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B asilea 3, un percorso impegnativo per una riforma ambiziosa The long and ambitious road to Basel 3 reform

Il Comitato di Basilea ha proposto unincisiva riforma del sistema di adeguatezza patrimoniale che, a differenza della pletora di altre proposte, potr tradursi in una risposta efficace alla crisi finanziaria. Tra i punti di debolezza vi sono aspetti come la gestione delle crisi bancarie, sulla quale le proposte sono ancora in fase di studio, e il tema della disciplina di mercato, il terzo pilastro di Basilea 2, indebolito dai numerosi interventi governativi di salvataggio e che va ricostruito con nuovi strumenti come il contingent capital.

1 Premessa Il 12 settembre di questanno il Comitato di Basilea ha reso note le proposte relative alle nuove regole che, con un meccanismo di entrata in vigore graduale, rappresenteranno il futuro sistema di adeguatezza patrimoniale delle banche (Basel Committee, 2010a). Come gi anticipato nel documento del dicembre 2009 (Basel Committee 2009b), in sintesi queste proposte prevedono un rafforzamento dei requisiti patrimoniali di primo pilastro, una maggiore enfasi attribuita al patrimonio di maggiore qualit e con maggiore capacit di assorbimento delle perdite, il cosiddetto core tier 1 o nel linguaggio del Comitato common equity, lintroduzione graduale, a partire dal 2016, di un requisito patrimoniale addizionale volto alla conservazione del capitale (capital conservation buffer), e laffiancamento, sotto forma di sistema di monitoraggio prima e di vero e proprio requisito patrimoniale a partire dal 2018, di un tetto massimo alla leva finanziaria delle banche. I vincoli relativi alla liquidit previsti nel documento del dicembre 2009 liquidity coverage ratio e net stable funding ratio saranno dapprima utilizzati durante un periodo di

Andrea Sironi
Universit Bocconi, Milano

Basel 3 proposals will bring about a vast and ambitious reform of the capital adequacy requirements, showing graduality and consistence, in contrast with many other partial measures. Among the unresolved questions are the regulation for banks crises management and the reconstruction of market discipline principles, weakened by governments bailouts during the crisis.

monitoraggio e successivamente, a partire dal 2015, come veri e propri requisiti minimi. Nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione, queste nuove proposte sono state oggetto di numerose critiche da parte di osservatori nazionali e internazionali. Tali critiche sono venute sia da esponenti dellindustria bancaria, sia da accademici, sia infine da esponenti del mondo delle imprese. Esse hanno riguardato sia il livello dei nuovi requisiti patrimoniali, sia il gradualismo relativo alla relativa entrata in vigore, sia gli altri aspetti delle proposte di riforma, quali i vincoli relativi alla liquidit e alla leva finanziaria. La mia personale impressione che queste critiche nascano da una limitata conoscenza della portata complessiva del processo di riforma impostato dal Comitato di Basilea a partire dallo scoppio della recente crisi finanziaria. Scopo di queste brevi note quello di fornire spunti di riflessione rispetto a queste critiche, affrontando singolarmente i temi oggetto di discussione. Non mi occuper invece di alcuni aspetti specifici che hanno assunto una rilevanza particolare nel dibattito interno al sistema bancario italiano, quali ad esempio quello relativo al trattamento di deferred tax as-

Keywords: Basilea 3, road map, leva finanziaria, rischio di liquidit Jel codes: G21, G28

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sets e partecipazioni di minoranza in altre istituzioni finanziarie. Premetto subito che il giudizio complessivo su questo nuovo sistema di requisiti di vigilanza prudenziale il cosiddetto sistema di Basilea 3 certamente positivo. Esso prevede infatti un significativo inasprimento dei coefficienti di capitale basti pensare che il requisito minimo relativo al patrimonio di pi elevata qualit (core tier 1 o common equity) e quello relativo al patrimonio di base (tier 1 capital ratio) passano rispettivamente dal 2% al 4% e dal 4% al 6%. Come illustrato dalla tavola 1, a questi requisiti minimi si aggiunge poi quello connesso al conservation buffer, il quale conduce a un ulteriore aumento dei requisiti di altri 2,5 punti percentuali. Una volta a regime, questo nuovo sistema imporr alle banche di detenere un patrimonio di base pari a oltre il doppio di quanto richiesto attualmente (dal 4% all8,5%). Risulta dunque a mio avviso difficile sostenere come hanno fatto alcuni che non vi sia stato un sufficiente inasprimento del sistema dei requisiti di capitale imposti alle banche. Il giudizio positivo deriva anche da unaltra importante considerazione. Essa riguarda la crisi finanziaria che ha investito il sistema bancario internazionale a partire dalla seconda met del 2007 e il successivo dibattito relativo alla riforma della regolamentazione del sistema finanziario internazionale. In particolare, nel corso degli ultimi anni sono state formulate numerose proposte di riforma del sistema di regole che governa il complessivo sistema finanziario internazionale volte a evitare che quanto accaduto con la crisi reTavola 1

cente possa in futuro ripetersi. Fra queste, ne cito solo alcune: lintroduzione di una Tobin tax sui movimenti di capitale, un inasprimento del sistema di tassazione delle banche, restrizioni alle vendite allo scoperto e in generale alle operazioni di natura speculativa nei mercati finanziari, lobbligo di una riduzione significativa delle dimensioni delle grandi banche mediante la cessione forzata di parte dei propri attivi, lintroduzione di un sistema di compensazione multilaterale per gli strumenti derivati negoziati in mercati over the counter, e ancora lintroduzione di schemi di mutua assicurazione obbligatoria fra le banche mediante forme di tassazione. Alcune di queste proposte hanno trovato applicazione, a volte temporalmente limitata, in singoli paesi. Nessuna proposta, tuttavia, si concretamente tradotta in un provvedimento regolamentare con validit sovranazionale, ossia applicabile alla maggioranza dei paesi che partecipano attivamente al sistema bancario-finanziario globale. Eppure la crisi finanziaria che ha colpito il sistema stata una crisi globale, e tutti gli osservatori accademici, esponenti di organi di vigilanza, banchieri hanno condiviso lopportunit di una risposta coordinata a livello internazionale. Solo questo tipo di risposta risulta infatti efficace nel ridurre la probabilit che una simile crisi possa ripetersi. Non dunque difficile, alla luce di queste considerazioni, cogliere limportanza degli sforzi compiuti dal Comitato di Basilea, il quale ha saputo produrre mediante un intenso lavoro di collaborazione fra le autorit di vigilanza dei diversi paesi e in un lasso temporale di soli tre anni dal momen-

I nuovi requisiti di capitale previsti da Basilea 3


Calibrazione del nuovo sistema di adeguatezza patrimoniale Requisiti di capitale e capital conservation buffer (valori %) Common Equity Minimo Conservation buffer Minimo pi conservation buffer Countercyclical buffer range
FONTE: BASEL COMMITTEE (2010)

Tier 1 Capital 6.0 8.5

Total Capital 8.0 10.5

4.5 2.5 7.0 0 - 2.5

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to in cui la crisi ha avuto inizio una proposta relativa a un sistema di regole condiviso da tutte le autorit dei principali paesi che con tutta probabilit si tradurr, seppure con un meccanismo di introduzione graduale, in unambiziosa e incisiva riforma del sistema di adeguatezza patrimoniale. Questo intenso lavoro di collaborazione fra le autorit di vigilanza dei diversi paesi si peraltro realizzato utilizzando il consueto meccanismo di collaborazione con i soggetti controllati, che ha visto la presentazione di una prima bozza dellinsieme delle nuove proposte alla comunit bancaria internazionale ancora nel dicembre del 2009. Questo processo ha dunque consentito ai destinatari delle nuove misure regolamentari di esprimere la propria posizione in merito alle nuove misure regolamentari. Questa posizione sar certamente riflessa nella versione finale delle proposte del Comitato, se non altro nella tempistica che caratterizza lentrata in vigore del nuovo sistema di requisiti. 2 Gradualismo eccessivo? Partendo da questa osservazione, ossia dalle pressioni esercitate dalla lobby delle grandi banche internazionali, alcuni osservatori hanno argomentato che le proposte del Comitato di Basilea sono insufficienti per affrontare i problemi emersi con la crisi finanziaria degli ultimi anni. In particolare, le critiche riguardano tre aspetti principali: i nuovo requisiti vengono introdotti in modo eccessivamente graduale ed entreranno dunque in vigore dopo un periodo di tempo troppo lungo; i nuovi requisiti sono ancora insufficienti, basti pensare che una banca come Lehman Brothers aveva un Tier 1 capital dell11%; le proposte del Comitato di Basilea non affrontano i veri problemi sottostanti alle crisi bancarie recenti, quelli relativi alla leva finanziaria e alla liquidit1. Personalmente non condivido queste critiche e credo che esse non siano supportate dallevidenza empirica e derivino da una scarsa comprensione del complessivo meccanismo di riforma impostato dal Comitato di Basilea negli ultimi due anni. Cominciamo con il problema del gradualismo. Come

possibile osservare dalla tavola 2, i nuovi requisiti entreranno effettivamente in vigore in modo graduale. Laumento del requisito relativo al capitale di maggiore qualit in termini di capacit di assorbimento delle perdite (common equity o core tier 1) inizier nel 2013 e entrer a regime nel 2015 con il nuovo requisito del 4,5%. Il nuovo requisito relativo al capital conservation buffer entrer invece in vigore solo a partire dal 2016 e sar a regime solo nel 2019. Analoga introduzione graduale per le nuove regole relative alle deduzioni dal capitale di quegli strumenti (ibridi, innovativi, ecc.) che non saranno pi ammessi al computo del patrimonio di maggiore qualit. Lentrata in vigore graduale di questi nuovi requisiti trova a mio avviso fondamento in tre importanti e semplici considerazioni. Anzitutto, il fatto che i sistemi bancari dei diversi paesi hanno ricevuto, durante la crisi finanziaria recente, un sostegno molto differenziato da parte dei relativi governi e autorit. In alcuni paesi, numerose banche sono state supportate mediante significativi aumenti di capitale sottoscritti dai relativi governi. In altri paesi, questi meccanismi di aiuto pubblico non sono intervenuti anche a causa del cattivo stato di salute delle relative finanze pubbliche. Da questo punto di vista, non possibile trascurare il fatto che lintroduzione repentina di nuovi e pi stringenti requisiti di capitale risulterebbe in contrasto con uno dei principi cardine che ha sempre ispirato lazione del Comitato di Basilea, quello del levelling the playing field, ossia di un sistema di regole che non risulti penalizzante per le banche di un paese rispetto a quelle di un altro. Una seconda ragione che spiega il gradualismo del nuovo sistema di regole patrimoniali riconducibile allattuale congiuntura economica e ai timori di un impatto negativo sulla crescita, gi debole, della maggioranza delle economie sviluppate. Da questo punto di vista, non vi dubbio che la maggioranza delle grandi banche commerciali si trovano ad affrontare un periodo caratterizzato da una bassa redditivit del patrimonio. Questa a sua volta riconducibile da un lato a elevate perdite su crediti, generate dalla situazione di bassa crescita, e a un contesto di bassi tassi di interesse che deprimono la fonte di reddito principale di una banca com-

1 Si veda, ad esempio, Moyra Longo, Basilea 3 e lostacolo (aggirato) della leva, in Il Sole 24 Ore, 15/09/2010.

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merciale, ossia il margine di interesse legato alla tradizionale attivit di intermediazione creditizia. In questa situazione, la raccolta di nuovi capitali di rischio da parte delle banche risulta chiaramente pi difficile. Ne segue che un inasprimento repentino del sistema di requisiti patrimoniali si scontrerebbe con la difficolt, per molte banche, di reperire in poco tempo i capitali necessari a far fronte ai nuovi requisiti. Una terza motivazione sottostante ai tempi decisi dal Comitato di Basilea per lintroduzione graduale dei nuovi requisiti pu trovarsi nellanalisi condotta dallo stesso ComiTavola 2

tato, assieme al Financial Stability Board, relativa allimpatto macroeconomico di un incremento dei coefficienti di capitale (Basel Committee, 2010b). Questanalisi ha mostrato chiaramente come lentrata in vigore graduale consenta di minimizzare tale impatto, riducendo dunque le eventuali conseguenze negative sulla crescita economica. Infine, credo sia importante osservare che la fissazione dei nuovi livelli minimi di capitale fa s che il mercato richieder alle banche di adeguarsi a questi nuovi livelli prima del momento in cui gli stessi entreranno formalmente in vigore. In conclusione, il gradualismo previsto dal Comita-

La tempistica relativa allintroduzione dei nuovi requisiti


2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Dal 1 gennaio 2019

Indice di leva (leverage ratio) Requisito minimo per il common equity Capital conservation buffer Requisito minimo per il common equity pi capital conservation buffer Introduzione delle deduzioni dal CET 1 (compresi gli importi eccedenti il limite per DTA, MSR e investimenti in istituzioni finanziarie)

Monitoraggio regolamentare

Fase di sperimentazione 1 gennaio 2013 - 1 gennaio 2017 Informativa dal 1 gennaio 2015 3,5% 4,0% 4,5% 4,5% 4,5%

Migrazione al primo pilastro 4,5% 4,5%

0,625% 3,5% 4,0% 4,5% 5,125%

1,25% 5,75%

1,875% 6,375%

2,50% 7,0%

20%

40%

60%

80%

100%

100%

Requisito minimo per il patrimonio di base (tier 1) Requisito minimo per il capitale totale Requisito minimo per il capitale totale pi capital conservation buffer Strumenti di capitale non pi computabili nel non-core tier 1 e nel tier 2 Indice di copertura della liquidit (liquidity coverage ratio)
Inizio periodo di osservazione Inizio Coefficiente dei fondi di approvvigionamento periodo di stabili (net stable funding ratio) osservazione

4,5% 8,0% 8,0%

5,5% 8,0% 8,0%

6,0% 8,0% 8,0%

6,0% 8,0% 8,625%

6,0% 8,0% 9,125%

6,0% 8,0% 9,875%

6,0% 8,0% 10,5%

Esclusione su un arco di 10 anni con inizio dal 2013 Introduzione standard minimo Introduzione standard minimo

FONTE: COMITATO DI BASILEA, COMUNICATO STAMPA 12 SETTEMBRE 2010

Tutte le date decorrono dal 1 gennaio. Le aree ombreggiate indicano i periodi di transizione.

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to di Basilea per lentrata in vigore dei nuovi requisiti risulta a mio avviso una scelta adeguata e coerente con lattuale fase economica. 3 Requisiti troppo blandi? Veniamo ora alla seconda critica, quella secondo cui il livello dei nuovi requisiti di capitale risulta insufficiente rispetto ai problemi verificatisi con le crisi bancarie degli ultimi anni. Questa critica stata supportata da due semplici considerazioni: (i) molte delle banche di investimento entrate in crisi negli anni recenti avevano coefficienti patrimoniali largamente superiori ai minimi richiesti e anche superiori a quanto previsto dalle nuove regole di Basilea 3; (ii) molte delle grandi banche internazionali posseggono gi oggi una dotazione patrimoniale superiore a quanto previsto dai nuovi requisiti. Secondo questi critici i nuovi requisiti avrebbero dunque dovuto posizionarsi su livelli decisamente superiori a quanto previsto dalle proposte del Comitato di Basilea, con livelli minimi di Tier 1 attorno al 20%2. Sottostante a questa critica vi , a mio modesto avviso, una scarsa comprensione, da un lato, del complessivo sistema di riforma disegnato dal Comitato di Basilea negli ultimi due anni e, dallaltro, del ruolo che il capitale di rischio svolge allinterno di una banca. Anzitutto, opportuno chiarire come le nuove regole presentate in settembre di questanno siano state precedute, nel luglio del 2009 (Basel Committee, 2009a), da unimportante riforma del sistema dei requisiti patrimoniali relativi ai rischi di mercato, ossia dei requisiti relativi alle posizioni che rientrano nel portafoglio di negoziazione. Tali requisiti assumono una particolare rilevanza proprio per le banche di investimento. Come noto, infatti, un importante problema emerso nel corso della crisi finanziaria recente riguarda le perdite ingenti registrate da numerose banche nei relativi portafogli di negoziazione. Tali perdite sono risultate sovente molto superiori alle misure di VaR a dieci giorni con livello di confidenza del 99% sottostanti ai requisiti patrimoniali per i rischi di mercato cui sono sottoposte le banche con un modello interno validato. Esse hanno peraltro ri-

guardato in larga misura variazioni rilevanti e improvvise dei prezzi di strumenti di natura creditizia, quali quelli risultanti dalle operazioni di titolarizzazione, a loro volta determinate da crolli della liquidit o da eventi di default o di migrazione (deterioramento del merito di credito). I problemi emersi da questo fenomeno sono almeno tre: (i) la scarsa capacit dei modelli di misurazione dei rischi di mercato utilizzati dalle banche di cogliere i potenziali effetti di episodi crisi di liquidit; (ii) il fatto che strumenti di natura creditizia, il cui principale rischio quello connesso al potenziale default dei soggetti sottostanti (tipicamente i debitori dei portafogli creditizi titolarizzati), vengono posizionati allinterno di portafogli di trading, i cui gestori sono invece principalmente focalizzati sui rischi di mercato; (iii) il fenomeno dellarbitraggio regolamentare, in base al quale numerose banche dotate di un modello validato per la misurazione dei rischi di mercato hanno artificialmente spostato posizioni di natura creditizia dal banking book al trading book per beneficiare del minore requisito di capitale legato a questultimo. Per far fronte a questi problemi, il Comitato di Basilea ha formulato, ancora nel luglio del 2009, alcune importanti proposte di modifica del sistema dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato. Senza entrare nei dettagli di queste proposte, sufficiente osservare che esse prevedono lintroduzione, gi a partire dal 2011, di due requisiti addizionali, uno (Incremental Risk Charge-Irc), relativo al rischio specifico delle posizioni del trading book volto a considerare adeguatamente la liquidit delle singole posizioni, e laltro (Stressed VaR), volto a coprire il rischio di perdite connesse a periodi di forte stress. Gli obiettivi connessi a questi due requisiti addizionali sono principalmente due: (i) rimuovere lincentivo alle operazioni di arbitraggio regolamentare fra banking book e trading book e (ii) imporre alle banche un requisito patrimoniale per i rischi di mercato che tenga in adeguata considerazione il rischio di liquidit delle posizioni specie di quelle con profili di rischio creditizio la cui rilevanza si manifestata in modo evidente durante la recente crisi. Questi nuovi requisiti condurranno, gi a partire dal 2011, a un aggravio particolarmente rilevante dei requisiti

2 Si veda, ad esempio, Martin Wolf, Lamenti sospetti su Basilea 3, in Il Sole 24 Ore, 15/09/2010

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patrimoniali connessi ai rischi di mercato e si rifletteranno dunque in un incremento rilevante dei requisiti patrimoniali cui sono soggette le banche di investimento, per le quali lattivit di trading assume una particolare rilevanza. Valutare dunque ladeguatezza del nuovo sistema di requisiti patrimoniali adducendo ad esempio il caso di banche come Lehman Brothers trascurando la riforma dei requisiti patrimoniali relativi ai rischi di mercato rappresenta, a mio avviso, un esercizio privo di significato. A ci si aggiunga che il buon livello di coefficienti patrimoniali registrato da banche di investimento come Lehman Brothers prima della crisi finanziaria era in parte riconducibile al fatto che numerosi asset erano stati formalmente nascosti in speciali veicoli (Siv) non consolidati nel bilancio delle banche. piuttosto evidente che un simile problema di fatto riconducibile al sistema contabile non si risolve aumentando il coefficiente minimo di patrimonializzazione ma semplicemente imponendo che gli attivi che stanno a denominatore del coefficiente di capitale riflettano correttamente tutte le esposizioni di una banca. Venendo ora alla seconda considerazione, quella secondo cui i nuovi requisiti non sono sufficientemente restrittivi in quanto molte grandi banche internazionali si caratterizzano gi per livelli di patrimonializzazione superiori. La realt che lesperienza della crisi finanziaria ha costretto numerose grandi banche ad accrescere, nel corso degli ultimi due anni, il proprio grado di capitalizzazione. Questa pressione venuta dal mercato dei capitali, dalle agenzie di rating, dagli organi di vigilanza e ancora da semplici logiche di sana gestione. Questa considerazione lascia intuire il punto debole della critica di cui sopra, che pu essere illustrato ricorrendo a un semplice esempio. Si supponga che in un piccolo paese si verifichi un terribile terremoto che fa crollare la maggioranza delle abitazioni. Nei tre anni successivi, queste abitazioni vengono rapidamente ricostruite, questa volta rispettando rigorosi criteri antisismici. Nel quarto anno, il sindaco riesce ad approvare una normativa in base alla quale tutte le case del paese dovranno rispettare, entro un certo periodo, i rigorosi criteri antisismici che hanno guidato la ricostruzione di molte abitazioni. Criticare i requisiti propo-

sti dal Comitato di Basilea argomentando che molte banche rispettano gi tali requisiti equivalente a criticare il sindaco del paese sostenendo che la normativa troppo blanda in quanto gi numerose case rispettano la stessa. La realt che le nuove regole proposte dal Comitato di Basilea rispondono a due importanti obiettivi: (i) da un lato costringono tutte le banche che ancora non hanno effettuato gli sforzi necessari ad accrescere il proprio grado di patrimonializzazione, allineandosi ai nuovi e pi stringenti requisiti; (ii) dallaltro esse impediscono che in futuro in corrispondenza di un nuovo periodo di crescita economica e di elevata redditivit del settore bancario il management delle banche paghi bonus elevati e distribuisca ingenti dividendi, ricadendo negli errori del passato. Non si pu inoltre trascurare il fatto che numerosi gruppi bancari, anche in Italia, dovranno compiere sforzi particolarmente intensi per poter risultare conformi ai nuovi requisiti previsti da Basilea 3, pur in presenza di una tempistica che consente di adeguarsi gradualmente agli stessi. Il motivo semplicemente legato al fatto che un aumento di capitale nellattuale contesto di bassa redditivit e di elevata rischiosit degli attivi risulta unoperazione onerosa e poco favorevole. Anche trascurando i nuovi requisiti relativi ai rischi di mercato, credo si possa dunque respingere laccusa formulata da alcuni osservatori secondo i quali i nuovi coefficienti patrimoniali avrebbero dovuto posizionarsi su livelli molto pi elevati di quanto proposto dal Comitato di Basilea. Tale posizione riflette peraltro lassunto che il sistema di adeguatezza patrimoniale debba essere tale da rendere linsolvenza di una banca un evento impossibile. In realt lobiettivo dei requisiti minimi di capitale, come peraltro esplicitamente riconosciuto ancora dal sistema di Basilea 2, quello di rendere linsolvenza di una banca un evento estremamente improbabile. Il problema semmai quello di identificare gli strumenti idonei per far s che un simile evento, raro e imprevedibile, non si traduca in una crisi sistemica e soprattutto non conduca a costi eccessivi per la collettivit, come invece accaduto nel corso della recente crisi finanziaria. Un secondo problema che i critici secondo i quali i requi-

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siti proposti dal Comitato di Basilea sono troppo blandi tendono a sottovalutare riguarda il ruolo che il capitale di rischio svolge nel processo gestionale di una banca e limpatto che un inasprimento eccessivo dei coefficienti minimi di capitale avrebbe sul costo del credito per le imprese. Come noto, il capitale rappresenta, nei modelli di gestione del rischio adottati da pressoch tutte le principali banche internazionale, una risorsa finanziaria il cui ruolo principale quello di assorbire le perdite inattese. Esso viene idealmente allocato alle diverse tipologie di rischio e coerentemente remunerato sulla base del costo del capitale della singola banca, espressivo del rendimento atteso dagli azionisti della banca. Cos, il singolo prestito concesso a unimpresa assorbe una certa quantit di capitale in base al relativo profilo di rischio e il tasso di interesse ad esso applicato deve essere in grado di remunerare adeguatamente questo capitale. Un maggiore requisito di capitale si traduce dunque, inevitabilmente, in tassi di interesse pi elevati per i prestiti bancari. Cos, ad esempio, limitandosi a considerare laumento del requisito relativo al tier 1, che passer (considerando anche il capital conservation buffer) dal 4% all8,5%, utilizzando un semplice modello di pricing dei prestiti diffuso presso alcune banche internazionali e ipotizzando alcuni valori standard relativi a Pd (1%), Lgd (50%), tasso interbancario (4%) e costo del capitale della banca (12%), si ottiene un aumento del tasso di interesse per un prestito bancario di circa 35 punti base (0,35%). Si tratta di un aumento che, dati gli attuali livelli di indebitamento di molte imprese, non per nulla trascurabile. Se ipotizzassimo di applicare requisiti minimi di capitale dellordine di 20 punti percentuali, come sostenuto da alcuni osservatori, laumento dei tassi su prestiti sarebbe superiore al punto percentuale e avrebbe dunque ricadute piuttosto rilevanti sulla capacit di indebitamento delle imprese e sulla crescita economica. In conclusione, difficile a mio avviso considerare troppo blando un aumento dei requisiti patrimoniali come quello previsto dal sistema di Basilea 3, che conduce di fatto a un sostanziale pi che raddoppio dei requisiti relativi al core tier 1 (common equity) e al tier 1. A questi requisiti oggettivi ed espliciti si aggiunge peraltro un requisito patrimo-

niale addizionale, di natura anticiclica, variabile da 0% a 2,5%, la cui esplicitazione demandata ai singoli organi di vigilanza nazionale (Basel Committee, 2010d). 4 Leva finanziaria e liquidit Una terza importante critica formulata da alcuni osservatori riguarda il fatto che le proposte, concentrandosi sullaumento dei requisiti patrimoniali ponderati per il rischio, non colgono i veri problemi che hanno generato la crisi finanziaria recente: leccessivo grado di leva finanziaria raggiunto da alcune banche e il rischio di liquidit. Con riferimento al tema della leva finanziaria le proposte del Comitato di Basilea di settembre si limitano a confermare quanto gi stabilito lo scorso luglio. Nel 2013 verr avviato un periodo di test di un coefficiente minimo obbligatorio relativo a un semplice rapporto minimo non ponderato fra patrimonio di base (tier 1 capital) e totale dellattivo pari al 3%, corrispondente a un livello massimo di leva finanziaria del 33,3%. Questo periodo di monitoraggio, che terminer nel 2017, sar utilizzato per calibrare il livello del requisito che entrer invece in vigore, come parte integrante dei requisiti di primo pilastro, nel gennaio del 2018. Secondo i critici, il Comitato di Basilea stato troppo timido con riferimento a questo tema, considerato alla base della crisi finanziaria recente. Leccesso di leva finanziaria avrebbe infatti non solo amplificato il rischio di insolvenza delle banche, ma anche generato i fenomeni di deleveraging che hanno prodotto conseguenze negative sulla stabilit dei mercati e sulla crescita economica3. La ricerca empirica e teorica in materia ha pi volte evidenziato in modo chiaro come limposizione di un requisito patrimoniale semplice espresso come rapporto massimo fra capitale e attivo risulti inefficace come strumento per ridurre il rischio di insolvenza di una banca4 e siano invece necessarie ponderazioni per il rischio differenziate per le diverse classi di attivit. Non si capisce peraltro che senso possa avere la richiesta di una quantit di capitale uniforme per un impiego in titoli di stato e per un prestito a unimpresa ad alto rischio. I critici dellattuale sistema fondato sui re-

3 Si veda, ad esempio, Angelo Baglioni, Basilea III: molto rumore per poco, in www.lavoce.info, 17/09/2010. 4 Si veda, ad esempio, Kim and Santomero (1988).

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quisiti patrimoniali ponderati per il rischio ritengono che un requisito fondato su un semplice rapporto fra capitale e totale dellattivo risulti giustificato sulla base di due principali argomenti: a il contenimento della leva finanziaria consente di atte nuare i fenomeni di deleveraging come quelli verificatisi anche nel corso della recente crisi finanziaria; b un requisito fondato sul semplice rapporto fra patrimonio e attivo (non ponderato) consente di limitare il model risk e, pi in generale, gli errori di misurazione connessi al sistema delle ponderazioni per il rischio associate allattuale sistema di requisiti di capitale. Entrambe queste giustificazioni appaiono prive del necessario fondamento logico ed empirico. Da un lato, levidenza empirica associata al recente processo di deleveraging non mostra una correlazione negativa fra leva finanziaria ante crisi e diminuzione degli attivi. In altri termini, non vero che le banche che hanno ridotto in misura maggiormente rilevante i propri attivi siano anche quelle che avevano, prima di tale processo, un maggiore grado di leva finanziaria. Anche levidenza empirica legata allandamento dei corsi azionari mostra come le banche che hanno sofferto di pi in termini di caduta azionaria non erano quelle con maggiore leva finanziaria5. Non stupisce, dunque, che banche caratterizzate da unelevata leva finanziaria, si pensi ad esempio alla tedesca Deutsche Bank, non abbiano dovuto ricorrere al sostegno delle autorit, mentre numerose banche caratterizzate da una leva finanziaria contenuta siano ricorse al sostegno pubblico e abbiano dunque utilizzato fondi dei contribuenti. Dallaltro, anche largomento di un limite al model risk e di un requisito semplice e trasparente che possa compensare eventuali errori o imprecisioni del sistema delle ponderazioni per il rischio appare a mio avviso debole. Ci per due principali motivi. Anzitutto, un requisito patrimoniale espresso come rapporto minimo fra capitale e totale attivo non evita il problema delle ponderazioni per il rischio: semplicemente si limita ad attribuire una ponderazione uguale, e pari al 100%, a tutte le classi di attivo. In questo senso, difficile pensare che eventuali errori nel sistema delle ponderazioni possano essere risolti attribuendo a tutte le esposia b

zioni una ponderazione per certi versi errata. In secondo luogo, un requisito di leva finanziaria richiede di esplicitare il totale delle esposizioni che formano il denominatore (totale dellattivo). In questo senso, esso richiede di considerare, con le opportune ponderazioni, anche le esposizioni fuori bilancio. Ancora una volta, dunque, difficile concludere che esso sia davvero semplice e trasparente. In conclusione, il fatto che il Comitato di Basilea abbia attribuito, con queste nuove proposte di settembre 2010, una minore enfasi al requisito relativo alla leva finanziaria rispetto allobiettivo di un rafforzamento dei requisiti patrimoniali ponderati per il rischio e al parallelo miglioramento delle ponderazioni per il rischio rappresenta a mio avviso un elemento positivo. Vendo al tema della liquidit, limpressione che il Comitato abbia anche in questo caso seguito la strada pi saggia nel prevedere che lintroduzione dei due requisiti previsti gi dalle proposte del dicembre dello scorso anno sia preceduta da un periodo di monitoraggio degli stessi. Non si tratta, infatti, in questo caso, di un rafforzamento di requisiti gi esistenti, ma di veri e propri vincoli addizionali alla gestione delle banche che possono risultare particolarmente rilevanti in termini di restrizione alla capacit di una banca di svolgere il proprio ruolo fondamentale di trasformazione delle scadenze. Occorre peraltro considerare che i problemi di liquidit che hanno colpito numerose banche durante la crisi finanziaria non sono derivati dalla carenza di adeguate riserve liquide negli attivi delle banche, ma piuttosto dal fatto che numerosi strumenti precedentemente considerati liquidi sono improvvisamente divenuti illiquidi e dallimprovviso crollo della fiducia reciproca nel mercato interbancario. In altri termini, la crisi di liquidit partita dai mercati e da questi si trasmessa alle singole banche. Non dunque scontato il fatto che limposizione di semplici rapporti minimi di liquidit possa prevenire simili episodi in futuro. Da questo punto di vista, la complessit che caratterizza i nuovi vincoli di liquidit previsti dal Comitato di Basilea (Basel Committe, 2009c) giustificata da queste considerazioni e giustifica a sua volta linserimento graduale, preceduto da un periodo di monitoraggio, degli stessi requisiti.

5 Si veda Beltratti and Stulz (2009).

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Infine, non si pu sottovalutare il fatto che lintroduzione di nuovi e stringenti requisiti di liquidit produce anchessa, cos come quella di pi elevati requisiti patrimoniali, un impatto sulla crescita delleconomia. In particolare, le stime prodotte dal Comitato di Basilea in un lavoro congiunto con il Financial Stability Board indicano che un incremento del 25% nelle attivit liquide detenute dalle banche condurrebbe a un incremento del costo del credito bancario di circa 14 punti base e a una diminuzione dellofferta di credito del 3,2% nel corso di un periodo di 4 anni e mezzo (Basel Committee, 2010b). Limpatto negativo sulla crescita del Pil risulterebbe pari a circa 0,08%. Anche questa rappresenta dunque una buona motivazione a favore di una introduzione graduale e ritardata rispetto allentrata in vigore dei nuovi coefficienti di capitale dei nuovi requisiti di liquidit. 5 Requisiti eccessivi? Una reazione opposta alle proposte del Comitato di Basilea quella venuta da alcuni banchieri, secondo i quali i nuovi livelli di capitale minimo imposti alle banche renderebbero di fatto lattivit di intermediazione bancaria non sufficientemente redditizia. In realt, il rafforzamento patrimoniale proposto dal Comitato di Basilea risulta tale principalmente per via dellinasprimento connesso ai requisiti relativi al capitale di maggiore qualit, o core tier 1. infatti con riferimento a questultimo che si registra, considerando anche il capital conservation buffer, laumento pi significativo, dal 2% al 7%. Tale incremento si giustifica peraltro con lesperienza della recente crisi finanziaria. La componente secondaria del patrimonio di base, principalmente rappresentata dagli strumenti ibridi e innovativi, non si infatti dimostrata capace di svolgere il ruolo di assorbimento delle perdite che le era stato attribuito dagli organi di vigilanza. Il comportamento delle banche risultato infatti coerente con la convinzione che nel mercato si era ampiamente diffusa sulla reale natura di questi strumenti di capitale, ossia che le banche emittenti non avrebbero rinunciato, neppu-

re in caso di difficolt, a pagare gli interessi e/o il capitale associati a questi strumenti. Come mostrato da alcuni recenti evidenze empiriche6, le banche, pur di evitare conseguenze negative di natura reputazionale o relative a future capacit di raccolta, hanno assecondato questa convinzione. In pochissimi casi, infatti, le clausole di cancellazione dei pagamenti implicite in questi strumenti sono state concretamente utilizzate dalle banche emittenti. Ne seguita scarsa valenza, in termini di capacit di assorbire perdite, di questi strumenti. Ancora una volta, dunque, il rafforzamento del ruolo del patrimonio di migliore qualit, il vero capitale di rischio, risulta opportuno e coerente con levidenza empirica recente. Infine, uno degli argomenti avanzati dallindustria bancaria quello relativo allimpatto che linasprimento dei requisiti patrimoniali produrr sulla crescita economica attraverso lindebolimento della capacit di fare credito delle banche. Cos, ad esempio, lInternational Institute of Finance (Iif), un organismo associativo cui partecipano le principali banche internazionali del mondo, ha stimato che un incremento di due punti percentuali dei requisiti patrimoniali produrrebbe una diminuzione della crescita economica di Usa, Giappone e Area euro di circa tre punti percentuali nellarco di un periodo di cinque anni, ossia una diminuzione della crescita annua di circa 0,3% annuo per ogni punto percentuale di aumento dei requisiti (International Institute of Finance, 2010). Una prima risposta a questa preoccupazione venuta di recente dallo stesso Comitato di Basilea, il quale ha condotto, assieme al Financial Stability Board (Fsb), una ricerca approfondita relativa allimpatto macroeconomico di un incremento dei requisiti patrimoniali (Basel Committee, 2010b). I risultati di questo lavoro sono molto diversi da quelli dellIif e possono essere sinteticamente riassunti in una stima di un decremento della crescita economica di 0,19% per ogni punto percentuale di aumento dei requisiti patrimoniali. Tale impatto negativo verrebbe a manifestarsi nel corso di un periodo di quattro anni e mezzo, e genererebbe dunque una diminuzione della crescita annua di 0,04%. Questo impatto sarebbe principalmente il risultato

6 Si veda ad esempio, Coletti (2009).

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di un aumento degli spread creditizi e di una riduzione dellofferta di credito. Un secondo studio prodotto di recente dal Comitato di Basilea mostra peraltro come nel lungo termine, ossia dopo i primi cinque anni, i benefici connessi al minore profilo di rischio delle banche, alla maggiore fiducia del mercato nella solidit del sistema bancario e alla minore probabilit di eventi di crisi, finiscono per compensare limpatto negativo sulla crescita economica prodotto nei primi anni (Basel Committee, 2010c). Vi tuttavia, in presenza di due stime discordanti relative al potenziale impatto economico dellaumento dei requisiti patrimoniali, un importante argomento che spinge a considerare pi verosimili e realistiche le stime del Comitato di Basilea e del Fsb rispetto a quelle dellIif. Esso non si riferisce allaccuratezza delle metodologie di stima utilizzate, quanto piuttosto a unipotesi comune a entrambi gli studi. Le stime relative alla caduta del Pil conseguente a un incremento di un punto percentuale dei requisiti di capitale si basano infatti sullassunto che tutte le banche siano costrette ad aumentare la propria dotazione patrimoniale di un punto percentuale. Questa ipotesi risulta evidentemente molto prudenziale. Come gi osservato, infatti, la maggioranza delle grandi banche internazionali ha gi provveduto nel corso degli ultimi due anni ad accrescere in modo significativo la propria dotazione patrimoniale e risulta dunque gi adempiente rispetto alle nuove regole previste dal Comitato di Basilea. Ne segue che limpatto macroeconomico di queste ultime sar pi limitato di quanto previsto dalle stime sopra menzionate. 6 Contingent capital e disciplina di mercato Possiamo dunque concludere che il sistema di adeguatezza patrimoniale disegnato dal Comitato di Basilea con le proposte recenti sia esente da critiche e debba considerasi ottimale? La mia impressione che, nonostante la sostanziale condivisione delle scelte compiute dal Comitato di Basilea, vi siano due punti di debolezza che ancora caratterizzano il sistema di vigilanza prudenziale che emerge dalle nuove regole delineate con le proposte del settembre 2010.

Il primo punto di debolezza riguarda il problema della gestione delle crisi bancarie. In altri termini, evidente che i nuovi requisiti patrimoniali, di liquidit e di leva finanziaria, renderanno meno probabile il verificarsi in futuro di una crisi di liquidit o di solvibilit di una banca. Sarebbe tuttavia un errore illudersi che simili episodi in futuro non si ripetano. anzi piuttosto evidente che la crisi di singole banche, pi o meno rilevanti dal punto di vista sistemico, si verificher anche in futuro. Come affrontare simili episodi se davvero si vuole evitare il ripetersi degli interventi governativi recenti e in particolare se si vuole evitare che i costi della crisi di una banca ricadano sulla collettivit e non sui veri responsabili (management, azionisti disattenti, ecc.)? davvero credibile che a fronte della crisi di una grande banca, con forti legami con lintero sistema bancario di un paese o internazionale, le autorit non intervengano in suo aiuto come gi avvenuto nella crisi finanziaria recente, di fatto utilizzando risorse finanziarie dei contribuenti? Negli ultimi anni sono state avanzate diverse proposte per affrontare questo problema. La pi efficace resta a mio avviso quella formulata originariamente dalleconomista statunitense Mark Flannery (Flannery 2002 e 2009), basata sullutilizzo di strumenti denominati di contingent capital, e pi di recente ripresa da altri economisti (Kashyap et al., 2008; Zingales e Hart, 2009). Questo meccanismo prevede di imporre alle banche di grandi dimensioni, le quali beneficiano in misura maggiore della protezione implicita dei governi in caso di crisi, lemissione di strumenti obbligazionari subordinati che prevedono la conversione automatica e obbligatoria in capitale di rischio nel momento in cui il valore di mercato del patrimonio della banca scende al di sotto di una soglia prestabilita. In pratica, un meccanismo automatico che converte parte del debito di una banca in capitale di rischio, capace di assorbire le perdite senza provocare linsolvenza, in caso di crisi della stessa banca. interessante osservare come di recente alcune grandi banche internazionali abbiano emesso strumenti simili, seppure basati sul valore contabile del patrimonio per

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quanto concerne il meccanismo automatico di conversione. Lesperienza della crisi insegna in realt che il legame con i corsi azionari sarebbe molto pi efficace in termini di salvaguardia della solvibilit delle banche, specie in considerazione del fatto che la riduzione del valore contabile del patrimonio si verifica con forte ritardo. inoltre importante che gli investitori in questi strumenti di contingent capital non siano rappresentati da altre banche o da compagnie assicurative, pena il rischio che la crisi di una banca si traduca comunque in perdite rilevanti per altri attori chiave del sistema finanziario. Occorre invece che essi vengano sottoscritti da investitori istituzionali quali fondi pensione e fondi comuni o, in alternativa, da investitori individuali. Il Comitato di Basilea e il Financial Stability Board si sono per il momento limitati ad affermare che allo studio un approccio integrato alla vigilanza sulle banche con rilevanza sistemica. Tale approccio potrebbe prevedere limposizione di un requisito patrimoniale pi elevato, il ricorso a strumenti di contingent capital e di altre forme di debito in grado di svolgere un ruolo di assorbimento delle perdite in caso di crisi di solvibilit. I vantaggi e gli svantaggi connessi al ricorso a strumenti di contingent capital sono peraltro illustrati in un documento del Comitato nel quale si esaminano alcune proposte volte a garantire la capacit di assorbimento delle perdite degli strumenti di capitale (Basel Committee on Banking Supervision, 2010d). Il secondo punto debole riguarda il tema della disciplina di mercato, il cosiddetto terzo pilastro del sistema di Basilea 2. Un obiettivo importante di questo sistema era quello di rafforzare il ruolo del mercato, il quale, agevolato da una maggiore disclosure delle informazioni, potesse discriminare fra banche pi e meno rischiose, imponendo alle prime un costo del funding pi elevato e in questo modo incentivando le stesse a una riduzione del rischio. La disciplina di mercato rappresenta forse la principale vittima della crisi finanziaria recente: i numerosi interventi governativi di bailout verificatisi nel corso degli ultimi anni hanno infatti indebolito questo terzo pilastro del sistema di adeguatezza patrimoniale disegnato dal Comitato di Basi-

lea, rendendo meno efficace la disciplina che investitori ormai consapevoli della protezione implicita di cui beneficiano le grandi banche possono esercitare nei confronti di queste ultime. Il Comitato di Basilea ha previsto, nelle proposte dello scorso settembre, che le iniezioni di capitale realizzate dalle autorit governative dei diversi paesi vengano rimborsate entro il 2018. Si tratta di un passo importante, al quale andrebbe tuttavia affiancato un chiaro impegno a non far gravare in futuro il costo delle crisi bancarie sulla collettivit. Un simile impegno andrebbe peraltro reso credibile mediante lintroduzione di un requisito esplicito connesso a strumenti di contingent capital, come descritto sopra. Solo in questo modo sarebbe possibile tornare ad attribuire al meccanismo virtuoso della disciplina di mercato il ruolo rilevante che lo stesso Comitato di Basilea gli aveva attribuito nellambito dello schema di adeguatezza patrimoniale. Come ha correttamente osservato di recente lEconomist (2010), non si tratta di ispirarsi a un criterio di vendetta, ma altrettanto vero che in futuro non dovrebbero pi essere tollerati casi in cui il costo di una crisi bancaria venga a gravare sui contribuenti invece che sui responsabili (il management bancario) e sugli azionisti, chiamati a sostenere le perdite inattese cos come a beneficiare degli utili inattesi.
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