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5 Lezione Diritto Internazionale 11/10/22

La fonte di ius cogens ha un opinio molto forte, cioè ha il convincimento della comunità internazionale
che quella norma è proprio forte e inderogabile, è fondamentale per la comunità internazionale. Ecco
perché una classica fonte di ius cogens è il divieto di aggressione armata, cioè che gli stati non possono
aggredire militarmente un altro stato. Inderogabile significa che per essere derogata questa fonte
dovrebbe apparire nella nostra comunità internazionale una fonte di pari livello con contenuto contrario.
Chiaramente c’è una differenza nel dire che una fonte è inderogabile e dire che la fonte non può essere
violata. Siamo di fronte oggi sicuramente a un atto di aggressione e vuol dire che è stata violata la norma,
cioè la norma è inderogabile e non può essere violata e poi ci saranno le conseguenze per la violazione della
norma. Dire che è derogabile è un’altra cosa, cioè dire che una fonte è derogabile vuol dire che io con un
trattato dico che possiamo aggredire tutti ad esempio ed è lecito e quindi io non vìolo più la norma.
Quindi fonte di ius cogens inderogabile, cioè derogabile solo da fonti di pari livello. Stiamo dicendo che è
vero che c’è flessibilità tra norme, è vero che non c’è gerarchia tra le norme, cioè che le norme non sono
ordinate tra di loro in senso gerarchico, che una prevale sull’altra o che una è in grado di derogare l’altra
sempre con un sistema rigido diciamo ma stiamo dicendo che tutto questo vale finchè non tocchiamo lo ius
cogens che invece è inderogabile. Quindi è come se lo ius cogens fosse un qualcosa messo al di sopra e
tutte le altre sotto. Di solito si dice che le fonti a portata generale sono fonti di primo grado e che i
trattati sono fonti di secondo grado e che gli atti delle organizzazioni sono fonti di terzo grado.
Consuetudini 1 grado, trattati 2 grado e atti dell’organizzazione 3 grado. In realtà i gradi non sono gradi tra
le norme (primo, secondo e terzo) ma sono i passaggi che occorrono nella produzione normativa, per la
produzione dell’obbligo giuridico. quindi 1, 2 e 3 grado non è un rapporto tra le norme ma è il grado che
occorre per la produzione giuridica. Tutte le norme generali in realtà fanno questa cosa, lo ius cogens, i
principi generali, i principi generali delle nazioni civili, la consuetudine ecc  hanno tutte questa
caratteristica. Quindi 1,2 e 3 grado non significa che c’è una classificazione. Parliamo del rapporto tra le
fonti. Se il rapporto tra le fonti non è di tipo gerarchico come risolvo le antinomie, ossia il contrasto tra
norme giuridiche di diverso rango aventi fonti diverse? Perché se le fonti sono ordinate in senso gerarchico
i contrasti tra le norme/tra le fonti li risolvo agevolmente invece qui come faccio? Siccome le fonti non
sono posizionate tra di loro in senso gerarchico il rapporto tra le fonti è di tipo funzionale, indi per cui le
eventuali antinomie tra le fonti andranno risolte in funzione dell’obiettivo che l’interprete si prefigge di
raggiungere. Quindi non c’è un rapporto di derogabilità fisso tra le fonti ma c’è un rapporto di
derogabilità che muta a seconda della funzione che vado a svolgere, cioè dell’obiettivo che vado a
svolgere. Esempio: io sono il giudice della Corte internazionale di giustizia, ho una fonte generale e una
fonte particolare, lo stato A dice che il trattato era nullo e si applica il diritto generale, lo stato B dice che il
trattato era efficace e poi il trattato viene dopo la consuetudine. Io sono il giudice e come faccio a risolvere
questa antinomia/questo contrasto e che cosa succede alle fonti una volta che risolvo questo contrasto?
Dovrò andare a vedere la funzione, cioè l’obiettivo che voglio raggiungere e in funzione dell’obiettivo
andrò a realizzare le 2 fonti e utilizzerò 2 criteri che sono: la successione delle leggi nel tempo e il criterio
di specialità. Il principio della successione delle leggi nel tempo: quella successiva deroga la precedente e
rapporto di specialità: la norma speciale prevale su quella generale. Utilizzo questi 2 criteri in funzione,
significa che io non ho sempre lo stesso risultato utilizzando questi 2 criteri ma ho risultati diversi a
seconda dell’obiettivo che voglio raggiungere, infatti alle 2 norme non accade proprio nulla, ad esempio la
consuetudine continua ad essere una norma generale e applicabile per gli altri e magari in un altro caso la
consuetudine è ben efficace e funziona benissimo. Ricapitolando: il sistema delle fonti non è di tipo
gerarchico ma di tipo funzionale e quindi il rapporto tra le fonti non è un rapporto gerarchico ma è un
rapporto funzionale, io risolvo i contrasti/le antinomie in funzione dell’obiettivo che voglio raggiungere e
per raggiungere quell’obiettivo (capire qual è la norma applicabile) utilizzo questi 2 criteri: principio della
successione delle leggi nel tempo e il criterio di specialità. Questo sistema delle fonti di diritto
internazionale che non assomiglia a quello di diritto interno. Cominciamo a parlare delle norme generali.
Parleremo prima delle fonti primarie, delle fonti generali. Poi probabilmente prima di fare i trattati faremo
gli atti delle organizzazioni. Parliamo delle fonti generali e cominciamo con la consuetudine. Innanzitutto
le norme consuetudinarie sono molto risalenti nel tempo di solito, cioè le norme consuetudinarie sono
quelle proprio create più che dai soggetti di diritto internazionale, sono create proprio dagli stati perché
sono un po’ più risalenti. Le norme consuetudinarie sono norme a portata generale e norme non scritte.
Le norme consuetudinarie sono create dalla maggior parte degli stati ma poi hanno efficacia di tutti gli
stati, o meglio di tutti i soggetti di diritto internazionale  significa che se io divento soggetto di diritto
internazionale dopodomani sono destinatario delle norme consuetudinarie, ancora non dei trattati magari
però delle norme consuetudinarie immediatamente, appena divento soggetto. Queste norme create dalla
maggior parte degli stati, per maggior parte si intende un numero consistente di stati che cominciano ad
avere un certo comportamento e questo comportamento sarà un comportamento qualificato dalla
volontà del soggetto di tenere quel comportamento. Che significa? Significa che la consuetudine è
costituita da 2 elementi: l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo. L’elemento oggettivo è la
Diuturnitas e l’elemento soggettivo è l’opinio juris ac necessitatis.  questi 2 elementi sono elementi
costitutivi della consuetudine e significa che devono essere presenti entrambi affinché si possa formare la
consuetudine, significa anche che in mancanza di 1 dei 2 elementi successivamente la consuetudine cade
in desuetudine, cioè si estingue. Vediamo qualcosa sull’elemento oggettivo e sull’elemento soggettivo.
Partiamo dall’elemento oggettivo che è la Diuturnitas, la definizione è: ripetizione costante uniforme di
un dato comportamento nel tempo da parte di un soggetto di diritto internazionale o più soggetti di
diritto internazionale. Ripetizione costante uniforme significa che fanno la stessa cosa costantemente più
volte nel tempo, costante = più volte e uniforme = stesso comportamento nel tempo. Il primo problema
che si pone sulla Diuturnitas è il tempo, quanto tempo è necessario affinché si formi una consuetudine? Il
tempo per la formazione di una consuetudine è variabile ed è inversamente proporzionale all’opinio
juris, cioè se l’opinio juris su quella norma è forte, cioè il convincimento è forte, allora il tempo affinché
questa consuetudine si consolidi è un po’ più ridotto, cioè la Diuturnitas necessita di meno tempo se
l’opinio è forte. Se l’opinio è debole allora questa ripetizione costante e uniforme da parte della maggior
parte degli stati necessita di più tempo. Facciamo un esempio, esempio che è la piattaforma continentale.
La piattaforma continentale è un istituto del diritto internazionale del mare ma la piattaforma
continentale è sostanzialmente la parte di terra ferma che continua, che si prolunga a partire dalla costa
sotto il mare per un po’ di spazio marino, è dove vengono messe le piattaforme petrolifere. Questa
piattaforma continentale dal punto di vista geologico è sempre esistita ma dal punto di vista giuridico no
perché dal punto di vista giuridico inizialmente gli stati esprimevano la loro sovranità sul territorio, cioè
sulla terra ferma. Ad un certo punto accade che nel 1945 l’allora presidente degli USA Truman decise di
fare una dichiarazione, dichiarazione unilaterale di uno stato, nella quale affermava la sovranità degli
USA sulla piattaforma continentale, in pratica diceva che quella piattaforma continentale era degli USA, il
prolungamento della terraferma era loro. Questa idea è piaciuta molto agli stati costieri e nel giro di poco
tempo tutti gli stati costieri si sono apprestati a fare una dichiarazione di questo tipo, quindi oltre alla
dichiarazione siccome quella prevede dei diritti esclusivi e sovrani, cioè della funzione di sovranità dei diritti
esclusivi dello stato costiero hanno cominciato anche a fare questo  opinio + diuturnitas, il che è
significato che la piattaforma continentale è diventato un istituto di diritto del mare in brevissimo tempo.
Dopo pochissimi anni già c’erano le prime convenzioni sulla piattaforma continentale e la convenzione
Montego Bay pure che è una convenzione che è stata negoziata per moltissimo tempo ed è del 1982. La
piattaforma continentale secondo il diritto del mare è fino a 200 miglia marine dalla costa. Se la
piattaforma continentale è ben estesa significa proclamare la propria sovranità su tutta questa parte, che
è diritto generale significa che oggi non c’è più bisogno neanche della proclamazione, è diritto generale, è
consuetudine  questo è un ottimo esempio perché ci fa capire come quando il convincimento degli stati è
forte (opinio juris) il tempo della prassi necessaria per ottenere l’obbligo giuridico è breve, e quindi è
inversamente proporzionale. A proposito sempre dell’elemento oggettivo c’è anche la questione che
riguarda le consuetudini cosiddette regionali o particolari. Produrre effetti nei confronti di tutti gli stati e di
solito la prof fa questo esempio: lui dice (il libro) che è una consuetudine regionale che si applica a quegli
stati in quel determinato territorio e l’hanno creata loro, la prof invece dice che è una consuetudine
regionale che hanno creato loro, che si applica a quella regione ma che riguarda come destinatari tutti gli
stati. Esempio per capire: è chiaro che la navigazione nelle acque artiche, ci sono molti stati che danno
sull’oceano artico, è particolarmente difficile perché le acque sono ghiacciate e quindi hanno elaborato dei
sistemi, facciamo conto che si crea una consuetudine regionale, è chiaro che se io sono l’Italia e voglio
passare con una nave rompighiaccio scientifica o militare per quelle acque lo dovrò fare con quelle
modalità  in questo senso significa secondo la prof consuetudine regionale perché nel senso che dice lui
(il libro) non è più a portata generale la norma. Se quella consuetudine regionale l’hanno creata in 10 stati
tutti vicini e si fanno la consuetudine regionale tra di loro ed ha efficacia solo tra di loro, vuol dire che gli
altri 183 stati sono indifferenti rispetto a quella consuetudine, ma se è una consuetudine deve avere
portata generale e quindi mi va bene che l’hanno creata loro, mi va bene che l’applicano loro ma nel caso
è un obbligo giuridico che incombe anche sull’altro  questo è il senso. Ora vediamo l’elemento
soggettivo. Elemento soggettivo = Opinio juris ac necessitatis e cioè il convincimento che quel dato
comportamento che io soggetto di diritto internazionale sto tenendo sia obbligatorio. L’opinio juris è in
comune, così come la Diuturnitas, con lo Ius Cogens, e quando è particolarmente forte diventa Ius
Cogens. L’elemento soggettivo è un elemento per alcuni controverso e ora vediamo la tesi di Kelsen
sull’elemento soggettivo, sulla consuetudine. Tesi Kelsen sulla consuetudine: Kelsen diceva che è errato
basare la consuetudine sull’elemento soggettivo, l’elemento soggettivo dovrebbe proprio non esserci,
dovrebbe bastare soltanto l’elemento oggettivo, cioè il contegno tenuto dallo stato, perché se basiamo la
consuetudine anche sull’elemento soggettivo è come dire che lo stato mentre sta formando la norma
consuetudinaria cade in errore e quindi la formazione della norma è dovuta da un errore e quindi la
norma non ha bisogno di questo elemento. L’errore è il credere da parte dello stato che ci sia un obbligo
giuridico perché in realtà mentre forma la norma l’obbligo giuridico non c’è ancora, non è esistente e per
questo non andrebbe considerato l’elemento soggettivo come elemento costitutivo, elemento costitutivo
significa che se non c’è non c’è la norma, e quindi se io metto l’elemento costitutivo che però in qualche
modo non funziona, chiaramente sto dicendo che la norma non funziona e quindi mi devo basare
solamente sull’elemento oggettivo. Dottrina e giurisprudenza internazionale concorde nel dire che qui
Kelsen ha sbagliato, la tesi di Kelsen non è corretta, cioè che gli elementi costitutivi della consuetudine
sono comunque 2: elemento soggettivo ed elemento oggettivo e ci vogliono tutti e 2, perché la Corte
internazionale di giustizia, ad esempio, spesso ha ricostruito le norme consuetudinarie e ha ricordato che
ci vogliono tutti e 2 gli elementi (ad esempio caso Nicaragua – Usa del 1986 dove ricostruendo la norma
consuetudinaria ha detto che ci vogliono tutti e 2). Quella di prima spiegazione più semplice, ora vediamo la
spiegazione più complessa. Per spiegare il motivo per cui ci servono tutti e 2 gli elementi basta scomporre
la vita della norma consuetudinaria in 2 fasi: una fase in cui la norma è già formata e una fase in cui la
norma è in formazione. Nella fase in cui la norma è già formata, quindi è già in esistenza e già
obbligatoria per tutti, è chiaro che l’opinio juris c’è eccome perché il convincimento dello stato che deve
tenere quel comportamento perché è obbligatorio, perché c’è una norma giuridica, è corretto (perché
quella è una norma giuridica, è una norma a portata generale, è esistente, sono il destinatario e la devo
applicare). Quindi in questa fase la teoria di Kelsen non ha fondamento. Il problema poteva porsi per la
fase precedente, cioè la fase in cui la norma è in formazione, cioè si sta formando la norma e quindi
abbiamo un po’ di stati che si comportano in quel modo, che poi diventano la maggior parte degli stati e
poi diventano tutti gli stati. E allora nella fase in cui la norma è in formazione se è in formazione non è un
obbligo giuridico, non è norma, non è un obbligo, e quindi effettivamente c’è il problema dell’opinio juris,
ma quando la prof ci ha detto i 2 elementi ci ha detto opinio juris ac necessitatis, necessitatis qui è
rilevante perché possiamo dire che quando la norma è in formazione non esiste l’opinio juris, cioè il
convincimento che ci sia obbligo giuridico perché l’obbligo giuridico non c’è però esiste la necessità
(necessitatis) e cioè esiste il convincimento che quel dato comportamento sia necessario, cioè doveroso,
non obbligatorio ma necessario e doveroso, cioè gli stati stanno concentrando i loro interessi su quel
tema e su quel comportamento, quindi quel comportamento è sentito come necessario dalla comunità
internazionale, e la necessità di normazione è abbastanza per creare l’obbligo giuridico. ora spieghiamo
anche il perché. Siccome la comunità internazionale è ristretta abbiamo la base sociale, cioè chi crea la
norma è lo stesso soggetto che è destinatario della norma nel diritto internazionale, quindi comunità
ristretta, base sociale ristretta e soggetti che fanno la norma sono destinatari della norma. E allora in una
situazione del genere, che in un ordinamento interno la necessità della norma non basta a creare la norma,
in cui i soggetti sono gli stessi che fanno la norma e se la ritrovano allora in questo caso la necessità o la
doverosità sociale, cioè doverosità individuata dalla base sociale e cioè da questa comunità ristretta, è
sufficiente affinché si possa creare la norma e quindi la norma si creerà attraverso la necessità e
l’obbligatorietà. Quindi in un primo momento l’elemento soggettivo sarà la necessità  nella fase di
formazione della norma, e nella fase in cui la norma è formata l’elemento soggettivo sarà l’obbligo
giuridico in tutto e per tutto. quindi tutti e 2 gli elementi sono necessari affinché si possa parlare di
consuetudine. Ultima cosa e abbiamo finito la consuetudine. Parliamo del Persistent objector, ovvero la
figura dell’obiettore persistente. L’obiettore persistente è quello stato che obietta davanti al contenuto di
una norma consuetudinaria, è una figura storica esistita e appartiene più o meno al periodo storico che
va dagli anni 70 in poi. L’obiettore persistente appartiene ad una concezione che è il NOEI  ossia il
Nuovo Ordine Economico Internazionale. Negli anni 70 la comunità internazionale si era ingrandita,
cominciava ad essere quasi esaurito il processo di decolonizzazione  nuovi stati indipendenti ma
soprattutto NOEI, ovvero questi stati che volevano ottenere una serie di cose e le hanno anche ottenute.
Tra i vari istituti elaborati dal NOEI c’è l’obiettore persistente, ossia questo stato di nuova indipendenza
che obiettava di fronte alla consuetudine dicendo che la consuetudine non gli andava bene perché era
stata creata prima di lui e quindi lui non aveva partecipato alla formazione della consuetudine, e quindi
ora si trovava obbligato in una norma consuetudinaria che però era stata creata da altri stati, in
particolare era stata creata dagli stati che lui considerava colonizzatori, l’obiettore persistente diceva che
non ha partecipato alla formazione della norma e quindi quella norma non doveva essere destinata a lui
perché è una norma generale di cui vedo solo gli aspetti finali. Si obietta con un comportamento che è
difforme rispetto a quello voluto dalla norma consuetudinaria  questo basta, poi se accanto al
comportamento, perché il comportamento ci vuole, voglio fare una dichiarazione spiegando tutte le ragioni
ok. L’obiettore persistente da solo non riesce nell’intento di far cadere in desuetudine la consuetudine o
di non far produrre effetti nei suoi confronti la norma consuetudinaria, se lo stato che si comporta in
modo difforme è uno solo. Se l’obiettore persistente è solo cade in responsabilità internazionale, se
invece per ipotesi questo obiettore persistente è un gruppo di stati in potenza è idoneo a creare una
modifica della norma consuetudinaria, quindi una desuetudine o una modifica della norma
consuetudinaria. Su questo aspetto la commissione di diritto internazionale, che è un organo tecnico
dell’assemblea generale, sta recentemente cambiando idea perché per anni abbiamo studiato che
l’obiettore persistente non ha prodotto risultati e non poteva in fondo produrre risultati, invece adesso si
sta pensando che se sono di più bisogna andare a vedere la norma consuetudinaria.

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