Sei sulla pagina 1di 39

LE OPERAZIONI SUBACQUEE DURANTE IL CONFLITTO DELLE FALKLAND

Il sommergibile argentino Santiago del Estero nella seconda metà degli anni Settanta

Un’analisi dell’impiego di sommergibili e sottomarini nel corso della guerra per le isole
Falkland/Malvinas nel marzo-giugno 1982

Il breve ma cruento conflitto tra il Regno Unito e la Junta Militar al potere in Argentina per il possesso
dell’arcipelago delle Falkland (Malvinas per gli argentini), della South Georgia e delle Isole Sandwich Australi
della primavera 1982, è stato - nel corso dei successivi trent’anni - uno degli eventi bellici più studiati e
analizzati soprattutto all’estero. La ricerca delle cause politiche, l’esatta cronologia degli avvenimenti (incluse
le reali perdite) non possono tuttavia dirsi concluse, e numerose vicende presentano ancora oggi contorni
molto sfumati (1).

Il conflitto, avvenuto in piena Guerra Fredda, mise a confronto le forze armate di due paesi che utilizzavano,
seppur con capacità e dottrina differenti, numerosi sistemi d’arma sviluppati all’interno del blocco occidentale.
Salvo il celeberrimo affondamento dell’incrociatore argentino General Belgrano da parte del sottomarino
britannico Conqueror, il 2 maggio 1982, il ruolo e i risultati raggiunti dalle forze subacquee di entrambi i paesi
sono rimasti per lungo tempo poco conosciuti. Questo studio, basato su documentazione argentina e inglese
pubblicata in anni recenti, tenterà di ricostruire lo schema generale delle operazioni, le azioni compiute e gli
effettivi risultati ottenuti.

Curiosamente, tre delle figure di spicco di questo complesso confronto aeronavale, il Vice Almirante J. J.
Lombardo, Capo della Flotta Argentina, il Vice Admiral “Sandy” Woodward, comandante del Task Group
britannico 317.8, e l’Admiral Fieldhouse (comandante della Task Force inglese) provenivano tutti dal servizio
attivo sui sottomarini e questo fatto, come si vedrà, avrà un peso su quelle vicende.

Le cause dello scontro

La spinosa questione del possesso dell’Arcipelago delle Falkland affonda le sue radici nel 1592, anno in cui le
isole furono avvistate dal navigatore inglese John Davis (2), seguito due anni dopo dal connazionale Richard
Hawkins e, infine, nel 1600 dall’olandese Sebal de Wert. Circa un secolo più tardi, nel gennaio 1690, il capitano
di vascello inglese John Strong sbarcò sulle isole assegnando loro il nome di Falkland, in onore del Tesoriere
dell’Ammiragliato di Sua Maestà all’epoca in carica.

Dopo due secoli e mezzo di diversificate vicende che videro queste isole passare sotto il controllo della Spagna
prima, della Francia poi e successivamente, per un breve periodo, dell’Argentina da poco indipendente, nel
1833 reparti dei Royal Marines sbarcati dalle corvette Clio e Tynes della Royal Navy, conquistarono Fort
Egmont e Puerto de la Soledad scacciando sia gli argentini sia locali gruppi di rivoltosi, e in seguito
ribattezzarono il vecchio insediamento argentino Port Stanley, dichiarandolo capitale dell’arcipelago. Lo stato
di latente tensione per il possesso delle Falkland si trascinò in seguito per oltre un secolo, durante il quale
fallirono le numerose trattative tese a stabilire una situazione gradita ad entrambi i governi. Dopo la fine della
seconda guerra mondiale, con il successivo repentino processo di decolonizzazione, la posizione britannica
rispetto al possesso delle Falkland si fece meno intransigente (3), e alla fine degli anni Settanta il Primo
Ministro Margaret Thatcher giunse ad ipotizzare la cessione dell’Arcipelago dopo un periodo di “affitto” (4) di
99 o 50 anni. Nelle intenzioni del governo britannico la proposta era tuttavia da sottoporre al giudizio degli
abitanti delle isole.

Quest’ultimi non si mostrarono interessati, soprattutto in relazione alla presenza a Buenos Aires di una giunta
militare, invece che di un consolidato governo democratico. Le concilianti posizioni britanniche si intrecciarono
con l’ambiguo atteggiamento diplomatico dell’amministrazione Reagan, intenzionata a garantirsi l’appoggio
argentino nel contenimento degli interessi sovietici in Sud America (5). Questi fattori, insieme ai futuri piani
del ministro della Difesa Nott (6) per la riduzione della consistenza della Royal Navy, contribuirono a
determinare nei dirigenti argentini la convinzione che la Gran Bretagna non sarebbe scesa in campo per
difendere ciò che rimaneva dell’Impero nel Sud Atlantico (7). La Giunta che aveva sostituito il presidente Perón
vedeva un’azione militare come un incentivo per rafforzare la propria posizione interna, minata da problemi di
consenso per la crisi economica ed il tema dei desaparecidos.

Si puntava soprattutto a forzare i tempi delle trattative con il Governo Thatcher, prima del 150° anniversario
della presenza inglese nelle isole. I preparativi dell’invasione avvennero - infatti - all’insaputa delle stesse Forze
Armate, in cui solo un ristretto gruppo di alti ufficiali era a conoscenza dei piani per l’operazione “Azul”
(successivamente nota come “Rosario”) (8). Non molto era inizialmente stato approntato anche per la difesa
ad oltranza delle isole (9), dato che da parte argentina si riteneva poco probabile un’azione di forza inglese.

Gli effetti di tale assunto strategico e la conseguente impreparazione militare emersero in maniera drammatica
durante le successive operazioni.
Il sottomarino nucleare d’attacco Conqueror della Royal Navy.

Vista poppiera della fregata HMS Yarmouth con un elicottero “Wasp” sul ponte di volo e, immediatamente a poppavia, un
lanciabombe a/s tipo “Limbo”.
Rotte seguite dalle unità della Royal Navy per raggiungere il teatro di operazioni dell’Atlantico meridionale.
La portaeromobili britannica HMS Hermes a Portsmouth, il 13 luglio 1981.

Le forze subacquee argentine e britanniche

All’inizio del 1982 la Marina argentina rappresentava nel teatro sudamericano un’entità di prima grandezza
potendo allineare diverse unità di importanza strategica come la portaerei 25 de Mayo (già HMS Venerable
poi olandese Karel Doorman sino al 1968), caccia lanciamissili di progettazione inglese “Type 42” ed una
significativa componente subacquea in fase di rafforzamento. Al momento dell’inizio del conflitto i battelli
presenti erano quattro: due “tipo 2 09” di costruzione tedesca (ARA San Luis, ARA Salta) e due sommergibili ex-
US Navy in versione “Guppy”: S-21 ARA Santa Fe (Guppy II) e S-22 ARA Santiago del Estero (Guppy I).

II due “209” erano moderne unità subacquee risalenti alla metà degli anni Settanta, costruiti dai cantieri
Howaldtswerke Deutsche Werft di Kiel ed assemblati nei cantieri argentini Tandanor. Dislocavano 1.000/1.285
t (in superficie/in immersione) con una lunghezza di 56 metri, un equipaggio di circa 40 uomini, un’autonomia
di 50 giorni e una cospicua dotazione di armi lanciabili dagli 8 tubi lanciasiluri di prora. La massima velocità in
immersione era di circa 22 nodi, quella di pattugliamento silenzioso intorno ai 4/6 nodi. Dei due battelli solo il
San Luis (S-32) ebbe una parte attiva nel conflitto, mentre il Salta (S-31), pur iniziando a sua volta una patrulla
de guerra giocò un ruolo marginale nelle operazioni. I due battelli tipo “Guppy” risalivano alla seconda guerra
mondiale (classe “Gato”) ed erano stati ceduti all’Argentina negli anni Settanta, nell’ambito degli aiuti militari
di Washington ai paesi amici.

Il Santiago del Estero (ex USS Chivo, SS-341) non era più impiegato operativamente dalla fine del 1981 e veniva
utilizzato come battello-scuola, mentre era previsto che il Santa Fe (ex USS Catfish, SS-339), in ridotto stato di
efficienza, avrebbe dovuto essere radiato nel mese di luglio del 1982.
Il sommergibile argentino Salta, del tipo “209” di progettazione tedesca.

Unità subacquee impiegate nel conflitto delle Falkland (nella colonna di sinistra i sommergibili a propulsione
convenzionale, in quella di destra i sottomarini a propulsione nucleare).

A: “Tipo 209” (Marina argentina - 2 battelli) D: classe “Valiant” (Royal Navy)

B: Tipo “Guppy” (Marina argentina - 2 battelli) E: classe “Churchill” (Royal Navy)

C: HMS Onyx (Royal Navy) F: classe “Swiftsure” (Royal Navy)

La componente subacquea argentina, tuttavia, era in corso di potenziamento, dato che nei cantieri tedeschi
(10) si trovavano in costruzione due sottomarini tipo “TR 1700” (con uno stato di avanzamento dell’80% e del
40% rispettivamente) che sarebbero entrati in servizio nei successivi 2-4 anni. Il “TR 1700” era all’epoca, con
molta probabilità, l’unità subacquea convenzionale con migliori prestazioni al mondo. Durante il conflitto, le
operazioni furono coordinate dal Comando della Fuerza Submarina (Capitan de Navio [capitano di vascello]
Latrubesse) situato nella base navale di Mar de Plata e dipendente dal già citato ammiraglio Lombardo. Nel
corso dell’invasione delle Falkland, il Santa Fe fu posto alle dipendenze della “Fuerza Operativa 40” del
contrammiraglio Gualter Allara, dipendente dal comandante del Teatro di Operazioni del Sud Atlantico, che - a
sua volta - era il capo del V° Corpo dell’Esercito di base in Patagonia. Nel corso delle successive fasi del
conflitto sia il Santa Fe, sia il San Luis, operarono come unità isolate nel corso di operazioni indipendenti dal
resto della flotta argentina. La componente subacquea d’attacco (11) della Royal Navy era costituita da tre
classi di sottomarini a propulsione nucleare (11 battelli) che vennero tutti impiegati durante il conflitto,
raggiungendo le 5 unità presenti contemporaneamente nel Sud Atlantico. L’unità più anziana coinvolta nel
conflitto fu l’HMS Valiant, eponimo della classe (Valiant e Warspite), costruito nei cantieri Vickers-Armstrongs
ed entrato in servizio nel 1966. Lungo 87 metri, aveva un dislocamento di 4.500/5.000 t e una velocità
massima in immersione di 28 nodi. L’armamento era composto da 6 tubi lanciasiluri prodieri da 533 mm; in
precedenza, il battello aveva subito due ammodernamenti, nel 1970 e 1977. Successivi ai “Valiant” erano i
sottomarini della classe “Churchill” (Churchill, Conqueror e Courageous) da 4.450/4.950 t, costruiti a partire
dalla metà degli anni Sessanta. Questi battelli presentavano numerose migliorie, quali un sonar con sensore
rimorchiato e la possibilità di lanciare missili antinave UGM-84 “Sub Harpoon” di produzione statunitense. La
prima unità a ricevere la nuova arma fu l’HMS Courageous, nel 1981. I siluri imbarcati erano i tradizionali (non
filoguidati) Mark 8, risalenti alla seconda guerra mondiale, ed i nuovi Mark 24 “Tigerfish”. I battelli della classe
“Swiftsure” (Swiftsure, Sovereign, Superb, Sceptre, Spartan e Splendid), costruita a partire dai primi anni
Settanta sempre nei cantieri Vickers, avevano dislocamento (4.400/4.900 t) e dimensioni (83 m) leggermente
inferiori ai loro predecessori, pur incorporando numerose migliorie nei sensori, nell’abitabilità e nella
propulsione (la tradzionale elica era sostituita da un propulsore “pump-jet”). Armamento e autonomia
(misurabile in alcuni mesi) erano analoghi a quelli della classe “Churchill”.

Il sommergibile HMS Onyx all’ormeggio nella base di Gosport (Portsmouth) a ottobre del 1990. All’epoca, l’aspetto del battello era il
medesimo di quando l’unità partecipò alle operazioni della Guerra delle Falkland.

La Royal Navy disponeva inoltre di numerose unità diesel-elettriche tipo “Oberon” da 2.030/2.410 t di cui uno,
l’HMS Onix, prese attivamente parte al conflitto. Il suo armamento principale prevedeva solo siluri da 21 pollici
(533 mm) lanciabili da sei tubi prodieri e due poppieri, tuttavia la possibilità di imbarcare una consistente
aliquota di operatori dell’SBS e del SAS per operazioni speciali ampliava le opzioni disponibili da parte
britannica.Il controllo operativo dei battelli fu sempre mantenuto dal Comando della flotta a Northwood, in
Gran Bretagna, nonostante l’ammiraglio Woodward avrebbe preferito averli alle sue dirette dipendenze. L’idea
di Woodward era quella di poter disporre per i sommergibili di zone di agguato mobili, lasciando ai comandanti
dei battelli la possibilità di inseguire i bersagli senza limiti geografici. Tale schema d’impiego richiedeva che, per
sicurezza, i sottomarini non potessero ingaggiare bersagli subacquei e che ci fosse un efficace coordinamento
per evitare interferenze tra battelli impegnati in attività di “ombreggiamento”.

Il sottomarino nucleare d’attacco HMS Valiant nell’arsenale di Portsmouth sul finire degli anni Settanta.

Tuttavia, nella “Task Organization” promulgata dopo il 9 aprile, i battelli rimasero sotto la direzione del Vice
Admiral Herbert del “Flag Officer Submarine Flottilla” (inquadrato come CTG 324.3), operando in sostanza così
come previsto dai piani in vigore durante la “guerra fredda”, che non prevedevano l’esigenza di una diretta
dipendenza dei sottomarini dal comandante di un “Task Group”. Probabilmente i tempi (e la capacità di
scambio informazioni) non erano maturi per mettere la più potente arma inglese nelle mani di un solo uomo in
mezzo al Sud Atlantico.

I 75 giorni delle Falkland: da “Azul” a “Corporate”

Le operazioni militari nel Sud Atlantico possono essere suddivise in quattro fasi, in ognuna delle quali le forze
subacquee si resero protagoniste di azioni con un’influenza diretta nelle complesse operazioni navali, aeree e
terrestri. La prima va dal 18 marzo al 3 aprile 1982 e comprende l’invasione argentina delle isole (incluse le
operazioni nella Georgia Australe [South Georgia]) e le successive operazioni di rinforzo della loro difesa.

La seconda fase ebbe una durata di ventuno giorni, tra il 4 e il 25 aprile, in cui un’intensa azione diplomatica si
svolse parallelamente al trasferimento della Task Force inglese nella zona di operazioni (e all’istituzione della
zona di esclusione di 200 miglia intorno all’arcipelago) (12). La terza, che va dal 26 aprile al 20 maggio,
comprende - da parte inglese - le principali operazioni aeronavali di preparazione al successivo sbarco anfibio,
mentre da parte argentina è caratterizzata dai numerosi tentativi di contrastare il crescente sea control della
Royal Navy (13). La quarta e più cruenta fase del conflitto iniziò la notte del 21 maggio con lo sbarco del primo
battaglione di Royal Marines sulle spiagge della baia di San Carlos, e si concluse tre settimane dopo - il 13
giugno - con la resa delle forze argentine presenti a Port Stanley.
L’impresa del Santa Fe: coraggio e fortuna

La prima operazione subacquea del conflitto si deve all’anziano sommergibile argentino Santa Fe. Nel marzo
del 1982 il battello si trovava in precarie condizioni di efficienza: il prossimo arrivo dei nuovi “TR 1700“
sconsigliava infatti di investire fondi nella manutenzione del battello a soli cinque mesi dalla sua prevista
radiazione. L’altro “Guppy“ (ARA Santiago dell’Estero) era passato in riserva alcuni mesi prima, alla fine del
1981. Il 24 marzo il comandante, Capitan de Corbeta (capitano di corvetta) Horacio Bicain, ricevette
l’inaspettato ordine di unirsi alla Fuerza Operativa 40 (14) nell’ambito dell’Operazione “Azul“. Compito del
Santa Fe era quello di trasportare un gruppo di 13 operatori dell’Agrupacìon de Buzos Tacticos (APBT),
incaricati di attaccare il faro di San Felipe sull’isola di West Falkland, il vicino aeroporto ed infine di effettuare il
“marcamento” della prevista spiaggia di sbarco della forza anfibia ai comandi dell’ammiraglio Büsser. Il battello
salpò dalla base navale di Mar de Plata alle 23.00 del 27 marzo 1982 alla volta delle Falkland, giungendo in
zona di operazioni il successivo 30 marzo. A causa delle sfavorevoli condizioni meteo, l’operazione di sbarco
con i gommoni, inizialmente pianificata per il 1° aprile, venne rinviata di 24 ore, permettendo nella notte del 31
una prima ricognizione dell’area. Dopo aver individuato movimenti potenzialmente ostili sulla costa, il com.te
Bicain aggiornò il proprio comando che modificò la missione degli operatori limitandola al solo segnalamento
della spiaggia di sbarco.

Il sommergibile argentino Santiago del Estero nella seconda metá degli anni Settanta.

Il comandante del Santa Fe e il comandante Cufre dell’APBT decisero quindi di spostare la zona di sbarco a
Punta Celebroña, all’ingresso della baia di Port Stanley. Alle 12.30 del 1° aprile un’avaria elettrica lasciò il
battello senza comunicazioni, tuttavia alcune ore più tardi Bicain decise di procedere con l’operazione pur in
assenza di ulteriori ordini. Alle 23.50 si verificò una avaria all’impianto radar, rendendo più lento e difficile
l’avvicinamento alla costa; infine, intorno alle 02.50 del 2 aprile, iniziò lo sbarco del team APBT conclusosi
circa 40 minuti dopo; quindi il Sante Fe si allontanò in direzione di una zona pattugliamento a circa 50 miglia
dal faro di San Felipe. Ristabilite le comunicazioni, il battello ricevette l’ordine di rientrare a Mar de Plata,
giungendovi in precarie condizioni di efficienza la notte del 7 aprile 1982. Le numerose avarie registrate in
mare imposero per il battello uno straordinario piano di manutenzioni sviluppatosi nei successivi otto giorni ed
otto notti. In particolare, furono imbarcati 23 siluri (il Santa Fe era partito con tre sole armi!), di cui una decina
proveniente da paesi che la pubblicistica argentina definisce sibillinamente “amici” (15).Il successo della prima
missione e la grande autonomia del battello spinsero i vertici della Marina Argentina (nonostante le evidenti
carenze tecniche) a programmare una nuova, pericolosa azione da sviluppare al largo dell’arcipelago della
South Georgia, distante quasi 2.000 miglia dalla sua base. Il 16 aprile (16), alle 23.30, il battello salpò da Mar de
Plata diretto a Grytviken, con il compito di trasportare 20 fanti di marina (Grupo Golf) al comando del c.c Luis
Lagos, designato per l’occasione Comandante Militar de las Georgias del Sur. Aspetto inquietante della
dinamica delle decisioni argentine è che, già dal 17 aprile, nel corso dei colloqui di pace, il negoziatore Haig
aveva avvertito Buenos Aires (nel tentativo di ottenere un minimo di concessioni) dell’imminente iniziativa
militare inglese nella South Georgia, denominata Operazione “Paraquet“. La giunta militare decise quindi di
sospendere le operazioni di rinforzo della locale guarnigione, ma - successivamente - l’ammiraglio Anaya (dopo
essersi consultato con Lombardo) predispose ugualmente l’invio del malandato battello verso la sua ultima
missione (17).Il Santa Fe, che trasportava anche 6 tonnellate di materiali, avrebbe navigato con la proibizione
di attaccare eventuali bersagli (l’unico noto al momento di partire era la nave pattuglia HMS Endurance) allo
scopo di non interferire con le trattative diplomatiche ancora in corso. Il lento e problematico trasferimento fu
condotto in superficie a causa di numerose avarie sia alla distribuzione elettrica (18) sia ai diesel-generatori.

L’“ice patrol vessel” HMS Endurance nel 1983.

Il 20 aprile si dovettero registrare, a causa del maltempo, dei danni alle strutture esterne del battello che
costrinsero Bicain a procedere in immersione con un ulteriore ritardo di 36 ore (19) sulla tabella di marcia. Nel
frattempo, l’Operazione “Paraquet“ era diventata di pubblico dominio per la stampa internazionale ed in una
intervista il generale Galtieri “assicurava” che le sue truppe nella South Georgia “avrebbero combattuto fino
all’ultima goccia di sangue”.Il 23 l’HMS Endurance aveva rilevato la presenza di emissioni del radar del Santa
Fe: informazione molto preziosa, che determinò un ordine di pattugliamento antisom a 70 miglia ad ovest
della South Georgia per l’unico battello britannico presente in zona, l’HMS Conqueror. L’unità, a causa di una
temporanea avaria all’antenna delle telecomunicazioni, non ricevette l’ordine fino al 24, quando ormai il
“Guppy” argentino si trovava ad est della suddetta zona di pattugliamento. Le alterne vicende dell’Operazione
“Paraquet“ (ad esempio, la mancata inserzione di pattuglie di forze speciali) non avevano ancora permesso al
gruppo navale del comandante Young dell’HMS Antrim di poter effettuare il previsto sbarco per riconquistare
le posizioni argentine sulle isole, quindi la presenza del Santa Fe impose di mantenere le navi più “paganti“ a
nord dell’area di probabile presenza del sommergibile.

Il sommergibile argentino Santa Fe sul finire degli anni Settanta (Coll. M. Brescia). Il relitto semiaffondato del Santa Fe a
Grytviken (Georgia Australe).

Un’altra immagine del relitto semiaffondato del sommergibile argentino Santa Fe a Grytviken.

In particolare, il comando inglese riteneva (correttamente) che il battello argentino avesse tra i suoi obiettivi
l’attacco alle navi inglesi e un possibile sbarco di uomini e materiali in supporto agli uomini della guarnigione di
Grytviken. Il 24 aprile il Santa Fe venne informato che la ricognizione aerea (probabilmente composta da uno o
due C-130) aveva scoperto 40 miglia a nord della sua posizione un gruppo navale britannico diretto alla South
Georgia. Secondo indicazioni del Comfuersub (20), il comandante Bicain decise di accelerare i tempi di
esecuzione dello sbarco, piuttosto che annullare l’intera operazione che si presentava ormai - nonostante
alcuni insperati colpi di fortuna - come un vero azzardo. Nel frattempo, su indicazione del Ministro della Difesa
Nott, l’HMS Splendid veniva inviato dall’area intorno alle Falkland verso la South Georgia, in modo da
rinforzare il dispositivo antisom inglese. Il Santa Fe navigò alla massima velocità possibile (in superficie fino alle
05.00) e con rotta diretta per Grytviken, giungendo alle 14.00 del 24 in vicinanza di Cabo Buller. Iniziato il
transito occulto per avvicinarsi alla Baia di Cumberland, appena sceso il buio il battello emerse all’altezza di
Punta Robertson. Bicain scelse di passare vicino alla scogliera per evitare la scoperta radar nemica; la mossa si
rivelò apparentemente azzeccata e alle 23.30 il battello giunse a Bahia Guardia Nacional (un’insenatura di
Cumberland), dove iniziò le operazioni di sbarco di uomini e materiali. Il comandante, viste le scarse
informazioni ricevute sull’approdo (condizioni del molo e fondale), invece di attraccare preferì utilizzare per il
trasbordo dei materiali un’imbarcazione catturata alla missione scientifica del British Atlantic Survey. Tali
complicazioni allungarono i tempi di permanenza in superficie del battello (circa tre ore), impegnato inoltre in
continui contatti radio in VHF con gli uomini a terra (comunicazioni puntualmente intercettate dagli inglesi). Il
sommergibile argentino (la cui partenza era già nota dal 15 aprile) era atteso da un dispositivo di ricerca basato
sull’elicottero “Wasp 3” dell’Endurance nella zona di Grytviken e su una pattuglia di SAS nell’area di Leith. Va
notato inoltre che il comando britannico aveva autorizzato l’attacco al Santa Fe in superficie nonostante nella
stessa area fosse presente il Conqueror (21)! Ultimata la sua missione, Bicain, ignaro della trappola inglese,
decise di allontanarsi alla massima velocità, navigando in superficie nella Bahia di Cumberland nella speranza
di riuscire a immergersi prima dell’alba. Alle 05.55 del 25 aprile la vedetta di sinistra avvistò un elicottero che si
avvicinava da poppa ad alta velocità in direzione del battello. Nell’arco di pochi minuti il sommergibile fu
attaccato con due bombe di profondità dal “Wasp 3”, e in seguito con un siluro leggero da un altro elicottero
“Sea Lynx” appena giunto in rinforzo. Nel frattempo, il primo velivolo aveva subito la coraggiosa reazione
argentina con armi portatili impiegate dalla “vela” (falsatorre) del battello. Il siluro lanciato non esplose, e il
comandante Bicain decise di riportare il Santa Fe verso Grytviken, valutando cosa non del tutto sicura
immergersi per i danni causati al battello dall’esplosione delle bombe di profondità (in particolare alle casse
zavorra prodiere) e per ricevere aiuto dalla guarnigione. Gli inglesi non diedero tregua agli argentini,
continuando gli attacchi dall’aria con il tiro di armi leggere e di un missile AS- 12, che rimase incastrato nella
vela senza esplodere (causò tuttavia il ferimento e la successiva amputazione di una gamba di un sottufficiale
addetto alle armi portatili). Alle 07.30, il malridotto Santa Fe riuscì ad attraccare all’interno della Caleta
Capitan Vago di fronte a Grytviken. L’equipaggio sbarcò sotto la protezione dei fanti di marina, ma dopo alcune
ore, intorno alle 14.00, la piccola forza argentina (ora al comando di Bicain) si arrese alle forze inglesi
sostenute dal tiro delle fregate HMS Plymouth e Antrim, nonché da quello dell’HMS Endurance. La caccia al
Santa Fe aveva involontariamente dato il via all’Operazione “Paraquet”, fino a quel momento sostenuta da ben
poca fortuna. La sera stessa Bicain cenò a bordo dell’Antrim, dove fu siglato il documento formale di resa della
guarnigione. Tuttavia, le avventure per il coraggioso equipaggio del Santa Fe erano lungi dal concludersi. Il
giorno successivo, Bicain ottenne di poter inviare a bordo un piccolo gruppo di 6 sottufficiali per recuperare
alcuni effetti personali dell’equipaggio. Quest’operazione servì agli argentini, nonostante la sorveglianza
inglese, ad aprire alcune vie d’acqua nel battello (in una latrina e in cucina) favorendone l’affondamento. Il
progressivo inabissamento del Santa Fe insospettì il comandante della guarnigione inglese che richiese
assistenza al comandante Bicain per spostare il relitto del battello e poter riutilizzare il molo. La manovra fu
eseguita da personale argentino sotto una più vigile e stretta sorveglianza inglese ma, durante lo svolgimento
dei preparativi, un Royal Marine fece fuoco sul sottufficiale Felix Artuso fraintendendone le azioni di manovra
delle valvole. Questi fu la prima vittima ufficiale del conflitto a cui ne seguiranno molte altre centinaia. Il
rimpatrio dell’equipaggio del sommergibile fu organizzato a partire dal 30 aprile, trasportando le 150 persone
catturate a Grytviken con l’HMS Tidespring fino ad Ascensione, e successivamente verso un paese neutrale.
Negli undici giorni di navigazione gli inglesi eseguirono 26 interrogatori (inclusi quelli di alcuni ufficiali) tra
l’equipaggio del Santa Fe nonostante le vibrate proteste di Bicain. Le “interviste” permisero agli inglesi di
ottenere alcune informazioni sul siluro ST-4 impiegato solo in ruolo antinave, e su alcune esercitazioni di
minamento da sommergibile eseguite in passato dagli argentini. I Tactical Questioners e l’ufficiale del “Joint
Service Interrogation Wing“ rimasero in particolare colpiti dalla professionalità dei sommergibilisti e dalla
indiscussa stima riscossa da Bicain (22). Nessun particolare relativo alla disposizione delle forze nell’area
Falkland fu invece ottenuta dagli inglesi.
Soldati britannici di pattuglia nei pressi del relitto del sommergibile Santa Fe, durante le operazioni di riconquista della
Georgia Australe (g.c. www.histarmar.com.ar). Il recupero da parte inglese del relitto del Santa Fe, che verrà
successivamente affondato al largo della Georgia Australe il 10 febbraio 1985.

Il cacciatorpediniere lanciamissili HMS Glamorgan nel 1981-82.

La patrulla de guerra dell’ARA San Luis: aree “Enriqueta”, “Maria” e “Isabel”

La missione del sottomarino argentino San Luis, del tipo “109”, si inquadra a cavallo tra la seconda e la terza
fase del conflitto, in cui gli argentini cercarono di contrastare le azioni della Task Force britannica decisa ad
instaurare un robusto controllo marittimo locale quale condizione necessaria per le successive operazioni
anfibie. Il comandante del battello era il Capitan de Fragata (capitano di fregata) Azcueta che - seppur
sommergibilista e “figlio d’arte” - è riportato da alcune fonti come proveniente dal comando di unità fluviale
(23).
Il sommergibile argentino San Luis, del tipo “209” di progettazione.

L’assunzione del comando avvenne nel dicembre 1981 in uno stato di efficienza dei materiali e del personale
non ottimale; in particolare, il San Luis soffriva già dal 1978 della mancanza di uno dei suoi quattro motori
diesel (giudicato non riparabile a meno di effettuare un taglio a scafo) ed in tempi recenti aveva subito un
cronico stato di cattiva pulizia della carena, dell’elica, delle prese a mare e dei circuiti della refrigerazione
generale. Questi fattori causavano una bassa velocità (si era registrata una diminuzione da 21 a 14,5 nodi!) ed
alte temperature di gestione dei residui tre motori termici. Anche la situazione dell’equipaggio non poteva
dirsi rosea, essendo composto da personale con poca esperienza: i migliori elementi della componente
subacquea si trovavano infatti in Germania per l’allestimento dei nuovi “TR 1700”. A metà marzo del 1982, il
battello era in esercitazione con le corvette ARA Drummond e ARA Granville a largo della base di Mar de Plata
quando ricevette l’ordine di rientro immediato. Giunto in porto, Azcueta assistette ai preparativi del Santa Fe
per la sua prima missione verso le Falkland, ma non riuscì ad ottenere nessuna informazione in merito
all’approntamento della propria unità. Questo avvenne la mattina del 2 aprile, ma solo il 3 aprile il Comfuersub
comunicò al comandante del San Luis di approntare il battello nel minor tempo possibile. Il San Luis
necessitava di un urgente ingresso in bacino (non disponibile a Mar de Plata, ma solo a Puerto Belgrano), ma
l’avvicinarsi della Task Force britannica impose ad Azcueta la ricerca di una soluzione più rapida.

Pose infatti rimedio alle incrostazioni su scafo ed elica tramite gli allievi della Escuela de Buceo (Scuola
Palombari) della Marina, che lavorarono duramente durante i successivi giorni per liberare almeno in parte il
battello dalla morsa dei denti di cane.
Il cacciatorpediniere lanciamissili britannico Antrim nei primi anni Ottanta.

Un cacciabombardiere a decollo verticale “Harrier” in appontaggio su una nave britannica durante la campagna delle
Falkland.

Alle 18.00 dell’11 aprile 1982, Azcueta prese il mare con a bordo 10 nuovissimi siluri tedeschi filoguidati ST4 e
14 armi MK 37 Mod.3 americane, viveri e combustibile sufficienti per oltre un mese di “patrulla de guerra”, ma
con l’ordine, almeno per il momento, di non attaccare. I primi 6 giorni di navigazione fino alle Falkland si
svolsero senza inconvenienti, salvo un’imprevista emersione necessaria per rimuovere dalla “libera
circolazione” di prora (ossia l’area compresa tra lo scafo resistente e la cosiddetta “passerella”) una saldatrice
dimenticata nel corso dell’approntamento del battello e che disturbava l’ascolto sonar (24). Il resto del tempo
fu impiegato per svolgere alcune riparazioni minori e per addestrarsi al tracciamento di bersagli. La prima zona
di pattugliamento, denominata “Enriqueta”, si trovava ad est del Golfo di San Jorge e il battello vi operò dal
giorno 17.

Mappa delle Falkland con indicate delle principali operazioni britanniche sul terreno.

Questa pausa si deve probabilmente ad una trattativa in corso tra Costa Mendez ed il Segretario Haig,
richiesta da Nott per evitare l’ingresso di sottomarini argentini nella MEZ (25). Il 19 aprile si verificò
un’importante avaria alla centrale di lancio (modello VM8-24), consentendo da allora in avanti il solo lancio
con guida manuale (26) di un siluro alla volta. Nonostante la limitazione al sistema di controllo delle armi fosse
stata prontamente comunicata da Azcueta, il precipitare degli eventi (la perdita del Santa Fe risale al 25 aprile)
e la contestuale indisponibilità dell’ARA Salta, spinse il Comfuersub a continuare la “patrulla”. Il San Luis fu
quindi inviato a Nord Est dell’Isla Soledad (East Falkland) iniziando il transito per l’area denominata “Maria” a
partire dal 27 aprile. Due giorni dopo, contestualmente all’ingresso in “Maria”, il battello argentino ricevette
finalmente l’autorizzazione all’impiego delle armi. Il 1° maggio, alle 09.40, venne battuto il posto di
combattimento in seguito alla scoperta di emissioni sonar e di una traccia idrofonica classificata come
“destructor [cacciatorpediniere] tipo 21 o 22”. Il bersaglio navigava a 18 nodi ed era impegnato in operazioni di
volo con elicotteri. La visibilità era ridotta, ma alle 10.15 Azcueta ritenne di avere una buona approssimazione
dei dati del moto del bersaglio e lanciò da una distanza di circa 9.000 metri. Dopo circa due minuti di corsa, la
filoguida si ruppe interrompendo l’azione del siluro che tuttavia non esplose: da escludere quindi che sia
impattato sul fondo, ma è probabile che abbia esaurito la propria batteria nei minuti successivi alla perdita di
contatto e sia poi affondato. La presenza del San Luis non dovette passare inosservata al dispositivo inglese
formato da elicotteri “Sea King” dello Squadron 826 e probabilmente dalle fregate HMS Brilliant (“Tipo 22”) e
dall’HMS Yarmouth appartenente alla classe “Rothesay” (27). La presenza del dispositivo navale britannico
serviva per difendere il primo dei bombardamenti costieri (condotto da Glamorgan, Arrow ed Alacrity)
predisposti dall’ammiraglio Woodward per ridurre il potenziale delle difese argentine sulle isole.

Il comandante Azcueta riportò in seguito di aver subito, intorno alle 13.00, un attacco da parte di un elicottero
con l’impiego di un siluro leggero che riuscì ad evitare manovrando in rotta, quota e velocità e lanciando
contromisure passive (28). Il San Luis diresse quindi verso la costa poggiandosi, intorno alle 16.00, sul fondo,
mentre gli inglesi continuavano il lancio di bombe di profondità - che tuttavia non esplosero - nelle vicinanze
della posizione argentina (29). Alle 20.00 Azcueta ritenne che il dispositivo di ricerca inglese si stesse
allontanando dalla sua posizione, quindi alle 21.00 decise di lasciare il fondo. La manovra di rilascio dal fondo
fu completata dopo 40 minuti (ritardo causato da una bassa portata della pompa d’assetto) tuttavia, appena
giunti vicino la superficie, alcune esplosioni subacquee consigliarono ad Azcueta di immergersi nuovamente
fino alle 05.00 del mattino seguente. Approfittando delle poche ore di buio, il San Luis riuscì a ricaricare in
parte le batterie prima di rilevare di nuovo al sonar le emissioni delle navi inglesi, che tuttavia non ripeterono
l’attacco di alcune ore prima.

Il 4 maggio, il Comfuersub ordinò un cambio di zona di operazioni, muovendo il San Luis ad est delle Islas de
Leones Marinos (“Isabel”), nella stessa area dove poche ore prima l’HMS Sheffield era stato colpito a morte da
un missile “Excocet” argentino; la manovra avrebbe dovuto favorire l’incontro con le unità accorse in soccorso
del caccia inglese (30). Sempre il giorno 4, una nuova avaria afflisse il San Luis: perse uno dei suoi due
convertitori da 115/400 Hz; la rottura anche dell’altro avrebbe portato alla perdita dell’alimentazione per tutti
gli apparati del sistema di combattimento, girobussole e sonar inclusi.

Il San Luis in azione

Il 7 maggio, dopo tre giorni di pattugliamento senza incontrare unità nemiche, il San Luis rientrò nell’area
“Maria” che sembrava più fruttuosa. Appena 24 ore dopo, intorno alle 21.00, fu individuata nei settori poppieri
una traccia idrofonica classificata come bersaglio subacqueo. Furono lanciati, in sequenza, sia “decoys”
(dispositivi per contromisure acustiche) sia - alle 21.42 - un siluro MK 37 con una corsa prevista di 2.400 yards
(ca. 2.200 m, durata tre minuti). Alle 21.58 il siluro esplose impattando probabilmente sul fondo, ma dal San
Luis non fu possibile capire se l’arma avesse colpito il bersaglio. Da notare che in quella data i tre SSN britannici
erano tutti probabilmente già lontani dalle Falkland, ed impegnati nella sorveglianza delle principali basi navali
argentine. Il 10 maggio è il giorno dell’ultima azione di guerra del San Luis che, nella zona ad ovest di “Maria”,
all’altezza dello Stretto di San Carlos intercettò due unità nemiche classificate “destructor”
(cacciatorpediniere). Si trattava delle fregate HMS Arrow e Alacrity. Un primo siluro fu lanciato dal tubo n. 1
(distanza bersaglio ca. 7.700 m), ma rimase bloccato all’interno del tubo stesso. Azcueta lanciò quindi dal tubo
n. 8 l’ultimo siluro SST-4 della guerra sottomarina argentina: erano le 01.40 dell’11 maggio 1982. Nonostante il
bersaglio (la fregata HMS Alacrity) fosse a soli 5.200 m (meno di 5 minuti di corsa), dopo tre minuti dal lancio si
ruppe di nuovo la filoguida e dopo altri tre minuti gli operatori sonar del San Luis individuarono un forte
rumore metallico forse associato ad una esplosione. Coerente con questa versione, il riporto dei danni subiti
dagli inglesi, che accertarono il danneggiamento dell’apparato di contromisure rimorchiato. In quest’occasione
il siluro aveva individuato il bersaglio, ma l’acciarino della testa in guerra non si era probabilmente attivato.
Azcueta tentò un ultimo avvicinamento sull’Arrow che però riuscì ad allontanarsi. Nessuna azione di caccia fu
messa in atto dalle due unità inglesi, quindi il San Luis questa volta fu libero di allontanarsi. Poche ore dopo, il
comandante argentino comunicò al Comfuersub la drammatica situazione del sistema d’arma del battello,
ritenuto ormai del tutto inaffidabile. Solo dopo due giorni fu ordinato il rientro del San Luis, avvenuto il 19
maggio nella base di Puerto Belgrano dopo 864 ore di coraggiosa, quanto inefficace “patrulla de guerra“.

Poche ore dopo l’ormeggio, anche il secondo convertitore andò in avaria rendendo il San Luis praticamente
fuori servizio. I successivi lavori di ripristino dell’efficienza tagliarono fuori il suo coraggioso equipaggio dalle
operazioni dall’ultimo mese di guerra.
La nave da sbarco Cabo San Antonio, costruita in Argentina nel 1968-1969 sui piani delle LST statunitensi tipo” De Soto
County” .

La fregata HMS Brilliant del “Type 22” era una tra le unità di più recente costruzione che operarono nell’Atlantico
meridionale, essendo entrata in servizio a maggio del 1981.
Il sottomarino Conqueror e la fregata Penelope (tipo “Leander”) nell’Atlantico meridionale durante la campagna per la
riconquista delle Isole Falkland.

Le missioni “segrete” dei sommergibili ARA Santiago dell’Estero e Salta

All’inizio del conflitto delle Falkland, la piccola forza subacquea argentina si trovava in una situazione di bassa
disponibilità operativa con solo due unità su quattro pronte a prendere il mare. Si rendeva quindi necessario
ricorrere a tutte le doti d’inventiva “latina” per porre rimedio a questa situazione. Il primo provvedimento fu
un’originale operazione di “deception” (inganno insidioso) condotta durante i primi giorni di pattugliamento
del San Luis. Dalla base di Puerto Belgrano, dove era impiegato come battello-scuola, l’ARA Santiago del Estero
venne trasferito, sotto la scorta dei rimorchiatori Tehuelche e Querandi, a Mar de Plata dove attraccò la sera
del 22 aprile. Inizialmente, il Comfuersub pensava di tenere il battello circa 72 ore in porto, ma - viste le buone
condizioni meteo in zona - alle 00.20 della stessa notte l’unità ripartì per Puerto Belgrano navigando in
superficie per circa 20 ore. La notte del 23 aprile il sommergibile venne ormeggiato lontano dalla base navale,
tra due grossi mercantili, per nasconderne la presenza all’osservazione via satellite. Una settimana prima, il 15
aprile, Londra aveva un quadro abbastanza fosco e impreciso della situazione subacquea, assumendo che tre
sottomarini argentini fossero in mare all’interno della MEZ. In realtà San Luis aveva appena salpato per le
Falkland, il Santa Fe sarebbe partito il giorno seguente, mentre il Salta conduceva alcune prove in mare (31). Il
“trucco” argentino contribuì a confondere le analisi inglesi che, al 4 di maggio, pur avendo constatato l’assenza
del Santiago del Estero dal suo consueto posto di ormeggio, non erano in grado di stabilirne con certezza
l’operatività (32).
La pressione psicologica determinata da questa situazione d’incertezza spinse il ministro della Difesa britannico
Nott, attraverso il Segretario di Stato americano, a richiedere a Buenos Aires l’assicurazione che non ci fossero
sottomarini argentini nella MEZ. Haig ricevette la conferma dall’ammiraglio Anaya, ma le dichiarazioni
argentine non ricevettero sufficiente credito da parte degli inglesi, notevolmente preoccupati e confusi dalla
carenza di un preciso ed affidabile quadro d’intelligence.
Il sommergibile argentino Santa Fe.

Un altro episodio poco noto della guerra riguarda il ruolo giocato dal secondo sottomarino “Type 209“, l’ARA
Salta (S-22). Il 2 aprile 1982 il battello si trovava dislocato presso la Estaciòn de Balizamiento di Puerto Madryn
(penisola Valdes), impegnato nelle prove del misuratore passivo di distanza DUUX-2 di costruzione francese:
lavori che non vennero conclusi per l’anticipata partenza dei tecnici richiamati dal governo di Parigi. Queste
prove erano inserite in un ciclo più ampio, programmato alla fine di un prolungato periodo di manutenzione in
bacino. Le prime uscite in mare avevano, in particolare, evidenziato l’insorgere di forti rumori di cavitazione (di
origine sconosciuta) nella zona poppiera dell’unità (33) che rendevano molto vulnerabile il sottomarino alla
scoperta nemica, soprattutto in un confronto con gli SSN inglesi. La decisione del Comfuersub fu quella di
rimettere urgentemente in bacino il Salta per ulteriori accertamenti. Negli stessi giorni, un problema di salute
del comandante costrinse il comando argentino a cercare rapidamente un valido sostituto. La scelta cadde sul
Capitan de Fragata Salinas, già comandante del battello e in quel momento “Edecàn Navale” (Addetto Navale)
del Presidente della Repubblica Argentina. Nel frattempo il Salta - agli ordini del comandante in 2ª, il Capitan
de Corbeta (capitano di corvetta) Esteban Arata - si trovava in mare per effettuare un nuovo ciclo di prove.
Salinas poté finalmente imbarcare il 17 aprile, quattro giorni dopo la sua urgente designazione.

L’esito negativo delle prove in mare spinse il Comfuersub ad ordinare un nuovo ingresso in bacino dell’unità
per smontare e verificare l’asse dell’elica. Il battello venne quindi preparato per la “patrulla de guerra“
direttamente a Puerto Belgrano, mentre, alla data del 30 aprile, l’intelligence inglese riteneva - a torto - che il
Salta si trovasse già in mare all’interno della TEZ (34). Intorno all’8 maggio giunsero a bordo le ultime notizie
riguardanti il San Luis ed isuoi problemi con i siluri ST-4 e, dopo il rientro di quel battello, il Comfuersub decise
di sbarcare gli ST-4 di costruzione tedesca e di imbarcare un lotto di armi analoghe, ma costruite su licenza
dalla ditta argentina EDESA. Il 21 maggio, appena due giorni dopo il rientro del San Luis, il Salta prese il mare
diretto alle Falkland allo scopo di mantenere costante la presenza della minaccia subacquea in vicinanza della
zona del prevedibile sbarco inglese. Nel corso del trasferimento in zona d’operazioni sarebbero state condotte
numerose prove del sistema d’arma e di quello di propulsione, sul quale, tuttavia, non si era ancora risolto il
problema del rumore.Il 23 maggio, il Salta giunse in una zona a Nord del Golfo Nuevo per provare la nuova
fornitura di siluri direttamente con un lancio con testa “in guerra” (carica): procedura atipica, ma dettata dai
tempi ristretti del conflitto. Il 24, alle 09.13, Salinas ordinò il “fuori” al tubo n. 7: il Salta si trovava a quota
periscopica e a bassa velocità, in condizioni ideali per il lancio.

Il siluro si attivò per poco più di minuto rimanendo però all’interno del tubo. Salinas - cosciente
dell’importanza di quella prova - decise di effettuare un secondo lancio dal tubo n. 1. Il risultato fu identico:
meno di un minuto di attivazione ed il siluro bloccato nel tubo. Nonostante alcuni tentativi di inclinare il
battello, appruandolo, nel tentativo di far scivolare fuori i siluri, questi rimasero bloccati nei tubi e Salinas
decise di chiudere i portelli esterni. Alle 20.28, con il battello a quota profonda, il personale di guardia a prora
percepì una forte vibrazione provenire dal tubo n. 1: il siluro si era riattivato. Salinas ordinò la risalita di
emergenza e l’apertura del portello esterno, ma alle 21.15 il siluro sembrò disattivarsi per sempre. I timori del
comandante si concentravano su un possibile surriscaldamento dell’arma e di una sua esplosione all’interno
del tubo. Il Comando delle Forze subacquee ordinò di conseguenza l’immediato rientro del Salta dalla sua
brevissima e rocambolesca missione.

Nel 1982 erano in costruzione in Germania per l’Argentina due moderni battelli tipo “TR 1700” che entreranno poi in
servizio entro il 1985; nella foto il Santa Cruz poco dopo essere stato completato.

Il sottomarino nucleare d’attacco HMS Spartan in un’immagine successiva di alcuni anni al conflitto delle Falkland.

Rientrato a Puerto Belgrano il 29 maggio, il battello affrontò la delicata e pericolosa operazione di estrazione
dei siluri; inoltre, il rumore generato del Salta non era diminuito, interferendo su una buona parte del settore
poppiero di ascolto del sonar passivo. Il 12 giugno, l’unità salpò per l’ennesima sessione di prove a largo di
Puerto Belgrano: l’intenzione era quella di effettuarla con siluri dotati di “testa in guerra” (35). Il 14 giugno
1982, giorno della resa argentina a Port Stanley, il Salta lanciò a quota periscopica il suo terzo siluro dal tubo n.
6. Anche quest’arma dopo circa un minuto e mezzo, venne improvvisamente “perduta” (il sonar non percepiva
più il rumore delle eliche) e Salinas ordinò il taglio della filoguida e il rientro del battello a quota profonda per
evitare un eventuale “ritorno” del siluro.

La successiva e ultima arma, lanciata dal tubo n. 2, si comportò un po’ meglio della precedente, ma dopo circa
3.000 metri di corsa la centrale di lancio diede l’ennesima segnalazione di “cable cortado”, ovvero di rottura
della filoguida. Pochi minuti dopo, a circa tre miglia dalla costa, in vicinanza della batimetrica dei 50 metri, una
forte esplosione siglò la fine dell’esperienza bellica dell’arma sottomarina argentina.
L’impiego dei sottomarini convenzionali nella Marina argentina

Il bilancio delle operazioni subacquee argentine non può definirsi positivo nonostante il coraggio,
l’abnegazione e la flessibilità dimostrata degli equipaggi e dal personale di terra. Le principali carenze
argentine furono senza dubbio la gestione della preparazione bellica dell’arma sottomarina (36) e le successive
decisioni sul campo. L’invasione delle Falkland, come già accennato, non avvenne nel quadro di una strategia
di occupazione militare a lungo termine, ma era nelle intenzioni argentine solo un mezzo per ottenere rapide
concessioni diplomatiche dagli inglesi.

Il sottomarino nucleare d’attacco britannico HMS Splendid sul finire del 1981.

Le missioni dei battelli tipo “Guppy”, pur evidenziando una buona dose di fantasia tattica, mostrano come
l’impiego del mezzo subacqueo fosse rivolto ad obiettivi non particolarmente ambiziosi, quali lo sbarco di
personale in ambiente a basso contrasto. I sintomi di una mentalità poco rivolta all’efficacia dell’arma
sottomarina diedero infatti origine, negli anni successivi alla guerra, ad un ampio dibattito dottrinale nella
Marina argentina (37). Per quel che riguarda la linea dei “Tipo 209”, che rappresentavano la punta di
diamante delle forze subacquee argentine, un battello era in bacino e l’altro in precarie condizioni di efficienza
dovute probabilmente a un cattivo stato di manutenzione della carena. Entrambe le situazioni si sarebbero
potute evitare con dei normali cicli di manutenzione dello scafo e con una miglior programmazione dei lavori
in bacino se solo il Comfuersub fosse stato inserito nel processo di pianificazione dell’operazione
“Azul/Rosario”. Allargando inoltre l’orizzonte temporale, se la Junta Militar avesse aspettato un paio d’anni
prima di lanciare l’attacco alle Falkland, sarebbe entrato in servizio almeno uno dei due battelli “Tipo 1700” in
costruzione a Kiel, aumentando in quantità e qualità le forze pronte al combattimento. Anche nella gestione
delle poche forze disponibili la dirigenza militare argentina non diede buona prova. La prima missione del
Santa Fe, sebbene condotta in assenza di minaccia, fu percepita come un grande successo, sottovalutando il
precario stato di approntamento del battello. Il Comfuersub, al rientro dall’Operazione “Azul”, ritennero
erroneamente il battello pronto anche per un’azione in acque più lontane e caratterizzate da presenza nemica.

Questo fu un totale azzardo unitamente agli obiettivi velleitari dell’azione. Il potenziale bellico del Santa Fe
(seppur basso) fu sprecato infatti per un’inutile e rischiosa operazione logistica volta a rinforzare la debole
guarnigione argentina presente a Grytviken. Questo nonostante la South Georgia dovesse, in caso di attacco,
dare corso soltanto ad una resistenza formale prima dell’inevitabile resa. L’equipaggio argentino affrontò
quindi i pericoli di una navigazione allo scoperto per compiere una missione strategicamente inutile. Solo se il
battello avesse completato la sua missione, il comando argentino aveva predisposto il suo impiego per alcune
settimane lungo la linea di rifornimento inglese Falkland - Isola di Ascensione. Difficile credere che un
sommergibile così mal ridotto avrebbe potuto ultimare una missione antinave nel mezzo dell’Atlantico a
migliaia di miglia dalle proprie basi. Le uniche critiche che possono essere mosse all’equipaggio del Santa Fe
riguardano la gestione dello sbarco: mal pianificato (Bicain non aveva né sufficienti informazioni né adeguati
mezzi di sbarco) e mal condotto, con un uso poco prudente delle comunicazioni radio nonostante la presenza
inglese in area fosse già nota. Il comportamento del comandante e dell’equipaggio del battello nel corso degli
attacchi inglesi merita invece di essere ricordato come uno degli episodi di maggior coraggio e sangue freddo
dell’intero conflitto.

Le azioni del San Luis vanno menzionate come l’unica vera occasione della Marina argentina di ottenere un
significativo successo tattico intorno alle isole Falkland. Tuttavia, se si guarda all’orizzonte strategico del
conflitto, quindi ai veri fattori in grado di cambiarne le sorti, la potenziale influenza del San Luis venne
ridimensionata dalle intelligenti scelte operative effettuate dall’ammiraglio Woodward. L’esperto
sommergibilista britannico, ben consapevole dei limiti di autonomia e di velocità di un battello convenzionale,
intuì che la zona di operazioni sarebbe stata a ridosso delle Falkland in attesa del passaggio di un bersaglio di
opporunità (cosa che avvenne in tre occasioni). Egli dispose le proprie forze più preziose e non sostituibili
(portaerei e navi da sbarco) a distanza sufficiente dal raggio d’azione del San Luis. Nessun nave, seppur
importante, eventualmente affondata dal battello argentino avrebbe cambiato le sorti del conflitto. Molto
basse si possono ritenere le chance del San Luis nei confronti degli SSN inglesi, tenendo conto la mancanza di
uno specifico addestramento argentino nella ricerca di sottomarini nemici.

Il cacciatorpediniere lanciamissili argentino Santisima Trinidad nei primi anni Ottanta.

La fredda e calcolatrice personalità di Woodward aveva già messo in conto di perdere alcune unità nel corso
del conflitto, a prescindere dai siluri argentini. Lo stesso ammiraglio la notte prima dello sbarco nella baia di
San Carlos non esitò ad inviare la sua più piccola unità (la fregata “Type 21” HMS Alacrity) quale “cacciamine”
nella prevista zona di sbarco (38). Woodward preferiva accettare la perdita di un piccolo equipaggio piuttosto
che i 4.000 uomini della forza da sbarco.

L’eventuale impiego dell’ARA Salta intorno alla zona delle Falkland avrebbe potuto interferire con i piani
britannici per lo sbarco, realizzatosi il 21 maggio, qualora il battello fosse stato in grado di prendere il mare una
settimana prima, intorno al 14 maggio. Ma in quella data il Salta era ancora impegnato nell’analisi dei problemi
che affliggevano il sistema di lancio del San Luis. La Marina argentina (a prescindere dall’efficienza dei suoi
siluri) aveva perso il momento favorevole e la programmazione dell’operazione anfibia avversaria tenne
probabilmente conto di questi fattori, sfruttando la finestra di opportunità fornita dai lunghi tempi di transito
dei battelli argentini. Un impiego proficuo dei “Type 209” avrebbe potuto avvenire sfruttandone il potenziale
lontano dalle Falkland (39), nella zona di stazionamento delle portaerei e dei trasporti truppe inglesi (ad est
delle isole): la perdita di una sola di queste unità avrebbe davvero potuto giocare un ruolo importante nelle
vicende del conflitto (40). La mancanza di una strategia di lungo termine, lo scarso coordinamento tra le tre
forze armate e la speranza della Giunta Militare di trovare un accordo diplomatico prima del precipitare degli
eventi produssero però un atteggiamento poco ambizioso, e in fin dei conti controproducente, nell’impiego
dell’arma sottomarina (41).

Il teatro di operazioni delle isole Falkland con - in evidenza - le basi aeree sul territorio metropolitano argentino, i raggi
d’azione dei velivoli dell’Aviazione e della Marina argentine e la “Total Exclusion Zone (TEZ)” attorno alle isole Falkland.

Da sinistra. Stretto di San Carlos, Isole Falkland - 24 maggio 1982: il drammatico momento dell’affondamento della fregata
Antelope, successiva all’esplosione di una bomba che aveva colpito l’unità senza esplodere e di cui era in corso un
tentativo di disinnesco (Royal Navy). Il troncone di prora del relitto della fregata Antelope emerge dalle acque dello
stretto di San Carlos).

In merito al problema dei siluri, la pubblicistica specializzata si è soffermata sull’avaria alla centrale di lancio e
su un difetto di approntamento delle armi da parte dell’equipaggio del San Luis. Nell’anno precedente il
conflitto, l’ARA Salta aveva condotto una intensa campagna semestrale di lanci con il siluro ST4 tedesco i cui
esiti - relazionati al comandante della Flota de Mar nel dicembre 1981 - erano stati del tutto sfavorevoli (42).
In particolare, la campagna aveva evidenziato diversi problemi, quali la tendenza dell’arma a rompere la dopo
pochi minuti di corsa e avarie varie. La relazione tecnica finale, tuttavia, non aveva avuto ampia diffusione
all’interno della Marina. Non è da escludere che la concomitante costruzione altri due sottomarini in Germania
abbia avuto la sua influenza nella mancata condivisione di informazioni altrimenti vitali per i comandi
imbarcati. Gli esiti di quella serie di lanci e le successive indagini su quelli effettuati dal San Luis non sono
ancora disponibili, ma è parere di chi scrive che la principale causa di fallimento argentino vada ricercata nelle
frequenti rotture della filoguida siluri e non nell’avaria alla centrale (o in un errato approntamento a bordo
delle armi). Le ridotte distanze di lancio dichiarate da Bicain (se veritiere) implicavano una corsa così breve dei
siluri che un lancio “in manuale“, ovvero comandando la rotta del siluro direttamente sul rilevamento del
bersaglio, avrebbe avuto comunque successo se non si fosse rotta la filoguida.

La campagna sottomarina del Silent Service

Il tradizionale riserbo del Silent Service (ossia l’arma subacquea)della Royal Navy non permette una
ricostruzione precisa e puntuale della azioni compiute dai cinque sottomarini nucleari e dal battello diesel che
operarono nel Sud Atlantico. Tenteremo quindi, sulla base della scarna documentazione disponibile, di
delineare gli elementi essenziali della campagna sottomarina condotta da aprile a luglio del 1982.
La prima reazione inglese all’operazione argentina “Azul” fu il rapido invio nel Sud Atlantico di ben tre
sottomarini nucleari d’attacco. Il 4 aprile Splendid, Spartan e Conqueror si trovavano già distribuiti tra il nord e
il centro Atlantico, mentre il TG 317.8 sarebbe partito da Portsmouth solo il giorno dopo. Un quarto
sottomarino, l’HMS Superb, pur avendo partecipato all’esercitazione “Springtrain” a Gibilterra (quindi in
posizione favorevole per una dislocazione avanzata), venne inviato in Atlantico alla ricerca di alcune unità
subacquee sovietiche classe “Victor”, rilevando i compiti di pattugliamento dell’HMS Splendid.

La notizia, diffusa dalla rete televisiva “British Independent Television News” il 29 (ed il giorno successivo dal
“Daily Telegraph”) di un sottomarino in trasferimento verso le Falkland fu considerata dagli inglesi un utile
strumento di “pressione diplomatica” sulla Junta argentina (43), dato che il ministro della Difesa confermò la
partenza (non ancora avvenuta) di due sottomarini per il Sud Atlantico. Peraltro, analisi successive hanno
rilevato come l’involontaria operazione di “deception” inglese in realtà accelerò, piuttosto che rallentare, le
prime fasi dell’Operazione “Rosario”. L’invio (quello vero) di sottomarini aveva lo scopo di ottenere, nel giro di
un paio di settimane, un minimo d’informazioni sul campo senza mostrare un eccessivo dispiego di forze che
avrebbe potuto interferire sul difficile lavoro svolto dalla diplomazia internazionale.

Con il passare dei giorni, il piano elaborato dall’ammiraglio Fieldhouse (Operazione “Sutton”) e presentato al
War Cabinet prevedeva per gli SSN un impiego più ampio rispetto alla sola acquisizione di intelligence,
immaginando per questi mezzi la veste di “garanti” della Maritime Exclusion Zone (MEZ). Con questo termine
si fissava da parte di Londra una zona di mare interdetta ai mezzi argentini, esercitando una forma di pressione
diplomatica nei confronti della Junta guidata da Galtieri. Lo schema iniziale di manovra (destinato a cambiare
presto) prevedeva la suddivisione del teatro Sud Atlantico in quattro settori, presumibilmente incentrati sulla
congiungente Falkland-South Georgia: Spartan a nord-ovest, Splendid a nordest, Conqueror a sud-ovest e sud-
est. Il 12 aprile, all’entrata in vigore della MEZ, lo Spartan era già intorno a East Falkland, individuando dopo
poche ore la nave trasporto Cabo San Antonio intenta a minare gli approcci di Port Stanley.

La nave non venne attaccata per non influenzare le trattative diplomatiche in corso, ma fu sottoposta a
continua sorveglianza fino al 16 (compresi i periodi in cui rimase alla fonda). Da sottolineare quindi che già a
metà aprile gli inglesi sapevano dove “non effettuare” lo sbarco, mentre gli ignari argentini concentravano le
proprie difese attorno a Stanley considerandolo il punto di più probabile approccio della Landing Force. Il 16
aprile, il Conqueror raggiunse il Sud Atlantico dirigendo verso la South Georgia seguito tre giorni dopo dallo
Splendid che - a sua volta - iniziò il pattugliamento dell’area compresa tra le coste dell’Argentina e le isole
contese. Nel frattempo il Conqueror, dopo aver effettuato una ricognizione sottocosta a favore del gruppo
navale guidato dal caccia anciamissili HMS Antrim, venne riposizionato a nord-ovest della South Gerogia. Pur
trovandosi in una zona favorevole all’intercettazione del Santa Fe, soffrì un’avaria al mast di sollevamento
delle antenne TLC, non riuscendo a ricevere per tutto il 23 il previsto piano di caccia al battello argentino. Il 24
il battello inglese ricevette finalmente gli ordini, ma ormai il vecchio “Guppy“ era passato indenne.

Nelle stesse ore, nell’area di pattugliamento a Nord Ovest lo Splendid era a caccia della portaerei 25 de Mayo,
potenziale minaccia sulla Task Force 317.08 in rapido avvicinamento al sud Atlantico. Il primo (ed unico)
avvistamento della nave avvenne il 23 al largo di Puerto Belgrano, ma la situazione diplomatica ancora fluida
consigliò di non procedere all’attacco. Nei giorni compresi tra il 22 ed il 24, il War Cabinet si era concentrato
sul problema politicomilitare rappresentato dalla portaerei argentina. In estrema sintesi all’interno del
governo inglese non tutti concordavano sull’opportunità di affondare senza preavviso la più grande nave
dell’Armada, temendo che il numero di vittime e l’escalation militare sarebbero stati giudicati eccessivi
dall’opinione pubblica interna e mondiale. Naturalmente, tale punto di vista non era condiviso dalla Royal
Navy che spingeva per una rapida ed efficace soluzione del cosiddetto “Carrier Issue”. Nel frattempo. il
repentino rientro in porto il 25 della portaerei evitò ulteriori incontri con il battello inglese, che proseguì il
proprio pattugliamento ricevendo intorno al 27 le prime, ed ancora incomplete, istruzioni per la condotta in
caso di un eventuale incontro con forze argentine. Solo il giorno 30 il War Cabinet - dopo aver discusso tutti gli
aspetti legali, politici ed operativi della caccia alla 25 de Mayo (incluso un attacco alternativo contro aeroporti
sul suolo argentino) - preparò un possibile comunicato stampa da rilasciare per avvisare gli argentini delle
intenzioni inglesi. Tale comunicato sarebbe stato oggetto di una riunione il 2 maggio, ma gli eventi bellici
resero improvvisamente obsoleto il dibattito sulla caccia alla portaerei argentina.

Un “Mirage” IIIEA argentino.


Georgea Australe, fine del 1982. Recupero del sommergibile argentino Santa Fe a cura della Admiralty Salvage Section
della Royal Navy.

Il caccia lanciamissili britannico Coventry in affondamento nelle acque delle Falkland, il 26 maggio 1982.

Nel frattempo, il pattugliamento dell’HMS Splendid cominciava a dare i suoi primi frutti: infatti nei giorni
compresi tra il 26 ed 29 il battello avvistò in più occasioni il gruppo costituito dalle tre corvette argentine tipo
“A69” Guerrico, Drummond e ranville e dai due cacciatorpediniere “Type 42” (di progettazione britannica)
Hercules e Santissima Trinidad. Le tre corvette, in particolare, facendo rotta verso sud apparivano come il
gruppo di scorta ideale per la portaerei, quindi il battello inglese diresse decisamente nei settori meridionali
nonostante, per tutto il 30, avesse preso contatto in diverse occasioni con ulteriori unità (ad esempio il caccia
Commodoro Py), sperando in un rendez-vous tra le “A69“ e la 25 de Mayo. Nel frattempo, in virtù della vivace
attività argentina, e dell’entrata in vigore della TEZ (“Total Exclusion Zone” al posto della MEZ), gli SSN inglesi
erano stati disposti secondo un nuovo schema: il Conqueror a sud-est delle Falkland, lo Spartan all’interno
della TEZ, mentre lo Splendid tentava di intercettare la portaerei a nord.

La mattina del 1° maggio, dopo essere arrivato in quella che si presumeva l’area di presenza della portaerei, il
Commander (capitano di fregata) Roger Lane-Nott dello Splendid non rilevò in zona nessuna grossa unità da
guerra, ma solo contatti sonar distanti con unità minori. Dopo alcune ore di pattugliamento il battello inglese
ritornò a nord, impegnato nella ricerca di unità subacquee. La notevole presenza di unità argentine rilevata
dallo Splendid costituiva l’avvisaglia di una vasta operazione volta a contrastare l’arrivo della Task Force 317.08
all’interno della TEZ ed erroneamente creduta come la forza da sbarco britannica. In realtà, si trattava del
gruppo alle dipendenze di Woodward che aveva appena iniziato la guerra di attrito, preludio della riconquista
anfibia delle isole Falkland (Operazione “Corporate”). La 25 de Mayo, sfuggita alla sorveglianza dello Splendid,
nei giorni compresi tra il 30 aprile e il 2 maggio condusse insieme alla TF 79 il primo ed unico tentativo di
attacco alle forze navali inglesi. L’attacco aereo, programmato per il giorno 2 all’alba, dopo le audaci incursioni
dei velivoli S-2F “Tracker” il giorno 1, venne infine frustato dall’assenza di vento che impedì il lancio dei velivoli
“Skyhawk”. L’azione argentina sostenuta anche da numerosi velivoli provenienti da terra non si rivelò efficace
ma, al contrario, diede l’inizio all’evento che può essere senza dubbio considerato il punto di svolta dell’intero
conflitto: l’affondamento del vecchio incrociatore ARA General Belgrano.

Un "Super Etendard" della Marina argentina.

L’avvicinamento tra la flotta argentina e quella inglese nelle giornate cruciali del 1° e 2 maggio 1982 aveva dato
una forte accelerazione ai processi decisionali dei rispettivi governi. In particolare, il War Cabinet - grazie anche
alle intercettazioni delle comunicazioni radio argentine - fu posto di fronte all’evidenza di un possibile attacco
coordinato da parte delle forze navali, subacquee e aeree di Buenos Aires.

La mattina del 2 sia l’ammiraglio Woodward, sia il Governo di Londra avevano chiaro lo schema di manovra
argentino basato su tre gruppi: 79.2 (25 de Mayo) a nord-ovest della TEZ , 79.4 (Guerrico) a nord della TEZ per
attaccare le navi sfuggite all’attacco aereo ed infine il 79.3 (Belgrano) a sud-ovest delle Falkland per
intercettare eventuali altre navi inglesi. Si trattava, sulla carta, di un’efficace e completa manovra a tenaglia
tesa ad attaccare le forze britanniche da più direzioni. In particolare, l’intercettazione di un messaggio
dell’ammiraglio Lombardo alla flotta che prevedeva di attaccare le navi inglesi nella mattinata del 2 (prima di
un loro eventuale ritiro verso est), consentì all’ammiraglio Woodward di predisporre in maniera adeguata le
sue forze in mare, che in quel momento si trovavano divise su diverse operazioni (tiro contro costa, caccia
antisom ed inserzione di forze speciali). La situazione appariva in quel momento critica a nord della TEZ,
mancando dati specifici sulla localizzazione dei due gruppi navali argentini.

Alcune generiche indicazioni sulla posizione della portaerei, seppur prontamente passate allo Splendid e allo
Spartan, non sortirono alcun risultato utile nonostante nel corso della notte un “Harrier” britannico avesse
individuato diversi contatti radar aggiornando quindi la situazione per i due SSN. La 25 de Mayo veniva infatti
prudentemente tenuta molto a Ovest in attesa di un eventuale ordine di attacco, ma con la possibilità di
sfuggire alla caccia dei battelli inglesi portandosi in acque poco profonde.
Dettaglio della parte anteriore della fusoliera di un cacciabiombardiere "Dagger" argentino con le silhouette delle navi
britanniche colpite durante il conflitto del 1982.

Decisamente migliore era invece la situazione a sud delle Falkland, dove il Conqueror - già dal pomeriggio del
1° maggio - aveva preso contatto ravvicinato con il TG 79.3 costituito dal Belgrano, ARA Bouchard e ARA Piedra
Buena. Il vecchio incrociatore aveva lasciato la sua base il 26 con l’ordine di condurre un pattugliamento a
vasto raggio a sud del Burdwood Bank, al di fuori della MEZ/TEZ. Il maggior pericolo portato dal TG 79.3
proveniva dai missili “Exocet” dei caccia di scorta e dalle artiglierie da 6 pollici (152 mm) della vetusta unità già
statunitense. Alle 02.00 (ora locale) del 2 maggio, il Conqueror riportò la posizione del Belgrano che dirigeva
con rotta 090° allontanandosi dalle acque argentine. Il timore di Woodward era quello che il TG 79.3 potesse
usare il banco Burdwood per sfuggire all’“ombreggiamento“ da parte del Conqueror, perdendo così il contatto
con l’unico dei tre gruppi argentini al momento in mare.

La situazione si presentava quindi frustrante per l’ammiraglio inglese che, certo di un attacco aereo combinato
all’alba, poteva in virtù delle regole di ingaggio in vigore colpire i due gruppi navali nemici sui quali non aveva
informazioni, risparmiando al contempo l’unico gruppo di navi alla portata dei siluri inglesi. Alle 05.00
Woodward ruppe gli indugi e decise di “forzare la mano”, ordinando al Conqueror l’affondamento del
Belgrano. L’ordine era formalmente sbagliato ed irricevibile da parte del comandante Wredford-Brown, dato
che il battello non era alle dipendenze del TG 317.08, quindi Woodward si affrettò, meno di un’ora dopo, ad
annullare l’ordine. La scaltra mossa dell’ammiraglio inglese servì tuttavia a porre con la massima urgenza la
questione Belgrano davanti al War Cabinet: il pensiero di Woodward era che in futuro non si sarebbe potuta
ripresentar

un’occasione così favorevole per iniziare ad infliggere i primi danni alle forze aeronavali argentine. All’alba, il
TG 317.08 continuava ad attendere un attacco argentino, mentre a Londra Sir Lewin - dopo aver analizzato la
situazione con i Capi di Stato Maggiore - decideva di chiedere al War Cabinet l’autorizzazione ad attaccare
tutte le navi militari argentine (la 25 de Mayo era già stata oggetto dell’emanazione di specifiche regole di
ingaggio) al di fuori della TEZ. L’incontro con il primo ministro Tatcher si svolse ai Chequers (la sua residenza
nei giorni festivi) poco prima dell’ora di pranzo. Il brevissimo briefing (20 minuti) si concluse con la decisione di
attaccare il Belgrano tenuto conto degli eventi del 1° maggio (attività aerea argentina), e delle informazioni
disponibili grazie alle decrittazioni.
Un “Sea Harrier” FRS Mk I dello Squadron 800 della Royal Navy sul ponte di volo della portaeromobili Hermes nel 1981.

L’importante decisione venne comunicata sia al Comando della Flotta poco dopo le 12.00 (ora di Londra) sia al
ministro degli Esteri Pym, che si trovava a Washington. L’ordine di attacco trasmesso dall’ammiraglio Herbert,
del FOSM (Flag Officer, Submarines) giunse al Conqueror intorno alle prime ore del pomeriggio. Nel frattempo
la Marina argentina rinunciava alla sua manovra a tenaglia a causa del non avvenuto lancio dei velivoli
“Skyhawk” per mancanza di vento e del fermo dei velivoli delle basi terrestri per avverse condizioni meteo.
Intorno alle 04.45 l’ammiraglio Allara comunicò all’ammiraglio Lombardo l’intenzione di non perseverare
nell’azione, tuttavia solo alle 09.00 il Belgrano iniziò il suo rientro verso Isla de Los Estados. Nonostante parte
dei messaggi scambiati tra le forze argentine fossero stati intercettati, la loro tardiva decrittazione e
distribuzione nei briefing di intelligence non permise un corretto aggiornamento di situazione da parte inglese.
L’ammiraglio Woodward rimase in attesa delle forze argentine per tutta la giornata di domenica 2 maggio,
riportando sul proprio diario l’impressione che gli argentini avessero rinunciato all’attacco diretto sul TG
317.08, tuttavia scelse prudentemente di mantenere le portaerei inglesi abbastanza ad est per evitare
spiacevoli incontri con “Skyhawk” e “Super Etendard”. Alle 14.00 il Conqueror riportò al FOSM la posizione del
Belgrano ed il suo cambiamento di rotta verso Isla de Los Estados, e - contestualmente - venne informato del
cambiamento delle regole di ingaggio.

O
L’incrociatore argentino General Belgrano a Ushuaia nei primi mesi del 1982, nell’imminenza dello scoppio del conflitto
delle Falkland/Malvinas.
A bordo del Conqueror il comandante Wreford-Brown aveva diligentemente seguito i movimenti
dell’incrociatore argentino, che si muoveva ben al di sotto della TEZ (18-25 miglia). Alle 14.00 il Conqueror,
come già detto, ricevette una lunga serie di ordini ed informazioni. Dopo aver ultimato la ricezione dell’intera
trasmissione, Wreford-Brown attese il successivo “appuntamento” delle ore 17.00 per accusarne ricevuto,
confermare la corretta interpretazione degli ordini e segnalare l’intenzione di procedere all’attacco. Data la
vicinanza con il “Gruppo Belgrano” e la sua superiore velocità in immersione, il Conqueror poté effettuare la
manovra di avvicinamento con relativa calma impiegando quasi due ore per raggiungere la posizione di attacco
al traverso a sinistra dell’incrociatore argentino, che zigzagava alla velocità di circa 13 nodi. Alle 18.13 Wreford-
Brown iniziava la definitiva manovra di avvicinamento al bersaglio, ultimata alle 18.57 con il lancio a 1.300
metri di una salva di tre siluri MK 8. La vecchia arma, risalente alla seconda guerra mondiale, venne preferita ai
nuovi siluri filoguidati “Tigerfish” in virtù di una maggiore quantità di esplosivo. Dei tre siluri lanciati, due
colpirono il General Belgrano a prora e a poppa, mentre un terzo colpì - senza tuttavia esplodere - l’ARA
Bouchard che si trovava sul suo lato dritto. Pochi minuti dopo le due esplosioni, il Conqueror fu sottoposto a
un’intensa, ma infruttuosa, azione con bombe di profondità da parte delle unità di scorta, innescata dal forte
colpo “a scafo” percepito dal personale del Bouchard. Alle 19.30 il Conqueror comunicò a Northwood la
posizione dell’attacco (circa 87 miglia a sud.est di Islas de Los Estados) ed il suo esito positivo. I siluri inglesi
uccisero quasi sul colpo circa 270 marinai intrappolati nei settori poppieri dell’unità, mentre i rimanenti 850
cercarono la salvezza sulle zattere di salvataggio, lanciate a mare circa 20 minuti dopo l’attacco. A causa del
malfunzionamento dell’impianto elettrico, il capitano di vascello Bonzo - comandante del Belgrano - non riuscì
ad inviare alcun messaggio di soccorso, ritardando l’arrivo dei mezzi di salvataggio: il maltempo ed il freddo
contribuirono a mietere ulteriori vittime.

Il General Belgrano verso la fine degli anni Settanta. Si notino il radar di scoperta aerea “LW.03” di produzione olandese, il
nuovo disegno della plancia comando e la presenza, sul lato dritto, di una delle due piazzole ove è sistemata una rampa
per missili antiaerei a breve raggio “Seacat”.
Solo 40 minuti più tardi il Bouchard, inconsapevole dei danni subiti dal Belgrano e di ritorno dalla caccia al
battello inglese, emise un primo messaggio che indicava che l’incrociatore era alla deriva senza comunicazioni.
Un’ora dopo questi eventi una pattuglia aerea giunse sul luogo del disastro con l’obiettivo di individuare il
Conqueror, che tuttavia si era già allontanato verso est. Intorno alla mezzanotte, i comandi argentini si resero
pienamente conto del disastro inviando tre navi di soccorso, che tuttavia giunsero in zona solo il giorno 3, nel
pomeriggio. Le operazioni di soccorso, prolungatesi fino al 5, coinvolsero numerose unità sia argentine sia
cilene, ma dei 1.093 marinai imbarcati sull’incrociatore, ben 323 non fecero ritorno dalle gelide acque del Sud
Atlantico.

Nel frattempo, a bordo del Conqueror, dopo l’affondamento del Belgrano e il riuscito allontanamento, il
comandante Wreford-Brown si preparava a riprendere la caccia alle rimanenti unità del TG 79.3 nella zona
compresa tra il Banco Burdwood e la Isla de los Estados.

Dopo un giorno di ricerche infruttuose, alle 01.45 del 4 maggio il Conqueror indicò le sue intenzioni di
ritornare nella zona dove aveva condotto l’attacco al Belgrano, ma alle 09.34 l’ammiraglio Herbert sentì la
necessità di ribadire che le navi argentine impegnate nei soccorsi non dovevano essere affondate. Nel corso
del suo pattugliamento, il Conqueror intercettò l’ARA Bahia Paraiso, uno o due cacciatorpediniere ed il
rimorchiatore Gurruchaga impegnati nei soccorsi, quindi in ragione degli ordini ricevuto monitorò la
situazione senza condurre ulteriori attacchi. Tra il 4 ed il 5 maggio, infine, il Conqueror venne ridislocato a Nord
all’interno della TEZ. Alcune settimane dopo il battello ritornava a Faslane con il “Jolly Roger” a riva, segno
antico ed inequivocabile di vittoria sul mare, ed il suo comandante veniva decorato con il “Distinguished
Service Order”.

La piú nota delle poche foto che illustrano l´affondamento dell´incrociatore argentino General Belgrano.

Già dal giorno 4 appariva chiaro come la 25 de Mayo si fosse ritirata nei settori ovest, molto distante dalla TEZ,
mentre il Bouchard sbarcava i sopravvissuti del Belgrano e conduceva le riparazioni dovute all’impatto con il
terzo siluro inglese. L’affondamento del General Belgrano garantì alla Royal Navy, in una sola azione di poche
ore, il dominio del mare nel Sud Atlantico, presupposto fondamentale (seppur non sufficiente) per
l’effettuazione dello sbarco anfibio. I successivi eventi, quali l’affondamento dell’HMS Sheffield lo stesso giorno
4, dimostrarono tuttavia la necessità di fare i conti con le forze aeree argentine, i missili “Exocet” e le bombe a
caduta libera.

Un velivolo A-4Q "Skyhawh" dell´aviazione della marina argentina a bordo della portaerei 25 de Mayo.

Questa situazione determinò un nuovo impiego degli SSN inglesi che furono tutti impegnati (salvo il
Conqueror) fino alla fine del conflitto per sorvegliare le basi aeree nel Sud dell’Argentina, costituendo una rete
di early warning sulle partenze di “Skyhawk”, “Dagger” e “Super Etendard”. In particolare, furono sottoposte a
stretta sorveglianza le basi di Rio Gallegos e Comodoro Rivadavia con lo Spartan, di San Antonio con lo
Splendid (rilevato poi dal Courageous) e di Rio Grande con il Valiant. Le attività di sorveglianza da parte degli
SSN si concretizzavano in un anticipo di circa 45 minuti sull’effettivo arrivo dei cacciabombardieri argentini
sulla Task Force. In mancanza di un vero e proprio sistema avio-portato di avvistamento a distanza, le
segnalazioni dei sottomarini inglesi si rivelarono preziose nella gestione dei continui attacchi aerei argentini
anche se, in più di una occasione, i battelli inglesi si ritrovarono involontariamente nella zona di sgancio delle
armi non impiegate degli aerei argentini, posta lungo la rotta di rientro verso gli aeroporti.

L’impiego dell’HMS Onyx è uno degli argomenti su cui è stato mantenuto nel corso degli anni il maggior
riserbo. Approntato in ritardo rispetto alle unità nucleari, il suo transito verso la zona di operazioni iniziò solo il
26 di aprile arrivando quindi nella TEZ il 28 maggio. Le frammentarie notizie disponibili permettono di
confermare la volontà della Royal Navy di impiegare il battello per infiltrare un gruppo di 24 operatori del SAS
(probabilmente imbarcati durante la sosta ad Ascensione) nelle vicinanze della base aerea di Rio Grande, con il
compito di distruggere i velivoli “Super Etendard” e le relative dotazioni di missili “Exocet”. Questo piano (44)
era in sostanza l’alternativa alla più famosa “Operation Mikado” che si sarebbe dovuta svolgere con
un’incursione tramite velivoli da trasporto. Nel corso di una prima ricognizione dell’area di operazioni, il
battello - tuttavia - avrebbe avuto un incidente toccando il fondo, non riportando peraltro avarie in grado di
comprometterne l’impiego bellico (45). Successivamente il battello fu impiegato per effettuare un rehearsal
(simulazione) dell’operazione nella baia di San Carlos, e l’aliquota di SAS presente a bordo effettuò la prova di
sbarco con gommoni sotto la supervisione degli esperti dell’SBS. Cessata l’esigenza sulla terraferma argentina,
le forze speciali imbarcate sull’Onyx trovarono impiego nella zona di Port Stanley in una data imprecisata,
durante l’avvicinamento delle truppe inglesi alla principale piazzaforte argentina. L’unica azione confermata
del battello inglese è il siluramento, il 25 giugno, dello scafo ormai irrecuperabile della nave da sbarco HMS Sir
Galahad. Tenuto conto dell’autonomia totale dell’Onyx (circa tre mesi) non si può escludere che il battello
abbia compiuto ulteriori azioni (46) “testimoniate” dal rientro in Inghilterra con il “Jolly Roger” a riva
(arricchito da un pugnale) dopo 117 giorni di campagna di guerra.

Lezioni e conseguenze militari del conflitto

Il repentino impiego dei poderosi e veloci SSN permise al governo di Londra di avere a disposizione uno
strumento di grande valore diplomatico e militare da impiegare nella Maritime Exlusion Zone (MEZ). Un
governo meno avventato ed ideologizzato della Junta argentina sarebbe sicuramente ritornato sui suoi passi
o, in alternativa, avrebbe affrontato con maggior vigore i preparativi di una campagna militare che iniziava a
delinearsi in maniera drammatica. Fu un SSN a scoprire il minamento di Port Stanley già il 12 aprile, fornendo
ai pianificatori britannici una chiara indicazione su dove “non effettuare” lo sbarco anfibio. La nave argentina
non venne attaccata, ma solo sorvegliata. Con il senno di poi, una repentina e cruenta azione inglese avrebbe
forse potuto interrompere da subito il conflitto. Tuttavia, i tempi non erano maturi: un atteggiamento simile fu
tenuta dagli argentini, che autorizzarono il San Luis ad ingaggiare bersagli solo il 29 aprile, “sprecando” di fatto
il suo impiego bellico per almeno una settimana. Da notare che non esistono documenti su un’eventuale
collaborazione tra le forze aeree argentine ed il San Luis che - da parte sua - avrebbe potuto “vettorare”
(guidare) gli attacchi dei cacciabombardieri. Al contrario, gli SSN inglesi - dopo il ritiro della Marina argentina
nei porti successivo all’affondamento del Belgrano - costituirono un’efficiente rete di controllo “aereo” che
permetteva di individuare i decolli dei velivoli argentini dalle basi ubicate lungo la costa.

Sull’impiego delle forze speciali lanciate da sommergibili non ci sono molti dati a disposizione, ad esclusione
delle note e rocambolesche “avventure” del Santa Fe. Della controparte inglese si conoscono alcune ipotesi di
pianificazione (Onyx e Conqueror), ma i contorni precisi dell’impiego dei battelli quali vettori di uomini dell’SBS
rimangono incerti. Se gli SSN si sono confermati i “padroni degli abissi”, non bisogna dimenticare le operazioni
di San Luis, Santa Fe e Onyx (a propulsione convenzionale) da cui si possono trarre cinque importanti lezioni:

1. Un sommergibile è fatto per stare sott’acqua. Una volta perduta la sua stealthness (invisibilità) è facile preda
di qualsiasi avversario;

2. Un battello convenzionale, anche non al massimo delle sue prestazioni, è in grado - in acque basse - di
sfuggire a cospicue forze antisom;

3. I sommergibili convenzionali sono in grado di operare anche a notevole distanza dalle proprie basi e per
lunghi periodi di pattugliamento, ma non possono cambiare velocemente zona di agguato;

4. L’acquisto di mezzi moderni non garantisce un loro impiego proficuo se mancano adeguate strutture di
supporto e validi programmi di addestramento;

5. L’impiego di mezzi tecnicamente “superati” può avvenire solo in condizioni di scarso contrasto.

L’invulnerabilità del San Luis confermò (se mai ce ne fosse stato bisogno) la potenziale letalità dei sottomarini
convenzionali anche nei confronti di flotte di superficie moderne ed addestrate. Oggi, a 30 anni, da quel
sanguinoso conflitto, le questioni politiche nel sud Atalantico sono rimaste sostanzialmente insolute, ma sono
oltre quaranta le Marine che impiegano i piccoli, letali e relativamente “economici” battelli convenzionali a
propulsione dieselelettrica o A.I.P.

Note

(1) L’autore ha scelto di presentare per ogni episodio la versione più accreditata, fornendo però in nota anche le altre
versioni degli stessi avvenimenti. Per gli aspetti generali di quel conflitto si veda anche N. De Felice, Il gioco delle alleanze
durante il conflitto delle Falklands/Malvinas in “STORIA militare” n. 73 - ottobre 1999 (n.d.r.).

(2) Secondo lo storico Robert Scheina, esistono avvistamenti delle Falkland risalenti ai viaggi di Magellano nel 1520, che
determinarono l’inserimento delle isole nelle carte nautiche spagnole a partire dal 1529. Si veda Robert L. Scheina, Ibero
America. Una Historia Naval 1810- 1987, Madrid, Editorial San Martin, 1987.

(3) Già dal 1971 il Governo Heath aveva concesso agli argentini un Communication Agreement per ristabilire collegamenti
aerei e marittimi tra le isole e il continente. Ulteriori estensioni dell’accordo vennero bloccate dagli inglesi a causa della
richiesta argentina di discutere la sovranità delle isole. Si veda M. Thatcher, op. cit., pag. 152.

(4) L’idea inglese era di stabilire buoni rapporti con l’Argentina pur salvaguardando lo stile di vita degli abitanti delle
Falkland, in maggioranza di origine britannica.

(5) Nel gioco diplomatico intessutosi intorno alle vicende preconflitto, una parte importante venne giocata
dall’atteggiamento pro-argentino dell’ambasciatrice statunitense all’ O.N.U. Jeane Kirkpatrick. Si veda M. Thatcher, op.
cit.

(6) La decisione americana di sviluppare il missile strategico “Trident” pose la Gran Bretagna nella condizione di dover
finanziare la costruzione di una nuova serie di sottomarini nucleari. Questo nuovo programma sarebbe stato affrontato
riducendo le rimanenti componenti della Royal Navy, stante la precaria situazione dell’economia britannica. Il piano di
riduzione del naviglio presentato da John Nott, prevedeva la vendita dell’Invincible e della Hermes (una volta sostituite
dalle altre due “tuttoponte” in approntamento) e di altro naviglio da combattimento di superficie. Le dure lezioni apprese
durante la guerra causa rono poi la completa revisione del “piano Nott”. Si veda M. Thatcher, op. cit. e A. Santoni, Da
Lissa alle Falkland. Storia e politica navale dell’età contemporanea, Mursia, Milano, 1987.

(7) L’analisi strategica della Junta Galtieri deve essere considerata poco lungimirante alla luce dell’atteggiamento tenuto
dagli inglesi nel 1976. In quell’anno un’iniziativa militare argentina nelle isole Sandwich determinò la rottura delle
relazioni diplomatiche tra i due paesi e l’invio nell’Atlantico del Sud di due fregate e un sottomarino nucleare. Questa
ridislocazione è di fatto la prima operazione subacquea in quelle acque nel secondo dopoguerra

(8) Si veda Robert L. Scheina, op. cit., pag. 423.

(9) Si veda Harper, Steven R., op. cit.

(10) Si tenga presente che una buona aliquota di personale sommergibilista argentino era in Germania per seguire
l’allestimento delle nuove costruzioni. Ciò a maggior riprova della inconsapevolezza delle Forze Armate argentine del
piano d’invasione predisposto dalla Junta Militar formata dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Galtieri, da quello della
Marina Jorge Isaac Anaya e quello dell’Aereonautica Dami Lozo.

(11) La componente di deterrenza nucleare basata su sottomarini lanciamissili non è di interesse in questa trattazione in
quanto non partecipò in nessuna fase alle vicende del conflitto. L’impiego di armi atomiche venne escluso in via
preliminare da Margareth Tatcher nel corso della prima riunione del War Cabinet il 2 aprile 1982. La propaganda
argentina, tuttavia, riportò sui principali giornali nazionali la notizia che tale opzione fosse stata minacciata dal Primo
ministro inglese. Si veda Freedman, L., op. cit.

(12) La storiografia ufficiale inglese riporta come partenza il 1° aprile. Si veda M. Thatcher, op. cit., e A. Tani, Guerra
Fredda sui sette mari, Supplemento alla “Rivista Marittima”, Roma, 2001.

(13) Alcune fonti giornalistiche ipotizzano l’infiltrazione della squadra di SBS nella porzione nord della South Georgia. La
storiografia ufficiale inglese riporta questo evento solo come un’idea valutata in fase di pianificazione. Si veda Freedman,
L., op. cit.

(14) La Fuerca Operativa 40 era comandata dall’ammiraglioAllara, dipendente dall’ammiraglio Lombardo a Puerto
Belgrano che dipendeva a sua volta in linea diretta dalla Junta militare con sede a Buenos Aires. Si veda M. Middlebrook,
op. cit.

(15) Bóveda, Jorge R., El bautismo de Fuego del ARA Santa Fe, in “Todo es Historia”.

(16) Ibidem.

(17) I contorni di questa vicenda sono molto sfumati. La decisione dell’invio del Santa Fe viene attribuita da Freedman
direttamente a Lombardo, quale “aiuto” agli uomini della Marina bloccati in South Georgia. Middlebrook insiste invece su
una decisione di Anaya. Questi voleva rafforzare Grytviken con il minimo di uomini necessari per attuare una simbolica
resistenza ed arrendersi con “onore” agli inglesi qualora fossero giunti con forze soverchianti. L’idea di Anaya era che la
riconquista della South Georgia avrebbe soddisfatto le ambizioni militari inglesi e li avrebbe riportati al tavolo delle
trattative.

(18) Dopo aver lasciato Mar de Plata, il Santa Fe rimase per 5 ore senza alimentazione davanti alla base da cui era appena
partito. Dei 4 motori termici in dotazione ben 3 andarono in avaria per 15 ore durante il trasferimento fino a Grytwiken.

(19) Da notare che già dai primi giorni di navigazione il battello era costretto ad emergere per ricaricare le batterie.

(20) Comando Fuerca Submarina (Comando delle Forze Subacquee).

(21) La forte determinazione inglese contro il Santa Fe si evince sia dalle blande misure adottate per evitare un ingaggio
(anche il Conqueror avrebbe potuto emergere di notte per un’avaria) e dal fatto ch,e nonostante il Task Group 317.9
avesse limitate capacità antisom, si sperava di forzare il Santa Fe a usare lo snorkel e fornire una chance per i siluri del
Conqueror.

(22) Si veda L. Freedman, op. cit., pag. 258.


(23) Altre fonti lo riportano invece come un insegnante con ottima reputazione alla Scuola Sommergibili della Marina
Argentina.

(24) L’episodio è il sintomo delle modalità sbrigative di approntamento del San Luis.

(25) Freedman, op. cit., pag. 219.

(26) La stampa argentina enfatizza questo aspetto per spiegare il motivo del fallimento dei lanci del San Luis. Tuttavia,
preme sottolineare che la guida manuale di un siluro conduce sicuramente all’impatto dell’arma se accompagnata da un
corretto funzionamento del sonar del sommergibile (che fornisce la direzione su cui indirizzarlo), dell’acciarino della testa
in guerra e da un’adeguata impostazione dell’approccio al bersaglio (a prescindere dai calcoli automatici del punto
futuro).

(27) Fonti britanniche riportano tuttavia che nessuna delle due navi ebbe sentore dell’attacco, quindi potrebbe trattarsi di
un incontro fortuito causato dal dispositivo antisom già alla ricerca del San Luis.

(28) Si tratta di capsule che, lanciate in acqua, generano un “muro” di bolle d’aria in grado di “coprire” la traccia sonar del
battello.

(29) La pubblicistica argentina riporta anche una versione meno cruenta dei fatti in cui il com.te Azcueta diresse il San
Luis sui bassi fondali per evitarne la scoperta. Quindi, secondo questa versione, nessun attacco con bombe di profondità
venne subito dal battello argentino. Si veda Jorge Boveda, Uno contra Todos, op. cit.

(30) Anche questa fase del pattugliamento del San Luis è descritta sulla stampa argentina con una versione diversa. Il
battello, pur con l’ordine di dirigere alla massima velocità nella zona dello Sheffield, non vi giungerà mai avendo ricevuto
dopo poche l’annullamento dell’operazione in area “Isabel”.

(31) Si veda L. Freedman, op. cit., pag. 218.

(32) Ibidem, pag. 308.

(33) I problemi di vibrazione de Salta e quelli di lancio del San Luis erano erroneamente valutati dall’intelligence inglese
come comuni ad entrambe le unità. L. Freedman, op. cit.

(34) Ibidem, pag. 278.

(35) Normalmente le esercitazioni di lancio vengono svolte con siluri dotati di “teste da esercizio”, del tutto simili a quelle
“in guerra” in cui l’esplosivo è sostituito da una serie di registratori che permettono l’analisi tecnica dell’attacco.

(36) Il vice ammiraglio Lombardo, che ricopriva l’incarico di Comfuersub nel 1977, fu contattato dall’allora Capo della
Flotta Anaya per valutare le possibilità dei nuovi battelli argentini contro i sottomarini britannici. Lombardo in successive
interviste sostenne che Anaya aveva in mente la conquista delle Falkland già da quell’epoca, ma arrivò a far parte della
Junta solo nel 1981. Si veda Martin Middlebrook, The Argentine Fight for the Falklands, Pen & Sword Military Classics,
2003.

(37) Vicealmirante (R) José Antonio Mozzarelli, Nuestra Fuerza de Submarinos: una vieja falencia de nuestro poder naval
in “Revista Argentina de Estudios Estratégicos” n. 18.

(38) Si veda Woodward, Sandy, op. cit.

(39) Un’analisi speditiva sulle distanze in gioco rivela come la scelta di Ascensione permettesse ai britannici di condurre, al
riparo dai siluri argentini, le indispensabili operazioni logistiche della flotta. I timori inglesi si concentravano invece su un
assalto di uomini rana trasportati da mercantili, sebbene la presenza di strutture americane sull’isola non deponesse a
favore di quest’ultima ipotesi.

(40) È opinione della storiografia inglese, e dello stesso Woodward, che la perdita di uno dei suoi “aeroporti galleggianti”
avrebbe causato il ritiro dalle operazioni nell’impossibilità di garantire la copertura aerea (già piuttosto risicata) dello
sbarco anfibio.
(41) Anche la fallita operazione “Algesiras”, sebbene autorizzata direttamente da Anaya e tentata da un gruppo di quattro
“uomini rana” contro le navi inglesi nella rada di Gibilterra, appare come un tentativo isolato di creare un grosso diversivo
piuttosto che un elemento di una strategia globale di contrasto alla Royal Navy. Da notare che la tecnica di impiego di
mine con nuotatori, il materiale bellico (mine italiane) e il camuffamento da pescatori ricordano in molti punti le imprese
della Regia Marina nella seconda guerra mondiale. Non si può escludere quindi che l’operazione abbia subito l’influenza
dell’addestramento degli uomini rana argentini iniziato negli anni Cinquanta grazie all’opera del com.te Eugenio Wolk
della Decima Mas. Si veda www.guardian.co.uk del 24.07.2004.

(42) Un solo lancio riuscito. Si veda Bóveda, Jorge, op. cit.

(43) Si veda Jim Ring, We Come Unseen: the Untold Story of Britain’s Cold War Submarines, Faber and Faber, 2002.

(44) Si veda L. Freedman, op. cit.

(45) Questo avvenimento, secondo altre fonti, avvenne invece dopo il 30 maggio in vicinanza di Port Stanley. Si veda Jim
Ring, op. cit.

(46) Si veda David Reynolds, Task force: The illustrated History of Falklands War, pag. 193 - 201.

Bibliografia

Bonsignore, Ezio, Dure lezioni dall’Atlantico Meridionale in Rivista Italiana Difesa” n. 1 - sett./ott. 1982.

Bóveda, Jorge R., El Secreto del ARA Salta in “Todo es Historia” n. 417, aprile 2002.

Id., Uno contra Todos in “Todo es Historia”, s.d.

Id., El bautismo de Fuego del ARA Santa Fe in “Todo es Historia”, s.d.

COFS, Los submarinos en el conflicto de Malvinas in “Revista de Pubblicaciones Navales”, 2007.

Freedman, Lawrence, The Official History of the Falklands Campaign. Vol.II War and Diplomacy. Routledge,
Londra, 2007.

Giorgerini, Giorgio, Aspetti marittimi della Guerra Fredda, Supplemento alla “Rivista Marittima”, Roma, 2001.

Harper, Steven, Submarine operations during the Falklands War, Newport R.I., Naval War College, giugno
1994.
Mazza, Ugo, Falkland/Malvinas in “Rivista Italiana Difesa” n. 2 - novembre 1982.

Middlebrook, Martin. Operation Corporate. The Falklands War, 1982. London, Viking, 1985.

Otero, Martin, Los Submarinos y la Guerra de Malvinas, su www.podernaval.com

Poddighe, Gian Carlo, Le conseguenze della guerra delle Malvine. Una realtà quasi sconosciuta: la Marina e le
FF.AA. Cilene in “Rivista Italiana Difesa” n. 11 - dicembre 1983.

Saladino, Giovanni, Falkland e Libano 1982. Considerazioni e ammaestramenti, Supplemento alla “Rivista
Marittima”, Roma, 1996.

Santoni, Alberto, Storia e politica navale dell’ultimo cinquantennio, Roma, Ufficio Storico Marina Militare,
2001.

Scheina, Robert L., ‘Where Were Those Argentine Subs?’ in “U.S. Naval Institute Proceedings”, marzo 1984 e
The Malvinas Campaign, maggio 1993.

Sciaroni, Mariano, POSSUB - HMS Splendid, www.elsnorkel.com.

Thatcher, Margaret, Gli anni di Downing Street, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1993.

Turrini, Alessandro, Almanacco dei sommergibili, Tomi 1/2, supplemento alla “Rivista Marittima”, Roma,
2002/03.

Wilbur, Charles, Remember the San Luis! in “U. S. N. I. Proceedings”, marzo 1996.

Woodward, Sandy, One Hundred Days. Memoirs of the Falklands Battle Group Commander, Bluejacket Books,
1997.

Potrebbero piacerti anche