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R.

Cartesio, Il Mondo o Trattato


sulla luce
Storia
Università degli Studi di Roma La Sapienza (UNIROMA1)
5 pag.

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Cartesio, Il Mondo

La differenza della sensazione che abbiamo e ciò che negli oggetti produce in noi questa
sensazione. Per quanto ciascuno di noi sia convinto che le idee che abbiamo nel nostro pensiero
siano del tutto simili agli oggetti non c’è ragione di essere sicuri di ciò; così come le parole
significano qualcosa solo per convinzione e non hanno nessuna somiglianza con gli oggetti che
descrivono – se è così, allora perché la natura non avrebbe potuto stabilire un certo segno che generi
in noi la sensazione della Luce anche se con essa non sussiste nessuna relazione? Si potrebbe
obiettare che gli orecchi però ci fanno effettivamente udire il suono delle parole e nello stesso modo
agisce la vista. Ma, nello stesso modo, agisce la nostra mente che ci rappresenta l’idea di luce
ogniqualvolta il nostro occhio è stimolato dall’azione che la significa. La maggior parte dei filosofi
afferma che il suono non è altro che una certa vibrazione dell’aria che giunge a colpire i nostri
orecchi, così se l’udito rappresentasse veramente l’immagine dell’oggetti, invece del suono
dovrebbe farci concepire il movimento delle parti dell’aria. Siccome di tutti i nostri sensi il tatto è
stimato quello più affidabile, se Cartesio dimostra che anche questo ci può ingannare sarà facile dire
altrettanto della vista. Non v’è nessun che ignora che le idee di solletico e dolore si formano nel
contatto con corpi esterni e non hanno nessun somiglianza alcuna con questi.
Non conosciamo al mondo che due tipi di corpi in cui si trovi la Luce: gli Astri, che però non
possiamo analizzare perché non conosciamo bene, e il Fuoco. La Fiamma muove le particelle e le
separa l’una dall’altra trasformando le più piccole in fuoco, arie e fumo, e quelle più grosse in
cenere. Siccome on ci sembra possibile che un corpo possa muovere un altro senza muovere sé
stesso, il corpo della fiamma che agisce contro il legno è composto di piccole parti anch’esse in
movimento violento che spingono e traggono con sé le parti dei corpi che toccano e che non offrono
loro troppa resistenza. Le particelle sebbene si accordino per produrre lo stesso effetto, ciascuna di
esse agisce in quanto singola e indipendente contro i corpi con i quali viene in contro. Nella fiamma
ci sono particelle che si dirigono in tutte le direzione, se assumono ai nostri occhi un solo
movimento è perché ci sono altri corpi che impediscono opponendo più resistenza le altre direzioni.
Fuori dal nostro pensiero non si dà nulla che sia simile alle idee del solletico e del dolore quale le
concepiamo, così come per il calore ma tutto ciò che può muovere le particelle delle nostre mani o
di qualsiasi altra parte del corpo può suscitare in noi questa sensazione. Quanto alla Luce, si può
concepire lo stesso movimento e procedimento.
Nel Mondo, si danno un’infinità di movimenti che sono eterni, non v’è nulla in nessun luogo che
non muti, anche se non può essere percepito. I dotti accordano nel dire che esiste un Primo Mobile
il quale, ruotando intorno al Mondo con velocità inconcepibile, sia l’origine e la fonte di tutti gli
altri movimenti. La differenza che sussiste fra i corpi duri e quelli fluidi: ogni corpo può essere
diviso in parti piccole infinitamente. Se due di queste particelle si toccano e non agiscono per
allontanarsi l’una dall’altra è necessaria una forza tanto maggiore quanto il numero di particelle. Se
si toccano incidentalmente quando sono in azione per muoversi da due lati diversi, per separarle
sarà necessaria una forza minore che se fossero prive di movimento. Fra i corpi duri e fluidi non si
trova altra differenza che le parti degli uni possono essere separate dall’insieme più facilmente di
quelle delle altre. Per formare il corpo più duro che sia possibile immaginare, è sufficiente che tutte
le sue parti si tocchino senza che rimanga spazio e moto contrario. Per formare il corpo più fluido,
tutte le particelle si devono muovere nei modi più diversi con la massima rapidità pur rimanendo
sempre in contatto. La fiamma non è soltanto fluida ma rende fluida anche la maggior parte dei
corpi. Quanto fonde i metalli non agisce con forma diversa di quando brucia il legno, ma le
particelle dei metalli sono più uguali fra di loro e la fiamma non può muovere l’una senza muovere
l’altra formando così dei corpi fluidi, mentre nel legno le particelle sono diseguali e rende le più
piccole fluidi (fumo) senza agire nello stesso modo per le parti grosse. Dopo la fiamma non v’è
nulla di più fluido dell’aria, le cui parti più grosse sono gli atomi visibili ai raggi del Sole. Qui
consideriamo come una sola parte tutto ciò che non agisce per separarsi, in un movimento uguale.

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Tra le parti dell’aria alcune risultano più grosse e si muovono lentamente. Se però tra le parti di una
fiamma ve ne sono di più piccole che nell’aria, ve ne sono anche di più grandi o ve ne è un
maggiore numero uguale, e per questo si muovono più velocemente e hanno la forza di bruciare.
Che nella fiamma ve ne siano di più piccole è evidente dal fatto che riescono a penetrare in corpi
dove l’aria non può passare, e che ve ne siano di più grandi lo si vede dal fatto che l’aria da sola non
può alimentare una fiamma, e che queste possano bruciare dal fatto che la fiamma che scaturisce
dall’acquavite o da altri corpi più piccoli non brucia quasi per nulla, al contrario di quella che
proviene da corpi più duri.
L’aria, pur essendo un corpo come gli altri, non può essere percepita. Bisogna evitare l’errore di
pensare che vi siano corpi solo dove li possiamo percepire. Tutti i corpi sono composti di una
medesima materia. Se in qualche luogo potesse darsi il vuoto questo dovrebbe essere nei corpi duri
piuttosto che nei fluidi: le parti di questi ultimi, essendo in movimento, possono pigiarsi e disporsi
l’una contro l’altra ben più facilmente di quanto non facciano le parti degli altri corpi che son privi
di movimento. Le parti che formano i corpi fluidi sembra che non possano muoversi continuamente
senza che fra l’una e l’altra vi sia spazio vuoto o senza che ve ne sia nei luoghi da cui esse escono
via via che si muovono. Tutti i movimenti che si danno nel mondo sono circolari, tali che quando un
corpo lascia il suo posto entra sempre in quello di un altro per cui tra essi non si trova più vuoto
quando si muovono di quanto ve ne sia quanto sono fermi. Non è affatto necessario che tutte le parti
dei corpi che si muovono insieme siano esattamente disposte in tondo. Quanto i corpi si muovono
nell’aria, non notiamo questi movimenti circolari perché siamo abituati a concepire l’aria come uno
spazio vuoto. Non possiamo sentire nessun corpo, se esso non produce qualche cambiamento negli
organi dei nostri sensi cioè se non muove in qualche modo le particelle della materia di cui questi
organi sono composti. È proprio ciò che possono fare gli oggetti che non sono sempre presenti, pur
che abbiano sufficiente forza. Non per questo però si deve pensare che l’aria sia solida come
l’acqua o come la Terra: è rarefatta. Questo può essere dimostrato dall’esperienza: le parti di una
goccia separate l’una dall’latra dall’agitazione prodotta dal calore formano una quantità di aria ben
maggiore di quanto ne potrebbe contenere lo spazio in cui era l’acqua. Fra le parti di cui è formata
l’aria si trova una gran quantità di piccoli interstizi, non v’è altro modo di concepire un corpo
rarefatto. Questi interstizi però non sono vuoti ma sono occupati da latri corpi mescolati con l’aria.
I filosofi asseriscono che al di sopra delle nubi si trova una cera ria molto più sottile della nostra che
costituisce un elemento a parte. Affermano che al di là di tale aria v’è ancora un’altra, molto più
sottile, l’Elemento del Fuoco. Questi due elementi sono mescolati con l’aria e la terra nella
composizione di tutti i corpi inferiori. Questa aria più sottile e questo elemento del fuoco riempiono
gli interstizi che si trovano fra le parti dell’aria che respiriamo e compongono la massa più solida.
Concepisce il primo, l’Elemento del fuoco, come il fluido più sottile e penetrante, le sue parti sono
le più piccole e le più rapide. Le sue parti non sono dotate di grandezza o di figura determinata e
possono accordati a ogni luogo e corpo, eliminando il problema del vuoto. Il secondo elemento,
dell’Aria, è un fluido sottilissimo con grandezze e figure rotonde che per quanto possano incastrarsi
bene fra di loro ci sarà sempre lo spazio per il primo elementi di inserirsi. Questo elemento ha
sempre un po’ di materia del primo. Il terzo elemento compone la Terra, le cui parti sono le più
grandi e lente. Per spiegare questi elementi non servono le qualità dette Calore, Freddo, umidità e
Secchezza come fanno i filosofi perché esse stesse hanno bisogno di spiegazione. Non accetta altri
elementi oltre i tre che ha descritto, gli altri corpi possono essere spiegati per i loro movimenti,
grandezze, figure e disposizioni di parti. Le forme di questi corpi composti contengono sempre
alcune qualità che si contrappongono a vicenda, a differenza degli elementi che si accordano
sempre. Non riesce a individuare al mondo altre forme al di fuori di quelle che ha descritto: quelle
del primo elemento consiste nel fatto che le sue parti sono talmente rapide e minute che non vi è
altro corpo in grado di fermarle; la forma del secondo consiste nel fatto che le sue parti sono dotate
di un movimento e di una mole così intermedi che se al Mondo si trovano diverse cause che
possono aumentare il moto e diminuirne la mole, se ne possono trovare che fanno l’opposto e così

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restano sempre uguali; la forma del terzo consiste nel fatto che le sue parti sono così grandi e unite
da aver sempre la forza di resiste ai movimenti degli altri corpi. Non si può trovare nessuna forma al
mondo che non abbia in sé qualità che tendono a farla mutare verso una di queste forme. Tuttavia,
gli elementi dell’aria e della terra non sono per nulla simili all’aria che respiriamo né alla terra su
cui camminiamo, tutto ciò che vediamo intorno a noi sono misti o composti. Non si deve pensare
però che questi corpi non abbiano luogo dove esistere e conservarsi in forma pura. I corpi misti
esistono solo sulle loro superfici per effetto degli elementi che, opposti fra di loro, toccandosi li
creano. Se consideriamo tutti i corpi dell’universo ne troveremo soltanto tre che possono essere
contati tra le sue parti principali come puri di questi elementi: il sole e le stelle fisse per il primo, i
cielo per il secondo e la terra con i pianeti e le comete per il terzo. Unisce i pianeti e le comete con
la terra perché resistono alla luce e ne riflettono i raggi allo stesso modo. Unisce il sole alle stelle
perché basta l’azione della loro luce a far conoscere la loro materia sottilissima e agitata, opposta
alla terra e ai pianeti. I cieli, che non possono essere percepiti dai nostri sensi, sono intermedi. Noi
percepiamo solo i corpi misti del terzo genere, gli altri sono troppo sottili per essere percepiti.
Possiamo rappresentare tutti questi corpi come spugne in cui la quantità di pori o piccoli fori sempre
pieni di aria e acqua, non porta tuttavia a pensare che tali fluidi abbiano parte nella composizione
della spugna.
Rechiamoci adesso in un mondo immaginario. Molti filosofi ci dicono che ce ne sono di infiniti,
avendoli costituiti loro. Addentriamoci però solo quanto basta perché si possano perdere di vista
tutte le creature create da Dio seimila anni fa (la nascita del mondo secondo l’epoca), e supponiamo
che Dio crei di nuovo tutto intorno a noi tanta materia che la nostra immaginazione non vi scorga
più alcun luogo che sia vuoto. Nonostante la nostra immaginazione si possa estendere al’infinito e
questa materia non si supponga infinita, possiamo tuttavia supporre che essa riempia spazi più vasti
di tutti quelli che avremo immaginato. Limitiamola a uno spazio determinato e attribuiamole una
natura tale che non vi si possa trovare cosa che ciascuno non possa conoscere per quanto possibile.
Supponiamo che non possegga né la forma della terra, né del fuoco o dell’aria e che non abbia
qualità conosciuta. Non pensiamo neppure che sia quella Materia prima dei filosofi, spogliata di
tutte le forme e qualità che non vi è rimasta cosa che possa essere chiaramente intesa.
Concepiamola come un corpo solido che riempia in modo uguale tutta la lunghezza, larghezza e
profondità in modo che ciascuna delle sue parti occupi sempre un luogo di questo spazio. Tale
materia può dividersi in tutte le parti e secondo tutte le figure che possiamo immaginare e che ogni
sua parte può ricevere in sé tutti i movimenti che possiamo concepire. Supponiamo che Dio la
divida in parti, piccole e grandi, e che non vi sia vuoto fra di essa ma solo differenza di movimenti.
Le leggi di Dio sono così perfette che anche se supponessimo che Dio crei prima il Caos questo si
riordinerebbe per acquistare la forma di un Mondo perfetto nel quale si possano vedere tutte le cose
che si vedono in questo Mondo. L’idea di questo mondo è così compresa in tutte quelle che la
nostra immaginazione può formare che bisogna assolutamente concepirla. Se i filosofi dovessero
trovarne difficoltà avendo in mente la loro Materia prima, rispondiamo che tutta la difficoltà nella
Materia prima consiste nel fatto che la vogliono distinguere dalla sua quantità e dalla sua estensione
esterna, quella cioè di occupare spazio, la sua forma ed essenza. Se vi ponessi la minima cosa
oscura in questo mondo, potrebbe trovarvi posto una contraddizione inconscia mentre potendo
immaginare ogni cosa riportata qui no c’è dubbio che sia vera perché Dio può creare tutte le cose
che possiamo immaginare.
Per Natura non intendiamo affatto Divinità ma la materia stessa con tutte le qualità attribuitegli e
sottoposta alle condizioni che Dio continui a conservarla, giacché Dio è immutabile e i suoi
mutamenti non possono essere attribuiti a lui (tranne il Primo mobile), che non cambia mai, allora
devono essere attribuiti alle leggi della Natura. La prima legge afferma che ogni parte della materia
in particolare persiste nello stesso stato fino a che l’urto delle altre non la costringa a mutarlo.
Cartesio differisce il suo movimento, che appartiene alla Favola del nuovo mondo, da quello dei
fiosofi: il suo movimento è facilmente intellegibile. I movimenti dei filosofi possono compiersi

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senza che nessun corpo cambi di posto, mentre Cartesio ne conosce solo uno e permette ai corpi di
passare da un luogo all’altro occupando tutti gli spazi intermedi. La quiete per i filosofi è la
privazione di movimento e il loro movimento mira a distruggersi contro le leggi della Natura,
mentre per Cartesio è una qualità che deve essere attribuita alla materia , come il movimento ne è
un’altra. La seconda regola afferma che quanto un corpo ne sospinge un altro non può imprimerli
nessun movimento senza, nello stesso tempo, perderne altrettanto del suo, né sottrargliene senza che
il proprio non ne sia accresciuto in ugual misura. Tuttavia, se si omette di spiegare l’effetto della
sua resistenza secondo la nostra seconda Regola e si pensa che quanto più un corpo può opporre
resistenza tanto più è capace di fermare il moto degli altri, si incontreranno difficoltà per dar
ragione al fatto che il movimento di questa pietra si attenua maggiormente incontrando un corpo
molle e di media resistenza che non quando s’imbatte in uno più duro e che gliene oppone una
maggiore. Così come non sarà facile spiegare come mai tale pietra appena esercitato un certo sforzo
ritorni immediatamente sui suoi passi anziché fermarsi. Questi corpi possono spesso derivare la loro
agitazione dai due elementi dell’aria e del fuoco che si trovano sempre tra loro o anche dall’aria
senza poter essere avvertiti. Queste due regole derivano dal fatto che Dio è immutabile e che
agendo sempre nello stesso modo produce sempre lo stesso effetto, per questo non possono essere
contraddette. La terza regola afferma che quando un corpo si muove, per quanto il suo moto
avvenga secondo una linea curva e non se ne possa dare mai nessun che non sia in qualche modo
circolare, ciascuna delle sue parti tenderà sempre a continuare il suo moto secondo una linea retta.
La loro azione, l’inclinazione che essa hanno a muoversi, è diversa dal loro movimento. Per
concepire il moto rettilineo basta pensare che un corpo sia in azione in una certa direzione, il che si
trova in ciascuno degli istanti determinabili nel momento in cui si muove, cosa che non accade con
il moto circolare che per essere considerato ha bisogno di due istanti o due delle sue parti in
rapporto. Non si afferma con ciò, tuttavia, che il movimento rettilineo possa attuarsi in un istante
ma che tutto ciò che è richiesto per produrlo si trova già nei corpi in ogni istante determinabile nel
momento in cui si muovono. Solo Dio è l’autore di tutti i movimenti che sono nel mondo, in quanto
sono rettilinei, invece sono le diverse disposizioni della materia che li rendono irregolari e circolari.
Così come i teologi ci insegnano che Dio è l’autore di tutte le nostre azioni in quanto sono buone,
ma che sono le diverse disposizioni della nostra volontà che le rendono viziose. Quelli che sapranno
esaminare queste regole potranno conoscere gli effetti muovendo dalle loro cause, cioè potranno
ottenere dimostrazioni a priori di tutto quel che può essere prodotto in questo nuovo Mondo. Nel
nuovo Mondo, Dio non opererà miracoli e le intelligenze o anime razionali non turberanno in alcun
modo il corso ordinario della Natura.
Per considerare la materia nello stato in cui avrebbe potuto essere prima che Dio avesse iniziato a
muoverla, dobbiamo immaginarla come il corpo più duro e più solido del mondo. In quanto poi non
sarebbe possibile spingere una parte di questo corpo senza spingere tutte le altre, bisogna pensare
che la forza di muoversi e separarsi si sia diffusa uniformemente, ma non è potuta essere totalmente
perfetta. Dato che non c’è nessun vuoto, non è stato possibile che tutte le parti della materia si siano
mosse in linea retta ma, essendo più o meno uguali, e potendo essere deviate con identica facilità
hanno dovuto accordarsi tutte insieme in movimenti circolari. Tuttavia, poiché Dio all’inizio le ha
mosse con moti differenti, si sono creati diversi centri. Esse sono meno agitate e più piccoli in
prossimità di questi centri. I centri più grandi, più prossimi alla linea retta, sono stati creati da
particelle più grosse e con maggiore forza. Al principio la materia contenuta entro i cerchi era meno
divisa e agitata. Supponiamo che Dio abbia messo all’inizio ogni sorta di ineguaglianza tra le parti
di questa materia, e allora ve ne saranno state di ogni specie di grandezza e figura disposta a
muoversi o non muoversi. In seguito, però, sono divenute quasi tutte uguali, soprattutto quelle che
sono rimaste a identica distanza dai centri. Siccome le une non potevano muoversi senza le altre, è
stato necessario che le più agitate comunicassero parte del loro moto a quelle che lo erano meno e
che le più grandi si spezzassero e si dividessero per poter passare per gli stessi luoghi di quelle
precedenti. Le loro figure all’inizio avevano parecchi angoli e spigoli ma dopo, muovendosi e
urtandosi le une contro le altre, hanno dovuto rompere le punte dei loro angoli e smussare gli spigoli

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fino a diventare rotonde. Ora non si può dare più nessuna differenza fra quelle vicine o lontane dal
centro, se non il moto agitato di quelle più lontane. Alcune che fin dal principio erano più grandi e
irregolari delle altre non hanno potuto dividersi e arrotondarsi con la stessa facilità e in molte si
sono congiunte formando il terzo Elemento e hanno composto i Pianeti e le comete. La materia,
uscita dal alto esterno delle parti del secondo elemento, via via che hanno smussato le punte ha
acquistato un movimento più rapido del loro e una disponibilità a dividere e a mutare figura per
adattarsi a quella dei luoghi dove si trovava: così ha assunto la forma del primo Elemento. Ha
dovuto acquistare un movimento più rapido dovendo uscire di lato a attraverso passaggi più stretti
dagli spazi che rimaneva tra le parti; avevano da percorrere in tempo eguale un cammino più lungo.
Questo primo Elemento si trova in eccedenza rispetto agli spazi da riempire e deve ritirarsi verso i
centri intorno ai quali esse ruotano le sfere e comporre corpi rotondi, fluidi e sottili, i quali ruotando
rapidamente e nella stessa direzione delle parti del secondo Elemento hanno la forza di aumentare
l’agitazione di quella parte del secondo cui sono più vicini e di spingerle tutte da un lato: questa
azione la assumeremo come luce e quei corpi rotondi, composti dalla materia pura del primo
Elemento, saranno l’uno il Sole e gli altri le Stelle fisse del nuovo Mondo; la materia del secondo
Elemento che ruota intorno ad essi, i Cieli. La luce per Cartesio è generata proprio dalle pressioni
che la prima classe di particelle esercita su quelle della seconda e i raggi luminosi sono le linee
lungo le quali queste pressioni (o tendenze al moto) si manifestano.
L’idea cartesiana di scienza fisica è molto lontana dall’idea di scienza di Bacone e anche da quella
galileiana. In Cartesio l’esperimento entra in gioco solo quando nella spiegazione dei fenomeni
naturali, condotta a partire da principi generalissimi, si giunge a più e diverse conclusioni,
equivalenti dal punto di vista teorico: il ricorso, allora, all’esperimento decide quale tra le
spiegazioni a priori si accordi coi fatti. Se in Galileo e in Bacone l’esperimento serve a convalidare
un’ipotesi di spiegazione elaborata con la riflessione razionale sull’esperienza, in Cartesio esso
serve a scegliere tra diverse spiegazioni a priori egualmente possibili. Come Galileo, Cartesio
distingue nei corpi le qualità oggettive (grandezza, figura, movimento, situazione, durata, numero)
dalle qualità soggettive (colore, odore, sapore, suono ecc.).

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