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La Peste Degli Anni 1522 1528 A Sansepol
La Peste Degli Anni 1522 1528 A Sansepol
L’OPERA
La tavola (fig. 1) misura 68 cm di altezza e 57,5 di larghezza. L’ope-
ra è stata attribuita a Giovanni del Leone da Lorenzo Coleschi (1886)3,
ma tale attribuzione è ritenuta «molto dubbia» da Odoardo Hillyer Gi-
glioli (1921)4 e non documentabile da Attilio Brilli (1972)5; anche Anna
Maria Maetzke (1984 e 1988)6 riprende le parole del Giglioli e definisce
1713; L. COLESCHI, Storia della città di Sansepolcro, Città di Castello 1886, pp. 131-134
(capitolo X: Delle calamità che afflissero in diversi tempi il Borgo Sansepolcro, cioè terre-
moti, fame e peste).
2 Fondato nel 1975 grazie all’ampliamento dell’antica Pinacoteca Comunale, le cui
origini sono da far risalire al collezionismo pubblico del XVII secolo e alle demaniazioni
del 1866, il Museo Civico di Sansepolcro è stato nuovamente modulato in Pinacoteca tra
giugno 2013 (con il trasferimento del gabinetto delle incisioni e delle stampe nella Casa
di Piero della Francesca) e giugno 2017 (con l’estromissione delle oreficerie e delle stof-
fe provenienti dalla basilica cattedrale), pur mantenendo la stessa denominazione, a que-
sto punto non del tutto pertinente. Sul museo cfr. E. VERRAZZANI, Il Museo Civico di San-
sepolcro nel costume cittadino: da piccola raccolta d’arte all’inaugurazione come Istituzione
comunale, Firenze 2009.
3 COLESCHI, Storia, p. 172. In precedenza, aveva segnalato la tavola, trascrivendo-
5 A. BRILLI, Borgo Sansepolcro. La città di Piero della Francesca, Sansepolcro 1972, p. 32.
Fig. 1 – Sansepolcro, Museo Civico, tavoletta votiva (1528 ca.; foto Enzo Mattei).
diti, saggi pittorici e ars aedificatoria, in A. CZORTEK – F. CHIELI, La nascita di una dioce-
si nella Toscana di Leone X: Sansepolcro da borgo a città, Roma 2018, p. 258.
L’ISCRIZIONE
Un secondo motivo di notorietà è costituito dalla iscrizione (fig. 2)
nella parte inferiore, realizzata con inchiostro nero su fondo bianco. Il
testo recita:
8 E. M ATTESINI, Tra volgare e dialetto: tre “tituli” di area umbra e toscana orientale,
in Atti del terzo convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana
Borgo/il Borgo è ancora oggi in uso da parte degli abitanti, per indicare il centro stori-
co, e delle popolazioni dei comuni vicini, che così chiamano la città stessa. Pertanto, il
termine Borgo, scritto con la maiuscola, verrà usato in maniera equivalente al nome at-
tuale, soprattutto in riferimento all’abitato in senso materiale.
11 SCHARF, Borgo San Sepolcro a metà del Quattrocento. Istituzioni e società 1440-
1460, Firenze 2003, pp. 42-44; dati sulla popolazione religiosa sono presentati in A.
CZORTEK, La vita religiosa a Sansepolcro tra 1203 e 1399, in La nostra storia. Lezioni sul-
la storia di Sansepolcro, I. Antichità e Medioevo, a cura di A. Czortek, Sansepolcro 2010,
pp. 203-259. Il censimento del 1427 non considera Sansepolcro poiché essa entrerà a far
parte del dominio fiorentino solo nel 1441.
San Bartolomeo
San Francesco
Sant’Agostino
San Giovanni
Santa Maria
San Niccolò
dei Servi
Abbazia
d’Afra
Pieve
1510 71 31 4 3 49 16 10 10 194
1511 51 26 2 4 39 12 12 3 149
1512 87 38 3 3 58 12 10 4 215
1513 81 15 6 3 43 14 8 8 178
1514 65 12 2 3 30 8 10 7 137
1515 62 27 9 3 37 15 22 3 178
1516 81 29 3 4 40 23 15 22 217
1517 162 70 34 8 111 25 24 19 453
1518 67 23 7 4 53 13 16 6 189
1519 64 29 1 5 31 6 10 3 149
Totali 791 300 71 40 491 144 137 85 2.059
Sansepolcro, Archivio Storico Comunale, serie XXXII, registro 145
(«Terzo libro de’ morti dall 1460 all 1519»).
12 G. PINTO, Città e spazi economici nell’Italia comunale, Bologna 1996, pp. 226-227.
LA PESTE
Le informazioni sulla peste si ricavano in prevalenza dal registro
7bis della serie II (Riforme e provvisioni dei consigli di Borgo Sansepol-
cro) dell’Archivio Storico Comunale cittadino, che, attraverso i verba-
li dei consigli comunali, permette di ricostruire le vicende con buona
precisione.
Il 1522 si apre senza segnali di particolari difficoltà. Il 2 febbraio i
Magnifici Conservatori14 si interessano della nomina del futuro medi-
co fisico, come previsto da una precedente riformagione, ma si tratta
di un atto ordinario15. Il 22 febbraio successivo il medico condotto è
autorizzato a recarsi presso la propria famiglia per un periodo di due
mesi, lasciando in città un idoneo sostituto: nella delibera dei Conser-
vatori si precisa la motivazione personale senza aggiungere altro16. Il 16
aprile muore il vescovo, Galeotto Graziani, e i Conservatori eleggono
una commissione di otto cittadini per la consegna della diocesi al suc-
cessore, già designato, Leonardo Tornabuoni17, senza fare riferimento
alla causa della morte.
Sembra, dunque, che l’attività istituzionale si svolga regolarmente
almeno fino al pieno dell’estate quando, il 31 luglio, si rende necessa-
16 Ivi, c. 291v.
ni, Cesare di Adamo Rigi, Dionisio Migliorati, ser Uguccione di Vico, Paltone Tani, ser
Girolamo Lucherini, Roberto di Luca Pichi. Il 25 aprile 1522 i canonici della cattedra-
le, a seguito della morte del vescovo Galeotto Graziani, eleggono vicario generale nel-
lo spirituale e nel temporale il canonico don Vincenzo Parigini (Sansepolcro, Archivio
Storico Diocesano, Archivio Vescovile, Atti episcopali, busta 1, reg. 1, c. 14r). Il vesco-
vo Niccolò Tornabuoni prende possesso della diocesi mediante procuratore il 6 agosto
1522 (ivi, c. 16v), ma giungerà in città solamente agli inizi di luglio del 1527 (ASCS, se-
rie II, 7bis, c. 456r). E. AGNOLETTI, I Vescovi di Sansepolcro, I, Sansepolcro 1972, p. 23,
che però data l’ingresso in diocesi al 14 gennaio 1524, si chiede: «Che lo abbia intimo-
rito il flagello della peste?».
21 Ivi, c. 310v. Il giorno seguente il Consiglio dei Sessanta del Popolo approva la
24Ivi, c. 315v.
25ASCS, serie II, 7bis, c. 324r. Don Bernardino di Donato e frate Pascasio di Gia-
como, concittadini, erano stati eletti precettori di grammatica del comune per un anno
il 19 settembre 1522, con un salario di 50 fiorini ciascuno più altri 4 fiorini ciascuno per
l’affitto della casa (ivi, c. 304v). Agli inizi dell’anno seguente, il 21 gennaio e il 24 genna-
io 1524, i consigli del comune eleggono maestro Stefano da Pieve Santo Stefano, «mo-
naco biancho», e il concittadino maestro Angelo di Arenguccio precettori di gramma-
tica nella scuola comunale per un anno a cominciare dal termine della condotta degli
attuali maestri. I due insegnanti vengono scelti «per li mamoli de la nostra ciptà adciò
imparino la virtù considerato che chi ha gramatica et scientia ha parte in onni logo del
mondo ed utile et honore di sé et suoi» (ivi, c. 341v).
26 Ivi, c. 324v.
27 Ivi, c. 325r.
28 Località nel distretto di Citerna, con un popolamento di tipo rurale nella forma
della villa, sulla strada tra Citerna e Città di Castello (G. R IGANELLI, Terra Citerne. Sto-
ria di una comunità dell’Alta Valle del Tevere e del suo territorio dall’Antichità all’inizio
dell’Età Moderna, Città di Castello 1996, pp. 42-43 e 200-201).
29 Località nel contado di Sansepolcro, nella pianura oltre il Tevere, presso l’abita-
to di Gricignano e non distante da Carsuga (cfr. E. AGNOLETTI, Viaggio per le valli alto-
tiberine toscane, Città di Castello 1980, pp. 156-158; E. AGNOLETTI, Spigolature di archi-
vio, Sansepolcro 1971, pp. 95-97).
30 ASCS, serie II, 7bis, c. 325v. Sul lebbrosario di San Lazzaro cfr. A. CZORTEK, Il
lebbrosario di San Lazzaro presso Sansepolcro nei secoli XIII-XIV. Descrizione delle fonti
per il periodo 1256-1394, in «Quaderni di storia religiosa», XIX, 2012 (fascicolo Malsa-
ni. Lebbra e lebbrosi nel medioevo, a cura di G. De Sandre Gasparini – M. C. Rossi), pp.
261-290; sugli ospedali di Sansepolcro cfr. A. PIERLI, Beneficenza e assistenza a Sansepol-
cro nei secoli XVII/XVIII, in La nostra storia. Lezioni sulla storia di Sansepolcro, II. Età
moderna, a cura di A. Czortek, Sansepolcro 2011, pp. 136-173, G. P. G. SCHARF, “Perché
è l’anno del perdono e ancho ci è di molti ammalati”: ospedali e giubileo a Sansepolcro nel
Medioevo, in Appennino tra Antichità e Medioevo, a cura di G. Roncaglia – A. Donati –
G. Pinto, Città di Castello 2003, pp. 441-444, G. P. G. SCHARF, Borgo San Sepolcro, i po-
veri, i malati e i pellegrini: consistenza e qualità dell’assistenza ospedaliera nel Medio Evo,
in «Pagine altotiberine», 13, 2001, pp. 19-44; G. P. G. SCHARF, Gli ospedali di Sansepol-
cro nel medioevo, in Vie romee dell’Appennino, Sestino 1998, pp. 23-44 .
31 ASCS, serie II, 7bis, c. 326r.
32 Ivi, c. 326v.
33 Ibidem.
34 Ivi, c. 327r.
35 Ibidem.
Una Gerusalemme sul Tevere. L’abbazia e il «Burgus Sancti Sepulcri» (secoli X-XV). Atti
del convegno storico internazionale di studio (Sansepolcro 2012), a cura di M. Basset-
ti – A. Czortek – E. Menestò, Spoleto 2013, pp. 11-54; A. CZORTEK, Borgo Sansepolcro e
Gerusalemme, dalle reliquie alla toponomastica, in Come a Gerusalemme. Evocazioni, ri-
produzioni, imitazioni dei luoghi santi tra medioevo ed età moderna, a cura di A. Benve-
nuti – P. Piatti, Firenze 2013, pp. 309-356.
37 ASCS, serie II, 7bis, c. 327v.
38 Ibidem.
39 Ivi, c. 328r. A proposito del monastero della Strada, fuori Porta San Niccolò, la
titolazione è Santa Maria, ma popolarmente è detto anche di San Leo a motivo del tra-
sferimento delle monache di questo monastero, avvenuta poco dopo il 1451. Il 14 aprile
1451 il papa Niccolò V riconosce il monastero di San Leo esente dal pagamento impo-
sto dal predecessore Eugenio IV agli enti religiosi del territorio toscano e incarica l’a-
bate di Sansepolcro di difendere i diritti delle monache (Bullarium Franciscanum, nova
series, I, a cura di U. Hüntemann, Quaracchi 1929, pp. 738-739). Tuttavia non si prov-
vede a costruire un nuovo monastero e le monache vengono trasferite a Santa Maria
della Strada, così che il monastero crolla quasi del tutto; anche la chiesa di San Leo nel
1461 ha il tetto crollato, tanto che il 18 giugno papa Pio II decreta che la chiesa e le ro-
vine del monastero di San Leo, appartenente al monastero di Santa Maria della Strada
e nel quale in precedenza avevano abitato le Clarisse, sia separato dal monastero della
Strada e incorporato all’abbazia camaldolese, così che i monaci, il cui monastero si tro-
tutto fra coloro che, per professione, non possono vivere ritirati. Il 20
giugno, ad esempio, dal momento che i balitori del comune sono im-
possibilitati a esercitare il loro ufficio perché infetti, vengono sostitui-
ti con altri tre40.
Tra le pagine ricche di preoccupazione, paura, tentativi più o meno
efficaci di evitare la morte emergono anche testimonianze di solidarietà
fra comuni vicini: il 18 luglio, da Monterchi giungono quattro amba-
sciatori («nostri vicini amatissimi») che al confine del contado, presso
il Trebbio, manifestano la loro partecipazione al dolore che ha colpito
Sansepolcro e consegnano «in segno d’amore et benivolentia» 54 paia
di pollastri, 2 agnelli, 370 uova e 11 «coppie de cascio»41.
Nella stessa data i Magnifici Conservatori, vedendo che la peste si
moltiplica di giorno in giorno, mossi a compassione e misericordia, ri-
flettendo che hanno provveduto con buoni ordini e medici idonei, ma
non hanno ottenuto risultati senza la grazia di Dio onnipotente e del-
la beata Vergine Maria e l’intercessione dei suoi santi, ordinano che «si
preghi de le bone persone» – monache, religiosi e sacerdoti – Dio per
intercessione dei santi Egidio e Arcano, «nostri primi autori», e di san
Benedetto, affinché la peste cessi e la città ne sia liberata. I Conserva-
tori, insieme ai membri della Compagnia del Crocifisso, «hanno facto
voto de remectere nella nostra ciptà et luogo et ordine de san Benedec-
to in luogo condecente, ove ci acorderemo, et mandare a Santa Maria
de Loreto uno stendardo con la nostra insegna del Sepolcro in dono, in
memoria de la gratia ricevuta»42. Il voto, dunque, è duplice e consiste
nella riapertura di un monastero camaldolese, dopo che nel settembre
1520 era stato soppresso quello antico a seguito della istituzione della
diocesi, e nell’invio di uno stendardo al santuario di Loreto. È proprio
la formulazione di questo duplice voto (18 luglio 1523) a determinare
la realizzazione della tavoletta.
La solidarietà delle comunità vicine continua e il 16 luglio 1523
quella di Pieve Santo Stefano consegna, presso il ponte sul Fiumicel-
lo, 1.800 uova, «dolendose de le nostre adversità et mala hinfluentia» e
offrendo aiuto per qualsiasi necessità; il 10 agosto da Montalone giun-
gono altre 600 uova circa, insieme a manifestazioni di dolore per l’ac-
va al centro del Borgo e non dispone di molto spazio esterno, possano provvedere alle
necessità dell’orto (Bullarium Franciscanum, nova series, II, a cura di G. M. Pou y Mar-
ti, Quaracchi 1939, pp. 480-481).
40 ASCS, serie II, 7bis, c. 328rv.
41 Ivi, c. 329r.
42 Ibidem.
43 Ivi, c. 329v.
44 Ibidem.
45 Ivi, c. 334rv. Il 9 ottobre maestro Achille di ser Michele da Castiglione è scelto
come medico fisico della comunità per il prossimo anno (ivi, c. 331v).
46 Ivi, cc. 334v-335r.
47 Ivi, c. 335r.
nato medico comunale per quattro mesi (ivi, c. 335v). Prenderà servizio il 16 novem-
bre (ivi, c. 336v). Il 23 dicembre i Magnifici Conservatori, valutando positivamente la
scienza e la dedizione di maestro Zaccaria prolungano la sua condotta di 8 mesi (ivi, c.
338r). Il 19 novembre 1525 i Magnifici Conservatori gli concederanno la cittadinanza
di Sansepolcro con tutti i benefici e gli uffici, «comme fusse nato qui» (ivi, c. 398rv).
Il 5 settembre 1526 i Conservatori, in vista del termine della condotta medica, scelgo-
no Lorenzo detto maestro Grazia, riservandosi di prorogare maestro Zaccaria nel caso
Lorenzo rinunciasse (ivi, c. 427r). Il 7 e 8 agosto 1527 la condotta a Zaccaria da Mon-
terchi viene ancora una volta rinnovata (ivi, c. 461rv).
fici Conservatori e suoi ministri, alle Laudi di Santa Maria della Not-
te, alla Fraternita di San Bartolomeo, alla casa dei marchesi del Monte
Santa Maria, alla casa dei conti di Montedoglio, alla casa di messer Lu-
igi della Stufa e a Checco di Ricciarello, macellaio; terminati i tre anni
le esenzioni saranno ripristinate, tranne che per i forestieri49. Il 4 dicem-
bre 1523, dal momento che i camerlenghi del Monte di Pietà, Galgano
di Roberto e Silvestro Gennari, non hanno potuto svolgere il loro ser-
vizio da maggio a settembre a motivo della peste, i Conservatori stabi-
liscono che l’anno del mandato, per il quale sono retribuiti, venga com-
putato dal decorso 1 settembre, mentre quelli già eletti per sostituirli
entreranno in carica l’1 settembre 152450. Il 23 dicembre 1523 decido-
no che tutti i testamenti e gli elenchi dei defunti scritti durante la peste
siano conservati presso la Fraternita di San Bartolomeo, in una cassa
riservata e chiusa con due chiavi, conservate rispettivamente da coloro
che hanno redatto le scritture e dai priori della Fraternita; nel caso in
cui tali scritture dovessero essere pubblicate, la pubblicazione avvenga
da parte del notaio della Fraternita51.
Ancora il 23 dicembre i Conservatori e il Consiglio dei Dodici ap-
provano la costituzione di una commissione per individuare un luogo
da assegnare ai monaci camaldolesi, «per esser stati nella nostra ciptà
sempre principali et buoni governatori et offitiatori anticamente nella
nostra badia et hora per esser facto vescovado semo rimasti privati de
tal luogho»; il giorno seguente la proposta è approvata dal Consiglio
dei Sessanta del Popolo52 e la commissione è eletta il 25 dicembre53. Il
23 gennaio 1524 i Conservatori e i Dodici destinano 40 ducati d’oro
alla commissione incaricata di trovare un luogo da assegnare ai camal-
dolesi54 e stabiliscono di assegnare una pensione a vita all’attuale retto-
re del beneficio che sarà assegnato loro55. Il 20 febbraio messer Niccolò
carne (ibidem).
50 Ivi, cc. 336v-337r.
52 Ivi, c. 339v.
53 Ivi, c. 340v. Sono scelti Cinzio Bernardini, Niccolò Rigi, Francesco «Cane-
dalle Laudi di Santa Maria della Notte, 7 ciascuno dalle compagnie di Santa Maria del-
la Misericordia e di Santa Croce, 4 dalla compagnia di Sant’Antonio (ivi, cc. 343v-344r,
1524 febbraio 14).
55 Ivi, cc. 342v-343r. A proposito dei Camaldolesi, nel preambolo della delibera è
affermato: «per havere la nostra ciptà grandissima obligatione cum decta religione per
haverci dal principio de la edifictione nostra circa le cose spirituali ben recti et gover-
nati fine nel presente».
56 Ivi, c. 344v.
58 Ivi, c. 345r. Un provvedimento relativo alla restituzione dei pegni non riscatta-
ti presso il Monte di Pietà del 22 aprile 1524 afferma: «per esser stato la peste nella no-
stra ciptà» (ivi, c. 349r).
59 Ivi, c. 346v.
anni, tanto uomini che donne, è vietato uscire dalle mura per qualsia-
si ragione, incluso portare legna o elemosinare sotto la stessa pena di 4
ducati e 4 tratti di corda, aumentata dalla fustigazione per tutta la cit-
tà e dal bando dal contado per dieci anni. Inoltre, nessuno, né terraz-
zano né forestiero, «ardischa mectare pie’ nella nostra ciptà o a quella
acostarsi per uno mezzo trarre d’arco», sotto la solita pena di 4 duca-
ti e 4 tratti di corda; la stessa pena viene stabilita per chiunque, di qua-
lunque stato e grado, possa uscire dalla città senza espressa licenza del
capitano e dei soprastanti per incontrarsi con parenti o amici o figli o
fratelli rientrati nel contado da fuori. Infine, viene deciso che nessuno,
né uomo né donna, della villa del Trebbio possa recarsi «alla ciptà del
Borgo» per un tempo di dieci giorni60. A seguito di questa decisione,
il 5 marzo 1524 i soprastanti la sanità nominano il capitano e i tre cu-
stodi dei confini61.
La politica di controllo del territorio e di limitazione degli sposta-
menti è rafforzata il 6 maggio, quando gli stessi Conservatori eleggono
quattro custodi alle porte della città «occasione morbi», cioè uno cia-
scuno a Porta del Ponte, Porta Fiorentina, Porta San Niccolò e Porta
Libera62. Questa linea di controllo viene ulteriormente potenziata il 21
maggio, quando è pagato il custode alla Porta Nova, Aurelio di Che-
rubino Palamidessi, e il 23 maggio, giorno in cui ricevono la paga altri
custodi «causa morbi», uno dei quali alla Fonte Secca. Lo stesso gior-
no, i Conservatori, dal momento che la peste è diffusa in molti luoghi e
che per evitare il contagio è bene mettere guardie altrove, oltre che alle
porte, dispongono che con il denaro disponibile siano pagate le guar-
die delle porte e che quelle da aggiungere siano pagate diversamente63.
Ancora, il 30 maggio i Conservatori e i soprastanti la sanità nominano
Matteo «de Sineloccio» commissario «alle Confine per cagione o guar-
60Ivi, c. 347r.
61Ivi, c. 348r.
62 Ivi, c. 351r. In altri casi si parla di Porta del Castello. Attualmente, entrambe le
denominazioni sono in uso, ma per indicare due porte differenti, sebbene in linea e vi-
cine fra di loro. Un documento risalente a poco prima degli anni della peste induce a
ipotizzare un differente uso dei nomi delle porte rispetto a quanto avviene ora, almeno
temporaneamente: il 3 agosto 1521 l’arte della lana di Sansepolcro concede alla Società
di Santa Maria delle Grazie un prato presso la rocca di Porta Libera, la via del comune
e la chiesa della Società di Santa Maria delle Grazie (Firenze, Archivio di Stato, Notari-
le Antecosimiano, 17900, n. 13). La descrizione dei confini del terreno conferma l’ipote-
si della denominazione di Porta Libera per quella oggi detta del Castello, assai prossi-
ma alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, già avanzata da SCHARF, Borgo San Sepolcro
a metà del Quattrocento, pp. 51-52 e 172-178.
63 ASCS, serie II, 7bis, cc. 351v-352r.
dia dal morbo»; con lui opereranno due guardie, mentre altre sono col-
locate a Porta del Castello (1 giugno) e «in villa Bastie», presso Gri-
cignano (5 giugno)64. Tutti questi provvedimenti mirano a evitare gli
spostamenti. Inoltre, le case nelle quali vi sono dei sospetti di conta-
gio devono rimanere chiuse con le persone dentro fino al 23 luglio; per
provvedere al loro sostentamento il 15 giugno un uomo viene inviato a
portare cibo a quanti non possono uscire per procurarselo65.
Accanto alla sospensione delle attività della scuola comunale, alla
eliminazione degli spostamenti e al controllo dei confini, alla concen-
trazione delle sepoltura in sole quattro chiese entro le mura, alla chiu-
sura in casa delle persone sospette di contagio, all’assunzione di per-
sonale medico il comune non esclude l’intervento divino. Così, il 20
giugno 152466 i Magnifici Conservatori decidono che le feste per la
Concezione della Madonna e di sant’Anna vengano celebrate per esse-
re liberi dalla peste e che annualmente, nella festa della Concezione, il
comune faccia celebrare messe in cattedrale67.
Il 29 giugno vengono pagate le guardie «causa morbi»68, ma il loro
numero è ritenuto insufficiente per cui, il 5 agosto, i Conservatori e i
soprastanti la sanità, constatando la necessità di nominare ancora cu-
stodi «causa morbi» perché la città sia conservata in salute e sia evitata
l’influenza pestifera, tassa alcuni luoghi pii per il salario dei custodi69.
64 Ivi, c. 352v. Nonostante la peste, la città ospita il capitolo provinciale dei Frati
Minori Conventuali, per cui il comune devolve al convento di San Francesco 25 fiorini
sia per il capitolo che per la fabbrica della chiesa (ibidem, 1524 giugno 16).
65 Ibidem.
co, è scelto come prossimo medico al termine dell’attuale condotta (ivi, c. 354v).
67 Ivi, c. 353v. Lo stesso giorno i Conservatori deliberano che «la festa de la Con-
ceptione de la Madonna et la festa de santa Anna, si debano guardare dicti dì, dentro
et fora, comme le feste comandate, socto pena de soldi 10 per ciascuno che contrafaces-
se […] a ciò siamo liberi da la peste» (ibidem). D’ora in poi, nel giorno della Concezione
ogni anno dovranno essere fatte celebrare del comune messe «alla Madonna del vesco-
vado», da sacerdoti diversi da quelli della cattedrale (ivi, c. 354rv). Probabilmente si trat-
ta della scultura della Vergine con il Bambino, detta anche Sedes Sapientiae, della fine
del XII secolo, attualmente conservata a Berlino. Oppure, potrebbe trattarsi di quella
ancora oggi conservata in Cattedrale, tra la cappella del Volto Santo e il presbiterio, risa-
lente al XV secolo; questa seconda ipotesi, tuttavia, pare meno probabile a motivo della
grande venerazione da tempo rivolta alla scultura più antica.
68 Ivi, c. 355v.
69 Ivi, c. 356r. La tassazione è così ripartita: Fraternita di San Bartolomeo per 6 fio-
rini, le Laudi di Santa Maria della Notte per 4 fiorini, la Società di Santa Maria della
Misericordia per 2 fiorini, la Società di Santa Croce per 2 fiorini; a questi 14 fiorini il
comune ne aggiungerà altri 5.
70 Ivi, c. 357r. I quattro, che non percepiranno un salario, sono eletti il 25 agosto
di pagare le guardie di confine e delle porte, e altre spese, distribuiscono così l’impor-
to: 15 lire a carico del comune, 6 della Fraternita, 4 delle Laudi, 2 di Santa Maria della
Misericordia, 2 di Santa Croce, 1 di Sant’Antonio (ivi, cc. 362v-363r).
73 Ivi, c. 365rv. Il divieto è revocato il 24 ottobre (ivi, c. 367r).
ternita di San Bartolomeo, 2 dalla Società delle Laudi, 1 e mezzo dalla Società di San-
ta Maria della Misericordia, 1 dalla Società di Santa Croce e mezzo dalla Società di
Sant’Antonio.
77 Ivi, cc. 379v-380r.
78 Ivi, c. 381r.
79 Ivi, c. 381v.
80 Ivi, c. 382r. Il 2 aprile 1525 è nuovamente scelto come medico condotto maestro
Giovanni Paccioni da Terni (ivi, c. 382r. Il 10 aprile giunge la comunicazione della sua
accettazione (ivi, c. 383v); prende servizio il 26 novembre (ivi, c. c. 398v).
81 Ivi, cc. 382v-383r. Tra essi: Baldino Graziani, Galgano Roberti, Conte Cattani,
83 Ivi, c. 385r.
84 Ivi, c. 385v.
85 Ivi, c. 395r. Il 12 settembre i custodi delle porte San Niccolò e Nuova vengono
87 Ivi, c. 397r.
88 Ivi, c. 401r.
89 Ivi, c. 414r.
90 Ivi, c. 414v.
91 Ivi, c. 420r.
92 Ivi, c. 422r.
93 Ivi, c. 423r.
94 Ivi, c. 425v.
95 Ivi, c. 428rv.
96 Ivi, c. 428v.
stro Giovanni Paccioni da Terni medico fisico; la nomina gli è comunicata l’8 novem-
bre (ivi, c. 430r).
98 Ivi, c. 431rv.
99 Ivi, c. 431v.
102 Ivi, c. 436v. Tra essi Roberto di Dionigi Roberti, Bernardo di Conte Bofolci,
Giovannino di Guido del Cera, Bernardo Dotti, Dionigi di Paolo Migliorati, ser Che-
rubino Mercati, Gabriello Rigi, Orazio Pichi, Camillo di Baldino [Graziani], Antonio
di Anastagio [Anastagi].
103 Ivi, cc. 439v-440r. I nominativi erano stati estratti l’1 marzo (ivi, c. 438r).
107 Ibidem. Lo stesso giorno si pone il problema del rientro di quattro ambasciato-
ri da Firenze, che per il sospetto della peste vengono alloggiati in alcune case della Fra-
ternita di San Bartolomeo (ivi, c. 458r).
108 Ivi, c. 458r.
cumentata dal 1333 come parrocchia (ASCS, serie XXXII, 176, c. 94v). Sulla base di un
documento del 1413 è possibile localizzarla approssimativamente nei pressi dell’odier-
na Via Santa Croce, tra la chiesa di San Lorenzo e le mura (ASCS, serie I, 6, c. 12rv).
112 ASCS, serie II, 7bis, c. 461v.
Ivi, c. 462r.
113
Ivi, c. 463rv.
114
115 Ivi, c. 463v. Il 29 agosto 1527 è confermato il medico comunale (ivi, c. 464r) e il
31 agosto 1527 viene dato a Moscatello uno staio di grano della camera per i suoi servi-
zi a motivo della peste (ivi, c. 466r).
116 Ivi, c. 474r.
che sotterra gli ammorbati senza riguardo, è confinato per due mesi119.
Il 3 febbraio 1528 i Conservatori e i soprastanti la sanità impongono un
prelievo di 12 fiorini a carico della Fraternita (4 e mezzo), Laudi (4 e
mezzo), società di Santa Maria della Misericordia, di Santa Croce e di
Sant’Antonio (uno ciascuna)120. L’1 marzo 1528 è rinnovata la commis-
sione dei soprastanti121. Il 27 aprile Gentile Arnolfi da Rimini, uno dei
più famosi medici del tempo, inizia l’ufficio di medico fisico a Sanse-
polcro122: di per sé è un atto di ordinaria amministrazione, dal momen-
to che la condotta medica dura un anno, ma probabilmente la scelta di
un professionista di chiara fama è dettata dalla situazione di emergenza
sanitaria. Contemporaneamente viene proseguita anche la linea di pro-
tezione della città controllandone gli ingressi123.
119 Ibidem.
120 Ivi, c. 477v.
121 Ivi, c. 480r. Il 21 aprile 1528 vengono imborsati trentasei nuovi nomi per la
gli la nomina a medico fisico (ivi, c. 481r). Tra i più celebri medici del tempo, Gentile
Arnolfi (1473-1546) è figlio di Giuliano, archiatra di papa Alessando VI, e padre di un
altro Giuliano (1513-1547), anch’egli medico; le tombe di Gentile e del figlio Giuliano
si trovano nelle arcate cieche all’esterno del Tempio Malatestiano di Rimini, destinate
ai più alti dignitari della corte dei Malatesti (L. TONINI, Guida del forestiere nella città
di Rimini, Rimini 1893, p. 170 e G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiasti-
ca, 43, Venezia 1847, p. 126).
123 Il 5 luglio 1528 i soprastanti all’Abbondanza mettono alle porte le seguenti
guardie: Giovagnotto di Biagio di Muto «al Ponte», Alessandro di ser Francesco Pichi
«alla Fiorentina», Agnilo Marconi [?] «al Castello», Francesco di Mastino «a San Nic-
colò» (ASCS, serie II, 7bis, c. 488r).
124 Cfr. M. SENSI, Santuari, pellegrini, eremiti nell’Italia centrale, Spoleto 2003, I,
pp. 357-362.
lapsarlo, la qualcosa non s’è facta né observata per la nostra poca con-
scientia et con scuse non molte liccite [sic]», stabiliscono di convertire
i denari per il palio solito a corrersi nelle calende di settembre per in-
viare lo stendardo125.
Probabilmente c’è chi ritiene questa offerta poco adeguata e vuole
donare al santuario un oggetto prezioso e significativo, privarsi del qua-
le rappresenterebbe un sacrificio della comunità e, come tale, sarebbe
più gradito. Così, il 30 agosto, sebbene abbiano già deciso di utilizza-
re i denari del palio per confezionare uno stendardo ad hoc, i Conser-
vatori deliberano di inviare a Loreto, come stabilito in occasione della
precedente moria senza poi dare esecuzione alla decisione, il gonfalone
che si trova nella Residenza, «ad ciò che quella [cioè la Madonna] sem-
pre guardi la nostra comunità da omni male»126. Molto chiaro, dunque,
l’intento propiziatorio del pellegrinaggio, finalizzato a chiedere la pro-
tezione della Vergine Maria.
Ancora una volta la proposta rimane inattuata per cui, il 12 giugno
1528, i Conservatori e il gonfaloniere, vedendo aumentare la moria nel-
la città e pensando che «sia per non havere observato ex voto già fac-
to de mandare a Santa Maria de Loreto il nostro stendardo», decidono
all’unanimità di inviarlo tramite Francesco di Benvenuto, membro del-
la suprema magistratura cittadina, e un garzone, Cesco detto il Fratino,
per una spesa di 4 ducati per la cavalcatura127. Questa volta si passa su-
bito all’organizzazione e già due giorni dopo, domenica 14 giugno, An-
tonio detto il Rosso di Picone consegna ai Conservatori e al gonfalo-
niere 80 bolognini e molti «argenti menuti» raccolti dalla Compagnia
del Crocifisso in occasione della precedente pestilenza («per la moria
passata») per portarli a Loreto insieme allo stendardo, sciogliendo così
il voto. Il denaro e gli argenti vengono consegnati a Francesco di Ben-
venuto, «il quale va a Santa Maria de Loreto» per offrirli alla Madon-
na. Lo stesso giorno i Conservatori autorizzano Francesco ad assentarsi
125 ASCS, serie II, 7bis, c. 462v. Anche a Città di Castello, ad esempio, tra 1525 e
1527 si svolgono pubbliche preghiere alla Madonna delle Grazie, la cui immagine vie-
ne portata in processione per invocare la fine del contagio (L. PICCARDINI, Memorie so-
pra la prodigiosa immagine della Madonna delle Grazie principale patrona dei Tifernati,
Città di Castello 1886, p. 63; cfr. anche G. MUZI, Memorie civili di Città di Castello, I,
Città di Castello 1844, p. 108).
126 ASCS, serie II, 7bis, c. 464v. Il 27 novembre 1527, dopo vari altri tentativi anda-
ti a vuoto, Pierandera da Tolentino è eletto medico fisico del comune e due giorni dopo
Giovanni di Angelo Borgoli è inviato a portare a lui e ai colleghi maestro Mattento da
Santa Vittoria e maestro Andrea da Ripatransone, la proposta (ivi, c. 472r).
127 Ivi, c. 483v.
dalla città per cinque giorni per andare a Loreto a portare il gonfalo-
ne. Finalmente, lunedì 15 giugno 1528 i due incaricati partono per la
Marca di Loreto con 4 ducati, 80 bolognini, gli oggetti d’argento e il
gonfalone128.
È dunque probabile che la tavoletta dalla quale la ricerca ha preso
avvio sia stata realizzata nel 1528, dopo lo scioglimento del voto, pur
riportando la data della formulazione dello stesso. Altrettanto probabi-
le che il sacerdote raffigurato presso il cataletto del malato non sia una
figura immaginaria, ma rappresenti don Mario Berlenghi (fig. 3).
Il ruolo del sacerdote è messo in evidenza anche il 6 febbraio 1529,
quando i Magnifici Conservatori, «atteso che anno passato fu la peste»,
prendono atto che don Mario, i confratelli del Crocifisso e molti altri
erano stati incaricati di seppellire i morti di peste129 a Santa Maria Mad-
dalena, per cui fra Marco Savelli, dei Minori Osservanti, aveva sostitui-
to il sacerdote come cappellano del Crocifisso; tuttavia, i confratelli del
128 Ivi, c. 484r. Non è la prima volta che il comune dimostra attenzione verso la de-
vozione mariana. Già il 31 agosto 1518 i Magnifici Conservatori e gli Otto Riformato-
ri del Monte di Pietà avevano elargito 8 fiorini in elemosina alla società della chiesa di
Santa Maria delle Grazie «noviter edificata» e 2 fiorini all’opera della società della Be-
ata Vergine del Popolo «noviter elevata» in San Bartolomeo (ivi, c. 197r). Il 20 giugno
1519 essendosi sviluppata «in quel de Monte Pulciano» una devozione a una madon-
na detta «la Madonna de San Biagio, la quale fa grandissimi miracoli et assai et molte
comunità ci anno [sic] mandato presenti con le processioni et essendoci facto inbascia-
ta che ancho noi doveremmo farce el simile ad honore de la decta Vergine Maria a ciò
che in tucti i nostri bisogni et pericoli ci adiuti [sic]», è stabilito di partecipare alle spese
che sosterranno le persone e le compagnie secondo quanto verrà disposto dai Magni-
fici Conservatori (ivi, c. 213r; si tratta della immagine mariana conservata nella chiesa
di San Biagio a Montepulciano, alla quale nel 1518 erano stati attribuiti fatti miracolo-
si. Il popolo di Montepulciano aveva perciò deciso di ricostruire la chiesa in forme mo-
numentali affidandone la progettazione ad Antonio da Sangallo il Vecchio). Ancora ad
esempio, il 10 agosto 1521 i Magnifici Conservatori, veduta la buona opera che compie
la Compagnia della Madonna delle Grazie «novamente ordinata» e la povertà dei con-
fratelli, considerato che senza l’aiuto delle elemosine la compagnia non può andare di
bene in meglio approvano un sussidio annuale di 2 fiorini da offrire in cera e fiaccole
nella chiesa da parte dei Magnifici Conservatori il giorno 2 febbraio di ciascun anno,
«che è la festa de sancta Maria Candelora» (ivi, c. 275r).
129 Probabilmente nelle operazioni di sepoltura, sempre molto pericolose quando
si tratta di contagio, sono stati coinvolti anche i confratelli della Madonna delle Grazie,
che già nel 1518 si erano assunti il compito di partecipare alle esequie e di seppellire i
cadaveri. Il 5 agosto 1518 i Magnifici Conservatori avevano approvato l’istituzione «de
la nova Compagnia di Santa Maria de le Gratie» perché i confratelli avevano assunto
l’obbligo di portare i ceri a tutti i morti, davanti alla croce, vestiti con la loro cappa, e,
finita la messa con l’ufficio per il morto, di prendere il morto e portarlo alla sepoltura
per seppellirlo con le loro mani. Data l’utilità pubblica di questo servizio, il 6 agosto il
Consiglio dei Sessanta del Popolo aveva approvato la nuova compagnia, con 49 voti fa-
vorevoli e 5 contrari (ivi, c. 196r).
Fig. 2 – Tavola votiva, probabile ritratto di don Mario Berlenghi (foto Enzo
Mattei).
130 Come spesso accade, la somma per il risarcimento è reperita attraverso un’im-