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Compliance polmonare: definisce la variazione del volume polmonare in seguito a variazioni

unitarie della pressione applicate al polmone stesso. Esso è dunque indice della distensibilità della
struttura. Essa di calcola come il rapporto tra la differenza di volume e il cambiamento della
pressione pleurica.
Nel polmone isolato, la pressione transpolmonare è data dalla differenza tra la pressione applicata
all’interno e la pressione ambientale. Il polmone isolato tende a collassare e questo a causa di due
motivi: 1) la tendenza alla ritrazione elastica esercitata dalle fibre 2) tensione superficiale che agisce
sulla superficie dell’alveolo. Quest’ultima viene contrastata dal surfattante prodotto dagli
pneumociti II. Se non esistesse il surfattante, a parità di tensione superficiale, gli alveoli più piccoli
si svuoterebbero negli alveoli più grandi in base alla legge di LaPlace. In una curva che mette in
relazione volume e pressione su un asse cartesiano è possibile evidenziare 3 fasi. Nella prima fase
per ogni variazione della pressione si ha un modesto aumento del volume dovuto al fatto che la
tendenza del volume a espandersi è ostacolato dalla tensione superficiale. Nella fase 3, quando il
polmone sarà quasi completamente disteso, ci saranno ulteriori variazioni di volume solo dopo
l’applicazione di grandi valori pressori. La compliance viene misurata nella fase 2 dove esiste
linearità tra la variazione di volume e di pressione. Per ogni cmh2O applicato il volume aumenta di
0,2. La curva costruita durante l’espirazione è spostata a sx e questo perché durante l’espirazione
passiva non esiste il contributo della tensione superficiale. L’area compresa fra le due curve è detta
AREA DI ISTERESI. L’isteresi è la caratteristica di un sistema di
reagire il ritardo alle sollecitazioni applicate. In presenza di isteresi si
ottiene invece uno sdoppiamento della curva: se percorsa da sinistra a
destra si ha un cammino, se percorsa in senso inverso se ne ottiene un
altro. Essa indica che parte dell’energia impiegata per espandere i
polmoni non viene restituita durante la deflazione. Circa ¾
dell’isteresi sono determinati da fenomeni di superficie
Cosa succede se il pomone invece di essere insufflato con aria
viene riempito con una soluzione salina? Si annulla l’interfaccia
aria liquido, non si ha più tensione superficiale e la curva riflette solo
le proprietà elastiche del polmone.

La compliance del polmone è dunque la facilità ad espandersi, l’elastanza è la capacità del polmone
espanso di riassumere il volume iniziale. Nell’enfisema polmonare, la distruzione delle fibre di
elastina porta a una diminuita elastanza ma un’aumentata compliance. Nella fibrosi, si ha una bassa
compliance (il polmone è rigido, ma una alta elastanza). Se la compliance è bassa il lavoro
respiratorio richiesto è alto, se C è alto, il lavoro respiratorio è basso. La compliance toracica
diminuisce nei casi in cui è ridotta la distensibilità della gabbia toracica, come nell’obesità o nella
cifosclerosi.

MECCANICA RESPIRATORIA: RESISTENZE


L’aumento di volume della gabbia toracica e del polmone è contrastato dalla difficoltà dei tessuti a
distendersi (resistenze elastiche) e dalla resistenza offerta al flusso di aria nelle vie aeree (resistenze
non elastiche).
• Le resistenze elastiche del sistema toraco-polmonare si determinano misurando la forza
(espressa dalla pressione), necessaria per mantenere il sistema a un certo volume, attraverso
la costruzione della curva di rilasciamento toraco-polmonare
• la curva di rilasciamento toraco polmonare (PV) esprime la relazione esistente tra le
variazioni di pressione e le variazioni di volume nel sistema toraco polmonare. In condizioni
passive, questa relazione definisce le sue proprietà elastiche.

In condizioni quasi stazionarie, quando il flusso è quasi 0, la variazione di pressione endopleurica


rispecchia la necessità di vincere solo le resistenze elastiche del sistema toraco polmonare. In
condizioni DINAMICHE, quindi in presenza di un flusso e di respirazione normale, è necessaria
una pressione aggiuntiva perché devono essere vinte anche le resistenze delle vie aeree.

Pertanto attraverso la costruzione di questa curva si valuta la forza necessaria (espressa dalla
pressione) per mantenere il sistema ad un certo volume, vincendo le forze di retrazione elastica del
polmone e della gabbia toracica.

PRESSIONI NELL’APPARATO RESPIRATORIO


La pressione endoalveolare (Pa) è la pressione interna agli alveoli.
La pressione transmurale è la differenza di pressione tra l’esterno e l’interno di un dato segmento
delle vie aeree. Le pressioni transmurali più usate sono la transtoracica e la transpolmonare.
La pressione transpolmonare si calcola sottraendo la pressione endopleurica dalla pressione
alveolare. Essa è la pressione che effettivamente agisce nel determinare il volume d’espansione del
polmone in un dato istante e nel prevenire il collasso dovuto alle forze di retrazione.
Ppolmonare= Pa- Pendopleurica
quando le vie aeree sono aperte e il flusso d’aria è zero, la Pa=0 e la Pp= -Pendopleurica. L’alveolo
polmonare e le piccole vie aeree sono mantenute distese dalla pressione endopleurica negativa,
ossia -4 mmHg o da una pressione transpolmonare positiva (in altri termini) Ppolmonare= 0 - (- 4
mmHg)= + 4mmHg. La pressione transpolmonare a un dato volume, esprime la forza di retrazione
elastica del polmone (di norma è positiva).
La pressione transtoracica mantiene espansa la gabbia toracica, essa è convenzionalmente data dalla
differenza della pressione endopleurica e quella ambientale/barometrica. In meccanica respiratoria
convenzionalmente posta a zero.
Ptoracica= Pendopl – Pb
poiché la pressione ambientale è convenzionalmente zero, se i muscoli sono rilasciati, la pressione
toracica sarà data solo dall’azione della pressione endopleurica, che è negativa.
COSTRUZIONE DELLA CURVA DI RILASCIAMENTO TORACO-POLMONARE:
il soggetto inspira e espira a naso chiuso un dato volume in uno spirometro. Raggiunto il volume
desiderato, si interrompe la comunicazione con lo spirometro e si chiede al soggetto di rilassare la
muscolatura respiratoria. A muscolatura rilassata, il sistema tenderà a seguire le sue forze di
retrazione elastica, retraendosi od espandendosi con conseguente variazione della pressione
intrapolmonare, che può essere valutata misurando, con un manometro alla bocca, la pressione nelle
vie aeree che in condizioni statiche è uguale alla pressione intrapolmonare.
L’andamento della curva P-V toraco polmonare dimostra che la compliance del sistema è maggiore
a volumi vicini alla CFR (capacità funzionale di riserva), ossia la quantità di aria residua all’inizio
di un’inspirazione tranquilla. A volumi elevati o molto bassi, il sistema tende a diventare più rigido.
In posizione supina (clinostatismo), la curva PV del polmone non varia rispetto a quella in
ortostatismo, ma si sposta la curva PV del torace: è più difficile distendere il torace a causa dello
spostamento verso l’alto del diaframma, causato dai visceri addominali. Respirare è più difficoltoso
e i pazienti con dispnea preferiscono stare seduti.

RELAZIONE VOLUME/PRESSIONE NELLA GABBIA TORACICA


Ipoteticamente, se la gabbia toracica non è sottoposta alla forza di retrazione elastica del polmone,
che tende a ridurne il volume, essa assume una propria posizione di equilibrio con una
corrispondente pressione nella cavità uguale a zero. Mentre il polmone tende al collasso, la gabbia
toracica tende alla riduzione di volume o all’espansione in relazione al proprio volume rispetto a
quelllo di equilibrio. Per ricavare la curva di rilasciamento della sola gabbia toracica si misura, a
diversi volumi, la pressione endopleurica rispetto a quella atmosferica con la muscolatura rilasciata
e la glottide chiusa.
Se dalla posizione di equilibrio si insuffla aria nella cavità toracica, se ne provoca un aumento di
volume. La forza di retrazione elastica e la tendenza della parete toracica verso la posizione di
equilibrio si manifestano con un aumento della pressione. Alla massima espansione la pressione
esercitata è di soli 8-10 cmH2O. La sottrazione d’aria dalla cavità a partire dalla posizione di
quilibrio, provoca una riduzione di volume con conseguente spostamento dal punto di equilibrio e
tendenza, verso l’espansione. La tendenza all’espansione provoca una riduzione dela pressione
interna che diviene negativa. La riduzione fino a un volume corrispondente a quello residuo
provoca una notevole tendenza all’espansione e sviluppa una pressione negativa. La compliance
della gabbia toracica nella porzione lineare della curva è simile a quella del polmone. A volumi
polmonari vicini a quello residuo, la compliance si riduce notevolmente.
Il sistema toraco polmonaare in vivo è costituito dalle strutture poste in serie l’una con l’altra. La
pressione esercitata dal sistema toraco polmonare in toto (p transtoracica + pressione
transpolmonare) è la somma algebrica delle pressione esercitate separatamente dal polmone e dalla
parete toraciica. Inoltre la pressione esercitata dal sistema toraco polmonare Pp+t= Palveolare- Pbarometrica.
Si ricorda che la pressione barometrica è convenzionalmente zero, pertanto la pressione di
distensione del sistema toraco-polmonare sarà quella misurata negli alveoli che in condizioni
statiche e a glottide aperta, coincide con la pressione misurata alla bocca del soggetto. Questa
pressione esprime, per ogni volume, la forza esercitata dalle forze elastiche del sistema toraco
polmonare. Il punto di equilibrio del sistema toraco polmonare corrisponde a circa il 35% della
capacità vitale nel soggetto seduto. Ciò significa che il raggiungimento di qualunque volume al di
sopra di tale valore richiede l’attivazione dei muscoli inspiratori. L’espirazione successiva è dovuta
alla restituzione dell’energia elastica acquisita nella fase inspiratoria: essa è passiva a costo
energetico nullo. Per volumi superiori al 55% della capacità vitale, l’espirazione è dovuta alla
restituzione d’energia elastica sia del polmone che della parete toracica. Al contrario, il
raggiungimento di un qualunque volume del sistema toraco-polmonare al di sotto del punto
d’equilibrio (35% CV= max quantità d’’aria che può essere moblizzata) richiede un’espirazione
attiva, con contrazione dei muscoli espiratori. La successiva inspirazione sarà tuttavia del tutto
passiva e a carico della forza di espansione della parete toracica fino al punto di equilibrio.
EFFETTO DELLA POSIZIONE CORPOREA:
La relazione P/V del sistema toraco-polmonare si modifica notevolmente con la posizione corporea.
Nel soggetto sdraiato, la relazione P/V del solo polmone è sostanzialmente immodificata, mentre
quella della parte toracica è spostata verso dx al valore di equilibrio al 30% della capacità vitale. La
PV del polmone è immodificata, quello che si modica e si riduce è la capacità funzionale del
polmone in quanto in posizione sdraiata i visceri addominali sono spinti contro il diaframma e
quindi ne riducono il ritorno elastico e ostacolano l’espansione della parete toracica, di cui il
diaframma e l’addome fanno parte. L’ostacolo all’espansione della parete toracica rende più
difficoltosa la respirazione e pertanto il paziente con dispnea predilige la posizione seduta.

RESISTENZE NON ELASTICHE (VISCOSE e INERZIALI)


L’ingresso e la fuoriuscita d’aria dall’ambiente all’alveolo polmonare e viceversa sono determinati
dalla differenza di pressione ambientale e alveolare. In condizioni fisiologiche di respirazione, la
genesi di tale differenza di pressione è a carico unicamente di variazioni della pressione
endoalveolare. È l’alveolo che aumentando il proprio volume (inspirazione per stiramento da parte
della parete toracica) crea la depressione per cui la pressione alveolare risulta inferiore a quella
ambiente. Al contrario, la compressione dell’aria nell’alveolo genera un aumento della pressione
alveolare che diviene superiore a quella ambiente con conseguente fuoriuscita d’aria.
Il flusso nelle vie aeree può essere con moto laminare, transizione o turbolento. Nel moto laminare,
i filetti d’aria si dispongono a cilindri concentrici che scorrono con velocità diverse. Massima al
centro, e minima in corrispondenza delle pareti a causa degli attriti. Si applica in questi casi la legge
di Poiseuille. Dove la resistenza è inversamente proporzionale al raggio elevato alla quarta. Se il
raggio si dimezza, la resistenza aumenta di ben 16 volte. Il flusso con moto turbolento è
caratteritzzato da un completo disordine dei filetti di gas i quali si muovono in tutte le direzioni e
dalla formazione di vortici. Il flusso passa da laminare a turbolento quando viene superato il valore
di 2000 del numero di Reynolds. La turbolenza si verifica quando la velocità del flusso è alta e il
raggio è grande, Re= raggio x velocità x densità / viscosità. Il gradiente pressorio necessario a
sostenere un flusso turbolento è correlato al quadrato del flusso stesso e alla resistenza al flusso. Il
gradiente pressorio che deve essere generato a cavallo di un condotto è ben maggiore del gradiente
necessario per sostenere lo stesso flusso quando è laminare. Il flusso turbolento si manifesta anche a
riposo nella trachea e nei bronchi più grossi. Da un punto di vista pratico, nella respirazione a riposo
si afferma che la maggior parte delle resistenze risiede nelle vie aeree superiori, fino ai bronchi di
media taglia. Di queste, solo le cavità nasali sono responsabili del 50% della resistenza totale. La
resistenza delle vie aeree è fortemente influenzata dal volume polmonare, a volume residuo, la
resistenza è oltre quattro volte superiore al valore che si riscontra quando il polmone è al 100%
della capacità vitale. Questo perché, le vie aeree inferiori, senza cartilagine, sono dotate di materiale
elastico. Il loro calibro è fortemente influenzato dalla pressione transmurale. Con l’aumento del
volume polmonare e l’aumento della negatività endopleurica, la pressione transmurale delle vie
aeree aumenta favorendo l’espansione del condotto. Le piccole vie aeree sono soggette a un
aumento di calibro nell’inspirazione profonda, durante l’espirazione esse si riducono di volume.
Poiché la resistenza delle vie al flusso è proporzionale alla quarta potenza del raggio, appare chiaro
come una piccola riduzione di quest’ultima si traduca in significativi incrementi di resistenza. Il
calibro è regolato dal SNA. Simpatico→ broncodilatazione e inibizione secrezione ghiandole
bronchiali. Parasimpatico (vagale)→ broncocostrizione e secrezione ghiandole
CICLO RESPIRATORIO
l’ingresso e la fuoriuscita dell’aria dal polmone avvengono sulla base di cicliche variazioni della
pressione alveolare, generate dall’azione dei muscoli respiratori. I muscoli respiratori devono
vincere le resistenze elastiche delle diverse componenti toraco-polmonari, le resistenze viscose
dovute al flusso d’aria nelle vie aeree, e le resistenze inerziali dovute al passaggio dallo stato di
quiete a quello di moto dei vari tessuti.
Il ciclo respiratorio di un soggetto in giovane età che respira a riposo dura circa 4 secondi, di cui 1,7
s corrispondono alla fase inspiratoria (contrazione degli intercostali esterni) e 2,3 secondi alla fase
espiratoria (passiva, con restituzione dell’energia elastica accumulata).
FASE PRECEDENTE L’INSPIRAZIONE: prima che inizi l’inspirazione (tempo 0) i muscoli
respiratori sono completamente rilasciati e il volume del sistema toraco-polmonare si trova nella
posizione d’equilibrio. La pressione endopleurica è – 4 mmHg ( a causa della tensione superficiale,
dell’elasticità della gabbia toracica e dei polmoni). Il flusso d’aria è necessariamente zero e le
resistenze sono nulle. La pressione endoalveolare è uguale a quella atmosferica e per convenzione si
mette zero.
INSPIRAZIONE: con l’inspirazione, la contrazione dei muscoli provoca abbassamento del
diaframma e aumento dei diametri. L’espansione trascina con sé il polmone e ciò causa una
maggiore negativizzazione della pressione endopleurica ed endoalvveolare con distensione del
volume dell’alveolo. All’aumento di negatività endopleurica concordano due fattori: il primo è
dovuto alla maggiore distensione del polmone con coseguente incremento della forza di retrazione
elastica, il secondo è dovuto alla resistenza delle vie aeree al flusso d’aria e si accompagna a una
diminuzione della pressione all’interno degli alveoli stessi (legge di Boyle). La diminuzione della
pressione endoalveolare sotto quella atmosferica ( -1 cm H2O) costituisce il gradiente pressorio che
promuove il flusso d’aria diretto verso l’interno e il conseguente incremento di 500 ml del volume
d’aria nel polmone. Il termine dell’inspirazione è rappresentato dalla cessazione dei muscoli
inspiratori che rimangono contratti per un istante prima di iniziare il rilasciamento. Non essendoci
ulteriore distensione dell’alveolo ed essendo l’aria già entrata nell’alveolo stesso, il gradiente
pressorio si annulla. La pressione alveolare ritorno uguale a quella ambientale e il flusso d’aria si
annulla. Questo meccanismo ha permesso ha permesso l’introduzione di 500 ml d’aria nel polmone
(volume corrente), al di sopra della capacità funzionale residua e tale aumento del volume
polmonare ha provocato un incremento della forza di retrazione elastica che causa un aumento di
negativizzazione della pressione endopleurica. Da -4 mmHg a – 7 mmHg.
ESPIRAZIONE: non è altro che la restituzione dell’energia immaganizzata nell’inspirazione.
Infatti la tendenza al collasso del polmone, dovuta alle sue componenti elastiche è sufficiente a
ridurre il volume dell’alveolo creando una pressione positiva che genera il gradiente alveolo-
ambiente ( + 1 mmHg) necessario a far uscire aria.
CICLO RESPIRATORIO DURANTE L’IPERVENTILAZIONE: durante l’iperventilazione
volontaria e nell’esercizio muscolare, il volume corrente e la frequenza respiratoria sono aumentati
e ovviamente la durata del ciclo è diminuita. L’aumento del volume corrente con una minore durata
del ciclo respiratorio si traduce in un incremento del flusso medio delle vie aeree, della velocità
dell’aria e dei fenomeni di turbolenza.
LAVORO RESPIRATORIO: è dato dalla contrazione muscolare durante l’inspirazione.
L’espirazione è quasi passiva dovuto al richiamo elastico.
Il lavoro inspiratorio è suddiviso in 3 frazioni:
1) quello richiesto per espandere i polmoni contro le forze elastiche polmonari e della gabbia
toracica→ compliance work o lavoro elastico 65%
2) quello richiesto per superare la viscosità delle strutture toraco polmonari
3) quello richiesto per superare le resistenze al flusso d’aria ai polmoni.

Lavoro respiratorio= forza x spostamento = pressione x volume

Il flusso d’aria che si stabilisce tra atmosfera e alveoli dipende dalla resistenza offerta dalle vie
aeree. Il 90% della resistenza delle vie aeree si attribuisce a trachea e bronchi che hanno un’area
totale di sezione minima.
Resistenza delle vie aeree al flusso d’aria : nelle vie aeree vige la legge di Poiseuille, secondo cui la
resistenza al flusso in un tubo è direttamente proporzionale alla lunghezza del tubo e alla viscosità
del fluido ma inversamente proporzionale alla 4° potenza del raggio. La superficie della sezione
totale dell’albero respiratorio aumenta in modo considerevole ( 23 ordini di ramificazione), di
conseguenza la resistenza al flusso diminuisce drasticamente in direzione distale e si riduce anche la
velocità. Ne deriva una diminuzione dell’energia cinetica.
Il flusso dipende dalla forza che i muscoli respiratori riescono a sviluppare e dalle resistenze
elastiche e non. Al 100% della capacità vitale, la forza sviluppata dai muscoli espiratori è assai
elevata. La forza di retrazione elastica del polmone è la massima, la depressione endopleurica è
fortemente negativa, le vie aeree sono notevolmente distese e la loro resistenza è modesta, pertanto
nella fase iniziale dell’espirazione massimale il picco massimale di flusso sarà particolarmente alto
10 L/s. Con il procedere dell’espirazione forzata e il progressivo ridursi del volume polmonare, la
forza di retrazione elastica del polmone diminuisce e pertanto le vie aeree intratoraciche tendono a
ridursi di calibro, causando un incremento delle resistenze al flusso. Ques’ultimo decresce
proporzionalmente alla riduzione del volume.

(* la tensione superficiale T è una forza che si origina in corrispondenza della zona di confine fra
gas e liquido ed è direzionata all’interno della bolla. Se una bolla di gas di raggio r, viene circondata
da liquido, allora la tensione superficiale T di tale liquido provoca una sovrapressione all’interno
rispetto all’esterno, PRESSIONE TRANSMURALE >0 , ossia pressione dentro e fuori alveolo. Un
alveolo più piccolo risente di una maggior pressione diretta verso il centro dell’alveolo rispetto a un
alveolo più grande a parità di tensione superficiale. Se i due alveoli sono connessi alle stesse vie
aeree il più piccolo tende a collassare. Il surfattante compensa questa differenza e assicura che gli
alveoli più piccoli non collassino.
Il SURFATTANTE è un fosfolipide, ossia dipalmitoil-fosfatidilcolina prodotto dagli pneumociti di
tipo II. Si dispone sulla superficie alveolare con la parte polare idrofila, immersa nella fase liquida e
la parte non polare idrofoba rivolta verso la fase gassosa. Pertanto il surfattante polmonare:
1) aumenta la compliance polmonare
2) mantiene la stabilità alveolare
3) impedisce il collasso degli alveoli (atelettasia) a bassi volumi
4) impedisce l’edema polmonare.
5) la sua mancanza causa la sindrome da distress respiratorio dell’adulto. )
INSPIRAZIONE
contrazione muscoli inspiratori→ aumento volume cavità toracica→ aumento volume polmoni →
aumento negatività endopleurica→ grazie al gradiente di pressione si crea un flusso di aria fino a
quando la pressione alveolare/intrapolmonare= pressione atmosferica

perché l’aria si muova verso l’interno dei polmoni, è necessario che la pressione all’interno di questi
diventi inferiore a quella atmosferica. Questo è ottenuto mediante l’azione dei muscoli inspiratori
esterni che determinano un aumento del volume del torace e, grazie alla legge di Boyle, sappiamo
comportare una diminuzione della pressione. Nell’inspirazione tranquilla, tale incremento è dovuto
principalemnte alla contrazione del muscolo diaframma. Durante l’inspirazione, la contrazione del
diaframma fa si che esso si appiattisca e spinga verso il basso i visceri addominali, lasciando aperto
uno spazio che prende il nome di seno costofrenico. Nell’inspirazione tranquilla il diaframma si
abbassa di 1-2 cm, ma questo valore può superare i 10 cm nell’inspirazione forzata con un aumento
di 2-4L in casi estremi. Nell’inspirazione forzata gioca un ruolo anche lo sternocleidomastoideo. Il
sostegno supplementare è offerto anche dai muscoli scaleni, chiamati muscoli respiratori accessori.

ESPIRAZIONE
rilasciamento muscoli inspiratori→ diminuzione volume cavità toracica→ diminuzione volume
polmoni → diminuzione negatività pressione endopleurica-→ grazie al gradiente di pressione l’aria
esce fino a che pressione intrapolmonare eguaglia la pressione atmosferica.

Al termine dell’inspirazione il diaframma si rilassa, i visceri vengono spinti verso l’alto. I muscoli
espiratori sono i muscoli della parete addominale, intercostali interni. Sono di importanza
fondamentale per l’aumento dei volumi d’aria espirata nell’esercizio fisico. Sono inoltre
indispensabili per permettere processi come la tosse.

Spirometria: i volumi d’aria inspirata ed espirata fanno innalzare e discendere una campana
capovolta e sospesa da pulegge, parzialmente immersa in un cilindro a doppia parete con
l’intercapedine piena d’acqua. Il moto della campana è trasmesso a un sistema scrivente.
L’ampiezza delle deflessioni indica i volumi inspirati ed espirati, sia la velocità di salita e discesa
delle deflessioni. Il volume corrente è di circa 500 ml. Il volume d’aria che oltre al volume corrente
può entrare nei polmoni in un’inspirazione massimale è chiamata volume di riserva inspiratoria e
ammonta a 2,5 L circa. Il volume di riserva espiratoria è circa 1,3 L mentre il volume residuo è fra
1-1,5 L.
La capacità funzionale residua corrisponde al volume d’aria che è presente nei polmoni al termine
dell’espirazione, in un soggetto che respiri tranquillamente. L’entità della CFR è un dato
particolarmente importante perché corrisponde al volume dell’aria alveolare che partecipa agli
scambi gassosi con il sangue. Si tratta del volume d’aria al quale effettivamente l’organismo può
attingere per le esigenze della respirazione tissutale. Al termine dell’espirazione, a muscolatura
respiratoria rilasciata, il volume dei polmoni, dipende dal bilancio tra forze di retrazione del
parenchima, che tendono a portare il polmone al suo volume di equilibrio e le forze che tendono a
far assumere alla gabbia toracica il suo volume spontaneo di riposo. La CFR corrisponde al 40%
della capacità vitale.
Alterazioni della capacità funzionale residua producono variazioni del rapporto tra essa e il volume
corrente. Se le forze di retrazione del parenchima si indeboliscono, come può essere per una fibrosi,
la CFR diventa più grande e il rinnovamento dell’aria più lento, con minor riduzione dell’anidride
carbonica. Se in caso di esercizio fisico , un soggetto respira a volumi correnti superiori a quelli
della respirazione tranquilla come in caso di attività fisica, la CFR è minore che non a riposo e il
volume d’aria che entra ed esce dagli alveoli ad ogni atto respiratorio è maggiore, incrementanndo
la rimozione della CO2 proveniente dal sangue.
Espirazione forzata: lo spirometro può essere utilizzato per valutare la capacità vitale forzata. Il
volume espirato forzatamente nel primo secondo (VEMS) è inversamente proporzionale alla
resistenza delle vie aeree al flusso espiratorio. Nei soggetti sani si attesta all’80%, il che significa
che al massimo dello sforzo espiratorio, l’80% della capacità vitale può essere espirata in un
secondo.
Spazio morto anatomico: volume costituito da cavità nasali, bocca, laringe, faringe, vie aeree che
non sono tappezzate da alveoli, fino ai dotti alveolari. Ammonta a 150 ml.
Ventilazione polmonare: corrisponde al prodotto del volume corrente per il numero di atti
respiratori al minuto. In un adulto di circa 70 Kg, una ventilazione polmonare di 6L/min,
corrispondente a un volume corrente di 0,5 ml e a una frequenza respiratoria di 12 atti per minuto.
La ventilazione polmonare può aumentare sia per aumento della frequenza respiratoria che della
profondità di ogni singolo atto. All’aumento del livello di attività fisica, in un soggetto sano
incrementa la profondità degli atti respiratori fino a un vole di circa 2/3 della capacità vitale
( massima quantità d’aria che può essere mobilizzata dal sistema respiratorio. È proporzionale alla
statura e al grado di allenamento all’esercizio. Da 4 a 8 L. Si riduce con l’età)
Cavità pleurica: contiene liquido pleurico. Tappezzato da mesotelio. Il liquido interno ha uno
spessore di 10-20micron e ha elettroliti simili al plasma. Il liquido si forma per filtrazione dai
capillari sottopleurici, soprattutto i capillari che vascolarizzano la pleura parietale, il cui equilibrio
di Starling è spostato maggiormente verso la filtrazione rispetto ai capillari che vascolarizzano la
pleura viscerale. Circa l’80% del riassorbimento avviene grazie a plessi linfatici. Le variazioni di
volume della cavità toracica nel ciclo respiratorio vanno di pari passo con corrispondenti variazioni
ddel volume e della pressione nel polmone, nelle vie aeree e nel cavo pleurico. In quest’ultimo la
pressione è di circa -4 mmHg.
Le proprietà elastiche del parenchima polmonare fanno sì che i polmoni, tendano a ridurre il proprio
volume espellendo 3-4 L d’aria precedentemente contenuti, fino a conservare un volume residuo
d’aria di circa 300 ml. La parete toracica invece tende a un ritorno elastico verso un volume
maggiore. La pressione all’interno del cavo pleurico diventa negativa.
Le forze elastiche del parenchima polmonare esercitano, una trazione sul foglietto pleurico viscerale
che riveste il polmone, tendendo a distaccarlo da quello parietale. Allo stesso modo, l’azione della
muscolatura inspiratoria, tende a staccare il foglietto pleurico parietale da quello viscerale. Queste
forze tendenti a dilatare lo spazio pleurico sono comunque inferiori alle forze di aspirazione del
liquido pleurico che producono l’adesione a ventosa del polmone alla parete della cavità toracica.
Non potendo avere il distacco dei due foglietti pleurici, si instaura tra essi una pressione negativa
rispetto a quella atmosferica.
Pneumotorace→ le forze di aspirazione del liquido pleurico possono essere neutralizzate con
scomparsa dell’effetto di adesione a ventosa, se viene meno la tenuta d’aria della cavità toracica.
Una lesione può provocare una breccia nella parete toracica. I due foglietti pleurici perdono il
vincolo meccanico fra essi esistente a causa delle trazioni esercitate in direzione opposta dal
parenchima polmonare e dalla parete toracica. Il polmone si ritrae e diventa inadatto alla
respirazione.

Versamento liquido di origine infiammatoria→ nel cavo pleurico può accumularsi liquido che
determina il divaricarsi dei due foglietti.

[INSPIRAZIONE: aumenta il volume della cavità toracica grazie ai muscoli e il diaframma, il


foglietto parietale viene espanso e la pressione intrapleurica, secondo la legge di Boyle diminuisce,
da – 4mmHg a – 6mmHg. Si espandono i polmoni, e il foglietto viscerale si avvicina al foglietto
parietale. Nei polmoni aumenta il volume e diminuisce la pressione intrapolmonare. All’inizio era 0
mmHg ( a riposo), adesso è diminuita fino a – 1mmHg.
Quindi diminuisce sia la pressione endoalveolare che intrapleurica.
Cosa succede alla pressione transpolmonare e transtoracica?
TRANSPOLMONARE: - 1 mmHg - (-6 mmHg)= + 5 mmHg
TRANSTORACICA: - 6 mmHg – 0= - 6 mmHg

CONCETTI CHIAVE
• il polmone è paragonabile a una massa gelatinosa sospesa per gli apici e adagiata sul
diaframma. Per l’elevato contenuto di tessuto elastico e per la tensione superficiale
all’interfaccia aria-liquido tende a collassare (forza di retrazione elastica).
• Per mantenere il polmone espanso (disteso) devono essere applicate al suo esterno, una forza
negativa al suo esterno (rappresentata dalla pressione endopleurica), il cui valore a
equilibrio del sistema toraco-polmonare (capacità funzionale residua) è di – 5 cmH2O. O
una forza positiva all’interno, rappresentato dall’aria pompata nelle vie aree per esempio
durante la respirazione artificiale
• lo spirometro permette di misurare i volumi d’aria che il soggetto inspira e espira.
• La cavità toracica è anch’essa elastica, se non vi fosse la forza di retrazione del polmone,
avrebbe un proprio volume d’equilibrio superiore a quello che presenta in vivo a capacità
funzionale residua. Una diminuzione di volume da quello d’equilibrio provoca una tendenza
della gabbia toracica all’espansione, mentre un aumento di volume una tendenza alla
riduzione dello stesso, in entrambi i cassi verso il volume d’equilibrio.
• Ogni volume del sistema toraco-polmonare dipende dall’interazione (o somma algebrica) tra
la tendenza del polmone al collasso e la tendenza della parete toracica all’aumento
• in condizioni d’equilibrio (CFR) la parete toracica sviluppa una forza che mantiene distesi
gli alveoli contrastandone la forza di retrazione elastica. A propria volta il polmone si
oppone all’espansione della gabbia toracica. Per volumi polmonari diversi da quello
d’equilibrio, l’interazione tra le due forze è : di segno opposto (per valori inferiori a quello
di equilibrio ) o dello stesso segno (per volumi superiori).
• L’individuo, a termine di un’espirazione normale, assume un volume d’equilibrio
rappresentato dalla capacità funzionale residua.
• Un volume del sistema toraco-polmonare diverso dalla CFR è instabile e dev’essere
mantenuto o attivando i muscoli respiratori o bloccando le vie aeree.
• Partendo da volume polmonari superiori alla CFR, l’espirazione è sempre passiva
(dispendio energetico muscolare nullo), mentre partendo da volumi uguali o inferiori
alla CFR, è sempre attivando
• Partendo da volumi polmonari superiori alla CFR, l’inspirazione è sempre attiva e richiede
contrazione muscolare con dispendio di energia, mentre partendo da volumi polmonari
inferiori alla capacità funzionale residua, è passiva.
• Durante l’iperventilazione (lavoro muscolare, dispnea), poiché il volume corrente è elevato,
è in parte attiva anche l’espirazione.
• Quando le vie aeree sono aperte e il flusso d’aria è zero, la pressione alveolare è zero, per
cui la pressione transpolmonare è uguale e contraria a quella endopleurica. + 5 cmH2O.
L’alveolo polmonare e le piccole vie aeree sono mantenute distese dalla pressione negativa
endopleurica o positiva transpolmonare (esprime la forza di retrazione elastica del polmone).
• La pressione transtoracica mantiene espansa la gabbia toracica. Si ottiene come : P
endopleurica – P barometrica. Poiché la pressione barometrica è convenzionalmente 0
mmHg, se i muscoli sono rilasciati, la pressione transtoracica sarà sottoposta alla sola azione
della pressione pleurica negativa (che si oppone all’espansione della gabbia toracica). Se i
muscoli sono attivati, la pressione transtoracica sarà data dalla somma della forza sviluppata
dai muscoli respiratori e dalla pressione pleurica. Nell’inspirazione, la forza contrattile dei
muscoli inspiratori (pressione negativa) si aggiunge alla pressione negativa endopleurica
aumentandone la negatività. Nell’espirazione , la forza dei muscoli espiratori è positiva e
riudce la pressione endopleurica.
• Per mobilizzare l’aria dall’ambiente verso gli alveoli e viceversa, devono essere vinte tre
diverse resistenze: resistenza elastica del sistema toraco polmonare (polmone e parete
toracica), resistenza inerziale dovuta al cambiamento di stato riposo/movimento della
parete toracica, e la resistenza che l’aria incontra nel percorrere le vie respiratorie.
• Flusso/volume: il flusso d’aria inspiratorio massimo al 50% della Capacità vitale forzata, è
maggiore rispetto al flusso espirator a causa della compressione dinamica delle vie aeree.
• Compressione dinamica delle vie aeree: le vie aeree prive di sostegno cartilagineo, quindi
risentono dell’aumentata pressione esercitata al loro esterno durante l’espirazione forzata
(compressione) e tendono a collassare, creando una riduzione progressiva del flusso. Il
punto delle vie aeree nel quale, durante l’espirazione forzata, la pressione interna equivale a
quella pleurica è detta equal pressure point EPP, e si sposta durante questa fase espiratoria
dalle vie aeree centrali a quelle periferiche.

Il metodo di Fowler è una tecnica che permette di valutare lo spazio anatomico valutando la
frazione d’azoto che viene inspirata ed espirata. Si misura l’azoto iniziale all’inizio dell’espirazione
e inizialmente è zero, poi aumenta fino ad arrivare ad un plateau. Da dove arriva? Dall’aria che
aveva già nei polmoni e quando questa raggiunge un plateau si dice che questa era l’ultima aria che
era a livello alveolare. Lo spazio morto fisiologico è l’insieme dello spazio morto anatomico e
degli spazi alveolari che per problemi di perfusione, non partecipano agli scambi. Nel polmone
normale, il numero degli alveoli in cui non avvengono scambi è molto ridotto. Quindi lo spazio
morto fisiologico, in un soggetto sano corrisponde allo spazio morto anatomico.

Lo spazio morto fisiologico si misura con il metodo di Bohr, che valuta il volume polmonare che
non elimina anidride carbonica.
EQUAZIONE DI BOHR: il volume espirato Ve è formato da volume dello spazio morto Vd +
volume alveolare Va . Ve= Vd+ Va
La qtà di anidride carbonica espirata= quantità di CO2 che viene dallo spazio morto , ossia uguale a
0, sommata alla quantità di CO2 proveniente dagli alveoli. Essendo la quantità di un gas volume x
concentrazione ne deriva che.
VeCe= VdCd (=0) + VaCa) → VeCe= VaCa → VeCe= (Ve – Vd)Ca
quindi Vd/ Ve = Pa – Pe / Pa

Il rapporto fra volume spazio morto e volume totale è uguale alla pressione a livello alveolare della
CO2 meno la pressione di CO2 nell’aria espirata diviso per la pressione di CO2 a livello alveolare.
Se ad esempio la frazione è 0,3 ; significa che il 30% del volume totale è costituito da spazio morto.
SCAMBI GASSOSI ALVEOLO POLMONARI
Composizione dell’aria e dei gas nelle varie zone del polmone
• ARIA INSPIRATA: è costituita da 21 % di Ossigeno e 80% di Azoto e 0,04% di Anidride
Carbonica. La pressione totale esercitata da questa miscela di gas è detta pressione
barometrica e a livello del mare è di 760 mmHg. Posta qua convenzionalmente a zero. Le
pressioni parziali saranno date da quelle percentuali riferite a 760 mmHg e per l’ossigeno è
150 mmHg, per la CO2 ha un valore trascurabile di 0,3 mmHg.
• ARIA ALVEOLARE: negli alveoli la temperatura è di 37° C. In condizioni di riposo la
pressione totale della miscela dei gas è identica a quella atmosferca ma qua è satura di
vapore acqueo, il quale ha una pressione di 47 mmHg. Le percentuali di ossigeno, azoto e
anidride sono diverse rispetto a quelle dell’aria atmosferica. Il sangue che attraversa i
capillari polmonari assume continuamente ossigeno, diminuendone laa concentrazione negli
alveoli e cede anidride, aumentandone la concentrazione negli alveoli. A causa di questi
scambi la concentrazione di O2 scende a 15%, mentre quella di CO2 sale a 5%, con ampie
variazioni individuali.
• ARIA ESPIRATA: La concentrazione di ossigeno è di 16%, più alta di quella alveolare
perché torna indietro quella dello spazio morto. Mentre quella della CO2 è di 4 %.

La ventilazione si modifica istante per istante, adeguandosi al metabolismo dell’individuo. Ad


esempio in alta quota, poiché diminuisce la pressione barometrica, anche la pressione dei gas
respiratori diminuisce e sono attivati meccanismi come iperventilazione e poliglobulia (aumento
emazie circolanti e emoglobina).

SCAMBI GASSOSI: LA MEMBRANA ALVEOLO CAPILLARE


ha uno spessore di 0,5 micrometri ed è formata dai seguenti strati (da interno a esterno):
- strato di liquido che riveste l’alveolo in cui è presente il fattore surfattante
- epitelio alveolare, cellule piatte in cui troviamo pneumociti di tipo I e tipo II
- membrana basale epitelio
- spazio interstiziale
-membrana basale del capillare
- endotelio capillare.
Il movimento dei gas attraverso la membrana alveolocapillare, dipende dal gradiente di pressione
dei gas, dalla solubilità dei gas nei liquidi e dal peso molecolare del gas. Esso è regolato dalla legge
di Fick. Secondo questa legge, la quantità di ossigeno e anidride trasferite nell’unità di tempo
dall’alveolo al sangue e dal sangue all’alveolo sono influenzate da:
- gradiente delle pressioni parziali
- spessore della membrana alveolocapillare
- area della superficie di scambio
- coefficiente di diffusione dei gas
( sebbene non appaiano nell’equazione sono molto importanti: tempo di contatto o permanenza del
sangue sulla superficie di contatto, volume di sangue esposto sulla superficie di scambio).

La PO2 alveolare è di circa 100 mmHg, mentre quella nel sangue venoso è di crca 40 mmHg.
L’ossigeno passa dagli alveoli al sangue. Al contrario la pCO2 è di circa 46 mmHg nel sangue
venoso e passa nell’alveolo dove è circa 40 mmHg. Mentre per l’ossigeno gli scambi sono legati a
un gradiente pressorio di 60 mmHg, per la CO2 essi avvengono per un gradiente pressorio di soli 6
mmHg (tuttavia è garantita la diffusione perché la costante di diffusione della CO2 è 20 volte quella
dell’ossigeno)
• Lo spessore della membrana alveolo capillare è inversamente proporzionale allo spessore
della membrana stessa. Ad esempio se è presente liquido edematoso provoca una diminuita
diffusione
• L’area della superficie di scambio è di circa 70 m2. Può diminuire in caso di enfisema.
Quando l’area diminuisce di 1/3 o ¼, gli scambi gassosi sono ostacolati anche in condizioni
di riposo.

La qtà di sangue presente nei soli capillari polmonari a ogni istante ammonta a circa 60-140 ml. In
condizione di esercizio fisico si può arrivare anche a 1000 ml.
A) In condizioni di riposo: la PO2 aumenta rapidamente, in soli 0,25 s su un tempo di transito
di circa 0,75 secondi
B) In vecchiaia: per ispessimento della membrana alveolo capillare, si ha un modesto
ispessimento e l’equilibrio si raggiunge in tempo maggiore.
C) Durante l’esercizio fisico: il sangue refluo dal muscolo che arriva con l’arteria polmonare ha
una pO2 molto bassa mentre la pressione alveolare di Ossigeno è aumentata grazie
all’iperventilazione da sforzo. Contemporaneamente, il notevole aumento della perfusione
polmonare all’ingresso del polmone causano un forte incremento della velocità e della
massa ematica nel polmone.
TRASPORTO DEI GAS NEL SANGUE
nel sangue, ossigeno e anidride carbonica possono essere trasportate in soluzione fisica, legate a
molecole trasportatrici o in forma combinata. La qtà di ossigeno trasportato legato all’emoglobina è
preponderante rispetto alla quota fisicamente disciolta. Al contrario, l’anidride carbonica è
trasportata sotto forma di ione bicarbonato.
La quantità di un gas disciolto in un liquido dipende da due fattori: la pressione parziale del gas e il
coefficiente di solubilità del gas nel liquido, ossia quanti millilitri di gas sono disciolti in 1 ml di
solvente quando la P è di 1 atm.

Trasporto dell’ossigeno: l’O2 che passa dall’aria alveolare al sangue viene trasportato in due
forme: combinato all’Hb o fisicamente disciolto, solo il 2%. L’emoglobina è una cromoproteina
tetramerica e ogni tetramero porta legato un gruppo eme in grado di legare una molecola di
ossigeno. Oltre all’ossigeno, è in grado di legare una quota di anidride prodotta dal metabolismo
cellulare. I quattro gruppi eme presenti nella molecola di Hb identici fra loro sono protoporfirine
con al centro un atomo di ferro bivalente. L’ossigeno si lega allo ione ferroso in una reazione
chiaamta reazione di ossigenazione, senza cambiamento di valenza. Se lo ione diventa ferrico
trivalente, l’Hb prende il nome di metemoglobina. Ciò porta a una minore capacità di trasportare
l’ossigeno perché il legame con lo ione ferrico è molto più stabile e l’O2 ha più difficoltà a essere
ceduto.
[Carbossiemoglobina: lo ione ferroso presente nel gruppo eme presenta un’affinità per il
monossido di carbonio molto maggiore che per l’ossigeno. Il monossido di carbonio si può legare
già a bassissima concentrazione. Per questo risulta altamente tossico.]
La concentrazione di emoglobina varia con l’età, passando da un valore di circa 20 g/100 ml di
sangue nel neonato a 13 g/100 nell’adulto (12 g/100 nella donna).
L’ossigeno si lega velocemente e in modo reversibile a Hb secondo la reazione.
4O2 + Hb ←→ Hb(O2)4
La percentuale di saturazione dell’Hb viene calcolata dalla formula: %saturazione= qtà
ossiemoglobina/capacità ossiemoglobina x 100.

La curva di saturazione dell’Hb


presenta un andamento sigmoide,
in quanto l’affinità aumenta
all’aumentare della pO2.
L’ossigenazione della molecola
avviene tramite passaggio
attraverso quattro stadi,
l’ossigenazione di un eme influenzerebbe quella dell’eme successivo. La situazione di plateau, si
riferisce alla situazione in cui l’Hb, durante il suo percorso lungo i capillari perialveolari, viene
caricata di ossigeno. Il livello di plateau permette di mantenere i livelli di saturazione elevati. Nel
polmone di un adulto, la pO2 è di circa 100-104 mmHG, in questa situazione Hb raggiunge una
saturazione di circa il 97%. In un anziano, la pO2 scende a 95 mmHg e la saturazione di Hb
diminuisce di circa 1%.
Via via che il sangue arterializzato nei polmoni arriva al cuore di sx e da questo verso la
circolazione sistemica, la pO2 non cambia fino a quando il sangue non raggiunge i capillari dove
avviene lo scambio dei gas respiratori fra sangue ai tessuti. Durante il processo di cessione di
ossigeno dall sangue ai tessuti, piccole variazioni della pO2 sono in grado di determinare la
cessione ai tessuti della necessaria quantità di ossigeno.
Il sangue arterioso è saturo al 98%, mentre quello venoso al 73%.
Nella circolazione sistemica abbiamo 140 mL di ossigeno per L. Quindi in 5 L/min, cederà 300 mL
di ossigeno.
Quali fattori influenzano il legame O2 e Hb?
• Spostamento a sinistra della curva: diminuzione temperatura, diminuzione 2,3DPG, aumento
pH ( aumentata l’affinità).
• Spostamento a destra della curva: aumento ioni H+, pH acido, aumento temperatura e 2,3
DPG.
• EFFETTO BOHR: si intende il rilascio di molecole di ossigeno da parte dell’emoglobina
quando questa è influenzata dalla concentrazione di H+ (pH) e CO2. Il rilascio ed il
conseguente aumento della pressione parziale dell’ossigeno viene determinato dagli ioni H+
derivati dal metabolismo cellulare. L’aumento o la diminuzione del valore di PH sanguigno
determinano quindi il rilascio della molecola di ossigeno. Nelle condizioni di pH
relativamente basso e di elevata concnetrazione di CO2 presente nei tessuti periferici,
l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno diminuisce man mano che si legano H+ e CO2.
Questa modifica di affinità favorisce il rilascio di ossigeno nei tessuti e il legame
dell’emoglobina con la CO2. Nei polmoni la CO2 viene eliminata e il pH del sangue tende
ad aumentare; l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno aumenta.
Riassumendo:
Maggiore è la pCO2, maggiore sarà la pO2, necessaria affinché l'emoglobina venga saturata ossia,
maggiore sarà la quantità di CO2 presente nel sangue, meno O2 resterà legato all'emoglobina.
•Lo stesso effetto si ottiene aumentando [H+], ossia diminuendo il pH:

Dato che la CO2 in soluzione si trova sotto forma di acido carbonico, la presenza di CO2 influenza
notevolmente il pH, a causa della dissociazione di tale acido:
CO2+ H2O⇌
→ H2CO3⇌
HCO3+ H +

durante una ripetuta contrazione di un muscolo ad alta attività metabolica, localmente ci sarà un
aumento della pressione parziale di CO2, della temperatura vagale e una riduzione per produzione
di CO2 del PH (tramite dissociazione dell’acido carbonico). Si sposta la curva a dx e l’emoglobina
cederà più facilmente ossigeno.
L’effetto Haldane prevede che il legame dell’ossigeno all’emoglobina renda il sangue più acido e
quindi faciliti lo spostamento dell’anidride carbonica dal sangue agli alveoli. L’emoglobina resa più
acida rende più difficile il legame con l’anidride carbonica, liberando maggiore quantità di CO2.
Inoltre l’aumento di acidità dell’Hb fa si che venga rilasciato un maggior numero di ioni idrogeno.
Questi combinandosi con ioni bicarbonato formano dapprima acido carbonico, poi acqua e CO2,
favorendone così il rilascio a livello alveolare.
La mioglobina è una proteina monomerica che possedendo un solo gruppo eme può legare una sola
molecola di O2. La curva della mioglobina è spostata verso sx rispetto a quella dell’emoglobina.
Ossia a parità di pO2 , la mioglobina riesce a raggiungere un valore di saturazione superiore a
quello dell’Hb.

Trasporto dell’anidride carbonica: la CO2 prodotta dal metabolismo cellulare giunge ai polmoni
veicolata dal sangue e viene eliminata nell’ambiente. Nel sangue la CO2 viene trasportata in tre
forme principali:
• in soluzione fisica: circa il 5%
• sotto forma di ione bicarbonato HCO3- : circa il 90%
• come composti carbaminici: formati per interazione della CO2 con i gruppi aminici
dell’emoglobina o delle proteine plasmatiche.
La concentrazione dell’anidride carbonica nel sangue arterioso è di circa 48 ml / 100 ml. Man
mano che attraversa i capillari sistemici, il sangue acquisisce circa 4 ml di CO2/100ml. Un
incremento del 10% della concentrazione dell’anidride nel sangue venoso. La CO2 diffonde dai
tessuti al sangue arterioso durante il suo passaggio attraverso i capillari sistemici e si divide 1/10 al
plasma e 9/10 agli eritrociti. Nel globulo rosso, il 60% della CO2 viene trasformata in ione
bicarbonato grazie all’idratazione dell’anidrasi carbonica. L’aumento conseguente di ioni H+ fa si
che l’Hb rilasci ossigeno.
L’elevata pCO2 dei tessuti determina la diffusione del gas verso il sangue arterioso. La CO2
forma acido carbonico nei globuli rossi, una piccola parte rimane nel plasma e l’’altra parte
forma composti carboaminici.
La CO2 non ha difficoltà ad attraversare la membrana plasmatica poiché molto liposolubile. Si
trasforma in acido carbonico tramite anidrasi carbonica. Questo enzima si trova nell’emazia, nel
tratto renale, nel tratto gastroenterico, nel muscolo e nel SNC. La fuoriuscita di HCO3 e perdita del
gradiente elettrochimico viene compensato dall’ingresso di ioni cloro. Questo shift è un trasporto
facilitato chiamato EFFETTO HAMBURGER. L’idrogenione che viene formato viene tamponato
dall’emoglobina, alla base dell’’effetto BOHR, che consiste in uno spostamento a dx della curva di
saturazione, una diminuita affinitià dell’HB per l’ossigeno e la cessione ai tessuti da parte
dell’emoglobina di una maggiore quantità di ossigeno a parità di pO2.

IPERCAPNIA: s’intende l’aumento della pressione parziale di CO2 nel sangue arterioso. La
condizione è causata dall’incapacità di eliminare l’anidride carbonica al ritmo in cui viene prodotta,
questo induce un aumento della P alveolare della anidride carbonica. La ritenzione acuta di CO2
causa acidosi attraverso un’aumentata formazione di acido carbonico. L’acidosi deprime la
contrattilità cardiaca. Le alterazioni acido-base si riflettono sul sistema nervoso centrale sia per
effetto delle variazioni della concentrazione degli idrogenioni nel liquido extracellulare cerebrale,
sia per alterazioni al flusso e alla permeabilità che causano edema.

Fra la curva di equilibrio della CO2 e dell’ossigeno esistono importanti differenze:


• per unità di volume il sangue può trasportare una qtà molto maggiore di CO2 che di
ossigeno.
• La curva di dissociazione del sangue tende asintoticamente a un valore massimo, mentre nel
caso dell’anidride non si può parlare (per lo meno nell’ambito della vita) di capacità di
trasporto massima.
• La curva di equilibrio della CO2 è più lineare e più rapida, il che consente la cessione e
l’acquisizione da parte del sangue di notevoli qtà di anidride carbonica in risposta a
variazioni relativamente ridotte della Pco2.
RESPIRAZIONE TISSUTALE
lo scambio di ossigeno e anidride fra cellule e ambiente circostante. Nel trattare la respirazione
tissutale, il problema dell’apporto di ossigeno va messo in primo piano. Il limite al metabolismo
ossidativo consiste più nella disponibilità di ossigeno che nella rimozione di anidride dai tessuti. In
condizioni fisiopatologiche che conducono a un diminuito apporto di ossigeno ai tessuti, la richiesta
energetica può essere soddisfatta solo in parte e per breve tempo dal meccanismo dei fosfati ad alta
energia (Adenosin trifosfato, fosfocreatina) e dalla glicosi anaerobica, il tutto in quantità molto
limitata. L’aumento di lattato genera la cosiddetta acidosi metabolica e si possono avere gravi
alterazioni del metabolismo.
L’acidosi lattica di tipo A, ossia la forma più grave, si verifica quando l’acido lattico è prodotto in
qtà eccessive in un tessuto ischemico, durante un deficit di ossigeno. Tra i sintomi troviamo sintomi
neurologici come atassia, confusione linguaggio confuso.
Un soggetto adulto e sano consuma circa 300 ml di ossigeno e produce 250 ml di CO2.
A livello tissutale, gli scambi gassosi sono governati dagli stessi principi nel polmone: gradiente
di pressione parziale, solubilità dei gas nelle membrane di diffusione e temperatura. Il sangue
arterioso all’inizio ha una pO2 di circa 100 e una pCO2 ei 40 mmHg. In periferia entra in contatto,
in un tessuto a riposo, con una pO2 di 40 mmHg e una pCO2 di 46 mmHg. In un muscolo in attività
la pCO2 può essere molto bassa. Grazie a queste differenze si ha la diffusione. Secondo la legge di
Fick, il consumo di ossigeno di un organo viene calcolato dalla perfusione dell’organo, ossia
differenza di concentrazione nel sangue arterioso che affluisce all’organo e nel sangue venoso che
defluisce dall’organo. Appare evidente che per sopperire a un aumentato fabbisogno di ossigeno, si
può aumentare il flusso ematico attraverso vasodilatazione o aumentare l’estrazione di ossigeno dal
sangue arterioso. L’estrazione Eo2 varia secondo il tessuto: 4% nella cute, 7% nel rene, 30% nel
tessuto muscolare a riposo e 60% nel miocardio.

RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE
se tutta l’aria inspirata venisse distribuita uniformemente ad alveoli di ugual volume e con uguale
flusso ematico, allora la ventilazione sarebbe massimalmente efficace nell’arterializzare il sangue
venoso misto. Questo modello però non tiene conto delle anastomosi arterovenose/shunt
anatomici come:
• vene bronchiali che trasportano sangue venoso e sfociano nelle vene polmonari
• vasi di Tebesio che raccolgono il sangue venoso dal circolo coronarico e sfociano nel
ventricolo sx.
La presenza di questi shunt contribuiscono a far diminuire la pO2 di qualche mmHg.
Nel polmone reale la ventilazione alveolare e il flusso sanguigno capillare non sono distribuiti in
modo uniforme. In molti casi alcune zone del polmone sono ben ventilate ma non altrettanto perfuse
e viceversa. L’indice che tiene conto della ventilazione e dell’irrorazione polmonare è detto
rapporto ventilazione/perfusione V/Q.
La ventilazione è la qtà d’ara che raggiunge il polmone in un minuto e la perfusione è il flusso
ematico al minuto attraverso il circolo polmonare e corrisponde alla gittata cardiaca. In condizioni
di riposo, la ventilazione alveolare si considera pari a 4 l d’aria al minuto, mentre la perfusione è 5 l
al minuto. Il rapporto è pertanto 0,8.
Gli alveoli alla base
del polmone sono più
compressi di quelli
apicali ma si
espandono di più
grazie ai muscoli
respiratori.
Analogamente, nella
parte basale la
pressione interna è
maggiore della regione apicale, quindi la perfusione aumenta dall’apice verso il basso. I due
parametri non diminuiscono in parallelo, altrimenti il loro rapporto sarebbe costante. Come
evidenziato, la ventilazione diminuisce lentamente
mentre il flusso ha una diminuzione brusca.

Il polmone è diviso in numerose fette orizzontali,


ciascuna delle quali è in relazione con una data linea
di ventilazione/perfusione in base al proprio rapporto
V/Q.
• Apice: il rapporto V/Q è circa 3 volte
maggiore del proprio valore ideale, per cui in
questa zona si determina un modico grado di
spazio morto. Iperventilazione e limitato flusso
• Base: la ventilazione alveolare è inferiore
all’entità del flusso ematico e rapporto è circa
0,6.
la presenza di squilibri nelle varie zone e gli shunt anatomici fanno si che il sangue arterializzato
raccolto complessivamente dalle vene polmonari abbia, rispetto all’aria alveolare, una pO2
leggermente minore e una pCO2 maggiore.

VARI TIPI DI IPOSSIA:


• ipossia da intossicazione di monossido di carbonio
• ipossia da anemia
• ipossia da altitudine
• ipossia da aumentata richiesta di ossigeno
• ipossia polmonare / alterazione rapporto ventilazione-perfusione

CONCETTI CHIAVE
• gli scambi gassosi avvengono secondo gradiente di pressione dei gas respiratori.
• Diffusione rispetta la legge di Fick basandosi su geometria della barriera e proprietà chimico
fisiche della barriera e della molecola.
• Nel sangue la maggior parte dell’ossigeno è legato all’Hb.
• La saturazione per l’ossigeno del sangue arterioso è un indice della percentuale dell’Hb che
ha legato l’ossigeno. La quantità di ossiemoglobina è in funzione della pressione parziale
dell’ossigeno nel sangue.
• Un cambiamento dell’affinità dell’Hb provoca uno spostamento della curva di saturazione.
A dx diminuisce l’affinità, a sx aumenta come in caso di aumento del pH, diminuzione 2,3
difosfoglicerico o temperatura. Spostamenti a dx come durante attività fisica, portano a una
diminuita affinità.
• Il 60% della CO2 è trasportato come acido carbonico.
CONTROLLO NERVOSO DELLA RESPIRAZIONE
Il respiro è prodotto dalla scarica ritmica dei motoneuroni che innervano una serie di muscoli
respiratori. Questa è a propria volta determinata da impulsi nervosi che ritmicamente provengono da
centri sopraspinali che possono essere regolati da variazioni di pO2 e pCO2 e dalla concentrazione
di idrogenioni H+.
I muscoli respiratori sono innervati da motoneuroni situati nel midollo cervicali C4-C8 e toracico
T1-T7. Questi motoneuroni sono a proprio volta innervati da fibre provenienti dal bulbo e dal
midollo spinale cervicale. Qua sono infatti presenti neuroni con attività inspiratoria e espiratoria
denominati centro generatore ritmo respiratorio CR. Tramite attivazione e inibizione reciproca,
danno origine al susseguirsi di atti inspiratori e espiratori.
Nei mammiferi superiori, l’attività dei differenti muscoli respiratori è controllata soprattutto da
circuiti neuronali localizzati nella parte inferiore del tronco dell’encefalo. Due strutture rivestono
particolare importanza: il gruppo respiratorio ventrale (vicino al nucleo ambiguo) e il gruppo
respiratorio dorsale (in prossimità del nucleo del tratto solitario).
La ritmogenesi respiratoria segue la seguente sequenza:
- inspirazione viene attivata
- viene generato un pattern inspiratorio
- l’inspirazione viene inattivata in modo reversibile
- l’inspirazione viene inattivata in modo irreversibile
- l’espirazione viene attivata
- l’espirazione viene inattivata

come nel resto del SNC, il glutammato è il più impo neurotrasmettitore eccitatorio e GABA e
glicina gli inibitori.
SCHEMI MOTORI
1. Inspirazione: viene regolata dall’attività a rampa dei motoneuroni che innervano i muscoli
inspiratori, la quale induce una crescente contrazione del diaframma, abbassamento e
aumento dei diametri anteroposteriore e laterolaterale della gabbia toracica.
2. Post inspirazione: viene definita espirazione passiva, ed è legata alla forza di ritorno delle
fibre elastiche del parenchima polmonare. Vengono attivati i muscoli adduttori delle corde
vocali vere (cricoaritnoideo laterale e aritenoideo trasverso) la cui adduzione aumenta la
resistenza al flusso d’aria in uscita
3. Espirazione attiva: contrazione dei muscoli espiratori, muscoli intercostali interni e
addominali. Si ha la riduzione del volume del polmone e un aumento della pressione
endoalveolare che ha come conseguenza la formazione di un gradiente pressorio verso
l’esterno.

Il centro apneustico è situato nel ponte e se stimolato determina un tono inspiratorio sostenuto nel
tempo e intervallato da brevi espirazioni che viene definito apneusi. La funzione dinamica di questo
centro nel ciclo respiratorio è quello di fornire la massima profondità e durata dell’inspirazione,
mentre la frequenza dei cicli respiratori e la profondità dell’espirazione sono regolate dal centro
pneumotassico.
Il centro pneumotassico si trova nel ponte. La sua stimolazione inibisce l’apneusi. Regola la
ventilazione in una serie di funzioni vegetative e si ritiene che le cellule che lo compongono
controllino soprattutto la profondità del respiro sulla base delle variazioni della pCO2.

CONTROLLO CHIMICO DELLA RESPIRAZIONE


La ventilazione viene profondamente influenzata da H+ e dalla composizione in gas del sangue
arterioso e del liquido cefalorachidiano. L’organismo misura le variazioni della pO2 e pCO2
utilizzando chemocettori centrali e periferici. A livello della carotide e dell’arco aortico e anche del
tronco encefalico vengono percepite le variazioni di idrogenioni e pCO2 mentre variazioni della
pO2 sono appannaggio dei recettori periferici.
I chemocettori centrali sono suscettibili principalmente all’ipercapnia (accumulo eccessivo di CO2
nel sangue) che si presenta sotto forma di acidosi respiratoria. La sede principale è stata trovata al di
sotto della giunzione bulbopontina. Lo stimolo principale sembra essere il PH all’interno o nelle
immediate vicinanze.
Esistono anche altre aree di neuroni del TE che hanno una risposta chemocettiva: i nuclei cerebellari
profondi, il nucleo del fastigio, i nuclei del rafe. Queste aree rispondo alle variazioni di PH e alla
variazione di CO2 nel sangue arterioso. La ventilazione è estremamente sensibile a piccole
variazioni di pCO2, che con una ventilazione di 5l/min è di circa 40 mmHg. Un aumento della
pCO2 di 1 mmHg fa aumentare la ventilazione di 2 l/min, ossia un aumento del 40%.
I chemocettori periferici
sono localizzati nei glomi
aortici e carotidei,
specializzati nel registrare
l’ipossiemia e inviare il
segnale alle cellule del
Gruppo Rostrale Dorsale
del T.E. I chemocettori si
trovano nei glomi
carotidei, nella stessa sede
dove si trovano i seni
aortici e carotidei che
fungono da barocettori. I
glomi carotidei sono innervati dal IX nervo cranico, mentre i glomi aortici dal nervo vago X. I
glomi sono complesse strutture che embriologicamente hanno origine neuroectodermica e
presentano cellule parenchimali di tipo I e tipo II (di sostegno). Le cellule di tipo I sono circondate
da capillari. Sono innervati da neuroni pre/post gangliari del sistema simpatico. Esse rispondo a
diminuzione della pO2, aumento pCO2 e diminuzione del pH del sangue arterioso. A causa del
flusso ematico elevato (2l/min/100 gr tessuto), le cellule glomiche sono esposte alla pO2 arteriosa.
L’attivazione delle fibre afferenti è mediata dal rilascio di dopamina.
1. Il basso O2 blocca i canali del potassio K+
2. la cellula si depolarizza
3. si aprono i canali Ca2+ dipendenti
4. l’ingresso stimola il rilascio di vescicole contenenti dopamina
5. il recettore dopaminergico (del neurone sensitivo) e il terminale si depolarizza
6. il potenziale d’azione viene portato fino ai centri bulbari.
La sensibilità dei chemocettori periferici pO2 è relativamente bassa per valori compresi tra 120
mmHg e 60 mmHg e aumenta in maniera consistente per < 60 mmHg,
valori oltre i quali si riduce anche la saturazione dell’Hb.

Le cellule chemosensibili sono organizzate in ammassi e possono


comunicare fra di loro attraverso giunzioni serrate. Presentano:
- innervazione da neuroni pregangliari del simpatico
- sono ricche in canali ionici voltaggio-dipendenti
- posseggono numerose vescicole intracellulari con neurotrasmettitori che
controllano la frequenza di scarica lungo le fibre afferenti.
- caratterizzate da un flusso ematico di 2l/min.
- la via finale di stimolazione è l’inibizione dei canali del potassio
Nel caso dell’ipossia è stato ipotizzato che il sensore dell’ossigeno nelle cellule dei glomi sia una
proteine contenete eme che in caso di desaturazione porta a inibizione canali.
Nel caso dell’ipercapnia si ha un aumento della quantità di CO2 che diffonde all’interno dei
chemocettori con conseguente e rapida caduta del pH e inibizione dei canali del potassio.

Sistemi a feedback: stiramento, irritativi, variazioni della perfusione polmonare.

Stiramento → misurazione grado di insufflazione del polmone. La frequenza di scarica aumenta in


maniera più o meno lineare con l’aumento del volume polmonare.
Stimoli irritativi→ a questo tipo di recettori appartengono quelli presenti nell’epitelio delle vie
aeree superiori, che rispondono a un’inalazione di polvere e sono responsabili della tosse.
Variazioni della perfusione polmonare → si tratta di recettori J localizzati nel parenchima
polmonare fra i capillari e la parete dell’alveolo. La stimolazione di questi recettori determina
un’iniziale apnea (con inibizione dei neuroni troncoencefalici inspiratori ed espiratori), seguita da
un respiro rapido e superficiale. La fase di apnea è accompagnata da un’importante diminuzione
della pressione arteriosa, conseguenza di bradicardia e vasodilatazione riflesse.

Le terminazioni nervose possono attivarsi in maniera diversa:


- i recettori a lento adattamento si attivano (cioè generano potenziali d’azione) per tutta la durata
dello stimolo, ad esempio pressione sulla trachea.
- i recettori a rapido adattamento tornano ad essere silenti velocemente

Sistemi non a feedback: recettori caldo e freddo, influenze ormonali


Recettori caldo e freddo→ la variazione della temperatura corporea determina variazioni della
ventilazione. Un’intensa stimolazione termica della cute ha effetti di breve durata sulla ventilazione:
un improvviso raffreddamento del corpo determina una stimolazione dell’inspirazione, mentre
l’immersione del corpo in acqua calda ha come effetto iperventilazione.
Influenze ormonali→ una ipersecrezione di epinefrina e norepinefrina a livello del surrene
determina iperventilazione. Si è pensato che la loro funzione sia associata all’esercizio fisico e
l’eccitazione mentale. Anche il progesterone stimola la ventilazione.

TOSSE: inizia con una profonda inspirazione a glottide beante, si verifica poi, a glottide chiusa una
contrazione dei muscoli espiratori che determina un aumento della pressione endoalveolare. A
questo punto la glottide si apre bruscamente e i gas vengono proiettati verso l’esterno con una
velocità di 300 m/sec. Esplosione molto utile per eliminare i corpi estranei adesi alla mucosa
laringea e tracheobronchiale. La tosse, come lo starnuto, è un fenomeno riflesso che nasce da una
stimolazione di recettori presenti nella laringe e nella biforcazione tracheale.

Alcalosi respiratoria: è una diminuzione primitiva nella pressione parziale dell’anidride carbonica.
Le cause sono un aumento della frequenza o del volume respiratorio (iperventilazione) o di
entrambi. La forma può essere acuta o cronica. La forma acuta è caratterizzata da crampi, parestesie
e sincope. L’iperventilazione si ha come risposta fisiologica a ipossia, acidosi metabolica, aumento
delle richieste metaboliche, dolore o ansia. A livello cardiovascolare il corpo cerca di tenere il più
possibile elevata la pressione dell’ossigeno a livello alveolare. In queste condizioni estreme viene
aumentata la frequenza e la gittata cardiaca.
Adattamento: viene anche chiamata acclimatazione. Durante questo periodo viene prodotto un
ormone chiamato eritropoietina per promuovere lo sviluppo di nuovi globuli rossi a livello del
midollo osseo. Si assiste a un aumento dell’ematocrito, si migliorerà la capacità di trasporto
dell’ossigeno con conseguente aumento di viscosità. Si assisterà inoltre a un aumento di capillari e
riduzione della superficie di sezione delle cellule. Nelle cellule si abbassa la produzione di 2,3
fosfoglicerato, molecola che sposta verso destra la curva di saturazione dell’Hb. In questo modo
l’emoglobina cederà più facilmente l’ossigeno ai tessuti.
Il QR è un valore legato all’attività metabolica e viene considerato un dato fisso. Quindi se scende
pO2, deve essere ridotto anche la pCo2 mediante iperventilazione: eliminando più CO2 si avrà una
pressione alveolare di O2 più elevata. Viene anche aumentata la sensibilità dei chemocettori.
Quando si ha iperventilazione, il pH sale e i reni iniziano a eliminare più bicarbonato. Salendo in
alta quota si riduce la densità dell’aria, pertanto diminuiscono le resistenze. Viene attuata la
broncocostrizione cosicché posso aumentare il lavoro.
A livello muscolare, si ha un aumento del 20% del dispendio energetico totale. Pertanto viene
attuato il metabolismo anaerobico e si ha produzione di lattato con conseguente acidosi.
A livello della diffusione, si ha vasocostrizione ipossica che a monte genera ipertensione a livelo
polmonare. Aumentano le resistenze vascolari e pertanto i ventricoli devono lavorare più
pesantemente ( ipertrofia ventricolare).

Apnea immersione: nell’apnea senza attrezzature il soggetto inspira il più possibile per portare il
sistema verso la capacità polmonare totale e immettere la maggiore quantità di ossigeno possibile.
L’individuo crea un vero e proprio bagaglio di ossigeno con l’inspirazione massimale. Non
ventilando la pressione parziali dell’ossigeno negli alveoli diminuisce col tempo poiché il passaggio
dell’ossigeno al sangue non si arresta. Al contempo l’anidride carbonica sale poiché non fuoriesce
con l’espirazione e nel sangue è sempre presente per via del metabolismo che continua ad essere
attivo. Si inizia a ridurre la saturazione dell’emoglobina e si abbassa la concentrazione di ossigeno
nel sangue. Si assiste anche a una dying response che comporta vasocostrizione periferica e il
sangue viene dirottato ai distretti vitali.
I professionisti attuano iperventilazione in modo da far aumentare la pressione parziale
dell’ossigeno negli alveoli e ridurre la pressione parziale di anidride carbonica.
Il problema dello scendere in profondità è l’aumento della pressione del gas. Quando aumenta il
livello di azoto si può avere la cosiddetta EBREZZA DEGLI ABISSI.
Inoltre aumenta la pressione dell’ossigeno, si arriva fino a 250 ml per litro di sangue e può essere
altamente tossico per la produzione di radicali liberi dell’ossigeno. Uno degli stratagemmi che viene
messo in atto è quello di ridurre la porzione di ossigeno nella miscela che si va a somministrare in
immersione.
Malattia da decompressione: è un disturbo in cui l’azoto, disciolto nel sangue e nei tessuti per
l’elevata pressione, forma bolle gassose quando questa diminuisce. Le bolle di gas comportano:
dolore articolare, dolori cutanei ed effetti alla circolazione. L’approccio terapeutico usato è la
camera iperbarica. La terapia di ricompressione comporta la somministrazione di ossigeno al
100% per diverse ore in una camera sigillata a pressioni superiori a 1 atm.
La terapia di ricompressione comporta 4 effetti sul sangue che possono risultare utili nel trattamento
delle lesioni da immersione:
- aumento concentrazione di ossigeno
- diminuzione concentrazione di azoto
- diminuzione concentrazione CO
- diminuzione bolle gassosa.

PRODUZIONE DI IONE IDROGENO


il processo di produzione di idrogenioni consiste in:
• metabolismo della CO2: la co2 si idrata e diventa acido carbonico, che libera uno ione
idrogeno.
• Acido solforico (metabolismo proteico: metionina, cisteina, cistina)
• corpi chetonici
• acido lattico
• dieta : + 2 mmol/kg
• reazioni metaboliche
Questi vengono eliminati tramite urine, respirazione, vomito. Il sistema tampone è in grado di
garantire l’omeostasi. I reni devono eliminare gli ioni H+ e riassorbire HCO3- impedendone la
perdita. Il rene abbassa la [H+] tamponando con bicarbonato o HPO4- (acido fosforico) presenti
nel filtrato o con tamponi prodotti nel rene NH3/NH4.

È necessario distinguere acidi dal punto di vista funzionale.


• Acidi fissi: 40-100 mEq/die. Si chiamano così perché stanno in soluzione. Nel LEC la
concentrazione è di 103
• Acidi volatili: solo uno, l’acido carbonico perché disidratandosi esce dalla soluzione
attraverso il polmone. Al minuto a riposo produciamo circa 250 ml di CO2, al giorno circa
430 litri che corrispondono a 20 moli di CO2 e a 13 moli di ioni idrogeno.
In clinica si fanno studi sul sangue arterioso (perché uguale in tutto il corpo) per valutare gli
squilibri acido/base. Il sangue arterioso ha un pH di 7,4 che corrisponde a 40 nmol di idrogenione.
Il sistema tampone è formato da un acido debole e la sua base coniugata.
AH ←→ A- + H+ si chiama soluzione tampone perché se si aggiungono idrogenioni alla soluzione,
l’equilibrio si sposta, vanno ad attaccarsi alla base e l’equilibrio si sposta verso sx. Al contrario se
togliamo gli idrogenioni, l’equilibrio della relazione si sposta verso destra, quindi si liberano ioni
idrogeno. L’aggiunta di un acido o di una base forte (per esempio di acido cloridrico o di idrossido
di sodio) a una soluzione tampone determina una variazione del pH molto inferiore rispetto alla
variazione di pH che si verificherebbe se la stessa quantità di acido venisse aggiunta ad acqua pura.
La modalità per valutare la bontà di una soluzione tampone è costruire una curva di titolazione.
L’efficacia del tampone si vede dalla pendenza della curva (ascisse pH, ordinate H+).
Il principale tampone proteico è costituito dall’emoglobina. Essa può trovarsi nel sangue ossigenata
e deossigenata (HbO2 e Hb). L’emoglobina, a seconda che sia ossigenata o meno diventa un acido
più o meno forte. Quando è deossigenata toglie idrogenioni dalla soluzione tramite il gruppo
imidazolico dell’istidina; quando è ossigenata libera idrogenioni dall’anello.
HbH (Hb deossigenata) + O2 ← → HbO2 (Hb ossigenata) + H+

a livello dei capillari si ossigena, quindi diventa un acido più forte e libera ioni idrogeno; mentre in
periferia nei capillari sistemici avviene il contrario, essendo deossigenata tampona la maggior parte
degli ioni idrogeno che vengono dal metabolismo.
ACIDOSI RESPIRATORIA
la ventilazione non elimina la CO2 prodotta dal metabolismo. La pCO2 nel sangue sale e produce
un acidosi respiratoria. Questo è dovuto a una diminuzione della frequenza respiratoria e/o del
volume respiratorio (ipoventilazione). Le cause di ipoventilazioni comprendono:
- condizioni che ostacolano il centro respiratorio del SNC
- condizioni che alterano la trasmissione neuromuscolare
- pneumopatie ostruttive, restrittive e parenchimali.
I sintomi comprendono cefalea, confusione, inquietudine, sonnolenza.
ALCALOSI RESPIRATORIA
scende la pressione parziale del diossido di carbonio, aumenta il pH. Le cause sono un aumento
della frequenza o del volume respiratorio (iperventilazione) che può essere causato da ipossia
(altitudine), ansia, intossicazione da aspirina.
ACIDOSI METABOLICA
è l’accumulo di acido a causa di:
- aumento della produzione di acidi o ingestione di acidi (chetoacidosi come conseguenza del
diabete o dell’alcolismo)
- ridotta escrezione di acidi
- perdita renale o gastrointestinale di HCO3- (insufficienza renale)
ALCALOSI METABOLICA
è un incremento primitivo del bicarbonato HCO3- associato o meno a un aumento compensatorio
della pressione parziale dell’anidride carbonica. L’alcalosi è caratterizzata dall’accumulo di
bicarbonato a causa di:
- perdita di acidi
- somministrazione di alcali
- ritenzione renale HCO3-
indipendentemente dalla causa iniziale, la persistenza dell’alcalosi metabolica indica che il rene ha
aumentato il riassorbimento di bicarbonato.

EQUAZIONE DI HENDERSON-HASSELBACK

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