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L’ASSEMBLEA LITURGICA

50 anni fa > riforma liturgica è stata capace di intuire la forza trasformante dei riti >opera di rinnovamento liturgico x adattarli alle
esigenze dei tempi (cfr. SC 1);
MA è necessario lottare contro la tentazione di un certo ripiegamento nostalgico, x attraversare questo ns tempo con
atteggiamento lieto, godendo x la sfida.
Tutti percepiamo come necessari dei mutamenti rapidi x accogliere una plurivalenza che non può ridursi a semplici riforme
strutturali, MA esige una profonda conversione di stile.
Nel passato, l’assemblea liturgica era strutturata e suddivisa x classi, genere, categorie.
Oggi molte barriere possono dirsi superate. MA, non meno distruttiva è la dispersione, l’anonimato e una certa separazione
tra coloro che esercitano un ruolo attivo e chi, al contrario, si rifugia in un atteggiamento intimista e passivo. Es. chiusura da pt
di alcuni gruppi ad accogliere nuovi membri.
L’assemblea liturgica è chiamata a costituire un autentico spazio di ospitalità, in cui i gesti propri del rito diventano lingua
comune, l’esercizio di un radunarsi capace di unire, senza conflitto, la varietà di popoli, lingue, tradizioni. x fare questo occorre
prendersi cura del rito affinché esso possa divenire luogo ospitale.
La pastorale liturgica post-conciliare ha accolto dimensione comunitaria e partecipativa, MA è necessario riconoscere che l’attuazione
della riforma è stata intesa in alcuni casi in un senso puramente esteriore (tutti devono fare qlcs) e disordinato (tutti possono fare tutto).
Questo attivismo disordinato contraddice la sapienza conciliare secondo cui (SC 28), ha prodotto una certa frenesia della
ministerialità, a scapito dell’acquisizione di quella necessaria competenza x poter svolgere il proprio ruolo. In altri casi, l’esercizio di
alcune ministerialità ha prodotto forme di protagonismo, deleterie x l’unità della comunità cristiana.
Oggi la natura comunitaria della liturgia costituisce una delle sfide più complesse > sono molti coloro che lamentano un certo senso di
estraneità e anonimato anche nello stile delle nostre assemblee. La varietà e diversità dei partecipanti, gli accorpamenti di +
parrocchie, lo stile di vita contemporaneo, la crescita delle comunità nei grandi centri urbani + individualismo > clima di isolamento e di
chiusura compromette in modo significativo la partecipazione alla vita liturgica.
Nelle assemblee liturgiche di oggi, una delle tendenze prevalenti è l’azione singolare di pochi addetti ai lavori che, pur animati da buoni
intenti, concepiscono l’animazione liturgica come perfomance. I risultati sterili alimentano un clima di disagio. Vengono così esasperati
gli sforzi x una partecipazione attiva dell’assemblea, prediligendo la via dell’incitamento o assemblee liturgiche pigre in cui ci si è
rassegnati a una ritualità stereotipata. In molti casi l’azione liturgica viene ancora delegata quasi interamente al presbitero > prevale
l’idea di una liturgia passiva > dove compito partecipativo è delegato a pochi addetti ai lavori, che si limitano a una pratica rituale
esteriore e a una partecipazione superficiale. Occorre aiutare le comunità a prendere consapevolezza del proprio diritto e dovere
partecipativo. L’Assemblea liturgica è chiamata ad accorciare le distanze x farsi luogo di comunione con Dio e con il prox.

Una comunità che celebra Alcune sfide:


CAMBIAMENTI DI NATURA SOCIALE: flessione del num dei partecipanti alle celebrazioni domenicali – invecchiamento dei cristiani
impegnati; occasionali frequentatori; nucleo stabile dei praticanti abituali si assottiglia, cresce la varietà di persone provenienti da
cammini diversificati, che ricominciano dopo lunghi periodi di allontanamento.
CAMBIAMENTI DI CARATTERE ECCLESIALE: accorpamenti di + parrocchie sotto la guida di uno stx parroco, chiusura di case
religiose con conseguenti trasferimenti di frati e suore, nuove esperienze di fraternità, preti provenienti da Chiese di nuova
evangelizzazione, nuove ministerialità laicali...
Tutto questo sta mutando il volto e lo stile delle assemblee liturgiche. Alcune sembrano attvsare questo tempo senza consapevolezza
dei cambiamenti in atto, assumendo un atteggiamento di chiusura e pessimismo o, al contrario, di ingenuo e superficiale disinteresse;
altre, con fatica, avviano processi di cambiamento.
esterne ed interne - La pandemia - La secolarizzazione - I mutamenti sociali e culturali - Gli accorpamenti delle comunità - La
diminuzione del clero….
Allora necessario domandarsi: quali sono le condizioni di celebrabilità in una società secolarizzata?
Quale pastorale liturgica da percorrere? l’azione della Chiesa non è quella di assicurare semplici, devoti e affezionati clienti alle
cerimonie religiose, MA di aiutare l’essere umano a sviluppare l’immagine e somiglianza di Dio
Un compito: Dentro il contesto contemporaneo, non è più sufficiente rafforzare le convinzioni, motivare le intenzioni, accrescere le
conoscenze, esortare i valori, occorre proporre esperienze generatrici di senso. Nell’atto simbolico accade il senso. La liturgia è forma
di vita, è il luogo in cui accade la vita e la qualità buona delle relazioni.
due priorità: il noi ecclesiale e la sua necessaria adultità
IL FONDAMENTO TEOLOGICO DELL’ASSEMBLEA LITURGICA
Il mistero dell’ASSEMBLEA? SC 7 a – d / SC 48 / SC 26
Chi è ASSEMBLEA? Un’assemblea, è un grande noi accomunato da una stessa fede che,
ASSEMBLEA LITURGICA > comunità di fedeli gerarchicamente costituita, legittimamente riunita, in un dato luogo, x un’az. Liturgica e
altamente qualificata da una ptcolare presenza di Cristo.
- È preceduta dall’amore del Sig che la raduna x celebrare il mistero pasq.
 È principale manifestazione della Chiesa
- È sosta transitoria chiamata a “sciogliersi nella vita”
- CREDIBILITA’ è data da partecipazione viva e feconda a celebrazione liturg. e nel suo slancio attvs un disperdersi nel mondo
- è qualcosa di più della mera somma dei singoli, È un grande NOI accomunato dalla stessa fede > è espressione di una comunità
SC26 pur nella piccolezza e povertà, è segno misterioso in cui si rivela la presenza del Cristo vivente e veniente.
- È segno misterioso della presenza di Cristo, pur essendo popolo santo composto da peccatori
- È il corpo della Chiesa e la RITUALITA’ con parole e gesti costituisce le sue braccia, mani, voce... >. Dal gesto di Gesù al gesto
della Chiesa
Il corpo e il gesto Vi è dunque un movimento generatore e rigeneratore dell’assemblea liturgica: dal corpo al gesto, dal gesto al corpo.
x questo, il primo gesto della Chiesa è il raduno:
Il “corpo” della Chiesa tra visibilità e invisibilità «La principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di
tutto il popolo di Dio alle celebrazioni liturgiche».
La partecipazione actuosa «la Chiesa desidera che i fedeli non assistano come estranei né siano muti spettatori, MA siano partecipi x
mezzo dei riti e delle preghiere». (cfr SC 48) *
Come parla la liturgia? “per mezzo dei riti e delle preghiere” (SC 48) «nella liturgia rito e parola sono intimamente connessi» (SC 35) “i
riti siano adatti alla comprensione dei fedeli, MA non abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni” (SC 34)
CVII ci indica un primato: “Dio parla al suo popolo”. La Parola ci dà parole nella polifonia dei linguaggi di cui la liturgia vive e si
esprime: suoni, gesti, profumi, forme, colori, corpi. Tutti insieme costituiscono la grande “partitura” liturgica, una polifonia di linguaggi!
«La liturgia non si esprime x concetti, MA x realtà: parole, gesti, oggetti, spazio, sensi. Essa è un mondo di vicende misteriose,
divenute figura sensibile» R. Guardini
Come iniziare alla dimensione simbolica della fede? Dentro il contesto contemporaneo, non è più sufficiente rafforzare le convinzioni,
motivare le intenzioni, accrescere le conoscenze, esortare i valori, occorre proporre esperienze generatrici di senso.
Nell'atto liturgico, si attuano esperienze uniche e irripetibili, capaci di trasformare l'intera esistenza di chi vi partecipa.
La liturgia non si limita agli appelli e alle esortazioni, MA colloca la persona in quel contesto che permette di fare esperienza. E’ una
forma di vita che fa toccare con mano e immette esperienze che ricompongono l’umano. L’esperienza liturgica è un’esperienza di vita
reale perché percorre la via simbolica. Nell’atto simbolico il senso non arriva dopo che il soggetto, con un’operazione mentale opera il
passaggio dall’esteriorità del sensibile alla profondità del senso spirituale. No, nell’atto simbolico accade il senso. La liturgia è forma di
vita, è il luogo in cui accade la vita e la qualità buona delle relazioni». (G. Busani)

UNA COMUNITA’ CHE CELEBRA: LA LITURGIA DEL GESTO


IL CORPO DELL’ASSEMBLEA CELEBRANTE
Nel decennio successivo alla tragedia della 1GM > risveglio del cattolicesimo, di cui il Movimento Liturgico fu protagonista > il tema
dell’educazione liturgica si sviluppa negli scritti di Romano Guardini .
* l’educazione liturgica, lettera di Guardini: L’atto di culto e il compito attuale della formazione liturgica > L’attenzione alla dimensione
formativa era già stata espressa > la formazione liturgica, non è riducibile a una sola istruzione teorica né ad una spiegazione didattica
sul significato dei riti né, ad un rubricismo (vacua gesticolazione) al fare/non fare questo o quello. Compito della formazione è aiutare il
soggetto a compiere in modo adeguato l’azione rituale «a misura della partecipazione di ciascuno» e nel pieno rispetto della singolarità
dell’atto liturgico.
Un’autentica formazione liturgica, come SC raccomanda (SC 14) esige, al contempo di: un giusto insegnamento, cioè di una sana
trasmissione della fede (tradizione); una autentica educazione, cioè un metodo pedagogico capace di far crescere e maturare nel
cristiano la capacità di partecipare liturgicamente; un esercizio x imparare l’atto, cioè di una buona pratica rituale, che fa della liturgia
celebrata la più autentica scuola di preghiera.
L’emergenza educativa nella liturgia
Questo ns tempo conosce generale crisi educativa, MA anche una emergenza educativa all’interno dello stesso ambito liturgico.
Necessario educare a celebrare bene, x lasciare che Dio stesso ci educhi nel celebrare > attvs ≠ percorsi liturgici formativi, al tempo
stesso, occorre saper cogliere e valorizzare il valore educativo della liturgia stessa (formazione attraverso la liturgia).
 Educare alla partecipazione è dunque questione decisiva.
Celebrare con il corpo
SC definisce la liturgia cristiana come: l’opera di Dio e della Chiesa (SC 7) che x ritus et preces (SC 48) compie l’opera della
redenzione e della perfetta glorificazione di Dio > necessario prendersi cura delle «acclamazioni dei fedeli, le risposte, la salmodia, le
antifone, i canti nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo» (SC 30). Imparare l’atto di Culto costituirà il compito della Chiesa
nel XX sec. Un atto, che domanda la presenza di un corpo unificato, di un agire spirituale, di un gesto che esce da sé x incontrare la
realtà dell’altro e così tessere autentiche relazioni di comunione.
Prezioso contributo alla riscoperta del gesto nella liturgia > studi e contributi in ambito antropologico e scientifico che stimoleranno la
riscoperta della corporeità. L’epoca moderna, pur sottolineando l’importanza del corpo, ne aveva sviluppato una concezione oggettiva
e passiva > ha influenzato anche tutta la sfera religiosa, producendo una forte tensione tra corpo e anima > provoca una
oggettivazione del corpo che muta solo a partire dal XX sec > epoca in cui si compie il ribaltamento del primato del corpo sullo spirito.
Il corpo ha in sé una doppia valenza: x un vs è un ogg che percepisco, x un altro, è un sogg capace di percepire. Nell’atto di
conoscenza di sé, scorge anche un orizzonte di apertura vs l’altro .
Il corpo, non è solo un oggetto passivo che occupa uno spazio, MA è un sistema dinamico che, attvs il movimento, la percezione,
agisce secondo uno schema proprio. Il corpo è in se stesso luogo di esperienza ed elaborazione della realtà.
Il corpo, proprio nella sua somaticità permette l’incontro tra me e l’altro e diviene il luogo che è predisposto e predispone alla
trascendenza. Il corpo va inteso > dimensione somatica che spinge l’uomo oltre i suoi stessi limiti, oltre i confini dell’interiorità. In
questa dinamica esodale il gesto diviene l’atto con cui il corpo esce da sé x aprirsi all’incontro con l’Altro e gli altri.
Nello spazio liturgico, il corpo della chiesa, l’assemblea, si muove e si raccoglie, entra ed esce, cammina vs la meta e ritorna al proprio
posto, le braccia si tendono vs l’alto e si richiudono, le mani si aprono e si stringono. Il gesto si unisce alla parola, il canto accompagna
un movimento, il silenzio interrompe l’azione e ricompone il corpo.
Ogni gesto, segue un preciso ordine e ritmo che, senza irrigidirsi, traccia il disegno di una forma: pur mosso dal desiderio, è destinato
ad esaurirsi: nessuna processione conduce alla meta definitiva, la mano non può tendersi ed afferrare il pane di vita, la bocca non
riuscirà a saziare la fame. Verrebbe a questo punto da domandarsi: Qual è dunque lo scopo del gesto liturgico se non può condurci
altrove»? In Dio non v’è nulla che stia semplicemente lì; tutto è pura vitalità.
Nessun gesto nella liturgia potrà mai avere lo scopo di raggiungere le profondità di Dio. Il gesto liturgico ha dunque il solo compito di
farci uscire da noi stessi x condurci a Dio, nell’istante del suo agire x noi.
Lo stile del gesto liturgico
Nelle nostre celebrazioni, il corpo e il gesto stanno gradualmente ritrovando il loro spazio e il debito valore, soffriamo ancora, però, di
una certa mancanza di stile > cioè, la tipicità del gesto liturgico così come si pone all’interno dell’agire rituale.
Si oscilla tra una nostalgica solennità cerimoniale e una più superficiale disinvoltura. Allora necessario domandarsi >
Quali sono i canoni del gesto liturgico?
Nella liturgia, il gesto è sobrio e misurato: non ama l’eccesso, l’esuberanza, l’enfasi. Questo tratto di moderazione lo riconosciamo
anche nella sua durata: contenuta, regolata, equilibrata.
si pone in modo riservato: esprime i sentimenti umani più profondi, senza tuttavia ostentarli e preferendo un agire piuttosto discreto e
sobrio. Non viola mai l’intimità dell’altro, obbligandolo ad assumere atteggiamenti forzati.
Richiedono un fare naturale e autentico: la sua natura simbolica che x trasparire ha sempre bisogno di una certa semplicità e
naturalezza.
deve sempre apparire nobile e solenne: rivelare cioè la grandezza della dignità umana.
Il gesto liturgico è sempre sinfonico: si inserisce in un ben definito momento rituale > cioè non è mai isolato o casuale.
Non è individuale, MA sempre ecclesiale
Sono seri, mai frivoli o banali, ad essi è sempre affidato con estrema fiducia il compito di evocare un mistero, di pronunciare una
invocazione, di esprimere un sentimento profondo.
Sono gratuiti: sfiora senza trattenere, si avvicina senza invadere.
ogni gesto deve sempre essere opportuno: mai forzato o inutile.

LA VOCE DELL’ASSEMBLEA: PAROLA


L’uso della parola costituisce uno degli elementi distintivi della persona umana, partecipazione di quello stesso soffio di vita che sin
dall’origine ha creato ogni cosa (Gen 1,3). L’uomo ha perso fiducia nella parola; Dio, al contrario, vi ha consegnato tutto se stesso.
La Parola divina si esprime in parole umane. Dio, infatti, si è fidato a tal punto della parola da nascondersi in essa x farne la sua
dimora. «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Gv 1,14
Dio parla nella liturgia > SC 33
«Nella celebrazione liturgica la SScrittura ha una importanza > SC 24.
«L'atteggiamento del corpo, i gesti e le parole con cui si esprime l'azione liturgica e si manifesta la partecipazione dei fedeli, ricevono il
loro significato dall'esperienza umana, MA dalla PdD» Ordinamento Letture Messa 2
Una assemblea responsoriale Quando pertanto Dio rivolge la sua parola, sempre aspetta una risposta. È lo SSanto che rende efficace
la risposta, in modo che ciò che si ascolta nell'azione liturgica si attui poi anche nella vita» OLM 6
Come parla la Liturgia? La Parola ci dà parole nella polifonia dei linguaggi di cui la liturgia vive e si esprime: suoni, gesti, profumi,
forme, colori, corpi. Tutti insieme costituiscono la grande “partitura” liturgica!
 per mezzo dei riti e delle preghiere SC 48
 i riti siano adatti alla comprensione dei fedeli, MA non abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni SC 34
 Rito e parola sono, nella liturgia sono sempre intimamente connessi SC 35
Una assemblea responsoriale «Come ogni comunicazione, la celebrazione è un concatenarsi di azioni, gesti, parole, ed è nel
contempo un succedersi di figure simboliche. L’arte del celebrare è dunque un esercizio nell’arte della composizione!
Ogni elemento prende senso, perché è posto in un giusto rapporto con ciò che precede e con ciò che segue, e, perché entra in
composizione con altri elementi. Celebrare è un’arte nella misura in cui queste due dimensioni sono tenute in considerazione da tutti
gli attori. Se ciò viene a mancare, compaiono parcellizzazione e incoerenza: ogni attore, rischia, così di trasformare la polifonia rituale
in un solitario canto solistico».
Il passaggio della liturgia dal latino alla lingua corrente comporta anche una conseguenza: esige, da ogni persona che prende la parola
in una celebrazione, il rispetto della natura del suo intervento (Ordinamento Generale Messale Romano 38) Una lingua non è viva di x
sé: è viva solo se la si fa vivere!
Il SILENZIO Si deve anche osservare, a suo tempo, come pt della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo
nelle singole celebrazioni. Durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è
un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica.
Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si assumono i paramenti e
nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione. OGMR 45
La liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di
fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, x mezzo
dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la PdD venga accolta nel cuore e si prepari la riposta con la preghiera. Questi momenti di
silenzio si possono osservare, ad es., prima che inizi la stessa liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata
l’omelia. OGMR 56
Il silenzio è quel luogo dell’anima dove ognuno resta solo con il suo Signore. Il silenzio liturgico rinvia a quell’interiorità, nostra, MA più
grande di Noi, dove Dio ci invita. A partire dal CVII si è cercato di dare un posto al silenzio perché lo si considera una delle modalità di
partecipazione attiva.

CANTO
Gareggiate nello stimarvi a vicenda: suscitare il canto dell’assemblea tra passività ed esibizione
CVII ci indica un primato della Parola: “Dio parla al suo popolo” SC33 (il pop a suo volta risponde). La Parola ci dà parole nella
polifonia dei linguaggi di cui la liturgia vive e si esprime: suoni, gesti, profumi, forme, colori, corpi. Tutti insieme costituiscono la grande
“partitura” liturgica!
IL CANTO E LA MUSICA, LA PAROLA ECCEDENTE
OGMR I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali
(Cf. Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf. At 2,46).
Dice molto bene sant’Agostino: «Il cantare è proprio di chi ama» e già dall’antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega 2 volte».
Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e
alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica.
«L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto, con i ministri di ogni grado che svolgono il proprio ufficio, e
con la partecipazione del popolo. In questa forma di celebrazione, infatti, la preghiera acquista un’espressione più gioiosa, il mistero
della sacra liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda
dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti x mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la
celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme del cielo». Musicam Sacram 5
Cosa è più solenne? «Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e
dall’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione
liturgica > dell’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura» MS 11
 Privilegiare il modo piu che il che cosa! E questione di stile!
Non c’è niente di + solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di una assemblea che esprime con il canto la sua pietà e la sua fede MS
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I testi magisteriali attribuiscono al canto una peculiare capacità partecipativa, una irrinunciabile funzione estetica, una potenzialità
spirituale, una sorta di “eccedenza necessaria”, irrinunciabile e al tempo stesso indefinibile, che supera le categorie di validità x
privilegiare quelle di tipo espressivo-simboliche.
Il canto e la musica appartengono al NON necessario. Con questa espressione si mette in risalto la “gratuità” della forma musicale. Si
potrebbe dire paradossalmente, che al canto appartiene la necessità del gratuito.
Canto e musica esprimono un “investimento sulla forma” dell’atto liturgico che sposta subito l’attenzione su un altro piano, quello del
gratuito, aperto ai molteplici orizzonti dell’estetica della fede.
La voce della Chiesa Già Paolo VI > avvalorava e spronava tutto il PopDiDio a prendere pt attiva alle celebrazioni liturgiche, con la
voce e con canto, x dare conferma di quella sua personale e intima presenza dello spirito > condizione insostituibile x avere nella
Liturgia l’incontro interiore con Dio».
La preghiera della Chiesa si realizza nell’unione delle voci e la coralità si fa segno della comunione che lega i fratelli e sorelle uniti
dalla grazia battesimale. Poiché, come un solo pane ci rende un solo corpo (1Cor 10,17), così la comunione delle voci realizza e
manifesta la realtà della Chiesa.
Il suono generato dai battezzati costituisce il segno e mistero della Chiesa comunione e manifesta la sua + autentica natura
sacramentale «poiché non è nient’altro che il soffio mortale, promessa di felicità secondo il patto della fede». Cantando insieme la
persona unifica se stessa e, al tempo stesso edifica la comunità.
Questa sorta di “accordo” guarisce le divisioni interne, protegge dal ripiegamento di sé e, al tempo stesso costruisce e rinsalda la
comunione J-Y. HAMELINE
Cantare insieme, non appartiene tanto all’ordine del decoro, quanto del simbolico poichè, realizza la vocazione stessa della Chiesa,
Dio, infatti, è degno di essere cantato, e, al tempo stesso, l’atto del cantare permette e realizza una conoscenza “cordiale” di Dio.
Hameline: «Che Dio sia cantabile, la fede lo scopre esercitandosi nella cantabilità di Dio».
Il canto, infatti, più che generare un atto assertivo provoca un turbamento della fede che accende e muove una particolare conoscenza
del mistero di Dio trasformando il credente in cantore. Come ci ricorda Agostino: saremo noi stessi il canto della nostra lode. E la fede
cantabile, non può che invocare “scenari sonori” in cui poter far udire la propria voce, spazi e tempi, forme e corpi, gesti e oggetti in cui
dare corpo al suono inesprimibile dello Spirito.
Lo stile missionario del coro liturgico: NO ai protagonismi individualisti - alla sfiducia e disincanto - al relativismo - all’accidia egoista - al
pessimismo sterile - alla mondanità spirituale - alla guerra tra i discepoli del Signore > SI ad uno stile gioioso e solidale!
I CORI NELLA LITURGIA
Una celebrazione significativa ha bisogno della collaborazione di tutti coloro che vi prestano un servizio. Canto e musica sono PT di un
insieme: sarebbe errato affidarli unicamente ai musicisti, come se si trattasse di un aspetto secondario, puramente ornamentale o
strettamente tecnico. Canto e musica fanno parte del rito e vanno inseriti nel suo significato globale: non sarebbe giustificato che la
celebrazione e gli interventi musicali procedessero come x strade parallele.
scopo del servizio dei cori nella liturgia è: cantare la fede cristiana. I cantori sono chiamati a professare nell'assemblea liturgica la
propria fede: ciò coinvolge direttamente la responsabilità dei pastori nel provvedere alla loro formazione spirituale.
Il canto è espressione della fede nel Signore Gesù ma, al tempo stesso, è il luogo sorgivo della fede stessa.
I cantori prestano poi il loro servizio aiutando l'assemblea celebrante a manifestare a sua volta l'autentica fede della Chiesa. Bisogna
allora ricordare quanto sia necessario preoccuparsi, che i testi corrispondano alla fede della Chiesa e che l'espressione musicale non
sommerga, MA esalti, i contenuti di fede.
- Si curi che il coro, pur svolgendo la sua necessaria funzione di guida, coinvolga l'intera assemblea in una più attiva
partecipazione. (Cei Rinnovamento liturgico in Italia, n. 14)
GUIDA E COINVOLGIMENTO
- Questi due compiti > escludono sia la delega al coro delle prerogative proprie dell'assemblea, sia l'appropriazione di queste
prerogative da parte dei cori.
- i cantori dimostreranno di possedere questo spirito di servizio non limitandosi a prestare la loro opera solo in occasione delle grandi
solennità, MA mettendosi a disposizione x tutte quelle celebrazioni (messe, altri sacramenti, liturgia delle Ore, ecc.) che comportino un
certo impegno musicale
Avremo un PopDiDio concelebrante solo quando ogni ministro leggerà se stesso in funzione ecclesiale. Allora la sinfonia misteriosa
delle membra, nessuno escluso, nessuno confuso, apparirà nella bellezza della diversità.

IL MINISTERO DEL LETTORE Celebrare in un mondo che cambia.


Ieri: la riscoperta del gusto saporoso e vivo della Sacra Scrittura (SC 24). e oggi?
● Il valore della PdD e la ricchezza del Lezionario sono state tra le acquisizioni più significative della riforma liturgica.
● Tuttavia ancora manca l’esperienza di una reale dinamica dialogica che renda vivo e partecipato il dialogo tra Dio e il suo popolo
La dinamica dialogica Il dialogo tra Dio e il suo popolo non sfugge alle condizioni dell’umana comunicazione…. x questo l’assemblea
liturgica non può fare a meno dei lettori idonei e preparati con impegno (OLM 52.55).
La Parola veicola il mistero: Questa parola deve essere anche intesa come Parola. Non basterebbe considerarne solo il contenuto
esprimibile in maniera astratta. Ne risulterebbe una dottrina avulsa dalle sue radici, elaborata unicamente a livello concettuale. La
parola è più di questo: contenuto e forma, pensiero e amore, spirito e cuore, unità completa di elementi complementari. Non un
semplice messaggio che viene concepito e compreso, MA una realtà che si avvicina e che si incontra. Bisogna cogliere la sua
essenza, la peculiarità delle parole e delle immagini, e interiorizzarla. Allora rivelerà la sua potenza. La parola è un seme che cerca la
terra … non possiamo riceverla come la mente assimila un concetto, MA come la terra accoglie il seme. (R. Guardini, Il testamento di
Gesù).
Un ministero da rinvigorire
Il testimone della Parola «È giusto elevare a lettore, chi con la sua stessa vita ha reso giustizia alla PdD, così che quella voce che ha
pubblicamente confessato il Signore, sarà udita ogni giorno nella proclamazione delle sante Scritture». San Cipriano
Un ministero riconosciuto Il motu proprio di Paolo VI prevede un rito di istituzione riservato ai soli uomini, MA, in caso di mancanza di
un lettore istituito viene concesso ad altri laici (uomini e donne) di proclamare la Scrittura, purché idonei e preparati. (OGMR 101)
Tra l’assenza dei ministeri istituiti e l’inconsistenza dei ministeri di fatto è urgente pensare ad una terza via: i ministeri riconosciuti
Per un ministero riconosciuto > • Discernimento • Percorso formativo serio
La preparazione spirituale suppone una formazione: biblica, liturgica e tecnica. (OLM 55; OGMR 59; SaC 45; VD 58)
Il corpo del lettore Prendersi cura della propria voce è molto di più che un’abilità professionale è una attitudine generativa che rende il
corpo del lettore il primo vero «ambone» della PdD. (G. Zanchi)
Una ministerialità corale
Il gruppo lettori svolge ben di più di una funzione meramente organizzativa di distribuzione di turni domenicali e feriali [...] in quanto è
chiamato ad essere un luogo di ascolto reciproco e formazione condivisa. La proclamazione della Parola è costitutivamente ecclesiale
Il corpo del testo e il corpo del lettore Un’autentica ministerialità del lettore da vita al testo attvs il suo stesso corpo, strappando così la
lettura dalla sua condizione di morte x generarla ad un nuovo oggi gravido di attesa e di speranza.
Una assemblea in ascolto x una fruttuosa e partecipata liturgia della Parola è IMP formare lettori competenti e assemblee ascoltanti!
due priorità: il noi ecclesiale e la sua necessaria adultità
Avremo un PopDiDio concelebrante solo quando ogni ministro leggerà se stesso in funzione ecclesiale. Allora la sinfonia misteriosa
delle membra, nessuno escluso, nessuno confuso, apparirà nella bellezza della diversità, senza timore, senza sopraffazione.

CELEBRAZIONI DOMENICALI IN ASSENZA DI PRESBITERO


Sono lenti, MA inesorabili, i cambiamenti in atto nelle comunità cristiane: la progressiva diminuzione del clero, i processi di
riorganizzazione territoriale, gli accorpamenti o soppressioni di parrocchie ecc. > profondo mutamento dell’identità ecclesiale.
Dentro questo scenario si colloca anche la riorganizzazione della vita liturgica. In caso di assenza del presbitero, è sempre + diffusa la
prassi di ovviare all’impossibilità di celebrare l’eucaristica con la liturgia della Parola presieduta da un diacono o la guida di un laico
incaricato.
La Chiesa si è sempre preoccupata di assicurare il giusto nutrimento spirituale alle assemblee cristiane, anche in caso di impossibilità
della celebrazione eucaristica. Il CVII prese in considerazione questa eventualità prevedendo la celebrazione domenicale della liturgia
della Parola.
In particolare in Germania e in Francia, l’esperienza di assemblee domenicali in assenza del presbitero costituisce una realtà diffusa.
Già nel 1988 la Congregazione x il Culto Divino promulgava il Direttorio x le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero ,
costatando che, non sempre né dovunque, è possibile ottenere una «piena celebrazione della domenica» > vuole orientare e regolare
quello che conviene fare quando le circostanze reali richiedono una decisione di questo genere.
- Il modello liturgico proposto è la liturgia della Parola con distribuzione della comunione, evitando ogni elemento rituale proprio della
liturgia eucaristica (come la presentazione dei doni e la preghiera eucaristica), MA, al tempo stx, non favorendo in alcun modo l’idea
che si tratti di una semplice riunione informale. La celebrazione, infatti, prevede una struttura rituale articolata attorno a 5 momenti: riti
iniziali, liturgia della Parola, rendimento di grazie, riti di comunione, riti di conclusione (CDAP 41).
- Il Direttorio prevede anche un II schema celebrativo, la liturgia delle Ore con eventuale distribuzione della comunione.
Sempre si sottolinea nei testi la necessità di considerare queste assemblee come suppletive, da attuare solo in caso di reale
impossibilità di celebrazione eucaristica.
Pur concedendo questa possibilità, non mancano, tuttavia, alcuni timori > SC e Redemptionis Sacramentum.
pur essendo un fenomeno contingente, la celebrazione della PdD costituisce anche un’opportunità: aiuta a riscoprire la bellezza e la
dignità della PdD, promuove una riscoperta della sacramentalità della Parola, spinge le comunità cristiane a formarsi e ad approfondire
il ruolo dei laici nella liturgia, rafforza la consapevolezza di essere il popolo di Dio chiamato all’ascolto. Riconoscere a questo modello
rituale > funzione propedeutica nei cf della liturgia eucaristica.

Alcune diocesi italiane hanno pubblicato sussidi x la celebrazione festiva della Parola, MA in alcuni casi vi è anche valorizzata la
celebrazione della liturgia delle Ore > può costituire un’adeguata proposta celebrativa nel ritmo feriale del tempo.
X promuovere questa pratica vengono proposti modelli celebrativi semplificati.
Se da un lato non si possono nascondere o minimizzare le difficoltà delle comunità parrocchiali di fronte a un cambiamento così
radicale (rischio di un vuoto eucaristico, disaffezione e perdita di una sensibilità eucaristica, distacco dalla figura del sacerdote,
riemergere di vecchi e nuovi devozionalismi ecc.), dall’altro queste trasformazioni costituiscono opportunità x riscoprire Liturgia ore.
Essa esige una formazione liturgica all’arte del salmodiare, una ministerialità laicale adeguata, la valorizzazione dello spazio
celebrativo (l’ambone e l’altare), il recupero di una ritualità dei gesti e degli atteggiamenti del corpo. La sfida è certamente ambiziosa,
MA costituisce anche un’opportunità.

L’ASSEMBLEA LITURGICA ALLA PROVA DELLA CONTEMPORANEITÀ


La meta additata dal CVII è una liturgia che coinvolga l’assemblea che la celebra, un rito attvs cui vivere la fede, parole e gesti da
abitare con semplice familiarità. «nell’atto liturgico [...] la comunità, destinataria e protagonista di ogni celebrazione, esprime ed edifica
se stessa». Eppure, trascorsi 50 anni, si deve ammettere che il vero senso dell’agire rituale sfugge a molti ministri e fedeli, che il rito
soffre di un certo meccanicismo, i gesti diventano spesso una routine.
L’atto liturgico, x essere autentico deve emanare dalla concreta comunità radunata; il gesto e la parola devono plasmarsi e assumere
la forma del corpo vivo che lo celebra.
Ci si è illusi di poter promuovere la partecipazione attiva solo attraverso l’istruzione pratica, l’informazione concettuale, una superficiale
distribuzione di ruoli. Tutto questo ha generato una parola e un gesto stereotipati, un’espressività circostanziale, una esecuzione
fredda.
Partecipare, in senso più originario, significa infatti “prendere parte”, “sentirsi parte” dell’azione liturgica, dunque più che di istruzione
abbiamo bisogno di creare “atmosfera”.

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