 kg nella femmina + 800ml di sangue circolante.
La forma del fegato è stata classicamente paragonata a quella di un ovoide che abbia subito l’asportazione
della sua porzione inferiore secondo un piano obliquo diretto dall’avanti all’indietro, dal basso verso l’alto (e da
destra verso sinistra)
Faccia diaframmatica
La faccia diaframmatica corrisponde alla faccia anteriore e a quella superiore. Questa faccia è liscia e convessa,
adattandosi ovviamente alla concavità della cupola diaframmatica. Presenta un lungo solco, il solco sagittale
superiore, che decorre dal basso in alto e leggermente inclinato da sinistra verso destra, che divide la faccia
diaframmatica in due lobi: il lobo destro e il lobo sinistro. Questa suddivisione è caratteristica solo della
morfologia esterna, di quel che appare esternamente.
Il lobo destro è molto esteso e convesso (la sua convessità si continua inferiormente perché questa porzione
viene a contatto con l’arcata costale). Il lobo sinistro è molto meno esteso e convesso del destro.
Il margine superiore è piuttosto arrotondato, quello inferiore è sottile.
Faccia viscerale
La faccia viscerale ha superficie generalmente concava e irregolare, e presenta tre solchi: i solchi sagittali
destro e sinistro e il solco trasverso.
Il solco sagittale destro, ampio e largo, presenta una parte anteriore e una posteriore. La parte anteriore, o
fossa cistica, accoglie la cistifellea e si presenta ampia; essa raggiunge il margine anteriore del fegato che
intacca a livello dell’incisura cistica. La parte posteriore, o fossa della vena cava, accoglie la vena cava inferiore
e si estende sino al margine posteriore.
Il solco sagittale sinistro, profondo e più sottile, è anch’esso diviso in due parti. La parte anteriore contiene il
legamento rotondo del fegato, residuo della vena ombelicale, che raggiunge il margine anteriore ove
determina una incisura, l’incisura epatica. La parte posteriore è occupata dal legamento venoso, residuo del
condotto venoso.
Il solco trasverso corrisponde all’ilo del fegato (o porta epatis) e accoglie le strutture che si portano al fegato:
in ingresso vi sono la vena porta e l’arteria epatica propria, in uscita la via biliare.
I due solchi sagittali e quello trasverso delimitano sulla faccia viscerale del fegato quattro lobi: il lobo destro,
situato a destra del solco sagittale destro; il lobo sinistro, situato a sinistra dl solco sagittale sinistro; il lobo
quadrato, situato tra i due solchi sagittali e davanti al solco traverso, e il lobo caudato, situato tra i due solchi
sagittali, ma al di dietro del solco trasverso.

64
Organogenesi
Il fegato origina come diverticolo dell’epitelio endodermico dell’estremità distale dell’intestino anteriore che si
spinge nello spessore del setto trasverso.
Dall’ endoderma originano le lamine epatiche formate dagli epatociti e le cellule di rivestimento delle vie biliari.
Dal mesenchima del setto trasverso originano cellule emopoietiche, cellule di Kupfer e cellule connettivali.
Mentre gli epatociti continuano a proliferare nel setto trasverso, la connessione con l’intestino anteriore si
assottiglia formando la via biliare, che è l’unica connessione restante.
A livello di seno venoso arrivano 3 coppie di vene:
Le vene vitelline, che si dipartono dal sacco vitellino e per portarsi al seno venoso attraversano il setto
trasverso dove incontrano le lamine di epatociti che ne interrompono il percorso. Si forma così un’ampia rete
vascolare: i sinusoidi epatici. Le vene vitelline formano più anastomosi tra loro:
- Sovraepatica (sottodiaframmatica), nella parte superiore del fegato;
- Sottoepatica, nella parte inferiore del fegato;
- Intermedia, che si estende posteriormente al duodeno;
- Distale, che si estende anteriormente al duodeno.
Ciò che resta delle vene vitelline in seguito alla scompaginazione causata dagli epatociti in crescita porterà alla
formazione delle vene sovraepatiche.
Le vene ombelicali giungono a contatto con il fegato (anch’esse attraversano il seno trasverso), unendosi alla
rete vascolare delle vene vitelline e partecipando alla costituzione dei sinusoidi epatici.
La vena ombelicale dx e la parte prossimale della sinistra si atrofizzano e scompaiono.
La vena ombelicale sinistra si unisce all’anastomosi sottoepatica delle vene vitelline, in seguito si individua un
grosso tronco venoso, il dotto venoso, che drena il sangue direttamente nella futura vena cava inferiore.
Il sangue che decorre attraverso questo circuito bypassa la circolazione del fegato, non entra nella costituzione
dei sinusoidi. Il 50% di sangue che arriva alla vena ombelicale si porta direttamente all’atrio destro, l’altro 50%
prende la via dei sinusoidi epatici.
La vena vitellina destra e l’anastomosi distale scompaiono; il restante tronco venoso (con l’anastomosi che
corre dietro al duodeno) non avrebbe più importanza vista l’atrofia del sacco vitellino, se non ricevesse i vasi
provenienti dalla circolazione enterica e lienale, diventa così vena porta -> unione della vena mesenterica
superiore e della vena lienale. Nella vita post-natale la vena ombelicale (di sinistra) e il dotto venoso si
obliterano, diventando legamento rotondo e legamento venoso.
L’abbozzo epatico in via di accrescimento comincia a sporgere sempre più in cavità addominale: nel feto il
fegato può arrivare ad occupare anche tutto l’ipocondrio sinistro, poi la proporzione con le dimensioni
dell’organismo si riduce.
Il mesoderma che avvolge l’abbozzo epatico si assottiglia, diventando membranoso formando:
- Il legamento falciforme, che lo connette alla parete addominale anteriore (il margine libero diventa
legamento rotondo);
- Il piccolo omento, che lo connette allo stomaco;
- Il peritoneo viscerale che ricopre quasi tutta la superficie ad eccezione dell’area nuda, dove il fegato
rimane in diretto contatto con il setto trasverso che differenzierà nella porzione tendinea del
diaframma.
Comportamento del peritoneo
Il fegato è rivestito dal peritoneo viscerale sia sulla faccia diaframmatica che su quella viscerale, con l’eccezione
dell’area nuda. Il peritoneo, inoltre, in determinate regioni si solleva in pliche, le quali vanno a formare i
numerosi legamenti che uniscono il fegato agli altri visceri vicini e alle pareti della cavità peritoneale
dell’addome.
Legamento falciforme. È formato da due foglietti peritoneali, è teso tra il diaframma e la parte sovraombelicale
della parete anteriore dell’addome, da una parte, e il grande solco sagittale della faccia diaframmatica che
divide il lobo destro dal sinistro, dall’altra. È di forma triangolare e concava indietro, per questo simile ad una

65
falce. Non può essere considerato un vero legamento sospensore, in quanto, in condizioni fisiologiche, il fegato è
mantenuto in situ e applicato contro il diaframma a opera della pressione addominale positiva.
A livello di faccia diaframmatica le due lamina si dividono: la lamina destra si porterà a coprire il lobo destro e
così farà la lamina sinistra. Nella parete addominale anteriore i due foglietti si aprono invece per tappezzare
questa come peritoneo parietale.
Legamento rotondo. Nello spessore del margine libero del legamento falciforme, nell’adulto, è contenuto un
cordone fibroso, residuo della vena ombelicale della circolazione fetale, che costituisce il legamento rotondo;
questo, seguendo il solco sagittale anteriore sinistro della faccia viscerale del fegato, si porta dalla cicatrice
ombelicale interna sino all’ilo dell’organo.
Legamento coronario. Il legamento coronario è il vero legamento sospensore del fegato, ed è costituito dalla
riflessione sulla superficie inferiore del diaframma del peritoneo viscerale che riveste sia lobo destro che
sinistro del fegato. Questo presenterà due foglietti:
- Il foglietto superiore è formato da due porzioni, destra e sinistra, in continuità con il legamento
falciforme nelle cui due lamine esse proseguono.
- Il foglietto inferiore decorre a distanza di alcuni centimetri rispetto a quello anteriore; nel tratto
intermedio circonda la vena cava inferiore e decorre quindi lungo il limite inferiore della faccia
posteriore.
Nella gran parte del loro decorso, le due lamine peritoneali del legamento coronario sono piuttosto distanti
tra di loro. Questa zona della superficie del fegato, spettante principalmente alla faccia posteriore del lobo
destro (quasi solo) è pertanto priva di rivestimento peritoneale (area nuda del fegato) ed entra in diretto
contatto con il diaframma, tramite l’interposizione di una certa quantità di tessuto connettivo.
I legamenti triangolari sono il risultato dell’accollamento dei due foglietti del legamento coronario in
corrispondenza delle sue estremità destra e sinistra. Il legamento triangolare sinistro va dalla fossa della vena
cava fino all’estremità sinistra del fegato; il legamento triangolare destro, normalmente meno esteso del
sinistro, a volte può mancare.
Piccolo omento. Il piccolo omento, residuo dell’originario mesogastrio ventrale, è te
Guardando il margine si sezione del peritoneo che decorre lungo il solco sagittale sinistro va ad avvolgere l’ilo e
si riporta in questo foglietto a sinistro. Forma di L maiuscola in cui la gamba lunga corrisponde alla doppia
lamina peritoneale lungo il solco venoso (parte alta del solco sagittale sinistro), la gamba corto corrisponde al
solco trasverso (ilo). Quel margine di sezione corrisponde al piccolo omento. La parte del legamento epato-
gastrico si rifletterà qui, la parte dell’epato-duodenale è la gamba corta (credo).

La porzione del lobo caudato, tra solco venoso e vena cava, corrisponde al recesso superiore della borsa
omentale.
Rapporti
Rapporti della faccia diaframmatica: porzione toracica
I rapporti della faccia diaframmatica saranno mediati dal diaframma stesso.
Lobo dx
- Dal 4° spazio intercostale alla 10° costa -> polmone e pleura (recesso costo-diaframmatico),
- Dalla 10° costa -> scheletro e muscoli della parete toracica.
Al di sotto della 10° costa si deve sentire sempre ottusità, non rumore, qualora vi fosse un suono timpanico significa che
c’è qualcosa attorno al fegato (patologico).
Lobo sx
Rapporto mediato dal diaframma con pericardio e cuore e, se particolarmente esteso può venire anch’esso in
rapporto con base del polmone e pleura di sx.

Rapporti della faccia diaframmatica: porzione addominale


Risulta ricoperta solo dalla parete addominale anteriore.
66
Rapporti della faccia viscerale
Lobo destro. Anteriormente vi è l’impronta colica, data dalla flessura colica destra; posteriormente l’impronta
renale e l’impronta surrenale date dal rene e dal surrene di destra; medialmente ritroviamo l’impronta
duodenale, data dal 1° e 2° tratto del duodeno.
Lobo quadrato. Ritroviamo l’impronta colica data dal colon trasverso.
Lobo sinistro. Vi è l’ampia impronta gastrica lasciata dallo stomaco. La faccia posteriore del fegato nel lobo
sinistro mostra l’impronta esofagea, dopo di che c’è il rapporto subito a destra con l’aorta, che lascia
l’impronta aortica. La vena cava inferiore sarà accolta nel solco sagittale destro.
Vena porta
Origine
L’origine è a livello di L2, posteriormente alla testa del pancreas (subito a destra dell’istmo), nello spazio
retroviscerale, dalla confluenza della vena mesenterica superiore e del tronco lieno-mesenterico, dato
dall’unione della vena lienale e della vena mesenterica inferiore.
La vena porta ha anche rami collaterali che si aprono direttamente in essa:
- Vena gastrica destra e vena gastrica sinistra si aprono indipendentemente nella vena porta.
- Vena pancreaticoduodenale superiore posteriore.
La vena porta ha la direzione della vena mesenterica superiore, verso l’alto e verso destra con lunghezza di 8-
10cm e diametro di 8-10mm.
Le variazioni sono molteplici e notevoli:
- La vena gastrica sinistra si può aprire nel punto di origine o nella vena lienale;
- Le vene lienale, mesenterica superiore e mesenterica inferiore confluiscono nello stesso punto;
- La vena mesenterica inferiore può aprirsi nella vena mesenterica superiore.
Decorso
In seguito alla sua origine posteriormente alla testa del pancreas la vena porta si porta verso l’alto e destra; in
questo tratto si accosta al suo margine destro il coledoco. Portandosi verso l’alto l’arteria epatica comune si va
ad adagiare sulla vena porta; cede in questo punto l’arteria gastroduodenale e diventa arteria epatica propria.
Queste 3 strutture (triade portale o peduncolo epatico) passano posteriormente alla prima parte del duodeno
(questo si spiega dall’ organogenesi, visto che l’anastomosi tra le due vene vitelline si trova dietro al duodeno).
Il tratto successivo della vena porta decorre all’interno del legamento epato-duodenale, a livello di margine
libero del piccolo omento, il quale delimita anteriormente il foro epiploico.
dietro la vena porta; sul margine libero destro di questa -> via biliare (via robusta con parete grossa);
anteriormente -> arteria epatica propria.
Prima dell’ilo ciascuna delle strutture del triade portale si divide in due rami.
Arteria epatica
Arteria epatica comune. Ha decorso orizzontale, origina dal tripode celiaco e termina all’emergenza dell’
arteria gastroduodenale.
Arteria epatica propria. Ha decorso verticale (cede l’a gastrica destra), adagiata sulla vena porta; prima dell’ilo
si divide in due rami: destro e sinistro. Il ramo destro cede l’arteria cistica, che si va a distribuire alla cistifellea.
Il ramo destro dell’arteria epatica incrocia il dotto biliare epatico, andando a descrivere un triangolo molto
importante chirurgicamente, il triangolo bilio-cistico (di Calot):
Triangolo bilio-cistico (di Calot)
- Dotto cistico;
- Dotto biliare (epatico);
- Arteria cistica.
Triangolo della colecistectomia
- Dotto cistico;
- Dotto epatico;
- Margine inferiore del fegato.

67
Nel corso della colecistectomia si utilizza il triangolo della colecistectomia; prima di eseguire l’intervento è fondamentale
legare l’arteria cistica, che si trova all’interno del triangolo interessato; per fare ciò è utile servirsi del triangolo bilio-cistico
(di Calot).

Vi è la possibilità di avere arterie epatiche accessorie, in sovrannumero. Queste hanno origine talvolta
dall’arteria mesenterica superiore o ,talvolta, dall’arteria gastrica sinistra.

Suddivisione anatomo-funzionale
La suddivisione in lobi del fegato fatta finora è del tutto descrittiva, non ha corrispondenza funzionale.
La suddivisione anatomo-funzionale segue le suddivisioni successive della triade portale.
Il fegato si considera diviso in 2 lobi (fegato dx e fegato sx) dalla suddivisione della vena porta (triade portale)
in 2 rami: ramo dx e ramo sx. Ciascun lobo si suddivide in 2 settori portali ad opera della suddivisione nei rami
laterale e mediale; in tutto vi sono 4 settori: laterale destro, mediale destro, mediale sinistro e laterale
sinistro.
Nella porzione superiore degli spazi intersettoriali intraepatici (fessure portali), che sono gli spazi virtuali che
delimitano ciascun settore, decorrono, come vene intersettoriali, le 3 vene sovraepatiche principali.
Ciascun settore è ulteriormente suddiviso in due segmenti (solitamente) sulla base delle ramificazioni terziarie
della triade portale.
Il fegato sinistro è in realtà costituito da tutto il lobo sinistro descritto nella morfologia esterna e parte del lobo destro.
Suddivisioni della vena porta
Subito prima dell’ilo c’è la suddivisione in due rami: destro e sinistro.
Ramo destro della vena porta
È il più grosso ed il più breve, e segue la direzione della vena porta, riceve la vena cistica ed emette:
- Un piccolo ramo per il segmento I (lobo caudato). È l’unica corrispondenza esistente tra la morfologia
esterna e la suddivisione anatomo-funzionale.
- Ramo mediale che si biforca per distribuirsi ai segmenti V e VIII (settore mediale dx).
- Ramo laterale che si biforca per distribuirsi ai segmenti VI e VII (settore laterale dx).
Ramo sinistro della vena porta
È più lungo, più sottile, e ha un andamento più tortuoso del ramo destro.
Appena emerge cede:
- Una o due vene paraombelicali, che si impegnano a lato del legamento rotondo.
Successivamente il ramo sinistro cede:
- Un piccolo ramo per il segmento I (lobo caudato).
Dopo di che decorre verso sinistra e raggiunto il settore laterale si biforca e cede:
- Ramo laterale che si biforca per distribuirsi ai segmenti II e III (settore laterale sn).
- Ramo mediale che torna indietro e si biforca per distribuirsi al segmento IV (settore mediale sn).
Il segmento IV può essere a sua volta suddiviso in IVa e IVb.

Queste diramazioni successive non presentano tra loro anastomosi: i settori sono tra di loro territori autonomi
e parliamo quindi di vascolarizzazione terminale.
Per ricordarsi i segmenti del fegato un artificio utilizzato è, guardando la faccia viscerale, di riconoscere il 1°
segmento che corrisponde al lobo caudato e procede poi con la numerazione in senso antiorario.
Per poter distinguere i settori e di conseguenza i segmenti si vanno a tendere fessure intraepatiche che
ovviamente non sono visibili. Potendo fare una sorta di calco della distribuzione dei vasi la fessura sarebbe il punto in
cui non ci sono più triadi, perché la diramazione terminale si è avuta subito prima.
La fessura intraepatica è quella linea ipotetica di parenchima scarsamente vascolarizzata.
Fessura portale principale. Divide il fegato nelle due parti, dx e sn e corrisponde a un piano che si estende
dall’apice della cistifellea al punto medio del solco della vena cava inferiore. Questo piano intersettoriale, che
divide i due settori mediali dx e sn, in alto accoglie la vena sovraepatica media.
68
Come già detto non c’è nulla che demarchi fisicamente questo piano: per capire il punto reale in cui è possibile procedere
alla resezione del fegato dx e sn si è soliti legare il ramo che della vena porta che irrora la parte di fegato interessata. Per
esempio legando il ramo sinistro della vena porta il fegato sinistro rimane con molta carenza di sangue, visto che l’80% del
sangue deputato all’irrorazione del fegato stesso deriva da qui. A questo punto, visto che il fegato è normalmente rosso
intenso per il grande contributo di sangue che riceve, la metà sinistra del cuore impallidisce ed è di facile riconoscibilità.
(metodo inventato da un chirurgo vietnamita).
Fessura portale sinistra. Divide la metà sn del fegato nei settori mediale e laterale. In alto accoglie la vena
sovraepatica sinistra.
Fessura portale destra. Divide la metà dx del fegato nei settori laterale e mediale. In alto accoglie la vena
sovraepatica destra.

La via iniziale di ritorno del sangue venoso sono le vene centrolobulari, che raccolgono il sangue refluo e sono
tributarie della vena cava inferiore attraverso le 3 vene sovraepatiche.
Le 3 vene sovraepatiche sono riconoscibili solo superiormente. Queste vene, essendo disposte nelle fessure
portali, vanno a drenare settori adiacenti. Quindi:
- La vena sovraepatica destra drena tutto il settore laterale destro (VI e VII) e parte del settore mediale
destro (V e VIII).
- La vena sovraepatica media drena parte del settore mediale destro (V e VIII) e parte del settore
mediale sinistro (IV).
- La vena sovraepatica sinistra drena tutto il settore laterale sinistro (II e III) e parte del settore mediale
sinistro (IV).
Le vene del segmento I si aprono direttamente nella vena cava inferiore.
Esistono vene epatiche minori che si aprono direttamente nella vena cava, adagiata nel solco della faccia
viscerale posteriore del fegato.
I segmenti epatici sono considerati porzioni tra loro indipendenti per quanto riguarda la suddivisione della
triade portale (non per il ritorno venoso) in quanto non esistono anastomosi funzionali. È importante
conoscere questi segmenti perché in base a questi si basano le varie tipologie di resezioni epatiche.
In caso di trapianti non viene mai trapiantato un fegato intero. Più donatori ricevono segmenti da un solo fegato. C’è un
certo grado di rigenerazione epatica.

Anastomosi porto-cavali
Sono anastomosi che si verificano tra circolo portale e circolo cavale. Normalmente queste sono piccole
anastomosi che non sono attive; diventano utili nel momento in cui c’è un blocco nella circolazione portale. In
caso di cirrosi epatica per esempio si ha ostruzione di un ramo della vena porta. Se è ostacolato il flusso a livello del
sistema portale, tali collegamenti anastomotici vanno incontro a una progressiva dilatazione e costituiscono un
circolo collaterale attraverso cui il sangue dalla vena porta ritorna all’atrio destro, tramite la vena cava
inferiore. Tale direzione inversa del flusso sanguigno è possibile perché la vena porta e le sue tributarie non
possiedono valvole.
Anastomosi esofagee
Le anastomosi esofagee si formano a livello della porzione addominale dell’esofago, dove gli affluenti della
vena gastrica sinistra (circolo portale) si anastomizzano con le vene esofagee inferiori, tributarie della vena
azygos (circolo sistemico). Quest’anastomosi è a livello di plesso sottomucoso.
In caso di ostruzione della vena porta la dilatazione delle comunicazioni può determinare varicosità delle vene esofagee
(varici esofagee) e con una semplice endoscopia le vediamo sporgere. Se non trattate in modo adeguato possono andare
incontro a sanguinamento, provocando una ematemesi anche mortale.

69
Anastomosi ombelicali
Le anastomosi ombelicali si formano tra le vene paraombelicali (circolo portale) e i rami delle vene
epigastriche (circolo sistemico). A livello di parete addominale anteriore le vene paraombelicali (circolo
portale) si anastomizzano con le vene dello strato superficiale e profondo dell’addome, rami delle vene
epigastriche (circolo sistemico). Le vie di ritorno sono quindi le vene epigastriche superficiali, le vene
toracoepigastriche ma anche profondamente vena epigastrica superiore e vena epigastrica inferiore.
La dilatazione delle comunicazioni può determinare varicosità delle vene disposte a raggiera intorno all’ombelico,
provocano il cosiddetto caput Medusae, molto visibile.
Anastomosi rettali
Le anastomosi rettali si formano a livello del plesso venoso rettale, tra il plesso emorroidale profondo (circolo
portale) ed il plesso emorroidale superficiale (circolo sistemico).
La dilatazione delle comunicazioni può determinare varicosità delle vene rettali, emorroidi, che possono andare incontro a
sanguinamento.
Anastomosi retroperitoneali
Le anastomosi retroperitoneali si realizzano a livello di colon ascendente e discendente, dove vi è stato
accollamento, tra sottili rami venosi esterni, superficiali, delle vene coliche (circolo portale) e piccoli rami delle
vene lombari ascendenti, che confluiscono nell’azygos/emiazygos (circolo sistemico).

70
Vie biliari extraepatiche
Cistifellea (o colecisti)
La cistifellea è un diverticolo piriforme, di colore grigio-verdastro, collegata tramite il dotto cistico al 1° tratto
del coledoco. È solitamente adagiata in una depressione sulla parte anteriore del solco sagittale destro, sulla
faccia viscerale del fegato: la fossa cistica. Risulta ricoperta dal peritoneo, che si continua sulla superficie
epatica. Nella cistifellea si distinguono un fondo, un corpo e un collo.
Il fondo deborda dal margine inferiore del fegato, a livello dell’incisura cistica, ed è in genere rivestito
completamente da peritoneo viscerale; è in rapporto postero-inferiormente con il colon trasverso e
anteriormente con la faccia interna della parete anteriore dell’addome.
Il corpo riposa nella fossa cistica, cui in genere aderisce tramite una sottile falda di tessuto connettivo.
La faccia inferiore del corpo, rivestita dal peritoneo viscerale, è in rapporto con la faccia anteriore della seconda
porzione duodenale e con il colon trasverso.
Il collo, che termina continuando con il dotto cistico, è alquanto sinuoso, presentando un decorso a S
italica piuttosto slargata. È in rapporto infero-posteriormente con la prima porzione del duodeno, e,
medialmente e a sinistra, con gli elementi del peduncolo epatico.
La vascolarizzazione è a carico dell’arteria cistica, che deriva dal ramo destro dell’arteria epatica propria.
Il ritorno venoso è a carico di molteplici vene di piccolo calibro (gruppo cistico delle vene porte accessorie), che
si portano nel parenchima epatico e nel circolo vascolare epatico -> vena porta.
Dotto cistico
Il dotto cistico va dal collo della colecisti alla confluenza con il dotto epatico comune, dove prende origine il
coledoco. Quasi sempre prima di unirsi a quest’ultimo gli decorre parallelamente. Ha lunghezza variabile e
decorre all’interno del legamento epatoduodenale (pars tensa del piccolo omento). La sua morfologia interna è
del tutto caratteristica: infatti, la mucosa è sollevata a formare una plica spiraliforme che costituisce un
apparato valvolare per la regolazione del flusso biliare (valvola spirale di Heister).
Dotti epatici
I dotti epatici destro e sinistro, risultanti ciascuno dalla fusione di due o tre dotti biliari intraepatici maggiori,
emergono dal fegato in corrispondenza del solco trasverso, situati anteriormente rispetto ai corrispondenti
rami di divisione della vena porta. La porzione extraepatica del dotto destro è breve e quasi verticale; il dotto
sinistro ha invece un decorso più orizzontale.
Il dotto epatico comune si origina per la confluenza dei due dotti epatici all’estremità destra dell’ilo epatico.
Esso è situato a destra dell’arteria epatica e anteriormente alla vena porta, nel margine libero del piccolo
omento, e discende per circa 3 cm prima di ricevere ad angolo acuto il condotto cistico, con il quale forma il
condotto coledoco.
Coledoco
Il condotto coledoco si costituisce per l’unione del dotto epatico comune e del dotto cistico.
Esso ha una lunghezza di 6-8 cm e discende posteriormente e leggermente verso sinistra, anteriormente al
forame epiploico, lungo il margine destro del piccolo omento, nel quale giace anterolateralmente alla vena
porta e a destra dell’arteria epatica. Passa posteriormente alla prima porzione del duodeno e decorre poi in un
solco posto sulla porzione superolaterale della superficie posteriore della testa del pancreas. È in posizione
anteriore rispetto alla vena cava e talvolta viene inglobato nel tessuto pancreatico.
Portandosi in basso, il coledoco viene in contatto con l’estremità destra del condotto pancreatico principale
(del Wirsung), medialmente alla seconda porzione del duodeno; i due dotti usualmente si uniscono, entrando
nella parete del duodeno per formare l’ampolla epatopancreatica (ampolla o papilla del Vater); talvolta
sboccano nel duodeno separatamente. Uno strato muscolare circolare circonda solitamente la porzione
inferiore del condotto coledoco (sfintere del coledoco), la porzione terminale del condotto pancreatico
principale (sfintere del condotto pancreatico) e l’ampolla epatopancreatica (sfintere di Oddi).

71
APPARATO URINARIO
Reni
I reni, destro e sinistro, sono due voluminosi organi parenchimatosi situati nella parte posterosuperiore della
cavità addominale. Hanno una tipica forma a fagiolo appiattito in senso anteroposteriore e a maggior asse
diretto in basso e un poco lateralmente. Sono disposti frontalmente e possiamo distinguere una faccia
anteriore ed una posteriore, un margine laterale ed uno mediale, un polo superiore ed uno inferiore.
Nell’insieme, i reni si situano nella regione posteriore dell’addome; essi sono posti ai lati della colonna
vertebrale, nelle fosse lombari, dietro al peritoneo che tappezza la parete posteriore della cavità addominale;
sono perciò organi retroperitoneali. In proiezione sulla colonna vertebrale si estendono dal margine inferiore di
T11 al margine superiore di L3; il rene destro è più basso del sinistro di circa 1,5-2cm per il rapporto che
contrae con il fegato. Il polo inferiore del rene destro dista dal punto più alto della cresta iliaca circa 2-3 cm, mentre a
sinistra tale distanza è circa 5 cm.
Hanno le caratteristiche degli organi pieni: capsula, stroma, parenchima, ilo.
I reni si trovano inizialmente nella pelvi, più bassi rispetto alla biforcazione aortica. Il rene “risale” numerosi somiti e ruota
di circa 90° attorno al proprio asse longitudinale, quindi la pelvi e l’ilo si spostano medialmente.
Il margine mediale presenta l’ ilo renale, in cui riconosciamo come formazione più posteriore la pelvi renale
(che si restringe per continuarsi con l’uretere), poi arteria renale e vena renale.
Loggia renale
Ciascun rene, avvolto dalla capsula adiposa, è contenuto in una loggia fibrosa, la loggia renale, delimitata da
una fascia connettivale, la fascia renale; questa è una dipendenza del tessuto connettivo sottoperitoneale per
alcuni o della fascia trasversalis per altri. La fascia renale va a rivestire il rene sia anteriormente che
posteriormente, ed è solitamente considerata suddivisa in due foglietti: uno anteriore ed uno posteriore, ma è
di fatto un'unica struttura.
Il foglietto anteriore è molto sottile ed è coperto quasi completamente dal peritoneo parietale posteriore;
passa al davanti del rene e del peduncolo renale e, proseguendo il suo decorso, si congiunge, al davanti della
colonna vertebrale e dei grossi vai prevertebrali, con l’analogo foglietto controlaterale.
Il foglietto posteriore, più spesso e resistente dell’anteriore, decorre al di dietro del rene, aderendo
parzialmente alla fascia dei muscoli quadrato dei lombi e psoas, per raggiungere e fissarsi alla superficie
laterale dei corpi vertebrali e dei dischi intervertebrali corrispondenti.
Superiormente, i due foglietti si riuniscono tra loro al di sopra della ghiandola surrenale, e si fissano al
diaframma; inferiormente essi rimangono distinti e si perdono nel connettivo retroperitoneale.
Il surrene, adagiato sul polo superiore del rene, è anch’esso una struttura parenchimatosa e ha una sua capsula, esso
mantiene una sua indipendenza rispetto al rene. In caso di nefrectomia è agibile asportare il rene e lasciare la ghiandola
surrenale in situ, nella loggia renale.
In virtù di questo particolare comportamento dei foglietti che costituiscono la fascia renale, ciascuna loggia renale è perciò
chiusa lateralmente e superiormente, mentre medialmente comunica con la loggia renale controlaterale e inferiormente è
aperta.
Tra i vari strati fasciali c’è abbondante tessuto adiposo di riempimento. La capsula adiposa del rene è costituita da
una massa semifluida di tessuto adiposo particolarmente rappresentata nella donna e nei soggetti obesi, di solito
scarsamente rappresentata prima della pubertà. Il tessuto adiposo perirenale riempie lo spazio compreso tra il rene e i
foglietti della fascia renale.
In caso di dimagrimento improvviso, rapidissimo, potrebbe esservi la cosiddetta ptosi renale. Solo TEORICAMENTE,
speculando, il rene potrebbe scendere (visto che la loggia renale è aperta inferiormente) seguendo prima il muscolo grande
psoas e quindi ileopsoas, poi portarsi nel triangolo di Scarpa, seguire il canale di Hunter e giungere infine nella loggia
poplitea. PRATICAMENTE la ptosi è limitata, essendo il rene sospeso fermamente dal peduncolo vascolare renale, che
dovrebbe essere reciso per permettere una tale discesa.

72
I reni sono mantenuti nella loro sede anatomica, oltre che dalla fascia renale e dalla capsula adiposa, dal
peduncolo vascolare, che li fissa ai grossi vasi (aorta e vena cava inferiore).

Rapporti
I rapporti sono mediati dall’interposizione della capsula adiposa e per la gran parte anche dei foglietti della
fascia renale; posteriormente tali rapporti sono sostanzialmente uguali in ambo i lati, mentre anteriormente
sono diversi a destra e a sinistra.

Rapporti posteriori
La faccia posteriore del rene è incrociata dalla 12° costa, circa a metà altezza nel rene destro e al limite tra i
due terzi superiore ed il terzo inferiore in quello sinistro. Superiormente alla 12° costa i rapporti del rene sono
con il diaframma e, attraverso questo, è in relazione con il seno pleurale costodiaframmatico. Sovente, in tale
sede, il diaframma presenta un’apertura di dimensioni variabili (denominata trigono costodiaframmatico) tramite la quale
la fascia renale si pone in rapporto diretto con la pleura diaframmatica.
Al di sotto della 12° costa, la faccia posteriore del rene viene in rapporto, in senso medio-laterale, con il
muscolo grande psoas, il muscolo quadrato dei lombi, e l’aponeurosi del muscolo trasverso dell’addome.
La faccia posteriore del rene contrae inoltre importanti rapporti con il nervo sottocostale subito al di sotto della
12° costa, e con i nervi ileoipogastrico e ileoinguinale che, originati dal plesso lombare, discendono
obliquamente in basso e lateralmente, applicati sul muscolo quadrato dei lombi.
Rapporti anteriori
La faccia anteriore del rene è coperta dalla fascia renale alla quale aderisce in alcune regioni il peritoneo
parietale posteriore, formando degli ispessimenti. Per mezzo di queste formazioni i reni sono in rapporti con gli
organi contenuti nella cavità addominale.
Rene destro. È in rapporto nei 2/3 superiori, attraverso il peritoneo, con la superficie inferiore del lobo destro
del fegato, su cui lascia un’impronta (impronta renale). Nel 1/3 inferiore la faccia anteriore del rene è in
rapporto diretto con la flessura colica destra e, nei pressi del polo inferiore, attraverso il peritoneo parietale,
corrisponde per una breve area alle anse digiunali; in posizione più mediale è in rapporto diretto con la
seconda porzione del duodeno che discende verticalmente.
Rene sinistro. È in rapporto: in alto e lateralmente, attraverso il peritoneo parietale posteriore, con parte della
faccia viscerale della milza; nella porzione intermedia direttamente con la coda del pancreas e i vasi lienali; in
basso e lateralmente con la flessura colica sinistra ed un primo tratto del colon discendente; viene anche in
rapporto con la flessura duodenodigiunale e le anse del digiuno. Una superficie più o meno ampia della faccia
anteriore del rene sinistro corrisponde, tramite la borsa omentale, alla parete posteriore dello stomaco.
Il polo superiore di ciascun rene è coperto dalla rispettiva ghiandola surrenale che si spinge anche sulla
faccia anteriore e sul margine mediale. Questo polo si avvicina più alla vena cava superiore di quanto non faccia
il polo superiore sinistro con l’aorta addominale.
Il polo inferiore dista dalla cresta iliaca circa 5 cm a sinistra e 3 cm a destra.
Il margine laterale del rene è in rapporto a destra con il fegato per quasi tutta la sua estensione e a
sinistra con la milza in alto e con il colon discendente in basso.
Il margine mediale è in rapporto a destra con la vena cava inferiore e a sinistra con l’aorta addominale.
Sul margine mediale ritroviamo l’ilo renale.

L’ilo da accesso ad una cavità scavata nell’interno del rene, schiacciata in senso antero-posteriore: il seno
renale. Qui ritroviamo una serie di formazioni circondate da tessuto adiposo, che colma il seno renale
insinuandosi internamente attraverso l’ilo. Man mano che ci si allontana dall’ilo le formazioni che vediamo
hanno calibro via via inferiore. I calici minori sono le prime formazioni delle vie urinarie, esse ricevono lo
sbocco della parte più interna del parenchima renale. Hanno forma di coppa con concavità verso la superficie

73
renale. I calici minori confluiscono per dare vita a 3 calici maggiori, i quali si riuniranno poi nella pelvi renale (o
bacinetto renale), una sorta di “imbuto” che discende poi verso il basso continuandosi nell’uretere.

Parenchima renale
Il parenchima renale osservato, anche a occhio nudo, in una sezione condotta dal margine laterale all’ilo
presenta due diversi aspetti morfologici che permettono di individuare due zone distinte: una profonda, la zona
midollare, disposta intorno al seno renale e al suo contenuto, e una superficiale, la zona corticale, che avvolge
la precedente.
Zona midollare. La zona midollare, di colorito rossastro e di aspetto finemente striato, risulta nell’insieme
organizzata in otto-diciotto formazioni coniche, le piramidi di Malpighi, che con la loro base, convessa e rivolta
in periferia, continuano nella sostanza corticale, mentre con il loro apice, arrotondato, sporgono per qualche
mm nel seno renale, costituendo le papille renali, che sboccano nel calice minore.
Con relativa frequenza due o più piramidi sono fuse insieme in corrispondenza dell’apice e in tal caso una singola papilla
rappresenta l’apice comune di più piramidi, prendendo il nome di cresta renale; per questa ragione il numero delle papille
(più frequentemente 8) è solitamente inferiore a quello delle piramidi.
L’estremità libera delle papille (area cribrosa) presenta 15-30 forellini, detti forami papillari, che corrispondono
allo sbocco dei dotti papillari (di Bellini). Questi ultimi, insieme ai dotti collettori, percorrono le piramidi renali
nella direzione dell’asse e determinano il caratteristico aspetto striato della zona midollare. Ciascuna papilla (o
a volte più) è circondata alla base da un calice minore nel cui lume essa sporge con la sua area cribrosa.
Le striature chiare sono date dal tubulo renale, le striature più scure dai vasi che formano delle reti attorno ad
essi. Nella midollare si distinguono due zone denominate zona esterna (o midollare esterna) e zona interna (o midollare
interna): nella prima le striature proprie della sostanza midollare sono particolarmente evidenti e alternate chiare e scure;
nella seconda le striature sono poco evidenti, in particolare nella parte prossima alla papilla.
Zona corticale. La zona corticale appare di aspetto piuttosto granuloso, colorito tendente al giallastro e di
consistenza minore rispetto alla midollare. È situata fra la base delle piramidi e la superficie dell’organo, ma si
spinge anche profondamente fra le piramidi stesse separandole tra loro e costituendo le colonne renali (di
Bertin), che raggiungono il seno renale. Nella zona corticale si distingue una parte radiata da una convoluta. La parte
radiata è costituita da un complesso di prolungamenti conici, assai sottili, i raggi midollari, che originano dalla base delle
piramidi renali e percorrono radialmente la corticale, assottigliandosi progressivamente e arestandosi a breve distanza
dalla superficie del rene. Ogni raggio midollare è formato prevalentemente da tubuli rettilinei e pertanto presenta, come
nelle piramidi, un aspetto finemente striato. La parte convoluta occupa gli spazi fra i raggi midollari e forma, spingendosi in
profondità, le colonne renali. Inoltre costituisce la fascia periferica di sostanza corticale compresa fra l’apice dei raggi
midollari e la superficie del rene, denominata cortex corticis. L’aspetto finemente granuloso proprio della parte
convoluta è determinato dalla presenza in essa di piccoli corpicciuoli sferoidali di colorito rossastro (denominati
corpuscoli renali di Malpighi) e di numerosissimi tubuli ad andamento convoluto.
Definiamo lobo una porzione di parenchima che ha come limiti linee ideali che, passando per la parte
centrale delle colonne renali, raggiungono la superficie dell’organo. Un lobo è quindi costituito da una piramide
renale e dalla sostanza corticale che a essa corrisponde; il numero dei lobi è quindi pari a quello delle piramidi
(8-18).
Organizzazione del nefrone
I nefroni rappresentano le unità funzionali del rene avendo il compito di formare l’urina e sono in numero di
circa 1 milione per ciascun rene. Ogni nefrone è costituito da un corpuscolo renale (di Malpighi), nel quale si
realizza l’ultrafiltrazione del plasma, e da un tubulo renale, in cui l’ultrafiltrato, attraverso fenomeni di
riassorbimento selettivo e secrezione, diviene urina.
- Corpuscoli renali (di Malpighi)
I corpuscoli renali, a livello del quale per un fenomeno di ultrafiltrazione del plasma sanguigno si forma
l’ultrafiltrato glomerulare (urina primaria) nella quantità media di circa 180-200 l nelle 24 ore, si presentano
come corpicciuoli sferoidali del diametro di 150-250 μm, localizzati nella parte convoluta della corticale. Essi
74
sono formati da un gomitolo di vasi capillari (glomerulo) e dalla capsula di Bowmann che lo copre, formata da
due foglietti: uno intimamente a contatto con la rete capillare, il foglietto viscerale, ed uno più periferico,
parietale, che diventa la parete del tratto successivo del nefrone. i due foglietti sono separati da uno spazio
capsulare o camera glomerulare.
Nei corpuscoli renali si distinguono un polo vascolare e un polo urinario. L’arteriola afferente penetra nel
corpuscolo a livello del polo vascolare e si risolve subito in una rete capillare (glomerulo) che si risolve poi in
corrispondenza del polo vascolare stesso, nell’arteriola efferente che abbandona il corpuscolo.
Si costituisce pertanto, a livello dei glomeruli, una rete mirabile arteriosa, cioè una rete capillare interposta fra
due arteriole. A livello del polo vascolare il foglietto parietale della capsula di Bowmann si riflette continuando
nel foglietto viscerale, che si applica sulle anse capillari del glomerulo. In corrispondenza del polo urinario,
situato all’estremità opposta di quello vascolare, inizia il tubulo renale propriamente detto. A questo livello il
foglietto parietale della capsula glomerulare continua con la parete del tubulo renale e, di conseguenza, la
camera glomerulare continua con il lume del tubulo stesso; in tale modo l’ultrafiltrato glomerulare, raccoltosi
nello spazio capsulare, viene convogliato verso il tubulo renale.

- Tubulo renale
Il tubulo renale ha la funzione di modificare l’ultrafiltrato glomerulare, rendendolo simile all’urina definitiva,
grazie alle peculiari proprietà assorbenti e secernenti delle cellule epiteliali che lo delimitano.
L’ultrafiltrato glomerulare, durante il transito nel tubulo, risulta concentrato per il riassorbimento di oltre il
95% dell’acqua e modificato nella sua composizione fisiochimica. L’urina assumerà i caratteri qualitativi e
quantitativi (1-2 litri) definitivi solo dopo l’attraversamento dei dotti collettori in cui i tubuli renali, terminato il
loro decorso, confluiscono. Il tubulo renale può essere suddiviso in tre porzioni, diverse per struttura e
funzione: il tubulo contorto prossimale, l’ansa del nefrone (di Henle), divisa in un braccio discendente ed uno
ascendente ed il tubulo contorto distale, che si mette in parte in rapporto con il glomerulo. Il tubulo contorto
distale va poi a finire nel dotto collettore, che raccoglie più tubuli distali.

Nel rene esistono due popolazioni di nefroni caratterizzati da una diversa posizione del corpuscolo renale e da
una diversa lunghezza dell’ansa di Henle. .
- I nefroni corticali, più numerosi (85%), hanno corpuscoli situati nella parte periferica della corticale e
anse di Henle corte che non oltrepassano la zona esterna della midollare.
- I nefroni iuxtamidollari, circa il 15%, possiedono un corpuscolo renale di maggiori dimensioni, sito nella
convoluta della corticale più vicina alla midollare, e un’ansa di Henle molto lunga, che raggiunge la zona
interna della midollare. Sono i nefroni iuxtamidollari quelli che svolgono un ruolo funzionalmente più
rilevante.
Vascolarizzazione
Le arterie renali si staccano 1cm al di sotto dell’origine dell’arteria mesenterica superiore e si portano all’ilo del
rispettivo rene. L’arteria renale destra, leggermente più lunga, decorre dietro alla vena cava inferiore, coperta
dalla testa del pancreas e dalla porzione discendente del duodeno, mentre l’arteria renale sinistra è coperta dal
corpo del pancreas. Dopo aver emesso l’arteria surrenale inferiore per il surrene ed il ramo ureterico superiore
per l’uretere, in prossimità dell’ilo ciascuna arteria renale si suddivide in due rami che penetrano nel seno
renale: il ramo anteriore (prepielico) ed il ramo posteriore (retropielico), situati rispettivamente al davanti e al
di dietro della pelvi renale.
Con riferimento alla modalità di divisione dell’arteria renale è possibile individuare nel rene generalmente
cinque segmenti vascolari. Tali segmenti sono irrorati da rami arteriosi propri: le arterie segmentali.
Il ramo posteriore (retropielico) si distribuisce al segmento posteriore del rene, che in superficie corrisponde a
buona parte della faccia posteriore. Le altre quattro arterie segmentali originano dal ramo anteriore
(prepielico), e si distribuiscono al segmento superiore (polo superiore), al segmento antero-superiore, al
segmento antero-inferiore ed al segmento inferiore.

75
Le arterie segmentali, dopo essersi approfondate nel seno renale, si suddividono ulteriormente e penetrano
nelle colonne renali con il nome di arterie interlobari. Il decorso di queste costeggia la porzione laterale delle
piramidi (di fatto non sono interlobari, al limite tra un lobo e l’altro, sarebbero intralobari, ma il nome resta quello).
L’arteria interlobare risale e, arrivata alla base della piramide di Malpighi cambia direzione, si piega, e va a
decorrere parallelamente alla base della piramide stessa, con il nome di arteria arcuata (o arciforme). Dalle
arterie arcuate si staccano le arterie interlobulari, che cambiano nuovamente direzione dirigendosi verso la
periferia del rene decorrendo nella parte convoluta della corticale. Dalle arterie interlobulari originano le
arteriole afferenti, che danno origine ai glomeruli dei corpuscoli renali. Da questi ultimi, a valle della rete
capillare arteriosa, emergono le arteriole efferenti. A questo punto il destino dell’arteriola efferente è diverso
in base al tipo di nefrone: nei nefroni corticali l’arteriola efferente si risolve nella rete capillare da cui origina il
ritorno venoso; nei nefroni iuxtamidollari l’arteriola efferente si continua con una serie di arterie rette, che si
approfondano nella piramide e si risolvono in una rete capillare peritubulare (che arriva fino alle anse di Henle
dei neuroni iuxtamidollari a livello di papilla), da cui si origina il ritorno venoso.
( tutti i libri con eccezione del gray riportano un errore: dalle arterie arcuate originano due ordini di vasi: arterie
interlobulari e dall’altro arterie rette. NOO O!O!! !)
Ritorno venoso
Il ritorno venoso è speculare rispetto al ritorno delle arterie: avremo vene interlobulari che drenano nelle vene
arciformi, che raccolgono anche le vene rette. Le vene arcuate si continuano nelle vene interlobari, poi vi sono
le vene segmentali, dove vi sono anastomosi che non esistono a livello arterioso e alla fine di tutto vena renale.
La vena renale destra ha una lunghezza molto modesta.
La vena renale sinistra, più lunga, riceve nel suo decorso, prima di gettarsi nella vena cava, la vena surrenale
sinistra e la vena genitale sinistra.

Il plesso renale segue il decorso dei vasi.

Ghiandole surrenali
È una ghiandola endocrina situata sul polo superiore di ciascun rene. È compresa nella loggia renale ma ha una
propria indipendenza, data da una capsula surrenale. Di queste ghiandole è da notare la forte
vascolarizzazione. Non è presente una regione ilare come accade spesso negli organi parenchimatosi ma i vasi
penetrano la capsula e decorrono nei setti che la capsula stessa invia. Ciascuna ghiandola surrenale riceve tre
arterie: l’arteria surrenale inferiore, media e superiore; ciascuna con un decorso differente.
L’arteria surrenale superiore deriva dall’arteria frenica inferiore
L’arteria surrenale media è un ramo diretto dell’aorta addominale.
L’arteria surrenale inferiore è un ramo che si porta superiormente originato dall’arteria renale.
Per quel che riguarda il ritorno venoso dicevamo che la vena renale riceve un ramo dal basso, la vena genitale
sinistra . la vena renale sinistra riceve la vena genitale (ovarica o testicolare) ma riceve anche la vena surrenale
sinistra. A destra entrambe queste vene si gettano direttamente nella vena cava inferiore.

Ureteri
I calici minori e maggiori e la pelvi rappresentano la prima parte delle vie urinarie e trasportano l’urina dalle
papille renali all’uretere. Gli ureteri sono organi canalicolari muscolomembranosi pari e simmetrici che
originano senza un limite netto dalla pelvi renale, in seguito al restringimento di questa subito fuori dall’ilo, e
saranno destinati ad aprirsi in vescica. L’uretere presenta una notevole lunghezza: si estende, infatti, dalla
regione lombare, sede della sua origine, alla piccola pelvi; la misura media nel maschio adulto è 29 cm a destra
e 30 cm a sinistra (nella femmina la misura è inferiore in media di 1 cm).
Porzione addominale
Nel punto in cui la pelvi si restringe per continuarsi nell’uretere definiamo il colletto ureterale.

76
L’uretere, nel suo primo tratto, è una struttura molto posteriore, basti pensare che la pelvi, dalla quale si
continua, è la struttura più posteriore dell’ilo renale. Nell’addome l’uretere discende infatti in posizione
retroperitoneale adagiato sulla parete posteriore, sul muscolo psoas. Anteriormente e in alto è coperto dalla
porzione discendente del duodeno a destra e dalla flessura duodeno-digiunale a sinistra; è incrociato poi dai
vasi genitali, che più in basso si pongono lateralmente e lo accompagnano; inoltre è incrociato a destra
dall’arteria colica destra, dall’arteria ileocolica e dalla radice del mesentere, a sinistra è incrociato dall’arteria
colica sinistra e in basso dalla radice del mesosigma.
Porzione pelvica
In corrispondenza dello stretto superiore del bacino l’uretere compie la cosiddetta flessura marginale,
andando a scavalcare i vasi iliaci. Alcuni autori dicono che l’uretere di destra scavalca i vasi iliaci già divisi, a sinistra
invece compie questo passaggio un po’ più medialmente e scavalca i vasi iliaci comuni. Per quanto questa possa essere la
situazione più comune è sempre presente la variabilità individuale (stessa sostanza!) In corrispondenza della flessura
marginale il lume dell’uretere è piuttosto ristretto: si parla di restringimento iliaco.
All’interno della cavità pelvica l’uretere, dopo aver scavalcato i vasi iliaci, discende costeggiando la parete
laterale della pelvi; in corrispondenza della spina ischiatica l’uretere abbandona questa direzione portandosi da
dietro in avanti e medialmente per raggiungere la parete posteriore della vescica urinaria.
Pelvi femminile. L’uretere nella femmina va a costituire il limite posteriore della fossetta ovarica (del Krause),
dove viene accolto l’ovaio. Si trova poi ad attraversare il connettivo sotto-peritoneale della fascia pelvica (o
endo-pelvica) che accoglie anche vasi sanguini e altre formazioni. Giunto in corrispondenza del pavimento
pelvico, l’uretere penetra nella base del legamento largo attraversando il connettivo lasso del parametrio con
direzione obliqua in avanti in basso e medialmente.
Pelvi maschile. In corrispondenza del margine laterale della vescica è incrociato in avanti dal dotto deferente.
La distanza che c’è tra la penetrazione dei due ureteri forma la base del trigono vescicale. In corrispondenza
dello sbocco in vescica vi è il restringimento vescicale dell’uretere. Lo sbocco dell’uretere è definito “a becco di
flauto”, non è circolare normale, praticamente i due ureteri si inseriscono di sbieco, vi è una continuità tra
mucosa ureterale e vescicale. Gli sbocchi sono detti anche meati ureterali.
Vascolarizzazione
L’uretere è vascolarizzato dai vasi che incontra discendendo verso la pelvi renale; le arterie destinate
all’uretere presentano numerose variazioni individuali.
Per la porzione addominale è costante l’arteria ureterale superiore, ceduta dall’arteria renale; via via che
prosegue può ricevere rami dall’ arteria genitale, alcuni rami diretti dall’aorta addominale e, per quel che
riguarda la regione pelvica, dai collaterali dell’arteria iliaca interna: arteria vescicale inferiore, vescico-
deferenziale nel maschio o uterina nella femmina, ecc.
La vascolarizzazione è comunque assicurata da tante sorgenti vascolari, che presentano anastomosi.
Ritorno venoso
Le vene hanno disposizione simile a quella delle arterie e si scaricano in alto nella vena renale e nel plesso
venoso perirenale; nella porzione intermedia sono affluenti della vena genitale e in quella inferiore della vena
iliaca interna o di una sua radice.
Innervazione
In ordine supero-inferiore l’uretere è innervato da plesso renale, aortico, ipogastrico superiore e ipogastrico
inferiore.
Anatomia funzionale - Peristalsi vie urinarie -> vescica
L’urina che passa nei calici minori segue un percorso che ha direzione obbligata: è un decorso peristaltico. Ci
sono onde peristaltiche che consentono il proseguimento dell’urina. Nella parete dei calici minori ritroviamo
cellule muscolari lisce atipiche (cellule pacemaker) che danno l’avvio a un’onda peristaltica che si propaga
allontanandosi dal rene. La spiegazione è la probabile conduzione miogena tramite accoppiamento
elettrotonico di una cellula muscolare con la cellula vicina tramite gap junctions. I nervi viscerali hanno solo
effetto modulante. ( un po’ come nel cuore ).

77
Eccessiva distensione o spasmo della muscolatura ureterale (es. calcolo che occlude in maniera intermittente)
Colica renale = dolori intensi riferiti alle aree cutanee innervate dai segmenti spinali che innervano l’uretere
(soprattutto T12-L2): dalla regione lombare verso l’inguine e lo scroto o il grande labbro. Può giungere fino alla
radice della coscia irradiandosi lungo il nervo genito-femorale.

Vescica
La vescica è un organo cavo muscolomembranoso impari estremamente distensibile, che modifica forma e
posizione in base al livello di riempimento. Rappresenta il serbatoio dell’urina che vi raggiunge continuamente
con gli ureteri e vi si deposita. Raggiunta una certa quantità per una complicata azione dei sistemi simpatico e
parasimpatico sulla muscolatura vescicale si verifica l’emissione dell’urina accumulata mediante l’uretra,
nell’atto della minzione.
La forma, le dimensioni e i rapporti variano secondo l’età, il sesso e lo stato di riempimento.
Nell’adulto la vescica vuota è completamente contenuta nella parte anteriore della piccola pelvi, dietro la sinfisi
pubica e al davanti dell’utero nella femmina e del retto nel maschio; presenta un contorno triangolare a base
posteriore e risulta appiattita dall’alto in basso.
Nella vescica vuota la cavità è ridotta ad una fessura. Quando l’urina vi si raccoglie, le pareti vescicali
progressivamente si discostano e si distendono; la faccia superiore, che è quella più distensibile, si solleva
facendosi convessa. La vescica acquista così una forma ovoidale e risale fino a debordare sopra il margine
inferiore, spingendosi quindi nella regione ipogastrica, addossata alla parete anteriore dell’addome.
Nel maschio la vescica è più alta e più sostenuta perché sotto la vescica ritroviamo (da sostegno) la prostata,
con forma molto simile ad una castagna. Nella femmina la vescica appare più appiattita in senso
anteroposteriore e sviluppata trasversalmente sia per la peculiare morfologia pelvica sia per l’esistenza
dell’utero e della vagina al davanti del retto.
Nel neonato la vescica è fusiforme, allungata in senso longitudinale con asse maggiore verticale; essa è per la
gran parte sovrapubica e aderente alla parete addominale anteriore anche in stato di vacuità.
Con l’acquisizione della stazione eretta il peso dei visceri addominali inizia a gravare sulla vescica che va
incontro ad una discesa, terminata la quale la vescica andrà ad occupare la posizione definitiva.

La vescica ha la forma di un tetraedro:


- Si ha una faccia superiore che, in caso di riempimento assume l’aspetto cupoliforme e va a sormontare
la sinfisi. L’estremità anteriore di questa, sulla linea mediana, si allunga con una estremità appuntita, l’
apice vescicale, punto di passaggio per la faccia anteriore. Dall’apice partirà il legamento ombelicale
mediano.
- La faccia posteriore, definita anche base o fondo, è la regione opposta all’apice. Il limite tra faccia
superiore e la base è dato dall’ingresso dei due ureteri in vescica. Riconosciamo poi una regione distale,
la regione del collo, in cui vi è il passaggio nel tratto prossimale dell’uretra.
La faccia posteriore è rivolta verso le strutture più posteriori della cavità pelvica:
Nella vescica maschile questa prende un rapporto stretto con la porzione distale del condotto deferente (ampolla
deferenziale) e con la vescichetta seminale (entrambe strutture pari). Questi condotti uniscono per finire nel
condotto eiaculatore, che attraverserà la prostata e andrà a sostenere la regione del collo vescicale.
Posteriormente a queste strutture ritroviamo l’intestino retto.
Nella vescica femminile la base vescicale è in rapporto con la vagina; al di sopra la cavità uterina si inserisce sul
canale vaginale. La faccia posteriore e buona parte della faccia superiore è in rapporto con l’utero, che ha un
orientamento molto particolare: è flesso in avanti e diventa quasi orizzontale al di sopra della vescica.
Posteriormente ancora vi sarà l’intestino retto.
- La faccia anteriore può essere considerata suddivisa in due facce antero-laterali, che quando la vescica
si distende diventano un’unica faccia rivolta verso la sinfisi pubica.
La vescica è contenuta da una fascia vescicale, che altro non è che un ispessimento del connettivo
sottoperitoneale (fascia pelvica o endo-pelvica), assai sottile e difficilmente isolabile. Questa fascia, dopo aver
78
rivestito tutta la vescica, si continua a rivestire anche l’uretra e si prosegue negli strati fasciali che avvolgono i
muscoli del pavimento pelvico.
Posteriormente ritroviamo un altro ispessimento del connettivo sottoperitoneale: nel maschio ritroviamo il
setto (fascia) retto-prostatico (vescicale) di Denonvilliers, che arriva al centro tendineo del perineo, che media
i rapporti con la faccia anteriore del retto. Anche nella femmina troviamo un ispessimento di tessuto
connettivo, si parla di setto vescico-vaginale, interposto tra faccia posteriore di vescica e uretra; è una
formazione molto meno evidente che il setto maschile.
Tra la faccia posteriore del pube e la faccia anteriore della vescica ritroviamo lo spazio retro-pubico o spazio
prevescicale del Retzius, occupato da connettivo lasso, tessuto adiposo e plessi venosi; in particolare è qui
accolto il plesso del Santorini.
Questo tessuto aerolare permette lo spostamento della vescica.
Comportamento del peritoneo
La vescica può essere definita un organo sottoperitoneale. A vescica vuota il peritoneo parietale che tappezza la
parete addominale anteriore discende passando direttamente sulla faccia superiore della vescica rivestendola
completamente; nella pelvi femminile si ribalta poi sulla faccia anteriore del corpo dell’utero: la riflessione tra
peritoneo che dalla faccia superiore della vescica va a rivestire la faccia anteriore dell’utero forma il cavo
vescico-uterino. Il peritoneo si continua poi a rivestire l’intero corpo dell’utero e si andrà a ribaltare sul retto formando il
cavo retto-uterino (di Douglas).
Nella pelvi maschile il peritoneo parietale anteriore che scende per coprire la faccia superiore della vescica
posteriormente si ribalta sull’intestino retto formando il cavo retto-vescicale.
In entrambi i sessi, rivestita la faccia superiore, il peritoneo si riflette lateralmente sulla parete laterale della
piccola pelvi, formando sia a destra sia a sinistra il cavo latero-vescicale.
Quando la vescica si riempie, progressivamente si solleva oltrepassando la sinfisi pubica, mettendosi in
rapporto con la parete addominale della regione ipogastrica; in questo caso il peritoneo parietale anteriore si
va a riflettere sulla porzione superiore della faccia anteriore della vescica, andando a costituire il cavo
prevescicale. La sua profondità aumenta mano a mano che la vescica si accresce durante il riempimento.
Nella parete addominale anteriore, la presenza del legamento ombelicale mediano e dei legamenti ombelicali laterali
costituisce le pieghe peritoneali mediana e mediali.
Mezzi di fissità
I mezzi di fissità della vescica sono rappresentati da diverse formazioni legamentose: alcuni sono veri e propri
mezzi di fissità, altri sono semplici cordoni fibrosi.
- Legamenti pubo-vescicali. Sono espansioni fibrosiche che dalla faccia posteriore della sinfisi pubica si
portano ad abbracciare il collo vescicale. Nel maschio si spingono fino alla porzione prossimale della
prostata e vengono chiamati legamenti pubo-prostatici in questo tratto inferiore. Questi legamenti
sono un’espansione del muscolo detrusore.
- Una certa quantità di altri cosiddetti legamenti è stata descritta in rapporto alla base della vescica urinaria, in
particolare i legamenti vescicali laterali e posteriori nel maschio e i legamenti cardinali e uterosacrali nella
femmina. Le riflessioni del peritoneo dalla vescica alle pareti laterali della pelvi formano i legamenti laterali e le
pieghe sacrogenitali costituiscono i legamenti posteriori. Essi sono tutti addensamenti di tessuto connettivo
attorno alle principali formazioni neurovascolari, piuttosto che veri e propri legamenti da un punto di vista
“anatomico”; sono tuttavia descritti come legamenti nell’utilizzo clinico corrente.
- Legamento ombelicale mediano. È un sottile cordone fibroso che dall’apice della vescica si dirige verso
l’ombelico decorrendo applicato alla faccia posteriore della parete addominale anteriore in posizione
mediana; è coperto dal peritoneo parietale che si solleva in una piega verticale, la piega ombelicale
mediana. A vescica vuota, il legamentosi trova allo stato di tensione ed è rettilineo; a vescica ripiena, esso si
rilascia compiendo un’ansa. Il legamento ombelicale mediano rappresenta il residuo fibroso dell’uraco,
cioè della porzione intraembrionale dell’allantoide, che normalmente si oblitera durante lo sviluppo.
- Legamenti ombelicali laterali. Sono due cordoncini fibrosi, destro e sinistro, che derivano dalla
obliterazione delle arterie ombelicali; essi discendono dalla cicatrice ombelicale sotto il peritoneo e,

79
divergendo, vanno a fissarsi alle facce laterali della vescica, dove continuano con il tratto rimasto
pervio delle arterie ombelicali, ovvero le arterie vescicali superiori. I legamenti ombelicali laterali
determinano, in corrispondenza del peritoneo parietale, due pieghe, le pieghe ombelicali mediali,
dirette in basso e all’esterno.
I vasi epigastrici inferiori si trovano lateralmente a queste pieghe sulla parete addominale anteriore,
formando le pieghe ombelicali laterali.

Vascolarizzazione
L’arteria iliaca interna si divide in un ramo anteriore ed in un ramo posteriore. Dal ramo anteriore originano
una serie di rami deputati alla vascolarizzazione degli organi pelvici e della parete pelvica.
Le arterie per la vescica sono infatti tutti rami diretti o indiretti delle arterie iliache interne, in particolare:
- Arteria vescicali superiore. Rappresenta la porzione rimasta pervia delle arterie ombelicali; si
distribuisce alla faccia superiore ed antero-laterale della vescica.
- Arterie vescicali inferiori. Origina o dal ramo anteriore dell’arteria iliaca interna o da un tronco comune
con l’arteria rettale media. Si distribuisce alla base della vescica e alle vescichette seminali, alle ampolle
deferenziali, fino a continuare con rami prostatici.
Ritorno venoso
A livello venoso si viene a costituire il plesso perivescicale, che circonda interamente la vescica. Questo plesso
presenta anastomosi inferiormente con il plesso prostatico nel maschio e con il plesso utero-vaginale nella
femmina.
Nello spazio prevescicale del Retzius si creano corpi venosi che formano il plesso di Santorini.
Grandi vene che si dispongono su 2 piani tra loro anastomizzati: uno superiore (alla base vescicale si riuniscono in 2 grossi
tronchi cui )) e uno inferiore (vene di vagina, prostata, utero). ???
Il drenaggio avviene grazie alle vene vescicali superiori ed inferiori, affluenti della vena iliaca interna.

Ritorno linfatico
La rete linfatica riceve vasi da tutti gli strati della parete vescicale; questi fanno capo ai linfonodi che ritroviamo
sul decorso dei vasi, principalmente i linfonodi iliaci interni ma anche i linfonodi iliaci esterni ed i linfonodi
latero-aortici, disposti ai lati dell’aorta addominale.

Configurazione interna
Quasi tutta la mucosa vescicale è lassamente attaccata allo strato muscolare sottostante: essa si ripiega
quando la vescica è vuota, mentre le pieghe sono appiattite quando si riempie.
Nell’insieme la tonaca muscolare della vescica è formata da più strati, che possiedono un andamento
plessiforme, nel complesso è definita muscolo detrusore.
La superficie interna della vescica in corrispondenza della base presenta un’area di forma triangolare, ad apice
anteriore, costantemente liscia, o quasi, anche quando la vescica è vuota: il trigono vescicale. Qui la tonaca
mucosa rimane strettamente aderente allo strato muscolare sottostante, senza interposizione della
sottomucosa.
- Base. Tra i due orifizi / meati ureterali interni, che occupano i vertici postero-laterali del trigono.
In corrispondenza della base si forma un sollevamento della mucosa, la piega interureterica. Dietro
questa viene ad essere delimitata la fossetta retroureterica. Questa fossetta diventa un vero e proprio
incavo in caso di ipertrofia della prostata, in questo caso si crea una difficoltà nello svuotamento vescicale e vi è
un continuo stimolo alla minzione.
- Apice. Corrisponde all’orifizio uretrale interno, nella porzione più bassa della vescica.
Muscolatura del collo vescicale (sfintere prossimale)
80
Sesso femminile
In corrispondenza della regione del collo vi sono fasci distinti del muscolo detrusore (che ha fasci più grandi).
Questi fasci si portano obliquamente o longitudinalmente fino alla parete uretrale.
Il termine sfintere interno è antiquato; il Testut lo indica erroneamente come dipendenza del muscolo detrusore.
Nella femmina questa muscolatura specifica sembra non avere un ruolo effettivo.

Sesso maschile
Il collo è completamente circondato da un collare di muscolatura liscia (con propria innervazione adrenergica)
che distalmente va a circondare l’uretra preprostatica (tratto di pochi mm).
Ha innervazione diversa dal muscolo detrusore; quest’ultimo è innervato prevalentemente da fibre parasimpatiche
colinergiche, questo collare che costituisce lo sfintere prossimale è innervato quasi esclusivamente da fibre simpatiche
noradrenergiche. Anche tutti i condotti delle vie spermatiche e le vescichette seminali e la tonaca muscolare della prostata
hanno un’innervazione prevalentemente simpatica. L’attività del simpatico quindi agisce sulla muscolatura di queste parti,
determina la progressione e l’espulsione del liquido spermatico (eiaculazione); l’attività simpatica agisce anche sullo
sfintere prossimale per impedire il reflusso dell’eiaculato nella vescica.
Nel maschio ha ruolo di sfintere genitale (non urinario): impedisce l’eiaculazione retrograda.
Nella femmina vi sono poche fibre noradrenergiche, il ruolo nella continenza non è chiaro.

Uretra femminile
È un condotto molto breve, di 3,5-4 cm che origina all’apice anteriore del trigono vescicale, a livello del meato
uretrale interno e, dopo un decorso obliquo in basso e in avanti termina con il meato uretrale esterno nel
tetto del vestibolo della vagina, subito al davanti dell’orifizio vaginale.
L’uretra può essere suddivisa in una prima parte superiore che decorre all’interno della pelvi, detta parte
pelvica ed in una inferiore, che attraversa i fasci connettivali della membrana perineale, la parte perineale.
Nello spazio pre-uretrale (continuazione dello spazio pre-vescicale) sono presenti vasi, principalmente venosi,
in corrispondenza dei quali vi saranno ispessimenti del connettivo lasso. Posteriormente vi è un addensamento
connettivale che va a separare la parete posteriore dell’uretra dalla parete anteriore della vagina, formazione
attraversata da vasi venosi. Ad accompagnare tutto l’andamento del condotto ritroviamo, sotto l’epitelio ma
anche sparsi nella tonaca muscolare uretrale, una serie di vene che formano un plesso venoso; questo
costituisce il cosiddetto tessuto cavernoso, che continua poi con i plessi cavernosi dei bulbi vestibolari ( ??? ).
Sono presenti ghiandole uretrali, particolarmente evidenti nel tratto inferiore dell’uretra, che vanno a sboccare
con due condotti detti dotti parauretrali postero-lateralmente al meato uretrale esterno.
Vascolarizzazione dell’uretra
Sono tutti rami collaterali del tronco anteriore dell’iliaca interna.
- In primis rami vengono dall’arteria vescicale inferiore;
- Vi è poi un contributo di rami dall’arteria vaginale;
- Per la porzione anteriore vi sono rami anche dall’ arteria pudenda interna.
Sfintere uretrale distale
La definizione di sfintere esterno è ormai superata, si preferisce il termine di sfintere distale.
Comprende sia muscolatura intrinseca dell’uretra (liscia e striata, quest’ultima forma una tonaca oltre alla liscia e si
interdigita ad essa) sia fasci che sono dipendenza del muscolo elevatore dell’ano + fasci dal muscolo trasverso
profondo del perineo.
Nella femmina è più propriamente uno “sfintere urogenitale” -> vero sfintere anulare attorno all’uretra, che
però fa parte di un sistema più ampio che comprende altri fasci muscolari ad esso collegati:
- Una parte superiore, che si porta verso la base della vescica (sfintere uretrale pd).
- Una porzione che si spinge infero-lateralmente verso il ramo dell’ischio su ciascun lato (muscolo
compressore dell’uretra).
- Un nastro muscolare che circonda sia la vagina che l’uretra (sfintere uretro-vaginale).

81
Lo sfintere uretrale distale ha un ruolo importante nella continenza, garantendo la compressione dell’uretra,
soprattutto quando la vescica è piena. Ovviamente quando si contrae il muscolo detrusore si rilassa lo sfintere
uretrale distale e viceversa.
Nel trattamento dell’incontinenza da stress, può esser stimolato tramite elettrodi per via transvaginale.
L’innervazione è a carico prevalentemente del nervo pudendo, che porta fibre somatiche dal nucleo di Onuf. Il nervo
pudendo però ha solo una piccola percentuale di fibre somatiche, esso contiene anche fibre simpatiche e parasimpatiche
(prevalentemente provenienti dal plesso ipogastrico inferiore). In conclusione non siamo bene in grado di definire come
funzioni l’innervazione dello sfintere distale.

APPARATO GENITALE FEMMINILE


Ovaie
In posizione fisiologica le ovaie sono localizzate nella piccola pelvi, addossate alle sue pareti laterali. Ciascun
ovaio è posto 1,5-2 cm davanti all’articolazione sacro-iliaca e circa 1 cm sotto lo stretto superiore del bacino;
posizione peraltro variabile, dato che l’ovaio segue l’utero nei suoi spostamenti durante la gravidanza e può quindi
modificarsi nella donna multipara.
Le ovaie hanno forma ovoidale e sono disposte pressoché sagittalmente, possiamo così distinguere: faccia
mediale, faccia laterale, margine anteriore e margine posteriore e due poli.
La faccia laterale non la vediamo, perché corrisponde all’articolazione sacro-iliaca ed è accolta in una
depressione della cavità pelvica detta fossetta ovarica (del Krause), così delimitata:
- Posteriormente: uretere;
- Anteriormente: inserzione del legamento largo alla parete pelvica;
- Superiormente: vasi iliaci esterni;
- Inferiormente: origine dell’arteria ombelicale ed uterina (talvolta con un tronco comune) dall’iliaca
interna.
Per rendere l’ovaio ben visibile è necessario spostare la tuba, perché il polo superiore è sormontato da questa,
che scende anche sul margine posteriore e sul margine anteriore.
In corrispondenza del margine anteriore si inseriscono i due foglietti del legamento largo dell’utero; all’interno
della linea di inserzione, detta linea di Farre-Waldeyer, passando dalle due pagine del legamento largo, i due
vasi raggiungono l’ovaio. Per questo motivo si considera il margine anteriore come ilo dell’ovaio.
Legamento utero-ovarico, o legamento proprio dell’ovaio, è un cordoncino fibroso diretto dal polo inferiore
dell’ovaio alla parete laterale del fondo dell’utero.
L’ovaio non è peritoneizzato, esso si trova chiaramente nella cavità peritoneale ma non risulta avvolto da
questo. Il peritoneo del legamento largo si limita a raggiungere la linea di attacco lungo il margine anteriore
(questo tratto è anche chiamato mesovario) ma la linea di Farre-Waldeyer segna il limite con la continuazione
del peritoneo con l’epitelio germinativo, che riveste l’ovaio, e che pur avendo la stessa origine embriologica,
NON è peritoneo. Il fatto che non sia rivestito da peritoneo ha un significato: ogni mese viene infatti liberato un ovocita
direttamente nella cavità peritoneale, che viene poi aspirato dal tratto distale della tuba.
Vascolarizzazione – Arteria ovarica
L’arteria ovarica ha origini distanti dall’ovaio perché nella vita embrionale l’ovaio origina più in alto, nella
regione addominale, e solo successivamente discende nella cavità pelvica.
Nasce dalla superficie ventrale dell’aorta, al di sotto dell’arteria renale del proprio lato, a livello di L2.
Subito dopo l’origine, si dirige in basso e lateralmente, in posizione retroperitoneale, sui muscoli grande e
piccolo psoas.
- A destra l’arteria decorre al davanti della vena cava inferiore e posteriormente alla porzione orizzontale
del duodeno, alle arterie colica destra e colica media, alla radice del mesentere e all’ultimo tratto
dell’ileo.
- A sinistra passa dietro la vena mesenterica inferiore, l’arteria colica di sinistra ed il tratto inferiore del
colon discendente.

82
Ambedue passano al davanti del nervo genitofemorale e all’uretere, cui cedono rami. Decorrono insieme con le
vene ovariche.
L’arteria ovarica discende poi nella piccola pelvi incrociando anteriormente l’uretere, i vasi iliaci esterni,
decorre medialmente nel legamento sospensore dell’ovaio (formato insieme alla vena ovarica, insieme alla
quale è avvolta in una guaina di connettivo e fibrocellule muscolari) e raggiunge il legamento largo dell’utero,
sotto alla tuba uterina; decorre quindi posteriormente nel mesovario e, giunta all’ilo dell’ovaio, emette rami
terminali destinali all’ovaio. L’arteria ovarica cede anche piccoli rami per l’uretere e alla tuba uterina; un ramo
tubarico si anastomizzerà a pieno canale con il ramo omonimo dell’arteria uterina.

Ritorno venoso
Il ritorno venoso passa attraverso una serie di vene che dalla regione midollare hanno un andamento
plessiforme che poi continua anche all’esterno dell’ovaio con vene che costituiscono il plesso pampiniforme
(molto più evidente nel maschio) che fanno capo alle vene ovariche.
Le due vene ovariche hanno sbocchi diversi:
- La vena ovarica di destra è affluente diretto della vena cava inferiore.
- La vena ovarica di sinistra è affluente della vena renale di sinistra e quindi della VCI.
Tube uterine
Sono organi pari, localizzati nella piccola pelvi tra le ovaie, poste lateralmente, e l’utero, situato centralmente.
Il loro andamento ricorda quello di una tromba (da cui il nome).
Ogni tuba decorre dal polo superiore dell’ovaio all’“angolo superiore” dell’utero, accolta nel margine superiore
del legamento largo; vi si possono distinguere quattro porzioni: infundibolo, ampolla, istmo e porzione
intramurale, che differiscono tra loro per calibro e posizione.
L’infundibolo, o padiglione, è la porzione più vicina all’ovaio, ha la forma di un imbuto a parete sfrangiata, in
quanto il suo orifizio è circondato da una serie di linguette, dette fimbrie. Una di queste, la fimbria ovarica, più
lunga, collega l’infundibolo con l’ovaio, al quale si fissa grazie al legamento tubo-ovarico.
L’ampolla della tuba è il tratto più lungo e tortuoso. Inizialmente forma un’ansa (ansa tubarica) che sormonta il polo
superiore dell’ovaio; quindi piega in basso, decorrendo quasi verticalmente in prossimità del margine anteriore; infine
assume un decorso orizzontale descrivendo, al limite tra parete laterale della piccola pelvi e pavimento pelvico, un angolo
aperto medialmente e percorre il margine superiore del legamento largo in direzione dell’utero.
L’istmo rappresenta la porzione più ristretta della tuba uterina, ha un decorso rettilineo e una maggiore
consistenza; raggiunge il margine laterale dell’utero, al limite tra corpo e fondo, dove è in continuità con la
porzione intramurale, che attraversa la parete uterina, per aprirsi nella cavità dell’utero.
Nella porzione istmica ed ampollare appare rivestita da peritoneo e ha un proprio meso, il mesosalpinge,
all’interno del quale decorrono vasi e nervi. La porzione infundibolare rimarrà al di fuori del rivestimento
peritoneale, dovendo le fimbrie raggiungere il punto in cui è stato espulso l’ovocita.
Si potrebbe dire che tramite l’ostio della tuba a livello di ovaio che risulta non peritoneizzato si viene a creare una
comunicazione tra cavità peritoneale ed ambiente esterno. Risulta però evidente che questa regione tubarica ha una
direzione ed una disposizione delle fimbrie tali che la pervietà non sia reale, non si può parlare di una vera e propria
comunicazione.
Vascolarizzazione
La tuba uterina possiede un ricco corredo vascolare. Il sangue proviene dai rami tubarici dell’arteria uterina
(dall’iliaca interna) e dell’arteria ovarica (dall’aorta addominale), che si anastomizzano tra loro a pieno canale,
dando origine a un’arcata arteriosa che decorre nel mesosalpinge. Da questa arcata nascono i rami arteriosi
diretti verso la parete tubarica.
Vista che la tuba è un organo molto vascolarizzato, in caso di gravidanze extrauterine tubariche una compromissione di
questi vasi va a causare emorragie di entità notevole.
Le vene della tuba, dopo aver costituito anch’esse un’arcata analoga a quella arteriosa, fanno capo medialmente alla vena
uterina e lateralmente alla vena ovarica.
83
Utero
L’utero è un organo muscolare cavo, impari e mediano, posto al centro della piccola pelvi, al di dietro della
vescica e al davanti del retto (all’altezza del margine superiore della sinfisi). Riceve lo sbocco delle tube uterine
ed è connesso all’esterno tramite il canale vaginale.
La forma dell’utero è paragonata ad una pera, una borsa, una clessidra.. fatto sta che ritroviamo una parte più
voluminosa, che prende il nome di corpo, corrispondente all’incirca ai 2/3 superiori. La porzione più superiore
di questo viene definita fondo, che è la parte più convessa. Il corpo dell’utero si restringe poi in una parte più
assottigliata, il collo o cervice uterina, che corrisponde al 1/3 inferiore. Il punto di passaggio tra corpo e collo è
definito istmo uterino.
Posteriormente alle tube vediamo i legamenti propri utero-ovarici.
La posizione dell’utero è ben visibile in sezione sagittale, in cui notiamo l’antiversione e l’antiflessione.
Per antiflessione intendiamo che è piegato in avanti, quasi orizzontalmente, sopra la vescica; tra l’asse
maggiore del corpo (pressoché orizzontale) e quello del collo (inclinato in basso e posteriormente) si viene a
formare un angolo ottuso (angolo di flessione) aperto in avanti ed in basso, variabile da 120° a 170°.
Per antiversione intendiamo che tra l’asse del collo dell’utero e l’asse della vagina si crea un angolo aperto
anteriormente di circa 90° (angolo di versione).
Ovviamente esiste la variabilità individuale e potrebbero per esempio esserci alcuni gradi di retroversione qualora si riduca
l’angolo di versione e l’utero si sollevi ecc. La situazione più grave si ha quando l’asse del collo coincide con l’asse della
vagina; in una donna con particolare lassità legamentosa, sotto la spinta dei visceri, può verificarsi il prolasso uterino,
ovvero la discesa dell’utero nel canale vaginale, fino al punto che l’utero sporga verso l’esterno.
Nel cadavere l’utero appare solitamente rettilineo, non lo vediamo con queste particolari inclinazioni.
La parte dell’utero che si apre nella vagina presenta una fessura (orifizio uterino interno anche se non è un
orifizio) -> l’apertura non è libera ma c’è già un restringimento tra corpo e collo.
L’orifizio uterino esterno, detto anche muso di tinca, è di forma circolare nella donna nullipara, mentre nella
pluripara prende la forma di una fessura trasversale delimitata da due labbri, che ricordano l’espressione del
pesce tinca. Dall’orifizio sporge spesso uno zaffo di muco (tappo mucoso). La porzione della cervice in cui si
inserisce la vagina è detta vaginale, quella superiore è detta sopravaginale.
Dato che l’inserzione della vagina sul collo avviene secondo un piano obliquo in basso e in avanti, ne deriva che
la porzione sopravaginale è più estesa anteriormente, mentre quella vaginale lo è posteriormente. in relazione
a questa modalità d’inserzione, l’utero di fatto viene circondato dalla parte prossimale della vagina, in modo
tale che si formi una nicchia, il fornice. Questa nicchia è molto meno profonda anteriormente che
posteriormente.
Comportamento del peritoneo
Il peritoneo che proviene dalla parete addominale anteriore, dopo aver rivestito la cupola e la faccia posteriore
della vescica, si riflette sulla faccia anteriore dell’utero, a livello dell’istmo, delimitando tra i due organi uno
spazio detto cavo vescico-uterino. Proseguendo dalla faccia anteriore dell’utero, il peritoneo ne riveste il fondo
e quindi la faccia posteriore del corpo e la parete posteriore della porzione sopravaginale del collo, sino al
fornice vaginale posteriore. Di qui, proseguendo posteriormente, si ribalta sull’intestino retto andando a
formare il profondo cavo retto-uterino (di Douglas), più profondo del precedente, per poi continuare sul
peritoneo parietale posteriore. Il cavo di Douglas rappresenta il punto più declive della cavità peritoneale e il
suo fondo è limitato lateralmente dalle pieghe sacrouterine che il peritoneo forma, sollevandosi, nel rivestire i
corrispondenti legamenti. I legamenti sacrouterini originano dai lati e dalla porzione posteriore della cervice e si
portano postero-lateralmente per raggiungere il sacro.
Il peritoneo si porterà anche alle pareti della pelvi. In questo tratto è utile considerarlo come “un
lenzuolo che sta sopra ai fili della biancheria”, dove i fili sono le tube uterine ed il legamento rotondo. Le due
pagine peritoneali che hanno rivestito la faccia anteriore e posteriore dell’utero si riuniscono lungo i margini
laterali di esso, formando per ciascun lato, una plica, il legamento largo dell’utero. Delle due pagine quella
anteriore continua con il peritoneo che riveste la porzione anteriore della parete laterale della pelvi, quella

84
posteriore con il peritoneo della porzione posteriore di detta parete. Inferiormente, in corrispondenza della base, le
due lamine peritoneali si separano, cosicché, in sezione sagittale, il legamento ha forma triangolare con base in basso; la
pagina anteriore continua con il peritoneo della porzione anteriore e laterale del pavimento pelvico, lateralmente alla
vescica, quella posteriore con il peritoneo che, lateralmente e al di dietro dell’utero, ricopre il pavimento pelvico, per
risalire ai lati del retto sulla parete pelvica posterolaterale.
La tuba nelle sue porzioni istmica e ampollare va a sollevare il legamento largo, trovandosi in posizione
sottoperitoneale -> essa è connessa al legamento largo dal mesosalpinge.
Un’altra struttura su cui il legamento largo si adagia è il legamento rotondo; questo è un cordoncino
fibroso che origina dall’angolo supero-laterale dell’utero, al davanti dello sbocco della tuba uterina. Portandosi
lateralmente, rivestito dal legamento largo, si dirige verso l’orifizio addominale del canale inguinale incrociando
i vasi epigastrici inferiori. Percorso il canale, contornato da una guaina connettivale derivata dalla fascia
trasversale, ne fuoriesce attraverso l’anello inguinale, andando a perdersi nel tessuto connettivo delle grandi
labbra e del monte di venere.
Il vero mezzo di fissità dell’utero è il legamento cardinale (di Mackenrodt). Esso è un ammasso
connettivale ed adiposo che forma un manicotto intorno al collo dell’utero e si espandi poi ai lati fino alle
pareti pelviche. In esso decorrono i vasi uterini e sarà attraversato dagli ureteri, che si portano da dietro in
avanti per andare a sboccare ai vertici superiori del trigono vescicale.
Il corpo dell’utero risulta comunque estremamente mobile: risale in cavità addominale nelle fasi
avanzate e terminali della gravidanza.
Vascolarizzazione
La vascolarizzazione dell’utero proviene dall’arteria uterina, che nasce come diramazione della divisione
anteriore dell’arteria iliaca interna. Nella sua origine a volte forma un tronco comune l’arteria vaginale e a volte
con l’arteria ombelicale. Dalla sua origine, l’arteria uterina decorre nella fascia pelvica con direzione postero-
anteriore ed incrocia, passandogli sopra, l’uretere, a cui cede alcuni ramuscoli (l’uretere è fortemente
vascolarizzato), per poi farsi strada attraverso il legamento cardinale (del Mackenrodt). Prima ancora di
raggiungere l’utero a livello della giunzione cervicouterina essa inizia a risalire. Si va quindi a distribuire alla
parete laterale dell’utero facendosi strada tra i due foglietti del legamento largo, ascendendo con andamento
tortuoso e formando una serie di anse. In questa porzione superiore cede un rami ovarici (tubarici?), che si
portano a decorrere a livello di mesosalpinge per formare un’anastomosi a pieno canale con rami dell’arteria
ovarica.
L’arteria uterina cede anche un ramo inferiore che discende per alimentare la cervice e la porzione prossimale
della vagina, e terminerà anastomizzandosi con rami dell’arteria vaginale.
Il motivo del decorso tortuoso è che quando l’utero aumenterà le proprie dimensioni per portarsi in cavità addominale le
arterie uterine si detendono per seguire l’ampliamento di volume.
Nel loro decorso lungo la parete laterale dell’utero le arterie uterine cedono rami che si portano a
vascolarizzare la faccia anteriore e la faccia posteriore. In questo modo si vengono a creare anastomosi tra le
arterie uterine dei due lati. Queste anastomosi sono importanti per la legatura di un’arteria uterina.
In generale l’assenza di rami particolarmente significativi rende possibile l’incisione della parete anteriore al momento del
parto cesareo, per prelevare il feto -> il taglio è effettuato sulla linea mediana per ridurre il rischio di emorragia.
L’arteria uterina, per distribuirsi all’utero, emette:
1. Un primo ordine di rami che si staccano ad angolo retto e si portano all’interno.
2. Da questi originano rami ad angolo retto rispetto ai primi (arterie arcuate).
3. Un terzo ordine di rami si portano fino alla porzione basale dell’endometrio. Giunte qui si dividono in
due ordini di arteriole:
i. Arteriole rette. Rimangono confinate nella parte basale, sono brevi e con decorso rettilineo
ii. Arteriole spirali o elicine. Si portano a vascolarizzare tutto l’endometrio. Esse hanno decorso
più tortuoso.
A livello uterino durante la fase progestinica il progesterone ha un effetto trofico sulla mucosa dell’utero,
dovendolo preparare ad un eventuale impianto della blastocisti:

85
- Aumento delle dimensioni dell’endometrio e delle ghiandole uterine.
- Le arteriole spirali aumentano di dimensioni e si riempiono di sangue.
Modificazioni dell’utero nel ciclo ovarico
Se non avviene la fecondazione il corpo luteo va incontro ad involuzione, esso pian piano si evolve in una
cicatrice fibrosa -> col passare degli anni l’utero assume colorito opaco ed ha superficie irregolare perché i
corpi lutei cicatriziali si portano in superficie. Il corpo luteo chiaramente non svolge più la sua funzione
endocrina, non produce più progesterone. Il venir meno di questo effetto causa la prima fase del ciclo uterino -
> mestruazioni; le arteriole e buona parte dell’endometrio si sfaldano e tutto ciò viene espulso.
Gli estrogeni secreti dalla teca interna hanno effetto rigenerante sull’endometrio, questo è possibile perché le
arteriole rette non sono coinvolte in quel processo di vasocostrizione: essendo ancorate al tratto basale
assicurano che questo sia sempre vascolarizzato.
Ritorno venoso
È a carico della vena uterina, che decorre con andamento parallelo rispetto all’arteria. Si crea anche in questo
caso una doppia anastomosi:
- Inferiormente con le vene che formano il plesso vaginale.
- Superiormente con le vene ovariche, che andranno a formare il plesso pampiniforme.
Le vene uterine terminano confluendo nella vena ipogastrica.
Vagina
La vagina è un condotto muscolomembranoso impari e mediano situato nella piccola pelvi, posteriormente alla
vescica urinaria e all’uretra e anteriormente al retto ed al canale anale. Essa è estremamente distensibile, in
quanto dovrà permettere il passaggio del feto durante il parto (ed accogliere il pene).
L’estremità superiore è disposta di abbracciare, a mo’ di manicotto, il collo dell’utero, inserendosi
saldamente sulla sua superficie esterna a una certa distanza dall’orifizio uterino esterno. In tal modo il collo
dell’utero viene suddiviso in una porzione sopravaginale e una vaginale (muso di tinca). Fra la porzione vaginale
del collo dell’utero e la vagina si viene pertanto a costituire una fessura circolare a fondo cieco, il fornice
vaginale. Visto che l’inserzione della vagina al collo dell’utero avviene secondo un piano obliquo dall’alto in
basso e dal di dietro in avanti ne segue che il fornice vaginale anteriore è molto meno profondo del fornice
vaginale posteriore. Quest’ultimo veniva detto dagli antichi anatomici “il ricettacolo del seme”, in quanto
porzione in cui si annida lo sperma maschile.
Nel suo decorso nella pelvi la vagina prende rapporto:
- Posteriormente con il retto; questo rapporto è indiretto in quanto tra le due strutture si pone un
ispessimento del tessuto connettivo sottoperitoneale (setto retto-vaginale).
- Anteriormente ritroviamo la vescica nella parte prossimale e l’uretra nella parte distale; anche qui i
rapporti sono mediati da ispessimenti connettivali e non diretti.
Il canale vaginale si porterà ad attraversare il diaframma pelvico per aprirsi poi come orifizio vaginale nel
vestibolo vaginale, posteriormente all’orifizio uretrale.
Vascolarizzazione e drenaggio venoso
L’arteria vaginale nasce spesso con un tronco comune insieme con l’arteria uterina dall’arteria iliaca interna.
Esse sono destinate a distribuirsi al canale vaginale, contraendosi anastomosi superiormente con rami
discendenti dall’arteria uterina.
Le vene costituiscono il ricco plesso venoso vaginale situato sulla superficie dell’organo e connesso con i plessi
venosi degli organi circostanti: il plesso vaginale si scarica nelle vene iliache interne.
Genitali esterni
Il vestibolo della vagina (o cavità vulvare) è rappresentato dallo spazio compreso fra le piccole labbra.
Nella ragazza che non ha mai avuto rapporto vaginale esso rimane chiuso dall’imene.
Bulbi del vestibolo. I bulbi del vestibolo sono due organi erettili, destro e sinistro, con la forma di una grossa
mandorla, situati profondamente nelle porzioni alterali del vestibolo della vagina. Questi risultano ricoperti dai
86
muscoli bulbocavernosi e hanno la stessa origine embriologica del bulbo dell’uretra maschile -> il significato è
quello di mantenere l’erezione durante l’eccitazione sessuale.
Posteriormente vi è un importante rapporto con la ghiandola vestibolare maggiore (del Bartolino), il cui dotto
si apre nel vestibolo della vagine ed il cui secreto, la cui fuoriuscita è permessa dalla contrazione del muscolo
bulbocavernoso, è importante per la lubrificazione.
Clitoride. Il clitoride è un organo erettile situato nella porzione più anteriore e superiore della vulva. Le sue radici sono
avvolte dai muscoli ischiocavernosi. Portandosi in alto, in avanti e medialmente secondo la direzione delle branche
ischiopubiche, le radici convergono per incontrarsi a formare il corpo. Il corpo termina con una estremità smussa,
leggermente rigonfia, il glande.

APPARATO GENITALE MASCHILE


L’apparato genitale maschile è rappresentato dai testicoli, dalle vie spermatiche, da alcune ghiandole annesse e
dagli organi genitali esterni.
I testicoli, che rappresentano le gonadi maschili, sono situati esternamente alla cavità addominale e hanno la
funzione di produrre le cellule germinali maschili (spermatozoi) e secernere ormoni sessuali maschili.
Le vie spermatiche hanno inizio nel testicolo con i tubuli retti in cui sboccano i tubuli seminiferi. Proseguono
con la rete testis, l’epididimo, il condotto deferente, il condotto eiaculatore ed infine l’uretra, che rappresenta,
a esclusione di un breve tratto iniziale, un condotto comune a vie spermatiche e urinarie.
Le vie spermatiche hanno le funzioni di permettere il passaggio degli spermatozoi ma ne determinano anche la
maturazione, rendendoli capaci a muoversi. Sono inoltre capaci di modificare la composizione del contenuto
luminale con un meccanismo sia secretorio sia di assorbimento.
Le ghiandole annesse alle vie spermatiche sono le vescichette seminali, la prostata e le ghiandole bulbo-
uretrali del Cowper; queste hanno la funzione di produzione del liquido seminale, che rappresenta il veicolo
ideale per la sopravvivenza e la motilità degli spermatozoi. Il liquido seminale insieme con gli spermatozoi
costituiscono lo sperma.
Testicoli
I testicoli rappresentano le gonadi maschili; hanno forma ellissoidale e sono posti al di sotto del pene, fra le
radici delle cosce. Essi sono accolti nella borsa scrotale, così come il primo tratto delle vie spermatiche
(epididimo ed una parte del condotto deferente).
All’interno della sacca scrotale la temperatura è circa 1°C inferiore rispetto alla temperatura corporea,
caratteristica fondamentale per la sopravvivenza degli spermatozoi.
Le due regioni scrotali (e quindi i due testicoli) risultano separati dalla presenza, a livello di linea mediana, del
setto scrotale, che è una dipendenza della tonaca dartos (sottocute).
Ciascun testicolo presenta due facce, mediale e laterale, due margini, anteriore e posteriore, e due poli.
- La faccia mediale guarda verso il setto scrotale ed è quasi pianeggiante.
- La faccia laterale è più convessa. Quest’ultima risulta coperta posteriormente dall’epididimo dal quale
è separata da una fessura ( seno dell’epididimo).
- Il margine anteriore è convesso e guarda in avanti e in basso.
- Il margine posteriore è quasi rettilineo, rivolto in dietro e in alto, e sormontato per tutta la sua
lunghezza dall’epididimo. In corrispondenza del margine posteriore si trova l’ilo del testicolo, che da
passaggio a condottini efferenti, a vasi sanguini e linfatici e a nervi..
- Il polo superiore, convesso, è sormontato dalla testa dell’epididimo. (Epi= sopra, didimo=testicolo)
- Il polo inferiore da attacco al legamento scrotale, che lo collega al fondo della borsa scrotale e
rappresenta il residuo del gubernaculum testis, il cordone che guida la discesa del testicolo. Questo lo
mantiene ancorato alla borsa e aiuta ad evitare la torsione all’interno della propria loggia.

87
Strati
- Cute. Caratteristica presenza di pieghe.
- Tonaca dartos (o dartoica). Corrisponde in pratica al sottocute; presenta fibrocellule muscolari lisce
che contraendosi determinano le pieghe visibili a livello di cute. Sulla linea mediana va a costituire il
setto scrotale, che separa i due compartimenti testicolari. È in continuità con la fascia superficiale del
perineo, la fascia di Colles’.
- Fascia spermatica esterna. Rappresenta l’espansione dell’aponeurosi del muscolo obliquo esterno
dell’addome attorno al funicolo spermatico ed a ciascun testicolo.
- Muscolo cremastere. È formato da fibre striate, dipendenza del muscolo obliquo interno, che vanno a
circondare di fatto l’intero testicolo. Il muscolo cremastere si contrae spesso per via riflessa. Il riflesso
cremasterico consiste nella stimolazione della parte interna della coscia, evocando il sollevamento del testicolo in
seguito alla contrazione riflessa del cremastere (L1-L2). Se il riflesso è assente ci si insospettisce circa una lesione
midollare a questi livelli.
Nell’apparato genitale femminile il cremastere è rappresentato solo da poche fibre sfilacciate.
- Fascia spermatica interna o tonaca vaginale comune. Corrisponde all’estroflessione della fascia
trasversalis durante la discesa del testicolo.
- Tonaca vaginale propria. È una sierosa ed è perciò costituita da due foglietti ->deriva dal peritoneo.
Il testicolo, infatti, prima di cominciare la discesa si trovava in posizione retroperitoneale: davanti ad
esso vi era la presenza di due pareti sierose. Quando esso va ad impegnare il canale inguinale si ha
l’erniazione del peritoneo, costituito da due foglietti. Ci aspettiamo perciò che il testicolo non sia
completamente avvolto da questa sierosa: il margine posteriore, difatti, non risulta completamente
peritoneizzato. Quando inizialmente il testicolo passa per il canale inguinale e si trascina dietro il
peritoneo, c’è una comunicazione tra cavità peritoneale e lo spazio compreso tra i due foglietti della
tonaca vaginale propria, che è chiamata canale peritoneo-vaginale. Con il procedere dello sviluppo il
canale si oblitera, fino ad essere ridotto ad un cordoncino fibroso alla nascita, il legamento (o dotto)
peritoneo-vaginale. Se il canale peritoneo-vaginale rimane pervio può penetrare liquido dalla cavità
peritoneale alla cavità vaginale, condizione nota come idrocele, oppure potrebbe erniare un’ansa intestinale.
Lo strato viscerale riveste tutte le facce del testicolo, ad eccezione della maggior parte della faccia
posteriore. Posteromedialmente si riflette in avanti verso lo strato parietale. Posterolateralmente,
passa alla faccia mediale dell’epididimo e riveste il seno omonimo, quindi decorre lateralmente verso il
suo margine posteriore, dove si riflette in avanti, per continuare con lo strato parietale. A livello di
entrambi i poli, gli strati viscerale e parietale sono in continuità, ma a livello di polo superiore lo strato
viscerale sormonta la testa dell’epididimo prima della riflessione.
Struttura
Il testicolo possiede la propria capsula fibrosa, detta tonaca albuginea. Da questa si dipartono una serie di setti
connettivali convergenti verso l’ilo, che vanno ad individuare una serie di lobuli testicolari, contenenti le unità
funzionali del testicolo, i tubuli seminiferi, che saranno in continuità col primo tratto delle vie spermatiche. I
setti confluiscono in corrispondenza di un addensamento centrale noto come mediastino testicolare, che si
porta fino alla superficie del margine posteriore e che è dipendenza della tonaca albuginea. A questo livello si
ritrova la rete testis. (+vedi micro per approfondimenti)
Vascolarizzazione – Arteria testicolare (o spermatica interna)
La principale sorgente del testicolo è l’arteria testicolare (o spermatica interna).
Nasce dalla superficie ventrale dell’aorta, al di sotto dell’arteria renale del proprio lato, a livello di L2.
Subito dopo l’origine, si dirige in basso e lateralmente, in posizione retroperitoneale, sui muscoli grande e
piccolo psoas.
- A destra l’arteria decorre al davanti della vena cava inferiore e posteriormente alla porzione orizzontale
del duodeno, alle arterie colica destra e media, alla radice del mesentere e all’ultimo tratto dell’ileo.

88
- A sinistra passa dietro la vena mesenterica inferiore, l’arteria colica di sinistra ed il tratto inferiore del
colon discendente.
Ambedue passano al davanti del nervo genitofemorale e all’uretere, cui cedono rami. Decorrono insieme con le
vene testicolari.
A livello di stretto superiore della pelvi l’arteria testicolare decorre lungo il muscolo grande psoas, incrocia
obliquamente i vasi iliaci esterni, giunge all’anello inguinale profondo, ove si impegna nel funicolo spermatico,
e con gli altri costituenti del cordone stesso percorre il canale inguinale ed entra nello scroto.
Nel canale inguinale fornisce rami per il canale deferente e per l’epididimo. I rami terminali li stacca a livello di
margine posteriore del testicolo: essi penetrano nel mediastino testicolare e nella tonaca albuginea a livello
dell’ilo del testicolo. Sotto la tonaca albuginea si forma la cosiddetta tonaca vascolare, da cui poi si dipartono i
rami diretti ai setti.
Ritorno venoso
Le vene testicolari superficiali e profonde si raccolgono in alcuni grossi tronchi a livello del margine posteriore
dell’organo. Questi, dopo avere raccolto le vene dell’epididimo, si portano in alto entrando a far parte del
funicolo spermatico dove si anastomizzano fra loro costituendo il plesso pampiniforme. Quest’ultimo continua
nelle vene testicolari:
- La vena testicolare destra sbocca direttamente nella vena cava inferiore, con angolo acuto.
- La vena testicolare sinistra sbocca nella vena renale sinistra, ad angolo retto.
Il varicocele consiste in varici (sfiancamento) a carico del plesso pampiniforme che nel 90% dei casi si verifica nel testicolo
sinistro. La causa di questa percentuale così alta si ritiene sia il fatto che la confluenza della vena testicolare sinistra
confluisca ad angolo retto nella renale sinistra -> questo può causare un problema emodinamico che porta ad un
insufficiente aspirazione del ritorno venoso ed alla conseguente formazione di varici nel plesso pampiniforme.

Vie spermatiche
Tubuli retti, rete testis e condottini efferenti
I tubuli retti sono contenuti nel testicolo e rappresentano l’inizio delle vie spermatiche. Ciascun tubulo retto (o
più di uno?) si continua bruscamente in un tubulo retto. I tubuli retti decorrono per breve tratto nel
mediastino, per anastomizzarsi poi con tubuli contigui costituendo la rete testis. La rete testis è formata da
canalicoli e lacune anastomizzate, scavate nel tessuto connettivo del mediastino testicolare. Dalla rete testis
prendono origine 10-15 condottini efferenti che emergono dalla superficie posteriore e superiore del testicolo
e si immettono nel condotto dell’epididimo formando la testa dell’epididimo.
I condottini efferenti si riuniranno nel primo che viene staccato dalla testa dell’epididimo.
Epididimo
L’epididimo è un organo pari, presenta forma allungata, ed è addossato al margine posteriore e al polo
superiore di ciascun testicolo; è contenuto nella tonaca vaginale propria. Riceve gli spermatozoi prodotti dal
testicolo, che vi si accumulano per tempi anche superiori ai sette giorni mentre maturano acquistando la motilità.
Per questa particolare disposizione testicolo ed epididimo sono paragonati ad un elmo con cimiero.
L’epididimo ha la forma di una virgola di 5 cm di lunghezza (5 metri se svolto) e viene suddiviso in testa,
corrispondente all’estremità superiore ingrossata, corpo, rappresentato dalla porzione intermedia cilindrica, e
coda, estremità inferiore che continua nel canale deferente.
La testa è arrotondata e aderisce al polo superiore e all’estremità superiore del margine posteriore del
testicolo grazie ai condottini efferenti che emergono dal mediastino, e alla riflessione della tonaca vaginale.
Al di sopra della testa dell’epididimo, connesso mediante un peduncolo, può essere presente un corpicciolo sferico di 1-2
mm di diametro, l’appendice dell’epididimo.
Il corpo dell’epididimo, approssimativamente cilindrico e appiattito in senso anteroposteriore, è applicato al
margine posteriore ed è esteso maggiormente verso la faccia laterale del testicolo, da cui è separato grazie al
seno dell’epididimo, un recesso della tonaca vaginale.

89
La coda dell’epididimo aderisce alla parte inferiore del margine posteriore del testicolo fino a raggiungerne il
polo inferiore cui è connesso mediante tessuto connettivo lasso; è collegata anche al fondo della borsa scrotale
dal legamento scrotale, rappresentato da tralci fibrosi residuo del gubernaculum testis.
Inferiormente, si incurva in alto e medialmente, continuando insensibilmente nel canale deferente.
Condotto deferente e condotti eiaculatori
Il condotto deferente ha lunghezza molto inferiore (40-45 cm) e fa seguito alla coda dell’epididimo.
Presenta una spessa tonaca muscolare che gli conferisce notevole consistenza e mostra una superficie esterna
liscia e regolare.
Parte testicolare. Nel suo tratto testicolare il condotto efferente è circondato da tessuto connettivo lasso,
rami dell’arteria testicolare e radici del plesso pampiniforme ed è addossato alla faccia posteromediale della
coda e del corpo dell’epididimo. Risale quindi medialmente ad esso inizialmente con decorso sinuoso per poi
farsi rettilineo abbandonando l’epididimo al limite fra corpo e testa per salire verticalmente ed entrare a far
parte del funicolo spermatico.
Parte funicolare. Il condotto deferente entra a far parte del funicolo spermatico insieme con arteria
spermatica interna, plesso pampiniforme, e legamento peritoneo-vaginale, che gli è posto subito al davanti.
Parte inguinale. Sempre contenuto nel funicolo spermatico, il condotto deferente prosegue la sua ascesa,
raggiunge l’orifizio inguinale esterno del canale inguinale e vi penetra per percorrere il canale inguinale
decorrendo obliquamente in alto e lateralmente fino al suo orifizio interno.
Parte addominopelvica. Una volta fuoriuscito dal canale inguinale entra nella cavità addominale collocandosi
nel connettivo sottoperitoneale e liberandosi dai rapporti con gli altri elementi del funicolo.
All’uscita del canale inguinale il deferente abbraccia esternamente i vasi epigastrici inferiori descrivendo una
curva a concavità mediale, incrocia quindi medialmente i vasi iliaci esterni, e decorre lungo la parete laterale
della piccola pelvi diretto in basso, medialmente e in dietro. Raggiunge la faccia posteriore della vescica
scavalcando l’uretere. Il condotto deferente si dirige verso la base della prostata mantenendosi mediale
rispetto alla rispettiva vescichetta seminale; in questo ultimo tratto l’aspetto non è più quello di un condotto
con lume regolare ma si slarga a formare l’ampolla deferenziale. Le due ampolle deferenziali confluiscono sulla
linea mediana e ricevono i dotti delle rispettive vescichette seminali formando i condotti eiaculatori. Le due
ampolle deferenziali, dilatate, delimitano medialmente uno spazio definito trigono interseminale. Fascia
vescicale e di denonvilliers (questa ultima si sdoppia) e vanno a formare una loggia per queste strutture, addossate alla
base vescicale**.
I condotti eiaculatori, destro e sinistro, sono due brevi dotti che collegano all’uretra le ampolle deferenziali
confluite con le vescichette seminali e decorrono nello spessore della prostata, con direzione dall’alto al basso
e dal dietro in avanti.
Vascolarizzazione
L’arteria deferenziale ha origine variabile, e può derivare dall’arteria ombelicale (o vescicale superiore), ma
molto più frequentemente deriva dall’ arteria vescicale inferiore, che è un altro ramo anteriore dell’arteria
ipogastrica. Un ramo dell’arteria deferenziale segue il deferente fino al punto di sbocco, a livello di ampolla, vi
sarà inoltre un altro ramo ricorrente che segue il deferente negli altri tratti, nel passaggio del canale inguinale,
nell’ambito del funicolo spermatico -> si vengono a creare una serie di anastomosi, nel tratto funicolare e
testicolare, tra rami dell’arteria deferenziale e rami per l’epididimo dell’arteria testicolare.
Funicoli o cordoni spermatici
Il funicolo spermatico si estende dal margine posteriore di ciascun testicolo all’orifizio interno del canale
inguinale, fungendo da peduncolo del testicolo. È formato da arterie, vene, linfatici, nervi, canale deferente e
legamenti, raccolti insieme da connettivo lasso e circondati da involucri muscoloconnettivali. È un cordone di
consistenza molle in cui si può palpare facilmente il canale deferente, del diametro di circa 1 cm e della
lunghezza media 14 cm. Nel suo tragitto il funicolo percorre dal basso verso l’alto la borsa scrotale (porzione

90
scrotale) e quindi il canale inguinale (porzione inguinale); una volta raggiunto l’orifizio inguinale interno si
risolve nelle varie formazioni che lo costituiscono.
Nel dettaglio il funicolo spermatico contiene le seguenti strutture:
- Il canale deferente occupa una posizione profonda, eccentrica all’indietro, ed è accompagnato
dall’arteria e dalle vene deferenziali e dall’omonimo plesso nervoso.
- L’arteria testicolare (o spermatica interna) è situata profondamente ma eccentrica in avanti.
- L’arteria spermatica esterna, ramo dell’arteria epigastrica inferiore, denominato anche funicolare o
cremasterico, si distribuisce agli involucri del funicolo decorrendo superficialmente.
- Il plesso pampiniforme è un plesso venoso derivante dalle vene testicolari superficiali e profonde che
provengono dal margine posteriore del testicolo assieme alle vene dell’epididimo. Il plesso
pampiniforme deriva dall’anastomosi di due plessi: l’uno anteriore e l’altro posteriore. A livello di
orifizio interno del canale inguinale il plesso posteriore confluisce nella vena epigastrica inferiore
omolaterale; il plesso anteriore di ciascun lato si riunisce in due vene satelliti delle arterie:
 La vena testicolare destra sbocca nella vena cava inferiore con angolo acuto.
 La vena testicolare sinistra sbocca nella vena renale sinistra con angolo retto.
- I vasi linfatici provengono dal testicolo e si portano ai linfonodi pre- e paraortici seguendo l’arteria testicolare
- I nervi sono rappresentati dal ramo genitale del nervo genitofemorale e dal nervo ileoinguinale, oltre
che dal plesso testicolare (fibre parasimpatiche).
- Il legamento peritoneo-vaginale, posto subito davanti al canale deferente, che è il residuo del canale
peritoneo-vaginale aperto in fase di sviluppo.
Il funicolo spermatico risulta rivestito dall’esterno verso l’interno da:
- Fascia spermatica esterna. Rappresenta l’espansione dell’aponeurosi del muscolo obliquo esterno
dell’addome attorno al funicolo spermatico ed a ciascun testicolo.
- Muscolo cremastere. È formato da fibre striate, dipendenza del muscolo obliquo interno, che vanno a
rivestire la porzione inguinale e scrotale del funicolo. In vicinanza del testicolo, i fasci muscolari si
espandono a ventaglio intrecciandosi con le loro estremità per circondare il testicolo esternamente alla
tonaca vaginale. di fatto l’intero testicolo.
- Fascia spermatica interna o tonaca vaginale comune. Sottile lamina connettivale ricca di fibre
elastiche derivante dalla fascia trasversalis durante la discesa del testicolo.
Ghiandole annesse alle vie spermatiche
Vescichette seminali
Le vescichette seminali sono due organi ghiandolari cavi di forma allungata, situati nella piccola pelvi
superiormente alla prostata tra la base della vescica e il retto. Esse hanno una forma conica, appiattita in senso
anteroposteriore, con superficie irregolare lobata, con fondo diretto in alto, in dietro ed esternamente e apice
unito alle ampolle deferenziali, per dare origine a un condotto eiaculatore per ciascun lato attraverso cui
comunicano con l’uretra. La vescichette seminali aderiscono alla parte posteriore della base della vescica, con
l’interposizione della fascia vescicale, e tra il loro fondo e la parete vescicale si interpone la parte terminale
degli ureteri. Posteriormente sono separate dalla faccia anteriore dell’intestino retto dalla faccia rettovescicale,
mentre la faccia posteriore del fondo delle vescichette risulta rivestita dal peritoneo del cavo retto-vescicale.
Medialmente sono costeggiate dalle ampolle deferenziali cui sono strettamente collegate da tessuto fibroso.
Prostata
La prostata è un organo solido, impari e mediano, posto nella piccola pelvi fra la base della vescica in alto, il
diaframma urogenitale in basso, posteriormente alla sinfisi pubica e davanti all’ampolla rettale.
Essa ha forma di castagna, più voluminosa nella parte superiore, che va a sostenere il collo vescicale, e che si
assottiglia verso il basso. La base superiore (o faccia vescicale) presenta anteriormente il punto di penetrazione
dell’uretra; posteriormente appare più sviluppata. Nella parte postero-superiore è attraversata, obliquamente,
anche dai condotti eiaculatori.
91
La prostata è rivestita da una guaina fibrosa (fascia prostatica), che rappresenta un addensamento del tessuto
connettivo sottoperitoneale e che contrae rapporti con gli organi vicini; esso contiene un plesso venoso
(prostatico), che presenta anastomosi superiormente con il plesso perivescicale.
- La superficie anteriore della fascia prostatica è separata dalla sinfisi pubica dallo spazio retropubico, o
spazio preprostatico (inferiormente quindi allo spazio prevescicale del Retzius), che misura all’incirca 2
cm, ove troviamo il plesso venoso di Santorini (vescico-prostatico) e rami delle arterie pudende interne,
immerse nel tessuto adiposo.
- Le superfici inferolaterali sono in rapporto con i fasci pubici del muscolo elevatore dell’ano.
- La superficie posteriore della guaina prostatica, avascolare, corrisponde alla fascia retto-prostatica di
Denonvilliers; questa risulta dalla fusione dei foglietti peritoneali della porzione più profonda del cavo
rettovescicale che nel feto giunge a interporsi tra la prostata anteriormente e l’ampolla rettale
posteriormente. La fascia prosegue in alto sulla superficie posteriore delle vescichette seminali, dei
dotti deferenti ed eiaculatori, fino a raggiungere il pavimento del cavo di Douglas; in basso si fissa al
centro tendineo del perineo. L’intimo contatto della superficie posteriore della prostata con la faccia anteriore
dell’ampolla rettale consente di palpare la prostata mediante l’esplorazione rettale.
- La faccia vescicale della prostata aderisce in avanti alla zona dell’orifizio uretrale interno e del trigono vescicale,
posteriormente è in rapporto con i condotti eiaculatori, le ampolle deferenziali, e l’apice delle vescichette
seminali.
- L’estremità inferiore della prostata è a contatto con il pavimento pelvico, in particolare con la
membrana terminale.
La prostata veniva una volta divisa in lobi in base ai condotti che gli decorrono; questo tipo di divisione è in
realtà possibile soltanto nelle prime fasi dello sviluppo.
Consideriamo che la prostata è rivestita da una capsula connettivale, che invia tralci all’interno dell’organo,
andando a costituire uno stroma fibromuscolare, particolarmente ispessito nella porzione anteriore
dell’organo (anteriore rispetto all’uretra prostatica), dove manca la componente ghiandolare.
La componente ghiandolare (parenchima) è invece disposta in 3 aree:
- Zona che circonda l’uretra (5-10%) in cui le ghiandole si aprono indipendentemente nell’uretra. È la
zona di transizione -> è la sede dell’ipertrofia prostatica benigna (in realtà iperplasia), che è un
adenoma benigno molto comune nella vecchiaia -> difficoltà alla minzione per compressione della
uretra prostatica.
- Zona intermedia (20-25%) in cui i dotti ghiandolari confluiscono in 2 dotti principali, 1 per parte, che si
aprono nei seni prostatici. È la zona centrale.
- Zona periferica (70-75%) in cui le ghiandole sono particolarmente dilatate, ed anche qui si aprono nei
dotti principali -> è la sede del carcinoma della prostata.
Adenoma benigno e carcinoma della prostata sono patologie differente, non è la prima che evolve nella seconda.
La componente muscolare liscia presente nello stroma che circonda gli adenomeri e i dotti escretori determina,
contraendosi, lo svuotamento episodico dell’organo al momento della eiaculazione.
Ghiandole bulbouretrali
Le ghiandole bulbouretrali di Cowper sono due corpiccioli sferoidali situati nella loggia perineale profonda; sono le più
piccole ghiandole annesse alle vie spermatiche. Esse misurano circa 1 cm di diametro e sono poste nello spessore del
muscolo trasverso del perineo, lateralmente all’uretra membranosa, circondate dai fasci del muscolo sfintere striato
dell’uretra che contraendosi ne determina la spremitura.
Il dotto escretore emerge dalla faccia inferiore della rispettiva ghiandola e si dirige in avanti e medialmente, attraversa la
membrana perineale addentrandosi nello spessore del bulbo dell’uretra; dopo un tragitto di circa 3 cm sbocca, mediante
un sottile orifizio, nella parete inferiore dell’uretra cavernosa, al limite anteriore della fossa del bulbo.

Uretra maschile
L’uretra maschile è un condotto della lunghezza media, nell’adulto, di 18-20 cm; ha origine a livello dell’apice
anteriore del trigono vescicale (meato uretrale interno) e termina alla sommità del glande del pene (meato
uretrale esterno).
92
- Uretra preprostatica. In seguito alla sua origine dal meato uretrale interno l’uretra decorre per un
breve tratto ristretto, circa 1 cm, a livello di collo vescicale per poi immettersi nella prostata. Questo
tratto ha la caratteristica di veicolare solo urina; nei tratti successivi, dallo sbocco dei dotti eiaculatori
fino al meato uretrale esterno, permette anche il passaggio dello sperma durante l’eiaculazione (uretra
comune).
Uretra prostatica. L’uretra penetra all’interno della prostata e l’attraversa dalla base fino all’apice,
situata superiormente più vicino alla sua faccia anteriore e inferiormente a quella posteriore. I rapporti
dell’uretra in questa porzione si stabiliscono quindi tramite l’interposizione della prostata. In questo tratto vi
confluiscono i condotti eiaculatori.
- Uretra membranosa. Abbandonata la prostata l’uretra attraversa con decorso obliquo in basso ed in
avanti la membrana perineale, lo strato fasciale (trigono urogenitale). L’uretra membranosa si trova a
circa 2,5 cm postero-inferiormente alla sinfisi pubica.
- Uretra spongiosa. Oltrepassata la membrana perineale, dopo un breve tratto in cui non presenta
rivestimenti particolari (parte pretrigonale dell’uretra), l’uretra penetra obliquamente dall’alto in basso
e dal di dietro in avanti nel corpo spongioso. Subito all’inizio di questo tratto presenta un aspetto
slargato, forma una parte più voluminosa che poi si restringe -> bulbo dell’uretra.
Completamente avvolta dal corpo spongioso penetra quindi nella parte libera del pene, collocandosi
nella doccia che si costituisce inferiormente per l’accollarsi dei due corpi cavernosi del pene. Giunta
all’estremità del pene, l’uretra sbocca all’esterno in corrispondenza dell’apice del glande mediante un
orifizio a forma di fessura verticale, il meato uretrale esterno.
Nel tratto prostatico l’uretra scende in basso quasi verticalmente, con una leggera convessità posteriore, per
piegare poi in avanti, in corrispondenza della porzione membranosa. Tale curva, a concavità antero-superiore,
denominata curva sottopubica, si completa con il tratto iniziale dell’uretra spongiosa, dove il canale uretrale
assume un decorso obliquo in alto e in avanti. Subito anteriormente alla sinfisi pubica, dove l’uretra abbandona
la regione perineale e penetra nella porzione libera del pene, il condotto cambia decorso dirigendosi in basso e
descrivendo una seconda curva a concavità postero-inferiore, la curva prepubica. Mentre la curva sottopubica
è permanente e può essere attenuata solo stirando fortemente il pene verso il basso, la seconda curva è molto
variabile: in particolare scompare durante l’erezione o quando si avvicini il pene alla parete addominale
anteriore.
Superficie interna
Le pareti dell’uretra sono molli ed elastiche e ne permettono, entro certi limiti, la distensione. Allo stato di
distensione fisiologica, il lume diviene nell’insieme cilindrico, ma presenta alternanze di restringimenti e
dilatazioni. Il meato uretrale interno è più ristretto della successiva porzione prostatica dell’uretra. L’uretra
prostatica rappresenta una porzione dilatata compresa tra due restringimenti: a monte lo sfintere
preprostatico, a valle lo sfintere striato dell’uretra nel tratto membranoso di questa.
- Lo sfintere preprostatico, di muscolatura liscia, è formato da due strati di muscolatura longitudinale
che circondano uno strato di muscolatura circolare. Esso è uno sfintere solo genitale, la sua contrazione
impedisce l’entrata del liquido seminale in vescica (il liquido seminale è immesso nell’uretra in seguito
ad un riflesso simpatico).
- Lo sfintere uretrale distale, di muscolatura striata, è più sviluppato anteriormente: esso ha una parte
superiore che si estende superiormente al di sopra della parete anteriore della prostata ed una parte
inferiore che costituisce il vero e proprio sfintere. Questo va a formare un rivestimento circolare del
tratto membranoso. Le fibre striate che formano lo sfintere stesso sono in parte dipendenza dei
muscoli del pavimento pelvico, ma non si comprende in che percentuale (alcuni dicono addirittura che
questi fasci siano autonomi, ma almeno una parte è dipendente).
Nella parete posteriore dell’uretra prostatica si trova un rilievo longitudinale, il collicolo seminale, a contorno
ellittico e superficie liscia; le sue estremità continuano in una piega mediana della mucosa, la cresta uretrale, la
quale superiormente termina in corrispondenza del contorno posteriore del meato uretrale interno, mentre

93
inferiormente si prolunga fino all’uretra membranosa biforcandosi nei frenuli della cresta uretrale. Ai lati del
collicolo seminale, fra questo e le pareti laterali dell’uretra, decorrono i solchi laterali del collicolo seminale o
seni prostatici. Sulla sommità del collicolo si apre, mediante un piccolo orifizio, l’otricolo prostatico, costituito
da un diverticolo a fondo cieco, che rappresenta il residuo della porzione caudale dei dotti paramesonefrici di
Muller, che nella femmina si sviluppano per costituire l’utero e parte della vagina. Circa a metà altezza, sulle
pareti laterali del collicolo seminale sboccano i dotti eiaculatori mediante due piccoli orifizi allungati. Nei solchi
laterali del collicolo e anche nelle pareti laterali e anteriore dell’uretra prostatica si trovano inoltre, in numero
notevole, gli orifizi puntiformi dei dotti escretori delle ghiandole prostatiche.
Al restringimento dell’uretra membranosa fa seguito una dilatazione nella prima parte dell’uretra
spongiosa, la fossa del bulbo, che corrisponde al bulbo dell’uretra. In corrispondenza di questa fossa si
ritrovano gli orifizi dei condotti escretori delle due ghiandole bulbouretrali di Cowper. L’uretra spongiosa è
praticamente cilindrica a diametro uniforme fino alla fossa navicolare, una dilatazione del tratto terminale
dell’uretra; in corrispondenza di essa è presente una piega semilunare della mucosa, denominata valvola della fossa
navicolare (di Guèrin). Lungo tutta l’uretra spongiosa, esistono altri piccoli orifizi dati dagli sbocchi delle ghiandole uretrali
e, particolarmente nella sua parte anteriore, piccoli infossamenti della mucosa, disposti in serie longitudinali e denominati
lacune uretrali (di Morgagni).
Vasi dei genitali esterni
Le arterie pudende interne forniscono come rami terminali:
- L’arteria profonda del pene (o cavernosa), che passa attraverso la membrana perineale, penetra nella
radice del pene su ciascun lato e decorre per tutta la lunghezza del corpo cavernoso, distribuendosi al
tessuto erettile. All’interno del corpo le arterie cavernose si aprono direttamente o indirettamente
attraverso arterie elicine, con andamento elicoidale, negli spazi cavernosi.
- L’arteria dorsale del pene decorre tra la radice del pene e la sinfisi pubica, quindi perfora il legamento
sospensore del pene (o setto scrotale) per decorrere lungo il suo dorso fino al glande, dove si biforca in
rami per il glande e il prepuzio.
- L’arteria del bulbo del pene è ceduta dalla pudenda interna prima della divisione nei rami terminali.
Le vene dorsali del pene, superficiale e profonda, sono impari.
- La vena dorsale profonda del pene riceve sangue dal glande del pene e dalle vene che drenano i corpi
cavernosi. Questa si dirige indietro sulla linea mediana tra le arterie dorsali accoppiate. In prossimità
della radice del pene, passa profondamente al legamento sospensore e attraverso uno spazio
compreso tra il legamento arcuato del pube e il margine anteriore della membrana perineale. Termina
dividendosi nei rami destro e sinistro, che si collegano al di sotto della sinfisi pubica con le vene
pudende interne e che, infine, penetrano nel plesso prostatico.
- La vena dorsale superficiale del pene drena il prepuzio e la cute peniena: decorre indietro e piega
verso destra o sinistra, prima di aprirsi in una vena pudenda esterna.
Questa distribuzione dei vasi ha a che vedere con il meccanismo di erezione del pene. Le masse di tessuto
cavernoso sono circondate dalla tonaca albuginea e sono formate da una serie di cavità che hanno una parete
e sono tappezzate da un endotelio. Sono inoltre in comunicazione con le arterie elicine provenienti dall’arteria
profonda del pene, che sboccano nelle cavità cavernose stesse. In seguito ad un meccanismo in parte riflesso
ma che coinvolge anche centri molto superiori come ipotalamo si ha stimolazione del parasimpatico sacrale
(S2-S4) -> vasodilatazione delle arterie elicine (queste normalmente hanno il lume quasi chiuso per la presenza
al di sotto dell’endotelio di uno specifico corredo di cellule mioepitelioidi) -> in seguito alla dilatazione le cavità
del tessuto spongioso si riempiono di sangue -> aumenta lo stato di tensione sulla tonaca albuginea, che
provoca un ostacolo al deflusso venoso -> erezione. Il maggior ostacolo al deflusso è a livello di muscolo
bulbocavernoso, che ostacola il deflusso da parte della vena dorsale profonda.
L’ortosimpatico agisce invece provocando contrazioni ritmiche, forti, imminenti -> eiaculazione.

94
Diaframma pelvico
Il muscolo piriforme ed il muscolo otturatore interno formano la parete laterale del bacino.
Il pavimento pelvico delimita al di sopra di esso la cavità pelvica ed al di sotto il perineo. Esso è Formato da
due muscoli, il più voluminoso è il muscolo elevatore dell’ano e l’altro è il muscolo ischiococcigeo (o coccigeo) -
> si forma una lamina muscolare con la concavità rivolta verso l’interno della cavità pelvica.
Muscolo elevatore dell’ano
Il muscolo elevatore dell’ano è una larga lamina muscolare di spessore variabile, inserito sulla superficie interna
della piccola pelvi, della quale forma gran parte del pavimento. Il muscolo è suddiviso in differenti parti ma non
è possibile individuarne facilmente i limiti; in realtà si può considerare come unico muscolo formato da fasci
mediali (muscolo pubococcigeo) e da fasci laterali (muscolo ileococcigeo).
- I fasci mediali (muscolo pubo-coccigeo) si inseriscono sulla parte posteriore del corpo del pube,
lateralmente alla sinfisi pubica. Anteriormente infatti il pavimento risulta incompleto come strato
muscolare, in corrispondenza dell’occhiello nel quale passa la vena dorsale profonda del pene.
I fasci si portano posteriormente e:
 Le fibre più mediali (che risultano in contatto con la vagina nella femmina) si vanno a fondere
con le controlaterali andando a circondare il retto a formare una sorta di fionda -> fibre pubo-
rettali. Queste fibre determinano nel retto la flessura perineale, a concavità posteriore.
Alcune fibre si uniscono alla muscolatura longitudinale del retto.
 Le restanti fibre più laterali proseguono posteriormente per andare a saldarsi a livello di
coccige, confluendo sulla linea mediana nel rafe ano-coccigeo.
- I fasci laterali (muscolo ileo-coccigeo) si inseriscono sull’arco tendineo del muscolo elevatore dell’ano
(o arco tendineo del perineo (o del diaframma pelvico)), un ispessimento della fascia che riveste il
muscolo otturatorio e che ha un andamento arcuato. Le fibre posteriori sono inserite sull’apice del
sacro e del coccige ma la maggior parte confluiscono con le controlaterali per formare il rafe ano-
coccigeo. Il rafe fornisce, posteriormente, una robusta inserzione per il pavimento pelvico e deve essere
sezionato per consentire resezioni ampie del canale anorettale.
Muscolo ischiococcigeo (o coccigeo)
Il muscolo ischiococcigeo ha dimensioni molto più modeste del muscolo elevatore dell’ano ed è posto postero-
superiormente a quest’ultimo. Esso origina dalla spina ischiatica e si porta medialmente per inserirsi sulla
porzione distale della faccia pelvica del sacro, nella sua porzione laterale, inferiormente al muscolo piriforme,
con cui contrae rapporto.
Rivestimenti fasciali
Il diaframma pelvico ha una propria fascia su entrambi i versanti. Sul versante interno (pelvico) la fascia del
diaframma costituirà una delle porzioni delle fasce della pelvi, nota come fascia parietale della pelvi. Questa
risulta composta dalla fascia otturatoria, dalle fasce rivestono superiormente il muscolo piriforme e il muscolo elevatore
dell’ano e dalla fascia presacrale. L’altra porzione fasciale della pelvi è nota come fascia viscerale della pelvi (o fascia
pelvica), e costituisce il rivestimento degli organi pelvici e dei rispettivi vasi e nervi.
Al di fuori invece oltre allo strato fasciale del diaframma pelvico sul versante esterno ritroviamo altri strati, che
vanno a formare quella regione definita come perineo.
Funzioni del diaframma pelvico
 Sostegno agli organi pelvici
 Contrazione sinergica alla muscolatura addominale (aumento P addominale)
 Costrizione laterale dei canali viscerali, contribuendo alla continenza
 Sollevamento dell’ano (funzione propria delle fibre mediali della porzione pubo-coccigea del muscolo
elevatore dell’ano, che sono le uniche, nonostante il nome, ad avere questa funzione)
Nei mammiferi caudati:
- I muscoli ileo-coccigeo e ischio-coccigeo (laterali) permettono movimenti laterali della coda
- Il muscolo pubo-coccigeo (mediale) permette di portare la coda tra le zampe posteriori.

95
Perineo
Il perineo è una regione anatomica superficiale a forma di losanga, situata al di sotto del pavimento pelvico, tra
la faccia interna delle cosce e anteriormente a sacro e coccige. È di solito descritto come si osserva in una persona in
posizione supina con le anche in adduzione e parziale flessione.
I vertici della losanga sono dati da strutture ossee -> esso è delimitato:
- Anteriormente dal margine inferiore della sinfisi pubica.
- Lateralmente le tuberosità ischiatiche.
- Posteriormente dall’ apice del coccige.
- Antero-lateralmente dai rami ischiopubici.
- Postero-lateralmente dai legamenti sacro-tuberosi
Il limite profondo del perineo è la superficie inferiore del diaframma pelvico.
Una linea ideale che unisce le tuberosità ischiatiche divide la losanga del perineo in due regioni triangolari non
simmetriche tra loro: l’una anteriore, il triangolo uro-genitale, e l’altra posteriore, il triangolo anale.
Triangolo uro-genitale
Procedendo con un approccio topografico iniziamo sezionando la cute, che è in continuità con quella della
porzione mediale della coscia e della parete addominale antero-inferiore. Profondamente alla cute vi è il
tessuto adiposo sottocutaneo, prosecuzione della fascia adiposa di Camper. Continuando la dissezione
ritroviamo lo strato fibroso profondo del sottocute, che nella regione del triangolo uro-genitale prende il nome
di fascia di Colles (o fascia perineale sottocutanea). Questa risulta in continuità con la tonaca dartos, che costituisce il
sottocute a livello di testicoli e pene; con la fascia lata a livello di coscia; più superiormente con la fascia di Scarpa nella
parete addominale anteroinferiore.
Sezionando la fascia di Colles possiamo osservare un primo strato muscolare, costituito da tre muscoli pari, che
costituisce la loggia perineale superficiale.
Muscolo trasverso superficiale del perineo
Questo muscolo va in pratica a costituire la base del trigono uro-genitale. Esso è costituito da sottili fascetti
muscolari che decorrono quasi trasversalmente attraverso lo spazio perineale superficiale, anteriormente
all’ano. Su entrambi i lati, il muscolo è inserito sui versanti mediale e anteriore della tuberosità ischiatica.
Medialmente, le fibre decorrono per lo più nel centro tendineo del perineo, sebbene alcune di esse possano
anche passare nel muscolo bulbocavernoso omolaterale o nello sfintere anale esterno.
Funzione:
- I muscoli trasversi, fissandosi sul corpo perineale, contribuiscono a stabilizzare i visceri che
attraversano gli strati più superficiali.
Muscolo ischiocavernoso
I muscoli ischiocavernosi seguono i lati del trigono uro-genitale.
- Nel sesso maschile il muscolo ischiocavernoso va a ricoprire le radici dei corpi cavernosi del pene. È
inserito mediante fibre tendinee e muscolari sul versante mediale della tuberosità ischiatica,
posteriormente, e sul ramo ischiatico. Queste fibre terminano in un’aponeurosi che è inserita ai lati e
sotto la superficie della parte posteriore dei corpi cavernosi.
- Nel sesso femminile, il muscolo ischiocavernoso è in rapporto con la radice (o pilastro) dei corpi
cavernosi del clitoride e ha un’inserzione molto più piccola sul ramo ischiopubico, ma per il resto è del
tutto simile al muscolo corrispondente del sesso maschile.
Funzione:
- Nel sesso maschile comprimendo la radice dei corpi cavernosi del pene può contribuire a mantenere
l’erezione.
- Nel sesso femminile comprimendo la radice dei corpi cavernosi del clitoride, può contribuire a
mantenere l’erezione.
Muscolo bulbocavernoso
Il muscolo bulbocavernoso presenta delle differenze tra i sessi.
96
- Nel sesso maschile, è posto sulla linea mediana, anteriormente al centro tendineo del perineo. Consiste
di due parti simmetriche unite da un rafe mediano fibroso. Le fibre prendono inserzione sul centro
tendineo del perineo, sul muscolo trasverso superficiale del perineo e sul muscolo sfintere esterno
dell’ano; esse divergono dal rafe mediano come i lati di una piuma. Il muscolo circonda il bulbo
dell’uretra spongiosa e l’adiacente corpo spongioso (cavernoso) e si inserisce su un’aponeurosi posta
sulle loro superfici dorsali. Le fibre anteriori si irradiano al di sopra e ai lati dei corpi cavernosi,
terminando in parte in questi, anteriormente al muscolo ischiocavernoso, e in parte in un’espansione
tendinea che copre i vasi dorsali del pene.
- Nel sesso femminile il muscolo bulbocavernoso si inserisce anche sul centro tendineo del perineo, ma
esso risulta separato su entrambi i lati senza fibre di interconnessione e copre le porzioni superficiali
dei bulbi vestibolari e delle ghiandole vestibolari maggiori (del Bartolino), più posteriormente. Le
fibre decorrono anteriormente sui due lati della vagina per inserirsi sui corpi cavernosi del clitoride, e
alcune fibre si confondono con la porzione anteriore dei muscoli ischiocavernosi.
Funzione:
- Il muscolo bulbocavernoso contribuisce a svuotare l’uretra dalle urine, dopo che si è svuotata la
vescica. Durante la minzione i suoi fasci sono rilassati, ed in genere entrano in azione verso la fine.
- Nel sesso maschile esso contribuisce fortemente al mantenimento dell’erezione, in quanto le fibre
intermedie comprimono il tessuto erettile del bulbo e le fibre anteriori contribuiscono a comprimere la
vena dorsale profonda del pene.
- Nel sesso femminile il muscolo bulbocavernoso agisce costringendo l’orifizio vaginale e spremendo le
secrezioni delle ghiandole vestibolari maggiori. Le sue fibre anteriori contribuiscono all’erezione del
clitoride comprimendo la vena dorsale profonda del clitoride.
I muscoli superficiali del perineo possiedono un rivestimento fasciale proprio, noto come fascia di Gallaudet
(leggi Gaiodé), che spesso risulta fusa con la più superficiale fascia di Colles.
Procedendo con la dissezione dei muscoli ritroviamo in profondità una membrana di forma triangolare, la
membrana perineale (di Carcassone), formata da due strati. Questa si estende quasi orizzontalmente sopra lo
spazio perineale profondo, a rivestire il muscolo trasverso profondo del perineo. Nel sesso maschile la membrana
perineale è incrociata dall’uretra (2-3 cm dietro al margine inferiore della sinfisi), dai dotti delle ghiandole bulbouretrali
(posterolateralmente all’orifizio uretrale), e dai vasi e nervi che si portano al pene. Nel sesso femminile la membrana
perineale è meno definita rispetto a quella del sesso maschile. Essa è incrociata dall’uretra (2-3 cm dietro al margine
inferiore della sinfisi), dalla vagina (in posizione centrale), dai dotti delle ghiandole del Bartolino (posterolateralmente
all’orifizio uretrale) e da strutture vascolari e nervose.
Sezionando anche la membrana perineale (di Carcassone) si accede alla loggia perineale profonda, in cui si
ritrova il muscolo trasverso profondo e, nel maschio, le ghiandole bulbouretrali di Cowper, accolte nello
spessore del muscolo stesso.
Muscolo trasverso profondo del perineo
Questo muscolo forma una lamina muscolare incompleta che è teso tra i due rami ischiatici. Posteriormente, la
lamina è inserita sul corpo perineale, dove le sue fibre decussano con quelle del lato opposto. Anteriormente,
mancando la porzione muscolare, le formazioni viscerali attraversano gli strati fasciali (fascia endopelvica e
membrana perineale). Questo muscolo viene in contatto con i visceri.
Funzione:
- Insieme con il muscolo trasverso superficiale, i suoi fasci muscolari agiscono per ancorare il corpo
perineale al piano mediano e contribuiscono a sostenere i visceri che lo attraversano.
Profondamente ritroviamo il diaframma pelvico ed i visceri pelvici.
Esclusivamente nel sesso femminile osserviamo la presenza di due ulteriori muscoli.
Muscolo compressore dell’uretra
Origina dai rami ischiopubici di ciascun lato per mezzo di un piccolo tendine. Le sue fibre passano
anteriormente per unirsi con la loro controparte controlaterale in una banderella appiattita che è posta
anteriormente all’uretra, sotto lo sfintere uretrale.
97
Sfintere uretrovaginale
Origina dal centro tendineo del perineo. Le fibre passano in avanti su entrambi i lati della vagina e dell’uretra
per unirsi alla loro controparte controlaterale in una banderella appiattita, anteriormente all’uretra, sotto il
muscolo compressore dell’uretra.
Azione: La direzione delle fibre del muscolo compressore dell’uretra e dello sfintere uretrovaginale suggerisce
che esse contribuiscano alla continenza nel sesso femminile.
Centro tendineo del perineo (o corpo perineale)
Il centro tendineo del perineo è un’aggregazione mal definita di tessuto fibromuscolare situato sulla linea
mediana alla congiunzione tra i triangoli anale e urogenitale. Il nome è scorretto per due motivi: intanto non è al
centro, essendo i due triangoli asimmetrici, inoltre non è una struttura solamente tendinea ma anche muscolare.
Il centro tendineo del perineo riceve:
- Anteriormente fibre dal muscolo trasverso profondo del perineo, trasverso superficiale del perineo e
bulbocavernoso.
- Posteriormente si fonde con le fibre della porzione intermedia del muscolo sfintere anale esterno.
- Superiormente confluisce il setto di Denonvilliers.
Lacerazioni spontanee di questa formazione, dovute al parto, sono spesso associate a un danno delle fibre anteriori dello
sfintere anale esterno (-> defecazione involontaria). La resezione deliberata del centro tendineo del perineo per facilitare il
parto (episiotomia), effettuata quando vi è il rischio di ipossia del bambino, è effettuata in modo obliquo con direzione
laterale per evitare tali lesioni. Se vi è il tempo di pianificarla l’episiotomia viene pianificata e avviene in seguito ad
anestesia del nervo pudendo; in caso di urgenza questa pratica può essere svolta anche senza anestesia.
Triangolo anale
Nel triangolo anale l’unico piano muscolare è rappresentato dal muscolo sfintere striato dell’ano, per la cui
trattazione si rimanda all’intestino retto. Tutto il resto dello spazio è occupato dalla fossa ischiorettale.
Fossa ischiorettale
La fossa ischiorettale è una regione approssimativamente a ferro di cavallo che occupa la maggior parte del
triangolo anale. Essa è riempita da tessuto adiposo e in alcuni casi da vasi sanguigni.
Le “braccia” del ferro di cavallo sono triangolari in sezione poiché l’elevatore dell’ano è inclinato in basso verso
la giunzione anorettale.
- Al centro del ferro di cavallo ritroviamo il canale anale e i suoi sfinteri; sopra di loro
- Il limite mediale profondo della fossa è formato dalla fascia profonda dell’elevatore dell’ano.
- Antero-lateralmente, il confine esterno della fossa è costituito in profondità dalla fascia profonda del
muscolo otturatore interno e più superficialmente dalle tuberosità ischiatiche.
- Postero-lateralmente, il confine esterno è costituito dal margine inferiore del muscolo grande gluteo e
dal legamento sacrotuberoso.
- Anteriormente, il limite superficiale della fossa è formato dalla superficie posteriore dei muscoli
trasversi del perineo.
In profondità non esiste un confine netto tra i tessuti profondi e la fossa, tanto che questa si prolunga
anteriormente sia fino alla superficie posteriore del pube sia sotto l’inserzione dell’elevatore dell’ano -> recessi
che creano comunicazione con la regione pubica. Posteriormente, la fossa contiene l’inserzione dello sfintere anale
esterno in corrispondenza dell’apice del coccige: al di sopra e al di sotto di questo, il tessuto adiposo della fossa è
ininterrotto a cavallo della linea mediana. Queste propaggini della fossa ischiorettale spiegano la possibile
trasmissione di episodi infiammatori dalle fosse ischiorettali fino alla vescica, una sintomatologia che può
ricordare l’alterazione della funzionalità vescicale.
I vasi pudendi interni e i nervi che li accompagnano sono posti nella parete laterale della fossa ischiorettale,
circondati dalla fascia che forma il canale pudendo (di Alcock).
Il setto fibroso trasverso che separa la porzione intermedia dalla porzione sottocutanea del muscolo sfintere
esterno dell’ano si continua lateralmente fino alla porzione ischiatica del bacino suddividendo la fossa in:
- Una parte superficiale (o perianale), contenente lobuli adiposi di dimensioni piuttosto piccole.
- Una parte profonda, con lobuli adiposi di dimensioni molto maggiori.
98
Dissezione della regione perineale: Cute -> fascia adiposa di Camper (sottocute superficiale) -> fascia di Colles (sottocute
profondo) -> fascia di Gallaudet (fascia propria dei muscoli) -> (posteriormente tessuto adiposo delle fosse ischiorettali) ->
muscoli perineali superficiali (trasverso superficiale, ischiocavernoso, bulbocavernoso) -> membrana perineale (di
Carcassone) -> muscolo trasverso profondo del perineo -> fascia esterna dell’elevatore dell’ano -> elevatore dell’ano ->
fascia interna dell’elevatore dell’ano -> fascia pelvica (viscerale) (tessuto sottoperitoneale): tessuto connettivo che può
essere ispessito costituendo legamenti e guaine vascolari.
Arteria pudenda interna
L’arteria pudenda interna è un ramo del tronco anteriore dell’arteria ipogastrica. Gli antichi anatomici la
consideravano un ramo terminale vista la prosecuzione del decorso nel tratto iniziale.
Origina subito al di sotto dell’origine dell’arteria otturatoria.
Questa discende lateralmente fuoriuscendo dalla piccola pelvi attraverso il compartimento sottopiriforme del
grande foro ischiatico (tra muscolo piriforme e muscolo ischiococcigeo); curva poi intorno alla spina ischiatica
per entrare nel perineo attraverso il piccolo foro ischiatico. L’arteria pudenda interna emette numerosi rami
muscolari nella pelvi e nella regione glutea che vascolarizzano i nervi e i muscoli adiacenti.
Nella sua porzione perineale l’arteria pudenda interna decorre sulla parete laterale della fossa ischiorettale nel
canale pudendo (di Alcock) insieme a vena pudenda interna e nervo pudendo (+nervo dorsale del pene (o del
clitoride), che è già stato emesso dal nervo pudendo). Detto canale è formato da uno sdoppiamento della fascia del
muscolo otturatore interno, ed è posto all’incirca 4 cm al di sopra del limite inferiore della tuberosità ischiatica.
La posizione in cui va a decorrere il fascio vascolo-nervoso è ottimale, in quanto non vengono attraversati piani muscolari
e non viene quindi indebolito il pavimento pelvico.
Appena entrata nel canale l’arteria pudenda interna cede:
- Arteria rettale (o emorroidale) inferiore. Questa si va a distribuire a tutto il canale anale -> i suoi rami
andranno in parte ad anastomizzarsi con rami terminali dall’arteria rettale superiore, proveniente
dall’arteria mesenterica inferiore.
In questa posizione laterale decorre da dietro in avanti tutto l’otturatore e, una volta giunta alla base del
trigono urogenitale, emette:
- Arteria perineale. Da questa originano:
 Rami per la vascolarizzazione dei muscoli dei vari strati del trigono urogenitale.
 Rami superficiali che si portano ai genitali esterni: arterie scrotali posteriori nel maschio e
arterie labiali posteriori nella femmina.
L’arteria pudenda interna quando si avvicina al margine del ramo ischiatico, procede al di sopra o al di sotto
della membrana perineale, lungo il margine mediale del ramo pubico inferiore e termina al di dietro del
legamento pubico inferiore, dando luogo ai suoi rami terminali:
- Arteria profonda del pene (o del clitoride)
- Arteria dorsale del pene (o del clitoride)
Nel maschio prima di cedere i rami terminali la pudenda interna cede un ramo per il bulbo del pene.
Vena pudenda interna
La vena pudenda interna è satellite dell’arteria pudenda interna e decorre anch’essa nel canale di Alcock.
Riceve rami che sono anch’essi satelliti dei rami dell’arteria e terminerà confluendo nella vena ipogastrica.
Da ricordare la vena dorsale del pene (o del clitoride) che decorre nell’occhiello tra sinfisi pubica e parte
anteriore della membrana perineale (di fatto legamento trasverso del pube) e che va a drenare nel plesso
vescico-prostatico, il quale confluisce nelle vene vescicali e nella vena ipogastrica -> anastomosi.
Nervo pudendo
Il nervo pudendo interno accompagna l’arteria e la vena pudende interne nel canale di Alcock.
Questo si distribuisce a tutti i piani muscolari di questa zona, compreso elevatore dell’ano e i muscoli sfinteri
striati di uretra e dell’ano. Esso emette rami che hanno lo stesso nome e decorso dei vasi:
- Nervo emorroidale inferiore
- Nervo perineale
- Nervo dorsale del pene (o del clitoride)

99
Nel caso vi sia necessità di anestetizzare questa regione urogenitale si può procede all’anestesia del nervo pudendo (per
esempio per una episiotomia programmata). Come punto di repere si utilizza la spina ischiatica, la quale è circondata dal
fascio vascolo-nervoso pudendo prima che questo entri nel canale di Alcock. In questo modo il nervo viene anestetizzato
prima che ceda i suoi rami.

ORGANOGENESI DELL’APPARATO UROGENITALE


Lo sviluppo dell’apparato urinario è inizialmente correlato a quello dell’apparato genitale: i dotti escretori di
entrambi sboccano in una cavità comune, la cloaca.
Sviluppo dell’apparato urinario
- Abbozzo primitivo del rene: nefrotomo o cresta nefrogenica (sottile striscia di mesoderma laterale alla
cresta genitale) che alla III settimana appare nel mesoderma intermedio sulla parete posteriore della
cavità addominale, fra i somiti e la piastra laterale.
Inizio IV settimana – PRONEFRO
7/10 paia di tubuli rudimentali che compaiono nel contesto della parte cervicale della cresta nefrogenica
(nefrotomo). Sono transitori, NON funzionali. Contribuiscono solo alla formazione di 1 paio di dotti (dotti
pronefrici) che crescono in direzione caudale e si aprono nella cloaca.
Fine IV settimana – MESONEFRO
Caudalmente ai tubuli del pronefro (segmenti toracici superiori e lombari superiori), nel mezzo della cresta
urogenitale, compaiono circa 40 coppie di tubuli che si accrescono verso i dotti del pronefro, con i quali si
fondono, e che ora prendono il nome di dotti mesonefrici (di Wolff), nei quali si aprono.
- L’estremità mediale (cieca) di ciascun tubulo è dilatata e contrae rapporto con un gomitolo di capillari
provenienti dall’aorta dorsale (glomeruli).
Mano a mano che in senso caudale procede la formazione dei tubuli, contemporaneamente inizia la
degenerazione dei tubuli più craniali.
Il mesonefro umano acquisisce funzione escretoria alla VI settimana, ma i tubuli e i glomeruli iniziano a
degenerare subito dopo.
Fine V settimana – METANEFRO (rene definitivo)
Nella parete di ogni condotto del mesonefro (di Wolff) in vicinanza del suo sbocco in cloaca, si forma una
gemma (diverticolo) ureterale (condotto del metanefro), tubo a fondo cieco la cui estremità si allarga a
formare la primitiva pelvi renale, che presto si divide nei calici primari e poi secondari.
Dalla parete di ciascun calice secondario si generano i tubuli collettori.
Intorno a tale estremità dilatata e ramificata dell’abbozzo ureterale si modella il tessuto metanefrogenico
(derivante dalla parte sacrale del mesoderma intermedio).
Abbozzo ureterale -> Sistema collettore
(Condotto del metanefro) - Uretere
- Pelvi renale
- Calici maggiori e minori
- Tubuli collettori
Mesoderma metanefrogenico -> Sistema filtrante (nefrone)
Piccole vescicole intorno alle estremità dilatate dei tubuli collettori.
Sulla superficie esterna di tali vescicole compare presto un’intaccatura
(curva a S), sede del futuro glomerulo.
La gran parte delle cellule metanefrogeniche si differenzia nei tubuli renali, ma alcune si differenziano in cellule
mesenchimali che vanno a formare lo stroma. Via via che procede il differenziamento dei tubuli uriniferi
primitivi, lo stroma del metanefro si arricchisce di vasi sanguigni provenienti dall’arteria renale (il mesonefro è
invece irrorato da rami diretti dell’aorta).
Fine III trimestre
Degenerazione del mesonefro, del quale permangono:

100
- Alcuni tubuli mesonefrici – prendono rapporto con l’abbozzo della gonade e contribuiscono a formare:
i condottini efferenti (testicolo); epooforon nella femmina.
- I dotti mesonefrici ( di Wolff) nella femmina scompaiono, mentre nel maschio formano l’epididimo e il
condotto deferente (+ vescichette seminali e condotti eiaculatori).

Colonna vertebrale a forma di C accentuata: i reni metanefrici sono posti nella pelvi (più bassi rispetto alla
biforcazione aortica), uno vicino all’altro, davanti al sacro (la cresta metanefrogenica origina dal mesoderma
sacrale!) e dietro all’uretere e alla pelvi.
Mano a mano che il tronco si raddrizza, il rene “risale” numerosi somiti e ruota di circa 90° attorno al proprio
asse longitudinale: la pelvi e l’ilo si spostano medialmente. Non è chiaro il meccanismo responsabile della RISALITA,
cui sembra contribuire la crescita differenziata delle regioni lombare e sacrale.
Funzionalità del rene fetale
Dal III mese inizia la funzione filtrante dei reni, ma il filtrato non contiene scorie : i prodotti di rifiuto vengono
eliminati attraverso la placenta (e infine eliminati attraverso i reni materni).
Anche se i reni fetali continuano a produrre urina per tutta la gravidanza, la loro funzione principale non è la
purificazione del sangue (funzione svolta dalla placenta), ma la stimolazione della produzione di liquido
amniotico.
Filtrato fetale – sterile. Viene riversato nella cavità amniotica, dove si mescola al liquido amniotico (inghiottito
dal feto e riassorbito attraverso il rivestimento epiteliale dell’intestino).
Feti privi di entrambi i reni (agenesia renale bilaterale) non producono sufficienti quantità di liquido amniotico
(oligoidramnios) -> costretti in uno spazio amniotico molto ristretto -> possibilità di severe malformazioni congenite.
II mese
Piega (o setto) urorettale divide la cloaca in:
- Parte dorsale (abbozzo intestino retto)
- Parte ventrale (seno urogenitale)
Sviluppo della vescica
Principalmente dal seno urogenitale.
Trigono vescicale -> dalle estremità caudali dei dotti metanefrici (ureteri) che, mano a mano che la vescica si
ingrandisce, vengono incorporati nella parete dorsale.
Gli ureteri si aprono separatamente in vescica, entrando obliquamente (in parte per la trazione esercitata dai
reni durante la risalita).
Gradualmente il livello degli orifizi dei dotti del metanefro si sposta verso l’alto e lateralmente (molto al di
sopra degli orifizi dei dotti del mesonefro):
- I dotti del metanefro (ureteri) si aprono in vescica.
- I dotti del mesonefro :
• Nel maschio si avvicinano tra loro ed entrano nell’uretra prostatica (le terminazioni caudali dei
dotti divengono i dotti eiaculatori)
• Nella femmina degenerano.
Sviluppo dell’apparato genitale
Gonadi
Le gonadi (testicolo e ovaio) derivano da:
1. Mesotelio (epitelio mesodermico) che riveste la parete addominale posteriore
2. Mesenchima sottostante (tessuto connettivo embrionale)
3. Cellule germinali primordiali
V settimana – Stadio indifferenziato
Sul lato mediale del mesonefro si sviluppa una spessa area di mesotelio (proliferazione dell’epitelio celomatico)
che, insieme alla proliferazione del mesenchima sottostante, forma la cresta genitale
VI settimana: creste genitali invase dalle cellule germinali primordiali
101
Condotti genitali
II mese – Stadio indifferenziato
Compaiono I dotti paramesonefrici (di Muller), invaginazione longitudinale dell’epitelio celomatico.
- Cranialmente: ogni dotto si apre nella cavità celomatica con un’apertura a forma di imbuto
- Caudalmente: ogni dotto si porta dapprima lateralmente al rispettivo dotto di Wolff, poi lo incrocia
anteriormente e sulla linea mediana viene in contatto con il controlaterale (a questo stadio i dotti sono
ancora divisi da un setto, che poi scomparirà), per terminare nella parete posteriore del seno
urogenitale (dove produce un piccolo rigonfiamento, il tubercolo paramesonefrico (di Muller).
Condotti genitali nella femmina
Inizialmente, in ogni condotto paramesonefrico (di Muller) si riconoscono 3 parti:
1. Craniale: verticale, si apre nella cavità celomatica
2. Orizzontale: incrocia anteriormente il dotto di Wolff omolaterale
3. Caudale: verticale, si fonde con la controlaterale
Con la discesa dell’ovaio, 1 e 2 -> tube uterine, mentre le porzioni 3 dei due lati si fondono a formare il canale
utero-vaginale (utero e 4/5 prossimali della vagina).
Nella femmina i resti dei tubuli del mesonefro formano strutture rudimentali:
- Epoophoron e paroophoron: strutture rudimentali nel mesovario-mesosalpinge.
Epoophoron: Forma di pettine: i denti (proiettati verso l’ilo dell’ovaio) rappresentano i residui dei
tubuli mesonefrici, e il dorso, parallelo alla tuba, il residuo del dotto mesonefrico.
I dotti del mesonefro (di Wolff) per la gran parte scompaiono. I residui formano:
- Canali di Gartner (nello spessore delle pareti laterali della vagina o dell’utero), residuo delle porzioni
più caudali. Possono dar luogo alla formazione di cisti.
Condotti genitali nel maschio
Quando il mesonefro regredisce, alcuni tubuli (i superiori) si mettono in contatto con i cordoni della rete testis
e formeranno poi i condottini efferenti del testicolo.
I tubuli inferiori non si uniscono alla rete testis e restano come formazioni vestigiali (paradidimo e canalicoli
aberranti).
Residuo dei paramesonefrici (di Muller) nel maschio:
- una piccola porzione all’estremità craniale che formerà l’appendice del testicolo (piccola cisti sul polo
superiore)
- una piccola porzione caudale che formerà l’otricolo prostatico (piccola introflessione sul collicolo
seminale)

Ghiandole bulbouretrali ( del Cowper) e ghiandole vestibolari maggiori ( del Bartolino) originano come
diverticoli del rivestimento epiteliale del seno UG

102
VASCOLARIZZAZIONE – RIEPILOGO
Vascolarizzazione arteriosa dell’apparato gastrointestinale
L’irrorazione arteriosa dell’apparato gastrointestinale trae origine dai rami viscerali impari e mediani che si
staccano dalla parete anteriore dell’aorta. Vi sono solitamente tre rami anteriori: il tronco celiaco, l’arteria
mesenterica superiore e l’arteria mesenterica inferiore. Le varianti per le origine di questi vasi sono rare.
- Il tronco celiaco e i suoi rami irrorano il tratto derivato dall’intestino anteriore, e quindi dal 1/3 distale
dell’esofago alla prima metà del duodeno e tutte le formazioni adiacenti collegate (fegato, vie biliari,
milza, porzione dorsale del pancreas, grande e piccolo omento).
- L’arteria mesenterica superiore irrora il tratto derivato dall’intestino medio, e quindi dalla seconda
metà del duodeno ai ¾ circa del colon trasverso (digiuno, ileo, cieco, appendice, colon ascendente,
flessura colica destra e mesentere dell’ileo).
- L’arteria mesenterica inferiore irrora il tratto derivato dall’intestino posteriore, e quindi dal ¼ distale
del colon trasverso alla porzione superiore del canale anale.
Numerose arterie di medio calibro realizzano anastomosi tra i territori di irrorazione. La più significativa si verifica intorno
alla testa del pancreas e al duodeno, dove le arterie pancreaticoduodenali superoanteriore e superoposteriore si
anastomizzano con le arterie pancreaticoduodenali inferiori anteriore e posteriore; l’arteria pancreaticoduodenale
superoposteriore si anastomizza con arteria digiunali; l’arteria grande pancreatica si anastomizza con arterie digiunali. Le
anastomosi tra i territori di irrorazione delle arterie mesenteriche superiore e inferiore sono meno evidenti e più variabili:
la più costante è costituita dall’arteria marginale pericolica, che decorre lungo il colon trasverso.
Tronco celiaco
Il tronco celiaco è il primo ramo anteriore dell’aorta addominale e origina appena al di sotto dell’orifizio
aortico, all’altezza dei corpi vertebrali T12/L1. È lungo 1,5-2cm e decorre quasi orizzontalmente in avanti e
leggermente a destra, al di sopra del pancreas e della vena lienale. Ha rapporto:
- Anteriormente si ritrova la borsa omentale.
- A destra con pilastro destro del diaframma, il ganglio celiaco destro ed il lobo caudato del fegato;
- A sinistra con pilastro sinistro del diaframma ed il cardias dello stomaco.
- Inferiormente con pancreas e vena lienale.
Si divide in tre rami:
- Arteria gastrica sinistra. Di solito ceduta prima delle altre due, che sono i due rami terminali.
- Arteria epatica comune
- Arteria lienale
Talvolta i 3 rami si dividono tutti insieme: si ha una tripartizione.
L’arteria mesenterica superiore talvolta può avere origine comune con il tronco celiaco, per formare un tronco celiaco-
mesenterico oppure un tronco lieno-epatico-mesenterico con la gastrica sinistra separata.
Può inoltre dare origine a una o a tutte e due le arterie freniche inferiori, che normalmente nascono come rami laterali
dall’aorta addominale, subito al di sopra dell’emergenza del tronco celiaco.
 Irrora tutte le strutture derivate dall’intestino anteriore: porzione distale dell’esofago, stomaco, prima
metà del duodeno + fegato, vie biliari, milza, porzione dorsale del pancreas, omenti.
Arteria gastrica sinistra
L’arteria gastrica sinistra è il ramo più piccolo del tronco celiaco. Origina in posizione retroperitoneale e si porta
in alto e a sinistra decorrendo al di sotto del peritoneo della parete posterosuperiore della borsa omentale.
Quindi si porta in avanti nella porzione superiore del piccolo omento, adiacente all’estremità craniale della
piccola curvatura, e piega in basso e a destra lungo la piccola curvatura per decorrere tra i due foglietti
peritoneali del piccolo omento. Termina anastomizzandosi con l’arteria gastrica destra.
L’arteria gastrica sinistra ha calibro maggiore della destra, da un contributo maggiore. Rami collaterali:
- Rami esofagei inferiori. Ceduti a livello del cardias. Questi, risalendo attraverso l’orifizio esofageo del
diaframma, si anastomizzano con le arterie esofagee, rami dell’aorta toracica.
- Rami per la parte destra del fondo dello stomaco.
103
- Rami gastrici. Si distribuiscono alla faccia anteriore ed alla faccia posteriore dello stomaco.
L’arteria gastrica sinistra talvolta può originare dall’aorta addominale (bipode celiaco), talvolta anche dall’arteria epatica
comune o dall’arteria epatica propria. Può inoltre esistere un’arteria gastrica sinistra accessoria, dalla lienale.
Arteria epatica comune
L’arteria epatica comune presenta un calibro intermedio tra l’arteria gastrica sinistra e l’arteria lienale, mentre
nella vita fetale e nel neonato essa costituisce il ramo di maggior calibro del tronco celiaco.
Dopo la sua origine dal tronco celiaco decorre in avanti e verso destra, al di sopra del margine superiore del
pancreas, passando davanti al pilastro mediale del diaframma, dietro il peritoneo della parete posteriore della
borsa omentale. Posteriormente al primo tratto del duodeno si adagia sulla faccia anteriore della vena porta,
ove si divide nei suoi due rami terminali:
- Arteria gastroduodenale
- Arteria epatica propria
Arteria gastroduodenale
L’arteria gastroduodenale nasce dall’arteria epatica comune, dietro (o sopra) alla 1° porzione del duodeno.
Si dirige quindi in basso, decorrendo tra la prima porzione del duodeno ed il collo del pancreas, subito a destra
del punto in cui il peritoneo parietale si riflette sulla faccia posteriore del duodeno.
Decorre normalmente a sinistra del condotto coledoco (ma può essere anche anteriore) e, giunto al margine
inferiore della prima porzione del duodeno si divide nei rami terminali:
- Arterie gastroepiploica di destra
- Arteria pancreaticoduodenale superiore.
Prima della divisione si distaccano i seguenti rami collaterali:
- Rami gastrici, di piccole dimensioni, per il versante gastrico del piloro.
- Rami retroduodenali per la prima porzione del duodeno e per il coledoco.
L’arteria gastroduodenale può originare direttamente dal (non più) tripode celiaco.
Arteria gastroepiploica di destra
Dopo l’origine a livello di margine inferiore del primo tratto di duodeno si porta verso sinistra decorrendo
tra i due foglietti del legamento gastrocolico, risalendo in questa sede la grande curvatura dello stomaco
per terminare anastomizzandosi con l’arteria gastroepiploica di sinistra, ramo dell’arteria lienale, in un
punto non ben definibile. Essa nel suo decorso cede:
- Rami gastrici. Si dirigono in alto alle facce anteriore e posteriore dello stomaco.
- Rami epiploici. Si portano in basso nel grande omento.
- Rami che irrorano la superficie inferiore della prima porzione del duodeno.
Arteria pancreaticoduodenale superiore
L’arteria pancreaticoduodenale superiore ha calibro decisamente minore della gastroepiploica di destra e
consta normalmente di due rami, uno anteriore ed uno posteriore, che possono originare singolarmente o
come un unico tronco.
- L’arteria pancreaticoduodenale superiore anteriore decorre nel solco anteriore tra la seconda
porzione del duodeno e la testa del pancreas e termina anastomizzandosi con l’arteria pancreatico-
duodenale inferiore anteriore, ramo dell’arteria mesenterica superiore.
- L’arteria pancreaticoduodenale superiore posteriore discende verso destra, davanti alla vena porta ed
al condotto coledoco, passa dietro la testa del pancreas e termina anastomizzandosi con l’arteria
pancreaticoduodenale inferiore posteriore, ramo dell’arteria mesenterica superiore.
In realtà la pancreaticoduodenale superoposteriore generalmente è un ramo separato che origina direttamente
dall’arteria gastroduodenale, al margine superiore della 1° porzione di duodeno, ed il vero ramo terminale della
gastroduodenale è l’arteria pancreaticoduodenale superoanteriore (by Gray)
Irrora la testa del pancreas, la prima e la seconda porzione del duodeno.
Arteria epatica propria
L’arteria epatica propria rappresenta il continuo dell’arteria epatica comune dopo che essa ha ceduto l’arteria
gastroduodenale. Questa risale verso l’ilo epatico compresa tra i due foglietti della pars densa del piccolo

104
omento (legamento epato-duodenale), ponendosi anteriormente alla vena porta e medialmente al dotto
coledoco. Queste 3 formazioni, chiamate nell’insieme triade portale, costituiscono la parete anteriore del
forame epiploico (di Winslow), che da accesso alla borsa omentale.
L’arteria epatica propria termina prima dell’ilo biforcandosi nei suoi due rami terminali:
- L’arteria epatica destra incrocia posteriormente (e talvolta anteriormente) il dotto epatico comune e si
suddivide quasi sempre in un ramo anteriore per i segmenti V e VIII, e in un ramo posteriore per i
segmenti VI e VII. Nel suo decorso cede inoltre:
 Arteria cistica. Originata posteriormente al dotto epatico comune si porta lateralmente,
decorrendo anteriormente al condotto cistico per raggiungere la faccia superiore del collo della
cistifellea e distribuirsi ad essa. La sua origine non è costante, nella variante più comune essa origina
dall’arteria epatica comune.
- Arteria epatica destra.
L’arteria epatica propria ha un importante ramo collaterale:
Arteria gastrica destra
Origina dall’arteria epatica propria quando essa si trova a livello di legamento epatoduodenale. Alla sua
origine è quindi già compresa tra i due foglietti del piccolo omento: essa non fa altro che discendere e una
volta giunta alla porzione del piloro piega a livello di incisura angolare per proseguire a livello di piccola
curvatura, terminando anastomizzandosi a pieno canale con l’arteria gastrica sinistra. Cede:
- Rami gastrici. Per la faccia anteriore e posteriore dello stomaco.
- Dall’arteria gastrica destra talvolta ha origine un’arteria epatica accessoria, in sovrannumero (queste arterie
accessorie possono originare in alternativa dall’arteria mesenterica superiore).
L’arteria gastrica destra talvolta può originare dall’arteria epatica comune.
Arteria lienale
Rappresenta il più grosso ramo del tronco celiaco. Essa origina in posizione retroperitoneale e da qui si porta
dapprima inferiormente per assumere poi un andamento sinuoso verso sinistra e decorrere quindi
orizzontalmente a livello di margine superiore del pancreas. Le numerose anse dell’arteria discendono fino a portarsi
dietro al pancreas stesso. L’arteria lienale decorre accompagnata dalla vena lienale ed incrocia dal davanti la
ghiandola surrenale sinistra ed il rene di sinistra. In questo tratto è accolta dal peritoneo posteriore della borsa
omentale; lateralmente continua il suo decorso nel legamento pancreaticolienale (che è parte del legamento
lienorenale), ove cede due o tre rami principali che, una volta raggiunto l’ilo, si dividono ulteriormente in
quattro o cinque arterie segmentali.
La circolazione collaterale tra i segmenti è relativamente scarsa, il che significa che l’occlusione di un vaso segmentale
spesso determina l’infarto di una porzione di parenchima.
Lungo il suo decorso, l’arteria lienale emette numerosi rami collaterali.
Rami pancreatici
Sono piccoli e numerosi e sono numerosi nelle regioni di collo, corpo e coda.
- Arteria pancreatica dorsale. Discende adagiata sul tessuto connettivale della faccia posteriore del
pancreas e si divide in due rami:
 Ramo destro. Va ad anastomizzarsi con l’arcata formata dai rami posteriori delle due arterie
pancreaticoduodenali superiore ed inferiore (2° versione: decorre tra il collo ed il processo
uncinato per farsi anteriore, ed anastomizzarsi con un ramo dell’arteria pancreatico-duodenale
superiore anteriore).
 Ramo sinistro. È l’arteria pancreatica inferiore. Essa decorre lungo il margine inferiore della
coda del pancreas e riceve anastomosi dall’arteria pancreatica maggiore e dall’arteria della
coda del pancreas.
- Arteria grande pancreatica (o pancreatica magna). Discende verso il basso per andare a confluire
nell’arteria pancreatica inferiore.

105
- Arteria della coda del pancreas. Anch’essa posteriore si porta verso sinistra per distribuirsi alla
porzione terminale del corpo ed alla coda del pancreas. Spesso termina confluendo anch’essa
nell’arteria pancreatica inferiore.
Arterie gastriche brevi
Sono sottili e brevi rami presenti in numero variabile, comunemente 5-7. Decorrono nello spessore del
legamento gastrolienale per irrorare principalmente la parte destra del fondo dello stomaco. Si anastomizzano
con i rami dell’arteria gastrica sinistra e della gastroepiploica sinistra.
Arteria gastroepiploica sinistra
Rappresenta il ramo principale dell’arteria lienale. Origina in vicinanza dell’ilo della milza e si dirige in basso, in
avanti e verso destra tra i foglietti del legamento gastrolienale (parte superiore del legamento gastrocolico),
quindi decorre accollata alla grande curvatura tra i due foglietti peritoneali del legamento gastrocolico,
portandosi in basso per anastomizzarsi con l’arteria gastroepiploica destra.
Arteria mesenterica superiore
L’arteria mesenterica superiore origina ad angolo acuto dall’aorta addominale circa 1-1,5 cm al di sotto del
tronco celiaco, all’altezza di L1/L2. Si dirige anteriormente ed inferiormente passando, nel suo segmento di
origine, al di dietro della vena lienale e del corpo del pancreas, separata dall’aorta per l’interposizione della
vena renale sinistra. Successivamente continua il suo decorso ponendosi al davanti del processo uncinato del
pancreas e della terza porzione del duodeno, venendo come a “pinzare” quest’ultimo insieme con l’aorta
addominale, andando a formare quello che è detto compasso aorto-mesenterico. La porzione orizzontale del
duodeno può subire compressione se o l’aorta o la mesenterica si ingrossano (a causa di una patologia). Il duodeno,
qualora la compressione a cui va in contro sia massiva, può al limite andare incontro a stenosi. In questo tratto penetra
nella radice del mesentere, di cui segue il decorso incrociando anteriormente la vena cava inferiore, l’uretere di
destra e il muscolo grande psoas di destra e descrivendo una curva con convessità verso sinistra, fino a
raggiungere la fossa iliaca destra, dove si anastomizza con l’arteria ileocolica, uno dei suoi rami collaterali. Il suo
calibro si riduce progressivamente con l’emergenza, in successione, dei rami digiuno-ileali
 Irrora le strutture derivate dall’intestino medio: metà distale del duodeno, digiuno, ileo, cieco e
appendice, colon ascendente e ¾ prossimali del colon trasverso.
Dalla convessità della sua curva (verso sinistra) emergono:
- Rami digiunali ed ileali
Dalla concavità della sua curva (verso destra) emergono:
- Arteria pancreaticoduodenale inferiore
- Arteria colica media
- Arteria colica destra
- Tronco ileocolico
Talvolta può dare origine all’arteria epatica comune (tronco epato-mesenterico) e all’arteria gastroduodenale e ad alcune
arterie accessorie; a sua volta può nascere da un tronco comune celiaco-mesenterico, anziché originare dall’aorta come
vaso separato.
Rami ileali e digiunali
Si distaccano dalla convessità sinistra dell’arteria mesenterica superiore in numero di 15-20. Questi rami
vascolarizzano il digiuno e l’ileo (tranne l’ultima porzione). Presentano un decorso parallelo tra di loro tra i due
foglietti del mesentere e costituiscono delle arcate, che risultano essere più evidenti nel tratto ileale. Ciascun
vaso si divide in due rami:
- Il ramo superiore si anastomizza con il ramo inferiore del ramo ileale/digiunale superiore.
- Il ramo inferiore si anastomizza con il ramo superiore del ramo ileale/digiunale inferiore.
In questo modo si viene a costituire una prima arcata. Dalla convessità di queste arcate, per quel che riguarda il
tratto ileale, originano dei successivi rami che si uniscono, formando una seconda serie di arcate. Talvolta ve ne
può anche essere una terza. Si ha quest’organizzazione perché nell’organogenesi i rami si separano per portarsi a
vascolarizzare tutta l’estensione del tratto intestinale.

106
Dall’arcata di ultim’ordine emergono le arterie rette che, giunte al margine concavo dell’ansa di dividono in un
ramo anteriore ed in uno posteriore, che si vanno rispettivamente a distribuire alla parete anteriore ed alla
parete posteriore dell’intestino. Si parla di vascolarizzazione segmentale dell’intestino tenue perché ciascuna
arteria retta si porta a vascolarizzare un segmento di circa 1 cm di superficie di intestino tenue ma le arterie
rette tra di loro presentano solo anastomosi tra rami di calibro molto piccolo. Ne segue che qualora vi dovesse
essere un diminuito apporto di sangue perché l’arteria retta si occlude il tratto intestinale vascolarizzato
dall’arteria stessa va incontro ad ipossia, mancando un sufficiente circolo collaterale. Questa situazione è detta
infarto intestinale. Se l’interruzione del vaso avviene prima il circolo collaterale è sufficiente.
La prima arteria digiunale cede rami duodenali per la 4° porzione del duodeno.
Arteria pancreaticoduodenale inferiore
L’arteria pancreaticoduodenale inferiore origina dall’arteria mesenterica superiore o dal suo primo ramo
digiunale, lungo il margine superiore della terza porzione del duodeno. Si divide subito in due rami:
- L’arteria pancreaticoduodenale inferiore anteriore si dirige verso destra, passando davanti al margine
inferiore della testa del pancreas, e risale per anastomizzarsi con l’arteria pancreatico-duodenale
superiore anteriore.
- L’arteria pancreaticoduodenale inferiore posteriore si dirige verso destra, passando dietro al margine
inferiore della testa del pancreas, e risale per anastomizzarsi con l’arteria pancreatico-duodenale
superiore posteriore.
Vascolarizza testa e processo uncinato del pancreas, e seconda e terza porzione del duodeno.
Arteria colica media
Origina quasi subito dalla mesenterica superiore, inferiormente al pancreas, poco dopo l’origine dell’arteria
pancreaticoduodenale inferiore.
L’arteria colica media si porta in avanti e a destra, decorre tra i due foglietti del mesocolon trasverso, ove si
divide in due rami, uno destro ed uno sinistro:
- Il ramo destro si anastomizza con il ramo ascendente dell’arteria colica destra.
- Il ramo sinistro si anastomizza con il ramo ascendente dell’arteria colica sinistra.
La colica media può essere assente -> vicariata da rami ascendenti di maggior calibro da colica destra e colica sinistra.
Arteria colica destra
Origina dal lato destro della mesenterica superiore (in realtà nella maggior parte dei casi origina da un tronco
comune all’arteria colica media) e si porta obliquamente verso destra in direzione del colon ascendente,
posteriormente al peritoneo parietale, anteriormente ai vasi genitali di destra, all’uretere destro ed al muscolo
grande psoas di destra. In prossimità del colon si biforca:
- Il ramo superiore si anastomizza con il ramo destro della colica media, per raggiunger la quale deve
insinuarsi tra i due foglietti del mesocolon trasverso.
- Il ramo inferiore si anastomizza con il ramo colico dell’arteria ileo-colica. Questo decorrerà nel
connettivo denso risultato dall’accollamento del mesocolon ascendente.
La colica destra può mancare -> vicariata dal ramo colico dell’ileocolica e dal sinistro della colica media più cospicui.
Arteria ileo-colica ( o tronco ileo-colico)
Origina dal versante destro dell’arteria mesenterica superiore, nella sua metà superiore, alla radice del
mesentere. Si dirige in basso e a destra in direzione del cieco, al di sotto del peritoneo parietale, passando
anteriormente ai vasi genitali di destra, all’uretere destro e al muscolo grande psoas di destra.
Il tronco arterioso principale si divide principalmente in due rami:
- Il ramo superiore (colico) si anastomizza con il ramo discendente dell’arteria colica destra. Questo
decorrerà nel connettivo denso risultato dall’accollamento del mesocolon ascendente.
- Il ramo inferiore (ileale) si anastomizza con la terminazione ileale del segmento distale dell’arteria
mesenterica superiore. Dal ramo ileale hanno origine i seguenti rami:
o Ramo colico ascendente. Si porta verso l’alto per anastomizzarsi con il ramo colico.
o Arteria ciecale anteriore. Si porta a vascolarizzare la faccia anteriore del cieco.

107
o Arteria appendicolare. Discende posteriormente al segmento terminale dell’ileo e penetra nel
mesenteriolo. Decorre a livello di margine libero fino all’apice dell’appendice.
o Arteria ciecale posteriore. Si porta a vascolarizzare la faccia posteriore del cieco.
o Ramo ileale. Sale verso sinistra, irrorando la porzione terminale dell’ileo, e si anastomizza con l’ultimo
ramo ileale dell’arteria mesenterica superiore.

Arteria marginale del colon


Dalle anastomosi tra i vari rami delle arterie ileo-colica, colica destra, colica media e colica sinistra si viene a
creare un’unica grande arcata marginale, o arteria marginale (di Drummond), che decorrere parallelamente alla
parete del colon, in stretta vicinanza con essa. Nel colon sigmoideo l’arteria marginale è poco sviluppata o non è
evidenziabile del tutto.
Dall’arcata marginale si dipartono numerose arterie rette; ciascuna di queste si porta verso il tratto colico.
Queste arterie si dividono in due rami: un ramo anteriore ed un ramo posteriore. Questi si dividono a loro volta
in due ulteriori rami:
- Il ramo breve perfora lo strato di muscolatura circolare per portarsi nella tonaca sottomucosa.
- Il ramo lungo rimane a livello sottoperitoneale e va ad irrorare le appendici epiploiche.
Talvolta si forma un’arcata supplementare rispetto all’arteria marginale: l’arcata di Riolano. Questa si realizza tra un ramo
ascendente supplementare dall’arteria colica sinistra ed un ramo discendente originato in modo analogo dal ramo sinistro
dell’arteria colica media. I chirurghi considerano invece l’arcata di Riolano l’arcata marginale presente normalmente tra
ramo sinistro della colica media e ramo ascendente della colica sinistra.

Arteria mesenterica inferiore


L’arteria mesenterica inferiore origina dalla superficie anterolaterale sinistra dell’aorta addominale, grosso
modo a livello di L3, 3-4 cm al di sopra della biforcazione aortica ed inferiormente alla porzione orizzontale
(terza) del duodeno. Essa presenta di solito un calibro minore dell’arteria mesenterica superiore.
Essa discende (verso sinistra nel tratto iniziale) al di dietro del peritoneo parietale, anteriormente all’aorta e
successivamente lungo il suo margine di sinistra. Incrocia l’origine dell’arteria iliaca comune di sinistra
medialmente all’uretere sinistro ed entra poi nella radice del mesosigma, all’interno del quale si continua nel
suo ramo terminale, l’arteria rettale superiore. Nel suo tratto distale è accompagnata dalla vena mesenterica
inferiore, rispetto alla quale si trova lateralmente.
I suoi rami collaterali sono:
- Arteria colica sinistra
- Arterie sigmoidee
 Irrora le strutture derivate dall’intestino posteriore: 1/3 distale del colon trasverso, colon discendente,
colon sigmoideo e porzione superiore del canale anale.
Arteria colica sinistra
L’arteria colica sinistra emerge dall’arteria mesenterica inferiore a breve distanza dalla sua origine; si dirige in
alto nella porzione sinistra del (radice del) mesocolon trasverso, incrociando i vasi genitali di sinistra e l’uretere
di sinistra e, anteriormente al muscolo grande psoas di sinistra, si biforca:
- Il ramo ascendente si anastomizza con il ramo sinistro dell’arteria colica media, portandosi
anteriormente a livello di mesocolon trasverso. (anastomosi tra mesenterica inferiore e superiore)
- Il ramo discendente si anastomizza con il ramo ascendente della 1° arteria sigmoidea, portandosi
lateralmente nello spazio retroperitoneale.
Questi rami contribuiscono a formare l’arcata marginale del colon.
Arterie sigmoidee
Le arterie sigmoidee sono solitamente presenti in numero di 3. Decorrono nel mesosigma con decorso obliquo
e a sinistra, anteriormente ai vasi genitali di sinistra, all’uretere di sinistra, ed al muscolo grande psoas di
sinistra. Ciascuna di esse da luogo a rami superiori e rami inferiori che tra loro si anastomizzano.
Il ramo ascendente della 1° arteria sigmoidea si anastomizza con il ramo discendente dell’arteria colica sinistra.

108
La differenza rispetto alle arterie coliche è che vi è la formazione di almeno due arcate, mentre prima vi era
un’unica arcata marginale. In questo modo le arcate assomigliano di più a quelle dell’intestino tenue.
A livello di intestino crasso gli unici altri tratti in cui vi è la possibilità di avere più di un’arcata è in corrispondenza delle
flessure coliche di destra e di sinistra.
Arteria rettale superiore
L’arteria rettale superiore rappresenta la continuazione dell’arteria mesenterica inferiore. Discende nella pelvi
all’interno del mesosigma, incrocia i vasi iliaci comuni di sinistra e passa sul promontorio sacrale, di norma subito
a sinistra della linea mediana. Si pone anteriormente alle vertebre sacrali superiori, fino a S3, a livello della quale
termina il mesosigma. Indi si porta nel tessuto fibroadiposo sottoperitoneale, sempre posteriormente al retto,
e cede due rami, i quali si distribuiscono alla porzione pelvica del retto:
- Il ramo destro, più consistente, si distribuisce alle superfici laterale destra ed anteriore del retto.
- Il ramo sinistro andrà a vascolarizzare la superficie posteriore e la superficie laterale sinistra.
Alcuni rami si vanno ad anastomizzare con rami dell’arteria rettale inferiore (dalla pudenda interna): in questo
modo si forma un’anastomosi tra arteria mesenterica inferiore ed arteria ipogastrica.
Vascolarizzazione della pelvi, del perineo e dei genitali
Arteria iliaca interna
Ciascuna arteria iliaca interna origina a livello della biforcazione dell’arteria iliaca comune, al davanti
dell’articolazione sacroiliaca a livello del promontorio, e discende fino al margine superiore del grande foro
ischiatico, dove, di solito, si divide in due tronchi:
- Un tronco anteriore, che continua nella stessa direzione verso la spina ischiatica
- Un tronco posteriore, che passa al di dietro del grande forame ischiatico.
Anteriormente a ciascuna arteria vi sono l’uretere e, nel sesso femminile, l’ovaio e le fimbrie della tuba uterina.
Rami del tronco posteriore
Arteria ileolombare
L’arteria ileolombare è il primo ramo del tronco posteriore e risale lateralmente, anteriormente
all’articolazione sacroiliaca. Raggiunge il margine mediale del grande psoas, dividendosi dietro al muscolo:
- Ramo lombare. Vascolarizza il grande psoas ed il quadrato dei lombi e si anastomizza con la 4° arteria
lombare; emette un piccolo ramo spinale attraverso il foro intervertebrale tra L5 e S1, per
vascolarizzare la cauda equina.
- Ramo iliaco. Vascolarizza il muscolo iliaco e, decorrendo tra il muscolo e l’osso, si anastomizza con i
rami iliaci dell’arteria otturatoria.
Arterie sacrali laterali
Sono generalmente una superiore ed una inferiore per ciascun lato. Decorrono medialmente ai fori sacrali e
cedono rami spinali per le vertebre, il canale vertebrale ed il midollo spinale corrispondenti.
Arteria glutea superiore
È il ramo più grande dell’arteria iliaca interna e, in effetti, rappresenta continuazione del suo tronco posteriore.
Lascia la pelvi attraverso il grande forame ischiatico nel compartimento sovrapiriforme e si porta a
vascolarizzare i muscoli glutei. All’interno della pelvi cede rami per muscolo piriforme e otturatore interno.
Rami del tronco anteriore
Arteria vescicale superiore
È il primo ramo di grosso calibro del tronco anteriore. È posta sulla parete laterale della pelvi subito al di sotto
del suo margine superiore e decorre anteroinferiormente per portarsi a vascolarizzare la terminazione distale
dell’uretere, la vescica e, nel sesso maschile, l’estremità prossimale del condotto deferente e le vescichette
seminali.
Da anche origine, nel feto, all’arteria ombelicale, che nell’adulto si oblitera e residua come un cordone fibroso,
il legamento ombelicale mediale; tale vaso occasionalmente rimane pervio come una piccola arteria che vascolarizza
l’ombelico.
109
Arteria vescicale inferiore
Spesso origina da un tronco comune con l’arteria rettale media. Nel sesso femminile è spesso sostituita
dall’arteria vaginale. Vascolarizza la vescica e, nel sesso maschile, la prostata, le vescichette seminali e il
condotto deferente.

Arteria rettale media


Origina da un tronco comune con l’arteria vescicale inferiore. Per portarsi medialmente da laterale che è va ad
attraversare la fascia endo-pelvica, che a questo livello diventa più connettivale densa. L’arteria nel portarsi
all’intestino retto cede rami principalmente ad organi della cavità pelvica, come prostata nel maschio e la
vagina nella femmina. Solo una piccola parte raggiunge il retto: questi pochi rami si fermano esternamente per
vascolarizzare la sola superficie muscolare.
Arteria vaginale
Nel sesso femminile, l’arteria vaginale può sostituire l’arteria vescicale inferiore. Vascolarizza la vagina, i bulbi
del vestibolo, il fondo della vescica.
Arteria otturatoria
Dopo l’origine dal tronco anteriore dell’arteria iliaca interna, decorre anteroinferiormente sulla parete laterale
della pelvi fino alla parte superiore del forame otturatorio. Essa lascia la pelvi attraverso il canale otturatorio e
si divide nei rami anteriore e posteriore. Si distribuisce ai muscoli adduttori della coscia ecc.
Arteria uterina
- Vedi utero.
Arteria pudenda interna
- Vedi perineo.
Arteria glutea inferiore
L’arteria glutea inferiore è il ramo terminale di calibro maggiore del tronco anteriore dell’iliaca interna e
vascolarizza principalmente la natica e la coscia. Fuoriesce dal compartimento sottopiriforme del grande
forame ischiatico. Decorre inferiormente tra il grande trocantere e la tuberosità ischiatica assieme al nervo
ischiatico ed al nervo cutaneo posteriore del femore, profondamente al muscolo grande gluteo. Essa, infine,
continua in basso verso la coscia, vascolarizzando la cute e anastomizzandosi con i rami delle arterie perforanti.
Talvolta origina con un tronco comune dall’arteria iliaca interna.

110
ANATOMIA MICROSCOPICA – APPARATO DIGERENTE
Bocca – caratteri generali
La tonaca mucosa della bocca si continua con:
- La cute a livello del margine libero delle labbra;
- L'orofaringe a livello dell'istmo delle fauci.
È caratterizzata da un epitelio di rivestimento pavimentoso stratificato non corneificato e di colorito rosso a
livello di palato molle, pavimento, superficie inferiore lingua, superficie interna labbra e guance.
L’epitelio di rivestimento adagiato su lamina propria di connettivo denso.
Nella sottomucosa di connettivo lasso sono accolte numerose ghiandole salivari minori di tipo
prevalentemente mucoso (mucina per impedire disidratazione -> epitelio non corneificato)
Labbra
Sezione sagittale. Le labbra esternamente sono rivestite dalla cute, con epitelio cheratinizzato, e internamento
da una mucosa.
Ci sarà una zona di transizione tra le due, che corrisponde alla porzione colorata delle labbra.
La porzione centrale, che da consistenza al labbro, altro non è che il muscolo orbicolare delle labbra, immerso
in tessuto connettivo denso.
Cute
Ritroveremo l’epidermide con il derma e i relativi annessi cutanei.
Vi saranno quindi follicoli piliferi (vuoti), ghiandole sebacee annesse al pelo e ghiandole sudoripare.
L’epitelio ha uno spessore piuttosto uniforme, tranne che a livello delle papille dermiche, che qui sono discontinue e poco
profonde.
Zona rosea (o zona vermiglia)
In vivo la sua colorazione appare rossastra, se confrontata con quella della cute adiacente, sia per la presenza
delle numerose e grosse vene, che per le profonde papille dermiche. La profondità delle papille di quest’area è
molto superiore rispetto alle papille del versante cutaneo.
Porzione mucosa
Nel versante mucoso ritroveremo l'epitelio pavimentoso stratificato non corneificato, con la stessa struttura ed
in continuità col rivestimento delle pareti della cavità orale.
Lo spessore dell’epitelio della porzione mucosa è maggiore rispetto a quello della zona rosea. Il passaggio dalla zona rosea
alla porzione mucosa del labbro è inoltre caratterizzato dalla scomparsa dello strato granuloso e dalla presenza dei nuclei
nelle cellule superficiali dell’epitelio della mucosa.
Ritroveremo più profondamente una lamina propria densa adesa strettamente alla sottomucosa.
La sottomucosa accoglie le ghiandole salivari minori, che potranno essere a secrezione sierosa, mucosa o
mista.

Palato duro e gengive


La tonaca mucosa del palato duro e delle gengive è costituita da :
- Epitelio di rivestimento: Pavimentoso stratificato parzialmente cheratinizzato (ortocheratinizzato), più
resistente rispetto al rivestimento delle altre parti della cavità orale.
- Lamina propria: di connettivo denso.
- Tonaca sottomucosa: strettamente aderente al piano osseo.
Anche qui nella sottomucosa ritroviamo ghiandole salivari minori, prevalentemente mucose.

111
Lingua
Il corpo della lingua è costituito da muscolatura striata organizzata in fasci orientati nelle direzioni dei tre piani
dello spazio. Ogni fascio è disposto ad angolo retto rispetto agli altri due e in questo modo si viene a formare
un caratteristico intreccio. Questa disposizione dei fasci muscolari consente l’estrema flessibilità e la precisione dei
movimenti della lingua, caratteristiche queste che nella specie umana facilitano sia l’articolazione dei suoni nel linguaggio
sia la prima fase della digestione e la deglutizione. L’organizzazione tridimensionale dei fasci muscolari è una peculiarità
della lingua. Tra i fasci muscolari sono presenti ghiandole linguali (sia sierose che mucose, anche nella
sottomucosa) e una quantità variabile di tessuto adiposo.
La superficie ventrale è invece molto simile a quella della cavità orale ed è rivestita da un epitelio pavimentoso
pluristratificato.
La superficie dorsale della lingua è altamente specializzata e contiene quattro tipi di papille: filiformi,
fungiformi, circumvallate e foliate. La superficie del corpo della lingua, quindi al davanti della V linguale, è
ruvida proprio per la presenza delle papille linguali. Questa superficie sarà fortemente innervata perché
rappresenta la sede del gusto. Questa superficie è ruvida anche per favorire la formazione del bolo alimentare, una
superficie ruvida trattiene meglio il bolo alimentare e gli permette di mischiarsi con le secrezioni salivari.
Un’altra caratteristica di rilievo è data dalla presenza di tessuto linfatico diffuso e di noduli linfatici posti sotto
la superficie dorsale posteriore della lingua. Questo tessuto costituisce nel suo insieme la tonsilla linguale.
A seconda della forma delle papille possiamo distinguere papille filiformi, fungiformi, vallate e foliate.
Saranno tutte caratterizzate da epitelio pavimentoso composto e dalla presenza nella
Papille filiformi
Le papille filiformi sono le più numerose; esse sono proiezioni coniche e allungate della superficie dorsale
anteriore della lingua (hanno forma di piccolo pennacchio). Il loro apice è diretto posteriormente.
Ogni papilla comprende un nucleo di tessuto connettivo (derivato dalla lamina propria) e un epitelio di
rivestimento. Nell’uomo, l’epitelio che costituisce la superficie anteriore della papilla è generalmente
pavimentoso composto. La parte della papilla rivolta posteriormente (apice) è cheratinizzata.
Queste papille giacciono su uno strato di tessuto connettivo denso (lamina propria), che ne formano la
struttura portante, sotto il quale si trova la muscolatura striata.
Le papille filiformi danno informazioni di tipo tattile ma, non possedendo calici gustativi, non sono sede del
gusto.
Papille fungiformi
Le papille fungiformi, come si deduce dal nome, sono proiezioni a forma di fungo della superficie dorsale della
lingua, più numerose nella porzione anteriore.
Se sezionate verticalmente mostrano l’asse interno di tessuto connettivo e le papille connettivali che si proiettano in
alto, verso l’epitelio. In sezione obliqua la parte centrale di tessuto connettivo può apparire come un’isola di tessuto. La
forma a cupola e l’epitelio sono comunque analoghi.
Le papille fungiformi appaiono chiaramente rivestite dall'epitelio pavimentoso che a questo livello non è per
nulla cheratinizzato (???). A livello di queste papille vi sono calici gustativi.
Papille vallate
Le papille circumvallate sono ampie strutture a forma di cupola, disposte in un'unica fila al davanti della V
linguale. Sono molto grandi e ben visibili, hanno diametro di 2-3 e talvolta anche 4 mm. Sono presenti in
numero da 8 a 12 nell’uomo.
La loro caratteristica è di avere una porzione cilindrica centrale che è spinta internamente, che fa sì che tutto
intorno si venga a delimitare un solco, che la separa dalla porzione più esterna che ha forma anulare e che
costituisce il vallo.
Il solco delle papille vallate è rivestito da epitelio stratificato di tipo pavimentoso non cheratinizzato. La
superficie della papilla è invece coperta da un epitelio stratificato di tipo pavimentoso cheratinizzato, come
nelle papille fungiformi (?). L’epitelio che riveste la papilla contiene molti bottoni gustativi, rivolti verso il solco.
Nel tessuto connettivo in stretta prossimità di queste papille, tra la lamina propria e il sottostante tessuto

112
muscolare linguale, sono presenti numerose ghiandole salivari di tipo sieroso (ghiandole di von Ebner). Alcune
di esse si dispongono anche tra i fasci muscolari. Il secreto di queste ghiandole viene riversato nella parte
profonda del vallo. Questa secrezione ha una doppia funzione: da un lato la secrezione sierosa scoglie la
particella per poterne per poterne captare il sapore, permettendo la ricezione dello stimolo gustativo. Dall’altro
lato questa secrezione sierosa che dal fondo del solco si porta sulla superficie ha la funzione di detersione del
solco: rimuoverà le particelle alimentare di cui è già stato recepito il sapore per far sì che si possa rispondere
allo stimolo gustativo successivo.
Papille foliate
Sono appena visibili nell'uomo. Sono formate da una serie di creste parallele, separate da solchi stretti e
profondi della mucosa. Sono allineate lungo il margine postero-laterale della lingua, ad angolo retto rispetto al
suo asse maggiore.
Le loro superfici esterne sono rivestite da epitelio stratificato non cheratinizzato. La superficie basale dell’epitelio è molto
irregolare per la presenza di profonde papille di tessuto connettivo. L’epitelio delimitante i solchi, invece, è piuttosto
uniforme e contiene numerosi bottoni gustativi. Al di sotto dell’epitelio è presente uno strato di tessuto connettivo lasso,
mentre il corpo centrale della papilla è costituito da tessuto connettivo denso. In questo corpo connettivale e tra i fasci
muscolari che si trovano al di sotto delle papille, si notano ghiandole linguali di tipo sieroso. Queste ghiandole, come le
ghiandole sierose associate alle papille circumvallate, sono provviste di dotti che sfociano alla base dei solchi, tra le papille.

Calici gustativi
Sono piccole strutture ovoidali accolti nello spessore dell'epitelio. Si riconoscono molto bene perché hanno un
colore molto più chiaro rispetto all'epitelio, e soprattutto ne occupano completamente lo spessore.
Si ritrovano a livello di papille fungiformi, vallate e foliate, ma non delle papille filiformi.
Al di sotto sono presenti fibre nervose. Nell’epitelio, all’apice dei bottoni gustativi è presente una piccola
apertura detta poro gustativo.
Sono costituiti da essenzialmente due tipi di cellule:
- Cellule gustative. Sono cellule sensoriali neuroepiteliali, dei recettori gustative. Sono le cellule più
rappresentate nei calici gustativi e presentano sulla loro superficie apicale numerosi microvilli che si
estendono nel poro gustativo. Queste cellule formano alla base specifiche sinapsi con fibre nervose
sensitive afferenti che capteranno lo stimolo dal recettore.
- Cellule di sostegno. Presenti tra le cellule sensoriali, anch’esse con microvilli sulla superficie apicale.
- Cellule basali. Sono presenti alla base dei bottoni gustativi; si tratta di cellule staminali che provvedono
al rinnovo delle cellule di sostegno e di quelle neuroepiteliali, che hanno un turnover di 10-14 giorni.
Innervazione. La percezione gustativa è ad opera di 3 nervi distinti.
- Nervo facciale. Percezione gustativa anteriormente.
- Nervo glossofaringeo. Percezione gustativa delle papille vallate.
- Nervo vago. Percezione gustativa dei calici gustativi che si possono ritrovare a livello di faccia anteriore
dell’epiglottide.
Ghiandole salivari
Si distinguono in maggiori e minori. La conformazione è la stessa: sono tubuloacinose ramificate.
Le minori si ritrovano nello spessore della parete, le maggiori sono strutture ben separabili, che presentano
esternamente una capsula di rivestimento (organi pieni).
Saliva. Composta prevalentemente dall’ amilasi salivare, un po’ di lipasi, lisozima (con azione battericida),
lattoferrina (che chela il ferro impedendo la crescita batterica), mucina (glicoproteina ad azione lubrificante),
IgA (immunoglobuline glicosilate che resistono facilmente anche esposte all’ ambiente esterno).
Ghiandole salivari maggiori
Le ghiandole salivari maggiori presentano:
- Capsula connettivale esterna. È la struttura di rivestimento, formata da tessuto connettivo denso, che
invia trabecole internamente attraverso le quali decorrono dotti escretori, vasi e nervi.
113
Parenchima
- Parotide. Acini sierosi.
- Sottomandibolare. Acini sierosi e mucosi, con prevalenza sierosa.
- Sottolinguale. Acini sierosi e mucosi, con prevalenza mucosa.
Le cellule di tipo mucoso hanno solitamente un citoplasma che si colora debolmente e nuclei appiattiti posti alla
base. Al contrario, le cellule a secrezione sierosa si presentano intensamente colorate e presentano nuclei
rotondi (sempre disposti in posizione basale). Il lume degli acini a secrezione mucosa è inoltre piuttosto ampio,
mentre il lume degli acini sierosi è relativamente stretto e difficile da individuare.
Le cellule sierose degli acini misti sembrano disporsi a cappuccio sulle cellule mucose, andando a costituire le
cosiddette semilune del Giannuzzi; queste mantengono comunque un accesso indipendente al lume, grazie a
piccoli canalicoli escretori attraverso le cellule mucose.
Dotti
- Intercalari. Con cellule cubiche, responsabili della secrezione di acqua ed elettroliti.
I piccoli dotti intercalari sono caratterizzati da nuclei allungati, mentre i grandi dotti intercalari
da nuclei sferici.
- Striati. Con cellule che presentano una striatura basale data da invaginazioni del plasmalemma tra le
quali si trovano colonne di mitocondri. Sono responsabili della secrezione di K+ e del riassorbimento
di Na+, processo che rende la saliva ipotonica, e della secrezione di lisozima, lattoferrina e IgA.
- Escretori. Con epitelio cubico disposto su due strati.
Organizzazione generale del tubo digerente
Essendo l’origine unica (unico intestino da stomodeo a proctodeo) la struttura di base sarà identica in tutti i
tratti, e a seconda poi del tratto considerato avremo poi variazioni nell’epitelio o nelle ghiandole ecc.
Partendo dalla cavità spostandoci verso l’esterno si vedono in sequenza tonaca mucosa, tonaca sottomucosa,
tonaca muscolare, strato sottoperitoneale e mesotelio (in cavità addominale) o tonaca avventizia (nei tratti in
cui non vi è peritoneo, accollamento o esofago).
Tonaca mucosa
- Epitelio di rivestimento;
- Lamina propria connettivale densa, al cui livello vi possono essere addensamenti di tessuto linfatico, o
noduli isolati o semplici linfociti;
- Muscolaris mucosae, straticello di fibrocellule muscolari lisce, a seconda dei tratti può avere funzioni
diverse; quest’ultima è peculiare del digerente.
Tonaca sottomucosa
Caratterizzata da tessuto connettivo più lasso, è utile a svincolare il piano mucoso da quello muscolare. Questo
svincolo consente alla mucosa di sollevarsi in pieghe (che solitamente si distendono con il riempimento
dell’organo). La sottomucosa può accogliere ghiandole. Accoglie sempre una rete nervosa che è detta plesso
sottomucoso (di Meissner). Il plesso sottomucoso manda fibre anche a livello di mucosa e regolerà la
secrezione delle ghiandole, il calibro dei vasi. Fa parte del plesso enterico, che è estremamente grande.
Tonaca muscolare
- Strato interno. Fibrocellule muscolari lisce disposte circolarmente;
- Strato esterno Fibrocellule muscolari lisce disposte longitudinalmente. I due strati si incrociano
ortogonalmente. Questa disposizione è molto importante perché i movimenti coordinati tra i due strati
determinano la peristalsi.
Tra i due strati muscolari è presente una rete nervosa: il plesso mioenterico (di Auerbach).
Tonaca avventizia / Sierosa
La sierosa sempre accompagnata da uno strato sottoperitoneale connettivale.
La tonaca avventizia vi è nei tratti in cui non vi è peritoneo: quindi nell’esofago e dove vi è accollamento.

114
Esofago
(prima cosa da focalizzare: qual è il taglio? Guarda tonaca mucosa)
Tonaca mucosa
- Epitelio di rivestimento pavimentoso stratificato non cheratinizzato, in continuità con quello della
faringe, con funzione protettiva.
- Lamina propria connettivale densa, accoglie aggregati linfatici sparsi
- Muscolaris mucosae di fibrocellule muscolari lisce.
Tonaca sottomucosa
Composta di connettivo più lasso è interposta tra mucosa e tonaca muscolare e permette alla mucosa di
sollevarsi in pieghe longitudinali (il lume dell’esofago è virtuale). Vi è la presenza di vasi e del plesso
sottomucoso di Meissner.
Nella porzione distale dell’esofago possiamo ritrovare ghiandole esofagee, di tipo tubuloacinoso a secrezione
mucosa. La secrezione di queste serve a ripristinare il rivestimento mucoso del bolo per facilitarne la discesa.
Tonaca muscolare
- Strato circolare interno.
- Strato longitudinale esterno.
Interposto tra le due vi è il plesso mioenterico di Ausserbach.
Il passaggio tra muscolatura striata della faringe e la muscolatura liscia del tubo digerente non è brusco: le fibre
saranno intramezzate. In una porzione più rostrale dell’esofago avremo quindi un maggior contributo di
muscolatura scheletrica, e viceversa in una porzione più caudale dello stesso.

Stomaco
La superficie interna dello stomaco presenta:
- Pieghe longitudinali transitorie;
- Solchi permanenti che delimitano zone rilevate dette aree gastriche (areole).
- Le aree gastriche presentano numerosissimi fori, corrispondenti all’apertura delle fossette gastriche.
Alla base delle fossette si aprono le ghiandole gastriche. I rilievi che delimitano le fossette sono detti
creste gastriche.
Tonaca mucosa
- Epitelio di rivestimento cilindrico semplice secernente, le cellule hanno un nucleo in posizione basale
e la zona sovranucleare è tutta occupata da vescicole di mucina e mitocondri. La funzione protettiva si
realizza grazie al rilascio di ioni bicarbonato da parte sia delle cellule epiteliali stesse, sia della rete
capillare che rende alcalino il secreto mucoso.
- Lamina propria che può essere distinta in:
Parte superficiale che forma lo scheletro delle creste gastriche.
Parte profonda che occupa la parte compresa tra il fondo delle fossette gastriche e la
muscolaris mucosae. Accoglie le ghiandole gastriche.
- Muscolaris mucosae, le fibrocellule muscolari lisce si dispongono attorno alle ghiandole gastriche e
contraendosi ne favoriscono lo svuotamento.
Tonaca sottomucosa
Costituita da tessuto connettivo lasso. Presenta al suo interno plesso sottomucoso di Meissner e vasi.

115
Tonaca muscolare
È sottile nella regione del fondo, mentre si ispessisce progressivamente fino a raggiungere la massima
consistenza nel piloro. Nello stomaco ha la particolarità di avere uno strato interno aggiuntivo.
- Strato obliquo interno. Si trova soprattutto nel corpo, nel fondo non lo vediamo.
- Strato circolare intermedio.
- Strato longitudinale esterno.
Tonaca sierosa / Peritoneo
Avvolge completamente lo stomaco ed è formata da:
- Peritoneo -> mesotelio pavimentoso.
- Strato sottoperitoneale connettivale.

Cardias (Giunzione gastro-esofagea)


Il punto di transizione dall’esofago allo stomaco è caratterizzato da:
- Brusco cambiamento di epitelio: da quello pavimentoso pluristratificato che riveste l’esofago a quello
cilindrico semplice muco-secernente dello stomaco, avviene secondo una linea festonata.
- La tonaca mucosa presenta nella lamina propria le:
Ghiandole cardiali
Tubulari semplici con l’estremità distale attorcigliata, costituite prevalentemente da cellule che
producono e secernono un composto mucopolisaccaridico basico.
L’obbiettivo è neutralizzare (in modo irrisorio) l’acidità del succo gastrico qualora avvenga un reflusso gastro-
esofageo.
La mucosa dello stomaco e quella dell’esofago si continuano direttamente: la muscolaris mucosae non è
interrotta. La mucosa dello stomaco risulta comunque più estesa di quella esofagea.
Fondo e corpo dello stomaco
Il fondo e il corpo dello stomaco presentano l’architettura tipica dello stomaco.
La lamina propria della tonaca mucosa accoglie le:
Ghiandole gastriche propriamente dette
Tubulari semplici, in cui si riconoscono 3 porzioni:
- ((Fossetta. Epitelio di rivestimento a secrezione mucosa. Alla base di queste si aprono le ghiandole))
- Collo.
Cellule mucose. Secernono un secreto mucoso che va a fare parte del succo gastrico.
Cellule parietali. Sono cellule voluminose, particolarmente ricche di mitocondri.
Il plasmalemma apicale si introflette verso l’interno a delimitare piccoli capillari di secrezione dove
vengono rilasciati gli ioni H+ e Cl-, mentre dal polo basale diffondono nella rete capillare ioni HCO3-.
Elaborano e secernono anche il fattore intrinseco, una glicoproteina che consente l’assorbimento
della vitamina B12.
Le cellule parietali si colorano intensamente con eosina per il loro elevato contenuto di mitocondri e
membrane. Inoltre, i nuclei delle cellule parietali sono disposti al centro, per questo detto “cellule ad uovo
fritto”.
- Corpo.
Cellule principali. Prevalgono nel fondo dello stomaco, hanno citoplasma granuloso per la
presenza di vescicole contenenti pepsinogeno che viene attivato a pepsina dall’HCl, rennina e
lipasi. Le cellule principali si identificano facilmente per il loro citoplasma basofilo, per la presenza di un
RER e perché i nuclei sono localizzati alla base delle cellule.
Cellule parietali.
Cellule neuroendocrine. Localizzate nel fondo della ghiandola, producono serotonina che ha la
funzione di potenziare la contrazione muscolare e la grelina, rilasciata nelle fasi di digiuno, che
agisce sui centri ipotalamici che a loro volta controllano l’assunzione di cibo.
116
Piloro (giunzione gastro-duodenale)
Le creste gastriche diventano molto accentuate (creste villiformi), perché le fossette gastriche diventano più
profonde.
La lamina propria accoglie le:
Ghiandole piloriche
Le ghiandole piloriche diventano tubulari ramificate. Sono costituite:
- Prevalentemente da cellule secernenti muco.
- Cellule neuroendocrine secernenti gastrina che stimola la secrezione di cellule parietali e cellule beta
del pancreas. La secrezione di gastrina è indotta dal mediatore neuroendocrinio gastrin-realeasing
peptide.
Lo sfintere pilorico è caratterizzato dall’ispessimento dello strato di muscolatura circolare che diventa
particolarmente grande e va ad occludere il lume. (lo strato longitudinale prosegue).
Intestino tenue
La superficie interna dell’intestino tenue è sollevata:
- Pieghe circolari o valvole di Kergring. Sono pieghe semilunari permanenti della sottomucosa che si
rialza e solleva la soprastante mucosa.
Sono disposte trasversalmente, mancano a livello della prima parte del duodeno, sono ben visibili ad occhio
nudo.
- Villi intestinali. Sono estroflessioni digitiformi della sola mucosa, appena percettibili ad occhio nudo.
Rendono vellutata la superficie interna dell’intestino tenue.
Lo scopo è ovviamente ampliare la superficie a disposizione.
Un villo intestinale è quindi formato da :
Epitelio di rivestimento;
Impalcatura centrale di connettivo (lamina propria) che accoglie:
o Vasi sanguigni che formano una fitta rete capillare in cui l’endotelio è fenestrato.
o Vaso chilifero che inizia a fondo cieco con un’estremità dilatata ancorata da legamenti all’apice
del villo, discende e alla base del villo converge con gli altri vasi chiliferi nella rete linfatica della
sottomucosa, per poi fuoriuscire dalla parete del tubo.
o Fibre nervose.
o Fibrocellule muscolari lisce, che con la loro contrazione favoriscono il drenaggio del vaso
chilifero.
Tonaca mucosa
Epitelio di rivestimento cilindrico semplice costituito da due tipi cellulari:
- Enterociti. Sono le cellule più numerose con funzione assorbente: possiedono microvilli che
aumentano la superficie assorbente di 30 v. Sulla superficie esterna dell’orletto striato è presente uno
spesso glicocalice che esplica 2 funzioni:
1. Protezione. della parete dall’azione delle proteasi pancreatiche,
2. Adsorbimento di alcuni enzimi con lo scopo di costituire una zona digestiva vicino al sito di
assorbimento.
L’assorbimento di aa e carboidrati semplici avviene attraverso il plasmalemma, da qui queste sostanze
raggiungono il plasmalemma basale dell’enterocita per poi passare nel circolo sanguigno.
L’assorbimento dei lipidi avviene per diffusione di piccole molecole attraverso il plasmalemma, i lipidi si
accumulano in vescicole che vengono scaricate negli spazi intercellulari e da qui drenati nei vasi chiliferi.
- Cellule mucipare caliciformi. Il cui secreto idratato forma un gel protettivo contro abrasioni
meccaniche e invasione batteriche.
Lamina propria che possiede una fitta rete vascolare, tessuto linfatico, e accoglie le:
Ghiandole intestinali o cripte di Lieberkuhn
Sono corte ghiandole tubulari disposte alla base dei villi, (sembrano prolungamenti di questi)
117
Formate da:
Cellule sierose. Producono enterochinasi, localizzata sulla superficie dei microvilli, che converte
il tripsinogeno in tripsina, che a sua volta attiva il chimotripsinogeno
Cellule di Paneth. Producono lisozima e defensina.
Cellule staminali.
Cellule neuroendocrine. Producono colecistochinina (CCK) e secretina nel duodeno.
Muscolaris Mucosae
Tonaca sottomucosa
Formata da tessuto connettivo lasso contenente vasi sanguigni, linfatici, plesso nervoso sottomucoso.
Si solleva a formare la parte centrale delle pieghe circolari.
Accoglie le:
Ghiandole di Brunner
Ghiandole tubulo-acinose composte a secrezione mucosa. Il secreto è alcalino e partecipa nel
neutralizzare l’acidità del chimo gastrico. Secondo alcuni autori potrebbero produrre anche enterochinasi
(attiva il tripsinogeno pancreatico in tripsina che a sua volta attiva il chimotripsinogeno).
In sequenza abbiamo pieghe circolari, villi intestinali, microvilli, tutte volte ad aumentare la superficie
disponibile. Intercalati tra gli enterociti osserviamo cellule caliciformi mucipare.
Digiuno
La struttura di base del digiuno e quella dell’ileo sono molto simili a quelle del duodeno. Le pliche circolari sono
più abbondanti nel tratto distale del duodeno e in quello prossimale del digiuno. Nella metà distale del digiuno
le pliche divengono più piccole e meno numerose, per poi scomparire a metà dell’ileo.
Caratteristica del digiuno sono i villi digitiformi, particolarmente ben visibili. Nel digiuno e nell’ileo le ghiandole
di Brunner sono assenti. Infatti diminuiscono di numero e scompaiono già nell’ultimo terzo del duodeno. I tipi di cellule
epiteliali che rivestono le cripte e i villi del digiuno e dell’illeo sono per lo più gli stessi del duodeno.
Nell’epitelio di rivestimento vi è un maggior numero di cellule mucipare caliciformi.
Cellule neuroendocrine nella mucosa secernono enteroglucagone
Ileo
Per molti aspetti , la struttura dell’ileo è simile a quella delle altre porzioni dell’intestino, con le eccezioni già
rilevate: le pliche circolari sono qui meno numerose, più piccole e scompaiono a metà della sua lunghezza. I villi
diminuiscono di altezza e sono meno discriminati, con base più larga.
- Graduale riduzione dell’altezza di pliche circolari e villi.
Nell’epitelio di rivestimento vi è un ulteriore aumento delle cellule mucipare caliciformi.
Una caratteristica distintiva dell’ileo è inoltre la presenza nella lamina propria di numerosi follicoli linfatici
aggregati, denominati placche di Peyer. Questi possono raggiungere anche notevoli dimensioni da 2 a 10 cm,
sono di forma ovalare, circondano la parete intestinale formando un anello incompleto. Viste le elevate
dimensioni arrivano ad invadere la tonaca sottomucosa, disgregando la muscolaris mucosae, che può appare
come piccole aree di tessuto eosinofilo, ovvero gruppi di cellule muscolari lisce originatesi dalla disgregazione
della muscolaris mucosae. Nell’area delle placche di Peyer, le cripte di Lieberkuhn sono scarse.
Nei preparati istologici, gli aggregati di noduli costituiscono una regione altamente basofila, mentre all’osservazione
macroscopica di campioni freschi appaiono come aggregati di macchie bianche.
L’epitelio luminale sovrastante le placche è costituito da enterociti e cellule M specializzate nella captazione
dell’antigene. Queste cellule cubiche sono caratterizzate da pochi microvilli, e da piccole tasche che accolgono
linfociti T e B, e macrofagi.

L’unica cosa che assorbe lo stomaco è il 20% di alcol; tutti gli altri nutrienti e la restante parte di alcol sono assorbiti
nell’intestino tenue. Nella restante parte di intestino crasso avviene riassorbimento di acqua, ioni, e formazione del
materiale fecale.

118
Colon
Esternamente sono visibili:
- Solchi -> che delimitano le haustra;
- Haustra -> evaginazioni della parete comprese tra le pieghe semilunari;
- Tenie -> corrispondono all’addensamento dello strato longitudinale esterno della tonaca muscolare
- Appendici epiploiche -> estroflessioni della tonaca sierosa contenenti tessuto adiposo.
Mucosa. Internamente la superficie del colon non è sollevata né in pieghe circolari, né in villi intestinali, ma
presenta le pieghe semilunari (corrispondenti ai solchi esterni) che delimitano le haustra; queste pieghe sono
gli unici sollevamenti della mucosa. Sulla superficie l’epitelio di rivestimento presenta enterociti modificati
(cellule cilindriche) con i microvilli molto più brevi, e cellule mucipare caliciformi.
Lo spessore della mucosa è per la maggior parte occupato da ghiandole tubulari semplici (a volte paiono
ramificate) (ghiandole intestinali o cripte di Lieberkuhn) formate per la quasi interezza da cellule mucipare
caliciformi (caratteristica che contraddistingue il colon dallo stomaco). La muscolaris mucosae sottostante invia
tralci nella lamina propria favorendo con la sua contrazione l’espulsione del secreto.
Tonaca sottomucosa. Vi saranno come sempre vasi, plesso di Meissner e linfatici.
Tonaca muscolare. Presenta lo strato interno circolare, piuttosto evidente, e lo strato longitudinale esterno
che si addensa a livello di tenie. Lo strato longitudinale nella restante superficie è quasi inesistente.
Lo strato circolare non è perfettamente continuo ma viene tagliato in modo regolare dalla sottomucosa che si approfonda
con alternanza precisa. La spiegazione di questo sta nella vascolarizzazione: le arterie rette penetrano e suddividono la
muscolatura circolare per distribuirsi a mucosa e sottomucosa. Il punto in cui penetra l’arteria retta corrisponde quindi ad
un indebolimento della parete: in caso di aumento della pressione intraluminale in corrispondenza di questi punti
potrebbero formarsi diverticoli.
Tonaca sierosa o avventizia in base al tratto considerato.
Nei nostri vetrini c’è poca sottomucosa ed è assente la tonaca muscolare, quindi è facilmente confondibile con lo stomaco:
bisogna guardare le cellule mucipare caliciformi che costituiscono le ghiandole intestinali.

Fegato
È un organo pieno rivestito, oltre che dal peritoneo, dalla capsula connettivale di Glisson, che si ispessisce a
livello dell’ilo e che accompagna i vasi che entrano e che si ramificano all’interno dell’organo. I rami più piccoli
dell’arteria epatica e della vena porta insieme ai dotti biliari (->triade portale) decorrono all’interno delle sottili
trabecole connettivali, che formano gli spazi portali (a questo livello sono presenti anche vasi linfatici). Il
connettivo proveniente dalla capsula delimita i lobuli epatici: questi sono strutture tridimensionalmente
prismatiche ed in sezione trasversale con profilo poligonale (esagonale). A livello dei vertici del poligono
ritroviamo gli spazi portali contenenti le triadi portali: qui vi sono un ramo della vena porta, un dotto biliare e
un ramo dell’arteria epatica. Hanno di solito le dimensioni di 1 mm.
Lobulo epatico
Gli epatociti formano lamine unicellulari con disposizione preferenzialmente radiale, verso il centro, dove si
trova la vena centrolobulare. Le lamine di epatociti circoscrivono spazi tra loro intercomunicanti che accolgono
i sinusoidi epatici che andranno poi ad aprirsi nella vena centrolobulare. Gli epatociti posti alla periferia del
lobulo epatico formano la lamina limitante esterna che risulta perforata dalle arterie e vene di immissione e
dai duttuli biliari.
(sistema portale: si viene a descrivere a livello di fegato e di ipofisi. È caratterizzato dal fatto la vena in cui si
risolve la rete capillare a cui da luogo un’ arteriola, subisce una nuova capillarizzazione, da cui ha origine la
vena che si porterà al cuore. Arterie (rette ecc.) -> rete capillare -> vene (vena porta) -> capillarizzazione
(sinusoidi) -> vene centrolobulari -> vene sovraepatiche. Le vene sovraepatiche corrispondono a quel che resta delle
vene vitelline, nella porzione vicina al seno venoso.)
Gli epatociti sono cellule poligonali (prisma in 3D) in cui si riconoscono:

119
Versante vascolare
È il versante rivolto verso i sinusoidi, in cui il plasmalemma si solleva in microvilli. Lo spazio delimitato dagli
epatociti e dall’endotelio dei sinusoidi, detto spazio di Disse, è sede di scambi molto efficienti. Alla periferia del
lobulo lo spazio di Disse si continua con lo spazio di Mall che circonda le strutture della triade portale in cui
originano i vasi linfatici. Intercalati tra gli epatociti si ritrovano anche le cellule di Ito dotate di caratteristiche
vescicole in cui viene accumulata la vitamina A.
I sinusoidi sono capillari di ampio calibro, ad andamento sinuoso, tappezzati da cellule endoteliali sottili e
ampiamente fenestrate, con lamina basale fortemente discontinua. All’interno dei sinusoidi vi sono le cellule di
Kupffer, macrofagi responsabili:
- Della rimozione dei detriti cellulari;
- Degli eritrociti invecchiati (funzione eritrocateretica come la milza);
- Della produzione di diverse citochine implicate nei processi di difesa.
Le cellule di Kupffer sono riconoscibili per il loro nucleo relativamente grande, la posizione, apparentemente
all’interno dei sinusoidi, e per il fatto che il citoplasma è spesso visibile.
I sinusoidi ricevono il sangue dai vasi di distribuzione che decorrono nello spazio portale: rami della vena porta
e piccoli rami dell’arteria epatica propria. Il sinusoide epatico presenta quindi sangue composto per la gran
parte (80%) dal sangue venoso della vena porta, ma in piccola parte (20%) anche sangue arterioso dall’arteria
epatica propria.
Versante biliare
In questo versante il plasmalemma presenta una doccia che, affrontandosi con quella di un epatocita
adiacente, delimita il canalicolo biliare. Le vie biliari intraepatiche che originano a livello dei canalicoli sono
quindi sprovviste di parete propria, i canalicoli sono delimitati dal plasmalemma dell’epatocita stesso. A lato del
canalicolo biliare vi sono strumenti di giunzione molto efficienti che impediscono alla bile di raggiungere il sinusoide
(altrimenti si avrebbe ittero). La rete di canalicoli biliari si dirige verso la periferia del lobulo, dove i canalicoli si
dotano di una parete epiteliale propria, divenendo canali di Hering (o colangioli). Questi perforano la lamina
limitante esterna di epatociti e si aprono nel dotto biliare, presente nello spazio portale.
- La direzione della bile è centrifuga, quella del sangue è centripeta.
Quello appena descritto è il modello classico, con bile centrifuga e sangue centripeto. Altri modelli spiegano la struttura
del fegato, quello più intuitivo è l’acino epatico: viene enfatizzato il fatto che il ramo dell’arteria epatica cede il sangue a
livello del tratto periferico dei sinusoidi; ne seguirà che il sangue misto alla periferia ha più ossigeno rispetto al sangue
nella porzione più centrale. Dalla periferia man mano che si procede verso la vena centrolobulare l’ossigeno viene via via
ceduto agli epatociti fino ad esaurirsi.
La quantità di connettivo che delimita i lobuli è Decisamente inferiore rispetto a quella presente nel fegato di
maiale; non sarà molto chiaro il limite di un lobulo, troveremo comunque gli spazi portali con la triade.

120
Pancreas
È un organo pieno che presenta:
Capsula connettivale di rivestimento che invia tralci all’interno dell’organo suddividendolo in lobi e lobuli.
Parenchima ghiandolare esocrino
È costituito da ghiandole tubulo-acinose ramificate in cui il dotto intercalare si spinge all’interno dell’acino a
formare la parte centro-acinosa. È così possibile distinguere:
- Cellule acinose. Sono tipiche cellule zimogeniche con vescicole di secrezione ammassate nella porzione
apicale della cellula. Producono tutti gli enzimi presenti nel succo pancreatico: peptidasi, amilasi, lipasi,
nucleasi, ecc. Sono il bersaglio della pancreozimina.
Hanno citoplasma basale molto basofilo, perché presenta un esteso RER; il citoplasma apicale, invece,
è molto eosinofilo perché contiene granuli di zimogeno.
- Cellule centroacinose. Localizzate all’interno degli acini. Producono un secreto ricco di acqua e di ioni
bicarbonato. Sono il bersaglio della secretina.
- Dotti intercalari. Prosecuzione delle cellule centroacinose partecipano anch’essi nella produzione di
ioni bicarbonato. Sono caratterizzati da epitelio formato da cellule allungate o pavimentose.
Al dotto intercalare segue il dotto intralobare, costituito da un epitelio cubico semplice, con nuclei sferici o, in
alcuni casi, leggermente ovali. In seguito al dotto intralobare ritroviamo il dotto interlobare, riconoscibile per le
sue grandi dimensioni e la localizzazione fuori dal lobulo. L’epitelio che lo delimita è di tipo cilindrico semplice,
più o meno alto. i dotti interlobulari sono circondati da uno strato piuttosto spesso di tessuto connettivo. I
dotti interlobari confluiranno nel dotto principale.
Parenchima ghiandolare endocrino
È costituito dalle isole del Langherans, che appaiono come strutture più chiare, formate da cellule eosinofile,
inframezzate al parenchima esocrino, le cui dimensioni variano considerevolmente.
Sono numerose soprattutto a livello della coda del pancreas e sono formate da cordoni di cellule compenetrate
da una fitta rete di capillari fenestrati. Si riconoscono:
- Cellula α. Sono poste alla periferia dell’isolotto e producono glucagone.
- Cellule β. Sono le più numerose e occupano preferenzialmente la parte centrale dell’isolotto.
Producono insulina.
- Cellule δ. sono poste alla periferia e sono in rapporto con le cellule α e alcune cellule β, secernono
somatostatina che probabilmente modula la secrezione delle cellule α e β, inibisce cellule parietali
dello stomaco, la secrezione di gastrina, di enzimi e di bicarbonato pancreatici; secernono gastrina.
- Cellule PP. Disperse anche nel pancreas esocrino, secernono il polipeptide pancreatico che inibisce la
secrezione di somatostatina, di enzimi e bicarbonato pancreatici, blocca la secrezione di bile e la
contrazione della cistifellea
– Alcuni studiosi hanno supposto che gli isolotti siano formati da 2 regioni distinte:
• Midollare, contenente principalmente cellule β, dove l’insulina è secreta a un tasso
relativamente costante.
• Corticale, contenente cellule α, β, δ e PP, in cui la somatostatina ha effetto inibitorio
sulle cellule adiacenti.

121
ANATOMIA MICROSCOPICA – APPARATO URINARIO
Rene
Il rene adulto presenta una superficie liscia, mentre quello del feto presenta dei solchi, corrispondenti ai lobi,
che nel corso della crescita si distendono.
Il rene è un organo pieno rivestito da una sottile capsula formata da connettivo, alcune fibre elastiche e cellule
muscolari lisce, facilmente distaccabile.
Il parenchima, in sezione frontale, è suddivisibile in:
- Sostanza midollare interna in cui si riconoscono formazioni coniche, le piramidi renali, con la base
diretta verso la superficie esterna e l’apice (papilla renale) rivolta verso il seno renale. La piramide
presenta l’alternanza di strie chiare e strie scuse tra loro parallele. Le papille renali (1-3) presentano un
aspetto cribroso e sporgono nel calice minore -> calici maggiori -> pelvi renale.
- Sostanza corticale circonda le piramidi e si prolunga tra queste a formare le colonne renali (del Bertin).
La porzione soprastante la base delle piramidi viene suddivisa in:
o Parte radiata: corrisponde ai raggi midollari chiari ad andamento rettilineo;
o Parte convoluta: caratterizzata dalla presenza di tubuli con andamento contorto e dei
corpuscoli renali.
Alla conformazione del rene, corrisponde una precisa distribuzione dei vasi sanguigni. La vascolarizzazione è di
tipo terminale. L’arteria renale, poco prima dell’ilo, si divide in 2-3 rami prepielici e 1 ramo postpielico. Ciascun
ramo si divide in :
- Arterie segmentali,
- Lobari: decorrono a livello di colonna renale, ad un certo punto piegano
- Arterie interlobari,
- Arterie arciformi,
- Arterie interlobulari,
- Arteriole afferenti. Queste danno luogo ad una rete capillare, che poi si riunisce a formare un’altra
arteriola. In seguito alla rete capillare vi è un’altra arteriola che darà luogo ad una rete capillare da cui
deriva il ritorno venoso. (si parla di arteriola anche efferente perché non viene perso ossigeno)
Lobo. È una porzione di parenchima che comprende una piramide renale, la corticale sovrastante e le due metà
adiacenti di colonne renali. È quindi una porzione che ha come limiti linee ideali che, passando per la parte
centrale delle colonne renali, raggiungono la superficie dell’organo. Il numero dei lobi è pari a quello delle
piramidi.
Lobulo. È una porzione di parenchima compresa tra due arterie interlobulari, che ha al centro il raggio
midollare.

Ogni tubulo urinifero è composta da 2 parti embriologicamente distinte: nefrone e tubulo collettore.
Il tubulo collettore riceve il contributo di più nefroni.
Nefrone
Il nefrone è l’unità anatomo-funzionale del rene. Ciascun rene ne possiede da 1 a 2 milioni (il numero di nefroni
attivi è minore e dipende dallo stato di funzionalità).
- I nefroni corticali, più numerosi (85%), hanno corpuscoli situati nella parte periferica della corticale e
anse di Henle corte che entrano nella midollare solo per breve tratto. L’arteriola del corpuscolo
corticale forma la rete capillare peri-tubulare, a livello di corticale. Da quella rete ha origine il ritorno
venoso.
- I nefroni iuxtamidollari, circa il 15%, possiedono un corpuscolo renale di maggiori dimensioni, sito nella
convoluta della corticale più vicina alla midollare, e un’ansa di Henle molto lunga, che raggiunge la zona
interna della midollare. Sono i nefroni iuxtamidollari quelli che svolgono un ruolo funzionalmente più

122
rilevante. L’arteriola efferente in questo caso si porta nella piramide a costituire i vasa recta, che
corrispondono alle strie scuse. Le strie chiare sono anse di Henle e dotti collettori e papillari.

Corpuscolo renale
I corpuscoli renali, a livello del quale per un fenomeno di ultrafiltrazione del plasma sanguigno si forma
l’ultrafiltrato glomerulare (urina primaria) nella quantità media di circa 180-200 l nelle 24 ore, si presentano
come corpicciuoli sferoidali del diametro di 0,2 mm, localizzati nella parte convoluta della corticale. Essi sono
formati da un gomitolo di vasi capillari (glomerulo) e dalla capsula di Bowmann che lo copre.
Glomerulo vascolare
Il glomerulo vascolare è un gomitolo di capillari fenestrati (70-100nm) (lamina basale continua) che ha origine
dalla divisione dell’arteriola afferente; questi si riuniscono poi a formare l’arteriola efferente, caratterizzata da
un calibro minore, che contribuisce a creare un gradiente pressorio.
Tra questi capillari che vanno a comporre il glomerulo vi sono le:
Cellule del mesangio intraglomerulare. Sono cellule situate tra i capillari glomerulari. Queste comunicano con
le cellule del mesangio extraglomerulare e sono probabilmente periciti con funzione di :
- Fagocitare e produrre la membrana basale (matrice mesangiale).
- Regolare il flusso sanguigno grazie alla loro capacità contrattile.
- Secernere prostaglandine ed endoteline, che inducono la costrizione delle arteriole afferente ed
efferente.
- Rispondere all’angiotensina II, che ne provoca la contrazione.
Si pongono in posizione centrale, all’interno di fascetto di capillari.
Capsula di Bowmann
La capsula di Bowmann avvolge il glomerulo e corrisponde alla porzione iniziale a fondo cieco del tubulo renale.
Quest’ultimo infatti è inizialmente a fondo cieco, ma nel momento in cui viene in rapporto con il glomerulo in
via di sviluppo provoca un’estroflessione a dito di guanto. Ne risulta quindi che la capsula di Bowmann è
formata da due foglietti, che delimitano uno spazio capsulare nel quale si va a contenere la pre-urina,
l’ultrafiltrato.
- Foglietto parietale. È costituito da epitelio pavimentoso che si continua a livello del polo urinifero del
corpuscolo renale nel tubulo contorto prossimale.
- Foglietto viscerale. In continuazione con il foglietto parietale in corrispondenza del polo vascolare del
corpuscolo, è costituito da uno strato di elementi epiteliali, i podociti, che da un lato delimitano lo
spazio capsulare e dall’altro si addossano ai capillari glomerulari modellandosi sulle varie anse da essi
descritte. I podociti sono cellule stellate che emettono lunghe estensioni (-> processi primari) che
avvolgono strettamente i capillari sanguigni. Dai processi primari hanno origine processi secondari e
terziari più corti (pedicelli) che si interdigitano con quelli del podocita adiacente. Gli spazi compresi
sono le fessure di filtrazione (40 nm) chiuse da diaframmi, costituiti da una proteina, la nefrina. Le
fenestrazioni sono di 70-100 nm, le fessure di filtrazione sono più piccole.
Endotelio dei capillari, podociti e cellule del mesangio partecipano alla formazione della membrana basale,
costituita da materiale inerte che risulta essere l’unico componente continuo della parete di filtrazione.
Possiamo considerare la membrana basale divisa in tre strati: uno più denso intermedio e due meno densi esternamente.
(chicche da nefrologi)
Tubulo renale
Tubulo contorto prossimale
Il tubulo contorto prossimale lo troviamo a livello di corticale. Esso origina a livello del polo urinifero, mostra
una prima porzione convoluta (-> forma la parte convoluta della corticale) e una seconda rettilinea, che va a
costituire un raggio midollare. Il tubulo contorto prossimale presenta epitelio cubico semplice, che presenta un

123
orletto a spazzola molto esteso. A causa di questo al microscopio ottico questo epitelio appare più cilindrico
che cubico, e riusciamo ad identificare un lume molto ristretto.
La presenza dei microvilli rende ragione della funzione di questo tratto: riassorbire almeno il 67% dell’acqua
(+ioni e tracce di glucosio). Ritroviamo mitocondri in grande numero strettamente impilati a livello della base
delle cellule del tubulo contorto prossimale, questi stanno a testimoniare che oltre al richiamo di acqua sono
molto attive le pompe che richiamano ioni. La massiccia presenza di mitocondri aveva fatto pensare in passato alla
presenza di batteri, questo primo tratto venne infatti descritto come epitelio bacillare.
Ansa di Henle
L’ansa di Henle è rappresentata da un tubulo piegato a U che si porta verso la midollare in cui possiamo
distinguere un braccio discendente, che fa direttamente seguito al segmento rettilineo del tubulo prossimale,
un’ansa vera e propria, e infine il braccio discendente. È evidente il brusco cambio di altezza dell’epitelio: si
passa infatti da epitelio cubico dotato di microvilli ad epitelio pavimentoso.
- Nel braccio discendente l’epitelio pavimentoso è sottile e permeabile all’acqua (15% del riassorbimento
totale) e a Na+.
- Ansa vera e propria.
- Nel braccio ascendente l’epitelio pavimentoso è spesso, impermeabile all’acqua, e qui avviene il
riassorbimento attivo di Na+, Cl-, HCO3- e Ca2+ (25% riassorbimento totale).
Tubulo contorto distale
Il tubulo distale ha inizialmente un andamento rettilineo e si riporta verso l’alto, nella corticale, dove assume di
nuovo andamento convoluto. Ciascun tubulo contorto distale prende rapporto con il proprio corpuscolo renale
a livello di polo vascolare, dove si pone nell’angolo che viene delimitato tra le due arteriole afferente ed
efferente. In questo tratto concorre, tramite la macula densa, alla formazione dell’apparato juxtaglomerulare.
Morfologicamente il tubulo contorto distale è delimitato da epitelio cubico, dotato di scarsi microvilli ma di un
cospicuo corredo di mitocondri. Ne segue che il lume contorto distale ha un lume più ampio del contorto
prossimale, che ha un orletto a spazzola molto più sviluppato.
In questo tratto il riassorbimento di ultrafiltrato è facoltativo: è attivo solo in presenza di ormoni. Di
conseguenza a seconda delle necessità fisiologiche dell’organismo le pre-urina può andare o meno incontro ad
assorbimento ulteriore. Il cospicuo corredo di mitocondri vi è per la necessità di produrre ATP, utilizzati dalle
pompe.

Al tubulo contorto distale fa seguito un piccolo tratto reuniente che si apre nel dotto collettore.
I dotti collettori si portano all’interno della piramide renale, confluendo nei dotti papillari che andranno ad
aprirsi a livello di papilla. Una volta che l’urina ha raggiunto il dotto papillare quella è urina definitiva che non
verrà più modificata
La parete è formata da un epitelio cubico, costituito da due tipi cellulari:
- Cellule principali. Dotate di corti microvilii, con pochi organuli, sensibili ad ADH
- Cellule

Apparato juxtaglomerulare
Come detto ciascun tubulo contorto distale ritorna al proprio corpuscolo mettendosi in rapporto con l’angolo
compreso tra le due arteriole. A quel livello viene descritto l’apparato iuxtaglomerulare, che è formato da 3 tipi
di cellule. Mi consente di mantenere positiva la pressione di filtrazione.
- Cellule della macula densa -> corrisponde a una piccola porzione della parete del tubulo contorto
distale che viene a contatto con l’arteriola afferente. Le cellule appaiono fittamente stipate tra loro e
visti i nuclei più vicini sembrano essere più colorate. Queste cellule sono chemocettori sensibili alle
variazioni del contenuto di Na+ nel liquido che scorre nel tubulo.
- Cellule juxtaglomerulari -> appartengono prevalentemente all’arteriola afferente, nonostante se ne
siano riscontrate anche nell’arteriola efferente. Sono cellule muscolari lisce della tonaca media
dell’arteriola che hanno subito un cambiamento nel corso dell’evoluzione. Queste vanno a disporsi con
124
andamento circolare, e hanno la funzione di valutare la distensione del vaso, per questo motivo sono
barocettori, possono cioè percepire le variazioni della pressione sanguigna. Presentano granuli densi
contenenti renina, che liberano quando si abbassa la pressione sanguigna.
La secrezione di renina da parte delle cellule juxtaglomerulari avviene anche quando le cellule della macula densa
avvertono cambiamenti nella concentrazione del sodio.
- Cellule del mesangio extraglomerulare -> sono situate tra le cellule juxtaglomerulari e quelle della
macula densa e si prolungano internamente continuandosi con le cellule del mesangio
intraglomerulare. Si pensava che servissero come trasduttori di segnale tra macula densa e
juxtaglomerulari. Visto che sono connesse a quelle del mesangio intraglomerulare probabilmente la
loro azione è anche quella di attivare le cellule intraglomerulari e modulare quindi il calibro dei capillari
del glomerulo.
Renina
La renina è un enzima che converte l’angiotensinogeno, prodotto dall’epatocita, in angiotensina I;
l’angiotensina I viene convertita ancora ad opera dell’enzima ACE a livello di capillari degli alveoli polmonari
nella molecola attiva, l’angiotensina II. Questa ha diverse azioni: da un lato l’azione immediata è determinare
vasocostrizione periferica, quindi riduzione del calibro dei vasi della superficie cutanea.
Dall’altro lato va a indurre il rilascio di aldosterone da parte della ghiandola surrenale. L’angiotensina II
raggiunge anche l’ipotalamo, che sarà responsabile della produzione e secrezione dell’ADH. ADH induce
richiamo di sodio -> richiamo di acqua -> aumento del volume sanguigno; + vasocostrizione periferica. Sono
tutte azioni volte a salvaguardare la pressione di filtrazione positiva.
Le cellule interstiziali sono fibroblasti localizzati nelle piramidi renali, tra le anse di Henle e i vasa recta e sono
deputate a secernere eritropoietina;
Uretere
Tonaca mucosa
- Epitelio di rivestimento polimorfo o di transizione. Questo è tipico delle vie urinarie ed è formato da
cellule clavate intermedie e cellule ad ombrello superficiali, per consentire la distensione.
- Lamina propria di connettivo denso.
(Tonaca sottomucosa)
È composta da connettivo lasso che consente lo svincolamento della mucosa dalla tonaca muscolare -> è grazie
alla presenza di questa che la mucosa può sollevarsi in pliche garantendo l’aspetto stellato del lume.
Gli urologi vanno ad unire la sottomucosa alla lamina propria, che dicono sia quindi costituita in una pozione più
superficiale adesa all’epitelio più densa ed una più profonda lassa.
Tonaca muscolare
I fascetti muscolari non formano strati continui ben evidenti, ma sono separati da tessuto connettivo.
Per semplicità descrittiva, si possono riconoscere 2 andamenti:
- Lo “strato” interno con andamento longitudinale;
- Lo “strato” esterno con andamento circolare / elicoidale.
L’orientamento risulta quindi essere l’opposto di quello a cui eravamo abituati nel digerente.
Man mano che ci si avvicina alla vescica urinaria si aggiunge un terzo strato muscolare longitudinale esterno,
per cui avremo longitudinale interno, circolare intermedio e longitudinale esterno.
Tonaca avventizia
Ampia, di rivestimento.
Vescica urinaria
La superficie interna della vescica in stato di vacuità si solleva in pieghe temporanee ad eccezione del trigono vescicale,
dove il piano mucoso è aderente al piano muscolare.
Ha costituzione uguale a quella dell’uretere. Tonaca mucosa con epitelio di rivestimento polimorfo o di transizione, tonaca
sottomucosa di connettivo lasso, tonaca muscolare che forma il muscolo detrusore della vescica e ha 3 strati: longitudinale
interno, circolare intermedio, longitudinale esterno; tonaca sierosa. NON C’È ALL’ESAME

125
ANATOMIA MICROSCOPICA – GENITALE MASCHILE
NELLE VIE GENITALI MASCHILI E FEMMINILI MANCA LA TONACA SOTTOMUCOSA
Testicolo
Organo rivestito dalla:
- Tonaca albuginea -> membrana resistente e inestensibile che avvolge tutto il testicolo, di colore
bianco-azzurrognolo. Dalla faccia profonda, riccamente vascolarizzata (tonaca vascolosa), si staccano
numerosi setti (setti testicolari) che percorrono radialmente il testicolo, convergendo verso il margine
posteriore, dove formano il mediastino testicolare (o corpo di Higmoro), costituito di connettivo
densissimo.
I setti testicolari dividono il testicolo in circa 300 logge e danno passaggio a vasi e linfatici.
La spessa tonaca albuginea va a rivestire anche posteriormente l’epididimo.
Parenchima
Parenchima di consistenza molle e di colorito roseo-giallastro, è formato da tubuli seminiferi e stroma.
Tubuli seminiferi
In ogni loggia ve ne sono da 1 a 3 e hanno una lunghezza di ca 30-60 cm. Ogni tubulo ha andamento contorto,
ad eccezione delle sue due estremità che sono rettilinee e che si continuano nei tubuli retti. La parete dei tubuli
è formata dall’epitelio germinativo che poggia su una lamina basale connettivale. Si identificano due tipi
cellulari:
- Cellule di Sertoli (o di sostegno). Sono cellule cilindriche molto alte, che si estendono per tutto lo
spessore dell’epitelio germinativo. Hanno la base slargata che poggia sulla lamina basale e l’apice
sfrangiato che si spinge fino al lume del tubulo, nelle piccole nicchie che vengono ad essere delimitate
sono accolti gli spermatozoi. Le funzioni sono molteplici:
 Sostegno e nutrizione per le cellule germinali.
 Secrezione di fattori che regolano la spermatogenesi, quali fattori di crescita e citochine.
 Costituzione della barriera emato-testicolare: si creano giunzioni tra due cellule di Sertoli
adiacenti, a livello basale, in modo da suddividere il tubulo in due compartimenti.
Nel compartimento esterno vi sono gli spermatogoni, cellule germinali in uno stato precoce che
sono in attiva mitosi, sotto l’influenza dei fattori umorali. Quando inizia il differenziamento le
cellule germinali si portano nel compartimento adluminale, quello interno, che è protetto da
influenze esterne per mezzo della barriera emato-testicolare stessa.
 FSH induce la produzione di APB, la proteina legante androgeni; essa lega testosterone,
aumentandone la concentrazione all’interno del tubulo e favorendo la maturazione delle
cellule germinali.
 Produzione di inibina e activina, con funzioni antagoniste: la prima blocca la secrezione delle
gonadotropine ipofisarie (azione a livello ipotalamico), la seconda la stimola.
 Secrezione di fluido e fagocitosi di frammenti citoplasmatici.
Cellule germinali sono disposte in più strati tra le cellule di Sertoli. Rappresentano le diverse tappe maturative attraverso
cui, dopo la pubertà, ..+*. Sono disposte in più strati, in base al loro stato maturativo si trovano più o meno internamente.
Stroma
Lo stroma, di natura connettivale, riempie gli spazi lasciati liberi dai tubuli seminiferi, ed è formato da:
- Cellule connettivali.
- Cellule interstiziali (di Leydig), isolate o raccolte in piccoli gruppi. Producono androgeni in risposta
all’LH ipofisario. Il testosterone determina:
 Comparsa e permanenza dei caratteri sessuali secondari.
 Ossificazione delle cartilagini di accrescimento delle ossa lunghe.
 Effetto anabolizzante con aumento della sintesi proteica e di conseguenza della massa
muscolare.
126
 Azione sulle vie spermatiche e sulla funzionalità delle ghiandole annesse all’apparato genitale
maschile.
Tubuli retti
I tubuli retti costituiscono la porzione terminale dei tubuli seminiferi.
Ciascun tubulo retto risulta formato da sole cellule di Sertoli, che vanno incontro a graduale modificazione:
- Da cilindriche diminuiscono di altezza e divengono cubiche;
- Le giunzioni da basali divengono apicali (in una porzione più alta dell’epitelio insomma)
- Talvolta sono presenti ciglia -> nell’epitelio vi è presenza di microvilli e cellule cigliate, visto che da
questo tratto in poi le vie servono a condurre gli spermatozoi.
I tubuli retti terminano aprendosi nella rete testis.
Rete testis
Nella rete testis si aprono i tubuli retti. Essa consiste in una serie di cavità intercomunicanti scavate nello
spessore del mediastino, a livello di margine posteriore del testicolo. Mediastino pieno ma scavato da cavità. Le
cavità sono rivestite da epitelio cubico, in cui possono essere presenti cellule ciliate e cellule con microvilli.
In uno dei nostri preparati la sezione è condotta trasversalmente, per cui vi è modo di apprezzare, oltre ai tubuli seminiferi,
un piccolo tratto di rete testis e poi il continuo dell’epididimo.

Epididimo
L’epididimo se lo svolgi è 5 metri ..
Testa – Parte iniziale
In questo primo tratto l’epididimo presenta:
Tonaca albuginea. Invia in profondità setti che suddividono l’epididimo in 10-15 lobuli: i coni vascolosi. Ogni
cono contiene un condottino efferente: il primo di questi, nel portarsi verso il basso adagiato sul margine
posteriore del testicolo, riceve lo sbocco di tutti gli altri. La parete è costituita da:
- Epitelio cilindrico semplice formato a sua volta da cellule alte ciliate e cellule con microvilli con
funzione endocitotica.
- Lamina propria di connettivo denso, con fibrocellule muscolari lisce disposte circolarmente.
Parti restanti
Gradualmente l’epitelio si modifica fino ad arrivare alle restanti parti dell’epididimo; ritroviamo 3 tonache:
Tonaca mucosa
- Epitelio cilindrico pseudostratificato con vari tipi cellulari:
Cellule a pennacchio, dotate di lunghe stereociglia con funzione assorbente e secernente
glicoproteine, acido sialico e carnitina.
 Cellule basali considerate elementi staminali.
- Lamina basale molto sottile
Tonaca muscolare
Mentre il primo tratto ha componente muscolare molto scarsa, procedendo nel tratto distale la tonaca
muscolare si renderà sempre più evidente. Il sottile strato di fibrocellule muscolari lisce presenti all’inizio
aumenta progressivamente di spessore, l’andamento resta circolare.
Tonaca avventizia - Tonaca albuginea
Dotto deferente
il dotto deferente si stacca dalla coda in modo continuo.
È costituito da una parete molto spessa:
Tonaca mucosa
Sollevata in pieghe longitudinali e formata da:
- Epitelio pseudostratificato con stereociglia, analogo a quello dell’epididimo.
- Lamina propria connettivale.
127
Tonaca muscolare
È molto spessa, in essa le fibrocellule sono organizzate in 3 stati, analoghi a quelli dell’uretere:
- Strato interno longitudinale.
- Strato medio circolare.
- Strato esterno longitudinale.
A differenza dell’uretere la tonaca muscolare è molto evidente ed estremamente cospicua. **
Tonaca avventizia
Qui decorrono vasi di grandi dimensioni: arteria e vena deferenziali, ma anche nervi. Anche il deferente ha
tragitto piuttosto lungo. ((nella nostra sezione ritroviamo anche altre strutture.. a esercitazione bisogna capire
cosa sono queste strutture.. e definiamo quindi il tratto)
Prostata
È un organo consistente, in cui si riconoscono macroscopicamente due lobi laterali e uno posteriore.
È rivestita da una capsula connettivale che invia tralci all’interno dell’organo, andando a costituire uno stroma
fibromuscolare, particolarmente ispessito nella porzione anteriore dell’organo, dove manca la componente
ghiandolare.
Parenchima
È ghiandolare, formato da 30-50 ghiandole tubulo-otricolari o tubulo-alveolari. La porzione alveolare è
particolarmente slargata, mentre i tubuli sono allungati e convergono nei dotti escretori che si aprono sul
pavimento della porzione prostatica dell’uretra. È possibile evidenziare concrezioni sferiche: la porpora
amylacea. Le ghiandole sono disposte in 3 zone:
- Zona che circonda l’uretra (5-10%) in cui le ghiandole si aprono indipendentemente nell’uretra. È la
zona di transizione.
- Zona intermedia (20%) in cui i dotti ghiandolari confluiscono in 2 dotti principali, 1 per parte, che si
aprono nei seni prostatici (collicolus seminalis*). È la zona centrale.
- Zona periferica (75%) in cui le ghiandole sono particolarmente dilatate, ed anche qui si aprono nei dotti
principali. È la sede del carcinoma della prostata.
Il secreto prostatico corrisponde al 20-30% del liquido seminale.
Dobbiam capire se ritroviamo i dotti eiaculatori (quindi superiormente) o se siamo inferiormente. Ci
facciamo aiutare dallo stroma fibromuscolare anteriormente e la forma della prostata.
ANATOMIA MICROSCOPICA – GENITALE FEMMINILE
Ovaio
La struttura dell’ovaio è considerata in una donna giovane e sessualmente matura.
Epitelio germinativo
L’epitelio germinativo riveste esternamente l’ovaio. Esso è uno strato di cellule cubiche che si continua con il
mesotelio del peritoneo a livello del margine mesovarico. Distinguiamo le due strutture perché, mentre il
mesotelio è lucente, l’epitelio germinativo rimane opaco. È importante che l’epitelio sia cubico perché un tipo
di rivestimento differente non consentirebbe la formazione di un varco per far uscire l’ovocita.
Si ricorda che, nonostante il nome, l’epitelio germinativo non possiede alcuna caratteristica germinativa.
Tessuto connettivo sottostante
Il tessuto connettivo sottostante può essere suddiviso in:
- Sostanza corticale.
 Tonaca falsa albuginea. Posta subito al di sotto dell’epitelio germinativo; si continua nello
strato sottosieroso peritoneale. È tutt’altro che resistente come la tonaca albuginea!
 Corticale vera e propria; costituita da connettivo denso che manca a livello dell’ilo dell’ovaio e
che accoglie i follicoli ovarici. È molto sviluppata nella bambine, diminuisce di spessore col
procedere dell’età.
128
- Sostanza midollare.
 Non vi è limite netto con la corticale, è costituita da connettivo lasso (interstiziale)
 Accoglie vasi sanguini, nervi e linfatici che provengono dall’ilo dell’organo.
Nell’ovaio di animale (es. coniglio) è possibile rintracciare i follicoli ovarici nei diversi stadi di sviluppo, cosa più difficile
nell’ovaio umano, essendo molto meno numerosi i follicoli ovarici che iniziano lo sviluppo.
In quest’ultimo prevalgono i corpi lutei, in diverse fasi di involuzione. Il corpo luteo infatti impiega ben più di un ciclo
mestruale per la sua involuzione. I follicoli primordiali saranno ovviamente presenti anche nell’uomo.

Tuba uterina
Come solito nell’apparato genitale è assente la tonaca sottomucosa. L’aspetto della tuba cambia in base alla
sezione. Il preparato che abbiamo noi è a livello di infundibolo.
L’ostio della tuba uterina rappresenta una comunicazione con l’esterno; detto questo il lume piuttosto ristretto
da un lato protegge ma dall’altro può essere causa di sterilità. Analizziamo la l’infundibolo.
Tonaca mucosa
Risulta essere sollevata in pieghe: ritroviamo innanzitutto pieghe primarie, da cui poi possono originare pieghe
secondarie, che talvolta danno luogo anche a pieghe terziarie.
- Epitelio cilindrico semplice. Costituito da:
 Cellule cigliate. Sono cellule che muovono il secreto adagiato sulle ciglia. Ovviamente questo
battito non sarà in grado di muovere l’ovocita, che ha dimensioni molto maggiori in confronto.
Il moto delle ciglia è diretto dall’ostio verso l’interno. Queste cellule prevalgono nella prima fase del
ciclo ovarico, per far sì che si crei una sorta di transito muco-ciliare.
 Cellule secernenti. Queste prevalgono nella seconda fase del ciclo ovarico.
- Lamina propria
Tonaca muscolare
È costituita da 2 strati di muscolatura liscia:
- Strato interno circolare (spirale). Questo diventa via via più cospicuo man mano che ci si porta verso la
porzione interna della tuba (particolarmente ispessito a livello dell’istmo).
- Strato esterno longitudinale.
La contrazione ritmica (peristalsi) della tonaca muscolare della tuba è necessaria per muovere l’ovocita.
Tonaca sierosa
A livello del meso vi è il passaggio di vasi e nervi che si portano alla tuba.
Utero
Tonaca mucosa - Endometrio
Ha una struttura differente in corpo e collo; solo il corpo si modifica ciclicamete.
Nel corpo è formata da:
- Epitelio cilindrico semplice in continuità con quello delle tube uterine, e quindi costituito da:
 Cellule cigliate
 Cellule secernenti
- Lamina propria di connettivo lasso estremamente spessa. Questa contiene ghiandole tubulari
semplici, che sono dette ghiandole uterine. Talvolta hanno una porzione finale ramificata ed assumono
un aspetto serpiginoso (a volte ramificate nel fondo dell’utero). Sono costituite dalle cellule secernenti
dell’epitelio e producono glicoproteine.
Nel collo l’endometrio si solleva nelle pliche palmae rivestite da:
Dal pdv funzionale è possibile suddividere l’endometrio in:
- Zona basale a contatto col miometrio, che non va incontro a degenerazione.
- Zona funzionale a sua volta suddivisibile in:
 Zona spongiosa, è lo strato intermedio di dimensioni maggiori in cui il connettivo ha un aspetto
spugnoso.
129
 Zona compatta, è lo strato superficiale, con connettivo più denso.
Nella zona funzionale si prolungano le arterie spirali. (**** vascolarizzazione ! ! )
Tonaca muscolare - Miometrio
È lo strato predominante, che subisce lievi cambiamenti nel ciclo mestruale, ma importanti durante la
gravidanza (fondamentali per l’espulsione del bambino). È costituito da fasci di fibre lunghe e intrecciate
disposte in piani non chiaramente definiti. Per semplicità descrittiva è possibile suddividerlo in 3 strati:
- Strato esterno con fibre longitudinali, che risulta essere piuttosto sottile.
- Strato medio o vascolare.
 Muscolatura circolare a livello degli sbocchi delle tube.
 Muscolatura circolare/obliqua attorno alle diramazioni vascolari.
È il responsabile principale delle doglie e la sua contrazione occlude i vasi che lo attraversano,
arrestando l’emorragia dopo il distacco della placenta.
- Strato interno sottile, disposto:
 A spirale: obliqua nel corpo, nelle due direzioni opposte
 Circolare nel collo
Questa organizzazione consente all’utero un enorme aumento di volume, nel corso della gestazione, senza
sfiancamenti e può ottimizzare le contrazioni al momento del parto, facilitando l’espulsione del feto.
La stimolazione ormonale è diversa nelle due porzioni.
- Fase estrogenica -> aumento del tono nel corpo e rilassamenti nel collo, in modo che l’orifizio uterino
interno resti beante.
- Fase luteinica -> rilassamento nel tono nel corpo e aumento nel collo
 Giunzione squamo-colonnare
A livello di orifizio uterino esterno si assiste ad un brusco passaggio tra epitelio cilindrico semplice ed epitelio
pavimentoso stratificato della porzione intravaginale dell’utero (tipico di tutta la vagina). Questa zona di
transizione è la sede preferenziale del carcinoma del collo dell’utero, com’è tipico per le zone dove vi sono
bruschi passaggi tra due tipi epiteliali differenti.

130

Potrebbero piacerti anche