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VITA D’ARCHIVIO

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ANDREA CZORTEK

LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 A SANSEPOLCRO


E UN VOTO ALLA MADONNA DI LORETO

Negli oltre mille anni della propria storia la comunità di Sansepol-


cro ha dovuto affrontare più volte le emergenze create da eventi cala-
mitosi quali terremoti o epidemie1. Tra queste, un particolare rilievo
assume quella degli inizi del XVI secolo, alla quale è ricollegabile una
tavoletta votiva conservata nel Museo Civico2.

L’OPERA
La tavola (fig. 1) misura 68 cm di altezza e 57,5 di larghezza. L’ope-
ra è stata attribuita a Giovanni del Leone da Lorenzo Coleschi (1886)3,
ma tale attribuzione è ritenuta «molto dubbia» da Odoardo Hillyer Gi-
glioli (1921)4 e non documentabile da Attilio Brilli (1972)5; anche Anna
Maria Maetzke (1984 e 1988)6 riprende le parole del Giglioli e definisce

1 Cfr. P. FARULLI, Annali e memorie dell’antica e nobile città di S. Sepolcro, Foligno

1713; L. COLESCHI, Storia della città di Sansepolcro, Città di Castello 1886, pp. 131-134
(capitolo X: Delle calamità che afflissero in diversi tempi il Borgo Sansepolcro, cioè terre-
moti, fame e peste).
2 Fondato nel 1975 grazie all’ampliamento dell’antica Pinacoteca Comunale, le cui

origini sono da far risalire al collezionismo pubblico del XVII secolo e alle demaniazioni
del 1866, il Museo Civico di Sansepolcro è stato nuovamente modulato in Pinacoteca tra
giugno 2013 (con il trasferimento del gabinetto delle incisioni e delle stampe nella Casa
di Piero della Francesca) e giugno 2017 (con l’estromissione delle oreficerie e delle stof-
fe provenienti dalla basilica cattedrale), pur mantenendo la stessa denominazione, a que-
sto punto non del tutto pertinente. Sul museo cfr. E. VERRAZZANI, Il Museo Civico di San-
sepolcro nel costume cittadino: da piccola raccolta d’arte all’inaugurazione come Istituzione
comunale, Firenze 2009.
3 COLESCHI, Storia, p. 172. In precedenza, aveva segnalato la tavola, trascrivendo-

ne l’iscrizione, F. CORAZZINI DI BULCIANO, Appunti storici e filologici su la Valle Tiberina


Superiore, Sansepolcro 1874, p. 52, ma senza ipotizzare attribuzioni.
4 O. H. GIGLIOLI, Sansepolcro, Firenze 1921, p. 50.

5 A. BRILLI, Borgo Sansepolcro. La città di Piero della Francesca, Sansepolcro 1972, p. 32.

6 A. M. M AETZKE, Il Museo Civico di Sansepolcro, Milano 1984, pp. 35-36; A. M.

MAETZKE – D. GALOPPI NAPPINI, Il Museo Civico di Sansepolcro, Firenze 1988, p. 76.

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Fig. 1 – Sansepolcro, Museo Civico, tavoletta votiva (1528 ca.; foto Enzo Mattei).

«del tutto ipotetica» l’attribuzione del Coleschi. Più di recente France-


sca Chieli (2018) preferisce parlare di un autore anonimo7.
La piccola tavola è assai nota a motivo della realistica raffigurazio-
ne della città, nella quale sono facilmente riconoscibili i campanili del-
le chiese principali (tra cui quello a guglia di San Niccolò, oggi non più
esistente), la fortezza, le perdute rocche delle porte che si aprono sulla
doppia cinta muraria, le bifore del Palazzo Pretorio, l’Arco della Pesa;
si vedono anche alcuni elementi architettonici dell’immediato suburbio
quali i mulini della Reglia, un edificio nel quale è forse da individuare

7 F. CHIELI, L’età di Leone X e l’elevazione a città di Borgo Sansepolcro: carteggi ine-

diti, saggi pittorici e ars aedificatoria, in A. CZORTEK – F. CHIELI, La nascita di una dioce-
si nella Toscana di Leone X: Sansepolcro da borgo a città, Roma 2018, p. 258.

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il santuario della Madonna della Reglia (oggi scomparso), la chiesa di


San Leone (con il campanile a torre e guglia sommitale, gli edifici, gli
orti e la cinta muraria); un altro edificio conventuale, all’estrema destra,
potrebbe essere il convento di Santa Maria della Neve dei frati Minori
Osservanti. Sullo sfondo il Tevere e, al di là di esso, i castelli collinari
di Anghiari e di Citerna. In primo piano quattro confratelli della Com-
pagnia del Crocifisso che reggono una barella sulla quale vi è un mala-
to, accanto sono raffigurati un sacerdote in preghiera e tre dolenti. Tra
questa scena e la città vi sono cinque figure umane nere e, in lontanan-
za, altri personaggi, anch’essi completamente neri.

L’ISCRIZIONE
Un secondo motivo di notorietà è costituito dalla iscrizione (fig. 2)
nella parte inferiore, realizzata con inchiostro nero su fondo bianco. Il
testo recita:

DAL BORGO EL CAPELANO DEL CRVCIFISO


CON LI FRATELLI DE DITTA CO(M)PANIA
SE ABOTIERO QVI A LORETO A MARIA
E SCANPORNO DAL MORBO E G(R)ANDE ABISSO.
NE MOR[Ì] [3]66[4] DE MORBO NELL’A(N)NO I D XXIII.

Questa la trascrizione che ne ha dato nel 1994 Enzo Mattesini, evi-


denziando come si tratti di una «quartina in volgare, rimata ABBA, di
approssimativi endecasillabi, che ne orienta l’interpretazione, seguita
da una quinta linea recante una notazione cronachistica». Nella trascri-
zione lo scioglimento delle abbreviazioni è posto entro parentesi ton-
de, le integrazioni sicure delle parti mancanti entro parentesi quadre e
con il maiuscoletto sono indicati i caratteri, scritti in corpo minore, che
nell’originale sono inscritti, sovrapposti o interposti alle lettere, tecnica
usata dall’autore per mantenere l’allineamento su entrambi i lati ester-
ni (giustificazione). Rispetto alla versione della tavoletta le parole sono
state separate e nell’ultima riga sono stati inseriti accento e apostrofo.
Le integrazioni apportate a quest’ultima sono state possibili grazie alla
trascrizione di Francesco Corazzini di Bulciano, del 1874, e alla copia
eseguita da Corrado Comanducci nell’aprile 1915 e oggi conservata ne-
gli uffici della Confraternita di Misericordia8.

8 E. M ATTESINI, Tra volgare e dialetto: tre “tituli” di area umbra e toscana orientale,

in Atti del terzo convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana

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Fig. 2 – Tavola votiva, dettaglio iscrizione (foto Enzo Mattei)..

Un ultimo elemento che ha destato una certa curiosità è l’alto


numero delle vittime, che grazie alle ricordate trascrizioni è possibi-
le ricostruire con esattezza, cioè: 3.6649. Un totale, questo, veramen-
te alto, soprattutto se lo si considera relativo al biennio 1522/1523
come a prima vista parrebbe suggerire l’iscrizione. Tuttavia – già lo
suggeriva il Mattesini –, la data potrebbe riferirsi non al compimento
del pellegrinaggio, bensì alla formulazione del voto; il pellegrinaggio,
come vedremo meglio successivamente, si svolse alla fine della prima-
vera del 1528, per cui è probabile che il totale sia stato computato al
termine dell’epidemia. Mancando le registrazioni dei decessi per gli
anni della peste, per valutare la veridicità della cifra è necessario ri-
correre a ricostruzioni ipotetiche. Dividendo il totale riportato dall’i-
scrizione per i sei anni durante i quali si sviluppa il contagio – dalla
metà circa del 1522 alla metà circa del 1528 –, si ottiene un totale an-
nuo di 610 defunti. Tale cifra è elevata, ma non improbabile, secon-
do quanto si conosce a proposito del livello demografico di Sansepol-
cro tra i secoli XV e XVI. Un dato abbastanza sicuro risale alla prima

(Perugia 1994), a cura di L. Agostiniani – P. Bonucci – G. Giannecchini – F. Lorenzi


– L. Reali, Napoli 1997, II, pp. 442-443 (per un commento linguistico cfr. ivi, pp. 443-
447). Sull’argomento cfr. inoltre E. MATTESINI, Piero, Luca e il Borghese. Studi sul dialet-
to antico e moderno di Borgo Sansepolcro, Sansepolcro 2016, pp. 439-440 e 473; sul tema
delle scritture esposte, da alcuni denominato “visibile parlare”, nel territorio altotibe-
rino cfr. E. MATTESINI, Scritture esposte in volgare dei secoli XIV-XVI nell’Alta Valtiberi-
na umbro-toscana, in «Pagine altotiberine», 2, 1997, pp. 9-32.
9 Cfr. anche COLESCHI, Storia, p. 135; FARULLI, Annali e memorie, p. 43 riporta la

cifra 3.668. La consuetudine di riportare il dato quantitativo in una iscrizione memo-


riale è documentata, ad esempio, anche nell’epigrafe che venne apposta all’interno del
Palazzo dei Conservatori nel 1537 a ricordo della pacificazione tra le fazioni cittadi-
ne operata dal capitano fiorentino Gherardo Gherardi, che portò alla riammissione di
ventisei esuli e alla stipula di trecentosei paci (cfr. il documento segnalato da P. BENI-
GNI, La Resurrezione di Piero della Francesca: il contributo della ricerca archivistica, in
«Moderni e antichi», serie 2, I, 2019, pp. 160-161).

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metà del XV secolo, cioè al 1420/1421 secondo Gian Paolo Scharf e


agli anni ’40 secondo James Banker (una cronologia comunque limi-
tata a un periodo piuttosto ristretto). Colpisce il numero degli abitan-
ti del Borgo10, che secondo questa fonte (un foglietto non datato in-
serito in un registro di conti della Compagnia delle Laudi) ammonta
a ben 4.397; la stessa fonte calcola in 1.379 gli abitanti del territorio
comunale fuori le mura, per cui la somma raggiunge 5.776 persone.
Dal momento che questi dati si riferiscono alla tassa sul sale, alla ci-
fra complessiva andranno aggiunti gli esenti dalla tassa stessa, cioè i
poveri, categoria che include tanto gli indigenti (i poveri involontari)
che i religiosi (i poveri volontari) dei numerosi conventi, monasteri e
reclusori. Un numero imprecisato, ma che sulla base di quanto cono-
sciamo si può ipotizzare in 10 monaci camaldolesi, 35 frati mendican-
ti e 65 monache tra clarisse, santucce e camaldolesi, per un ammonta-
re ipotetico di circa 110 unità, che porterebbe il totale degli abitanti
di Sansepolcro a poco meno di 5.900 persone, di cui circa 4.450 en-
tro le mura. Si tratta di una cifra di tutto rispetto, la cui portata emer-
ge dal paragone con gli abitanti delle principali città toscane, per le
quali si dispone del censimento del 1427, quando a Firenze si conta-
no 37.246 persone, a Pisa 7.333, a Pistoia 4.412, ad Arezzo 4.152, a
Volterra 3.342 e a Cortona 3.24611.
Il totale medio di 610 decessi per gli anni considerati risulta vero-
simile anche se prendiamo a paragone i dati delle morti del decennio
precedente, quando la mortalità media annua ammonta a 206 persone,
con punte sopra la media nel 1512 (215), nel 1516 (217) e soprattut-
to nel 1517 (453).

10 Burgus Sancti Sepulcri è il nome più antico dell’odierna Sansepolcro, e la forma

Borgo/il Borgo è ancora oggi in uso da parte degli abitanti, per indicare il centro stori-
co, e delle popolazioni dei comuni vicini, che così chiamano la città stessa. Pertanto, il
termine Borgo, scritto con la maiuscola, verrà usato in maniera equivalente al nome at-
tuale, soprattutto in riferimento all’abitato in senso materiale.
11 SCHARF, Borgo San Sepolcro a metà del Quattrocento. Istituzioni e società 1440-

1460, Firenze 2003, pp. 42-44; dati sulla popolazione religiosa sono presentati in A.
CZORTEK, La vita religiosa a Sansepolcro tra 1203 e 1399, in La nostra storia. Lezioni sul-
la storia di Sansepolcro, I. Antichità e Medioevo, a cura di A. Czortek, Sansepolcro 2010,
pp. 203-259. Il censimento del 1427 non considera Sansepolcro poiché essa entrerà a far
parte del dominio fiorentino solo nel 1441.

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ANNO LUOGO DI SEPOLTURA

San Bartolomeo

San Francesco

Sant’Agostino
San Giovanni

Santa Maria

San Niccolò
dei Servi
Abbazia

d’Afra
Pieve
1510 71 31 4 3 49 16 10 10 194
1511 51 26 2 4 39 12 12 3 149
1512 87 38 3 3 58 12 10 4 215
1513 81 15 6 3 43 14 8 8 178
1514 65 12 2 3 30 8 10 7 137
1515 62 27 9 3 37 15 22 3 178
1516 81 29 3 4 40 23 15 22 217
1517 162 70 34 8 111 25 24 19 453
1518 67 23 7 4 53 13 16 6 189
1519 64 29 1 5 31 6 10 3 149
Totali 791 300 71 40 491 144 137 85 2.059
Sansepolcro, Archivio Storico Comunale, serie XXXII, registro 145
(«Terzo libro de’ morti dall 1460 all 1519»).

Ovviamente i dati, per essere compresi appieno, andrebbero ana-


lizzati ulteriormente, ad esempio scorporando i bambini dagli adulti e
non considerando eventuali stranieri di passaggio; resta comunque un
confronto che fa ritenere attendibile il totale riportato nella tavolet-
ta, relativamente agli anni 1522/1528 e non al solo biennio 1522/1523.
Peraltro, se il numero dei decessi si riferisse a due soli anni, ciò avreb-
be portato a una drastica e rapida riduzione della popolazione di oltre
il 60%, cosa che, a sua volta, avrebbe provocato un abbattimento de-
mografico tale da non rendere possibile il numero di 6.211 abitanti en-
tro le mura nel 1551, ai quali aggiungere i 257 residenti nei borghetti,
i 521 nelle case sparse del suburbio e i 2.238 nelle località del contado,
per una popolazione comunale di 9.227 persone (dato di tutto rispetto
per il periodo, paragonabile, per il centro urbano, a Monza, Imola, Ce-
sena, Urbino, Todi, Volterra, Città di Castello, Chieti)12.

12 G. PINTO, Città e spazi economici nell’Italia comunale, Bologna 1996, pp. 226-227.

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Tutto questo rafforza l’ipotesi del Mattesini sulla realizzazione del-


la tavoletta non al momento della formulazione del voto, bensì dopo lo
svolgimento del pellegrinaggio13. Ne riparleremo tra poco.

LA PESTE
Le informazioni sulla peste si ricavano in prevalenza dal registro
7bis della serie II (Riforme e provvisioni dei consigli di Borgo Sansepol-
cro) dell’Archivio Storico Comunale cittadino, che, attraverso i verba-
li dei consigli comunali, permette di ricostruire le vicende con buona
precisione.
Il 1522 si apre senza segnali di particolari difficoltà. Il 2 febbraio i
Magnifici Conservatori14 si interessano della nomina del futuro medi-
co fisico, come previsto da una precedente riformagione, ma si tratta
di un atto ordinario15. Il 22 febbraio successivo il medico condotto è
autorizzato a recarsi presso la propria famiglia per un periodo di due
mesi, lasciando in città un idoneo sostituto: nella delibera dei Conser-
vatori si precisa la motivazione personale senza aggiungere altro16. Il 16
aprile muore il vescovo, Galeotto Graziani, e i Conservatori eleggono
una commissione di otto cittadini per la consegna della diocesi al suc-
cessore, già designato, Leonardo Tornabuoni17, senza fare riferimento
alla causa della morte.
Sembra, dunque, che l’attività istituzionale si svolga regolarmente
almeno fino al pieno dell’estate quando, il 31 luglio, si rende necessa-

13Cfr. MATTESINI, Tra volgare e dialetto, p. 442.


14La suprema magistratura locale, istituita nel 1436 e composta da quattro mem-
bri, uno per ciascun quartiere (cfr. G. P. G. SCHARF, Cronisti Borghesi del Quattrocento,
Selci-Lama 2011, pp. 163-164); anche dopo il passaggio alla Repubblica fiorentina nel
1441, il collegio dei Magnifici Conservatori rappresenta il secondo organismo politico
locale e la principale istituzione amministrativa (SCHARF, Borgo San Sepolcro a metà del
Quattrocento, pp. 61-62).
15 ASCS, serie II, 7bis, c. 289v.

16 Ivi, c. 291v.

17 Ivi, c. 235v. La commissione è composta da don Cinzio Bernardini, Conte Catta-

ni, Cesare di Adamo Rigi, Dionisio Migliorati, ser Uguccione di Vico, Paltone Tani, ser
Girolamo Lucherini, Roberto di Luca Pichi. Il 25 aprile 1522 i canonici della cattedra-
le, a seguito della morte del vescovo Galeotto Graziani, eleggono vicario generale nel-
lo spirituale e nel temporale il canonico don Vincenzo Parigini (Sansepolcro, Archivio
Storico Diocesano, Archivio Vescovile, Atti episcopali, busta 1, reg. 1, c. 14r). Il vesco-
vo Niccolò Tornabuoni prende possesso della diocesi mediante procuratore il 6 agosto
1522 (ivi, c. 16v), ma giungerà in città solamente agli inizi di luglio del 1527 (ASCS, se-
rie II, 7bis, c. 456r). E. AGNOLETTI, I Vescovi di Sansepolcro, I, Sansepolcro 1972, p. 23,
che però data l’ingresso in diocesi al 14 gennaio 1524, si chiede: «Che lo abbia intimo-
rito il flagello della peste?».

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rio nominare una commissione «supra suspetione morbi», con il com-


pito di provvedere e custodire come sarà ritenuto opportuno: vengo-
no scelti Francesco di Tommaso Guelfi, Antonio Anastagi, Antonio di
Giunta e Giovanni di Francesco Cescherini18. Si tratta ancora di un so-
spetto da verificare meglio.
Nei mesi successivi il contagio viene accertato, dal momento che il
9 novembre19 i Conservatori decidono di scegliere otto uomini, senza
nessun salario, che abbiano autorità «in questo caso del morbo», gra-
vando la Fraternita di San Bartolomeo, le Laudi di Santa Maria della
Notte e le compagnie della Misericordia, di Santa Croce e di Sant’An-
tonio, nonché il comune stesso, per le spese di quanto sarà necessario
«per fare le cose oportune che bisognassero in dicto caso insiemi con
li Magnifici Conservatori e Gonfalonieri». Il 10 novembre il Consiglio
dei Sessanta approva la proposta all’unanimità, con 54 voti favorevoli,
per cui i Conservatori eleggono ciascuno due membri della commissio-
ne degli otto20. C’è, dunque, una grande attenzione verso il problema
sanitario e un profondo consenso al modo di operare, affidando a un
gruppo qualificato l’elaborazione e l’attuazione di strategie precise. Il
25 dicembre i Conservatori, apprezzando l’opera di Giordano (patroni-
mico illeggibile) che va a «governare e sovenire personalmente li infecti
et amalati de morbo», propongono che nel caso in cui sopravvivesse la
Fraternita di San Bartolomeo e le Laudi di Santa Maria della Notte si-
ano tenute a fornirgli uno staio e mezzo di grano ciascuna all’anno, la
Compagnia di Santa Maria della Misericordia, la Compagnia di Santa
Croce e la Compagnia di Sant’Antonio uno staio ciascuna, per un totale
di 6 staia all’anno; se morirà, i figli saranno esentati da alcune tasse per
tutta la vita21. Il 26 dicembre, anche 43 confratelli della Compagnia del
Crocifisso vengono esentati dal dazio della terra e delle guardie «ateso
e veduto i buoni portamenti facti et che fanno»22.
Il 19 gennaio 1523 maestro Giovanni Paccioni da Terni è conferma-
to medico condotto per un altro anno23. Con il crescere dell’epidemia,
una prima problematica da risolvere è quella della sepoltura dei cada-

18 ASCS, serie II, 7bis, c. 303r.


19 Ancora il 3 novembre il medico condotto, maestro Giovanni Paccioni da Terni,
era stato autorizzato a rimanere fuori sede per altri venti giorni (ivi, c. 306v).
20 Ivi, c. 307v.

21 Ivi, c. 310v. Il giorno seguente il Consiglio dei Sessanta del Popolo approva la

proposta con 58 voti favorevoli e 2 contrari.


22 Ivi, cc. 310v-311r.

23 Ivi, cc. 312r.

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veri di persone morte per la peste, perché la presenza di un alto nu-


mero di cadaveri infetti entro uno spazio densamente abitato potrebbe
causare problemi molto seri. Così, il 4 febbraio il comune fa realizzare
due sepolture «per la cagione de sotorare morti de morbo» nella chiesa
di San Leo, alla sinistra dell’ingresso24. La chiesa, infatti, è molto vicina
alla città (all’incrocio fra le attuali Via Rosina Gennaioli e Viale Miche-
langelo, a circa 300 metri da Porta del Castello), ma allo stesso tempo
occupa un sito rurale ed è isolata rispetto ad altre costruzioni. Forse è
per questo motivo che nella tavola votiva la piccola chiesa di San Leo
è posta in primo piano. Inoltre, il 27 aprile vengono sospese le attività
didattiche e il comune vieta al maestro della scuola pubblica, frate Pa-
scasio, «che conto del morbo non tenesse scola finché durasse la peste,
et fosse obligato a remectere il tempo, et che quando quel tempo non
tenesse scola el comune paghi el pescione de la scola»25.
Nonostante questi provvedimenti, il contagio non perde virulen-
za per cui il 2 maggio 1523 i Conservatori, «exendo li spectabili ho-
mini sopra la sanità et hinfluentia de la nostra città alla fine del tem-
po loro stabelito [sic]; et vedendo la peste multiplicare et esser bisogno
anzi necessità», decidono di costituire un’altra commissione che, col-
laborando con loro e il Gonfaloniere, si interessi della questione prov-
vedendo alle guardie e alle necessità degli infetti e di tutti gli altri, con
la facoltà di gravare la Fraternita di San Bartolomeo, le Laudi, le com-
pagnie di Santa Maria della Misericordia, di Santa Croce e di Sant’An-
tonio26. Il giorno seguente sono scelti come soprastanti di sanità nel-
la causa del morbo don Niccolò Rigi, Baldino Graziani, Bernardino di
Alessio Antonelli e Dionisio Migliorati, i quali, il 4 maggio, incaricano
tre uomini di provvedere alle necessità degli «amalati de morbo mes-
si a San Lazaro [sic] et li infecti dentro nella ciptà reserarli in casa lo-
ro»27. Il 5 maggio i soprastanti tornano a riunirsi con i Conservatori per

24Ivi, c. 315v.
25ASCS, serie II, 7bis, c. 324r. Don Bernardino di Donato e frate Pascasio di Gia-
como, concittadini, erano stati eletti precettori di grammatica del comune per un anno
il 19 settembre 1522, con un salario di 50 fiorini ciascuno più altri 4 fiorini ciascuno per
l’affitto della casa (ivi, c. 304v). Agli inizi dell’anno seguente, il 21 gennaio e il 24 genna-
io 1524, i consigli del comune eleggono maestro Stefano da Pieve Santo Stefano, «mo-
naco biancho», e il concittadino maestro Angelo di Arenguccio precettori di gramma-
tica nella scuola comunale per un anno a cominciare dal termine della condotta degli
attuali maestri. I due insegnanti vengono scelti «per li mamoli de la nostra ciptà adciò
imparino la virtù considerato che chi ha gramatica et scientia ha parte in onni logo del
mondo ed utile et honore di sé et suoi» (ivi, c. 341v).
26 Ivi, c. 324v.

27 Ivi, c. 325r.

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adottare i primi provvedimenti: decidono che due guardie vigilino af-


finché gli abitanti di Carsuga28 non escano dai loro campi né di giorno
né di notte; che venga ferrata la Porta del Ponte; che siano poste due
guardie alla Porta del Castello; che le guardie delle porte San Niccolò e
Fiorentina non ammettano in città nessuno proveniente da fuori conta-
do, né forestiero né cittadino; che Matteo di Cristofano Pichi e il Dede
da Monte siano incaricati di vigilare affinché gli infetti non escano dal
luogo loro riservato né facciano passare nessuno da San Lazzaro verso
la città; altri due uomini sono incaricati di vigilare sugli uomini di San
Marino29, di dentro (della città) e di San Lazzaro30. Il 6 maggio i depu-
tati ordinano che si facciano macinare 4 staia di grano per produrre fa-
rina da dare agli uomini di San Marino insieme a pane e altri generi ali-
mentari e altre 8 da distribuire «a quelli che sono renchiusi per conto
del morbo»; il 7 maggio ser Uguccione di Vico, «amalato de morbo»,
consegna a Cristofano di Nardo Turcini 9 fiorini, e i Magnifici Con-
servatori e i soprastanti, all’unanimità, decidono che vengano utilizzati
per comprare una bestia per andare nel contado e in parte siano con-
segnati alla Compagnia del Crocifisso «per l’opera che fanno in porta-
re et visitare gl’amorbati»; il giorno seguente sono nominati i custodi di
tre porte: Alessandro di Paolo Temperi a Porta Fiorentina, Sebastiano
di Ghiandella a Porta San Niccolò, Gismondo Dotti a Porta del Ponte
(che sarò riaperta l’11 maggio)31.

28 Località nel distretto di Citerna, con un popolamento di tipo rurale nella forma

della villa, sulla strada tra Citerna e Città di Castello (G. R IGANELLI, Terra Citerne. Sto-
ria di una comunità dell’Alta Valle del Tevere e del suo territorio dall’Antichità all’inizio
dell’Età Moderna, Città di Castello 1996, pp. 42-43 e 200-201).
29 Località nel contado di Sansepolcro, nella pianura oltre il Tevere, presso l’abita-

to di Gricignano e non distante da Carsuga (cfr. E. AGNOLETTI, Viaggio per le valli alto-
tiberine toscane, Città di Castello 1980, pp. 156-158; E. AGNOLETTI, Spigolature di archi-
vio, Sansepolcro 1971, pp. 95-97).
30 ASCS, serie II, 7bis, c. 325v. Sul lebbrosario di San Lazzaro cfr. A. CZORTEK, Il

lebbrosario di San Lazzaro presso Sansepolcro nei secoli XIII-XIV. Descrizione delle fonti
per il periodo 1256-1394, in «Quaderni di storia religiosa», XIX, 2012 (fascicolo Malsa-
ni. Lebbra e lebbrosi nel medioevo, a cura di G. De Sandre Gasparini – M. C. Rossi), pp.
261-290; sugli ospedali di Sansepolcro cfr. A. PIERLI, Beneficenza e assistenza a Sansepol-
cro nei secoli XVII/XVIII, in La nostra storia. Lezioni sulla storia di Sansepolcro, II. Età
moderna, a cura di A. Czortek, Sansepolcro 2011, pp. 136-173, G. P. G. SCHARF, “Perché
è l’anno del perdono e ancho ci è di molti ammalati”: ospedali e giubileo a Sansepolcro nel
Medioevo, in Appennino tra Antichità e Medioevo, a cura di G. Roncaglia – A. Donati –
G. Pinto, Città di Castello 2003, pp. 441-444, G. P. G. SCHARF, Borgo San Sepolcro, i po-
veri, i malati e i pellegrini: consistenza e qualità dell’assistenza ospedaliera nel Medio Evo,
in «Pagine altotiberine», 13, 2001, pp. 19-44; G. P. G. SCHARF, Gli ospedali di Sansepol-
cro nel medioevo, in Vie romee dell’Appennino, Sestino 1998, pp. 23-44 .
31 ASCS, serie II, 7bis, c. 326r.

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Dopo una settimana circa gli interventi per il contenimento del


contagio riprendono a ritmo serrato. Il 16 maggio i soprastanti e i
Conservatori decidono che uno speziale sia obbligato «a seguire li in-
fecti de morbo et darli le cose che sieno a lui domandate et oportune
a chi bisognerà»; che la Fraternita di San Bartolomeo, le Laudi di San-
ta Maria, le compagnie di Santa Maria della Misericordia, di Sant’An-
tonio e di Santa Croce siano gravate per 50 fiorini complessivi; che
venga realizzato pane con 50 chili di farina da distribuire agli infetti,
ai sospetti infetti e ai rinchiusi32. Il 22 maggio gli stessi organismi de-
liberano che gli uomini di Falcigiano non escano dalla loro sindicaria,
né essi né il loro bestiame, e il 27 magio è sostituito il custode della
Porta del Ponte33. Stando ai provvedimenti pare che, in questa prima
fase, l’area di maggior contagio sia da individuare nella pianura a si-
nistra del Tevere.
Il comune non si limita a impegnarsi per la salvaguardia della salu-
te fisica, ma tiene conto anche delle esigenze dello spirito e della sal-
vezza eterna delle anime dei propri concittadini per cui, il 30 maggio, i
Conservatori ordinano che i canonici messer Giovanmaria Pichi e mes-
ser Roberto, «per conto del vescovado», frate Sebastiano priore di san-
ta Maria dei Servi e un compagno, frate Paolo priore di Sant’Agostino e
un compagno, frate Bernardino da Monte guardiano di San Francesco
e frate Pace, «insiemi tucti d’acordo», ungano (con l’olio degli infermi)
le persone che moriranno di peste e che dovranno essere sepolte nella
pieve (oggi Sant’Agostino), in San Niccolò, in San Bartolomeo e in San
Giovanni d’Afra, una chiesa per ciascun quartiere. Tenendo conto del-
la situazione gli eredi sono autorizzati a consegnare alla chiesa di sepol-
tura due ceri del peso che potranno permettersi34. Il 5 giugno Mancino
del Rasina viene nominato custode del lebbrosario di San Lazzaro e il
7 giugno è rinnovata la guardia alla Porta Fiorentina; lo stesso giorno
si decide di tenere aperta la cattedrale per officiare la cappella dei san-
ti Egidio e Arcano, offrendo due «fiaccole» da tenere accese durante la
messa e assicurando l’accensione della lampada; il 12 giugno tre uomi-
ni sono incaricati di «portare la vituaglia agl’amorbati»35.
Sono i Magnifici Conservatori a gestire la situazione, operando su
due fronti. Visto il persistere del contagio decidono, innanzi tutto, di

32 Ivi, c. 326v.
33 Ibidem.
34 Ivi, c. 327r.

35 Ibidem.

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intensificare la preghiera e il 5 giugno stabiliscono che venga aperta «la


ghiesa del vescovado» – cioè la cattedrale – e che si uffici la cappella dei
Santi Egidio e Arcano, per la quale si facciano due lampade da tenere
accese, e vi si celebri la messa. Si tratta di un luogo altamente simboli-
co, legato ai due santi venerati come fondatori della città36.
Il 13 giugno viene posta una guardia alla Porta del Castello37. Allo
stesso tempo sono rafforzate le strutture sanitarie: il 14 giugno, «viden-
tes influentia pestifera in dicta civitate multiplicare», è assunto come
medico della comunità Paride da Savona38 e il 18 giugno è incaricato
maestro Biagio «da Cosanbrona cerusicho a medicare l’infecti et quel-
li se infectassero del morbo de la ciptà et contado». In questo modo si
crea una figura professionale addetta alle medicazioni dei soli appesta-
ti. Il pagamento dei medici viene ripartito tra alcune confraternite, enti
ecclesiastici e comune: la Fraternita di San Bartolomeo parteciperà con
60 ducati, le Laudi di Santa Maria della Notte con 40 ducati, la Società
di Santa Maria della Misericordia con 25 ducati, la Società di Santa
Croce con 20 ducati, la Società di Sant’Antonio con 12 ducati, il con-
vento di San Francesco con 10 ducati, i frati di Santa Maria dei Servi
con 15 ducati, i religiosi o presbiteri con 60 ducati, il monastero di San
Leo della Strada con 25 ducati, quello di San Sebastiano con 10 duca-
ti, il vescovado con 30 ducati e il dazio del comune con 100 ducati, per
un totale di 407 ducati39. Nel frattempo il contagio si estende, soprat-

36 Ibidem. Cfr. G. P. G. SCHARF, Sansepolcro e le sue origini: un tema storiografico, in

Una Gerusalemme sul Tevere. L’abbazia e il «Burgus Sancti Sepulcri» (secoli X-XV). Atti
del convegno storico internazionale di studio (Sansepolcro 2012), a cura di M. Basset-
ti – A. Czortek – E. Menestò, Spoleto 2013, pp. 11-54; A. CZORTEK, Borgo Sansepolcro e
Gerusalemme, dalle reliquie alla toponomastica, in Come a Gerusalemme. Evocazioni, ri-
produzioni, imitazioni dei luoghi santi tra medioevo ed età moderna, a cura di A. Benve-
nuti – P. Piatti, Firenze 2013, pp. 309-356.
37 ASCS, serie II, 7bis, c. 327v.

38 Ibidem.

39 Ivi, c. 328r. A proposito del monastero della Strada, fuori Porta San Niccolò, la

titolazione è Santa Maria, ma popolarmente è detto anche di San Leo a motivo del tra-
sferimento delle monache di questo monastero, avvenuta poco dopo il 1451. Il 14 aprile
1451 il papa Niccolò V riconosce il monastero di San Leo esente dal pagamento impo-
sto dal predecessore Eugenio IV agli enti religiosi del territorio toscano e incarica l’a-
bate di Sansepolcro di difendere i diritti delle monache (Bullarium Franciscanum, nova
series, I, a cura di U. Hüntemann, Quaracchi 1929, pp. 738-739). Tuttavia non si prov-
vede a costruire un nuovo monastero e le monache vengono trasferite a Santa Maria
della Strada, così che il monastero crolla quasi del tutto; anche la chiesa di San Leo nel
1461 ha il tetto crollato, tanto che il 18 giugno papa Pio II decreta che la chiesa e le ro-
vine del monastero di San Leo, appartenente al monastero di Santa Maria della Strada
e nel quale in precedenza avevano abitato le Clarisse, sia separato dal monastero della
Strada e incorporato all’abbazia camaldolese, così che i monaci, il cui monastero si tro-

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tutto fra coloro che, per professione, non possono vivere ritirati. Il 20
giugno, ad esempio, dal momento che i balitori del comune sono im-
possibilitati a esercitare il loro ufficio perché infetti, vengono sostitui-
ti con altri tre40.
Tra le pagine ricche di preoccupazione, paura, tentativi più o meno
efficaci di evitare la morte emergono anche testimonianze di solidarietà
fra comuni vicini: il 18 luglio, da Monterchi giungono quattro amba-
sciatori («nostri vicini amatissimi») che al confine del contado, presso
il Trebbio, manifestano la loro partecipazione al dolore che ha colpito
Sansepolcro e consegnano «in segno d’amore et benivolentia» 54 paia
di pollastri, 2 agnelli, 370 uova e 11 «coppie de cascio»41.
Nella stessa data i Magnifici Conservatori, vedendo che la peste si
moltiplica di giorno in giorno, mossi a compassione e misericordia, ri-
flettendo che hanno provveduto con buoni ordini e medici idonei, ma
non hanno ottenuto risultati senza la grazia di Dio onnipotente e del-
la beata Vergine Maria e l’intercessione dei suoi santi, ordinano che «si
preghi de le bone persone» – monache, religiosi e sacerdoti – Dio per
intercessione dei santi Egidio e Arcano, «nostri primi autori», e di san
Benedetto, affinché la peste cessi e la città ne sia liberata. I Conserva-
tori, insieme ai membri della Compagnia del Crocifisso, «hanno facto
voto de remectere nella nostra ciptà et luogo et ordine de san Benedec-
to in luogo condecente, ove ci acorderemo, et mandare a Santa Maria
de Loreto uno stendardo con la nostra insegna del Sepolcro in dono, in
memoria de la gratia ricevuta»42. Il voto, dunque, è duplice e consiste
nella riapertura di un monastero camaldolese, dopo che nel settembre
1520 era stato soppresso quello antico a seguito della istituzione della
diocesi, e nell’invio di uno stendardo al santuario di Loreto. È proprio
la formulazione di questo duplice voto (18 luglio 1523) a determinare
la realizzazione della tavoletta.
La solidarietà delle comunità vicine continua e il 16 luglio 1523
quella di Pieve Santo Stefano consegna, presso il ponte sul Fiumicel-
lo, 1.800 uova, «dolendose de le nostre adversità et mala hinfluentia» e
offrendo aiuto per qualsiasi necessità; il 10 agosto da Montalone giun-
gono altre 600 uova circa, insieme a manifestazioni di dolore per l’ac-

va al centro del Borgo e non dispone di molto spazio esterno, possano provvedere alle
necessità dell’orto (Bullarium Franciscanum, nova series, II, a cura di G. M. Pou y Mar-
ti, Quaracchi 1939, pp. 480-481).
40 ASCS, serie II, 7bis, c. 328rv.

41 Ivi, c. 329r.

42 Ibidem.

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caduto e alla disponibilità di altri aiuti; il 29 agosto la marchesa del


Monte Santa Maria fa portare, alla bocca dell’Afra, 29 paia di pollastri,
un pane di zucchero fino e circa 400 uova43. Infine, il 30 agosto viene
nominato un custode notturno per Porta Libera44 e probabilmente an-
che questa nomina è da mettere in relazione alla necessità di evitare ac-
cessi in città per impedire la diffusione del contagio.
Tra 1 e 2 novembre è nominata una nuova commissione di sopra-
stanti la sanità (don Guidubaldo Roberti, Girolamo di Giovanni Nomi,
Galgano Roberti e Roberto di Dionisio di Ettore [Roberti]), essendo
terminato il mandato della precedente45. Il 2 novembre i nuovi commis-
sari si riuniscono con i Conservatori e rinnovano i custodi delle por-
te principali, stabiliscono che i priori della Fraternita e delle Laudi di
Santa Maria della Notte debbano fornire le case degli infetti di qualsiasi
cosa abbisognino e vietano il commercio di panni ai mercanti che non
lo esercitassero già «innanzi al morbo»46. Il 3 novembre Conservatori e
soprastanti impongono ai priori della Fraternita e delle Laudi di conse-
gnare uno staio di pane cotto e un fiorino per casa «per governare» gli
infetti47. Il 6 novembre viene stabilito che i morti, di qualsiasi malattia,
non siano sepolti nelle proprie sepolture, ma solamente nelle chiese di
San Leo o San Bartolomeo oppure in fosse idonee o in depositi in mu-
ratura, senza aprire sepolture infette48. Il 10 novembre i Conservatori e
il vessillifero dal momento che, a motivo delle guerre e della «mortali-
tà e strage della peste», si sono ridotte le entrate fiscali eliminano tutte
le esenzioni per i prossimi tre anni e stabiliscono di utilizzare le entra-
te così ottenute «in evidenti occurrentie et basogni [sic] del comune»,
mantenendo le immunità ed esenzioni solamente alla casa dei Magni-

43 Ivi, c. 329v.
44 Ibidem.
45 Ivi, c. 334rv. Il 9 ottobre maestro Achille di ser Michele da Castiglione è scelto

come medico fisico della comunità per il prossimo anno (ivi, c. 331v).
46 Ivi, cc. 334v-335r.

47 Ivi, c. 335r.

48 Ibidem. Il 7 novembre maestro Zaccaria da Monterchi, medico fisico, è nomi-

nato medico comunale per quattro mesi (ivi, c. 335v). Prenderà servizio il 16 novem-
bre (ivi, c. 336v). Il 23 dicembre i Magnifici Conservatori, valutando positivamente la
scienza e la dedizione di maestro Zaccaria prolungano la sua condotta di 8 mesi (ivi, c.
338r). Il 19 novembre 1525 i Magnifici Conservatori gli concederanno la cittadinanza
di Sansepolcro con tutti i benefici e gli uffici, «comme fusse nato qui» (ivi, c. 398rv).
Il 5 settembre 1526 i Conservatori, in vista del termine della condotta medica, scelgo-
no Lorenzo detto maestro Grazia, riservandosi di prorogare maestro Zaccaria nel caso
Lorenzo rinunciasse (ivi, c. 427r). Il 7 e 8 agosto 1527 la condotta a Zaccaria da Mon-
terchi viene ancora una volta rinnovata (ivi, c. 461rv).

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fici Conservatori e suoi ministri, alle Laudi di Santa Maria della Not-
te, alla Fraternita di San Bartolomeo, alla casa dei marchesi del Monte
Santa Maria, alla casa dei conti di Montedoglio, alla casa di messer Lu-
igi della Stufa e a Checco di Ricciarello, macellaio; terminati i tre anni
le esenzioni saranno ripristinate, tranne che per i forestieri49. Il 4 dicem-
bre 1523, dal momento che i camerlenghi del Monte di Pietà, Galgano
di Roberto e Silvestro Gennari, non hanno potuto svolgere il loro ser-
vizio da maggio a settembre a motivo della peste, i Conservatori stabi-
liscono che l’anno del mandato, per il quale sono retribuiti, venga com-
putato dal decorso 1 settembre, mentre quelli già eletti per sostituirli
entreranno in carica l’1 settembre 152450. Il 23 dicembre 1523 decido-
no che tutti i testamenti e gli elenchi dei defunti scritti durante la peste
siano conservati presso la Fraternita di San Bartolomeo, in una cassa
riservata e chiusa con due chiavi, conservate rispettivamente da coloro
che hanno redatto le scritture e dai priori della Fraternita; nel caso in
cui tali scritture dovessero essere pubblicate, la pubblicazione avvenga
da parte del notaio della Fraternita51.
Ancora il 23 dicembre i Conservatori e il Consiglio dei Dodici ap-
provano la costituzione di una commissione per individuare un luogo
da assegnare ai monaci camaldolesi, «per esser stati nella nostra ciptà
sempre principali et buoni governatori et offitiatori anticamente nella
nostra badia et hora per esser facto vescovado semo rimasti privati de
tal luogho»; il giorno seguente la proposta è approvata dal Consiglio
dei Sessanta del Popolo52 e la commissione è eletta il 25 dicembre53. Il
23 gennaio 1524 i Conservatori e i Dodici destinano 40 ducati d’oro
alla commissione incaricata di trovare un luogo da assegnare ai camal-
dolesi54 e stabiliscono di assegnare una pensione a vita all’attuale retto-
re del beneficio che sarà assegnato loro55. Il 20 febbraio messer Niccolò

49 Ivi, c. 336rv. Il 19 novembre viene vietato a Checco di Ricciarello di vendere la

carne (ibidem).
50 Ivi, cc. 336v-337r.

51 Ivi, cc. 338v-339r.

52 Ivi, c. 339v.

53 Ivi, c. 340v. Sono scelti Cinzio Bernardini, Niccolò Rigi, Francesco «Cane-

schum» e Galgano Roberti.


54 La somma viene così ripartita: 12 ducati dalla Fraternita di San Bartolomeo, 10

dalle Laudi di Santa Maria della Notte, 7 ciascuno dalle compagnie di Santa Maria del-
la Misericordia e di Santa Croce, 4 dalla compagnia di Sant’Antonio (ivi, cc. 343v-344r,
1524 febbraio 14).
55 Ivi, cc. 342v-343r. A proposito dei Camaldolesi, nel preambolo della delibera è

affermato: «per havere la nostra ciptà grandissima obligatione cum decta religione per

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Rigi e messer Cinzio Bernardini vengono eletti ambasciatori del comu-


ne «da mandare a Roma per obtenere uno benefitio seculare per fare
dicto efecto et fare l’altre cose expedienti circa ad ciò»56.
Accanto a questi atti di straordinaria amministrazione, altri presen-
tano un carattere più ordinario, segno di come la vita pubblica si stia
adeguando al nuovo contesto di emergenza sanitaria: il 21 febbraio i
Conservatori approvano l’annuale elemosina di 30 lire per ciascuno dei
due predicatori quaresimali e prorogano di un anno la condotta di ma-
estro Bernardino di Donato, maestro di grammatica57.
Queste attività lascerebbero supporre una ripresa della vita ordina-
ria, ma il 23 febbraio vengono posti nuovi «custodes pro morbo» alle
porte San Niccolò, del Ponte, Fiorentina e Libera58. L’1 marzo la su-
prema magistratura cittadina rinnova la commissione di quattro uomini
che, «senza salario alcuno», per i prossimi sei mesi si occupino del mor-
bo provvedendo anche «al bisogno et governo de li infecti59. Due gior-
ni dopo, i Conservatori e i commissari scelti «per conservare dal mor-
bo la nostra ciptà», vedendo la peste «principiata nelle nostre vicinanze
et per salvaresi [sic]» adottano dei provvedimenti molto restrittivi. In-
nanzi tutto decidono di chiudere i confini del contado, che dovranno
essere presidiati da guardie comandate da un commissario «nei luo-
ghi sospetti» verso Città di Castello, Citerna e Lamoli, quindi ai confi-
ni esterni della Repubblica. Inoltre, viene impedita a chiunque l’usci-
ta dal contado senza licenza del capitano fiorentino, dei Conservatori e
dei soprastanti, sotto pena di 4 ducati (che andranno per metà al capi-
tano e al suo ufficiale, per un quarto all’accusatore che dovrà rimane-
re segreto e per un altro quarto all’ufficio per le spese correnti a moti-
vo della peste) e di 4 tratti di corda. Il problema, dunque, è così grave
che si favorisce la delazione pur di avere informazioni e per punire i
contravventori non si disdegna il ricorso a multe onerose e forme di
tortura come il tratto di corda. Vengono inoltre chiusi tutti gli ospeda-
li della città e del territorio, dai quali i degenti dovranno essere espulsi
il 4 marzo; ai poveri forestieri dimoranti in città e di età superiore ai 18

haverci dal principio de la edifictione nostra circa le cose spirituali ben recti et gover-
nati fine nel presente».
56 Ivi, c. 344v.

57 Ivi, cc. 344v-345r.

58 Ivi, c. 345r. Un provvedimento relativo alla restituzione dei pegni non riscatta-

ti presso il Monte di Pietà del 22 aprile 1524 afferma: «per esser stato la peste nella no-
stra ciptà» (ivi, c. 349r).
59 Ivi, c. 346v.

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anni, tanto uomini che donne, è vietato uscire dalle mura per qualsia-
si ragione, incluso portare legna o elemosinare sotto la stessa pena di 4
ducati e 4 tratti di corda, aumentata dalla fustigazione per tutta la cit-
tà e dal bando dal contado per dieci anni. Inoltre, nessuno, né terraz-
zano né forestiero, «ardischa mectare pie’ nella nostra ciptà o a quella
acostarsi per uno mezzo trarre d’arco», sotto la solita pena di 4 duca-
ti e 4 tratti di corda; la stessa pena viene stabilita per chiunque, di qua-
lunque stato e grado, possa uscire dalla città senza espressa licenza del
capitano e dei soprastanti per incontrarsi con parenti o amici o figli o
fratelli rientrati nel contado da fuori. Infine, viene deciso che nessuno,
né uomo né donna, della villa del Trebbio possa recarsi «alla ciptà del
Borgo» per un tempo di dieci giorni60. A seguito di questa decisione,
il 5 marzo 1524 i soprastanti la sanità nominano il capitano e i tre cu-
stodi dei confini61.
La politica di controllo del territorio e di limitazione degli sposta-
menti è rafforzata il 6 maggio, quando gli stessi Conservatori eleggono
quattro custodi alle porte della città «occasione morbi», cioè uno cia-
scuno a Porta del Ponte, Porta Fiorentina, Porta San Niccolò e Porta
Libera62. Questa linea di controllo viene ulteriormente potenziata il 21
maggio, quando è pagato il custode alla Porta Nova, Aurelio di Che-
rubino Palamidessi, e il 23 maggio, giorno in cui ricevono la paga altri
custodi «causa morbi», uno dei quali alla Fonte Secca. Lo stesso gior-
no, i Conservatori, dal momento che la peste è diffusa in molti luoghi e
che per evitare il contagio è bene mettere guardie altrove, oltre che alle
porte, dispongono che con il denaro disponibile siano pagate le guar-
die delle porte e che quelle da aggiungere siano pagate diversamente63.
Ancora, il 30 maggio i Conservatori e i soprastanti la sanità nominano
Matteo «de Sineloccio» commissario «alle Confine per cagione o guar-

60Ivi, c. 347r.
61Ivi, c. 348r.
62 Ivi, c. 351r. In altri casi si parla di Porta del Castello. Attualmente, entrambe le

denominazioni sono in uso, ma per indicare due porte differenti, sebbene in linea e vi-
cine fra di loro. Un documento risalente a poco prima degli anni della peste induce a
ipotizzare un differente uso dei nomi delle porte rispetto a quanto avviene ora, almeno
temporaneamente: il 3 agosto 1521 l’arte della lana di Sansepolcro concede alla Società
di Santa Maria delle Grazie un prato presso la rocca di Porta Libera, la via del comune
e la chiesa della Società di Santa Maria delle Grazie (Firenze, Archivio di Stato, Notari-
le Antecosimiano, 17900, n. 13). La descrizione dei confini del terreno conferma l’ipote-
si della denominazione di Porta Libera per quella oggi detta del Castello, assai prossi-
ma alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, già avanzata da SCHARF, Borgo San Sepolcro
a metà del Quattrocento, pp. 51-52 e 172-178.
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dia dal morbo»; con lui opereranno due guardie, mentre altre sono col-
locate a Porta del Castello (1 giugno) e «in villa Bastie», presso Gri-
cignano (5 giugno)64. Tutti questi provvedimenti mirano a evitare gli
spostamenti. Inoltre, le case nelle quali vi sono dei sospetti di conta-
gio devono rimanere chiuse con le persone dentro fino al 23 luglio; per
provvedere al loro sostentamento il 15 giugno un uomo viene inviato a
portare cibo a quanti non possono uscire per procurarselo65.
Accanto alla sospensione delle attività della scuola comunale, alla
eliminazione degli spostamenti e al controllo dei confini, alla concen-
trazione delle sepoltura in sole quattro chiese entro le mura, alla chiu-
sura in casa delle persone sospette di contagio, all’assunzione di per-
sonale medico il comune non esclude l’intervento divino. Così, il 20
giugno 152466 i Magnifici Conservatori decidono che le feste per la
Concezione della Madonna e di sant’Anna vengano celebrate per esse-
re liberi dalla peste e che annualmente, nella festa della Concezione, il
comune faccia celebrare messe in cattedrale67.
Il 29 giugno vengono pagate le guardie «causa morbi»68, ma il loro
numero è ritenuto insufficiente per cui, il 5 agosto, i Conservatori e i
soprastanti la sanità, constatando la necessità di nominare ancora cu-
stodi «causa morbi» perché la città sia conservata in salute e sia evitata
l’influenza pestifera, tassa alcuni luoghi pii per il salario dei custodi69.

64 Ivi, c. 352v. Nonostante la peste, la città ospita il capitolo provinciale dei Frati

Minori Conventuali, per cui il comune devolve al convento di San Francesco 25 fiorini
sia per il capitolo che per la fabbrica della chiesa (ibidem, 1524 giugno 16).
65 Ibidem.

66 Nella stessa data, il concittadino Lodovico di Francesco Cescarini, medico fisi-

co, è scelto come prossimo medico al termine dell’attuale condotta (ivi, c. 354v).
67 Ivi, c. 353v. Lo stesso giorno i Conservatori deliberano che «la festa de la Con-

ceptione de la Madonna et la festa de santa Anna, si debano guardare dicti dì, dentro
et fora, comme le feste comandate, socto pena de soldi 10 per ciascuno che contrafaces-
se […] a ciò siamo liberi da la peste» (ibidem). D’ora in poi, nel giorno della Concezione
ogni anno dovranno essere fatte celebrare del comune messe «alla Madonna del vesco-
vado», da sacerdoti diversi da quelli della cattedrale (ivi, c. 354rv). Probabilmente si trat-
ta della scultura della Vergine con il Bambino, detta anche Sedes Sapientiae, della fine
del XII secolo, attualmente conservata a Berlino. Oppure, potrebbe trattarsi di quella
ancora oggi conservata in Cattedrale, tra la cappella del Volto Santo e il presbiterio, risa-
lente al XV secolo; questa seconda ipotesi, tuttavia, pare meno probabile a motivo della
grande venerazione da tempo rivolta alla scultura più antica.
68 Ivi, c. 355v.

69 Ivi, c. 356r. La tassazione è così ripartita: Fraternita di San Bartolomeo per 6 fio-

rini, le Laudi di Santa Maria della Notte per 4 fiorini, la Società di Santa Maria della
Misericordia per 2 fiorini, la Società di Santa Croce per 2 fiorini; a questi 14 fiorini il
comune ne aggiungerà altri 5.

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 87

Poco più di due settimane dopo, il 20 agosto, i Conservatori, «essendo


ancora la peste nelle parti propinque e vicine alla nostra ciptà» e stan-
do per terminare l’ufficio della commissione sulla sanità, deliberano di
eleggere altri quattro uomini «in questo caso del morbo per provvede-
re de guardie et al bisogno et governo de li infecti», ancora una volta
ripartendo le spese necessarie tra il comune, la Fraternita di San Bar-
tolomeo, le Laudi, le compagnie di Santa Maria della Misericordia, di
Santa Croce e di Sant’Antonio70. Inoltre, si decide di mantenere chiusi
i confini del contado, per cui, il 2 settembre, i Conservatori e i sopra-
stanti la sanità eleggono il commissario e il custode ai confini a causa
del morbo e otto custodi, due per ognuna delle quattro porte del Ca-
stello, del Ponte, Fiorentina e San Niccolò71. Il personale di custodia
va retribuito, ma da solo il comune non può provvedere anche a que-
sta spesa; la soluzione è quella, consueta, di ripartire l’onere tra comu-
ne e confraternite72.
L’11 ottobre 1524 i Conservatori e i soprastanti la sanità adottano
dei provvedimenti relativi ad alcune persone: due donne, di cui una
moglie di un mugnaio, dovranno rimanere in casa fino a diversa di-
sposizione; due uomini dovranno rimanere fuori dalla città e dai bor-
ghetti per 8 giorni; gli uomini di Cospaia non dovranno recarsi a San-
sepolcro né avere pratica con i cittadini73. Nelle settimane seguenti i
provvedimenti si susseguono con grande rapidità: il 13 ottobre ven-
gono adottati ulteriori provvedimenti di divieto di residenza in città e
nel contado nei confronti di persone entrate senza permesso e di re-
clusione domestica per coloro che le hanno ospitate; il 18 ottobre è
stabilito che tutti i forestieri entrino in città soltanto da Porta del Ca-
stello; il 20 novembre vengono presi provvedimenti per impedire con-
tatti con gli uomini di Cospaia, i quali si recano nel contado di Città
di Castello «ove è suspecto de morbo»; il 13 dicembre i Conservato-
ri e i soprastanti la sanità impongono un pagamento straordinario per
la custodia dei confini e delle porte, a motivo della peste, al Comu-
ne, alla Fraternita di San Bartolomeo, alla Società delle Laudi, alle so-

70 Ivi, c. 357r. I quattro, che non percepiranno un salario, sono eletti il 25 agosto

1524 (ivi, cc. 359v-360r).


71 Ivi, c. 362r.

72 Il 21 settembre, i Conservatori e i quattro soprastati la sanità, vista la necessità

di pagare le guardie di confine e delle porte, e altre spese, distribuiscono così l’impor-
to: 15 lire a carico del comune, 6 della Fraternita, 4 delle Laudi, 2 di Santa Maria della
Misericordia, 2 di Santa Croce, 1 di Sant’Antonio (ivi, cc. 362v-363r).
73 Ivi, c. 365rv. Il divieto è revocato il 24 ottobre (ivi, c. 367r).

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88 SAGGI

cietà di Santa Maria della Misericordia e di Santa Croce e alla Società


di Sant’Antonio74.
Il contagio è diffuso anche nel contado, per cui, il 15 gennaio 1525,
i Conservatori scelgono un commissario con autorità di imporre agli
abitanti delle ville provvedimenti contro il morbo; il 18 gennaio collo-
cano una guardia al podere del Tevere; il 19 impongono una multa di
un fiorino ciascuno a tre uomini che dalla villa di Gragnano sono ve-
nuti in città75. Il 4 febbraio i Conservatori e i due soprastanti la sani-
tà, essendo necessario reperire il denaro per la custodia delle porte e
dei confini verso Anghiari e altrove a causa della peste, impongono un
prelievo di 15 fiorini e mezzo76. Il 4 marzo viene deciso di rinnovare
la commissione dei soprastanti la sanità, che è eletta due giorni dopo
(Luca Aretini, Matteo Pichi, Francesco Aretini e Ranierfrancesco Fol-
li)77. Il 12 marzo i nuovi soprastanti, insieme ai Conservatori, autoriz-
zano Giovanfrancesco d’Anghiari, fattore del vescovado, a trasferirsi a
Sansepolcro e vietano a chiunque di prelevare il sangue ad altri senza
espressa licenza78. Il 26 marzo è sospesa la fiera di San Lazzaro, «per
questo anno e questa volta tanto per suspecto de la peste»79. L’1 aprile
viene imposto il prelievo straordinario di 20 fiorini ai soliti enti, è fatto
divieto di accogliere in casa o bottega chi proviene da Anghiari o dal
contado di Città di Castello e viene posta una guardia alla Porta del-
la Pieve80.
Il 2 aprile, dal momento che «se intende rinovare la peste» e che
non si trovano persone disponibile a comporre la commissione dei so-
prastanti la sanità, i Conservatori deliberano di imborsare i nomi di
quaranta uomini, venti per canto, tra i quali scegliere annualmente i so-
prastanti. Le liste vengono approvate il 4 aprile, con venti uomini per
il canto di Levante e altrettanti per quello di Ponente81, e sono estrat-

74 Ivi, cc. 365v-366r, 369rv, 373v.


75 Ivi, c. 376rv.
76 Ivi, c. 377r. La somma è così ripartita: 7 fiorini pagati dal comune, 3 dalla Fra-

ternita di San Bartolomeo, 2 dalla Società delle Laudi, 1 e mezzo dalla Società di San-
ta Maria della Misericordia, 1 dalla Società di Santa Croce e mezzo dalla Società di
Sant’Antonio.
77 Ivi, cc. 379v-380r.

78 Ivi, c. 381r.

79 Ivi, c. 381v.

80 Ivi, c. 382r. Il 2 aprile 1525 è nuovamente scelto come medico condotto maestro

Giovanni Paccioni da Terni (ivi, c. 382r. Il 10 aprile giunge la comunicazione della sua
accettazione (ivi, c. 383v); prende servizio il 26 novembre (ivi, c. c. 398v).
81 Ivi, cc. 382v-383r. Tra essi: Baldino Graziani, Galgano Roberti, Conte Cattani,

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 89

ti ser Michelangelo di Giovanni Battista, Niccolò di Giovanni Cungi,


Serafino di Giovanni Dotti e Benedetto di Angelo Venuti82. Il 25 apri-
le è confermata la guardia a Porta del Castello83. Il 21 maggio vengo-
no licenziati tutti i custodi «causa morbi»84. Il 3 settembre la commis-
sione dei soprastanti alla sanità elegge i nuovi custodi delle porte del
Castello, del Ponte, Fiorentina, San Niccolò e Nuova85. Il 17 settem-
bre, «causa morbi evitandi», Cristoforo Chimenti è nominato custode
«ad Petretum»86. Il 2 novembre i Conservatori rinnovano la commis-
sione dei soprastanti la sanità, composta da Baldino Graziani e Giovan-
ni Francesco di Giacomo «Bagnaree» per la parte di Levante e Dionisio
Migliorati e Niccolò Sergiuliani per la parte di Ponente87.
L’11 gennaio 1526, riuniti insieme al loro collegio, deliberano che
il cappellano della Compagnia di Santa Maria delle Grazie, i cui con-
fratelli sono obbligati a seppellire i morti, partecipi alla sepoltura e re-
citi l’ufficio funebre88. Il 26 marzo i Conservatori rinnovano la com-
missione dei soprastanti la sanità89 e tre giorni dopo i nuovi soprastanti
si riuniscono con i Conservatori e deliberano che nessun oste o alber-
gatore alloggi un forestiero o un cittadino che rientri da fuori senza
espressa licenza del capitano, dei Conservatori e dei soprastanti, sotto
pena di 10 fiorini, di cui la metà andrà all’ufficio dei soprastanti. De-
liberano, inoltre, che si mettano quattro guardie alle porte, con il di-
vieto di fare entrate forestieri o cittadini che provengano da fuori del
contado senza espressa licenza come sopra90. Il 19 maggio la commis-
sione per la sanità è rinnovata91 e il 16 giugno sono poste due guar-

Bernardino Capucci, Bernardino Bofolci, Bernardino di Guido Capassini, Roberto di


Dionigi Roberti, Niccolò Cungi, Francesco di Giacomo di Fone, per il canto di Levan-
te; Paltone Tani, Serafino Dotti, Antonio di Anastagio Anastagi, Dionisio Migliorati,
Martino di Lucherino per il canto di Ponente.
82 Ivi, c. 383v.

83 Ivi, c. 385r.

84 Ivi, c. 385v.

85 Ivi, c. 395r. Il 12 settembre i custodi delle porte San Niccolò e Nuova vengono

sostituiti con un unico custode a Porta San Niccolò (ibidem).


86 Ivi, c. 395v.

87 Ivi, c. 397r.

88 Ivi, c. 401r.

89 Ivi, c. 414r.

90 Ivi, c. 414v.

91 Ivi, c. 420r.

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90 SAGGI

die alla Porta Nuova e altrettante alla Fontesecca92. Il 3 luglio vengo-


no rinnovati i custodi delle quattro porte principali «causa morbi»93.
Il 31 agosto viene nuovamente rinnovata la commissione sulla sanità94.
Il 23 ottobre i Conservatori e i soprastanti, dal momento che venti sol-
dati «nostri homini povari» sono rientrati da Montepulciano «dove
è il morbo grande» e si sono stanziati fuori le mura per il rischio del
contagio, impongono il pagamento di 2 fiorini ai priori della Fraterni-
ta e delle Laudi e di un fiorino a quelli delle compagnie di Santa Ma-
ria della Misericordia, Santa Croce e Sant’Antonio, per un totale di 7
fiorini da destinare alle necessità dei soldati95. Il 26 ottobre i Conser-
vatori, riuniti insieme ai Dieci della Guerra, vietano l’accampamento a
cento soldati del marchese di Mantova96. L’1 novembre 1526 è rinno-
vata la deputazione sulla sanità97. Il 7 dicembre i Conservatori e i so-
prastanti la sanità elargiscono agli uomini di Latignano, ai quali è sta-
to vietato di venire in città a motivo di alcuni infetti, 7 staia di grano
da distribuire ai poveri; inoltre, impongono alle solite confraternite il
pagamento complessivo di 12 fiorini98. L’11 dicembre è posto un cu-
stode alla Porta del Castello99.
Gli interventi a tutela della salute pubblica proseguono anche
nell’anno successivo e già l’1 gennaio 1527 è rinnovata la deputazio-
ne sopra la sanità che, nella prima riunione con i Conservatori (lo stes-
so giorno) decide un’imposizione complessiva di 21 fiorini per il paga-
mento delle custodie «causa morbi» nei confronti delle solite cinque
confraternite e della camera del grano100. Il 14 gennaio è rinnovata la
guardia della Fontesecca e vengono inviati ispettori a verificare la pre-
senza di guardie a Pocaia, Gragnano e San Pietro101. Il 26 febbraio ven-
gono imborsati nuovi nomi (40 in tutti, 20 per ciascuna delle due par-

92 Ivi, c. 422r.
93 Ivi, c. 423r.
94 Ivi, c. 425v.

95 Ivi, c. 428rv.

96 Ivi, c. 428v.

97 Ivi, c. 429v. Il 4 novembre 1526 i Conservatori confermano la condotta di mae-

stro Giovanni Paccioni da Terni medico fisico; la nomina gli è comunicata l’8 novem-
bre (ivi, c. 430r).
98 Ivi, c. 431rv.

99 Ivi, c. 431v.

100 Ivi, c. 432rv.

101 Ivi, c. 432v.

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 91

ti)102. Il 25 aprile i nuovi soprastanti si riuniscono con i Conservatori e


decidono la sostituzione di tutte le guardie delle porte103.
Il 27 giugno 1527 i Conservatori rinnovano la commissione sulla sa-
nità e l’1 luglio, visti i sospetti di peste in diversi luoghi tra cui Roma,
Perugia e la Marca, vengono rinnovati i custodi alle quattro porte prin-
cipali, a Porta Nuova e al Petreto104. Il 10 luglio la commissione sanita-
ria viene ampliata con altri componenti105 e il 13 luglio i soprastanti, ri-
uniti insieme ai Conservatori nella loggia dell’orto della Residenza, cioè
in uno spazio aperto, decidono l’istituzione di una condotta per il mese
di agosto per un medico della peste per estrarre sangue, praticare «im-
piastri» e medicare ogni persona per un salario di 8 ducati d’oro, di cui
4 anticipati. Accetta l’incarico maestro Francesco «dal Panieri», con la
clausola che se morisse durante il servizio gli otto ducati siano dati a
sua moglie e ai suoi figli e che, se necessario, possa essere prorogato di
altri due mesi per i quali riceverà un salario di 10 ducati complessivi106.
Il giorno seguente gli stessi organismi deliberano che chi si ammalerà
di qualsiasi malattia fuori della città, nel contado o fuori di esso, pos-
sa entrare in città o nei borghetti, o condurvi bestiame, senza espressa
licenza107. Infine, il 21 luglio, decidono che uno dei provveditori della
Fraternita e uno delle Laudi dimori continuamente in città di giorno e
di notte per espletare i propri uffici cominciando dal prossimo 23 lu-
glio108. Il 28 luglio i Conservatori e i soprastanti deliberano che si dia-
no ai confratelli del Crocifisso, che operano insieme a don Mario e a
Giordano, i tre paia di scarpe che hanno chiesto; che i tre ambasciatori
Piergentile Bofolci, ser Cherubino Mercati ed Egidio Boninsegni pos-
sano entrare in città il giorno seguente; che messer Ciriaco [Palamides-
si], Bartolomeo Graziani, Galgano, Bernardino Pichi, Silvestro Genna-
ri, Tidi di Santi, ser Lodovico e Dino di Ricciardo possano entrare in
città dal prossimo martedì 30 luglio in poi; che lunedì 29 luglio Carlo

102 Ivi, c. 436v. Tra essi Roberto di Dionigi Roberti, Bernardo di Conte Bofolci,

Giovannino di Guido del Cera, Bernardo Dotti, Dionigi di Paolo Migliorati, ser Che-
rubino Mercati, Gabriello Rigi, Orazio Pichi, Camillo di Baldino [Graziani], Antonio
di Anastagio [Anastagi].
103 Ivi, cc. 439v-440r. I nominativi erano stati estratti l’1 marzo (ivi, c. 438r).

104 Ivi, cc. 454r e 455v.

105 Ivi, c. 457r.

106 Ivi, c. 457v.

107 Ibidem. Lo stesso giorno si pone il problema del rientro di quattro ambasciato-

ri da Firenze, che per il sospetto della peste vengono alloggiati in alcune case della Fra-
ternita di San Bartolomeo (ivi, c. 458r).
108 Ivi, c. 458r.

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92 SAGGI

Benvenuti, maestro Sebastiano di Francesco e Piergentile Bofolci, pri-


ori della Fraternita, debbano recarsi presso i Conservatori per tutto il
giorno; che «el Busone de Meo de la Guiduccia» debba stare fuori dei
borghetti sotto pena di 10 fiornini109.
I Magnifici Conservatori e i soprastanti alla sanità si riuniscono,
ancora sotto la loggia dell’orto della Residenza, il 6 agosto 1527 e de-
cidono di ringraziare il concittadino don Mario Berlenghi per il servi-
zio svolto durante la pestilenza affidandogli in perpetuo la cappellania
dell’ospedale di San Lazzaro, mantenendogli anche l’obbligo di visita-
re gli infermi, confessarli, comunicarli e portare loro gli altri sacramenti
come ha fatto in passato. Dal canto suo don Mario si obbliga a rinun-
ciare, quando si potranno spedire le bolle, al suo beneficio di Santa Ma-
ria di Germagnano affinché venga unito alla mensa dei poveri di San
Lazzaro e dei gettati della Fraternita e a procurare, per quanto possibi-
le, il bene della Fraternita110. Le riunioni proseguono a ritmo incalzante
e l’8 agosto 1527 i due organismi discutono sulla possibilità di costruire
nuove sepolture per i morti di peste. Tre sono le proposte: Santa Maria
Nova111, che a qualcuno non sembra adatta perché piccola e non con-
sacrata, San Giovanni (s’intende San Giovanni d’Afra, lungo l’odierna
Via Giovanni Buitoni) e San Bartolomeo: l’ipotesi di Santa Maria Nova
è respinta con 7 voti contrari e 2 favorevoli; San Giovanni viene scel-
ta per seppellire coloro che moriranno di peste «dal canto de levante
dentro» con 8 voti favorevoli e 1 contrario; San Bartolomeo è indivi-
duata per le sepolture delle vittime della peste «dal canto de ponente
dentro» all’unanimità con 9 voti favorevoli112. Vengono, dunque, scelte
due chiese per ciascuna delle due parti, corrispondenti agli attuali rio-
ni di Porta Romana (Parte di Levante) e Porta Fiorentina (Parte di Po-
nente), ciascuno dei quali raggruppa due quartieri. Nel 1523 era stata
seguita proprio la ripartizione per quartieri individuando quattro chie-
se, ma è probabile che a questo punto il numero dei morti sia inferiore
a motivo della riduzione della popolazione causata sia dall’elevata mor-
talità degli anni precedenti sia dall’aumento del numero degli immuni
per il fenomeno noto come “immunità di gregge”.

109Ivi, cc. 458v-459r.


110Ivi, cc. 460v-461r.
111 Allo stato attuale delle ricerche non è chiaro dove si trovasse questa chiesa, do-

cumentata dal 1333 come parrocchia (ASCS, serie XXXII, 176, c. 94v). Sulla base di un
documento del 1413 è possibile localizzarla approssimativamente nei pressi dell’odier-
na Via Santa Croce, tra la chiesa di San Lorenzo e le mura (ASCS, serie I, 6, c. 12rv).
112 ASCS, serie II, 7bis, c. 461v.

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 93

Un segnale del rallentamento del contagio è dato anche dalla dimi-


nuzione dei provvedimenti a partire dalla tarda estate del 1527. L’11
agosto i Conservatori e i soprastanti la sanità espellono dalla città la fa-
miglia di Cavalino («o per amore o per forza») e deliberano una tassa-
zione straordinaria di 20 fiorini «pro subventione infectorum pestis et
aliis rebus oportunis» nei confronti della Fraternita di San Bartolomeo,
delle Laudi (6 fiorini ciascuna), delle società di Santa Maria della Mi-
sericordia, di Santa Croce (3 fiorini ciascuna) e Sant’Antonio (2 fiori-
ni)113. Il 18 agosto 1527 i Magnifici Conservatori e i soprastanti la sani-
tà vietano di recarsi ad Arezzo, Cortona, Castiglion Fiorentino, Firenze
e altri luoghi sospetti di peste senza espressa licenza delle autorità citta-
dine; il 21 agosto si introduce una multa di 10 ducati per chi entri fur-
tivamente in città e si impone alla Fraternita di San Bartolomeo e alle
Laudi di donare uno staio d’orzo ciascuna al medico Giovanni Paccio-
ni per il suo servizio in occasione della peste114. Il 25 agosto i Conser-
vatori, necessitando di pagare i debiti contratti per soccorrere i malati
di peste e pagare le guardie e avendo gravato grandemente le compa-
gnie, attingono 35 staia di grano alla camera pubblica115.
Ancora meno frequenti gli interventi nel 1528. Il 5 gennaio i Con-
servatori eleggono Conte Cattani, Giulio Graziani, ser Tito di ser Bar-
tolomeo Fedeli e Orlandino Nolfi soprastanti la sanità e il giorno dopo
la nuova commissione multa Andrea Meocci per essere uscito di casa
senza permesso e Giovanni di Renzo per non aver saputo rendere con-
to del pane e avere usato «parole desuneste»116. L’8 gennaio, dal mo-
mento che i soprastanti la sanità dispongono di una grande quantità di
denaro per soccorrere gli infetti, vengono eletti due ragionieri per rive-
dere l’amministrazione delle commissioni precedenti117. Il 22 gennaio
1528 Battista di Filippo di Giovagnolo è condannato al pagamento di
10 fiorini per non avere denunciato la malattia di una sua figlia118. Il 24
gennaio è multato Angelo di Buirolo detto Scoccia per essere andato a
dormire con una donna infetta nel palazzo dell’erede di messer Gnani
Piconi presso il Riascolo; l’incaricato di seppellire i morti, dal momento

Ivi, c. 462r.
113

Ivi, c. 463rv.
114

115 Ivi, c. 463v. Il 29 agosto 1527 è confermato il medico comunale (ivi, c. 464r) e il

31 agosto 1527 viene dato a Moscatello uno staio di grano della camera per i suoi servi-
zi a motivo della peste (ivi, c. 466r).
116 Ivi, c. 474r.

117 Ivi, cc. 474v-475r.

118 Ivi, c. 475v.

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94 SAGGI

che sotterra gli ammorbati senza riguardo, è confinato per due mesi119.
Il 3 febbraio 1528 i Conservatori e i soprastanti la sanità impongono un
prelievo di 12 fiorini a carico della Fraternita (4 e mezzo), Laudi (4 e
mezzo), società di Santa Maria della Misericordia, di Santa Croce e di
Sant’Antonio (uno ciascuna)120. L’1 marzo 1528 è rinnovata la commis-
sione dei soprastanti121. Il 27 aprile Gentile Arnolfi da Rimini, uno dei
più famosi medici del tempo, inizia l’ufficio di medico fisico a Sanse-
polcro122: di per sé è un atto di ordinaria amministrazione, dal momen-
to che la condotta medica dura un anno, ma probabilmente la scelta di
un professionista di chiara fama è dettata dalla situazione di emergenza
sanitaria. Contemporaneamente viene proseguita anche la linea di pro-
tezione della città controllandone gli ingressi123.

LO SCIOGLIMENTO DEL VOTO


In questa fase, in cui il contagio persiste ma, forse, comincia a de-
crescere, viene recuperata l’idea del voto, formulato il 18 luglio 1523,
di un pellegrinaggio a Loreto, santuario noto in tutta Europa già agli
inizi del XV secolo per la protezione contra pestem124. Così, il 17 ago-
sto 1527 i Conservatori e il gonfaloniere di giustizia «atteso al presente
esser la peste nella nostra città e contado e considerato che pochi anni
fa fu la peste et mortalità grande nella nostra città, et per grazia omni-
potenti Idio et de la gloriosa Vergine Maria havendo facto voto a loro
laude et honore portare uno stendardo con la nostra insegna a Santa
Maria de Loreto et quello in quel loco ad rei perpetuam memoriam re-

119 Ibidem.
120 Ivi, c. 477v.
121 Ivi, c. 480r. Il 21 aprile 1528 vengono imborsati trentasei nuovi nomi per la

commissione sulla sanità (ivi, cc. 481v-482r).


122 Ivi, c. 483r. Il 10 marzo 1528 il nunzio comunale era stato inviato a comunicar-

gli la nomina a medico fisico (ivi, c. 481r). Tra i più celebri medici del tempo, Gentile
Arnolfi (1473-1546) è figlio di Giuliano, archiatra di papa Alessando VI, e padre di un
altro Giuliano (1513-1547), anch’egli medico; le tombe di Gentile e del figlio Giuliano
si trovano nelle arcate cieche all’esterno del Tempio Malatestiano di Rimini, destinate
ai più alti dignitari della corte dei Malatesti (L. TONINI, Guida del forestiere nella città
di Rimini, Rimini 1893, p. 170 e G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiasti-
ca, 43, Venezia 1847, p. 126).
123 Il 5 luglio 1528 i soprastanti all’Abbondanza mettono alle porte le seguenti

guardie: Giovagnotto di Biagio di Muto «al Ponte», Alessandro di ser Francesco Pichi
«alla Fiorentina», Agnilo Marconi [?] «al Castello», Francesco di Mastino «a San Nic-
colò» (ASCS, serie II, 7bis, c. 488r).
124 Cfr. M. SENSI, Santuari, pellegrini, eremiti nell’Italia centrale, Spoleto 2003, I,

pp. 357-362.

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 95

lapsarlo, la qualcosa non s’è facta né observata per la nostra poca con-
scientia et con scuse non molte liccite [sic]», stabiliscono di convertire
i denari per il palio solito a corrersi nelle calende di settembre per in-
viare lo stendardo125.
Probabilmente c’è chi ritiene questa offerta poco adeguata e vuole
donare al santuario un oggetto prezioso e significativo, privarsi del qua-
le rappresenterebbe un sacrificio della comunità e, come tale, sarebbe
più gradito. Così, il 30 agosto, sebbene abbiano già deciso di utilizza-
re i denari del palio per confezionare uno stendardo ad hoc, i Conser-
vatori deliberano di inviare a Loreto, come stabilito in occasione della
precedente moria senza poi dare esecuzione alla decisione, il gonfalone
che si trova nella Residenza, «ad ciò che quella [cioè la Madonna] sem-
pre guardi la nostra comunità da omni male»126. Molto chiaro, dunque,
l’intento propiziatorio del pellegrinaggio, finalizzato a chiedere la pro-
tezione della Vergine Maria.
Ancora una volta la proposta rimane inattuata per cui, il 12 giugno
1528, i Conservatori e il gonfaloniere, vedendo aumentare la moria nel-
la città e pensando che «sia per non havere observato ex voto già fac-
to de mandare a Santa Maria de Loreto il nostro stendardo», decidono
all’unanimità di inviarlo tramite Francesco di Benvenuto, membro del-
la suprema magistratura cittadina, e un garzone, Cesco detto il Fratino,
per una spesa di 4 ducati per la cavalcatura127. Questa volta si passa su-
bito all’organizzazione e già due giorni dopo, domenica 14 giugno, An-
tonio detto il Rosso di Picone consegna ai Conservatori e al gonfalo-
niere 80 bolognini e molti «argenti menuti» raccolti dalla Compagnia
del Crocifisso in occasione della precedente pestilenza («per la moria
passata») per portarli a Loreto insieme allo stendardo, sciogliendo così
il voto. Il denaro e gli argenti vengono consegnati a Francesco di Ben-
venuto, «il quale va a Santa Maria de Loreto» per offrirli alla Madon-
na. Lo stesso giorno i Conservatori autorizzano Francesco ad assentarsi

125 ASCS, serie II, 7bis, c. 462v. Anche a Città di Castello, ad esempio, tra 1525 e

1527 si svolgono pubbliche preghiere alla Madonna delle Grazie, la cui immagine vie-
ne portata in processione per invocare la fine del contagio (L. PICCARDINI, Memorie so-
pra la prodigiosa immagine della Madonna delle Grazie principale patrona dei Tifernati,
Città di Castello 1886, p. 63; cfr. anche G. MUZI, Memorie civili di Città di Castello, I,
Città di Castello 1844, p. 108).
126 ASCS, serie II, 7bis, c. 464v. Il 27 novembre 1527, dopo vari altri tentativi anda-

ti a vuoto, Pierandera da Tolentino è eletto medico fisico del comune e due giorni dopo
Giovanni di Angelo Borgoli è inviato a portare a lui e ai colleghi maestro Mattento da
Santa Vittoria e maestro Andrea da Ripatransone, la proposta (ivi, c. 472r).
127 Ivi, c. 483v.

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96 SAGGI

dalla città per cinque giorni per andare a Loreto a portare il gonfalo-
ne. Finalmente, lunedì 15 giugno 1528 i due incaricati partono per la
Marca di Loreto con 4 ducati, 80 bolognini, gli oggetti d’argento e il
gonfalone128.
È dunque probabile che la tavoletta dalla quale la ricerca ha preso
avvio sia stata realizzata nel 1528, dopo lo scioglimento del voto, pur
riportando la data della formulazione dello stesso. Altrettanto probabi-
le che il sacerdote raffigurato presso il cataletto del malato non sia una
figura immaginaria, ma rappresenti don Mario Berlenghi (fig. 3).
Il ruolo del sacerdote è messo in evidenza anche il 6 febbraio 1529,
quando i Magnifici Conservatori, «atteso che anno passato fu la peste»,
prendono atto che don Mario, i confratelli del Crocifisso e molti altri
erano stati incaricati di seppellire i morti di peste129 a Santa Maria Mad-
dalena, per cui fra Marco Savelli, dei Minori Osservanti, aveva sostitui-
to il sacerdote come cappellano del Crocifisso; tuttavia, i confratelli del

128 Ivi, c. 484r. Non è la prima volta che il comune dimostra attenzione verso la de-

vozione mariana. Già il 31 agosto 1518 i Magnifici Conservatori e gli Otto Riformato-
ri del Monte di Pietà avevano elargito 8 fiorini in elemosina alla società della chiesa di
Santa Maria delle Grazie «noviter edificata» e 2 fiorini all’opera della società della Be-
ata Vergine del Popolo «noviter elevata» in San Bartolomeo (ivi, c. 197r). Il 20 giugno
1519 essendosi sviluppata «in quel de Monte Pulciano» una devozione a una madon-
na detta «la Madonna de San Biagio, la quale fa grandissimi miracoli et assai et molte
comunità ci anno [sic] mandato presenti con le processioni et essendoci facto inbascia-
ta che ancho noi doveremmo farce el simile ad honore de la decta Vergine Maria a ciò
che in tucti i nostri bisogni et pericoli ci adiuti [sic]», è stabilito di partecipare alle spese
che sosterranno le persone e le compagnie secondo quanto verrà disposto dai Magni-
fici Conservatori (ivi, c. 213r; si tratta della immagine mariana conservata nella chiesa
di San Biagio a Montepulciano, alla quale nel 1518 erano stati attribuiti fatti miracolo-
si. Il popolo di Montepulciano aveva perciò deciso di ricostruire la chiesa in forme mo-
numentali affidandone la progettazione ad Antonio da Sangallo il Vecchio). Ancora ad
esempio, il 10 agosto 1521 i Magnifici Conservatori, veduta la buona opera che compie
la Compagnia della Madonna delle Grazie «novamente ordinata» e la povertà dei con-
fratelli, considerato che senza l’aiuto delle elemosine la compagnia non può andare di
bene in meglio approvano un sussidio annuale di 2 fiorini da offrire in cera e fiaccole
nella chiesa da parte dei Magnifici Conservatori il giorno 2 febbraio di ciascun anno,
«che è la festa de sancta Maria Candelora» (ivi, c. 275r).
129 Probabilmente nelle operazioni di sepoltura, sempre molto pericolose quando

si tratta di contagio, sono stati coinvolti anche i confratelli della Madonna delle Grazie,
che già nel 1518 si erano assunti il compito di partecipare alle esequie e di seppellire i
cadaveri. Il 5 agosto 1518 i Magnifici Conservatori avevano approvato l’istituzione «de
la nova Compagnia di Santa Maria de le Gratie» perché i confratelli avevano assunto
l’obbligo di portare i ceri a tutti i morti, davanti alla croce, vestiti con la loro cappa, e,
finita la messa con l’ufficio per il morto, di prendere il morto e portarlo alla sepoltura
per seppellirlo con le loro mani. Data l’utilità pubblica di questo servizio, il 6 agosto il
Consiglio dei Sessanta del Popolo aveva approvato la nuova compagnia, con 49 voti fa-
vorevoli e 5 contrari (ivi, c. 196r).

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LA PESTE DEGLI ANNI 1522/1528 97

Fig. 2 – Tavola votiva, probabile ritratto di don Mario Berlenghi (foto Enzo
Mattei).

Crocifisso, stando a Santa Maria Maddalena, avevano arrecato al fra-


te un danno di 48 lire, di cui viene disposto il risarcimento130. Il riferi-
mento all’«anno passato» fa pensare alla cessazione del contagio, o co-
munque alla riduzione della virulenza.

130 Come spesso accade, la somma per il risarcimento è reperita attraverso un’im-

posizione alle cinque confraternite cui solitamente il comune ricorre: la Fraternita di


San Bartolomeo con 12 lire, le Laudi di Santa Maria della Notte con 12 lire, il comu-
ne con 12 lire, la Compagnia di Santa Maria della Misericordia con 5 lire; la Compa-
gnia di Santa Croce con 4 lire; la Compagnia di Sant’Antonio con 3 lire (ivi, c. 514v).

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