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Oltre la disoccupazione giovanile. Cosa si nasconde dietro le statistiche ufficiali? Quale la vera area del disagio?

Nel dibattito sul disagio giovanile si cita spesso lelevato tasso di disoccupazione degli under 24 a dimostrazione di come lItalia sia un Paese che offre poche possibilit ai giovani. Per quanto il tasso di disoccupazione giovanile nella fascia di et 15-24 anni abbia raggiunto il 29,8%, spesso si tende a drammatizzare, per non dire a mistificare, la realt sostenendo ad esempio che un giovane su 3 oggi disoccupato. Soprattutto si rischia di analizzare il fenomeno del disagio giovanile solo con le lenti della disoccupazione quando le aree di malessere sono pi ampie. In realt il numero di disoccupati in proporzione alla popolazione totale nelle fasce tra i 15 e i 24 anni, tra i 25 e i 29 e tra i 30 e i 34 in Italia di poco superiore a quello della Germania, ma inferiore a quello della Francia (vedi tabella in fondo). Nella fascia fra i 15 e i 24 anni i disoccupati sono poco pi del 7% - parliamo dunque di un disoccupato ogni 13 e non ogni 3 giovani - in Spagna sono il 17%, in Francia oltre il 9%, nel Regno Unito l11%. Per non parlare dei paesi europei modello di politiche sociali a favore dei giovani: nella Danimarca della flex-security i disoccupati sono l8% dei giovani con meno di 25 anni, in Finlandia l11%, in Svezia il 13%. Il tasso di disoccupazione calcolato sui giovani attivi: ovvero i giovani che lavorano (occupati) o che sono stati impegnati nella ricerca attiva di un lavoro nelle ultime settimane (disoccupati). La particolarit italiana risiede nel fatto che i giovani attivi, ovvero che partecipano alla forza lavoro, sono meno del 30%, contro il 41% della Francia, il 45% della Spagna, il 52% della Germania. Abbiamo dunque meno di 1 giovane su 3 attivo nella fascia tra i 15 e i 24 anni. Questo fenomeno dovuto soprattutto ai bassi tassi di occupazione (e non agli elevati tassi di disoccupazione): solo 1 giovane italiano su 5 occupato, contro 1 giovane francese su 3 e un giovane tedesco su 2. Il tasso di disoccupazione giovanile alto in Italia perch viene calcolato su quella minoranza che ha deciso di lavorare. Tassi di disoccupazione, occupazione e inattivit rapportati alla popolazione 15-24 anni

Italy 7,4% France Spain Germany EU15 9,2% 17,1% 5,8% 9,2% 0%

21,7% 31,2% 28,0% 46,2% 38,2%

70,9% 59,6% 54,9% 48,0% 52,6%

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Disoccupati Occupati Inattivi

Fonte: Eurostat

Cosa fa invece la maggioranza dei nostri giovani? Lalta inattivit dei nostri giovani non sarebbe un fenomeno di per s negativo, se essi, soprattutto nella fasce di et fino ai 24 anni, si dedicassero alla formazione, ed in effetti molti dei nostri giovani fra i 15 e i 24 anni stanno studiando, circa il 60%, contro il 56% della Francia e il 45% della Germania, tuttavia al tempo stesso la percentuale di giovani inattivi, che non studiano e che non lavorano quasi 3 volte superiore a quella di Francia e Germania. La situazione non cambia di molto se analizzassimo i tassi di inattivit nelle fasce di popolazione pi alte. Tra i 25 e i 29 anni il 31% dei giovani italiani ancora inattivo quando in Francia gli inattivi crollano al 12% e in Germania al 17%. Tra i 30 e i 34 anni lItalia gli inattivi sono ancora il 21% contro il 12% della Francia e il 14% della Germania. Nellarea dellinattivit si trovano quindi:

molti giovani inseriti in un percorso di formazione/studio che nel nostro Paese sembra tuttavia protrarsi per pi tempo. Nella fascia fra i 25 e i 29 anni il 13% dei giovani italiani sta ancora studiando contro il 9% della Germania e il 4% della Francia. Molti dei nostri giovani sembrano rimanere parcheggiati nelle universit - le quali oltre a porre alcuni sbarramenti allentrata (numero chiuso) non incentivano in alcun modo ad esempio con tasse universitarie modulate sulla velocit e sui risultati - i percorsi di laurea degli studenti pi meritevoli o almeno in corso. Su una popolazione universitaria di circa 1,7 milioni di studenti, poco meno della met, ovvero 800 mila studenti sono fuori corso. Non stupisce quindi come nella fascia fra i 30 e i 34 anni solo il 19% dei nostri giovani abbia conseguito una laurea, meno della met dei giovani francesi e circa 10 punti percentuali in meno della Germania. Invece di produrre laureati le nostre universit producono studenti fuori corso, invece di costruire percorsi formativi per la creazione di occupazione, si configurano come parcheggi per futuri disoccupati; molti giovani che non fanno nulla (i cosiddetti INET1 - sic!- : inactive, not in education or training), in Italia ce ne sono quasi 670 mila, circa l11% dei giovani nella fascia di et fra i 15 e i 24 anni in Francia sono il 4,3% e Germania il 4,6% - ma crescono in percentuale nella fasce di et superiori sono oltre il 18% fra i 25 e 29 anni (630 mila). Nella fascia complessiva di giovani fra i 15 e i 34 anni abbiamo oltre 2 milioni di INET. 2 milioni di giovani che non lavorano, non cercano un lavoro, non sono a scuola a studiare, non stanno imparando un mestiere. In Europa non c un solo Paese che ci batte per accidia giovanile. Ben il 60% dei giovani INET tra i 15 e i 29 si trova al Sud, un dato estremamente pesante se consideriamo che solamente il 40% dei giovani in questa fascia residente nelle regioni meridionali. Quello che le statistiche non dicono che probabilmente una parte di questi giovani sono occupati in maniera irregolare. Vi sono poi pochi giovani inseriti in un percorso di continuit fra formazione professionale e occupazione in azienda, al contrario della Germania dove dei giovani fra i 15 e i 24 anni un occupato inserito in un percorso di formazione professionale: un dato che pu contribuire a spiegare come abbia fatto la Germania a rafforzare la propria specializzazione nella produzione industriale deccellenza.

Se quindi consideriamo che i giovani che cercano un lavoro in Italia non sono in termini relativi in numero maggiore rispetto al resto dEuropa, i veri problemi per i circa 14 milioni di giovani fra i 15 e i 34 anni sono rappresentati da:
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La categoria degli INET si differenzia da quella pi comunemente usata dei NEET perch non comprende i disoccupati, ovvero quelle persone attivamente impegnate nella ricerca di un lavoro.

linattivit di quelli che possiamo chiamare gli accidiosi, ovvero coloro che non studiano, non lavorano, non vengono formati in azienda: gli oltre 2 milioni di INET sembrano dare un numero abbastanza fedele di questa categoria;

i parcheggiati alluniversit, che spendono anni e anni alluniversit, spesso senza nemmeno finirla, mentre i loro colleghi europei si laureano ed entrano nel mondo del lavoro: gli 800 mila studenti universitari fuori corso approssimano - certamente in eccesso - questa categoria;

i giovani de-qualificati, che quandanche riescono a ottenere un titolo di studio, spesso non dispongono del livello di competenze adeguato per corrispondere alle esigenze di un mercato del lavoro sempre pi esigente in termini di conoscenze, specializzazioni e professionalit: il milione e 150 mila giovani disoccupati danno unidea del dimensionamento di questa categoria;

i giovani sotto-occupati, lavoratori atipici e part-time involontari. Basandosi sui dati Istat in Italia si possono stimare circa 3,5 milioni di lavoratori sotto-occupati. Sono proprio i giovani a subire pi pesantemente le conseguenze di un mondo del lavoro che spesso non riesce a fornire impieghi stabili. Considerando i lavoratori a tempo determinato, quelli atipici e parasubordinati (1 milione e 400 mila giovani) ed i lavoratori part-time involontari (400 mila giovani), possiamo considerare (correggendo il dato per le aree di sovrapposizione) che non meno di 1,7 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni si trovano in una situazione di sotto-occupazione, circa la met del totale.

Su circa 14 milioni di giovani abbiamo quindi oltre 2 milioni di accidiosi, oltre un 1,1 milioni di disoccupati ufficiali, non meno di 1,7 milioni di sotto-occupati e qualche centinaia di migliaia di parcheggiati nelle universit. Quasi 6 milioni di giovani italiani sembrano condividere un futuro molto incerto.

Ci sono poi i giovani bamboccioni: questa non una categoria a s ma costituita da una popolazione assai trasversale fra le diverse categorie di giovani: comprende alcuni INET, ovvero giovani che non fanno nulla perch intendono vivere sulla ricchezza ereditata dai proprio genitori in un Paese con alti livelli di ricchezza privata e bassi tassi di fertilit femminile, comprende molti giovani occupati che non intendono rendersi autonomi dal nucleo familiare di origine, comprende anche molti studenti universitari parcheggiati che protraggono lo studio sine die per sfuggire ad unassunzione di responsabilit pi adulta.

Una comparazione europea sulla condizione giovanile


%

Germania
Occupati Occupati in formazione

Francia 20 11 9 56 4 69 8 11 4 8 80 8 12

Italia 18 3 7 61 11 53 6 10 13 18 71 8 21

20 26 6 45 4 61 15 7 9 8 80 6 14

15-24

Disoccupati Studenti Inattivi che non studiano ne lavorano Occupati Occupati in formazione

25-29

Disoccupati Studenti Inattivi che non studiano ne lavorano Occupati

30-34

Disoccupati Inattivi

Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat. Anno 2009.

Un mercato del lavoro chiuso e dualistico In Italia il tasso di disoccupazione giovanile 4 volte superiore al tasso di disoccupazione degli adulti, contro un rapporto di 2,4 nellArea Euro e di 1,4 in Germania. Questo rapporto pu essere considerato un indicatore del livello di protezione che beneficiano coloro che hanno un lavoro (insider) o, al contrario, del livello di esclusione dei giovani alla ricerca di un lavoro (outsider). Questo rapporto non muta a livello regionale anzi in talune regioni del Nord superiore che in quelle del Sud. In Italia per ogni adulto disoccupato ci sono 1,2 giovani disoccupati, in Francia il rapporto 1 a 1, mentre in Germania il rapporto si ribalta e per ogni giovane disoccupato ci sono pi di 1,5 disoccupati adulti. LItalia nel suo complesso, con modeste differenziazioni regionali, presenta un mercato del lavoro con una natura estremamente dualistica che tende a escludere laccesso ai giovani o a includerli in forme poco stabili, attraverso contratti che rendono intermittente e talora precario piuttosto che flessibile - il rapporto con il mondo del lavoro. Al di l dei contratti atipici e parasubordinati si stima che la durata media di un contratto a tempo determinato non superi i 4 mesi. Un numero considerevole di giovani passano molto rapidamente da una condizione di occupazione/sotto-occupazione ad una di disoccupazione o persino di inattivit rendendo le statistiche ufficiali molto aleatorie perch in grado di dare solo una fotografia point oin time di una condizione lavorativa che pu mutare a seconda del periodo di di osservazione statistica. Queste forme contrattuali, che interessano non meno di 1,7 milioni di giovani sotto-occupati,

ritardano un inserimento stabile nel mercato del lavoro, rendono quindi meno indipendenti i giovani, riducono le possibilit di avanzamento di carriera e incremento salariale, anche perch il rischio di flessibilit non compensato da un maggior salario, costringendo molti di essi a pi estesi periodi di vita con le famiglie di origine, posticipando la creazione di nuove famiglie. Giovani meno indipendenti, sfiduciati e scoraggiati, con un futuro incerto hanno meno possibilit di costruire cittadinanza attiva su cui fondare la propria partecipazione alla vita democratica. Senza la prospettiva di una graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, si indebolisce laccumulazione di capitale umano, con effetti di lungo periodo sulla dinamica della produttivit e della crescita sostenibile. Per ovviare a questa situazione A. Alesina e F. Giavazzi hanno recentemente avanzato sul Corriere della Sera due proposte: sostituire i contratti a tempo determinato e indeterminato con un contratto unico con protezioni e garanzie che crescono con lanzianit sul posto di lavoro, una proposta gi avanzata da T. Boeri e P. Garibaldi nel 20082 e tradotta in una proposta di legge sulla flex-security di P. Ichino (appoggiata anche da Luca Cordero di Montezemolo e da Nicola Rossi), che si allega di seguito; modulare le aliquote fiscale sui redditi da lavoro in funzione dellet, abbassando limposizione sui giovani, come recentemente proposto negli USA dalla Commissione Diamond.

SCHEDA SINTETICA DEL PROGETTO FLEXSECURITY - I CONTENUTI ESSENZIALI DEL DISEGNO DI LEGGE ICHINO N. 1481/2009 Lidea centrale del progetto di coniugare il massimo possibile di flessibilit delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza dei lavoratori nel mercato del lavoro. Il nuovo regime si applica alle nuove assunzioni delle imprese che stipulano, con uno o pi sindacati, il contratto collettivo denominato contratto di transizione al nuovo sistema di protezione del lavoro. La sperimentazione dunque volontaria. Il contratto di transizione istituisce unagenzia, in forma di ente bilaterale o consortile, o anche solo di sportello aziendale, a cui viene affidata dalle imprese stipulanti la gestione congiunta dellassicurazione contro la disoccupazione e dei servizi di riqualificazione e assistenza intensiva nella ricerca del nuovo posto per i lavoratori licenziati. Lagenzia stipula un contratto di ricollocazione con il lavoratore licenziato, che gli garantisce unindennit complementare di disoccupazione che porta il totale al 90% dellultima retribuzione per il primo anno, digradante del 10% in ciascuno dei tre anni successivi (durata max pari a quella del rapporto di lavoro intercorso detratto il primo anno, con il limite di quattro anni); lo obbliga a partecipare a tempo pieno a tutte le iniziative di riqualificazione e ricerca della nuova occupazione attivate per lui; lo assoggetta, per queste attivit a un potere direttivo e di controllo dellente; suscettibile di recesso per giusta causa da parte dellagenzia, in caso di inadempimento del lavoratore. Il finanziamento delle attivit di riqualificazione e collocamento sostenuto dalla Regione, col
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Un nuovo contratto per tutti. Chiarelettere, 2008.

contributo del Fondo Sociale Europeo. Il finanziamento del trattamento di disoccupazione a carico dellimpresa che licenzia. Il costo per lazienda molto ridotto per il primo anno successivo al licenziamento, in cui gi operano il trattamento ordinario di disoccupazione (60% ult. retr. x 8 mesi) o quello speciale (80% x 12 mesi). Ne consegue un forte incentivo allefficienza dei servizi di riqualificazione e collocamento: lagenzia sar spinta a utilizzare il meglio dei servizi disponibili, nel settore privato o in quello pubblico, perch ogni lavoratore sia ricollocato entro i primi mesi dal licenziamento. Nella tabella che segue sono indicati il costo medio del licenziamento (calcolato sullipotesi di un periodo di 6 mesi di disoccupazione) e il costo massimo (calcolato sullipotesi del mancato ricollocamento del lavoratore) Licenziamento entro i primi sei mesi di servizio: costo zero Entro il primo anno: una mensilit di preavviso o indennit di licenziam. Alla fine del secondo anno: due mensilit + contratto di ricollocazione max un anno di sostegno del reddito (costo medio: 25% r.a.l.; max 65% r.a.l.) Alla fine del terzo anno: tre mensilit + contratto di ricollocazione max due anni di sostegno del reddito (costo medio: 33% r.a.l.; max: 150% r.a.l.) Alla fine del quarto anno: quattro mensilit + contratto di ricollocazione max tre anni di sostegno del reddito (c. m.: 45% r.a.l.; max: 200% r.a.l.) Alla fine del decimo anno: dieci mensilit + contratto di ricollocazione max quattro anni di sostegno del reddito (c. m.: 115% r.a.l.; max: 300% r.a.l.) Alla fine del ventesimo anno: 25 mensilit + contratto di ricollocazione (costo medio: 230% r.a.l.; max: 415% r.a.l.)

Tranne i casi ben circoscritti in cui ammesso il contratto a termine, i nuovi dipendenti sono tutti assunti con contratto a tempo indeterminato, con - periodo di prova di max sei mesi; - controllo giudiziale e art. 18 per il licenziamento disciplinare e quello discriminatorio, salva la possibilit per il giudice, considerate le circostanze, di condannare limprenditore anche solo al risarcimento; - esenzione dal controllo giudiziale per i licenziamenti non disciplinari: in questo caso tutti i lavoratori hanno diritto a un preavviso convertibile in indennit di licenziamento pari a un mese per anno di anzianit, pi se il lavoratore ha almeno un anno di anzianit - il contratto di ricollocazione di cui si detto sopra. Sulle retribuzioni di tutti i nuovi dipendenti il contributo pensionistico a carico dellazienda ridotto al 30% della retribuzione lorda (pari a una media ponderata dei contributi oggi gravanti sul lavoro subordinato e parasubordinato).

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