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Storia Romana
Storia Romana
Gli etruschi
Gli etruschi sono la più importante popolazione dell’Italia preromana. Erano noti ai greci
come “Tirreni”. Erodoto pensava che questa popolazione di Etruschi fosse un gruppo di Lidi
che, provenienti dall’Asia Minore navigarono alla volta dell’Italia; per Dionigi di Alicarnasso li
riteneva genti autoctone, indigene, della penisola italica. Le ipotesi moderne collocano
l'origine degli etruschi intorno al VIII secolo a.c. come il punto di incontro di due tipi di
processi:
- evoluzione della struttura interna della società e delle economie locali
- l’importanza che su queste esercitarono influenze esterne (colonie greche nell’Italia
meridionale)
Nella fase tra il VII e VI secolo a.c. gli etruschi controllavano gran parte dell’Italia
centro-occidentale e competevano con i Greci e i Cartaginesi per il controllo delle principali
rotte militari.
Gli etruschi si organizzavano in città indipendenti governate da sovrani “Lacumini”. che
furono poi sostituiti da magistrati eletti annualmente “zilath”.
Il governo era nelle mani di un gruppo ristretto di proprietari terrieri e di ricchi commercianti.
Il processo di espansione degli Etruschi subì una prima direzione di arresto attorno al 530
a.c. a seguito di una battaglia navale con i Focei. Neppure l’alleanza con i Cartaginesi fu
sufficiente per avere la meglio sui Focei (abili navigatori). Il termine di questo periodo va
posto alla battaglia navale di Cuma nel 474 a.C. perduta dagli Etruschi contro la flotta della
colonia greca di Siracusa.
Roma arcaica
La nascita di questa città dovette essere il risultato di un processo lento e graduale, una città
nata dall’aggregazione di più villaggi che vivevano sparse sui singoli colli (sinecismo).
Alcuni villaggi che già vivevano sul colle Palatino possono essere considerati come il nucleo
originario della fondazione di Roma. Il colle Palatino è un luogo ben difeso (da colli e paludi)
e ben collegato grazie al Tevere mare così come all’entroterra. Le saline alle foci del Tevere
(l’importante via di comunicazione costituita dalla Via Salaria).
Organizzazione sociale
C’è un’organizzazione per famiglie dove a capo stava il pater.
La familia
- La familia proprio iure è l’unità base, elementare della società romana. Si tratta di
una famiglia più allargata del concetto moderno di famiglia nucleare.
- La logica patriarcale fa si che il vincolo di parentela sia stabilito secondo la parentela
agnatizia - dal termine latino adgnatus - che indica appunto il vincolo di sangue
secondo questa parentela maschile (i figli di un fratello e di una sorella non sono
agnati tra di loro).
- Tutti i membri della familia erano sottoposti al potere del pater familias cioè alla sua
potestas: moglie, figli, figlie non sposate, e i successivi discendenti per linea
maschile, nonché le loro mogli.
- Compito del pater familias è riconoscere i figli e trasmettere i riti familiari (sacra
privata) ai figli maschi
- Tutti i rapporti giuridici con l’esterno, compresi quelli economici della familia, sono
gestiti in modo esclusivo dal pater familias.
- Il sistema giuridico romano tuttavia non prevedeva un unico successore per tutti i
beni della familia (ad esempio in presenza di diversi figli maschi), suddividendoli per
quanti sono gli immediati discendenti.
- La familia romana era fortemente coesa, ma transeunte: non superava una
generazione e per questo non poteva assumere valenza altamente politica,
ponendosi come entità autonoma rispetto all’ordinamento politico unitario.
Tutte le famiglie che riconoscevano di avere un antenato comune costituiva la gens, un
gruppo organizzato politicamente e religiosamente.
La gens
• La gens non è un gruppo parentale. Essa costituisce l’aggregazione di famiglie
che portano lo stesso nomen (Iulius, Cornelius, Claudius, il secondo elemento del
sistema onomastico romano (➔ onomastica romana vedi più avanti nel corso).
• La sua origine va rintracciata nella ridefinizione di identità dovute al processo di
aggregazione di minuscoli villaggi in unità più vaste, fino al sincretismo che portò
alla formazione della città.
• Si afferma il riferimento al sepolcro comune, a riti e culti ancestrali, a mitici antenati
comuni, quali elementi qualificanti dei vari gruppi all’interno della città. Tali
gruppi vennero poi individuati mediante l’uso generalizzato del nomen.
La popolazione dello Stato romano era divisa in gruppi religiosi e militari “curie” :
comprendeva tutti gli abitanti del territorio, a esclusione degli schiavi. Molto incerta risulta
la loro origine: si sa che praticavano propri riti religiosi e che rappresentano il fondamento
della più antica assemblea politica cittadina, quella dei comizi curiati. Non conosciamo la
loro funzione in età arcaica.
Gli auspicia
- Annunciatori del volere divino dalla direzione del volo, dal numero, dalla specie e dalla
voce degli uccelli, poi anche dalle nubi e dai tuoni. I sacerdoti deputati a tale pratica erano gli
auguri.
- L'auspicazione non cerca di penetrare il segreto dell'avvenire, ma, controllando la
conservazione del patto con gli dei (pax deorum), tende solo a ottenere la sanzione divina
ad azioni umane. In origine erano privati e pubblici.
- Gli auspici pubblici in epoca monarchica erano certamente afferenza al re: secondo la
tradizione fu Romolo a nominare i primi tre auguri.
- Gli auspici pubblici in epoca repubblicana appartenevano allo stato, ma erano affidati dallo
stato ai singoli magistrati; in origine erano indissolubilmente legati all'imperium, denotando
l'imperium la parte umana e gli auspici la parte divina dello stesso potere.
- I magistrati ricevevano gli auspici entrando in carica e uscendo li trasmettevano ai loro
successori; Tutti i magistrati e promagistrati, e probabilmente anche il pontefice massimo,
avevano diritto agli auspici per gli atti di loro competenza (tranne i tribuni della plebe).
La monarchia arcaica
La caratteristica principale della monarchia romana era quella di essere elettiva:
- l’elezione del re era demandata all’assemblea dei rappresentanti delle famiglie più in
vista (gentes). Con la monarchia etrusca subentra un carattere più marcatamente
militare (fasces).
- Secondo una tradizione riferita a Numa Pompilio, il re ascende alla carica
attraverso la solenne cerimonia dell’inauguratio. Secondo questo rituale l’augure,
operando in relazione a uno spazio sacro appositamente creato (templum), tocca
con la destra il capo del re e chiede a Giove di manifestargli la volontà che Numa sia
re di Roma.
- Dopo l’inauguratio, il re si presenta al popolo riunito nella forma dei comizi
curiati, i quali assegnano il potere al re tramite un atto formale: la lex curiata de
imperio (atto che sopravviverà e che in età repubblicana porterà servirà ai consoli e
ai pretori per l’ottenimento formale dell’imperium).
Servio Tullio
La sua figura ha un risalto del tutto particolare nella tradizione sui re di Roma. Questo
sovrano opera tali trasformazioni nella città, sia a livello monumentale sia a livello
politico-istituzionale, da poter essere considerato quasi un riformatore.
• divisione della città e del territorio in circoscrizioni amministrative (tribù).
• ripartizione della cittadinanza in unità (centurie, in origine composte ciascuna da 100
uomini) accorpate per classi di reddito (in origine forse tre: cavalieri, fanti, nullatenenti),
funzionali alla ripartizione degli obblighi militari.
Patrizi e plebei
Per la tradizione i patrizi erano semplicemente i discendenti dei primi senatori (patres), la cui
nomina si faceva risalire a Romolo. Tra le ipotesi che sono state avanzate c’è quella che fa i
plebei i clienti dei padroni patrizi. Un ‘ulteriore ipotesi tra le più accreditate mette in primo
piano il fattore economico: i patrizi sarebbero stati grandi proprietari terrieri, mentre i plebei
corrisponderebbero alle classi degli astigiani e dei ceti emergenti economicamente.
• Alle gentes detentrici di risorse e terre, identificate con la primitiva aristocrazia, si
affiancò un insieme di individui relativamente ai margini, dipendenti dalla prime in qualità
di «clienti».
• Tale vertice aristocratico fu in seguito indicato dai Romani con il termine patricii (patrizi) o
patres, mentre il secondo insieme, ad esso contrapposto, plebei.
Gli effetti dei cattivi raccolti e delle malattie colpivano in particolare i piccoli agricoltori, che
avevano minori possibilità di fronteggiare le temporanee difficoltà e spesso, per
sopravvivere, si trovavano costretti a indebitarsi nei confronti dei più ricchi proprietari terrieri,
in particolare chiedendo loro in prestito le sementi. Il debitore, incapace di estinguere il
proprio debito, fosse costretto a porsi al servizio del creditore per ripagarlo del prestito e dei
forti interessi maturati. Si tratta dell’istituto del nexum, che riduceva coloro che ne erano
vincolati ad una condizione non dissimile a quella di uno schiavo.
Le strutture militari
I problemi politici ed economici non furono gli unici fattori ma vi era anche la progressiva
presa di coscienza della propria importanza da parte della plebe.
- Ciascuna centuria doveva fornire il medesimo numero di reclute per l’esercito (in origine,
almeno teoricamente, tale numero doveva essere fissato a 100 uomini).
- È possibile che l’antichissimo esercito repubblicano si basasse sulla fanteria pesante
fornita dalle centurie di iuniores (gli uomini tra i 17 e i 45 anni) delle prime tre classi di censo:
queste 60 centurie (40 di iuniores della I classe + 10 di iuniores della II classe + 10 di
iuniores della III classe) potevano fornire 6.000 uomini, gli effettivi di due legioni, ciascuna
composta da circa 3.000 opliti.
- La legione era reclutata su base censitaria, dunque indifferentemente tra
aristocratici e gente del popolo, tra patrizi e plebei. Nelle guerre quasi sempre vittoriose
del V e del IV secolo a.C. si rinsalda la convinzione che gli uomini decisivi sul campo di
battaglia non potessero essere ridotti ad un ruolo di comprimari nella vita politica, economica
e sociale dello Stato.
La secessione dell'Aventino
Il conflitto tra i due ordini si apre nel 494 a.C., la plebe esasperata dalla crisi economica,
ricorse a quella che si rivelerà essere l’arma più efficace nel confronto tra i due ordini: una
sorta di sciopero in cui la plebe si ritirato sul colle Aventino, lasciando città priva della sua
forza lavoro e, soprattutto, indifesa contro le aggressioni esterne. I plebei presero alcune
risoluzioni che la tradizione storiografica romana faceva rientrare nella categoria delle
cosiddette leges sacratae (chi avesse contravvenuto a queste stesse disposizioni sarebbe
stato sacer, consacrato agli dèi, ovvero in pratica, che potesse essere ucciso impunemente).
In occasione della prima secessione la plebe si diede proprio organismo politici: in primo
luogo l'assemblea generale delle plebe, che dapprima votava probabilmente per curie, poi,
a partire forse dal 471 a.C., per tribù, ed è dunque nota col nome di concilia plebis tributa.
Il meccanismo di voto per tribù, che ben presto si impose definitivamente, assicurava nei
concilia plebis la prevalenza dei proprietari terrieri iscritti nelle più numerose circoscrizioni
rustiche. L’assemblea poteva emanare dei provvedimenti assunti dell’assemblea erano i
plebiscita («decisioni della plebe»); inizialmente non avevano valore vincolante per lo
Stato, solo a partire dal 287 a.C. con la lex Hortensia.
Al tempo della prima secessione furono poi scelti come rappresentanti ed esecutori della
volontà dell’assemblea i tribuni della plebe (concilium plebis) i tribuni della plebe,
inizialmente forse in numero di due, anche se in seguito crebbero fino a raggiungere i dieci.
Il nome dei capi della plebe deriva forse da quello dei tribuni militari che comandavano
i reparti militari in cui era suddivisa la legione.
Per dare forza concreta, e non solo formale, ai diritti dei tribuni della plebe è per fronteggiarli
da un eventuale reazione da parte dello stato Patrizio, la plebe accordò loro li inviolabilità
personale (sacrosantitas) dei tribuni della plebe: in conseguenza di ciò, chi avesse osato
commettere violenza contro i rappresentanti della plebe dopo un regolare voto del concilium
plebis sarebbe divenuto sacer, consacrato alla divinità e poteva essere messo a morte
impunemente e le sue proprietà confiscate a favore del tempio di Cerere, Libero e Libera
sull’Aventino.
I poteri dei tribuni della plebe:
• Ius auxili: il diritto di rispondere a richieste di aiuto.
• Ius intercessionis: il diritto di veto sulle decisioni dei magistrati.
• Ius coercitionis: la possibilità di comminare pene.