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Storia economica (Lezione 13-04)

I temi economici che portano alla crisi del 29 sono tutti legati al modo in cui si fuoriuscì
dalla WWI. Dopo la WWI vi furono oltre 180 miliardi di danni materiali oltre che 40 milioni
di morti diretti e indiretti nel conflitto. Di fatto la guerra aveva portato un’interruzione e
disorganizzazione delle relazioni internazionali della 1° globalizzazione, giacché si era
tornati al protezionismo e al forte controllo statale: tutto ciò che si era liberalizzato viene
messo al servizio del governo. L’Europa perde la sua centralità e quindi si determina un
blocco delle relazione extraeuropee oltre intraeuropee.
Lo sconvolgimento maggiore fu sul mercato dei prodotti agricoli: la guerra aveva creato
una grande sovrapproduzione agricola in paesi che fornivano risorse ai paesi più militari. Al
termine della guerra il di più per essere smaltito comportò svalutazioni continue dei
prodotti al fine di essere più competitivo.
Vi fu un’alterazione dei circuiti finanziari, ovvero mutano le traiettorie dei flussi di capitale
internazionali: se prima l’Europa forniva il resto del mondo, ora sono gli USA a diventare
creditori di tutti i paesi che necessitavano (11 paesi sono debitori diretti degli USA). Questa
condizione irrigidì i commerci giacché molti paesi presero come priorità assoluta il dover
estinguere debiti con gli USA. Non essendoci poi GS, molti stati iniziarono ad emettere
troppa moneta, con la conseguenza di svalutarla.
I modi con cui si cercò di risolvere i problemi della WWI furono più dannosi della guerra
stessa, portando poi al punto di deflagrazione ovvero la crisi del 1929, che oltre della Borsa
americana fu anche finanziaria, economica e sociale.
Tra le cause troviamo la disordinata organizzazione del nazionalismo economico; ad
esempio, con lo smantellamento dell’impero austro-ungarico aveva iniziato a creare dei
forti conflitti che fecero insorgere nazionalismi. Fu uno smembramento che svantaggiò i
paesi posti a tavolo nei trattati di Versailles, che di fatto abolì un sistema di libero scambio
che aveva facilitato le relazioni economiche all’interno dell’Europa centrale; esso creò
delle politiche mercantiliste, dal protezionismo sfrontato volto a danneggiare il vicino.
Questi tipi di disordini etno-economici si accompagnano ad un disordine finanziario e
monetario, che può essere riferito a tre elementi tra loro connessi:
1. Insensata spirale tra debiti di guerra (tanto dei vinti che dei vincitori) e i debiti per
riparare le economie interne. Il problema era forte perché gli USA, ovvero i
creditori, volevano subito ritornare alle loro risorse pre-guerre.
2. L’iperinflazione tedesca, che tocca dalle 2-3 cifre di percentuale. Era insomma una
inflazione senza controllo che comunque non riuscì a riportare nessun valore alla
moneta tedesca: il marco tedesco era diventato completamente privo di valore.
3. Illusoria convinzione di poter tornare al sistema Gold standard, un’illusione
pericolosa, in quanto esso era impossibile da poter realizzare nuovamente nelle
intemperie degli anni Venti.
Insomma, i disordini finanziari e monetari sono frutto di grandi errori. Keynes nel 1919
pubblicò “Le conseguenze economiche della pace” in cui egli affermava che perseguire i
paesi perdenti post-guerra avrebbe portato a conseguenze peggiori rispetto a quelle che
già aveva portato la guerra.
Gli anni Venti sembrano molto evanescenti nel cercare di tracciare una linea conduttrice
della storia economica; era naturale che ci fosse espansione, poiché una domanda
compressa per 4 anni non poteva che esplodere nel primo periodo; tuttavia, i suoi problemi
di fondo fecero sì che il sistema si bloccasse alla metà degli anni Venti, dopo la quale vi fu
un nuovo breve periodo di espansione, durante il quale gli USA si illusero che vi si sarebbe
avuta una ripresa, fermata nuovamente dalla crisi del ’29.
Questi processi si determinano con un carattere nervoso nella società: alla colonna sonora
sociale “swing” si contrapponeva sempre un elevatissimo tasso di disoccupazione.

Disordini finanziari e monetari


Il GS diventa un mito: tutti volevano un suo ritorno, ma esso era destinato ad essere
accantonato, nella forma vista nel secondo Ottocento. Esso non poté determinarsi per via:
- Sommovimento delle monete: il GS funzionava bene poiché era forte la moneta
centrale su cui si fondava, ovvero la sterlina. Questa tenterà di ritornare a ciò ma era
oramai una moneta monca, con grande affanni. Per cui, la sterlina divenne debole.
- Le variabili del GS puro non si muovono più secondo gli intendimenti dei
sostenitori del GS. Il GS era una politica tendenzialmente deflazionista, che tende a
mantenere il valore delle singole monete, al fine di avere una stabilità tra di esse.
Affinché una politica tendenzialmente deflazionista ci sia non vi devono essere
spinte che minano la stabilità tra le monete. Uno dei fattori che favorì il GS era il
disinteresse degli scopi politici sulle monete e sulla finanza; dopo la WWI le
politiche economiche si intromisero nelle questioni monetarie per dare ascolto alle
istanze provenienti dal basso (per es., dare pensioni ai soldati contadini tornati dalla
guerra) al fine di evitare i radicalismi politici, che soprattutto in quegli anni si
formavano sia a destra che a sinistra (come il fascismo, detto da Gramsci come
“movimento politico reazionario di massa”). I sistemi censitari anche cambiano,
sebbene il diritto di voto ancora non è di tutti. La società è in tumulto e si hanno
continui scioperi, scese in piazza. Insomma, l’ordine sociale da ristabilire rendeva
impossibile considerare come fine centrale il risanamento della bilancia economica,
e quindi, una politica deflazionista.
Il mercato del lavoro diventa una variabile indipendente e diventa rigido nel determinare i
salari, che tendono ad aumentare e non diminuire: questo è sicuramente un contraccolpo
per lo Stato. I salari, tra l’altro, erano contrastati da chiunque, dal partito socialista-
comunista ma anche popolare di Sturzo.
- La necessità degli Stati di creare un sistema di Welfare. In particolare, dopo la
guerra inevitabilmente lo Stato esercita più controllo sull’economia, diventa meno
leizzes fare, cosa che va contro il sistema del GS.
Insomma, si ha contrapposizione moneta-moneta del secondo Ottocento e moneta-
politica del periodo post-WWI.
Nonostante tutte queste considerazioni vi era una grande illusione che il GS potesse
tornare in auge. Tale illusione è testimoniata dalla volontà della UK di ritornare alla sua
vecchia centralità finanziaria pre-guerra. Ella insomma compì la scellerata scelta di tentare
di far tornare alla parità aurea la sua moneta. Ma la moneta della sterlina era ancora forte
abbastanza per fare ciò? E sono le banche disposte a fare ciò?
La sterlina si rivaluta alla parità aurea anteguerra. Al contrario, la Francia vede il suo franco
andare al ribasso (meno once d’oro per una moneta). Anche il dollaro fa questo. Si crea una
competizione tra le monete che valgono meno oro: se le monete costano meno anche le
loro merci sono più accessibili, per cui si scelsero monete più “deboli” (dollaro, franco
francese) rispetto a quelle più costose (sterline), considerando le minori disponibilità di
tutti i paesi post-guerra. Se prima della guerra le risorse auree erano appannaggio quasi
esclusivo della banca inglese, ora esse sono contenute nella Federal Reserve americana e
nella banca francese e la loro nolontà di cooperazione fa sì che non si crei una stabilità
con la banca inglese: insomma, l’Inghilterra perde moltissima forza e le risorse auree
diventano stagnanti, nel senso che chi ha oro lo tiene esclusivamente per sé.
La conferenza di Genova del 1922 rese il tutto molto chiaro. La UK propose il ritorno al GS
sebbene non vi fosse tanto oro quanto ve ne fosse necessario. Si venne quindi a proporre il
Gold Exchange standard, secondo cui si attribuisce valore maggiore alla moneta forte: si
doveva muovere non più oro, ma moneta forte, che aveva valore equivalente. Ovviamente
il problema era chi dovesse essere moneta forte: gli US non riconobbero in essa la sterlina.
Il fallimento di tale sistema fu quanto mai evidente nel primo sciopero inglese del 1931,
che portò all’abbandono da tale sistema.
Al contrario, la quota 90 fascista, che sopravvalutò la lira italiana, portò all’autarchia e alla
chiusura dei confini internazionali.
Il tutto era comunque derivato dalla scellerata decisione degli USA di essere subito
ripagata del credito fornito durante la guerra. Essa chiese a UK e Francia il risarcimento e
queste, non sapendo come fare, a loro volta chiesero forti risarcimenti alla Germania che,
non sapendo come fare, irresponsabilmente non poté altro fare se non coniare nuova
moneta, che però comportò una svalutazione assoluta della moneta tedesca. Il fallimento
economico della Repubblica di Weimar comunque ebbe come conseguenza diretta nel
favorire l’insorgere del nazismo.

Ricapitolando i motivi che non permisero il ritorno al GS:


- Manca cooperazione tra i centri monetari.
- C’è una cecità inglese, ovvero la sua presunzione di poter ritornare in un ruolo
centrale nel sistema finanziario mondiale, dato l’ostacolo oltreoceano degli Stati
Uniti, i quali non vogliono essere centro del mondo e allo stesso tempo non
vogliono perdere il vantaggio di essere il paese meno economicamente toccato
dalla guerra; essi non vogliono che parte delle loro ricchezze siano usate ad oleare il
sistema economico-finanziario internazionale.
- I capitali si depauperano a livello internazionale.
Tutto questo avvenne esattamente in senso opposto dopo la WWII, per cui dopo di questa
si ebbe “miracolo economico”.
L’Inghilterra, nella sua pretesa di ritornare in auge finanziaria, aveva dimenticato che i fatti
economici dovevano essere depoliticizzati per avere il GS. Al contrario, gli US politicizzano
fortemente tutti i fatti economici-finanziari: queste posizioni antitetiche tra loro
incomunicabili fecero saltare la cooperazione internazionale economica, che tra l’altro
durante il GS non era neanche una “norma”, nel senso che non si era posto per iscritto ma
tutti la volevano e quindi la rispettavano. Ma proprio questa politicizzazione condusse
all’avvio di grande sventure.
Il GES dura molto poco ma nonostante questo crea disastri, in quanto il mancato
funzionamento del sistema era dovuto a cause non risolvibili con decreto tra cui: impatto
della guerra; il mancato interesse da parte di Francia e US della ripresa del mercato
internazionale; ingovernabilità politica dell’indebitamento internazionale che si traduce
nel progressivo prosciugamento dei capitali americani in Europa che in ultima istanza non
erano davvero europei, ma dovevano tornare a casa; rigidità e aumento del livello dei
prezzi dei fattori per il lavoro.
Insomma, gli anni Venti sono un momento in cui ognuno gareggia per sé e quindi contro
tutti: la ripresa economica internazionale è quindi fortemente compromessa, soprattutto
nel cuore del sistema internazionale, ovvero l’Europa. Al contrario, le dinamiche in paesi
come Russia e Giappone sono completamente diverse. Ad esempio, la Russia dopo la
rivoluzione del 1917 e la svolta comunista, promuove la nuova politica economica nel 1919,
finita nel 1928 per volere di Stalin. Anche il Giappone ebbe una crescita sostenuta, giacché
in esso si afferma un ceto economico che collabora molto con lo Stato.
Insomma, dopo la WWI l’economia-mondo di cui parlava Wallerstein non rende più chiaro
chi siano i paesi centro e quali quelli periferici/semi-periferici.

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