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OLTRE LA COPERTINA 4

Valorizzare le donne conviene alle imprese


di Marina Catino

Nello scenario futuro, avranno maggiori chance le imprese capaci di sfruttare le diversit di genere a loro vantaggio.
Per chi voglia investire e creare PIL, non esiste un investimento migliore e pi efcace - nessuna opportunit pi facile da cogliere - che investire nelle donne. Lloyd C. Blankfein, CEO Goldman Sachs

Il mondo del XXI secolo deve fare i conti con la scarsit di risorse naturali e delle fonti energetiche non rinnovabili. La parola dordine per il futuro sostenibilit, la lotta agli sprechi raccoglie un consenso ormai unanime: parte dalle famiglie, interessa imprese e governi, arriva sulle agende degli organismi regolatori sovranazionali. Se parliamo di acqua, foreste o combustibili fossili, siamo tutti daccordo. Proviamo per una volta a considerare in questottica anche il secolare spreco di una risorsa preziosa, enorme e colpevolmente sotto utilizzata: quello del contributo femminile al mondo professionale,

perpetrato negando o contingentando laccesso delle donne alla leadership economica del pianeta. Le donne rappresentano la met del talento, dellintelligenza, delle Marina Catino competenze umane. Escluderle o quasi (non volontariamente ma di fatto) da un certo punto in avanti della carriera dal processo di selezione meritocratica nelle professioni, in politica, nella cultura, corrisponde a una grave perdita di opportunit. Per le aziende in particolare si tratta di una mossa miope e dannosa, in
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Le donne saranno IL motore della crescita futura


Previsioni di crescita (trilioni di dollari)

Fonte: Harvard Business Review

quanto le donne stanno assumendo ruoli di rilevanza crescente in tutte le dimensioni chiave per il business model di unorganizzazione. Opportunit donna. Prima di tutto, le donne sono depositarie di oltre la met della capacit intellettuale, rappresentando il 60% dei laureati dellUnione Europea e negli USA. Inoltre, stanno applicandosi sempre pi a materie e professioni tipicamente maschili: in poco pi di quarantanni, le donne che intraprendono studi economici sono passate dal 2 al 50%. Anche al di fuori del percorso scolastico, le donne attive sono sempre di pi: il 75% degli oltre 8 milioni di posti di lavoro creati nell UE dal 2000 ad oggi
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sono stati ricoperti da donne. La popolazione femminile ha anche un ruolo sempre pi importante dal punto di vista dei consumi: le donne generano o influenzano l80% del potere dacquisto, nonostante rappresentino circa la met della popolazione e guadagnino direttamente il 40% del PIL mondiale. In Italia circa i due terzi delle decisioni di acquisto sono prese dalle donne, con una forte tendenza allaumento, in particolare per quanto riguarda gli acquisti tradizionalmente maschili, come le auto o lelettronica di consumo. Essendo pi qualificate, probabile che nelle regioni sviluppate le donne diventino le principali generatrici di reddito entro i prossimi 20 o 30

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anni. Si calcola inoltre che la crescente partecipazione femminile al mercato del lavoro, fino ai livelli maschili, dar una spinta al PIL del 21% in Italia, 19% in Spagna, 16% in Giappone, 9% in Francia e Germania, 8% nel Regno Unito. Eppure, le aziende faticano a capire che cosa vogliono le donne: campagne pi accurate di advertising e marketing sono ancora a uno stadio iniziale e anche sotto questo profilo si moltiplicano le occasioni perse. Le donne rappresentano una grande opportunit per le imprese anche perch la loro presenza pare correlata a una migliore performance delle aziende: i dati disponibili rivelano che dallelenco Fortune 500 le aziende con 3 o pi donne nel board presentano performance significativamente migliori rispetto a quelle con il minor numero ( +73% ROS, +83% ROE, 112% ROI). Lorientamento alla diversity, evidentemente, rende. Dati sconfortanti. Dati e argomenti sono tutto sommato conosciuti e, almeno sulla carta, condivisi. Eppure, le evidenze parlano ancora di una forte disparit di trattamento tra i sessi in ambito professionale. Le aree di attenzione della questione sono essenzialmente due: il problema del divario salariale a parit di posizione ricoperta e quello del cosiddetto soffitto di cristallo, trasparente ma solido, che impedisce alle donne di crescere fino alle posizioni di vertice o anche solo dirigenziali allinterno delle organizzazioni.

Anche nellavanzato contesto anglosassone, il salary gap esiste ed notevole: sia negli USA sia nel Regno Unito, si attesta al 22% e si traduce in un mancato guadagno per le donne pari-livello che si aggira intorno ai 434.000 dollari nellarco dellintera vita lavorativa, una somma che arriva a ben 713.000 dollari per le laureate, perch il divario cresce con lavanzamento della carriera e per le posizioni pi qualificate. I dati sulle percentuali di donne in funzioni direttive sono sconfortanti. Dallelenco Fortune 500, solo il 15% dei direttori sono donne. E la poltrona di vertice, quella del CEO? La occupano le donne solo nel 2% dei casi (sale al 5% se guardiamo al FTSE 100). A tutti i livelli scolastici, le ragazze sono pi numerose e pi brave dei ragazzi. Eppure, guardando dallaltra parte della cattedra, la componente femminile (a livello accademico) ben poco rappresentata. Le ricercatrici europee sono il 44% del totale, i professori associati donna il 36%, e la percentuale addirittura si dimezza a livello di professori ordinari: il 18%. Considerando che si tratta di una media di tutte le facolt, possiamo immaginare quanto sia risicata la quota per le sole materie scientifiche e ingegneristiche. Economia e universit sono appannaggio maschile. E la politica? In alcuni paesi i seggi parlamentari vengono assegnati tenendo conto di quote rose obbligatorie (norma che si va diffondendo anche per i Consigli di Amministrazione
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Mind the (salary) gap

delle aziende private), e in effetti la percentuale di deputate e senatrici aumentata a a livello globale, ma alla fine del 2009 registrava comunque un magro 18,8% (in rialzo dall11,3% del 1995). Donne pi brave a scuola, ma sotto rappresentate in qualunque ambito professionale e sociale di rilievo: sono statistiche che troverebbero forse una giustificazione se si trattasse di una minoranza. Cos non , e la realt che -al di l delle rivendicazioni- il mondo perde letteralmente la met dei propri talenti, e dunque del potenziale di sviluppo. Non crediamo che se lo possa permettere. Nellanimato dibattito sullintroduzione
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delle quote rosa, occorre tenere presente i dati e lentit del divario. Anche chi contrario per principio (e tra questi, molte donne) deve riconoscere che il gap, penalizzante per la societ intera, non potr mai essere colmato senza un intervento correttivo di forza, anche se una tantum o comunque transitorio. Ma quali sono le cause allorigine di una disparit che non ha una giustificazione sulla base del merito? Proviamo a raggruppare ed elencare le principali. Molte di queste risentono dellinfluenza del pregiudizio: La carriera cosa da uomini. Non vero, e lo sempre meno. Ma i modelli di carriera sono improntati

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Troppo poche, in tutti i settori


Media % delle posizioni di vertice occupate da donne

a uno stile di vita maschile, caratterizzato dalla mancanza di vincolanti responsabilit di accudimento (figli, partner, genitori) e quindi capace di garantire una disponibilit anytime - anywhere. Un luogo comune da sfatare, anche a beneficio del rapporto vita-lavoro dei professionisti uomini. Siamo sicuri che questo sia lunico modello possibile? Una imbarazzante iniqua suddivisione dei task familiari, oggi decisamente sbilanciata. Cos, il 27% delle donne non rientra al lavoro al termine del periodo di maternit per il primo figlio. Gli ostacoli di tipo psicologico o

comunque collegati alle cosiddette soft skill contano molto. Autostima, assertivit, sana competitivit, orientamento alla leadership sono solo alcune delle aree in cui le donne cedono il passo -pi o meno consapevolmente- ai colleghi uomini. Ne risulta una minore inclinazione allautopromozione e al lavoro di squadra, fondamentali alla crescita individuale allinterno di unorganizzazione complessa e ad alta interrelazione. Vi poi il circolo vizioso dellautoesclusione: le minori opportunit di carriera e le barriere stroncano le ambizioni professionali delle donne, che sin dai primi gradini
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-sin dal colloquio di assunzioneattribuiscono allagonismo un valore deteriore. Per le donne difficile trovare un modello, un mentor e riuscire a creare meccanismi di cooptazione. Fino ad ora purtroppo i programmi di counseling non hanno contribuito ad eliminare il gap; mentre donne e uomini vi partecipano in numero simile, gli studi rivelano che le donne sono molto pi spesso affiancate a mentor meno influenti e operanti a livelli pi bassi nella gerarchia aziendale. Inoltre, i mentor tendono a essere meno attivi per le donne che per gli uomini. Una considerazione infine sulle giovani generazioni, che non si affacciano al mondo del lavoro del tutto pronte ad affrontare il problema, e a tratti rifiutano di riconoscere la diversit (le donne e gli uomini sono uguali!), temendo la ghettizzazione. Il percorso educativo, formativo e scolastico delle ragazze non pi, come una volta, esplicitamente diverso da quello dei loro fratelli e dei coetanei maschi: spesso arrivano alla laurea e oltre convinte che riceveranno un trattamento paritario anche sul posto di lavoro. Quando lesperienza professionale le mette di fronte alla realt del gender gap, spesso troppo tardi per porvi rimedio in modo strutturale.

Che cosa fare? Non basta che le donne semplicemente accedano al mondo del lavoro: proprio in quel momento che ha avvio lo spreco del loro potenziale. Per promuovere il loro sviluppo e una crescita di carriera basata esclusivamente su criteri meritocratici, occorre operare sulla cultura collettiva e sulle politiche riguardanti la famiglia. Cambiare la mentalit delle persone. Talvolta si ha la sensazione che le iniziative e i programmi delle aziende che coinvolgono le sole donne siano in realt un modo per non dover prendere altre decisioni, a diretta incidenza sulla governance, una politica del contentino. Occorre capire che affrontare la diversit non un problema da donne e per sole donne. Ottenere il commitment (pratico) della leadership. vero in generale per le iniziative di change

IL MONDO PERDE LETTERALMENTE LA MET DEI PROPRI TALENTI, E DUNQUE DEL POTENZIALE DI SVILUPPO. NON CREDIAMO CHE SE LO POSSA PERMETTERE

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LE QUOTE OBBLIGATORIE SONO STATE NECESSARIE PERFINO IN NORVEGIA, DOVE IL CAMBIAMENTO CULTURALE C GI STATO: DA NOI DIVENTANO UN PASSAGGIO INELIMINABILE.

proviamo a riassumerne i contorni a partire dallesperienza di chi ha scelto di istituirle. Le quote rose e lesperienza della Norvegia. Sulle quote rosa nei Consigli di Amministrazione, il dibattito parlamentare diffuso, a livello nazionale (Italia inclusa) e di Unione Europea. Nel 2010 Deutsche Telekom ha annunciato che il 30% del proprio management sar formato da donne entro il 2015. Il Governo tedesco ha salutato con favore liniziativa, affermando implicitamente che la legge nazionale non sar necessaria solo se le aziende si adegueranno autonomamente. Nella vicina Spagna la legge sulle quote rosa del 2007 e prevede un target del 40% in 8 anni, con uno step intermedio del 20% dopo 4 anni. In caso di mancata adempienza, decadranno i CdA (in realt solo gli uomini, resteranno in carica le donne elette). Lesempio generalmente pi citato quello della Norvegia, dove risale al 2002 la prima proposta di legge per obbligare le societ quotate ad eleggere il 40% di donne nei propri CdA. La motivazione ufficiale? Semplicemente che rinunciare a met delle competenze e delle intelligenze del Paese fosse uno sproposito. La legge viene approvata nel 2006 e, complice forse la severit della penale per inadempienza, che pu arrivare fino allo scioglimento della societ, si trasforma in una realt concreta nel 2008, un anno prima della scadenza consentita. Attualmente, la quota viaggia intorno al 40-41%.
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management: se la leadership non ci crede si pu raggiungere ben poco. La parit di trattamento delle donne deve essere un obiettivo concreto sullagenda del CEO. Considerare gli strumenti di flessibilit sul lavoro come strumenti per la famiglia (in ultima istanza, per la societ nel suo complesso) e non per le donne: gli uomini devono poter accedere ed essere coinvolti quanto le donne. In Norvegia il congedo parentale per i neo padri obbligatorio. Istituire programmi di formazione e mentorship fin da giovani, dalluniversit: la diversit esiste e non va rifiutata. Adottare strumenti solo nelle fasi avanzate di carriera molto meno efficace. Rendere la diversit pienamente misurabile e farla entrare negli MBO della leadership.

E le quote rosa? Sulla loro utilit e opportunit il dibattito acceso,

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SE NON CI SONO ANCORA ABBASTANZA DONNE CON LE COMPETENZE NECESSARIE, LE QUOTE ROSA DIVENTANO ANCHE UNO STRUMENTO PER FORZARE LE AZIENDE A CREARLE.

Da pi parti le quote rosa nei CdA vengono definite come un male necessario per innescare un cambiamento altrimenti irraggiungibile. Solo cos: le donne accederanno ai posti di comando attualmente loro preclusi; crescere una cultura potr manageriale femminile; si creer un role model al femminile, oggi inesistente in Italia. Le quote obbligatorie sono state necessarie perfino in Norvegia, paese che offre congedi di paternit o il part time per i vertici e dove il cambiamento culturale c gi stato: da noi diventano un passaggio ineliminabile. Ansgar Gabrielson, il politico conservatore Ministro dellindustria che nel 2002 propose la legge, ha aperto la strada allapprovazione parlando del valore
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della diversit come fonte di ricchezza, lamentando un mondo di cooptazione al maschile chiuso e autoreferenziale. La proposta stata di stimolo anche per la NHO (la Confindustria locale), che nel 2003 ha lanciato il progetto Female Future, per favorire laccesso delle donne alle posizioni di vertice. Anche in Italia finalmente stata approvata (in attesa di terza rilettura alla Camera) la tanto sospirata legge sulla presenza femminile nei CdA e negli organi di governo delle societ pubbliche: dovranno essere un quinto del totale entro il 2015, un terzo entro il 2018. La norma vale per tre mandati e prevede un sistema di sanzioni per inadempienza. Un passo avanti, ma davvero da noi il problema la composizione dei CdA? Quante sono le aziende quotate In Italia e quanto decidono i consiglieri di amministrazione? Il miglioramento quantitativo di per s non difficile da raggiungere, ma ai vertici i poteri forti rischiano di rimanere sempre nelle mani di pochi uomini che controllano lingresso di persone simili (uomini o donne), spesso chiamate a esprimersi su criteri non strategici. Dal punto di vista della selezione meritocratica, potrebbe valere la pena cominciare a parlare di quote femminili ai livelli dirigenziali, invece che direttamente nei CdA, anche perch molte donne in realt sono gi pronte, pur non ricoprendo posizioni apicali. Se si pensa che non ci siano ancora abbastanza donne con le competenze necessarie - e che per questo non vengano promosse - possiamo

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pensare alle quote rosa come strumento per forzare le aziende a crearle? Sempre che tutti gli uomini oggi in posizione di potere ne siano invece in possesso. In Italia, lattuale proposta frutto di un accordo bipartisan, con contenuti improntati a quelli delle altre proposte che circolano in Europa.

Le resistenze sono state e sono ancora tante e vengono da pi parti. Ma i numeri da soli danno il senso dellurgenza: nei nostri CdA -tra quotate e non quotate- le donne rappresentano il 14,4%. Se gi vi sembra poco, restringiamo alle principali societ: su 100 poltrone, 94 sono occupate da uomini.

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A.T. KEARNEY STRATEGIE DI BUSINESS la rivista pubblicata da A.T. Kearney Mediterranean Unit che si propone di offrire alla business community italiana commenti e spunti di riessione su tematiche di rilievo. Ogni numero raccoglie esperienze, ricerche e analisi sulle pi attuali tendenze del management, con articoli che propongono soluzioni inedite, idee e nuovi punti di vista su come affrontare le priorit dei vertici aziendali. Oltre ad esprimere la leadership intellettuale di A.T. Kearney, la rivista ospita di volta in volta i prestigiosi contributi di top manager e opinion leader italiani e internazionali.

Nessuna parte del presente articolo pu essere riprodotta o altrimenti citata senza il permesso dellautore e senza menzionare la fonte. A.T. KEARNEY STRATEGIE DI BUSINESS N. 21-2011 Per contatti: info.mediterranean@atkearney.com

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