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costruire il futuro.
Che cos’è allora l’identità? Per me, un punto di vista, una
interpretazione della modernità: questa è l’identità.
Ed è qui che noi ci giochiamo, ha profondamente ragione il
prof. Bonomi su questo, la possibilità di continuare ad essere, o
di esserlo di più, un grande sistema europeo e globale. Se noi
siamo in grado di avere questo punto di vista della modernità,
nostro, non codista, non subalterno, non impaurito; possiamo
averlo questo punto di vista? Io credo di sì e vi propongo qual è
la chiave: questo punto di vista non sta nell’atteggiamento
economicistico di guardare al PIL. Il Pil è un indicatore
ignorante, debole, assolutamente amoderno e vorrei che
rifletteste su questo punto.
Qual è l’indicatore? Qual è la nostra identità? Se volete
quello che siamo riusciti a fare negli anni che vanno dal
dopoguerra in avanti. Io lo ricordo sempre, perché per me è, da
un punto di vista del percorso, un elemento che non è più nella
nostra memoria, ma noi, agli inizi del Novecento, eravamo la
terra più povera d’Italia assieme alla Calabria: agli inizi del
Novecento eravamo questo: la terra più povera d’Italia. Oggi
siamo quello che siamo, ma qual è stato il fattore di successo?
Per me, oltre naturalmente ed evidentemente agli aspetti legati
alla capacità del fare delle persone, non c’è in questo nessun dato
ideologico: c’è un dato sociale e culturale della nostra terra, è
l’impasto su cui noi siamo cresciuti. E qual è? Che l’economia e
la società erano una cosa sola, integrata, senza la qualità sociale
l’economia non era in grado di reggere.
Allora io vi invito a guardare quello che sta succedendo nel
mondo. Ascoltavo l’altra sera, alla trasmissione di Fazio,
Tremonti e ho trovato che anche i liberisti cominciano a capire
che l’economia e ancor di più il mercato, lasciato a sé, non è in
grado non solo di risolvere le contraddizioni ricchezza e povertà
del mondo, ma produce nuove contraddizioni insuperabili. Ma
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diffondere.
Dunque il PTR per noi, per voi, da questo punto di vista è
un’occasione, non per avere una riga in cui è scritto che Rimini è
un’eccellenza ed una porta aperta verso oriente. È così, ma non è
questa l’operazione che vogliamo fare: è cercare di costruire le
connessioni, affrontando alcuni nodi.
Il primo, grande tema: ridare qualità alla democrazia. È il
grande problema dell’Occidente ed è il grande problema
dell’Italia.
Noi qui ci confrontiamo con dei limiti che sono per
esempio un federalismo assolutamente inadeguato e sgangherato
che più a corto che a lungo andare comincia a rappresentare un
inciampo per il Paese, più che una opportunità, per come esso è
fatto, di sovrapposizioni, conflitti, sciocchi atteggiamenti di
potere ma noi non ci possiamo fermare, dobbiamo fare la
battaglia nazionale, la stiamo facendo. Questo governo ha messo
in piedi due cose assolutamente importanti, e spero che vadano
avanti, come la delega sul federalismo fiscale e la
riorganizzazione delle competenze, ma noi non ci possiamo
fermare, non possiamo attendere. E allora dobbiamo
riorganizzare, io ho smesso di usare la parola governance, l’ho
già dichiarato, dobbiamo riorganizzare le funzioni di governo,
almeno le nostre, che puntino alla efficienza, alla qualità e alla
decisione.
Anche da noi, che pure siamo da questo punto di vista, in
un bel mondo, ma il nostro raffronto e lo dico sempre, è con l’Ile
de France, non con la Lombardia o con la Calabria: è l’Ile de
France che conta per noi e allora siamo troppo lenti. Anche qui
abbiamo sovrapposizioni.
Questa è la prima sfida: riorganizzare la catena di governo,
superando sovrapposizioni, logiche di potere e la regione non si
pone da questo punto di vista, lo dico alle Province e ai Comuni.
Superare logiche di potere.
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più.
Debbo parlare del turismo perché sono a Rimini e perché
sarebbe per me impossibile non parlarne.
Io ho condiviso e apprezzato molto l’intervento di Pasi che
per me ha sintetizzato al meglio. Noi professore siamo già
l’esempio per l’Italia da questo punto di vista. Il nostro problema
è che l’Italia è troppo lontana da questo punto di vista, troppo
lontana. Io non riesco ancora a spiegarmi che per andare in Cina
bisogna avere, è semplice, uno guarda cos’è la Cina: un miliardo
e 250 milioni di persone (dicono i dati ufficiali ma sono di più),
quando vado a Shanghai parlo di una città di 20-22 milioni di
persone: come si fa a pensare di andare in Cina ciascuno con la
propria bandierina? Io dico, eppure noi, l’Italia è tanto lontana.
Allora noi dobbiamo fare la battaglia nazionale ma noi abbiamo
fatto un passo in avanti, che è stato quello di capire che sta nei
flussi la sfida competitiva.
Dobbiamo, e mi rivolgo soprattutto agli operatori e lo
sapete che la penso così, non ci dobbiamo assolutamente abituare
e questa tendenza un po’ c’è: c’è un flusso di risorse, ci si abitua,
ci si adagia e questo è un problema. Come l’industria, sì, ma
attenzione, dialogo volentieri. Qui noi abbiamo fatto un patto, un
patto. Noi non stiamo facendo la politica degli incentivi.
Abbiamo fatto un patto. Ci siamo detti: ragazzi, per vincere la
sfida bisogna esserci e andare e andare in modo integrato. Ora
noi qui abbiamo due problemi. Il primo: se non lo fa l’Italia
dobbiamo cominciare a farlo noi. Io dico che voi operatori dovete
fare l’altro salto di qualità e la Regione e le amministrazioni sono
sicuro, ci staranno, l’altro salto di qualità per proporvi voi,
protagonisti, tour operator di voi stessi per realizzare una
piattaforma turistica internazionale qui, perché qui c’è il valore
aggiunto, se no a voi vi arriva l’ultima parte della filiera, quella
meno ricca e dovete combattere sulla colazione, e dovete
combattere sul margine che ormai è zero tant’è che io sono un
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