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riassunto: STORIA SOCIALE DELLA TELEVISIONE IN ITALIA

1954 - 1969
DAMIANO GAROFALO

CAPITOLO 1
TELEVISIONE PUBBLICA E RITUALITA’ COLLETTIVE

Nel 1954 la televisione entra nelle vite degli italiani con una connotazione pubblica, questo fu vero in
relazione alle classi popolari. La stratificazione sociale in Italia degli anni ’50 ci suggerisce come ampie
porzioni di paese si muovessero in modo autonomo rispetto alle tendenze, in virtù delle dinamiche di
provenienza geografica, economia, classe sociale. La relazione tra l’avvento del mezzo e la definizione di un
paradigma di modernità, si ramifica da un lato nella diffusione di esperienze culturali stranianti, e dall’altro
nel fenomeno dell’urbanizzazione. Le prime indagini sociologiche tra gli anni ’50 e ’60 ci suggeriscono che
la presenza della tv nelle coree (quartieri operai nella periferia milanese abitati da immigrati del
mezzogiorno) sembra marginale. Un ulteriore esempio, lo studio di Pizzorno su una comunità di provincia di
Milano largamente operaia ha come risultato che nel 1960, su 223 famiglie del quartiere, soltanto 67
avevano o avevano intenzione di acquistare una televisione. Tuttavia ancora agli inizi degli anni sessanta la
maggioranza delle famiglie riteneva che per fruire della tv fosse necessario recarsi nel bar.

1.2 “ANDARE ALLA TELEVISIONE”


Grazie a strutture di tipo comunitario in voga nel XIX secolo, gli operai inglesi potavano riunirsi e discutere di
attualità. Siamo di fronte al processo di trasmissione della cultura dal basso e di libertà di espressione
orizzontale che darà vita alle cosiddette reading rooms e all’esplosione dell’utilizzo di biblioteche da parte
delle classi popolari. Tutta la cultura, anche la più alta, diventa accessibile anche agli operai. Non risulta che
tra gli anni cinquanta e sessanta la classe operaia italiana creasse analoghe associazioni, piuttosto questo
tipo di discussione rimanevano confinate nei bar e nei locali pubblici. Italo Calvino, in una sua indagine,
osserva come la televisione incidesse già profondamente sul costume comunitario di quanto già avesse
fatto il cinema. La fruizione dei primi anni si identifica subito come una pratica di tipo pubblico. In
un’indagine del 1955, tra i 6 e i 7 milioni di italiani guardavano la tv fuori casa.La maggiore parte dei
telespettatori quindi si recava a guardare la tv nei locali pubblici soprattutto per eventi sportivi e nel fine
settimana. A dodici anni dall’avvento della tv (1966) il 25% degli italiani continuava a fruire del mezzo in
luoghi pubblici.

1.3 IL BAR COME RITO SOCIALE


Il bar è centrale come punto di aggregazione sociale fino alla fine dagli anni sessanta. Questa ritualità
collettiva è favorita anche dalla presenza della tv. Per quanto riguarda gli incontri con la prima tv relativi agli
anni cinquanta, si riferiscono tutti al bar come luogo primario spettatoriale e alla trasmissione Lascia o
raddoppia? con la quale viene identificato l’immaginario collettivo della tv delle origini italiana.

1.4 TELEVISIONE E SPAZIO PUBBLICO


L’avvento pubblico della tv non si limitò al bar. Centinaia di persone si riunivano dopo cena davanti a
negozio di elettrodomestici per guardare lo spettacolo televisivo. La televisione non è in questi anni
confinata nelle mura domestiche, ma porta gli spettatori nei luoghi di aggregazione come chiese e
parrocchie, circoli, ambienti chiusi ma anche in strada di fronte alle vetrine (a volte si poteva avere difficolta
economiche e non poter consumare nei bar). La consumazione nei bar diventa nel 1957 obbligatoria da
parte del governo che decise di limitare il consumo del televisore in spazi pubblici di fronte alle proteste
degli esercenti del cinema. Ciò alimento il bisogno, sopratutto nelle comunità contadine e in quelle più
disagiate, di creare spazi pubblici e circoli privati. Questo nuovo mezzo aggregava persone diverse e
permetteva loro di condividere una pratica culturale comune.

CAPITOLO 2
TELEVISIONE E DOMESTICITA’

All’inizio degli anni sessanta si comincia a delineare un utilizzo della tv più individuale. La televisione si
aggiunge nelle mura domestiche come elemento e diventa il centro gravitazionale dell’attenzione della
famiglia fungendo da focolare elettronico. Con il suo ingresso nella casa la tv inizia a cambiare alcune
pratiche culturali tipo l’organizzazione famigliare e individuale del tempo libero, l’arredament, fino ai rapporti
generazionali, patriarcali e di genere. I mutamenti sociali possono essere elencati in:

1) il consumo televisivo come vincolo nucleare, che contribuiva a tenere la famiglia attorno all’apparecchio,
con tutti i conflitti generazionali e di genere che ne conseguono

2) la fruizione come agente mutante del tempo libero, collettivo, individuale, dentro e fuori casa

3) mutamento dell’arredamento dovuto alla presenza della tv, acquisto di nuovi beni pubblicizzati dalle
stesse trasmissioni televisive

4) diversa configurazione o diminuzione delle conversazioni nel nucleo famigliare o all’esterno.

La televisione si definiva anche come focolare della modernità, sia perché intorno ad essa cominciava a
riunirsi il nucleo famigliare, sia perché andava a riscaldare idealmente l’ambiente casalingo.

2.2 PUBBLICI TELEVISIVI E PRATICHE CONDIVISE


Nel 1955 l’uso domestico della televisione era più frequente nelle donne. Quando durante il giorno non
venivano invece proposte trasmissione, la radio godeva ancora di picchi di ascolto che diminuirono pero
con la messa in onda di trasmissioni serali. A un anno dal suo avvento in Italia, la tv aveva già cambiato le
abitudini casalinghe dei pochi italiani che ne possedevano una. I fenomeni sociali mutavano continuamente
e a grande velocità nei primi anni anche se non si determinò un pubblico omogeneo. Chi possedeva una tv
alla fine degli anni cinquanta la condivideva con i vicini sopratutto nelle realtà popolari. Il dato che dal 1961
avviene il passaggio del consumo televisivo da pubblico a domestico non è dilatabile a tutte le categorie
sociali. Infatti soltanto l’11% degli operai possedeva una tv. Tra il 1963 e 1964 le famiglie in grado di
sostenere una spesa annua per il consumo della tv era del 31,7% sul totale delle famiglie che possedeva
una tv. Il cinema era ancora il prodotto culturale più consumato dalle classi popolari e quello più
economico. Ma in questo biennio di cresi economica le spese per elettrodomestici ( e televisori) non era
comunque crollato al fronte della crisi economica.

2.3 SCOSSE DI ASSESTAMENTO


Nel 1964 la crescita degli ascolti subì un assestamento. Ancora alla metà degli anni sessanta erano più gli
italiani che assistevano raramente alle trasmissioni televisive che quelli che lo facevano giornalmente. Dal
1961 un nuovo canale impone l’acquisto di televisori più moderni, di conseguenza i vecchi apparecchi
diventavano più accessibili economicamente alle classi popolari più svantaggiate. Nel 1967 l’ascolto delle
classi sociali più elevate risulta meno alta rispetto alle classi popolari.

2.4 L’OSPITE DI RIGUARDO


La televisione si proponeva come antidoto alla noia e alla solitudine. Alla fine degli anni sessanta si
proponeva ancora come mezzo socializzante. Allo stesso modo l’arrivo della televisione in casa è
considerato un evento cruciale per operai e contadini. Anche ad esempio nelle campagne, il suo arrivo
determinava la socialità domestica in relazione del tempo libero. Per di più, da semplice mezzo di consumo
durevole, essa aveva la capacità simbolica di elevare socialmente chi la possedeva. La memoria di un
televisore come elemento avverso emerge quando coloro che si recavano a fruirne in luoghi di comunità,
dopo l’acquisto si ritrovano alienati nelle mura domestiche.

CAPITOLO 3
LA TELEVISIONE DEL MIRACOLO

3.1 IL MIRACOLO ECONOMICO, TRA PROGRESSO, SQUILIBRI E TRASFORMAZIONI


Tra il 1958 e il 1963 l’Italia assistette alla più grande trasformazione sociale, con al centro il consumismo e il
fordismo come <divinità gemelle>, che spinse il sistema italiano verso la modernità. La crescita di
produzione di elettrodomestici fu una caratteristica specifica di quello che viene chiamato “miracolo
economico” italiano. Nel cambiamento della prospettiva individuale la centralità sociale della famiglia
nucleare non era più sottovalutatile per analizzare le mutazioni relazionali connesse ai nuovi consumi.
L’industrializzazione occidentale a di certo inciso sul miracolo italiano e sulla fine dell’Italia rurale, proprio
perché l’ipotesi di una modernità che irrompe nel quotidiano, mise in discussione le tradizioni fondate della
nazione. Il miracolo economico italiano si afferma come fenomeno di lunga durata che implica mutamenti
radicali già dalla fase degli anni cinquanta che trovarono espansione anche nelle classi popolari negli anni
sessanta, ovvero nella fase del suo arresto. Questo implico dal punto ddi vista sociale un rimescolamento
della popolazione che diede vita alle migrazioni interne.

3.2 MIRACOLI E SPAESAMENTI


Negli anni del miracolo le mutazioni sociali incisero sensibilmente sulle strutture di classe. Infatti crebbe la
forza numerica degli operai (33% nel 1971). Il numero dei lavoratori disoccupati diminuì ma il loro perso
sociale non si ridusse. L’ambizione delle classi popolari di raggiungere un livello di vita vicino a quello dei
ceti medi divenne uno dei motori che veicolo il mutamento della società. L’interesse per i prodotti di
consumo e ad uno spiccato individualismo. Ma il boom nel frattempo determinò una serie di spaccature
sociali, come gli spaiamenti culturali dovuti ai fenomeni migratori e di urbanizzazione. E’ quindi possibile
ripensare alla stratificazione delle classi sociali relativi all’andamento dei consumi. Si assiste pertanto, alla
nascita di una nuova agency del consumatore, che non è più passivo, ampliando la sua soggettività. La
televisione degli anni sessanta fu il principale attivatore di questi meccanismi di consumo: un cambio di
prospettiva che vede una “società dei consumatori” al posto di una società dei consumi. Da qui si genera
un duplice fenomeno: un senso di dislocazione, sopratutto per le nuove generazioni che non trovano una
gerarchia sociale in cui inserirsi ed identificarsi, che porta verso una generale presa di parola finalizzata alla
ricerca di un’identità smarrita. In questo senso i consumi di massa hanno generato nuovi stili di vita
mettendo in discussione le identità sociali e collettive e modificando gli immaginari connessi a queste
dinamiche.

3.3 CAROSELLI GIOCHI E VARIETA’


Nell’Italia degli anni sessanta la corsa ai consumi è generata spesso dall’urgenza dell’adeguamento
materiale ad un sistema economico privo di ammonizzazione dei costi. Quindi il boom delle vendite non fu
legato soltanto al raggiungimento di uno status sociale, ma si delineava come un elemento di necessità per
assicurare collegamenti più efficienti e convenienti. I nuovi beni di consumo agivano nel mediare e
scardinare schemi tradizionali non compatibili con la modernizzazione Il veicolo principale di questo
meccanismo fu la pubblicità impostata su modelli americani. Alberoni divide lo sviluppo dei consumi di
massa in due periodi:

- dal 1954 al 1962; caratterizzato da un consumo passivo adattato sul modello americano grazie alla
tv
- dal 1962; un consumismo partecipativo i cui fruitori cominciano ad articolare dal basso nuove
pratiche culturali utilizzando beni definendo nuove identità sociali

Proprio i quegli anni si afferma la modernità autonoma e alternativa a quella americana in Italia.

Nella prima fase (metà anni 50) le pubblicità propagandavano prodotti basandosi su quelle americane.
Questo plasmò l’immaginario transnazionale. La pubblicità televisiva però non si limitava a pubblicizzare
prodotti, vendeva un’idea, legata alla modernizzazione e al cambiamento sociale, al benessere personale e
collettivo, all’inserimento degli italiani nel sistema della società globale.

La pubblicità trova una strada ibrida nel 1977 con Carosello, un prototipo televisivo nazionale,
rassicurando italiani che consumare fosse un bene diventando rappresentativo per una soggettività di
massa.

Gli osservatori e gli storici dei media hanno sempre messo in risalto le qualità formative e transitive di
Carosello, forniva modelli sociali di consumo e invitava gli italiani a partecipare e appunto a consumare.
Anche il quiz show presentava lo stesso paradigma: simbolo dell’ambizione della gente comune all’ascesa
sociale. Nel 1956 un’indagine rivela che i quiz battevano per numero di ascoltatori altri programmi, in
particolare la preferenza era segnata da persone appartenenti ad una classe sociale “inferiore”. Le stesse
classi esprimevano un indice di gradimento più basso per i telegiornali, servizi e approfondimenti. Per la
prima volta le persone più istruite, davanti all’eterogeneità delle trasmissioni, venivano tagliate fuori dal
discorso nazionale di valenza culturale.

Negli anni sessanta la situazione si trasforma. Le trasmissioni più apprezzate diventano i telegiornali.
Carosello si afferma come trasmissione più popolare della tv delle origini.

3.4 CONSUMI TELEVISIVI E VITA FAMIGLIARE


La commercializzazione della cultura attraverso la tv assume un ruolo ambivalente: strumento di
regolarizzazione dell’uso del tempo libero e sereno di evasione identitaria e luogo di erosione degli spazi
simboli. La struttura famigliare patriarcale risenti più di tutti dei cambiamenti messi in atto dalla tv. La casa
diventa spazio di auto espressione risorsa creativa e identitaria. Nelle case popolari, negli agglomerati
urbani, si affermava in questi anni l’ambiente casalingo del soggiorno, propagandato dai romanzi americani
e dal televisore come oggetto anche di arredamento che plasma l’ambiente domestico intorno a se stessa.

Capitolo 4
TELEVISIONE E TEMPO LIBERO

4.1 UNA PROSPETTIVA SISTEMICA


Il nuovo medium, nel suo agire in una prospettiva sistemica, modifica gli stili di vita, modi di pensare, le
dinamiche psicologiche tra individui e società. Nei contesti disagiati e in aree particolarmente arretrate,
possiamo notare, come l’incidenza sociale della televisione fosse stata da subito rilevante come antidoto
quotidiano delle culture rurali nazionali. Le culture “alte” non sembravano percepire i cambiamenti e
l’incidenza del nuovo medium sulle dinamiche sociali. Il tempo libero individuale e collettivo costituì uno dei
terreni dove gli scambi culturali aumentavano con maggiore frequenza. Emergevano in parallelo una serie di
specificità nazionali, come l’emergere di una cultura del tempo libero commercializzata espandendo la sfera
di consumo in una dimensione interclassista. Il mondo popolare, attratto dagli spettacoli televisivi, lasciava
l’arretratezza quotidiana. Questo nuovo pubblico si ritrovava parte di un fenomeno unificante. Dal 1961 si
può notare (dati) come la televisione stesse lentamente sostituendo la radio, sia come mezzo di
comunicazione, che come consumo culturale di intrattenimento.

4.2 TELEVISIONE E CONSUMI MEDIALI


In un’indagine svolta nel 1962 guardare la televisione era il passatempo preferito del 77% degli italiani.
Prima dell’acquisto del televisore il 68% delle famiglie andava al cinema 5 volte al mese, mentre dopo
l’acquisto si era dimezzato al 36%. Anche successivamente però i giovani delle classi più popolari si recano
al cinema, mossi dalla passione per i film. Con la diffusione sempre più popolare di trasmissioni televisive,
iniziavano infatti ad aprire sale nei quartieri meno abbienti permettendo alle classi più povere di recarsi al
cinema. Le sale cinematografiche di di terza visione cominciarono ad essere più potenziate.

Nel 1965 rimane la radio il mezzo più in cima alla classifica di utilizzo giornaliero (classi popolari).

4.3 CANZONI, STORIE E RACCONTI TRA RADIO E TELEVISIONE


Anche dopo l’arrivo della tv, la radio era considerata come il mezzo di diffusione di musica, storie e
racconti, ma anche delle dirette sportive, almeno fino agli anni 60 quando la televisione inizia ad affermarsi
come mezzo principale per la trasmissione di eventi sportivi assorbendo quasi tutto il pubblico di
appassionati. Nel giro di 5 anni la televisione inizia a sostituire tutte le funzioni della radio, musica, festival
ecc… attraverso il successo del varietà musicale (metà anni 50) . Musica + contatto visivo. I conflitti
generazionali trasparivano soprattutto quando bisognava scegliere il genere musicale da seguire.
L’elemento musicale è centrale nei testimoni più giovani. Le canzoni identificate col “miracolo” ebbero un
ruolo fondamentale di coesione sociale.

4.4 CIRCOLI, CINEMA E PARROCCHIE


A ridosso della fine dell’espansione economica la maggioranza delle famiglie in possesso del televisore
appartenevano ancora alla classe media, ma ne usufruiva maggiormente la classe più popolare. Oltre che
economiche, le sclte dei consumi culturali dipendeva da altri fattori:

- posizione sociale che i consumatori si attribuivano rappresentazione sociale che davano di se attraverso
il consumo

- Habitus, stile di vita

I circoli ricreativi, le parrocchie o le istituzioni di partito crearono una dimensione comunitaria attorno al
mezzo che non è sottovalutatile.

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