Sei sulla pagina 1di 3

TURANDOT

Opera esotica, ambientata in Cina, a pechino; rappresentata nel


1924. Era incompiuta per la morte di Puccini ma fu completata da
franco Alfano; è tratta dalla fiaba teatrale di Carlo Gozzi del 1762 che
si chiama sempre Turandot, questa era molto più allegra rispetto alla
versione di Puccini. Tra i personaggi principali, Turandot principessa
di pechino e il principe Calaf, Puccini aggiunge anche un altro
personaggio, la schiava Liù, schiava del principe Calaf e innamorata di
lui. Era in 3 atti. Per quanto riguarda le musiche c’è un uso delle
musiche cinesi, un’inedita fantasia timbrica, e aggiunse svariati
idiofoni come xilofoni, celesta, Glockenspiel, campane tubolari, gong
ecc. Tra le melodie, quella più usata è “Moo Lee Vha” che compare
nell’atto I nel coro di fanciulli; per ricorrere a questa melodia si dice
che Puccini abbia ascoltato la melodia del carillon del suo amico, il
barone Fassini. Oltre all’esotismo, nella Turandot ritroviamo molte
dissonanze, con esempi di bitonalità e armonie aspre. Rispetto alle
altre opere di Puccini, in questa, le masse corali assumono un ruolo
importante e ricordano i quadri di folla del Boris Godunov di
Musorgskij e conferiscono ad alcune scene un tono grandioso. I tre
dignitari Ping, Pong e Pang invece alleggeriscono il tutto con le loro
battute. Tra i vari personaggi, accanto alle due figure femminili, Calaf,
mette in gioco la propria vita per Turandot; a lui viene affidata la
celebre aria “Nessun dorma” nell'atto III.
TURANDOT TRAMA
ATTO I= La principessa Turandot ha fatto voto di sposare colui che
riuscirà a risolvere tre enigmi, ovviamente controvoglia. Chi sbaglierà
verrà decapitato. Mentre l’ultimo pretendente viene condotto al
patibolo, compare il principe Calaf che ritrova il padre Timur e la
schiava Liù, segretamente innamorata di lui. Calaf vede Turandot, se
ne innamora e decide di sottoporsi alla prova, nonostante tutti lo
imploravano di non farlo.
ATTO II= Quadro primo. I tre dignitari sperano che Calaf vinca.
Quadro secondo. Turandot da spiegazione del suo comportamento
atto a vendicare un’antica ava, che fu violentata e uccisa da un re
barbaro. Il principe, che non ne sapeva nulla, scioglie i tre enigmi ma,
vedendo Turandot, si accorge che lei non era per niente contenta di
questa cosa e, con molta generosità, le propone un contro enigma:
se Turandot riuscirà a scoprire il suo nome, Calaf rinuncerà a sposarla
e alla vita.
ATTO III= Quadro primo. Ping, pong e pang cerca di capire il segreto
del principe. Timur e Liù, che sono stati visti assieme a lui, vengono
catturati e interrogati. Liù, per non svelare il nome del suo padrone,
si uccide. Il principe, giunta l’alba, sveglia Turandot, il tempo era
scaduto e nessuno in era riuscito a scoprire il suo nome e, così, Calaf
bacia Turandot e le svela il suo nome. Quadro secondo, Turandot,
come stregata dal bacio, annuncia davanti a tutta la corte che il
nome del principe è Amore.
TU CHE DI GEL SEI CINTA DA TURANDOT
A Liù Puccini assegno ben tre arie rispetto alle due di Turandot e
Calaf, nonostante fosse un personaggio secondario. Liù è il
personaggio più sentimentale, la classica eroina pucciniana, che ci
ricorda Madama Butterfly e Mimì della Bohème. “Tu che di gel sei
cinta da Turandot” è una delle arie più felici di Puccini e qui Liù
annuncia che Turandot ha ceduto al suo signore e la propria morte,
necessaria affinché il suo signore possa sposarla. L’aria era stata una
delle prime idee musicali che Puccini aveva avuto. La melodia
comincia in sordina per poi raggiungere il culmine all’ultimo verso;
l’orchestra asseconda il crescendo dove, inizialmente, sono oboe e
fagotto a raddoppiare il canto e sostenute dalle viole e da qualche
legno, poi si aggiungono corno inglese, archi e successivamente
l’intera orchestra. In questo punto Liù prende un pugnale da un
soldato e si toglie la vita. Nella successiva scena Puccini mantiene la
musica dell’aria di Liù che diventa così la sua trenodia. Calaf, Timur e
le maschere piangono Liù mentre la processione porta via la defunta.
A loro si unisce il coro che nella parte finale, pianissimo, espongono il
canto di Liù prima solo da soprani raddoppiati da violini e flauto, poi
si aggiungono tenori e bassi, sempre pianissimo, che concludono la
frase sostenuti dai pizzicati di: archi, arpa, celesta e dai suoni dei
legni, tra cui spicca l’ottavino. È qui che si fermò il maestro Puccini
prima di morire.

Potrebbero piacerti anche