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Novelle Per Un Anno
Novelle Per Un Anno
Pirandello scrisse novelle per tutto l'arco della sua attività creativa, nei primi quindici anni del
Novecento, in modo più sporadico ma egualmente significativo negli anni successivi, in cui
divenne predominante l'attività teatrale. Si tratta di una produzione copiosissima, nata per lo
più in modo occasionale, per la pubblicazione su quotidiani o riviste. Tuttavia lo scrittore si
preoccupò subito di raccoglierla in volumi: il primo fu Amori senza amore (1894), a cui
seguirono due serie di Beffe della morte e della vita (1902 e 1903), Quand ero matto (1903)
e molti altri volumi, sino a Berecche e la guerra, del 1919. Nel 1922 progettò una
sistemazione globale in ventiquattro volumi, col titolo complessivo di Novelle per un anno.
Le novelle vennero, infatti, richieste dal quotidiano “Il corriere della Sera” e il progetto era
quello di scrivere 365 novelle, una per ogni giorno dell’anno. Le novelle non hanno un ordine
determinato ed, infatti, lo stesso titolo sembra alludere allo sperpero casuale dei giorni e
delle vicende. Il corpus sembra quindi riflettere la visione globale del mondo che è propria di
Pirandello, un mondo non ordinato e armonico, ma disgregato in una miriade di aspetti
precari e frantumati, il cui senso complessivo sembra irraggiungibile.
Durante la vita dell'autore solo quattordici volumi furono pubblicati, a cui si aggiunse
postuma Una giornata, nel 1936.
A differenza delle raccolte classiche, di Boccaccio o dei novellieri rinascimentali, nella
raccolta pirandelliana non si riesce a individuare un ordine determinato. L'infinita molteplicità
di situazioni, casi e personaggi dà l'impressione di una «successione cumulativa di
particolari che non riescono a inserirsi in una totalità organica». Tuttavia si possono
identificare tre filoni principali: quello delle novelle siciliane, quello delle novelle romane e
quello delle novelle surreali degli anni ’30.
LE NOVELLE "SICILIANE"
All'interno della raccolta è possibile distinguere le novelle collocate in una Sicilia contadina
da quelle focalizzate su ambienti piccolo borghesi continentali, spesso sul ceto impiegatizio
della capitale. Le novelle siciliane possono a prima vista ricordare il tuo clima verista, ma ad
un'osservazione più attenta rivelano di appartenere già ad una dimensione diversa e
inconciliabile. Non vi si riscontra per nulla l'attenzione ai dati documentari né l'indagine
"scientifica" sui meccanismi della società e della lotta per la vita. Pirandello diverge dal
Verismo in due direzioni: da un lato riscopre il sostrato mitico, ancestrale e folklorico della
terra siciliana, fondando il racconto su immagini archetipiche come quelle della Terra Madre
o della luna, ed in questo si rivela più vicino al clima decadente (anche se è ben lontano
dalla sensualità infuocata e dal gusto di regredire in un mondo primitivo, ferino e violento che
caratterizzano le novelle abruzzesi di dannunzio), dall'altro lato quelle figure di un mondo
arcaico contadino sono, deformate fino al parossismo da una carica grottesca, che le
trasforma in immagini bizzarre, stravolte, allucinate, ai limiti della follia e oltre, e le vicende,
prive di ogni diretto riferimento ad un contesto sociale, divengono casi paradossali,
estremizzati sino all'assurdo. Lungi dall'individuare nelle «basse sfere» i meccanismi basilari
della società, come si proponeva Verga, Pirandello, anche nella Sicilia contadina. Coglie il
grottesco della vita, la casualità che fa saltare ogni idea di mondo ordinato, il gesto folle che
scardina ogni logica sistemazione del reale.