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Esame Pastorale Liturgica
Esame Pastorale Liturgica
50 anni fa > riforma liturgica è stata capace di intuire la forza trasformante dei riti >opera di rinnovamento liturgico x adattarli alle
esigenze dei tempi (cfr. SC 1);
MA è necessario lottare contro la tentazione di un certo ripiegamento nostalgico, x attraversare questo ns tempo con
atteggiamento lieto, godendo x la sfida.
Tutti percepiamo come necessari dei mutamenti rapidi x accogliere una plurivalenza che non può ridursi a semplici riforme
strutturali, MA esige una profonda conversione di stile.
Nel passato, l’assemblea liturgica era strutturata e suddivisa x classi, genere, categorie.
Oggi molte barriere possono dirsi superate. MA, non meno distruttiva è la dispersione, l’anonimato e una certa separazione
tra coloro che esercitano un ruolo attivo e chi, al contrario, si rifugia in un atteggiamento intimista e passivo. Es. chiusura da pt
di alcuni gruppi ad accogliere nuovi membri.
L’assemblea liturgica è chiamata a costituire un autentico spazio di ospitalità, in cui i gesti propri del rito diventano lingua
comune, l’esercizio di un radunarsi capace di unire, senza conflitto, la varietà di popoli, lingue, tradizioni. x fare questo occorre
prendersi cura del rito affinché esso possa divenire luogo ospitale.
La pastorale liturgica post-conciliare ha accolto dimensione comunitaria e partecipativa, MA è necessario riconoscere che l’attuazione
della riforma è stata intesa in alcuni casi in un senso puramente esteriore (tutti devono fare qlcs) e disordinato (tutti possono fare tutto).
Questo attivismo disordinato contraddice la sapienza conciliare secondo cui (SC 28), ha prodotto una certa frenesia della
ministerialità, a scapito dell’acquisizione di quella necessaria competenza x poter svolgere il proprio ruolo. In altri casi, l’esercizio di
alcune ministerialità ha prodotto forme di protagonismo, deleterie x l’unità della comunità cristiana.
Oggi la natura comunitaria della liturgia costituisce una delle sfide più complesse > sono molti coloro che lamentano un certo senso di
estraneità e anonimato anche nello stile delle nostre assemblee. La varietà e diversità dei partecipanti, gli accorpamenti di +
parrocchie, lo stile di vita contemporaneo, la crescita delle comunità nei grandi centri urbani + individualismo > clima di isolamento e di
chiusura compromette in modo significativo la partecipazione alla vita liturgica.
Nelle assemblee liturgiche di oggi, una delle tendenze prevalenti è l’azione singolare di pochi addetti ai lavori che, pur animati da buoni
intenti, concepiscono l’animazione liturgica come perfomance. I risultati sterili alimentano un clima di disagio. Vengono così esasperati
gli sforzi x una partecipazione attiva dell’assemblea, prediligendo la via dell’incitamento o assemblee liturgiche pigre in cui ci si è
rassegnati a una ritualità stereotipata. In molti casi l’azione liturgica viene ancora delegata quasi interamente al presbitero > prevale
l’idea di una liturgia passiva > dove compito partecipativo è delegato a pochi addetti ai lavori, che si limitano a una pratica rituale
esteriore e a una partecipazione superficiale. Occorre aiutare le comunità a prendere consapevolezza del proprio diritto e dovere
partecipativo. L’Assemblea liturgica è chiamata ad accorciare le distanze x farsi luogo di comunione con Dio e con il prox.
CANTO
Gareggiate nello stimarvi a vicenda: suscitare il canto dell’assemblea tra passività ed esibizione
CVII ci indica un primato della Parola: “Dio parla al suo popolo” SC33 (il pop a suo volta risponde). La Parola ci dà parole nella
polifonia dei linguaggi di cui la liturgia vive e si esprime: suoni, gesti, profumi, forme, colori, corpi. Tutti insieme costituiscono la grande
“partitura” liturgica!
IL CANTO E LA MUSICA, LA PAROLA ECCEDENTE
OGMR I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali
(Cf. Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf. At 2,46).
Dice molto bene sant’Agostino: «Il cantare è proprio di chi ama» e già dall’antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega 2 volte».
Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e
alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica.
«L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto, con i ministri di ogni grado che svolgono il proprio ufficio, e
con la partecipazione del popolo. In questa forma di celebrazione, infatti, la preghiera acquista un’espressione più gioiosa, il mistero
della sacra liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda
dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti x mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la
celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme del cielo». Musicam Sacram 5
Cosa è più solenne? «Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e
dall’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione
liturgica > dell’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura» MS 11
Privilegiare il modo piu che il che cosa! E questione di stile!
Non c’è niente di + solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di una assemblea che esprime con il canto la sua pietà e la sua fede MS
16
I testi magisteriali attribuiscono al canto una peculiare capacità partecipativa, una irrinunciabile funzione estetica, una potenzialità
spirituale, una sorta di “eccedenza necessaria”, irrinunciabile e al tempo stesso indefinibile, che supera le categorie di validità x
privilegiare quelle di tipo espressivo-simboliche.
Il canto e la musica appartengono al NON necessario. Con questa espressione si mette in risalto la “gratuità” della forma musicale. Si
potrebbe dire paradossalmente, che al canto appartiene la necessità del gratuito.
Canto e musica esprimono un “investimento sulla forma” dell’atto liturgico che sposta subito l’attenzione su un altro piano, quello del
gratuito, aperto ai molteplici orizzonti dell’estetica della fede.
La voce della Chiesa Già Paolo VI > avvalorava e spronava tutto il PopDiDio a prendere pt attiva alle celebrazioni liturgiche, con la
voce e con canto, x dare conferma di quella sua personale e intima presenza dello spirito > condizione insostituibile x avere nella
Liturgia l’incontro interiore con Dio».
La preghiera della Chiesa si realizza nell’unione delle voci e la coralità si fa segno della comunione che lega i fratelli e sorelle uniti
dalla grazia battesimale. Poiché, come un solo pane ci rende un solo corpo (1Cor 10,17), così la comunione delle voci realizza e
manifesta la realtà della Chiesa.
Il suono generato dai battezzati costituisce il segno e mistero della Chiesa comunione e manifesta la sua + autentica natura
sacramentale «poiché non è nient’altro che il soffio mortale, promessa di felicità secondo il patto della fede». Cantando insieme la
persona unifica se stessa e, al tempo stesso edifica la comunità.
Questa sorta di “accordo” guarisce le divisioni interne, protegge dal ripiegamento di sé e, al tempo stesso costruisce e rinsalda la
comunione J-Y. HAMELINE
Cantare insieme, non appartiene tanto all’ordine del decoro, quanto del simbolico poichè, realizza la vocazione stessa della Chiesa,
Dio, infatti, è degno di essere cantato, e, al tempo stesso, l’atto del cantare permette e realizza una conoscenza “cordiale” di Dio.
Hameline: «Che Dio sia cantabile, la fede lo scopre esercitandosi nella cantabilità di Dio».
Il canto, infatti, più che generare un atto assertivo provoca un turbamento della fede che accende e muove una particolare conoscenza
del mistero di Dio trasformando il credente in cantore. Come ci ricorda Agostino: saremo noi stessi il canto della nostra lode. E la fede
cantabile, non può che invocare “scenari sonori” in cui poter far udire la propria voce, spazi e tempi, forme e corpi, gesti e oggetti in cui
dare corpo al suono inesprimibile dello Spirito.
Lo stile missionario del coro liturgico: NO ai protagonismi individualisti - alla sfiducia e disincanto - al relativismo - all’accidia egoista - al
pessimismo sterile - alla mondanità spirituale - alla guerra tra i discepoli del Signore > SI ad uno stile gioioso e solidale!
I CORI NELLA LITURGIA
Una celebrazione significativa ha bisogno della collaborazione di tutti coloro che vi prestano un servizio. Canto e musica sono PT di un
insieme: sarebbe errato affidarli unicamente ai musicisti, come se si trattasse di un aspetto secondario, puramente ornamentale o
strettamente tecnico. Canto e musica fanno parte del rito e vanno inseriti nel suo significato globale: non sarebbe giustificato che la
celebrazione e gli interventi musicali procedessero come x strade parallele.
scopo del servizio dei cori nella liturgia è: cantare la fede cristiana. I cantori sono chiamati a professare nell'assemblea liturgica la
propria fede: ciò coinvolge direttamente la responsabilità dei pastori nel provvedere alla loro formazione spirituale.
Il canto è espressione della fede nel Signore Gesù ma, al tempo stesso, è il luogo sorgivo della fede stessa.
I cantori prestano poi il loro servizio aiutando l'assemblea celebrante a manifestare a sua volta l'autentica fede della Chiesa. Bisogna
allora ricordare quanto sia necessario preoccuparsi, che i testi corrispondano alla fede della Chiesa e che l'espressione musicale non
sommerga, MA esalti, i contenuti di fede.
- Si curi che il coro, pur svolgendo la sua necessaria funzione di guida, coinvolga l'intera assemblea in una più attiva
partecipazione. (Cei Rinnovamento liturgico in Italia, n. 14)
GUIDA E COINVOLGIMENTO
- Questi due compiti > escludono sia la delega al coro delle prerogative proprie dell'assemblea, sia l'appropriazione di queste
prerogative da parte dei cori.
- i cantori dimostreranno di possedere questo spirito di servizio non limitandosi a prestare la loro opera solo in occasione delle grandi
solennità, MA mettendosi a disposizione x tutte quelle celebrazioni (messe, altri sacramenti, liturgia delle Ore, ecc.) che comportino un
certo impegno musicale
Avremo un PopDiDio concelebrante solo quando ogni ministro leggerà se stesso in funzione ecclesiale. Allora la sinfonia misteriosa
delle membra, nessuno escluso, nessuno confuso, apparirà nella bellezza della diversità.
Alcune diocesi italiane hanno pubblicato sussidi x la celebrazione festiva della Parola, MA in alcuni casi vi è anche valorizzata la
celebrazione della liturgia delle Ore > può costituire un’adeguata proposta celebrativa nel ritmo feriale del tempo.
X promuovere questa pratica vengono proposti modelli celebrativi semplificati.
Se da un lato non si possono nascondere o minimizzare le difficoltà delle comunità parrocchiali di fronte a un cambiamento così
radicale (rischio di un vuoto eucaristico, disaffezione e perdita di una sensibilità eucaristica, distacco dalla figura del sacerdote,
riemergere di vecchi e nuovi devozionalismi ecc.), dall’altro queste trasformazioni costituiscono opportunità x riscoprire Liturgia ore.
Essa esige una formazione liturgica all’arte del salmodiare, una ministerialità laicale adeguata, la valorizzazione dello spazio
celebrativo (l’ambone e l’altare), il recupero di una ritualità dei gesti e degli atteggiamenti del corpo. La sfida è certamente ambiziosa,
MA costituisce anche un’opportunità.