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Enrico Marchetto
© Apogeo - IF - Idee editoriali Feltrinelli s.r.l.
Socio Unico Giangiacomo Feltrinelli Editore s.r.l.
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Il libro che state per leggere racconta in prima persona la mia vita
di advertiser e parla di molti dei casi concreti di cui mi sono occupato
con la mia agenzia, Noiza.
Vi mostra i ragionamenti, le analisi, gli approcci alla materia nel
modo più sincero (pure troppo) possibile, perché l’obiettivo è anche
quello di portarvi nel mio dietro le quinte, con la presunzione che sia
interessante e utile per migliorare le vostre performance.
A cosa serve un libro come questo? La speranza più grande è che vi
faccia risparmiare un bel po’ di soldi, e ve ne faccia guadagnare
tantissimi.
Evitando gli errori più grossolani, perché quelli li ho già fatti io e
voi ve li potete risparmiare, provando a investire nel modo più
corretto possibile.
Pensatelo come il libro di uno che ha passato gli ultimi dieci anni
della propria vita a fare solo questo: investire un sacco di denaro su
Facebook e Instagram e confrontarmi con colleghe e colleghi su come
farlo al meglio. E adesso non vedo l’ora di raccontarvelo.
Vi chiedo solo una cortesia, ma non prendetela come una
stramberia: prima di iniziare la lettura andate a dare un’occhiata alla
postfazione di Alessandra Farabegoli nelle ultime pagine di questo
libro. In poche righe c’è l’essenza del mio (nostro) approccio, una
sorta di promessa che facciamo a voi lettrici e lettori di non fornirvi
mai soluzioni ma di aiutarvi nel ragionamento su Facebook e
Instagram. E una volta letta, fatemi sapere se ho rispettato questo
patto.
Il libro comincia dalle cose facili, apparentemente basilari: per
esempio, come fare pubblicità sui social media per una gelateria. Ma
le basi di una materia sono meravigliose perché ti fanno scoprire
l’essenza delle cose e, anche quando si complicano, ti accorgi che
comunque l’essenza rimane immutata come il DNA.
E quando ti trovi a gestire la pubblicità di un colosso come
Benetton, non riesci a non pensare che quel meccanismo l’avevi
progettato uguale uguale, quando ti occupavi di gelati e panna
montata.
Nelle parti centrali scoprirete che l’ideale per cominciare a fare
advertising è il proprio pubblico, qualcuno che è già cliente o che
gravita attorno alla nostra azienda.
Solo allora impareremo bene ad allargare lo spettro del target, a
raggiungere nuovo pubblico e proveremo a farlo nel modo più
sostenibile possibile.
Poi nel Capitolo 4 vi arriverà un buffetto, un leggero pizzicotto per
svegliarvi e accompagnarvi a riflettere su come i vostri post su
Facebook e Instagram... facciano un po’ schifo.
Negli ultimi capitoli la lettura si farà più tecnica perché non posso
tradire la mia natura ossessivo-compulsiva nel vedere migliorare ogni
giorno le performance della pubblicità online con ottimizzazioni
costanti. E le ottimizzazioni vi faranno sudare.
Ci sarà spazio anche per un’intervista, che ho fortemente voluto, ad
Alessandro Gargiulo, perché quando si parla di lanciare un e-
commerce non potevo non chiamare in causa una delle più belle
esperienze di marketing orientato alla vendita a cui io abbia mai
assistito.
Poi ci sono tre paginette finali che parlano di Instagram. Sì, solo
tre e non sto scherzando.
Ma non vi agitate, è tutto sotto controllo.
Questo libro non sarebbe mai nato senza il supporto di Andrea,
Marco e Martino, i miei soci di Noiza e di tutte le nostre colleghe e
dei nostri colleghi, a cui a turno ho rubato pezzi di sapere
spacciandoli per miei.
Un grazie enorme a Fosca Pozzar per avermi dato una mano
miracolosa nell’editing, a Francesca Iannelli per aver sistemato una
marea di miei pensieri confusi e ad Alessandra Farabegoli per la
postfazione e per la revisione scientifica (e per avermi scritto “è
bellissimo” dopo la lettura della bozza).
E un grazie infinito a Costanza Grassi, che è una storica dell’arte
ma che ormai, a forza di ascoltarmi ogni giorno, è diventata una
advertiser provetta. Per fortuna non sa ancora di esserlo.
Buona lettura.
Capitolo 1
Sarà perché non sono nato advertiser, sarà perché le materie che mi
hanno sempre affascinato di più sono la linguistica o la semiotica,
quello che cerco sempre di fare è di inquadrare quello di cui mi sto
occupando in una dimensione “superiore”.
Che cosa intendo per “superiore”?
Quando compriamo un manuale del genere l’obiettivo è quello di
“imparare a fare” e vi assicuro che anche con questo libro sarà così,
ma ora vi chiedo un po’ di pazienza e di allontanarvi dalla pratica,
dall’operatività, dal micromanagement delle campagne Facebook e
Instagram, per seguire un ragionamento che è diventato un cardine
del mio lavoro quotidiano: sono sempre più convinto che esista una
grammatica generativa dell’advertising.
La storia di Gianpaolo
Marzo 2018. Trieste.
Ormai è quasi un anno che abbiamo cominciato a lavorare sulle
campagne di advertising social di Benetton e i risultati sono
straordinari.
In Italia e nel resto del mondo la crescita delle conversioni nei
canali Facebook e Instagram è cresciuta del 174% rispetto all’anno
precedente, grazie a una ristrutturazione piuttosto complessa
dell’intero impianto strategico.
Sono appena uscito da una call con il cliente e ricevo una mail da
Gianpaolo Lorusso che mi vuole tra i relatori dell’evento che
organizza a Bologna ogni anno, dedicato alla pubblicità online.
Nato come meeting di chi si occupa di advertising soprattutto su
Google, l’Adworld Experience si è poi aperto anche al mondo
Facebook e Instagram e Gianpaolo mi vuole proprio per questo
motivo.
“Ti metterei in una sezione dedicata alla discussione di un caso
pratico, che evidenzi come l’impatto del social advertising sia stato
determinante per il successo del tuo cliente. Hai un caso simile?”
“Certo Gianpaolo, adesso chiedo le autorizzazioni necessarie
perché ci terrei molto a portare Benetton come caso di studio”.
“Se ci riesci, è top”.
Qualsiasi manuale di giornalismo o di scrittura ti consiglia di
pensare prima al tuo pezzo o al tuo saggio e, solo dopo averlo
scalettato o scritto, di ragionare sul titolo. Questo modus operandi
non è il mio, perché ho il vizio di andare spesso “off topic”.
Se invece fisso dapprima il titolo, obbligo la mia mente a non
perdere mai di vista il focus sul tema centrale; certo, posso dare la
sensazione di divagare esattamente come sto facendo ora ma,
credetemi, so esattamente dove voglio arrivare.
E il titolo del mio intervento non lascia spazio a equivoci:
“Stringiamoci a Coorte: l’analisi del funnel Facebook e Instagram del
marchio Benetton”.
Gli elementi chiave sono:
1. il trigger point cioè il punto di attenzione, che è un gioco tra la
coorte del marketing, un gruppo di individui che condividono
determinate caratteristiche - per esempio i visitatori di un sito
web in un giorno X -, e la citazione dell’inno nazionale,
“stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte”;
2. il funnel, ovvero la proiezione semplificata della coorte nel
tempo, cioè il percorso che dall’esplorazione del marchio porta
all’acquisto;
3. il contesto, ovvero Facebook e Instagram;
4. il nome del caso, Benetton.
Quello che voglio raccontare alla platea è come un utilizzo di
Facebook e Instagram in modalità full funnel, in ogni fase e in ogni
punto del percorso di conversione, abbia profondamente migliorato i
risultati del mio cliente.
E mi metto a lavorare sulla presentazione, per provare a spiegare
passo dopo passo analisi, strategia e operatività.
Sto quasi per chiudere la presentazione quando, tra le notifiche
degli amici di Facebook, mi compare un post di Leonardo Prati, un
marketer mio collega esattamente come Gianpaolo, che in modo
decisamente provocatorio scrive: “‘Gestisco campagne di grossi
brand nazionali’. E poi la case history è sempre della gelateria sotto
casa.” (Figura 1.1).
Figura 1.1 Lo screenshot del post di Leonardo che ha catturato il mio interesse.
Le strutture post-dependant
Ci mettiamo a un tavolo di un bar, io e Sara, e lei apre l’account
Facebook di Nonna Pallina per mostrarmi il lavoro che fino a quel
giorno era stato fatto.
La situazione è quella illustrata in Figura 1.3.
Ed è la stessa situazione del 90% degli account pubblicitari che ho
visto nella mia vita.
Mi spiego, appena apro per la prima volta un account pubblicitario
di un mio cliente o di un mio potenziale cliente, nove volte su dieci lo
scenario che si spalanca è quello di una struttura post-dependant nel
senso che, come si può vedere dall’immagine, le campagne sono
funzionali al singolo post.
Figura 1.3 Che cosa trovo aprendo la scatola dell’account pubblicitario di Nonna Pallina.
Il funnel di un gelato
“No”.
La risposta è ovviamente “no”.
Un gelato è un gelato, punto. Non ha bisogno di una modellazione
tradizionale di awareness, consideration, conversion.
Un gelato assomiglia quasi a uno stimolo pavloviano, a un riflesso
condizionato, a un certo punto della mia giornata estiva “io devo
mangiare un gelato”.
Ma il gelato è pur sempre un prodotto e ogni prodotto ha un
proprio percorso di conversione e seppur semplice, basato
principalmente su logiche di stimolo-risposta, nulla ci vieta di farci
una banalissima domanda: “Che cosa ci spinge a mangiare un
gelato?”
Perché se voglio fare advertising su Facebook e Instagram, ma in
generale su qualsiasi canale, la prima cosa che devo avere in mente,
ancora prima del target da raggiungere, ancora prima della strategia
da mettere in atto, la prima cosa è il percorso di conversione attuale
dei miei clienti: perché i clienti vengono da me.
E partiamo dalle cose semplici, un gelato appunto.
Mangiare un gelato è figlio di due principali domande:
Una domanda diretta legata a un banalissimo stimolo: “Ho voglia
di mangiare un gelato, quindi vado a mangiarmi un gelato”.
Una domanda latente, ovvero non sto producendo alcun tipo di
domanda di gelato ma uno stimolo esterno fa emergere in me una
domanda di gelato.
E visto che siamo in un contesto come Facebook e Instagram dove
una domanda diretta è piuttosto innaturale - se avessi bisogno di
qualcosa mi rivolgerei a Google e non a Facebook - concentriamoci
sulla domanda latente. Potremmo immaginare che la nostra gelateria
lavori su un pubblico che magari si trova nelle vicinanze della
gelateria e il nostro obiettivo è fargli venire voglia di mangiare un
gelato, usando il suo feed di Facebook.
Ma non solo, perché il gelato spesso è un atto sociale, ovvero lo
mangiamo perché qualcuno ci invita o perché siamo noi stessi a
invitare qualcuno: raramente mi è capitato di uscire dall’ufficio senza
esclamare: “Ok, vado a mangiarmi un gelato, qualcuno viene con
me?”.
Come si traduce tutto questo in una prospettiva di Social
Advertising?
Secondo me si traduce così (Figura 1.6).
Figura 1.6 La campagna engagement di Nonna Pallina.
La campagna always on
La campagna di Nonna Pallina ha un inizio e non ha una fine.
Rivediamo insieme l’immagine della campagna (Figura 1.7).
Figura 1.15 Andiamo sugli “Amici delle persone a cui piace la tua Pagina”.
Il placement
Quando parliamo di una campagna “su Facebook” in realtà stiamo
parlando di tutto e di niente, perché lavorare su Facebook significa
avere a che fare con una ventina di possibilità differenti: la colonna di
destra di Facebook, il feed di Instagram, Messenger, le storie e altre
possibilità di scelta del posizionamento della nostra inserzione.
Figura 1.19 I posizionamenti (placement) di Facebook.
Le inserzioni
Abbiamo impostato una campagna permanente che definisce
obiettivo e budget. Abbiamo scelto dei gruppi di inserzione il più
stabili possibile, andando a scegliere un target non definito per
interesse ma per prossimità, più o meno vicino al nostro marchio.
Ora non ci resta che affrontare l’unico, vero, grande elemento
variabile della nostra strategia di advertising: l’inserzione.
In Figura 1.21 vediamo dei classici modelli di post promossi da
Nonna Pallina.
Figura 1.21 Due tipologie di post proposte da Nonna Pallina.
Figura 1.23 I post sono l’unico elemento variabile delle campagne di Nonna Pallina.
Le inserzioni di Benetton
Inutile ribadirlo, se vogliamo lavorare in armonia con l’ecosistema
Facebook, gli elementi visuali di Benetton devono seguire
esattamente lo stesso percorso degli elementi visuali di Nonna
Pallina: devono verticalizzarsi per rispettare il percorso cognitivo di
consumatori che dentro il social network sono ormai abituati a
consumare formati verticali.
E il marchio comincia ad abbondare di creatività: 9:16 come le
stories o i video quadrati o 4:5.
Figura 1.28 Una story sull’account Benetton.
Figura 1.29 Video link con formato quadrato.
E i risultati?
Con Nonna Pallina, la misurazione è pressoché impossibile da fare
perché nel nostro pannello di advertising non potremo mai sapere se
il pubblico nel punto vendita sia aumentato proporzionalmente al
nostro investimento pubblicitario e dobbiamo affidarci a ciò che ci
racconta l’imprenditore che al momento è molto soddisfatto
dell’andamento del business e soprattutto nel caso di promozioni
particolari, per esempio il lancio dei menu per la pausa pranzo, ha
avuto un notevole riscontro di pubblico. E Facebook è stato l’unico
canale di promozione.
Per Benetton invece l’effetto di aver creato una campagna always
on e full funnel su pubblici principalmente algoritmici è molto più
facilmente dimostrabile.
I risultati sono impressionanti (Tabella 1.1).
Tabella 1.1 Gli effetti della campagna always on e full funnel sull’account di Benetton.
Differenza 2017/2018
Spesa +38,20%
Copertura +42,46%
Impression +39,72%
Atterraggi sul sito +85,26%
Acquisti +245,46%
Valore d’acquisto +268,42%
Costo di Acquisizione nuovo cliente -60,02%
ROAS (Ritorno sulla spesa pubblicitaria) +167,32%
Appendice tecnica
Vantaggi
Vediamo i motivi per adottare fin da subito la Campaign Budget
Optmization.
1. Semplificazione: libera il lavoro dell’advertising da moltissimi
microottimizzazioni e gli permette di concentrarti sull’asset
strategico.
2. Scaling: lasciando gestire il budget all’algoritmo in base agli
adset più performanti, è più semplice pensare di aumentare il
budget a livello di campagna e lasciar agire l’algoritmo evitando
sbalzi repentini.
3. Maggiore stabilità sul lungo periodo: performance più costanti a
livello di campagna in maniera più duratura.
4. Tendenzialmente garantisce performance più alte a un costo
inferiore.
Svantaggi
E qualche motivo per non utilizzarla?
1. Dobbiamo ripensare l’intero nostro account di inserzione,
strutturando un albero di campagne e gruppi di inserzione che
rispetti questo nuovo paradigma.
2. Prevede che il vostro advertising sia Always On.
3. Funziona male quando si ha poco budget. L’algoritmo non riesce
ad avere abbastanza spazio per capire quale adset meriti maggior
budget, e le performance potrebbero essere non ottimali.
Per una guida molto più tecnica e approfondita vi rimando al mio
Maestro, Jon Loomer (https://www.jonloomer.com/tag/facebook-campaign-
).
budget-optimization
Capitolo 2
L’ecosistema pubblicitario di
Facebook e Instagram
Figura 2.4 Ecco che cosa troviamo quando apriamo per la prima volta l’account
inserzioni di Velux.
Instagram.
3. Earned Media: tutti quei media che ci “guadagniamo” tramite
commenti di clienti, recensioni, articoli, testimonial, insomma
tutto ciò che parla di noi in modo naturale e organico. Quindi
non a pagamento.
Una volta processata la griglia sulla nostra strategia aziendale,
isoliamo il canale “Owned” e analizziamo il caso specifico di Velux.
I canali proprietari sono:
il sito web principale velux.it con circa 10.000 visite giornaliere;
il sito web destinato al content marketing mansarda.it con circa
2.000 visite giornaliere;
l’intero database newsletter, nel nostro caso collegato al CRM
aziendale;
la Pagina Facebook di velux.it con 55.000 fan (in realtà la pagina
appare al pubblico molto più imponente, composta da 825.000
fan, si tratta ovviamente di una global page di Facebook ovvero
è rivolta all’intero pubblico mondiale di Velux. Se isoliamo solo
la parte italiana otteniamo 55.000 fan);
la Pagina Facebook di mansarda.it con 16.700 fan;
il canale Instagram di Velux con 2.146 follower.
A lato di questi canali principali ne abbiamo altri, ma li ho isolati
perché non funzionali al ragionamento di questo capitolo, che sono:
una pagina LinkedIn;
un canale Twitter;
una board di Pinterest.
Perché vi ho fatto isolare e analizzare la sezione Owned della
griglia POEM?
Perché, esattamente come abbiamo fatto nel primo capitolo,
dobbiamo risalire al DNA. Stavolta dobbiamo però risalire non al
DNA del vostro advertising ma alla matrice universale del vostro
cliente: scoprire attraverso i social network la materia primaria di cui
è composto il vostro parco clienti.
Voglio guidarvi in questa analisi facendomi aiutare dallo schema di
Figura 2.7.
L’opportunità è duplice:
1. sostituire la propria finestra con un rimborso di 50 euro per ogni
finestra sostituita, rimborso che si ottiene previo scaricamento di
un voucher;
2. come si legge nella parte parzialmente oscurata dal banner in
primo piano, poter usufruire della detrazione fiscale del 50%
fino al 31 dicembre 2019.
Quali sono i vantaggi di una sostituzione della finestra? L’azienda
gioca su alcune leve decisive:
1. un minor consumo grazie a un isolamento maggiore;
2. un maggior luce naturale in casa;
3. un maggior comfort grazie ai sistemi di chiusura automatizzata
quando piove;
4. un maggior valore acquisito dall’immobile dopo la sostituzione.
Chi è il target di questa promozione? Da un lato i clienti Velux
(chiaramente non quelli che hanno sostituito da poco l’infisso),
dall’altro lato chi possiede un lucernario di un altro marchio e che,
grazie al rimborso di 50 euro è incentivato a sostituire la propria
finestra con il Velux.
Immaginando uno scenario privo dei Social Media, il marketing di
Velux per lanciare questa iniziativa poggerebbe su quattro asset
comunicativi digitali principali.
1. La mailing list proprietaria con delle comunicazioni ad hoc su
un pubblico specifico individuato grazie al Customer
Relationship Management interno, creando un segmento di
clienti, per esempio, che negli ultimi anni hanno richiesto il
maggior numero di interventi di manutenzione.
2. Il mondo Google Search lavorando su tutte quelle intenzioni di
ricerca che individuano un pubblico in procinto di cambiare
finestra, come “prezzi finestra mansarda” oppure “sostituzione
lucernari”, oppure bisogni impliciti come “finestra perde acqua”.
3. Il mondo Display utilizzando le impression di banner
promozionali su siti specifici di settore.
4. L’universo del direct email marketing ovvero l’invio di
newsletter promozionali utilizzando canali terzi come quelli di
un portale molto verticale.
La domanda adesso è ovvia: come possiamo integrare l’ecosistema
Facebook e Instagram a una strategia già consolidata in azienda?
Dobbiamo partire per forza dalle prime due orbite (Figura 2.9).
Figura 2.9 Partiamo dalle prime due orbite.
Oppure una delle tante pagine in cui vengono indirizzati gli utenti
quando cercano qualcosa su Google (Figura 2.15).
Figura 2.15 Le pagine di reindirizzamento.
E adesso tocca alla terza domanda: visto che la risposta è stata “sì,
abbiamo un pubblico Facebook e Instagram che ci rappresenta,
allineato al brand e probabilmente è un nostro cliente o aspirante
tale”, dobbiamo metterci nelle condizioni di tenerne traccia.
Sempre nella sezione Pubblico di Facebook possiamo costruire una
custom audience fatta di tutti quei profili che hanno interagito con le
nostre proprietà social, per esempio negli ultimi 365 giorni in modo
tale da tenere una audience presumibilmente piuttosto ampia (Figura
2.19).
Figura 2.19 La custom audience basata su chi ha interagito con la nostra Pagina.
Componiamo il puzzle
L’incipit di questo capitolo è molto chiaro e non lascia adito a
dubbi: le persone sui social network non sono alla ricerca di prodotti
o servizi, per quello c’è Google.
Le persone sui social network cercano principalmente
entertainment ed è molto difficile arrivare a loro con una proposta
commerciale perché Facebook, per natura, non è un frame
commerciale.
Spesso parliamo di contesti social come spazi di domanda latente,
spazi in cui le audience non esprimono alcun bisogno di prodotti,
merci o servizi, ma hanno caratteristiche tali per cui potrebbero aver
bisogno del mio prodotto, solo che ancora non lo conoscono.
Quindi se è vero che Facebook non è una platea commerciale ed è
molto difficile conquistare “a freddo” l’attenzione su un prodotto, è
vero anche che se conosciamo alla perfezione le caratteristiche di
quel pubblico potremo sollevare in esso un potenziale bisogno
inespresso.
Se sono un amico di un fan di Nonna Pallina, potrebbe venirmi
voglia di un gelato perché vedo il mio amico interagire con il video
della panna montata che esce dall’erogatore.
Se sono un amante dell’ecosostenibile, potrei prendere in
considerazione l’idea di farmi una tre giorni in Trentino noleggiando
una bici elettrica, perché Visit Trentino ha targetizzato alla perfezione
la propria campagna pubblicitaria.
L’advertising su Facebook e Instagram può spalancare scenari
commerciali rilevanti a patto che il rapporto tra messaggio e
caratteristiche del pubblico sia idilliaco, solo così posso assicurarmi
l’attenzione di una audience per natura completamente distratta
perché immersa nella propria attività relazionale.
Ecco, quando lavoriamo con il nostro primo ecosistema, quello dei
clienti o degli amici, difficilmente incappiamo nel più comune (e
grave) tra gli errori possibili: sbagliare target. Sono i vostri i clienti,
sono persone che gravitano all’interno di zone specifiche del vostro
sito web e che stanno cercando una risposta a esigenze specifiche e se
ci mettiamo nella condizione di tracciare questo pubblico nel modo
più efficace possibile difficilmente possiamo sbagliare la
sollecitazione pubblicitaria.
Semplificando: se nell’arco degli ultimi trenta giorni un segmento
di persone ha esplorato la sezione Assistenza e da quell’audience
riusciamo a ricavare una custom audience di Facebook, è evidente
che siamo di fronte a un pubblico di cui conosciamo tutte le
caratteristiche utili per impostare il target della nostra campagna di
“replacement”.
Dobbiamo solo comporre il puzzle di tutti gli altri elementi di cui
abbiamo bisogno.
La pagina di atterraggio
Di sicuro abbiamo bisogno di un ambiente di atterraggio in grado
di fornire tutte le informazioni necessarie per partecipare alla
promozione.
L’elemento creativo
Di cosa abbiamo bisogno poi? Di un elemento creativo. E anche in
questo caso il ragionamento deve essere il più diretto possibile perché
il nostro scopo non è sedurre, non è ingaggiare e non è far divertire
(Figura 2.22).
Figura 2.22 L’elemento creativo nelle campagne Velux.
Obiettivi e audience
L’ultimo elemento di cui abbiamo bisogno è un obiettivo:
trasformare un obiettivo aziendale in un obiettivo sostenibile per
Facebook.
L’obiettivo di Velux è il replacement, cioè fare in modo che più
persone possibile ricevano il voucher per poi acquistare le finestre e
ottenere il rimborso.
Dati questi obiettivi di campagna Facebook, quale scegliamo
(Figura 2.23)?
Budget
Se questo libro fosse un giallo sarei un pessimo narratore perché
voglio svelarvi immediatamente il colpevole: il budget utilizzato da
Velux per questa campagna sul proprio universo di Clienti e Friends è
di 50 euro al giorno.
E adesso proviamo a fare il percorso a ritroso, perché abbiamo
scelto questa cifra?
Gli elementi principali da osservare prima di decidere un budget
sono tre.
1. L’elemento chiave è capire quante persone dobbiamo
raggiungere, nel nostro caso andare a controllare le dimensioni
delle nostre custom audience, di quanti profili sono composte?
Tendenzialmente una audience di retargeting, seppure
abbastanza ampia come questa (600.000 se decidiamo di
allargarci anche sui fan più attivi, o 50.000 se invece preferiamo
rimanere su un pubblico molto più selezionato), non ha mai
bisogno di enormi budget.
Immaginiamo che le persone da raggiungere siano dei pesci
dentro un acquario e immaginiamo Facebook e Instagram come
due squali che si tuffano in questo acquario.
Il budget è l’energia che forniamo ai nostri due predatori:
- più l’acquario è grande più abbiamo bisogno di energia per far
fare ampi giri agli squali in cerca delle prede migliori possibile;
- i due squali cercheranno quei punti in cui stazionano i pesci più
appetitosi e nel corso del tempo tenderanno a stazionare lì.
Attenzione perché non faranno il giro di tutto l’acquario ma
tenderanno a soffermarsi nelle zone migliori.
Anche aumentando il budget, è vero che andranno a cercare
nuovi pesci da mangiare, ma avendo già mangiato quelli più
prelibati, è sempre più probabile che incappino in cibo di scarsa
qualità.
La morale è che su campagne con un pubblico ristretto da
raggiungere, il target migliore tende a esaurirsi per primo e una
volta esaurito le performance decadranno. E difficilmente
potremmo risollevarne l’esito aumentando il budget, forse è
meglio cambiare target oppure messaggio.
2. Il nostro storico. Se abbiamo fatto altre campagne in passato su
un pubblico altamente fidelizzato e vicino al nostro marchio, per
esempio una campagna di remarketing, diamo un’occhiata a due
valori fondamentali: il costo copertura e il CPM, cioè quanto ci
costa raggiungere mille persone e quanto ci costa ottenere mille
impression.
Nel caso di Velux noi sappiamo che mediamente, per una
campagna di retargeting ristretto, spendiamo attorno ai 5 euro
ogni mille persone raggiunte. Questo significa che se volessimo
raggiungere tutta la nostra audience almeno una volta dovremmo
spendere circa 3.000 euro (600×3.5 = 3.000).
Ma sappiamo anche che non ci interessa raggiungere tutte e
600.000 le persone del nostro acquario: semplicemente vogliamo
far nuotare lo squalo Facebook in acque sufficientemente ampie
in modo tale da mandarlo a caccia delle prede migliori.
3. Le indicazioni di Facebook. Quando creiamo una campagna e
decidiamo pubblico e budget Facebook ci dà già una prima
indicazione nella colonna di destra del gruppo di inserzione.
Facebook ci sta dando una stima sulla nostra campagna.
“Guarda” - dice Facebook - “se tu investi 50 euro al giorno, io ti
ipotizzo due scenari, il primo è uno scenario pessimo in cui il
tuo annuncio piace, la tua promozione lascia totalmente
indifferente il pubblico e quindi io faccio una fatica bestiale a
raggiungere il pubblico; il secondo scenario invece trova un
pubblico entusiasta e ricettivo e io riesco a nuotare nell’acquario
in totale scioltezza. Nel primo caso raggiungo poco più di
tremila persone al giorno, nel secondo caso quasi diecimila,
esattamente in linea con il tuo costo-copertura medio di 5 euro
per mille persone raggiunte”.
Immaginando di aver studiato il pubblico perfetto e
immaginando di aver creato il messaggio più appetibile
possibile, abbiamo serie aspettative di stare più verso i diecimila
al giorno che non precipitare in uno scenario negativo.
Posizionamento
Il posizionamento è un elemento del nostro advertising di cui non
ci dobbiamo preoccupare più in fase di lancio di una campagna
perché la linea guida è molto chiara in tal senso: Facebook per
lavorare in modo ottimizzato ha bisogno di almeno quattro
posizionamenti differenti, quindi tanto vale tenere tutto automatico
ed eventualmente “aggiustarlo” dopo i primi risultati.
Questa è la sezione da lasciare completamente intonsa (Figura
2.31).
I risultati
Abbiamo ricreato su Facebook e Instagram un ecosistema
composto principalmente da:
1. clienti, persone che abbiamo riconosciuto come possessori di un
Velux;
2. amici, persone che non possiedono un Velux ma che gravitano
attorno all’orbita Velux o come visitatori di sezioni specifiche
del sito web oppure come fan che generano interazioni attorno
alla nostra Pagina Facebook.
E la nostra comunicazione va diretta al punto senza fronzoli,
proprio perché queste audience ci conoscono già, sanno già chi siamo
e spesso ci hanno già acquistati.
I risultati rispecchiano perfettamente questa logica:
Target Clienti, con un investimento di 24 euro abbiamo ottenuto
331 contatti con un costo contatto di 4 euro;
Target Friends con un investimento di 496 euro abbiamo
ottenuto 62 contatti con un costo contatto di 8 euro.
Tabella 2.1 Analisi del Costo Contatto su Clienti e Friends.
TARGET IMPORTO SPESO NUMERO CONTATTI COSTO CONTATTO
Clienti 1324 € 331 4€
Friends 496 € 62 8€
Checkpoint
1. Prima di pensare: “Faccio una sponsorizzata su Facebook per
raggiungere nuovi clienti” preoccupatevi dei clienti che avete
già.
2. Interfacciate il database clienti con Facebook e trasformateli in
una custom audience di clienti sempre raggiungibili su Facebook
e Instagram
3. Tracciate il vostro sito web con il pixel di Facebook e
individuate le aree più sensibili che connotano quella audience.
Su un sito di produzione di case in legno, tutte le visite che
riesco a tracciare sulla pagina web “Quanto costa una casa in
legno?” è evidente che come mi stiano comunicando una seria
intenzione esplorativa sul mondo del costruire con il legno.
4. Su Facebook si chiamano “fan”. Su Instagram si chiamano
“follower”. E i nomi non sono casuali, perché è un pubblico di
persone che vi sta seguendo, vi supporto e vuole interagire con
voi. Per quanto negli ultimi tempi le interazioni con le Fan Page
siano in netto calo e quelle con Instagram siano piuttosto deboli,
esiste una porzione del vostro pubblico che nel tempo si è legata
molto al vostro marchio e alla vostra azienda. Isolateli e
premiateli, creandovi una custom audience delle persone più
attive sulla vostra Fan Page e sul vostro canale Instagram.
5. Il primo uso, forse il più semplice, dell’advertising su Facebook
e Instagram è proprio quello di stimolare chi è già cliente magari
fidelizzandolo ancor di più oppure lavorando su strategie di
cross-selling e upselling. Ma non ci dimentichiamo di un altro
nucleo di clienti potenziali, quelli che abbiamo chiamato
“amici” e che gravitano attorno al nostro brand, alla nostra
azienda senza esserne clienti.
6. Su Facebook costa molto di più raggiungere una audience
indistinta piuttosto che un pubblico di ridotte dimensioni. E di
solito le orbite di clienti e amici non hanno certo numeri enormi,
quindi approfittatene!
7. Quando lavorate con una audience di clienti e amici, avete una
grande opportunità, non occorre che vi presentiate, perché sanno
esattamente chi siete. Create una pubblicità che sia diretta, senza
fronzoli, pulita, che punti dritta dritta al valore di ciò che sto
comunicando. Il valore è fatto di 50 euro sulla sostituzione della
finestra? Bene, il focus della macchina da presa sarà tutto per i
due attori principali, “il vantaggio di sostituire una vecchia
finestra”, “lo sconto per farlo” e niente altro.
8. Più è vicino a voi il pubblico che volete raggiungere, più si alza
il livello di aspettativa della campagna. A un pubblico “caldo”
possiamo già chiedere una conversione.
9. Davvero, è la cosa più difficile del mondo, ma prima di
cominciare una campagna provate a definire un risultato per cui
essere contenti.
Il che significa aver ragionato sul vostro costo per acquisizione.
Avere uno storico aiuta molto, perché è un punto di riferimento
fondamentale.
In assenza di storico, dovete costruirvelo. C’è poco da fare.
10. Conoscere su Facebook e Instagram la vostra audience è
fondamentale per tracciarne i gusti, i comportamenti, i profili
demografici. Tutti indizi necessari ad affrontare il prossimo
capitolo in cui parleremo di ecosistemi complessi, ovvero andare
alla ricerca di potenziali clienti lontani da voi, che non ci
conoscono.
Appendice tecnica
Figura 2.39 A partire dalle “page view” tracciate dal pixel potete costruire una audience.
Figura 2.42 Pixel Helper, un’estensione di Chrome utilissima per scoprire se state
tracciando correttamente le audience.
Capitolo 3
Più ci allontaniamo dal centro del brand, più il costo di ogni nostra
conversione si alzerà perché il pubblico coinvolto è sempre meno
familiare con la nostra azienda, fino all’orbita esterna, quella più
cara, fatta di totali sconosciuti.
Figura 3.7 Le orbite vicine e lontane dal nostro brand e i relativi costi di acquisizione.
Figura 3.12 Un altro esempio di articolo sul tema caldo/freddo in una mansarda.
I Paid Media
I paid media lavorano su tre direttrici principali.
1. Google Search, ovvero posizionare il nostro annuncio su tutte le
ricerche contestuali il mondo della finestra per sottotetto.
Questa è la tipologia di advertising più legata alla domanda
diretta perché corrisponde a uno stato di necessità di un
consumatore espresso sul motore di ricerca.
Figura 3.17 Il search advertising di Velux.
Non uso Facebook per vendere agli sconosciuti del cibo biologico
per cani. Lo uso per far capire quale sia l’enorme differenza tra le
classiche crocchette del supermercato a due lire che fanno male ai
vostri cani e le nostre che sono sane, certificate e naturali (Figura
3.21).
Figura 3.21 Il miglior modo per far capire la differenza tra delle crocchette normali e le
nostre.
Non uso Facebook e Instagram per far giocare a poker persone che
il poker non sanno nemmeno cosa sia. Ma li uso per mostrare il
grande sogno di investire 1 e guadagnare 100, utilizzando la propria
bravura di ragionamento, di inganno e di dominio dell’avversario.
E il modo migliore per farlo è mostrare azioni di gioco, ad alto
tasso emotivo (Figura 3.22).
Figura 3.22 Il “trigger point” di PokerStars.
La campagna video
Gli ingredienti della nostra campagna in questo momento sono due,
un video e una pagina di atterraggio: www.outsidein.velux.com.
Gli obiettivi dell’azienda sono principalmente quattro, due primari,
due secondari.
Obiettivo primario: raggiungere il maggior numero di persone in
target con il messaggio del video.
Obiettivo primario: ottenere il maggior numero di
visualizzazioni del video, perché un conto è raggiungere il
pubblico con un post, altro conto è fare in modo che visualizzi il
video per l’intera durata.
Obiettivo secondario: generare traffico sulla pagina di
destinazione.
Obiettivo secondario: generare interazione attorno al video.
Bene, adesso è tempo di sottoporvi un problema: quale di questi
obiettivi scegliete per lanciare su Facebook e Instagram una
campagna di advertising per promuovere il video?
I risultati
Ricordiamoci sempre una regola fondamentale dell’advertising su
Facebook e Instagram: i risultati si misurano sempre e solo in base
all’obiettivo scelto.
Se facciamo una campagna di copertura, i risultati da verificare
saranno in primis la copertura, poi le impression, poi il rapporto tra i
due, ovvero la frequenza, e infine il CPM, quanto ci è costata
l’erogazione di mille impression.
Se facciamo una campagna di copertura, non possiamo valutare
quanti contatti abbiamo raccolto, perché è una metrica non adeguata
all’obiettivo.
Per una campagna di visualizzazione del video, le metriche
portanti sono principalmente due: quante persone abbiamo raggiunto
ma, soprattutto, quante di queste persone hanno visualizzato il video
per più di quindici secondi.
Il target
La prima sequenza narrativa, la paura, è puro “broadcasting” e
punta a raggiungere un pubblico molto ampio (ma ovviamente non
casuale); la seconda sequenza, quella rassicurante, è decisamente
“narrowcasting” ovvero si rivolge a una fetta limitata e selezionata
del mio pubblico.
“Storie di Luce” lavora principalmente su quell’audience che si è
appassionata e fidelizzata all’universo dei contenuti proposti da
Indoor Generation.
E qui scatta una nuova forma di retargeting, il retargeting del
contenuto. Perché Facebook e Instagram ti mettono nelle condizioni
di crearti una audience proprio a partire da chi ha visualizzato il tuo
main content video (Figura 3.40).
L’ultimo atto
Finora abbiamo assistito a tre trigger point differenti.
1. Concetto chiave: metto paura!
Obiettivo marketing: “che cosa ti succede se non hai la luce
naturale in casa”.
2. Concetto chiave: comincio a rassicurare.
Obiettivo marketing: “la luce naturale ti cambia la vita!”
3. Concetto chiave: creo dei modelli.
Obiettivo marketing: “a qualcuno la vita gliel’ha cambiata
davvero”.
Figura 3.42 Due esempi di post tratti dalla campagna “Daylight Experience”.
Su quale target?
Uno dei target principali è proprio quel pubblico che ha fruito del
materiale editoriale su storie.velux.it.
Figura 3.44 La creazione di una custom audience basata sulla sezione “Storie” del sito
web Velux.
Oppure quel pubblico che si è visto tutti i video di nuclei famigliari
a cui la luce naturale ha cambiato la vita.
Figura 3.45 La creazione di una custom audience basata su tutti gli spettatori dei video
Storie di Luce.
Il decalogo dell’ecosistema
Perché insisto così tanto parlando di advertising come ecosistema?
Questo capitolo ne è la testimonianza: “fare una campagna” su
Facebook e Instagram di per sé non vuol dire nulla.
Ogni punto del nostro sito web, ogni nostro contenuto, ogni
segmento di contatti del nostro database è un pubblico.
Un pubblico che può produrre altro pubblico, dando vita a un vero
e proprio ecosistema di audience, dalle più vicine alle più lontane.
L’advertising di un’azienda dovete immaginarlo come un filo rosso
che passa attraverso tutte queste audience e lega assieme, adattandosi
alle dimensioni e alle caratteristiche di ciascun insieme.
La pubblicità lavora sui trigger point più efficaci per le audience
più lontane, mentre utilizza delle azioni più concrete e decise quando
dialoga con un pubblico molto vicino al brand.
Quello rappresentato in Figura 3.46, per farvi un esempio, è il
diagramma che mostra l’ecosistema che abbiamo ideato per Velux
(l’immagine che ho pubblicato mi serve solo come “colpo d’occhio”,
se la volete osservare nella sua totalità la trovate qui:
http://bit.ly/ecosistema_velux).
Checkpoint
1. Più vi allontanate dalla comfort zone dei vostri clienti o dei
friends, più l’advertising si fa complesso e delicato. Il requisito
chiave è non fare mai niente a caso. Se fate le cose a caso,
butterete via un sacco di soldi.
2. Se dovete affrontare un pubblico più ampio che non vi conosce,
affidatevi all’algoritmo attraverso le audience somiglianti.
Assicuratevi di trovare una fonte certa, su cui costruire una
lookalike audience.
3. Se dovete raggiungere un pubblico indistinto e volete usare gli
“interessi”, assicuratevi che siano reali. Interesse “fashion” o
“cucina” non vogliono dire nulla, sono troppo vaghi. “Genitori”
è tutto un altro mondo. Imparate a distinguere.
4. Il trigger point è come lo schiocco delle dita: vi girate per forza.
Ogni azienda del mondo ne ha uno o più di uno, voi dovete
trovare il vostro.
5. Un obiettivo commerciale non è sempre un obiettivo marketing,
un obiettivo marketing non è sempre un obiettivo Facebook.
6. Su Facebook e Instagram gli obiettivi sono quelli, punto e stop.
“Voglio fare tanti soldi” è solo nella vostra testa, non nella testa
di Facebook. Trasformate ciò che c’è nella vostra testa in un
obiettivo Facebook.
7. A volte le cose non sono ciò che sembrano. Un clic non è per
forza sempre un atterraggio. Fate in modo che lo sia.
8. L’interazione è l’obiettivo più potente in assoluto. Ma è riservato
solo a chi ha una dimensione di portata sociale del brand.
Credetemi, sono pochissimi. Evitatelo.
9. Il retargeting è la chiave di tutto, sempre. Ma assicuratevi di
andare a risuonare al campanello giusto. Perché non c’è nulla di
peggio che sbagliare casa.
10. Meglio che ve lo ripeta. Non possiamo usare Facebook e
Instagram per vendere finestre. Dobbiamo usare Facebook e
Instagram per creare consapevolezza di luce naturale. Le finestre
le venderemo dopo. E ne venderemo di più.
Appendice tecnica
Figura 3.50 L’impostazione del target di una campagna per Copertura e Frequenza.
Figura 4.8 Il tasso di istruzione medio del pubblico legato all’interesse “Casinò”.
A quel punto siamo partiti per la tangente con un ragionamento
quasi iperbolico: un americano probabilmente lo definirebbe
“overthinking” ma visti i risultati prodotti forse mandare così oltre il
pensiero grazie a una visione, spesso è decisamente utile.
Pensavo al poker e pensavo agli esordi del poker online in Italia,
verso la seconda metà del 2008: nonostante il Texas Hold’em sia un
gioco di abilità, ovvero che nel lungo periodo se sei bravo
inevitabilmente vinci dei soldi, l’Italia è sempre stato un Paese molto
perdente, rispetto agli altri Paesi europei.
E frequentando per lavoro il mondo dei tornei live, posso garantirvi
che la maggior parte dei giocatori non era in grado di riconoscere un
proprio errore di valutazione matematico-statistica e trovava sempre
un colpevole: la sfortuna. Un agente esterno indomabile, in grado di
individuare un predestinato e accanirsi su di lui.
Poi ho pensato ai miei studi di Antropologia Culturale e al vago
ricordo che avevo di uno dei miei studiosi preferiti, René Girard, e la
grande distinzione che lui faceva tra le comunità pagane e le
comunità cristiane: quando arriva l’inondazione, l’inondazione non è
interpretata come un fenomeno naturale, ma come “questo è un segno
dell’ira del dio e abbiamo bisogno di un sacrificio per placarlo”.
Le comunità cristiane segnano un nuovo punto di vista perché “la
colpa” viene interiorizzata nella comunità, proprio con la figura del
Cristo, che con la crocifissione si fa carico della responsabilità.
E poi ho pensato a tutto questo e al casinò e ho provato a
immaginare la comunità dei giocatori come a una comunità pagana. E
ogni comunità pagana ha bisogno di un mediatore, di una figura che
faccia da tramite tra le persone e il dio, ogni comunità pagana ha
bisogno di uno sciamano.
E così anche i giocatori del casinò hanno bisogno di un oggetto
sciamanico per placare la sfortuna che si accanisce su di loro.
E il nostro oggetto sciamanico è lui: l’oroscopo.
Figura 4.15 Uno dei tanti follow up alla campagna Indoor Generation, questa volta
giocato sui falsi miti che circolano su una casa “sana”.
Il verismo social
Esiste un modello di post perfetto? No, non credo.
Ma di sicuro esiste un processo per la creazione dei contenuti su
Facebook e Instagram che possa tendere alla perfezione.
Osservate il contenuto del post nella Figura 4.19.
Checkpoint
1. Fatevene una ragione, la maggior parte dei vostri ads saranno
visualizzati ma non visti.
2. Fare un annuncio che funzioni su Facebook e Instagram è tra le
cinque cose più difficili di questo mestiere e non ho ancora
scelto le altre quattro.
3. Quando i brand usano Facebook e Instagram “per far ridere”, nel
99,99% delle volte non ci riescono.
4. Il Real Time Marketing, se lo fate bene, funziona. Solo che
prima di intraprendere questa via, cominciate dalle cose più
semplici, ché di Taffo ce n’è uno solo.
5. Il segreto per scrivere un buon post non è essere creativi, il
segreto per scrivere un buon post è diventare gli Sherlock
Holmes del vostro pubblico e raccogliere il maggior numero di
indizi su di loro.
6. Mettere dei dubbi, mettere in crisi certezze è un buon campo di
allenamento.
7. Studiare le prime dieci domande che il pubblico vi fa sempre sul
vostro prodotto o sul vostro servizio è un ottimo punto di
partenza.
8. Prendere posizione dal palco dell’advertising genera attenzione.
Solo che poi si fa fatica a scendere.
9. Imparate dal porno, l’amatoriale funziona meglio del patinato.
10. Per ogni azienda, credetemi, c’è un trigger point. Trovatelo.
Appendice tecnica
Figura 4.24 Un case study di Ford sull’uso strategico delle Stories di Instagram.
Il secondo strumento è decisamente il mio preferito.
Fino a qualche tempo fa Facebook permetteva di controllare
l’advertising della concorrenza andando sulle Fan Page e facendo clic
su uno specifico link che permetteva di esplorare le pubblicità in
corso relative a quello specifico marchio.
A un certo punto venne tolta questa meravigliosa funzione e scattò
il panico generale.
Tempo qualche giorno e Facebook ci deliziò con una delle funzioni
più utili in assoluto se fate pubblicità sui social: Ad Library
(https://www.facebook.com/ads/library).
Categorie di e-commerce
Nella mia esperienza esistono due categorie di e-commerce.
Due categorie semplici, grandi aree in cui suddivido il commercio
elettronico:
1. un sito con traffico;
2. un sito senza traffico.
Se avete un sito che sta già macinando traffico, l’apertura di due
nuovi canali pubblicitari come Facebook e Instagram vi proietterà in
un mondo nuovo, fatto di esplorazione della domanda latente, di un
target che non ha prodotto una richiesta esplicita di un vostro
prodotto, ma dove siete voi a stimolarne l’acquisto. Nella mia storia
di marketer non ho mai visto un e-commerce aprirsi all’advertising
su Facebook e Instagram e decidere di uscirne perché “non portano
vendite”. L’advertising su Facebook e Instagram per un e-commerce
che macina già parecchio traffico funziona, ve l’assicuro.
Ben diverso è il discorso per un commercio elettronico di fresca
apertura o che comunque non ha una sufficiente mole di traffico da
permettere un deciso retargeting sulle proprie audience. Qui mi è
capitato spesso di sperimentare l’advertising su Facebook e
Instagram senza grande successo.
Capite? Siamo di fronte a una richiesta anomala, nel senso che noi
siamo abituati a lavorare sempre sulla parte alta del funnel per
magnetizzare interesse, su quella intermedia per consolidare il
traffico e su quella bassa spostandoci verso la conversione.
Nel caso di un e-commerce che ha tanto traffico possiamo
tranquillamente affrontare il percorso inverso, partendo da proprio
dalla fase di conversione.
Sicuri che si tratti di un’anomalia? In realtà questa richiesta
incarna perfettamente lo spirito di questo libro come ho provato a
suggerire già dal secondo capitolo, dove Velux, quando comincia la
propria campagna di replacement, il primo advertising lo espone
proprio a quello che è il cliente affezionato o a un pubblico comunque
molto vicino al brand.
E con Holyart si parte esattamente da qui, dal proprio pubblico.
Il catalogo dinamico
Il primo ingrediente per un e-commerce che voglia fare pubblicità
sui social è la sincronizzazione del suo catalogo prodotti con
Facebook.
Provo a sintetizzare la questione lasciando le parti tecniche ad altre
guide che potete trovare online: ogni catalogo prodotti di un e-
commerce è rappresentato da un file .xml.
State usando Prestashop? State usando WooCommerce, Magento o
una qualsiasi altra piattaforma di vendita online? Bene, ognuna di
loro produce un feed di prodotto che va associato a Facebook,
creando un vero e proprio “catalogo” dal Business Manager.
1. farlo dialogare con il nostro pixel e con gli eventi obbligatori per
un e-commerce, ovvero view content, add to cart e purchase.
Nel caso di Holyart non facciamo altro che andare a prendere quel
segmento del database clienti che identifica i parroci italiani e lo
andiamo a caricare su Facebook ottenendo questa audience (Figura
5.10).
Figura 5.10 Creiamo la audience “Parrocchie Italia” a partire dal nostro elenco clienti.
Figura 5.11 Ora allarghiamo il pubblico: creiamo una lookalike a partire dalla nostra
custom audience “Parrocchie Italia”.
Checkpoint
1. Esamina il tuo e-commerce. Il segreto del retargeting è il
traffico. Se non ci sono visualizzazioni delle schede prodotto, se
non ci sono carrelli, se non ci sono vendite, cosa ristimoli a fare?
2. Comunque, nel dubbio ristimola: se hai poco traffico non ti costa
nulla e magari una vendita la fai.
3. Se hai un buon traffico e se vuoi vendere, non puoi fare tu la
pubblicità ma la deve fare l’algoritmo perché è più bravo di te.
Senza retargeting dinamico non si va da nessuna parte.
4. Per fare retargeting dinamico devi aver un catalogo prodotti il
cui setup sia perfetto in ogni dettaglio.
5. Un catalogo prodotti non serve solo al retargeting, ma puoi
esporlo anche a chi non conosce la tua azienda. Che prodotti
mostrerà? Li sceglie l’algoritmo, tranquillo.
6. Se non hai traffico, lo devi costruire.
7. Se non hai traffico, non aspettarti delle vendite nel breve periodo
dalla domanda latente perché tutti quei processi che non sono
mossi dal bisogno e dalla consapevolezza vanno coltivati.
8. Per l’e-commerce il ragionamento sui trigger point vale doppio.
Sforzati di trovare il punto di attivazione del prodotto. Qual è la
leva per attivare l’attenzione e far emergere la curiosità? Una
volta che l’hai trovata, declina tutto l’advertising su quella.
Appendice tecnica
Le finestre di attribuzione
Nell’universo dell’advertising su Facebook e Instagram, le finestre
di attribuzione sono una delle metriche più importanti e
contemporaneamente più sottovalutate.
Che cosa si intende per finestra di attribuzione?
Prendiamola un po’ lunga: immaginiamo che Enrico veda
un’inserzione di Holyart e ci faccia clic sopra.
Questa azione è precisamente attribuibile a ciò che ho visto dentro
Facebook. Nella gestione delle inserzioni, troverò il dato
dell’impression e del clic cioè il fatto che Enrico abbia visto
l’inserzione, ci abbia fatto clic sopra e sia atterrato sulla pagina.
Poi Enrico continua la sua navigazione su Holyart e decide di
comprare un rosario.
Bene, questa azione viene attribuita al mio advertising se si
verifica in un preciso arco temporale dall’aver visualizzato o
dall’aver fatto clic sull’inserzione.
Di default, la gestione delle inserzioni di Facebook è impostata per
mostrare solo quelle azioni che vengono eseguite entro un giorno
dalla visualizzazione dell’ads ed entro ventotto giorni dal clic su
quella inserzione.
Agli occhi di Facebook, quell’acquisto di un rosario può essere
figlio di quattro attribuzioni principali:
1. 1 day view: ho visto l’inserzione, non ci ho fatto clic ma
acquisto il rosario entro ventiquattro ore dalla prima impression;
2. 1 day click: vedo l’inserzione, ci faccio clic sopra e acquisto
entro ventiquattro ore dal clic;
3. 7 days click: vedo l’inserzione, ci faccio clic sopra e acquisto
entro sette giorni dal primo clic;
4. 28 days click: idem come sopra solo entro ventotto giorni.
Aiutamoci con lo screenshot di Figura 5.16.
Figura 5.16 Una classica vista di un panello inserzioni di Facebook per un e-commerce.
Figura 5.18 Il peso del 1day click per questo gruppo di inserzione.
Non fatevi tradire da quel “6” che vedete nei sette giorni e nei
ventotto giorni perché entrambi comprendono gli acquisti a un
giorno: questo gruppo di inserzioni sta totalizzando il 100% di
vendite entro ventiquattro ore dal clic.
Il comportamento abituale di questo target è quello che
tendenzialmente viene valutato come più “veritiero” e “affidabile”:
vedono l’inserzione, ci fanno clic sopra e vanno a comprare.
Perché parlo di più veritiero? Perché è il dato più vicino a quello
che troveremo riportato sulla Analytics di Google.
Il modello di attribuzione standard di Google infatti si basa solo
sulla presa in considerazione dell’ultimo clic, ovvero qual è stata
l’ultima fonte di traffico prima dell’acquisto. Esattamente come in
questo caso: il target è stato immediatamente stimolato al clic e
all’acquisto dall’inserzione di Facebook.
Cambiamo completamente lo scenario del dato e guardiamo i dati
di un altro gruppo di inserzione (Figura 5.19).
Figura 5.19 Cambia lo scenario: ora gli acquisti sono quasi tutti per 1 day view.
Il declino dell’advertising
Il frattale
Una delle più famose campagne pubblicitarie americane,
addirittura girata da David Fincher, è quella di AT&T ed è datata
1993.
Comunemente nota come “You Will” (potete trovare una raccolta
di questi spot su YouTube a questo indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=a2EgfkhC1eo) la campagna in questione
Figura 6.2 Sì, è un broccolo romano: ovvero un prodotto naturale la cui struttura è la
rappresentazione concreta di com’è fatto un frattale
(https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cauliflower_Fractal_AVM.JPG).
La gestione di un account di
inserzione
L’advertiser che conosciamo attraversa sempre tre fasi durante il
proprio rapporto con le campagne.
1. Fase Zen, in cui abbiamo terminato la fase operativa e lanciato
le nostre campagne e siamo in attesa dei primi risultati.
2. Fase Estatica, quando le nostre campagne cominciano a
performare.
3. Fase Red Alert, quando le nostre campagne o non hanno mai
funzionato o non sono più in linea con le performance
precedenti.
Ecco, quello che vorremmo proporvi è una guida per gestire al
meglio il vostro account di inserzione nella fase di allarme rosso,
proprio per evitare gli stessi errori che abbiamo fatto noi.
E quando le vostre campagne pubblicitarie hanno un problema,
dovete cominciare a farvi delle domande, che siano naturalmente le
più corrette possibile.
Il ruolo di Facebook e Instagram nel
Customer Journey
La prima cosa da fare è chiedersi quale sia il ruolo giocato da
Facebook e Instagram nel Customer Journey perché, credetemi, è
diverso per ogni cliente.
E dove trovo la risposta?
In primis nella tipologia di prodotto che sto promuovendo e nelle
sue finestre di conversione.
Nella Figura 6.6 troviamo il Collegio Fonda, un collegio
universitario di Trieste che invece della solita borsa di studio in
denaro, offre ospitalità gratuita per un anno agli studenti più
meritevoli in una struttura meravigliosa, dotata di ogni comfort e
appena ristrutturata.
Figura 6.12 Creando la tabella pivot, riusciamo a scoprire cosa c’è che non va.
Figura 6.16 Un altro gruppo di inserzioni: punta all’add to cart e ha come target i fan.
Figura 6.19 Andiamo su “Dettagli”, poi selezioniamo “In base alla pubblicazione” e infine
“Posizionamento”.
Checkpoint
1. Abbiamo uno storico ormai di qualche decina di milioni di euro
investiti all’interno di Facebook e Instagram per i settori più
diversi in assoluto e vi possiamo assicurare che i problemi delle
nostre campagne seguono quasi sempre una distribuzione
paretiana: l’80% dei problemi è generato sempre da un 20% di
cause e i motivi per cui non funziona una campagna son sempre
quelli.
Se ho dei problemi con le inserzioni di Facebook e Instagram le
macroaree di intervento sono principalmente tre: pubblico,
creatività, obiettivi di campagna.
2. Il pubblico è una brutta bestia, perché il rischio della saturazione
è sempre dietro l’angolo e continuare a esercitare pressione in
situazioni di decadimento di performance non farà altro che
trasformare un problema in una tragedia, soprattutto negli ultimi
tempi in cui Facebook ha dato la possibilità a ogni utente di non
essere più oggetto del vostro retargeting.
Non smetteremo mai di ripeterlo, non appena vi accorgete che
state saturando una audience, cambiatela, modificatela,
ampliatela, allargatela.
Se state saturando la lookalike di chi ha comprato sul sito web,
integratela con un’altra lookalike magari proveniente da una
audience abbastanza fedele composta da chi ha messo un
prodotto nel carrello.
3. Variate le vostre creatività, andando a cercare nuovi angle, nuovi
trigger point per il vostro pubblico, ma anche nuovi elementi
visuali o nuovi formati, sfruttando anche il fatto che Facebook e
Instagram ne sfornano con continuità. Idealmente rinnovate le
vostre inserzioni almeno una volta ogni una-due settimane.
4. Se fate del retargeting per vendere dei vestiti sul vostro e-
commerce, assicuratevi anche di generare delle campagne che
portino traffico perché altrimenti una volta che avete saturato il
pubblico del retargeting non avrete più nessuno da stimolare.
Quindi da un lato alimentate il sito con nuovo traffico, dall’altro
portateli a comprare.
Oppure state lavorando solo su una parte molto alta del funnel,
magari con obiettivo copertura, senza finalizzare poi a una
conversione.
E vi troverete così a generare una grande visibilità della vostra
azienda, rimanendo con un pugno di mosche quando si tratta di
portare a casa il risultato.
Magari proviamo a trasformare la nostra tradizionale campagna
di copertura in qualcosa di più solido, per esempio una
campagna orientata già a una microconversione: se siete un e-
commerce provate a chiedere al vostro pubblico almeno una
visualizzazione della scheda prodotto.
Fondamentale: verificate che i vostri obiettivi di campagna siano
sempre coerenti con il percorso di conversione degli utenti.
5. Se la pratica di advertising viene interpretata in modalità always
on, l’impegno che vi viene richiesto è notevole perché, se la
vostra azienda sta sempre erogando advertising, sarete sempre
soggetti a possibili cali di performance e l’unico modo per
evitare l’allarme rosso è prevenirlo.
6. Ultime raccomandazioni:
- tenete monitorato l’account almeno una volta alla settimana
con estrema attenzione alle metriche più rilevanti del vostro
business;
- mantenete le creatività sempre aggiornate, almeno una volta
ogni una-due settimane;
- tenetevi pronti ad andare su audience diverse o più grandi
quando il momento lo richiede;
- usate i dati come guida delle vostre attività e costruitevi degli
storici su Excel;
- lavorate sulle aree di intervento più rilevanti. Se cercate
microottimizzazioni che vi possano svoltare la vita, allora state
leggendo il libro sbagliato.
Capitolo 7
Fomo
Qualche tempo fa ero a pranzo con il mio socio e mi racconta del
libro che sta leggendo, si intitola Una sola goccia di sangue. Segreti e
bugie di una startup.
“Guarda devi leggerlo perché parla di questa startup che si fondava
interamente su un prodotto che non ha mai funzionato eppure
continuava ad attrarre investimenti su investimenti. Una storia
incredibile.”
La sera dello stesso giorno lo stavo già divorando ed
effettivamente, confermo, è una meraviglia.
Elisabeth è un’imprenditrice della Silicon Valley con il terrore
degli aghi che inventa un metodo per ottenere delle analisi del sangue
attraverso un cerotto, quindi senza il bisogno del classico prelievo
con la siringa. La cosa incredibile è che questo metodo non funziona,
eppure lei riesce a catturare le attenzioni di industrie farmaceutiche,
colossi della grande distribuzione, investitori, ex dipendenti Apple,
riuscendo a raccogliere centinaia di milioni di dollari di investimenti.
Come ci riesce? Per colpa della patologia più diffusa nel marketing
e nell’imprenditoria attuali: questa patologia si chiama FOMO. La
Fear Of Missing Out: significa bisogno di esserci, l’ansia di mancare
qualcosa di importante.
Attorno al metodo di Elisabeth c’era un tale hype che tutti
dovevano investire e contribuire alla sua missione totalmente
infondata.
Con Instagram accade la stessa cosa.
Ho passato una marea di tempo nell’ultimo anno a rispondere a una
sola domanda: “E Instagram? Come lo usiamo?”. Le varianti di
questa domanda sono diverse:
“Al tuo corso parli anche di Instagram vero?”;
“Che cosa stiamo facendo su Instagram?”;
“Ma siamo anche su Instagram, ché ormai sono tutti lì?”.
Io sono un advertiser e per me Instagram è un posizionamento
pubblicitario, niente di più niente di meno. E lo tratto come tale.
Mi spiego meglio: quando imposto una campagna pubblicitaria la
imposto attraverso la gestione inserzioni e includo anche Instagram
come posizionamento, lasciando, come già detto più volte, i
posizionamenti automatici. Instagram è uno di questi posizionamenti
e nella valutazione dell’andamento della campagna lo tratterò
esattamente come tratto tutti gli altri posizionamenti; se performa lo
mantengo, se non performa lo miglioro o lo tolgo. Raramente mi
capita di fare una campagna in un modo per Facebook e in un altro
per Instagram perché dal punto di vista dell’advertiser l’unica cosa
che conta è la forza del messaggio.
Veronica Gentili
Mi confronto spesso con i colleghi sul ruolo di Instagram, ed è stata Veronica
Gentili, una delle massime esperte di advertising su Facebook e Instagram, a
illuminarmi citando proprio un passaggio del Blueprint (il certificato di competenza
avanzata rilasciato da Facebook):
Quando parliamo di advertising ha poco senso distinguere tra pubblicità
esclusivamente per Facebook o esclusivamente per Instagram. L’unica
cosa che conta è la rilevanza del messaggio. In advertising dobbiamo
trattare il messaggio pubblicitario su Instagram come un semplice
posizionamento e valutarlo come tale, con gli stessi identici parametri con
cui analizziamo un posizionamento Facebook: copertura, impression, lead
ecc.
Non ve lo dice Veronica, non ve lo dico io, ve lo sta dicendo Facebook: un conto è il
vostro canale Instagram, che cosa ci scrivete, come lo curate, qual è il taglio
contenutistico che gli avete dato, un altro conto è l’advertising dove l’unica cosa che
conta è la pertinenza e la rilevanza del messaggio.
Introduzione
Capitolo 1 - Per una grammatica generativa dell’advertising
Da Chomsky a Jurassic Park
La storia di Nonna Pallina
La storia di Gianpaolo
Le strutture post-dependant
Il funnel di un gelato
La campagna always on
Proviamo a semplificare?
Mica ti sarai dimenticato di Benetton?
Esiste davvero una grammatica generativa dell’advertising?
E i risultati?
Checkpoint
Appendice tecnica
Capitolo 2 - L’ecosistema pubblicitario di Facebook e Instagram
Velux, il marchio che crea metonimie
Componiamo il puzzle
Budget
Posizionamento
I risultati
L’ecosistema semplice come possibile punto di partenza
dell’ecosistema complesso
Checkpoint
Appendice tecnica
Capitolo 3 - Gli ecosistemi complessi
Una cosa che Facebook non riesce a fare
L’audience algoritmica, la base dell’ecosistema complesso
Velux: il nuovo POEM
Un incontro, un tormentone
The Indoor Generation
Un nuovo trigger point: rassicurare
L’ultimo atto
Il decalogo dell’ecosistema
Checkpoint
Appendice tecnica
Capitolo 4 - La genesi di un trigger point
Real Time Marketing e NewsJacking, un paradigma obsoleto
Comunità pagane e comunità cristiane
L’essenza dell’ecosistema: quando un insieme ne influenza un altro
Il segreto di un trigger point
Il verismo social
The dark side
Checkpoint
Appendice tecnica
Capitolo 5 - L’arte di vendere con Facebook e Instagram
Categorie di e-commerce
Gli oggetti sacri
Il catalogo dinamico
Richieste soddisfatte?
Quando un sito web non ha traffico: il caso di American Uncle
Checkpoint
Appendice tecnica
Capitolo 6 - Il declino dell’advertising
Il frattale
Stare sulla frontiera
La gestione di un account di inserzione
Il ruolo di Facebook e Instagram nel Customer Journey
Tutto l’account o uno specifico aspetto?
Da quanto tempo non si cambia qualcosa in un account?
Siamo sicuri di mostrare le inserzioni giuste nel posto giusto?
Checkpoint
Capitolo 7 - Instagram
Fomo
Instagram non è full funnel
Postfazione