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La psicologia dellallevamento intensivo?

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La psicologia dellallevamento intensivo? Pericolosa


Postato il 15 settembre 2011 da Rosanna Marani

Altra orrenda soporifera abitudine atta ad imbavagliare la coscienza, a metterle la mordacchia per non farle sentire laltro da s, per assuefare il pensiero alla indifferenza, per accettare che vergogna, barbarie, agonia, dolore, crudelt siano regole quotidiane da adottare senza provare alcun rimorso. Come succede durante le guerre, dove la piet viene calpestata, sopraffatta dal sadismo che aiuta a vincere, ma non a vivere PETSLIFE http://petslife.tv/blog/dossier/la-psicologia-dell-allevamento-intensivo-pericolosa/

La psicologia dellallevamento intensivo? Pericolosa Riportiamo lopinione di James McWilliams sulla psicologia dallevamento intensivo, ossia quella che consente di allevare e uccidere senza rimorso. by redazionepets | Dossier

Riportiamo, con piacere, lopinione di James McWilliams in merito alla psicologia dellallevamento intensivo, ossia quella che permette agli allevatori di far nascere, allevare e infine trucidare migliaia di animali senza un briciolo di dubbio sulla correttezza e letica delle loro azioni. Lestratto in versione italiana, alla fonte, si trova qui. Conosco un allevatore di nome Bill. Nel suo ranch nel Texas si allevano oltre 4000 capi di bestiame in una maniera che caratterizza lagricoltura animale intensiva. Le vacche vengono numerate, non gli viene dato un nome. Gli animali non mangiano cibo, convertono il foraggio. Lobiettivo finale non potrebbe essere pi ovvio: allevare gli animali il pi velocemente, efficientemente e sicuramente possibile; trasformarli in bei tagli marmorizzati di carne di manzo; e durante tutto il processo, minimizzare i costi e massimizzare la produzione.Che ne pensa Bill della sua vocazione? Ne assolutamente entusiasta. Lallevamento intensivo gli ha permesso di vivere in campagna, unopportunit di crescere la sua famiglia in un ambiente rurale, e gli frutta

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16.09.2011 11:46

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un reddito abbastanza sostanzioso da poter mandare i suoi figli a studiare in prestigiosi college. Quando recentemente ho confrontato Bill sulleticit dellallevamento intensivo, ha sorriso e scosso il capo, insistendo che le vacche che ingrassava e macellava non avevano pi valore morale delle grate di ferro che le racchiudevano. Bill una persona emotivamente consapevole che d limpressione di un tranquillo accademico. Ha un sorriso affabile, e pu essere sorpreso a leggere il New Yorkercome pure Horse and Livestock. Per come la pensa lui, un allevamento intensivo semplicemente un buon investimento, un po come una catena di montaggio per fabbricare le auto. Il consolidamento una risposta logica agli incentivi economici. Ma penso che Bill trascuri un punto cruciale. vero, anche senza i sussidi, ci potrebbero senzaltro essere vantaggi economici ad allevare gli animali in condizioni intensive. Ma non dovremmo mai tralasciare le implicazioni psicologiche di una cosa cos emotivamente intensa come il macello di animali per il cibo. E quando si arriva a questa impresa, la scala e la densit di produzione riescono a fare qualcosa di essenziale per tutti gli allevatori di allevamenti intensivi: recidono il legame emotivo tra allevatori e animali. In parole povere, permette al mio amico Bill di uccidere migliaia di animali e di rimanere una persona felice. Per comprendere questo fenomeno bisogna ritornare al diciannovesimo secolo. Prima del 1850, quando la maggioranza dellallevamento era su una scala relativamente bassa, gli allevatori vedevano i loro animali come animali. Ossia li vedevano come degli esseri senzienti con bisogni unici che, se non soddisfatti, avrebbero portato ad un prodotto inferiore. I manuali agricolturali del tempo indicavano di routine agli allevatori di parlare ai loro animali con toni di voce piacevoli, di assicurarsi che le loro lettiere fossero morbide e abbastanza spaziose, e di lavarli con affetto tutti i giorni. Gli allevatori non si riferivano mai ai loro animali come a degli oggetti. Erano pi saggi. Erano pi saggi perch il sistema di pastoralismo misto che praticavano era definito dalla vicinanza fisica. Questa intimit garantiva che gli allevatori interagissero quotidianamente con i loro animali, sviluppando un senso emotivo delle loro personalit e capricci individuali. La scala personale dellallevamento animale rendeva il macello che gli allevatori tendevano a praticare loro stessi unoccasione solenne nella migliore delle ipotesi. Nessuna persona normale, nemmeno nella pi dura frontiera di insediamento, sarebbe rimasto indifferente di fronte al macello di un animale che aveva allevato per anni. Nessuno avrebbe potuto dubitare che toglieva la vita ad un essere senziente con bisogni ed esigenze. Dopo il 1850 le cose sono cambiate. Lagricoltura americana caduta preda dellallevamento scientifico. Gli scienziati agricolturali, seguiti dagli allevatori, hanno incominciato a concettualizzare lallevamento come uniniziativa strettamente quantificabile. Iniziando con le piante, per poi proseguire con gli animali, si sono sempre meno preoccupati delle idiosincrasie individuali, preoccupandosi pi delle valutazioni collettive della produttivit. La catena di produzione si ampliata e, mentre questo succedeva, gli allevatori hanno iniziato a parlare in termini di contributo nutritivo, tempi di allevamento, spazi di confinamento e di gestione delle malattie. Gi intorno al 1870 gli allevatori parlavano regolarmente dei loro animali non come tali, ma letteralmente come fossero delle macchine che venivano costruite nelle industrie. Il maiale, spiegava un manuale di agricoltura, una delle macchine pi preziose nellallevamento. Il balsamo psicologico di questa retorica offriva un sollievo agli allevatori che portavano il fardello del macello di massa. Come allinizio del XIX secolo gli allevatori comprendevano intuitivamente, gli animali di allevamento sono creature senzienti che hanno interessi, un senso di identit, e la capacit di presagire e sentire il dolore. nel contesto di queste qualit qualit che la costante interazione con gli animali rendeva impossibile ignorare che il beneficio psicologico dellallevamento intensivo diventa chiaro. La sua struttura impersonale, altamente razionalizzata ideata per proteggere chi coinvolto dalle conseguenze emotive

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delluccidere. Oggi molti critici dellagricoltura industriale insistono che dobbiamo ritornare al sistema di allevamento antecedente al 1850. Sono scettico su questo, non tanto per ragioni economiche s, pi conveniente allevare animali su pi grande scala ma per ragioni psicologiche. Mi chiedo se, in unera post-darwiniana di etologia animale (lo studio delle menti animali), ne sappiamo troppo sulle emozioni e sullintelligenza animale per guardare negli occhi a milioni di vacche animali allevati con sincero affetto e attenzione e macellarli. Mi chiedo in altre parole, se siamo pronti come cultura di carnivori, a fare ci che il sistema di produzione industriale di Bill lo assolve dal fare: contemplare il peso morale dellallevamento animale.
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