Sei sulla pagina 1di 72

1.

Premessa
La disciplina delle societ di comodo venne introdotta nel nostro ordinamento dallarticolo 30 della legge 724 dellormai lontano 23 dicembre 1994. La ratio di tale controversa normativa ravvisabile nellintento di arginare la nascita (e favorire lo scioglimento) di societ ed enti aventi finalit di mera intestazione di patrimoni, allo scopo di creare uno schermo tra beni, che magari denotano una notevole capacit contributivopatrimoniale, e reali proprietari, nonch per fruire di vantaggi tributari non spettanti alle persone fisiche. In taluni casi, infatti, loperazione di costituzione della societ fatta per eludere la progressivit del tributo personale ma anche per ridurre il rischio di accertamenti sintetici. Senza dimenticare che con il trasferimento delle azioni o delle quote si riesce ad ottenere una tassazione ridotta rispetto a quella connessa al diretto trasferimento dei beni cosiddetti di secondo grado, soprattutto in presenza di immobili. La societ che viene creata non svolge quindi alcuna attivit economica ma persegue gli obiettivi che sono propri della comunione a scopo di godimento (fatto questo che non pu che scatenare le pretese del fisco). Da un punto di vista fiscale la problematica stata affrontata, con diverse sfaccettature, a livello di imposte dirette e indirette. Prendiamo a base di partenza una sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, n. 8939 del 1 dicembre 1987, che riguarda, in un certo senso, ambedue le tipologie di imposizione. Con questa sentenza la

Suprema Corte stabilisce che ai fini dellacquisto della personalit giuridica rileva leffettiva attivit svolta in concreto e stabilmente; non la prospettazione dellesercizio dellattivit imprenditoriale indicata nellatto costitutivo come scopo sociale, che mera apparenza.

Detta sentenza riguardava una societ avente per oggetto la vendita e la gestione di immobili, la cui unica attivit svolta era consistita nellacquisto di un fondo rustico e nella concessione in affitto dello stesso; da ci i giudici di legittimit facevano conseguire la nullit del contratto di societ per illiceit della causa, in base allarticolo 1324 del c.c. Dal lato Iva il problema delle societ di comodo si posto per negare la possibilit, a questi soggetti, della detrazione dellimposta assolta sugli acquisti. Dapprima la Commissione tributaria centrale, sez. 25, con decisione n. 7017 del 25/10/1988 ha stabilito il principio che non sufficiente che esista formalmente la societ per ottenere la detraibilit delliva sugli acquisti, ma occorre altres dimostrare che la stessa abbia svolto ancorch in misura minima e per un breve periodo della sua esistenza, operazioni economiche proprie dellattivit imprenditoriale, rispetto alla quale gli acquisti di beni e servizi abbiano assunto funzione strumentale. Nel caso esaminato la societ era stata costituita acquisendo per questo la soggettivit e i tratti fisionomici dellimpresa, ma rimanendo tale solo sulla carta; ebbe soltanto esistenza giuridica ma non effettiva, in quanto dagli atti risulta non aver mai svolto attivit imprenditoriale. Successivamente lormai soppresso Comitato per il coordinamento del Secit (Servizio consultivo ed ispettivo tributario) ha preso posizione in materia con la delibera 77/1991, nella quale ha ritenuto inammissibile la detrazione delliva per le societ che non esercitano effettivamente attivit dimpresa e che, in quanto tali, sono da equiparare ai consumatori finali per ci che concerne gli acquisti, rimanendo imprenditori per le operazioni di vendita solo per presunzione legislativa. La risoluzione 501239 del 30/12/1991 del Ministero delle Finanze, Direzione Generale Tasse, fa proprie le interpretazioni fornite dalla citata C.T.C. e dal Secit per ribadire: Nella fattispecie in esame, poich non risultano poste in essere operazioni attive, tranne quelle, come sopra detto, nei confronti di persone legate in qualche modo alla societ, sembra alla scrivente che la societ C. Srl abbia soltanto voluto dissimulare una

comunione di godimento, non intendendo svolgere alcuna attivit imprenditoriale, con la conseguenza che per lacquisto dei beni mobili in argomento deve essere considerata alla stregua del consumatore finale. E il caso di argomentare meglio questo concetto che potremmo definire esemplare per la trattazione dellargomento. Si tratta di una societ a responsabilit limitata sottoposta a verifica da parte di funzionari di un ufficio IVA. I rilievi effettuati dai verbalizzanti riguardano lindetraibilit delliva sullacquisto di due imbarcazioni e di unautovettura, ritenuti non inerenti allattivit propria dellimpresa. Infatti la societ , il cui oggetto sociale era costituito dallacquisto, la costruzione, la vendita di beni mobili (registrati e non) e di immobili, nonch dalla gestione degli stessi, non avrebbe, a parere dei verbalizzanti, in concreto esercitato alcuna attivit armatoriale, tanto pi che la stessa non era nemmeno prevista nelloggetto sociale, limitandosi a stipulare contratti di noleggio nei confronti di persone collegate alla sfera societaria. Pertanto, alla luce di quanto sopra, anche in considerazione del fatto che la presunta attivit veniva esercitata con accordi verbali e gratuiti, non esistendo alcuna traccia documentale, i verbalizzanti hanno ritenuto non spettante in capo alla societ il diritto alla detrazione delliva assolta sugli acquisti e sulle prestazioni di servizi relativi alle imbarcazioni e allautovettura sopra citate. Continuando nel nostro excursus storico arriviamo alla risoluzione del Ministero delle Finanze n. 530643 del 28/7/1992 con la quale viene negata la detrazione delliva a societ immobiliari, create al solo scopo di essere successivamente incorporate in societ assicuratrici con attivit tipicamente esente che, se avessero proceduto allacquisto diretto, non avrebbero potuto beneficiare della detrazione dellimposta. Afferma il Ministero che il fondamento giuridico della pretesa discende non gi dalla presunzione che il contratto societario simuli un contratto di comunione, bens dallaccertamento di una circostanza di fatto,

ossia il mancato effettivo esercizio dellimpresa, che esclude la ricorrenza della condizione richiesta per legittimare il diritto alla detrazione . Infine, anche la commissione tributria di primo grado di Salerno Sezione I, con decisione numero 52 del 7 febbraio 1994, ha stabilito che, per legittimare la detrazione della relativa imposta, le operazioni devono possedere il requisito dellinerenza allattivit svolta, requisito che necessita dellesistenza concreta di una attivit dimpresa effettiva e non potenziale. Il problema relativo alla societ senza impresa stato in qualche modo risolto diversamente a proposito delle imposte dirette. Nella Risoluzione 224/E/6-906 del 20/07/1995 il Ministero delle Finanze prende posizione in maniera diversa rispetto a quella assunta a proposito delle imposte indirette. Viene prospettato il caso di una societ a responsabilit limitata che aveva per oggetto sociale lattivit di costruzione, acquisto, ristrutturazione, vendita e permuta di immobili, nonch la gestione e lamministrazione degli immobili di sua propriet, lintermediazione e ogni altra operazione connessa, e che ad avviso dellorgano verificatore (Guardia di Finanza) non presentava quegli aspetti tipici che il codice civile e le norme fiscali prevedono affinch si possa parlare di dimpresa. Pertanto lorgano predetto, anche facendo riferimento alle sentenze e alle risoluzioni sopra citate relativamente alle imposte indirette, riteneva che le attivit della societ non avessero natura commerciale ma che si concretizzassero in una mera comunione di beni immobili finalizzata al godimento degli stessi da parte dei soci. Sulla base di queste argomentazioni viene ritenuto che la societ aveva indebitamente dedotto, ai sensi dellarticolo 75 del TUIR, i costi di esercizio poich la stessa di fatto non svolgeva alcun esercizio di impresa commerciale di cui larticolo 51 del citato testo unico. In questo caso il Ministero rileva che larticolo 95 comma 1 del testo unico delle imposte sui redditi, dispone che il reddito complessivo delle societ e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 effettivo esercizio di attivit

dellarticolo 87 del TUIR stesso, da qualsiasi fonte provenga, considerato reddito dimpresa ed determinato secondo le disposizioni degli articoli da 52 a 77 del capo IV del titolo I del TUIR. Dalla lettura della norma si riscontra una presunzione iuris et de iure in base alla quale il reddito prodotto dalle societ di capitali va in ogni caso considerato reddito dimpresa. Nella risoluzione si d forza a quanto stabilito facendo riferimento proprio allarticolo 30 della legge 23/12/1994, modificato dallarticolo 27 del decreto-legge 23/2/1995, n. 41, convertito dalla legge 22/3/1995, n. 85, che disciplina la tassazione delle societ non operative e che contrasta quindi, in sostanza, il fenomeno delle societ senza impresa senza disconoscere la natura di reddito dimpresa prodotto dalle stesse, bens presumendo un reddito minimo. Nonostante questa presa di posizione da parte della competente Direzione delle imposte dirette, quella delle indirette ha ribadito il suo orientamento, gi ampiamente sopra considerato, con la circolare n.128 del 15/5/1996 anche se con toni un po pi morbidi rispetto al passato. In sintesi, in merito alle richieste di rimborso iva da parte di societ in odore di non operativit, viene disposto affinch gli uffici si attivino in unopera di controllo dellesercizio concreto di impresa che si esplichi per un periodo di tempo che viene definito congruo. In mancanza di una sufficiente attivit dindagine, la Direzione concede agli uffici la possibilit di accordare il rimborso alle societ richiedenti ma con lobbligo di vigilare sulleffettiva attivit svolta onde procedere alleventuale recupero delliva, prima della scadenza della fideiussione, qualora la suddetta prova sia raggiunta. Anche in questo caso il problema dovrebbe aver trovato la sua soluzione con la previsione contenuta nelle disposizioni della Finanziaria 1996, comma 45, dove viene precisato che alle societ e agli enti, che non superino il test di operativit, non concessa la possibilit di ottenere il rimborso delliva (si vedr, nel corso del lavoro, come non ci si fermer solo a questa limitazione).

Per cui allobbligo di dichiarare un reddito minimo si aggiungerebbe il danno derivante dallimpossibilit di richiedere il rimborso delleccedenza iva a credito. Ma in virt di questa disposizione normativa si potrebbe superare limpasse di dover sindacare caso per caso, da parte dellAmministrazione finanziaria, leffettivit dellattivit dimpresa svolta dalle societ sottoposte a controllo. Casomai compito degli organi di controllo sarebbe solo quello di verificare la mancata inerenza dei costi per singole operazioni.

2. Evoluzione della disciplina della societ di comodo


Vediamo come si evoluta nel tempo la normativa relativa alla disciplina delle societ di comodo, a partire dalla sua introduzione con larticolo 30 della legge del 23/12/1994, n. 724, tenendo presente che le precisazioni e i chiarimenti forniti vanno intesi sempre come validi e operanti, fino a quando non vengano espressamente richiamati e rielaborati, in considerazione di modifiche apportate alla norma dal legislatore o a seguito di nuove interpretazioni proposte dalla prassi. Innanzitutto ci che colpisce lattenzione il fatto che le disposizioni riguardano esclusivamente le societ di capitali e le societ e gli enti di ogni tipo, con o senza personalit giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. Probabilmente la ratio della scelta sta nel fatto che ai sensi dellart. 95, comma 1 del TUIR, il legislatore ha stabilito che il reddito complessivo delle societ di capitali, da qualsivoglia fonte provenga va considerato sempre come reddito dimpresa; per cui con la normativa in questione, come argomentato nel capitolo precedente, si voluto evitare un annoso e dispendioso contraddittorio con il contribuente tacciato di essere non operativo e quindi non esercente attivit commerciale. La norma poi prevede che vengano considerate di comodo le societ che hanno meno di cinque dipendenti e ricavi e proventi che non

raggiungano gli 800 milioni di lire. Come si vedr nel prosieguo del lavoro si tratta di parametri poco indicativi della condizione di non operativit. Consideriamo ora quali sono le cause di esclusione dallapplicazione della normativa in commento. Vengono escluse le societ che non si trovino in un normale periodo di imposta; quelle in amministrazione controllata o straordinaria; quelle che hanno iniziato lattivit nel corso dellesercizio; quelle che entro il 31 maggio 1995 abbiano formalmente deliberato la trasformazione in societ commerciali di persone.

Viene poi prevista la possibilit di scioglimento delle societ non operative esistenti alla data del 30/9/1994 con assegnazione agevolata dei beni ai soci, persone fisiche ed enti non commerciali, anche per singoli beni, anche se per diversa natura, purch detti scioglimenti vengano deliberati tra il 1 gennaio 1995 e il 31 marzo 1995. Le agevolazioni consistono nel fatto che le assegnazioni sono assoggettate alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura complessiva dell1 % del valore catastale rivalutato dei beni; non sono considerate cessioni agli effetti dellimposta sul valore aggiunto; sono soggette allimposta comunale sullincremento del valore degli immobili ridotta al 50%; ai fini delle imposte sui redditi le plusvalenze sono soggette ad un imposta sostitutiva nella misura del 8 %, il cui pagamento potr avvenire in 12 rate mensili a partire dalla data dellatto di scioglimento. Viene rimarcato al comma 3 che le plusvalenze da rivalutazioni monetarie e quelle accantonate in sospensione dimposta sono assoggettate, per effetto dello scioglimento, alle imposte sul reddito. Al comma 4 viene previsto che le assegnazioni agevolate possano avvenire a condizione che i soci assegnatari dei beni risultino iscritti nel libro dei soci alla data del 30/9/1994, oppure che vengano iscritti entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1/10/1994. Viene poi stabilito nel comma 5 che il valore di acquisizione dei predetti beni sar considerato quello iscritto nellultimo bilancio della societ di cui stato deliberato lo scioglimento. Questo ai fini della tassazione in base allarticolo 81 (redditi diversi) del TUIR nel caso di successivo trasferimento dei beni da parte dei soci assegnatari. Nel comma 6 viene prevista lesclusione del riporto a nuovo delle perdite e viene stabilito per le societ non operative la presunzione di un reddito imponibile minimo da dichiarare pari a : - 2 % del patrimonio netto, aumentato dei finanziamenti da parte di soci e di terzi destinati a immobilizzazioni aziendali e comunque non inferiore a 8 milioni di lire. Questo vale per tutte le tipologie di soggetti

indicati dalla norma. Solo per le societ a responsabilit limitata vengono previsti due scaglioni, per cui se il loro patrimonio netto inferiore a 40 milioni di lire il reddito imponibile dovr essere almeno uguale a 4 milioni; se il patrimonio netto superiore a 40 milioni ma non a 150 milioni il reddito minimo imponibile sar uguale a 6 milioni di lire. Di fondamentale importanza sono le parole con cui inizia il predetto comma 6 : Fermo lordinario potere di accertamento e salva, comunque, la prova contraria. La prima parte della frase ammonisce il contribuente sulla possibilit di uneventuale azione accertatrice da parte degli organi di controllo a prescindere dalladeguamento al reddito minimo previsto dalla norma. In altri termini, il reddito minimo da dichiarare non fonte di alcuna garanzia per il contribuente, il quale, pertanto, ben potrebbe essere oggetto di accertamento ai sensi dellart. 39 del Dpr 29/9/1973, n. 600. Effettivamente, il legislatore, nel disporre fermo lordinario potere di accertamento, riserva allAmministrazione finanziaria lesercizio di tutte le facolt e poteri riconosciuti dallordinamento, comprese le indagini finanziarie. Per quanto riguarda la seconda parte della frase in commento si riporta integralmente il comma 7 considerata limportanza di questa parte della norma anche alla luce di quelli che saranno gli stravolgimenti che la norma stessa subir nel corso del tempo e alla cui disamina verr dedicato un apposito capitolo : La prova contraria di effettiva inesistenza del reddito determinato a norma del comma 6 non pu consistere nella sola corrispondenza alle scritture contabili o alle risultanze del bilancio del minor reddito asserito, ma deve essere sostenuta da oggettivi riferimenti al particolare settore in cui opera la societ, ovvero a particolari o temporanee situazioni di mercato anche territoriali, che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi ordinariamente ritraibili dal possesso delle immobilizzazioni di cui allarticolo 2426, numeri da 1 a 4, del codice civile, ovvero dalla tipologia dellattivit esercitata che obblighi la societ a

sostenere per pi esercizi costi finalizzati alla realizzazione di beni destinati alla cessione. Gi dopo alcuni mesi la normativa viene rivisitata con le variazioni apportate dal D.L. 23/2/1995, n. 41 convertito in legge 22/3/1995, n. 85. In particolare: - vengono puntualizzati i parametri economici di riferimento: adesso la norma prevede che vengano considerati ..ricavi, incrementi di rimanenze nonch proventi, esclusi quelli straordinari.. e che vengano ragguagliati alla durata dellesercizio se questa inferiore o superiore a 12 mesi. Viene poi precisato a proposito dei proventi che questi vanno considerati solo per le societ finanziarie di cui allart. 113 del decreto legislativo 1/9/1993, n. 385. - la prova contraria deve ora fare riferimento a oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, proventi e incrementi di rimanenze nella misura minima richiesta. - viene introdotta una nuova causa di esclusione relativa a quei soggetti che sono obbligati a costituirsi sotto forma di societ di capitali per specifiche disposizioni di legge. - il secondo comma viene completamente riscritto per puntualizzare meglio le modalit di tassazione delle assegnazioni ai singoli soci (fra i quali vengono ricomprese anche le societ semplici), in seguito a scioglimenti deliberati tra il 1/1/1995 e il 31/5/1995. Vengono quindi concessi due mesi in pi di tempo per deliberare lo scioglimento; la modifica apportata dallart. 2, D.L. 8/8/1996 porter il termine al 31/10/1995, anche per la trasformazione; - la disciplina delle perdite viene ritoccata: scompare la precedente frase che escludeva il riporto a nuovo delle perdite conseguite nel periodo di non operativit (probabilmente ritenuto un refuso, considerato che, teoricamente, la societ non operativa obbligata a dichiarare un reddito minimo); viene aggiunta una disposizione che permette di utilizzare le perdite pregresse in diminuzione del reddito, per la differenza fra reddito dichiarato e reddito minimo, nella particolare ipotesi di societ che sia non

10

operativa in virt dei ricavi conseguiti ma con un reddito determinato analiticamente superiore al minimo presunto. Quanto asserito sopra fra parentesi non propriamente vero. Infatti in presenza di determinate disposizioni agevolative, quali proventi esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o di imposta sostitutiva, redditi esenti o agevolati, e di perdite determinate analiticamente, tecnicamente esiste la possibilit che, nonostante un reddito minimo da tenere sempre presente, i predetti redditi esenti permettano di dichiarare perdite riportabili nei successivi periodi dimposta ma naturalmente non oltre il quinto. - anche il comma 7 viene completamente riscritto avvertendo il contribuente che nel caso in cui il reddito dichiarato dalle societ che si presumono non operative risulti inferiore a quello minimo presunto, gli uffici delle entrate possono determinare induttivamente il reddito in misura pari a quella presunta anche mediante lapplicazione delle disposizioni di cui allarticolo 41-bis del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Tale accertamento effettuato, a pena di nullit, previa richiesta al contribuente, anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni. Nella risposta devono essere indicati i motivi posti a fondamento della prova contraria di cui al comma 1. I motivi non addotti in risposta alla richiesta di chiarimenti non possono essere fatti valere in sede di impugnazione dellatto di accertamento; di ci lamministrazione finanziaria deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. A questo punto, approfondiamo gli aspetti della normativa anche alla luce delle precisazioni fornite dallAmministrazione finanziaria tramite la circolare del Ministero delle Finanze del 15/5/1995, n. 140. Sappiamo che sono assoggettate alla normativa tutte le tipologie di societ di capitali ed inoltre societ ed enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

11

evidente che sono esclusi sia gli enti non commerciali che quelli commerciali cos come qualsiasi tipo di associazione riconosciuta o senza riconoscimento. Un interpretazione diversa sarebbe stata totalmente inopportuna considerato che sarebbero state penalizzate tipologie di associazioni pienamente legittimate ad operare nel panorama societario italiano, che di fatto non sono destinate ad attivit di lucro. Pertanto vengono esclusi i seguenti tipi di societ: - le societ cooperative e le societ di mutua assicurazione e, come detto sopra, gli enti commerciali e non commerciali residenti nel territorio dello Stato. Ci in quanto tali soggetti non sono espressamente richiamati dalla norma tra i soggetti destinatari della disciplina in esame; - le societ consortili considerato che le stesse hanno lo stesso scopo mutualistico che caratterizza le societ cooperative e quelle di mutua assicurazione; - le societ ed enti non residenti privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Abbiamo visto che sono inoltre esclusi : a) soggetti cui fatto obbligo di assumere la veste giuridica di societ di capitali in virt della particolare attivit svolta. Sono elencate nella circolare a titolo di esempio: - le societ finanziarie, indicate nellart. 106 del D. Lgs. N. 385/1993, che hanno lobbligo di iscrizione in un apposito elenco generale tenuto dal Ministero del Tesoro; - i C.A.F., in base allart. 78 della legge 413/1991; - le societ sportive che, dovendo stipulare contratti con atleti professionisti, sono costituite nella forma di S.p.A. o di S.r.l. ai sensi dellart. 10 della legge 23/3/1981, n. 91; - le societ per azioni costituite da enti locali territoriali. La circolare precisa che si sono volute escludere dalla disciplina in esame tutti quei particolari tipi di societ cui preclusa la possibilit di trasformarsi in societ di persone per poterne evitare lapplicazione. Questa

12

possibilit non spetta alle societ che annoverino nella compagine sociale societ di capitali visto che limpossibilit di trasformazione in societ di persone dipende non gi dal tipo di attivit svolta, ma da un impedimento giurisprudenziale. b) i soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dellattivit, con la precisazione che va considerato periodo di normale svolgimento quello in cui stata svolta lattivit prevista dalloggetto sociale. Questo aspetto della norma assume unimportanza fondamentale visto che permette una automatica esclusione dalla disciplina delle societ di comodo per tante casistiche di situazioni, alcune delle quali sono espressamente citate dalla circolare ed altre che, per analogia, magari attraverso uninterpretazione forzata , vi si possono far rientrare. I periodi di non normale attivit elencati a titolo di esempio nella circolare sono: - quello da cui decorre la messa in liquidazione ordinaria o linizio delle procedure di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento. Non si pu considerare normale lattivit svolta in questi periodi considerato che finalizzata alla definizione dei rapporti intercorrenti con i terzi per poter poi ripartire leventuale attivo residuo fra i soci. Naturalmente se lo scioglimento viene revocato decade anche la possibilit di usufruire della causa di esclusione. Peraltro il periodo che precede quello in cui ha avuto inizio la messa in liquidazione da considerarsi normale anche se di durata inferiore rispetto allordinario. Va considerato periodo normale anche quello che viene interrotto per cause che non interrompono lo svolgimento effettivo dellattivit sociale, per esempio in caso di fusione, scissione o trasformazione; - quelli successivi al primo periodo di imposta, nel caso in cui, per cause non dipendenti dalla volont dellimprenditore, non si sia potuto avviare lattivit produttiva prevista dalloggetto sociale, ad esempio perch la costruzione dellimpianto da utilizzare per lattivit si protrae oltre il primo periodo dimposta o per mancanza delle autorizzazioni

13

amministrative necessarie per lo svolgimento dellattivit, purch le stesse siano state tempestivamente richieste. Rappresenta periodo di normale svolgimento dellattivit anche quello in cui la societ ha affittato o concesso in usufrutto lunica azienda posseduta. E ancora, anche lattivit stagionale viene considerata come normale. Nel corso del tempo si sono avuti vari interventi in merito a queste problematiche. Una situazione emblematica stata rappresentata nella risoluzione 18/7/1996, n. 131 nella quale viene stabilito che una societ che svolga esclusivamente attivit di ricerca, essendo lesercizio di questa propedeutica allottenimento dellautorizzazione per il successivo svolgimento di attivit produttiva, viene considerata in un periodo di non normale attivit e quindi di diritto esclusa dallapplicazione della disciplina delle societ non operative. Viene altres puntualizzato ..semprech lattivit di ricerca non consenta di per s la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi, indipendentemente dalla possibilit o meno di raggiungere i limiti di ricavi e di incrementi di rimanenze previsti per essere esclusa dallapplicazione della disciplina in esame. c) le societ in amministrazione controllata o straordinaria, relativamente ai periodi dimposta interessati da tali procedure. d) le societ che si trovano nel primo periodo dimposta (anche a seguito di trasformazione da societ di persone in societ di capitali). La formula utilizzata inizialmente nella legge 724/94 era quella di societ che hanno iniziato lattivit nel corso dellesercizio; formula che poi stata superata con la legge 85/95. Con la formulazione precedente della norma veniva consentito lo spostamento del momento iniziale al verificarsi delleffettivo inizio dellattivit. La modifica apportata collega lesonero solo al primo periodo dimposta indipendentemente dallinizio dellattivit, quindi non conta la durata di tale primo periodo. A questo punto, dopo la modifica apportata al quadro normativo, viene in aiuto sotto il profilo logico

14

laltro concetto di periodo normale di attivit che sicuramente non si realizza quando lattivit non ancora iniziata. e) le societ che entro il 31 ottobre 1995 abbiano formalmente deliberato lo scioglimento o la trasformazione in societ commerciali di persone. Per quanto riguarda i presupposti di carattere oggettivo che qualificano le societ come non operative, quindi numero di dipendenti inferiore a 5 e ammontare di ricavi, proventi e incrementi di rimanenze complessivamente inferiori a lire 800 milioni, viene precisato che i due requisiti devono sussistere congiuntamente nello stesso periodo dimposta. Per la determinazione del numero dei dipendenti occorre far riferimento a quelli che mediamente risultano alle dipendenze della societ nel corso del periodo dimposta. Tale dato si ottiene normalizzando il numero degli stessi in base alle giornate retribuite e tenendo presente che le giornate retribuibili per un lavoratore che ha prestato la propria attivit per un intero anno sono pari a 312. Per quanto riguarda la verifica del limite di lire 800 milioni si considerano, in particolare, per la generalit dei contribuenti: a) per i ricavi, la somma degli importi risultanti dalle voci 1 e 5 dello schema di conto economico previsto dallart. 2425 del C.C. e quindi ricavi derivanti dalle vendite, dalle prestazioni e altri ricavi, compresi i contributi in conto esercizio; b) per gli incrementi di rimanenze, la somma delle variazioni positive delle voci A2, A3 e B11 e cio variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; variazioni di lavori in corso su ordinazione; variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci. Precisa la circolare 140/E che lammontare delle predette voci va assunto quale risulta dal conto economico anche quando il relativo importo deriva dalla somma algebrica di sottovoci con opposto segno algebrico. Si sommano solo i valori positivi delle voci (A2; A3 e B11), a nulla rilevando eventuali decrementi. Quindi

15

se, per esempio, poniamo A2 = 100; A3 = -10 e B11 = 40 il valore totale da assumere quale incremento delle rimanenze sar uguale a 140 (A2 + B11). Viene ancora precisato che il limite di 800 milioni deve essere ragguagliato alla durata dellesercizio. Pertanto qualora lesercizio abbia una durata superiore o inferiore ai 12 mesi bisogner ragguagliare lammontare suddetto ai giorni di effettiva durata dellesercizio stesso. Altra precisazione riguarda le societ e gli enti non residenti che svolgono la loro attivit in Italia tramite stabile organizzazione. I ricavi e gli incrementi di rimanenze di cui tener conto sono solo quelli prodotti dalla stabile organizzazione in Italia. Inoltre per i soggetti indicati nellart. 113 del D. Lgs. 1/9/1993, n. 385 i proventi da considerare sono quelli indicati alle voci C15 (proventi da partecipazioni) e C16 (altri proventi finanziari) se il bilancio redatto secondo lo schema dallart. 2425 del C.C.; alle voci 10,20,30,40 e 70 se invece redatto in base alle disposizioni del D. Lgs. n. 87/1992 e al provvedimento della Banca dItalia del 31/7/1992. Abbiamo visto come il reddito minimo che deve essere dichiarato dalle societ di comodo deve essere pari al 2% del patrimonio netto, che va considerato quale risulta dallo stato patrimoniale alla data di chiusura del periodo dimposta, senza tener conto dellutile o della perdita dellesercizio, aumentato dei finanziamenti effettuati dai soci e dai terzi che siano destinati alle immobilizzazioni aziendali. Per le societ e gli enti non residenti tenuti allobbligo della contabilit ordinaria, che compilano quindi il modello 760/A, il patrimonio netto quello che risulta dalla situazione patrimoniale relativa alle attivit svolte dalla stabile organizzazione sul territorio dello Stato. Per gli enti non commerciali non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che non compilano il modello 760/A, il reddito minimo da dichiarare va calcolato sullimporto complessivo delle immobilizzazioni aziendali relative alla stabile organizzazione. A tal fine deve essere allegata alla dichiarazione un apposito prospetto nel quale evidenziare le immobilizzazioni afferenti alla stabile organizzazione stessa.

16

I finanziamenti dei soci e dei terzi si considerano destinati alle immobilizzazioni corrispondente aziendali alla nel limite fra il del loro ammontare complessivo totale delle

differenza

valore

immobilizzazioni stesse iscritto nellattivo e lammontare del patrimonio netto sopra indicato. Per chiarire quanto appena detto si fa presente, ad esempio, che se il valore delle immobilizzazioni aziendali iscritto nellattivo pari a 200, il patrimonio netto pari a 80 e i finanziamenti di soci e di terzi sono 160, lammontare di questi ultimi da prendere in considerazione ai fini del calcolo sar pari a 120. Nessun importo verr preso in considerazione nel caso in cui il patrimonio netto risulti pari o superiore a 200. Le immobilizzazioni (materiali, immateriali e finanziarie) vanno assunte nellimporto risultante dallaggregato B dello stato patrimoniale, quindi, al netto di eventuali ammortamenti e svalutazioni operati. Ai fini del calcolo relativo ai minimali previsti dalla norma (8 milioni per tutte le tipologie di soggetti destinatari della normativa, che abbiano un patrimonio netto superiore a 150 milioni; 6 milioni per le societ a responsabilit limitata il cui patrimonio netto risulta fra i 40 e i 150 milioni; 4 milioni per le societ a responsabilit limitata con un patrimonio netto inferiore a 40 milioni) si precisa che in questo caso non vanno considerati i finanziamenti sopra citati in virt del fatto che la norma stessa non li contempla. Le ipotesi di dichiarazione di un reddito minimo mal si concilia con situazioni giuridiche previste da leggi agevolative che siano gi consolidate in capo alla societ. Dalla circolare n. 140/95 : La disciplina delle societ di comodo non implica il venire meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge. Il confronto istituito tra reddito dichiarato e reddito minimo va effettuato aggiungendo al primo tutti gli importi non assoggettati ad imposizione per effetto di specifiche disposizioni agevolative che spettano al contribuente e da lui richieste in dichiarazione. A dire il vero non molto

17

chiaro, e non mai stato oggetto di precisazioni, il comportamento da seguire quando il reddito completamente esente ai fini IRPEG. Se lipotesi si accomuna a quella dei redditi non assoggettati si pu arrivare alla seguente situazione, nellipotesi di reddito minimo pari a L. 25 milioni: - non dovr adeguarsi la societ che ha conseguito almeno il reddito di L. 25 milioni totalmente esente; - dovr invece adeguarsi la societ che ha conseguito il reddito di L. 12 milioni, dovendo integrare il reddito per 13 milioni. da ritenersi che la comportare alcuna integrazione 3 . Continua la circolare: Per tanto, i soggetti interessati dovranno procedere al raffronto tra gli importi risultanti nelle seguenti lettere a) e b) : a) reddito imponibile minimo determinato nel modo presenza di reddito esente non debba

precedentemente illustrato; b) reddito o perdita che, applicando le ordinarie regole dello stesso, si dovrebbe indicare nel rigo 16 del Mod. 760/M o nel rigo 32 del Mod. 760/B della dichiarazione relativa ai redditi del 1994, aumentato degli importi non assoggettati ad imposizione per effetto di specifiche disposizioni agevolative quali ad esempio: - proventi esenti, soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo dimposta o ad imposta sostitutiva; - 60 % degli utili distribuiti da societ collegate ai sensi dellarticolo 2359 del C.C., non residenti nel territorio dello Stato; - 95 % degli utili distribuiti da societ figlie residenti in paesi della U.E.; - reddito esente ai fini IRPEG; - reddito agevolato ai sensi dellart. 3 del D.L. 10 giugno 1994, n. 357;

Oneto Carlo, (1997), Le societ di comodo, Giuffr Editore, Milano.

18

- reddito agevolato ai sensi dellart. 12 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333. Tali valori sono quindi parificati al reddito dichiarato; solo se tra i due termini posti a raffronto il reddito minimo presunto risulta superiore a quello determinato analiticamente si rende necessario procedere per differenza alla sua integrazione. Questa impostazione permette di salvare le agevolazioni che concorrono alla determinazione del reddito minimo. Nella circolare 140/E la situazione viene cos esemplificata: Conseguentemente, in presenza di importi non assoggettati a tassazione, le societ non operative, pur adeguandosi al reddito minimo potrebbero legittimamente esporre in dichiarazione un reddito imponibile inferiore al predetto minimo ed eventualmente anche una perdita riportabile nei successivi periodi di imposta ma non oltre il quinto. A titolo di esempio si prospettano le seguenti ipotesi: Esempio n. 1 Reddito minimo Reddito del periodo di imposta determinato analiticamente Reddito agevolato per nuovi investimenti (art. 3 del D.L. n. 357/94). Reddito analiticamente integrato (150 + 60) Integrazione da effettuare (300 210) Reddito minimo da dichiarare (150 + 90) L. 240 milioni L. 210 milioni L. 90 milioni L. 60 milioni L. 150 milioni L. 300 milioni

Esempio n. 2 Reddito minimo Perdita del periodo dimposta determinata analiticamente Reddito agevolato per nuovi investiL. - 150 milioni L. 8 milioni

19

menti (art. 3 del D.L. n. 357/94) Perdita analitica integrata ( -150 + 100) Integrazione da effettuare [8 - (-50)] Perdita da dichiarare (riportabile nei successivi esercizi ma non oltre il quinto)

L. 100 milioni

L. -50 milioni L. 58 milioni

L. - 92 milioni.

A titolo esemplificativo, a livello di redazione della dichiarazione, riportiamo le seguenti ipotesi: 1) reddito rigo M11 L. 2.000.000

Si giunti a questo valore indicando al rigo A/87 L. 21.000.000 per agevolazioni ex - D.L. 357/94. Dichiarato 2.000.000 Reddito minimo 9.000.000

Agev. D.L. 357/94 21.000.000 23.000.000 In questo caso il valore del reddito determinato analiticamente sommato allimporto dellagevolazione superiore al valore del reddito minimo presunto. Non bisogner effettuare alcuna integrazione e il valore da considerare quale imponibile sar quello indicato al rigo M11 (L. 2 milioni). 2) Perdita rigo M12 L. -20.000.000

A tale valore si pervenuti sempre considerando lagevolazione di cui sopra per L. 21.000.000. Dichiarato -20.000.000 Reddito minimo 9.000.000

Agev. D.L. 357/94 +21.000.000 + 1.000.000 Poich il valore della prima colonna inferiore rispetto a quello della seconda, sar necessario integrare il reddito da dichiarare adeguandolo a quello minimo (9.000.000 1.000.000 = 8.000.000). Al rigo M16 andr, quindi, indicata la perdita di L. 12.000.000 (-20.000.000 + lintegrazione di 8.000.000).

20

Inoltre va precisato che nei periodi in cui la societ non operativa si adegua al reddito minimo, il risultato che rileva a livello civilistico non assume alcuna valenza da un punto di vista fiscale. Per cui una eventuale perdita civilistica non verr annotata sul modello 760 e non potr essere utilizzata in futuro per compensare utili. Il reddito imponibile minimo rileva solo ai fini Irpeg e non anche per lIlor. Questultima verr quindi calcolata sullimponibile determinato ordinariamente apportando allutile civilistico le variazioni tipiche previste dalla normativa specifica ai fini Irpeg, senza tenere in alcun conto

delleventuale adeguamento al reddito minimo. Le perdite possono essere portate in compensazione soltanto per la parte di reddito eccedente quello minimo da dichiarare. Lobiettivo risulta finalizzato solo alla dichiarazione di tale misura minima; consentito, pertanto, compensare le perdite fino alla dichiarazione di tale reddito minimo. Per le perdite relative agli anni pregressi la circolare n. 140/E cos esemplifica: In base allultimo periodo del comma 6 dellart. 30, la societ non operativa che ha conseguito un reddito superiore a quello minimo potr computare in diminuzione dalleccedenza lammontare delle perdite di esercizi precedenti fino a concorrenza delleccedenza stessa. Pertanto, ad esempio, nel seguente caso si avr: Esempio Reddito minimo Reddito del periodo dimposta determinato analiticamente Perdite di esercizi precedenti Eccedenza (350 300) Importo da portare in diminuzione dalla eccedenza Reddito da dichiarare L. 50 milioni L. 300 milioni L. 350 milioni L. 90 milioni L. 50 milioni L. 300 milioni

21

Perdite riportabili negli esercizi successivi

L. 40 milioni

Le perdite degli esercizi precedenti che la societ non ha potuto portare in diminuzione dal reddito complessivo potranno, ricorrendone i presupposti, essere utilizzate nei successivi periodi dimposta rispettando il limite temporale dei cinque periodi dimposta successivi a quello in cui si determinata la perdita, cos come previsto dal TUIR negli articoli 8, per gli enti non commerciali non residenti, e 102 per gli altri soggetti. Nel caso in cui ladeguamento al reddito minimo sia avvenuto tenendo conto degli importi non assoggettati a tassazione per effetto di specifiche disposizioni agevolative, qualora vi siano perdite degli esercizi precedenti, le stesse potranno essere utilizzate solo per la parte che consente di rispettare il reddito minimo determinato tenendo conto dei predetti ammontari. Pertanto, ad esempio, si avr: Esempio Reddito minimo Reddito del periodo di imposta determinato analiticamente Reddito agevolato per nuovi investimenti (art. 3 D.L. n. 357/94) Reddito analitico integrato (350 + 60). Differenza (410 300) Perdite di esercizi precedenti Reddito da dichiarare (reddito meno perdite anni precedenti nel limite della differenza) Perdite riportabili negli esercizi successivi L. 240 milioni L. 40 milioni. L. 60 milioni L. 410 milioni L. 110 milioni L. 150 milioni L. 350 milioni L. 300 milioni

Arriviamo al 1996 con le sostanziali modifiche apportate dallart. 3 della Legge 23/12/1996, n. 662, commi dal 37 al 45, modifiche che , citiamo dalla circolare del Ministero delle Finanze del 26/2/1997, n. 48, sono

22

rivolte, come chiarisce la relazione ministeriale di accompagnamento alla citata legge n. 662 del 1996, ad introdurre correttivi alla previgente disciplina al fine di superare le critiche addotte ai criteri di individuazione delle societ non operative e, al tempo stesso, permettere di individuare una struttura che possa definire meglio lo stato di non operativit. In effetti, con i cambiamenti di cui sopra, si fa discendere adesso la capacit contributiva di un soggetto correlandola ad aspetti patrimoniali molto pi pregnanti, rispetto ad una semplice aliquota proporzionale applicata al patrimonio netto della societ, come avveniva in precedenza. Procediamo con ordine. Una prima grossa novit rappresentata dalla estensione della

normativa alle societ di persone. Di conseguenza anche le societ in nome collettivo e le societ in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate ai sensi dellart. 5 del TUIR (societ di armamento e societ di fatto) devono essere assoggettate alle norme che regolano la disciplina delle societ di comodo. Altra conseguenza la ovvia scomparsa della possibilit di fuoriuscita agevolata tramite listituto della trasformazione in societ di persone. Viene, invece, riproposta, ai sensi dellart. 3, comma 38, della citata legge n. 662 del 1996, la possibilit di fuoriuscita dal regime per le societ non operative tramite listituto dello scioglimento agevolato. Scompare poi la discriminazione a proposito dei proventi, esclusi quelli straordinari, che adesso vanno considerati, ai fini del raffronto per la determinazione della operativit della societ, per tutte le tipologie delle stesse. La vecchia normativa prevedeva che i proventi fossero considerati solo per le societ finanziare indicate nellart. 113 del D. Lgs. 1/9/1993, n. 385. Vengono rivoluzionati i criteri per la determinazione dei requisiti oggettivi in base ai quali stabilire se una societ di comodo o meno e, per logica conseguenza, anche quelli per la determinazione del reddito minimo presunto.

23

Aumentano le cause di esclusione, segnatamente non si applicano le disposizioni della normativa ad altre due casistiche: - societ ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani; - societ esercenti pubblici servizi di trasporto. Per le prime, nella circolare del 15/5/1997, n. 137, verr chiarito che la condizione della negoziazione nei mercati regolamentati italiani si considera soddisfatta se entro la chiusura del periodo dimposta sia intervenuta la delibera con la quale la Consob disponga lammissione dei titoli stessi nei mercati regolamentati nazionali. Lesclusione delle seconde si giustifica per le tariffe da pubblico servizio che sono costrette ad applicare, tali da non permettere loro il superamento dei test di operativit. Altra modifica di importanza fondamentale alla normativa in esame e quella introdotta dal comma 45 dellart. 3 della legge 662/1996 a

proposito dellinammissibilit del rimborso delliva a credito risultante dalla dichiarazione annuale per i periodi in cui la societ non risulta operativa. Approfondiamo i punti di maggior pregnanza aiutandoci con le spiegazioni fornite dalla circolare 48/1997 sopra citata. Per quanto riguarda lestensione della normativa alle societ di persone c poco da dire, se non che aveva poco senso permettere a chi volesse fare i propri comodi continuare a farlo trasformandosi in societ personali. Non si pu non sposare la scelta del legislatore nel modificare i requisiti oggettivi per determinare la non operativit. Quelli precedenti erano assolutamente inadeguati. Vengono ora considerate non operative le societ e gli enti che hanno conseguito un ammontare complessivo di ricavi , incrementi di rimanenze e proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti, ove prescritto,

24

dal conto economico 4 , inferiore alla somma degli importi che risultano applicando: a) l1 per cento al valore dei beni indicati nellart. 53, comma 1, lettera c) del TUIR, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 4 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e dai beni indicati nellart. 8-bis, comma 1, lettera a) del D.P.R. 26/10/1972, n. 633, anche in locazione finanziaria; c) il 15 per cento al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria. Va rilevato che, come da Nota 17/7/1997, n. 984/E, non vanno computati, ai fini della determinazione dei ricavi effettivi, quelli dichiarati in adeguamento ai parametri o agli studi di settore. Naturalmente, visto che le societ di persone possono non essere tenute alla redazione del bilancio, i valori dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, va desunto dalle scritture contabili previste dallart. 18 del DPR 600/1973. Vediamo un po pi nel dettaglio come devono essere individuati i beni di cui sopra. Innanzitutto, come si rileva anche dalla circolare citata, bisogna considerare che il legislatore ha inteso operare una prima distinzione a livello civilistico; ci riferiamo alle immobilizzazioni che non hanno una definizione specifica a livello fiscale, ma che lhanno nellart. 2424-bis del codice civile, comma 1, dove viene precisato che gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati immobilizzazioni. La classificazione si fonda quindi sullaspetto sostanziale dei beni, ma anche sulla loro esposizione formale allinterno del bilancio come indicato nel codice civile, allarticolo 2424. Illustriamo lelencazione durevolmente devono essere iscritti tra le

Dato il riferimento al conto economico, non assumono rilevanza le variazioni apportate in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi.

25

sommaria delle voci che ci interessano per aiutarci nella trattazione della materia: Art. 2424 Contenuto dello Stato Patrimoniale B) IMMOBILIZZAZIONI I Immateriali II Materiali III Finanziarie C) ATTIVO CIRCOLANTE I Rimanenze II Crediti III Attivit finanziarie IV Disponibilit liquide Va notato, innanzitutto, che gli immobili vanno considerati solo se iscritti nella voce B II) al numero 1 (terreni e fabbricati), e quindi non anche gli immobili-merce. Accanto agli immobili vanno indicati anche i beni indicati nellart. 8-bis, comma 1, lett. a) del Dpr 633/72. Si tratta delle navi destinate allesercizio di attivit commerciali o della pesca o ad

operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unit da diporto di cui alla legge 11/2/1971, n. 50, che, invece, vanno incluse fra le altre immobilizzazioni. Avuto riguardo al tenore letterale della norma, questi beni rilevano solo se di propriet o in locazione finanziaria, e non anche quelli in locazione, comodato o presi a noleggio. Le altre immobilizzazioni rientrano in tutte le residuali voci della categoria B [B I) Immateriali; B II) Materiali; B III) Finanziarie]. Quindi gli impianti e i macchinari (B, II, 2), nonch le attrezzature industriali e commerciali (B, II, 3) e gli altri beni di cui alla voce B, II, 4, diversi dalle navi. Si ribadisce che le attivit finanziarie, diverse da quelle indicate nellart. 53 comma 1, lettera c), del TUIR, sono da considerare, ai fini desame, soltanto se costituiscono immobilizzazioni.

26

Un ulteriore precisazione va fatta per le immobilizzazioni immateriali; infatti quelle costituenti veri e propri beni immateriali vanno assunte al costo storico, a differenza delle cosiddette spese relative a pi esercizi (costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca e di sviluppo e spese di pubblicit) il cui ammontare va assunto come risultante da bilancio (cio al netto degli importi gi dedotti in precedenti esercizi). Vanno considerati tra le altre immobilizzazioni anche i beni strumentali inferiori al milione. Sia per le immobilizzazioni materiali che per quelle immateriali vanno comunque escluse quelle in corso, in quanto non produttive di ricavi. Per analogia vanno esclusi anche gli acconti. Anche se nella circolare non viene espressamente ricordato, si ritiene che anche per questa categoria di beni non rilevano i beni utilizzati in locazione, in comodato o presi a noleggio. Per quanto riguarda i beni indicati allarticolo 53 primo comma, lettera c), del TUIR vanno considerati: - azioni o quote di partecipazione nelle societ di capitali, comprese le societ cooperative e quelle di mutua assicurazione, residenti nel territorio dello Stato; - quote di enti pubblici e privati, diversi dalle societ, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale lesercizio di attivit commerciali; - azioni o quote in societ ed enti di ogni tipo con o senza personalit giuridica, non residenti nel territorio dello Stato; - obbligazioni e altri titoli in serie o di massa. La norma precisa che tali beni devono essere considerati sia che vengano iscritti fra le immobilizzazioni, sia che vengano iscritti nellattivo circolante. In proposito, per quanto riguarda i soggetti tenuti alla redazione del bilancio secondo il D. Lgs. N. 127 del 1991, tali beni sono allocati, come immobilizzazioni finanziarie, nei seguenti punti dello schema di stato patrimoniale di cui allart. 2424 del codice civile:

27

- B, III, 1) alla voce partecipazioni; - B, III, 3) alla voce altri titoli; - B, III, 4) alla voce azioni proprie. Questultima voce, per, pur essendo richiamata dallart. 53 del TUIR, non rileva ai fini in esame non essendo le azioni proprie idonee a produrre proventi. Esse, infatti, non danno diritto allutile che attribuibile proporzionalmente alle altre tipologie di azioni, ai sensi dellart. 2357-ter del codice civile. Inoltre, i gi citati beni possono essere allocati, come attivo circolante, nei seguenti punti del predetto schema di stato patrimoniale: - C, III, 1), 2), 3) e 4) - partecipazioni; - C, III, 5) - azioni proprie; - C, III, 6) - altri titoli. Va da s che, anche in questo caso, le azioni proprie non rilevano per gli stessi motivi precedentemente indicati. Per quanto riguarda le quote di partecipazione in societ di persone va ricordato che esse, non essendo comprese fra i beni indicati nellarticolo 53, comma 1, lettera c) del TUIR, sono rilevanti ai fini della disciplina in esame come altre immobilizzazioni, su cui si applica la percentuale del 15%, semprech costituiscano immobilizzazioni finanziarie. Si precisa inoltre che vanno considerati soltanto i crediti da finanziamento, suscettibili, quindi, di produrre ricavi, con esclusione dei crediti commerciali. Alla stessa maniera si ritiene che non debbano essere inclusi i depositi bancari in quanto gli stessi costituiscono disponibilit liquide e quindi non rientrano nelle voci indicate dalla norma in esame. Queste precisazioni, che ritroviamo nella circolare gi citata, sono importanti perch permettono di stabilire un criterio di fondo che dovrebbe essere sempre rispettato: quello per cui, se un elemento compreso nei parametri di riferimento, i correlativi ricavi vanno compresi nei ricavi di confronto. Ai fini della disciplina in esame non si tiene conto dei crediti per i soggetti non tenuti ai fini fiscali alla redazione del bilancio. Per essi, infatti,

28

i valori dei beni da considerare, come gi accennato, va desunto dalle scritture contabili previste dallarticolo 18 del D.P.R., n. 600/1973, dalle quali non possibile rilevare i predetti crediti. La norma, relativamente agli immobili e alle immobilizzazioni che non compaiono allattivo dello stato patrimoniale perch assunti in leasing, evidenzia che il valore che si assegna a tali beni regolato dal comma 2 dellarticolo 52 per cui si assume come costo : a) quello sostenuto dallimpresa concedente, come documentato dal contratto di leasing, laddove costituisce la base per la

determinazione dei canoni del prezzo di riscatto (cosiddetto valore contrattuale dei beni); b) in mancanza di documentazione va assunto il totale corrispondente ai canoni di locazione pi il prezzo del riscatto risultante dal contratto. Naturalmente la soluzione b) sicuramente penalizzante poich nel costo indicato vengono compresi anche gli interessi sostenuti. Per i beni in leasing per i quali sia stata esercitata lopzione di riscatto, la circolare n. 48/1997, prevede che vada assunto quale valore di riferimento il prezzo del riscatto stesso; soluzione contro logica e che verr disattesa con indicazioni successive. Gli immobili e le immobilizzazioni di propriet vengono assunti al costo come determinato allart. 76, comma 1 del Tuir. Il valore dei beni, per espressa previsione della norma, va assunto in base alle risultanze medie dellesercizio e dei due precedenti. In sostanza si voluto evitare che fosse solo il valore desunto dallesercizio in corso a determinare lammontare dei valori teorici derivanti dagli elementi patrimoniali suddetti. Vediamo cosa si voluto intendere per risultanze medie. In buona sostanza bisogna considerare i giorni di mantenimento dei beni nei vari esercizi quindi tenendo conto di eventuali acquisizioni e alienazioni; i valori da considerare vanno dunque ragguagliati al periodo di possesso in ogni esercizio considerato.

29

Seguendo le indicazioni della circolare, i risultati ottenuti anno per anno vanno divisi per tre, ottenendo per ciascun gruppo di beni posseduti nei tre esercizi il valore medio. Ad ognuno dei detti valori medi devono essere applicate le percentuali rispettivamente dell 1, del 4 e del 15 (quindi per chiarezza l 1 % sul valore dei beni indicati nellart. 53, comma 1, lettera c) del TUIR, aumentato del valore dei crediti da finanziamento; il 4 % sul valore di beni immobili e navi; il 15 % sul valore delle altre immobilizzazioni); sommando i prodotti cos ottenuti si ottiene il valore di riferimento, il valore minimo teorico cui va raffrontato lammontare complessivo dei ricavi,

dellincremento delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari. Anche detto ammontare va calcolato in base alle risultanze medie dellesercizio e dei due precedenti. Naturalmente se il valore minimo teorico di cui sopra superiore a quello effettivo appena determinato, la societ sar considerata non operativa. In effetti il presupposto che viene disatteso nellipotesi appena fatta quello che ..con utilizzo appropriato dei beni sociali i ricavi devono coprire almeno lammortamento del costo dei beni e delle spese generali.5 Immediata conseguenza di questo fatto sar la necessit di determinare il reddito imponibile minimo. Questultimo devessere non inferiore allammontare della somma degli importi derivanti dallapplicazione, ai valori dei beni indicati alle lettere a), b) e c) di cui al comma 1 dellart. 30 della legge 724/24, posseduti nellesercizio e solo nellesercizio interessato dalla verifica, delle percentuali rispettivamente dello 0,75, del 3 e del 12. Il reddito minimo presunto cos determinato andr poi confrontato col reddito effettivo, che verr adeguato secondo le modalit gi analizzate nelle pagine precedenti, tenendo, quindi, presente che anche la novellata disciplina delle societ di comodo non implica il venir meno delle agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge.

Circolare del 26 febbraio 1997, n. 48, pag. 1

30

Di particolare importanza la situazione delle perdite degli esercizi pregressi. Se nulla muta per le societ di capitali rispetto alla previgente disciplina, la situazione cambia per le societ di persone che imputano i loro redditi per trasparenza ai propri soci. Alla luce di questa novit si rende necessario stabilire quale devessere il criterio che devono adottare i soci medesimi ai fini della deduzione delle perdite di esercizi precedenti. La disciplina, come precisato nella circolare, diventa estremamente penalizzante per i soci delle societ di persone, visto che non si fa distinzione alcuna nellambito delle perdite sostenute. In buona sostanza, pu accadere che il socio vanti perdite anche derivanti da attivit personale o da partecipazioni in altre societ, che siano per operative. Tali perdite non sono distinguibili rispetto a quelle derivanti dalla partecipazione a societ non operative, come si evince dallapposito prospetto delle perdite della dichiarazione dei redditi personale. Di conseguenza le perdite di esercizi precedenti, risultanti dal relativo prospetto, possono essere portate in diminuzione soltanto per la parte eccedente il totale delle quote di reddito minimo presunto determinate come gi indicato precedentemente, al netto delle eventuali agevolazioni o esenzioni spettanti alla medesima societ non operativa. La circolare non ne parla affatto, ma la normativa comincia ad aggredire le societ di comodo anche dal lato dellIva. In effetti il comma 45, lultimo dellart. 3 della legge 23/12/1996, n. 662 che va a ritoccare la disciplina delle societ di comodo prevede che: Per le societ e gli enti non operativi di cui al comma 37, non ammessa al rimborso leccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dellimposta sul valore aggiunto per lanno che comprende lesercizio, o la maggior parte dellesercizio, per il quale si verificano le condizioni ivi previste. Del resto singolare il fatto che, viste le considerazioni fatte in premessa, il legislatore abbia voluto colpire le societ di comodo sul

31

versante imposte indirette con tanto ritardo rispetto a quanto non abbia fatto rispetto alle dirette. Facciamo ora un bel salto in avanti per arrivare, dopo un decennio, al 4 luglio 2006 data di approvazione del D.L. n. 223 6 . Nel periodo intercorrente fra il 1996 e il 2006 si verificato un solo cambiamento alla normativa in commento: il D.L. 11/3/1997, n. 50, allart. 4 introduce il numero 6-bis) al comma 1 della legge 724/1994 con il quale il legislatore amplia le cause di esclusione alle societ con un numero di soci non inferiore a 100. In questo caso, la scelta del legislatore di escludere a priori tali soggetti dallambito di applicazione della disciplina recata dalla suddetta norma pare riconducibile al fatto che, in presenza di compagini sociali cos fortemente articolate, piuttosto arduo ipotizzare che la loro costituzione possa essere ascritta alla volont di una pi comoda gestione fiscale, nellinteresse dei soci, dei beni di propriet dei medesimi. In questo periodo si inserisce la sentenza della Corte di Cassazione del 17/6/2005, n. 13079, che provvede a fare definitivamente luce sulla quantificazione del credito iva, derivante da dichiarazione annuale, non rimborsabile in presenza della condizione di non operativit. La vicenda in argomento pu essere presa a emblema delle difficolt che si possono incontrare nellinterpretare ed applicare le disposizioni normative in ambito tributario. Si tratta del caso di una societ non operativa, cui lUfficio Iva di Roma aveva negato il rimborso del credito iva maturato in anni anteriori allentrata in vigore della normativa sulle societ di comodo. La commissione di I grado aveva accolto il ricorso della societ. Quella regionale aveva rigettato il ricorso dellUfficio Iva. Infine, la Corte di Cassazione ha ribaltato i precedenti giudizi dando ragione allUfficio Iva ricorrente, considerato il tenore letterale della norma.

Cosiddetto Decreto Bersani, convertito, con modificazioni, nella Legge 11/8/2006, n. 248.

32

Dunque, dicevamo, dopo tanto tempo il legislatore si accorge della necessit di rimettere mano a questa normativa, per certi aspetti, controversa e lo fa con mano piuttosto pesante. Anche in questa occasione, la circolare 4/8/2006, n. 28 ribadisce Come si evince dalla relazione di accompagnamento, le modifiche apportate dalla norma in commento hanno la finalit di rendere pi efficaci le disposizioni che contrastano lattivit delle societ non operative. Le modifiche apportate si possono cos riassumere: - si incrementano le percentuali da applicare ai beni patrimoniali per stabilire se una societ possa rientrare nel novero di quelle non operative; - si inasprisce la tassazione poich aumentano le percentuali da applicare ai valori dellattivo per determinare lentit del reddito minimo da dichiararsi obbligatoriamente; - il credito IVA derivante dalla dichiarazione annuale relativa a un periodo di non operativit, oltre che non essere ammesso al rimborso, come gi previsto dalle modifiche apportate nel 1996, non pu pi essere utilizzata in compensazione ovvero costituire oggetto di cessione; - lo stesso credito, in assenza di operazioni attive rilevanti ai fini IVA superiori ai valori limite, per tre anni consecutivi, non pu pi essere riportato in avanti; - viene soppressa la generica causa di esclusione dallapplicazione della disciplina delle societ di comodo per quei soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dellattivit: - viene introdotta la possibilit di provare che la societ operativa e che non ha potuto raggiungere il volume di ricavi, nonch di reddito, minimo a causa di fatti straordinari. La dimostrazione deve essere fornita mediante la procedura di interpello di cui allart. 37-bis, comma 8, del D.P.R. 600/1973. Di conseguenza, non pi concesso autocertificare la propria operativit, come era stato finora consentito dalla circolare del 21/9/1999, n. 189, in seguito alla approvazione della legge Bassanini. Nellapprofondire le novit seguiamo il dettato della norma.

33

Innanzitutto diventa pi difficile dimostrare la propria operativit considerato laumento delle percentuali dei parametri di riferimento. Infatti la percentuale da applicare ai beni previsti dalla lettera a) del primo comma del provvedimento si innalza del doppio, passando dalluno al due per cento. Non di poco conto anche laumento subito dal valore percentuale dei beni di cui alla lettera b), vale a dire terreni, fabbricati e navi, escluse quelle da diporto, che passa dal 4 al 6, con un incremento del 50 per cento rispetto al passato. Questultimo aumento ha una valenza superiore rispetto al primo sopra citato perch noto che la maggior parte delle societ in odore di non operativit possiede ingenti patrimoni fondiari. Anche il ritocco subito dai valori delle aliquote per la determinazione del reddito minimo di un certo effetto e in termini percentuali anche pi elevato rispetto a quello relativo ai ricavi di cui sopra. Anche in questo caso, per i beni di cui alla lettera a), registriamo un aumento in termini percentuali di 100 punti, passando dallo 0.75 all1,5 per cento; per i beni della lettera b) laumento del 58 per cento. Si va infatti dalla precedente aliquota del 3 a quella del 4,75 per cento. Altra tegola sulla testa del contribuente: lart. 36 al comma 34 del D.L. 233/2006 obbliga le societ di capitali al versamento dellacconto per il periodo dimposta in corso al 4 luglio 2006, tenendo conto delle nuove disposizioni di legge. Sono interessate dallobbligo del ricalcolo dellacconto Ires le societ per le quali, in via ordinaria, i termini per il versamento della prima rata erano gi scaduti al 4/7/2006. Ci potrebbe determinare lobbligo per dette societ di rideterminare lacconto Ires sulla base di un reddito figurativo, applicando i nuovi coefficienti di calcolo al fine di verificarne loperativit. Non chiaro se i nuovi coefficienti per il calcolo dei redditi presunti debbano essere applicati a tutti e tre i periodi dimposta di riferimento oppure soltanto sullultimo. Anche sul versante delle imposte indirette le novit sono sostanziali e certamente non indolori.

34

Abbiamo gi avuto modo di osservare come lart. 3, comma 45, della legge 23/12/1996, n. 662 (Finanziaria 1997) aveva stabilito che per le societ non operative non era ammessa al rimborso leccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini Iva per lanno che comprende lesercizio per il quale si verifica la non operativit della societ. Con le modifiche apportate dal D.L. 223/2006 la disciplina ai fini Iva diventa ancora pi stringente. Innanzitutto, in caso di non operativit, si perdono sia la possibilit di compensare leccedenza di credito con altri tributi, ai sensi dellart. 17 del D. Lgs. n. 241/1997, sia di cederla a terzi ai sensi del D.L. n. 70 del 14/3/1988; pertanto il credito Iva potr essere utilizzato solo nellambito delle singole liquidazioni dimposta, mensili o trimestrali. Inoltre, stabilito che, nellipotesi in cui la societ risulti essere di comodo per tre esercizi consecutivi, il credito Iva non sia pi riportabile ai periodi successivi e sia, quindi, definitivamente perduto. Si osservi che, mentre i limiti posti dalla prima parte del comma 4 al rimborso, alla cessione o allutilizzo in compensazione del credito scattano quando la societ risulti essere non operativa ai sensi del comma 1, vale a dire quando la sommatoria dei ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi, esclusi gli straordinari, non raggiunga il minimo presunto, la perdita definitiva del credito, stabilita dal secondo periodo del comma 4, si verifica se, per tre periodi dimposta consecutivi, la societ non effettui operazioni rilevanti ai fini dellimposta sul valore aggiunto in misura non inferiore al minimo di cui al comma 1. In questa seconda ipotesi, dunque, occorre fare riferimento alle operazioni rilevanti ai fini Iva, che non necessariamente coincidono con i ricavi, e, tanto meno con gli incrementi delle rimanenze. E quindi possibile ipotizzare, dalla lettera della norma, che si possa verificare il caso di una societ, che pur essendo operativa agli effetti delle imposte dirette, paradossalmente non lo sia anche ai fini del riporto del credito Iva.

35

Il comma 16 dellart. 35 del citato D.L. prevede che le predette disposizioni si applicano a decorrere dal periodo dimposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso. A distanza di pochi mesi il legislatore, non soddisfatto, rimette mano alla normativa, con conseguenze di un certo rilievo. La legge 27/12/2006, n. 296 allart. 1, comma 109 nuovamente intervenuta, apportando ulteriori modifiche allart. 30 della L. 724/1994, sempre con effetto dallesercizio in corso al 4 luglio 2006 e precisamente: - ha espressamente eliminato la facolt del contribuente di non allinearsi di sua iniziativa al regime delle societ di comodo, riservandosi di fornire la prova contraria allAgenzia delle Entrate in un secondo momento; - ha ridotto i coefficienti per la determinazione dei ricavi minimi e i coefficienti di redditivit in relazione a particolari categorie di beni immobili; - ha incluso nel novero delle immobilizzazioni finanziarie di cui al comma 1 lettera a) dellart. 30, della gi citata Legge n. 724/1994, anche le partecipazioni in societ commerciali di persone, nonch i beni e i titoli indicati alle lettere d) ed e) dellart. 85 del TUIR, in precedenza non contemplati; - ha esteso la disapplicazione ex lege del regime alle societ controllanti di societ quotate in borsa ed alle societ controllate da queste ultime. Si ricorda che il testo precedente della norma citava soltanto le societ quotate; - ha stabilito che, con effetto dallesercizio in corso al 1 gennaio 2007, il regime di comodo sar esteso anche all Irap; - ha reintrodotto la possibilit di utilizzare lo scioglimento agevolato o la trasformazione in societ semplice, per le societ che risultino di comodo. Si d il caso che il legislatore riammette lutilizzo di questi istituti ad ogni modifica sostanziale della normativa, considerato il suo inasprimento progressivo. A tal proposito, non sarebbe sbagliato prevedere questa

36

opportunit a regime, per concedere un epilogo il meno doloroso possibile a quelle societ che non dovessero essere in grado, in futuro, di sopportare laggravio dei parametri dei test, come previsto dalla novellata legge. Per commentare le suddette modifiche ci avvarremo, anche in questo caso, della prassi emanata dallAmministrazione finanziaria che stata davvero corposa, considerate le cinque circolari 7 emanate nel volgere di pochi mesi (in alcuni casi si parla addirittura di giorni), senza contare risoluzioni e comunicati vari. Segno dellimportanza notevole che ha assunto la disciplina delle societ di comodo nel nostro panorama tributario. Cominciamo con lintegrazione degli asset patrimoniali che formano la base di calcolo per il test di operativit. Alla lettera a) del comma 1 dellart. 30 sono stati aggiunti i beni indicati alle lettere d) ed e) del TUIR. Si tratta in particolare degli strumenti finanziari similari alle azioni [art. 85, comma 1, lettera d)] ; delle obbligazioni o altri titoli in serie o di massa [art. 85, comma 1, lettera e)]; con la precisazione che i beni appartenenti a questo comparto, comprese le quote di partecipazione in societ di persone commerciali (che nella precedente disciplina rilevavano solo se iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie) debbono essere presi in considerazione indipendentemente dalla loro appostazione in bilancio e, quindi, sia che siano state iscritte nellattivo circolante sia che costituiscano immobilizzazioni finanziarie. Unosservazione merita di essere fatta: la riclassificazione, operata dal comma 109 dellart. 1 della legge 296/2006, delle partecipazioni in societ di persone nellambito del comparto titoli e assimilati,

comprendente in precedenza soltanto le partecipazioni in societ di capitali, ha avuto un effetto positivo per i contribuenti, in quanto, secondo le norme previgenti, tali attivit, se iscritte fra le immobilizzazioni, venivano comprese nella categoria residuale altre immobilizzazioni e soggette, quindi, ai coefficienti del 15 e del 12 per cento, mentre ora, invece, in seguito alle novit normative, saranno soggette ai coefficienti del 2 e
7

Si tratta della n 5/E del 2 febbraio 2007, della n 11/E del 16 febbraio 2007, della n 14/E del 15 marzo 2007, della n 25/E del 4 maggio 2007 e infine della 44/E del 9 luglio 2007.

37

dell1,5 per cento, relativamente ai test delloperativit e del reddito minimo. Per completezza dinformazione, daltro canto, non possiamo fare a meno di rilevare che c un rovescio della medaglia di cui tener conto: se le suddette partecipazioni fossero state iscritte nellattivo circolante, non avrebbero avuto in passato alcun rilievo, mentre, adesso, sono soggette alle aliquote relative al comparto titoli e assimilati. Per quanto riguarda i soggetti tenuti alla redazione del bilancio secondo lo schema previsto dal D. Lgs. n.127/1991, bene ricordare che i beni in esame sono quelli che vanno indicati al punto B III dello schema di stato patrimoniale di cui allart. 2424 del codice civile, potendo essere allocati, a seconda dei casi, ai numeri 1) partecipazioni, 3) altri titoli e 4) azioni proprie. Nellipotesi in cui tali beni facciano parte dellattivo circolante, gli stessi risulteranno alla voce C III dello stato patrimoniale, ai numeri 1), 2), 3) e 4) partecipazioni, 5) azioni proprie e 6) altri titoli. Si ricorda che le azioni proprie, dovunque collocate, non vanno mai considerate ai fini del calcolo in esame, non essendo idonee a produrre proventi. I beni richiamati allart. 85 comma 1 del TUIR rilevano indipendentemente dal regime di esenzione cui possono essere soggetti; concorrono, pertanto, per intero al test anche le partecipazioni in possesso dei requisiti di cui allart. 87 del TUIR in materia di participation exemption, insieme ai relativi ricavi da esse ritraibili (utili e dividendi), come precisato nelle circolari 13/2/2006, n. 6 e 16/2/2007 n. 11. Per ci che concerne i crediti commerciali la circolare 25/E precisa che gli stessi non vanno esclusi dal test, come previsto generalmente, nei particolari casi in cui le modalit e le condizioni di pagamento pattuite siano non in linea con la prassi commerciale del settore e tali da far ritenere che detti crediti derivino da veri e propri negozi di finanziamento. Quindi bisogna guardare alla sostanza del credito stesso, piuttosto che al suo

38

posizionamento in bilancio; il che, a dire il vero, pu essere abbastanza problematico. Altra indicazione della circolare, che si rif alla ratio della norma, precisa che anche gli interessi che maturano sui crediti diversi da quelli di finanziamento non rilevano fra i ricavi effettivi da contrapporre a quelli presunti. Una precisazione meriterebbe di essere fatta, cosa che non mai avvenuta nelle varie circolari emanate nel corso degli anni, a proposito dei crediti da finanziamento, laddove questi siano contrattualmente previsti come infruttiferi di interessi. Per analogia con precisazioni similari contenute nei documenti di prassi, detti crediti dovrebbero essere esclusi dal computo previsto per le societ di comodo. Per quanto riguarda il comparto relativo agli immobili una prima indicazione si rif alla Risoluzione n. 94/E del 25/7/2005 nella quale veniva precisato che gli immobili concessi in usufrutto costituito a titolo gratuito, in favore di soggetti diversi dai soci e dai loro familiari di cui allart. 5, ultimo comma del TUIR, non essendo idonei a produrre reddito per la societ nuda proprietaria, non rientrano tra i beni da considerare ai fini del calcolo dei test. Unaltra precisazione degna di nota, che stranamente non era mai stata fatta prima, riguarda il valore dei beni ammortizzabili che vanno presi a base del calcolo dei test. Questo, in effetti, va assunto indipendentemente dalla deducibilit fiscale delle relative quote dammortamento. La disposizione si applica ai beni ammortizzabili, materiali e immateriali, ma a condizione che non siano stati eliminati dal processo produttivo. Vengono citati i casi emblematici, anche in considerazione delle recenti novit legislative, dei fabbricati, il cui valore va assunto al lordo della quota di scorporo dellarea di sedime, ai sensi del comma 7, art. 36 del D.L. 223/2006, e dei veicoli a motore, per i quali non rilevano le limitazioni previste dallart. 164 del TUIR. Il valore dei beni va assunto al netto delle plusvalenze iscritte, ai sensi dellart. 110, comma 1, lett. c) del TUIR.

39

Per i beni che hanno fruito di contributi imponibili in conto impianti, il valore da considerare lo stesso che la societ assume ai fini della determinazione del reddito dimpresa. Il relativo valore da assumere dipender dalla modalit di rappresentazione contabile adottata. In definitiva, se il contributo stato utilizzato a diretta riduzione del valore del bene, limponibile rilevante ai fini del test sar pi basso rispetto allipotesi in cui il contributo concorra alla determinazione del reddito con la tecnica dei risconti in correlazione con il processo dammortamento. Quindi la prima modalit di contabilizzazione determiner dei valori pi bassi, sia per gli asset che per i correlati ricavi; la seconda li prevedr pi alti. Per i beni in leasing, a differenza di quanto previsto dai precedenti documenti di prassi, si cambia rotta; in caso di riscatto, il valore da prendere in considerazione ai fini dei calcoli continuer ad essere quello del valore contrattuale, ovvero in mancanza di documentazione , la somma delle quote capitale delle rate cui sommare il prezzo di riscatto. La nuova posizione, quindi, supera radicalmente i precedenti chiarimenti emanati e introduce un concetto di equit, che prima, a nostro avviso non esisteva. E chiara, per, anche la portata deflagrante del chiarimento. Molte societ, infatti, avranno valutato la propria posizione nei test di operativit e di redditivit assumendo quelli che, ad oggi, sono indicazioni ufficiali ormai superate. Con la possibilit, a ridosso delle scadenze di pagamento e dichiarazione delle imposte sui redditi, di non risultare pi operative e, paradossalmente, di non essere pi in tempo utile per presentare eventuale istanza di interpello disapplicativo, con tutte le conseguenze del caso. Nel caso di beni costituiti da azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni trova applicazione la disposizione contenuta nel comma 1, lett. d) dellart. 110 del TUIR secondo cui il costo si intende non comprensivo di maggiori o minori valori iscritti.

40

Nel calcolo dei valori medi debbono essere necessariamente considerati i due periodi di imposta precedenti a quello in osservazione, anche se interessati da cause di esclusione dallapplicazione della norma, siano esse di natura automatica (ad esempio, primo periodo dimposta) o conseguenti allaccoglimento dellistanza disapplicativa prevista dal comma 4-bis dellart. 30. Resta inteso che in ipotesi di contribuente costituitosi da meno di tre periodi dimposta, il valore medio in esame dovr essere calcolato con riferimento al periodo dimposta in osservazione e a quello immediatamente precedente (coincidente questultimo con lesercizio di costituzione). Sempre ai fini del test di operativit, i maggiori valori, conseguenti alla eventuale rivalutazione ai sensi dellart. 1, commi 469 e seguenti, della legge 23/12/2005, n. 266, di tutti gli asset interessati, rileveranno ai fini del calcolo, a partire dal 2008. Continuiamo illustrando lennesimo ritocco subito dalle percentuali in base alle quali effettuare il test di operativit e quello per la determinazione del reddito minimo presunto. Intanto possiamo affermare, senza tema di smentita, che, da questo punto di vista, i correttivi sono tutti a favore del contribuente che, quindi, potr beneficiare di tali disposizioni favorevoli in sede di determinazione delle imposte dovute a saldo per il primo periodo dimposta in cui trova applicazione la nuova disciplina; cos si potranno eventualmente recuperare la maggiori somme sborsate a titolo di acconto per effetto delle disposizioni pi sfavorevoli introdotte dal D.L. 223/2006. Un primo correttivo abbassa la percentuale da applicare, per il test di operativit, sul valore degli immobili classificati nella categoria A/10 che passa dal 6 al 5. Il secondo riguarda, per lo stesso test, gli immobili a destinazione abitativa (tutti quelli appartenenti alla categoria A, esclusi ovviamente gli A/10) cui la norma destina la percentuale del 4, a condizione che si tratti di immobili acquisiti o rivalutati nellesercizio e nei due precedenti. Per gli asset indicati nel secondo correttivo, la norma prevede

41

lapplicazione di un aliquota del 3 per cento ai fini del calcolo del reddito minimo. Queste disposizioni entrano in vigore a partire dal periodo dimposta in vigore alla data del 4 luglio 2006. Unaltra variazione di un certo impatto riguarda le percentuali da applicare al comparto titoli e assimilati e a quello delle altre immobilizzazioni; queste si abbassano, rispettivamente, all1 e al 10 per i beni situati in Comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti. Per la localizzazione la circolare 25/E del 4/5/2007 precisa che bisogna far riferimento alla sede legale delle societ che detengono i predetti beni. Questa agevolazione applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2007. A questo punto utilizziamo delle tabelle storiche che permettano uno sguardo dinsieme chiarificatore:

42

Tabella 1

Coefficienti per il calcolo dei ricavi presunti

L. 662/96 Titoli assimilati e 1%

D.L. 223/06

L. 296/06 2% 1%

2%

Immobili 4% 6% 6% 5% 10 4%
9

Altre immobilizzazioni 15 % 15 %
11

15 % 10 %

Per i beni situati in Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. Disposizione applicabile a partire dal 1 gennaio 2007 Immobili classificati nella categoria catastale A/10

Immobili a destinazione abitativa appartenenti alla categoria A (esclusi A/10) acquisiti o rivalutati nellesercizio e nei due precedenti Per i beni situati in Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. Disposizione applicabile a partire dal 1 gennaio 2007
11

10

43

Tabella 2

Coefficienti per lindividuazione del reddito minimo

L. 662/96 Titoli assimilati e 0,75 %

D.L. 223/06

L. 296/06 1,50 %

1,50 %

Immobili 3% 4,75 % 4,75 % 12 3%

Altre immobilizzazioni 12 % 12 % 12 %

Beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nellesercizio e nei due precedenti

12

44

Qualche precisazione importante riguarda anche lambito soggettivo della normativa. Intanto viene precisato che, fra le societ escluse, perch non espressamente richiamate dalla norma, nellambito della categoria delle societ ed enti non residenti privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, non si possono considerare i soggetti solo formalmente domiciliati allestero per effetto della presunzione della cosiddetta esterovestizione di cui al comma 5-bis dellart. 73 del TUIR. Viene ampliata la casistica dei soggetti esclusi per lobbligo derivante dalla legge di costituirsi in societ di capitali. Infatti, fra queste, vengono annoverate anche le societ, a prevalente partecipazione pubblica, derivanti dal processo di trasformazione ex lege in societ per azioni degli enti appartenenti al comparto delle cosiddette partecipazioni pubbliche. Il trattamento stabilito per le societ in amministrazione controllata e straordinaria pu essere esteso, per analogia, anche alle societ che versino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e a quelle interessate da procedure di liquidazione giudiziaria. A dire il vero queste condizioni rientravano fra quelle previste in caso di non normale svolgimento dellattivit, locuzione che, sappiamo, stata gi cancellata dalla versione della normativa corretta dagli interventi del D.L. 223/2006. E stato quanto meno precisato che le societ nelle suddette condizioni non hanno necessit di presentare istanza di interpello. Peraltro la circolare n. 44/E del 9/7/2007 dellAgenzia delle Entrate ha chiarito che lesclusione automatica dallambito di applicazione della disciplina in commento, si estende per i suddetti soggetti oltre che per il periodo di durata della procedura concorsuale anche per il periodo

dimposta ad essa immediatamente precedente, ossia per il periodo o frazione di periodo dimposta che si chiude in corrispondenza della data da cui decorrono gli effetti del fallimento o della messa in liquidazione coatta amministrativa o giudiziaria. Per quanto riguarda invece le societ che hanno avuto accesso alla diversa procedura concorsuale di concordato preventivo, sempre la succitata

45

circolare ribadisce che non opera alcuna causa di esclusione automatica dalla disciplina delle societ non operative, in considerazione del fatto che limprenditore ammesso al concordato preventivo conserva il potere di amministrare i propri beni e pertanto, salvo i limiti previsti dalla legge per gli atti eccedenti lordinaria amministrazione, continua lesercizio dellimpresa. Per cui questi soggetti sono tenuti a presentare istanza di interpello per poter sperare di ottenere il permesso di disapplicare la disciplina. Con riferimento allesclusione delle societ quotate, come chiarito dalla circolare n. 25/2007, questa riconosciuta anche quando i titoli siano negoziati in mercati regolamentati esteri, a nulla rilevando la circostanza che la societ quotata (controllante o controllata) sia non residente. Lesclusione riconosciuta non solo quando i titoli quotati (dal soggetto stesso, oppure dalla controllante o dalla controllata) sono titoli azionari, ma anche quando si tratti di titoli obbligazionari. Inoltre, nel precisare che, laddove il requisito del controllo (sul soggetto quotato o da parte del soggetto quotato) si perfezioni nel corso del periodo dimposta, la societ interessata potr considerarsi controllante o controllata dal soggetto quotato, ai fini dellesclusione automatica dalla presunzione di non operativit, se tale circostanza si sia verificata per la maggior parte del periodo dimposta; la stessa circolare precisa ulteriormente che la nozione di controllo rileva in tutte le forme previste dallart. 2359 del codice civile: controllo assembleare di diritto; controllo assembleare di fatto; controllo extra-assembleare di fatto, ovvero in virt di particolari

accordi contrattuali. Per quanto riguarda la causa di esclusione prevista per i soggetti esercenti attivit di pubblico servizio di trasporto, la risoluzione n. 43/E del 12/3/2007 dellAgenzia delle Entrate ha avuto modo di sottolineare che la causa di esclusione opera limitatamente ai soggetti che la esercitano

46

direttamente e non pu considerarsi estesa anche ai soggetti che, per il tramite di partecipazioni in essi possedute, svolgono tale attivit in via indiretta. Nella circolare 25/E viene fatta una precisazione di una certa rilevanza a proposito delle perdite. Citiamo testualmente lultimo comma del capitolo 5: In coerenza alla ratio della disciplina di contrasto alle societ non operative (che impone a queste ultime di evidenziare un reddito da assoggettare a tassazione non inferiore ad un imponibile minimo forfetariamente determinato), si ritiene che le perdite di periodo di Tizio non possano essere utilizzate per compensare limponibile ricevuto per trasparenza dalla propria partecipata non operativa. Quanto appena asserito nella citata circolare ci appare in palese contrasto con quanto si potrebbe dedurre dallultima frase del capitolo 4 di unaltra circolare, la n. 48 del 26/2/1997. Citiamo testualmente anche questa: Va infine precisato che eventuali perdite dellesercizio possono essere computate in diminuzione del reddito imputato al socio. Se abbiamo ben interpretato, le nuove disposizioni non permettono pi di usufruire di questa importante possibilit fiscale. Lart. 1, comma 109, lettera g), della L. n. 296/2006 ha poi stabilito che, con effetto dallesercizio in corso al 1 gennaio 2007, il regime di comodo sar esteso anche allIrap, prevedendo limputazione in capo alle societ non operative, di un valor aggiunto presunto in misura non inferiore al reddito minimo determinato presuntivamente agli effetti delle imposte sui redditi, aumentato delle retribuzioni del personale dipendente, dei compensi dei collaboratori coordinati e continuativi e dei lavoratori autonomi occasionali e degli interessi passivi. Ora passiamo allIva. Nella circolare n. 25/E sono contenute alcune importanti precisazioni sullapplicazione delle disposizioni relative a questa imposta.

47

Intanto viene sottolineato il fatto che la preclusione al rimborso dellIva, riguarda solo leccedenza derivante da dichiarazione annuale; in altre parole significa che il contribuente, nel rispetto degli ordinari requisiti previsti dalla legge, pu ottenere il rimborso delleccedenza Iva previsto dallart. 38-bis del Dpr 633/72 per periodi inferiori allanno; anche se, nellipotesi in cui il contribuente risulti a fine esercizio non operativo e abbia chiesto e ottenuto nel medesimo esercizio un rimborso cosiddetto infrannuale, tenuto alla sua restituzione maggiorato di interessi e senza applicazioni di sanzioni. Per quanto riguarda le limitazioni previste ai fini Iva nel caso di mancato superamento del test di operativit la circolare ribadisce che esse decorrono dal periodo dimposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 223/2006; il che si traduce, per i soggetti con periodo dimposta coincidente con lanno solare, nella potenziale perdita a titolo definitivo del credito Iva esistente alla data del 31 dicembre 2008, a condizione che si riscontrino le seguenti condizioni: a) che la societ risulti non operativa per tutto il triennio 2006-2008; b) mancata effettuazione nel medesimo periodo di cessioni di beni o prestazioni di servizi di ammontare superiore quello dei ricavi presunti determinati sulla base del test di operativit. Inoltre, per i soggetti con periodo dimposta non coincidente con lanno solare la circolare precisa che, annualmente, e a partire dal periodo dimposta in corso al 4 luglio 2006, il confronto va operato fra limporto risultante dallapplicazione del comma 1 dellart. 30 e il volume daffari Iva ricalcolato, ai fini del confronto in questione, rispetto al medesimo arco temporale compreso nel periodo dimposta rilevante ai fini dellimposte dirette.

48

3. Dalla prova contraria allinterpello disapplicativo


Sappiamo bene come quello della prova contraria sia sempre stato un argomento di estremo interesse per la possibilit che viene offerta ai soggetti che non soddisfino i requisiti di operativit di sfuggire alla tagliola di un reddito minimo non prodotto effettivamente, ma da dichiarare in ogni caso. Ripercorriamo brevemente levoluzione di questa parte della disciplina delle societ di comodo. Nella versione originaria della norma previsto che la prova contraria deve riguardare leffettiva inesistenza del reddito minimo determinato ai sensi del comma 6 dellart. 30 della L. 724/1994; la

dimostrazione di ci deve derivare da oggettivi riferimenti al particolare settore in cui opera la societ o da situazioni di mercato, anche a livello territoriale, che non hanno permesso lottenimento di ricavi in misura proporzionale al valore delle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie possedute, o dalla particolare tipologia del ciclo produttivo adottato. Abbiamo messo in evidenza la locuzione reddito minimo, perch limmediato aggiornamento della norma, che avviene ad opera dellart. 27 del D.L. 23/2/1995, n. 41, prevede: La prova contraria deve essere sostenuta da riferimenti a oggettive 13 situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, di proventi e di rimanenze nella misura richiesta dalle disposizioni del presente comma. Si badi bene che, rispetto alla formulazione precedente della norma, il legislatore richiede che la societ in via ordinaria in grado di produrre i ricavi minimi previsti. In buona sostanza non ci si riferisce pi al reddito minimo, con la conseguenza che eventuali costi straordinari o sostenuti una tantum non permettono pi la possibilit di dimostrare che la societ sarebbe risultata operativa in mancanza di questi.

Si richiede la prova che la causa determinante la situazione di non operativit sia totalmente indipendente dalla volont del contribuente.

13

49

Si potrebbe perci asserire: lattivit stata interrotta per due mesi a causa della ristrutturazione dei locali; questo un evento da cui pu scaturire una diminuzione dei ricavi. Se, per, per sostenere i costi derivanti da questo intervento, si reso necessario accendere un mutuo piuttosto oneroso, per cui sono stati sostenuti interessi passivi in misura superiore alla loro consistenza media ordinaria, tanto da comportare la riduzione dellutile o addirittura il conseguimento di una perdita, la circostanza non assumer alcuna valenza ai fini di cui si parla, considerato che limportante dimostrare leffettiva contrazione dei ricavi. Ai fini della prova contraria non possibile affermare , ad esempio, che il furto della merce in deposito o la sua distruzione per un incendio consentano di uscire dal regime in argomento. Se si tiene conto solo della perdita patrimoniale le circostanze suddette non possono assolvere a tale compito. Lunica possibilit permessa dalla norma quella di dimostrare che la perdita indicata ha comportato una contrazione dei ricavi perch lattivit ne risultata compromessa o per una diminuzione delle rimanenze. La circolare del 15/5/1995, n. 140 precisa: La prova contraria pu essere fornita ogni qualvolta si verifichino situazioni di carattere straordinario da cui scaturiscono conseguenze obiettivamente riscontrabili, non suscettibili di valutazioni soggettive. In altri termini occorre dimostrare che la societ in via ordinaria in grado di produrre ricavi nella misura prevista dalla norma e come gli eventi di carattere straordinario non ne abbiano permesso la realizzazione, facendo per esempio riferimento allammontare dei ricavi risultanti dai bilanci degli esercizi precedenti, in cui non si era in presenza di una situazione di crisi. Unaltra circostanza, che viene portata a titolo di esempio nella circolare citata, quella di una societ finanziaria che abbia conseguito minori proventi a causa della mancata distribuzione di dividendi da parte delle societ controllate, interessate, ad esempio, da una crisi del settore di appartenenza, semprech, naturalmente, si possa presumere che sarebbero stati, altrimenti, distribuiti dividendi in misura tale da consentire alla

50

controllante di raggiungere il limite minimo di ricavi per porsi al sicuro dagli strali del fisco. Lo stesso D.L. n. 41/1995 introduce le modalit attraverso le quali esperire la prova contraria. Intanto stabilisce che gli uffici delle entrate possono determinare il reddito induttivamente , in misura pari a quella presunta, anche con la procedura prevista dallart. 41-bis del Dpr n. 600/1973, fermo per lordinario potere di accertamento. Di conseguenza: se la societ dichiara il reddito minimo presunto,

lAmministrazione finanziaria non chiede alcuna informazione in quanto la societ si adeguata spontaneamente alla normativa; questo non significa che la stessa non possa far ricorso alle norme ordinarie sullaccertamento per contestare la non inerenza o la indetraibilit di costi o la omissione di ricavi; se la societ non dichiara il reddito minimo presunto, gli uffici

delle entrate lo determinano induttivamente in misura pari a quella presunta ai sensi dellart. 41-bis del Dpr 600/1973. Detto accertamento viene eseguito, a pena di nullit, previa richiesta al contribuente, anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni. Nella risposta devono essere indicati i motivi posti a fondamento della cosiddetta prova contraria. I motivi non addotti in risposta alla richiesta di chiarimenti non possono essere fatti valere in sede di uneventuale successiva impugnazione dellatto di accertamento; situazione, questultima, che lamministrazione finanziaria obbligata a portare a conoscenza del contribuente contestualmente alla richiesta. In relazione a questultimo aspetto non si sono fatte attendere le critiche della dottrina tanto da configurare una violazione allart. 24 della Costituzione. Nel caso in cui lufficio non dovesse ritenere fondati o sufficienti i motivi di giustificazione addotti, laccertamento viene eseguito ai sensi dellart. 41-bis del Dpr

51

600/1973; in pratica si tratta di un particolare accertamento parziale che viene automaticamente redatto dal sistema informativo centrale. Alla natura <<parziale>> di simile accertamento si collegano due conseguenze: a) la prima che resta impregiudicata lulteriore eventuale attivit istruttoria dellufficio, e la possibilit di emanare un successivo avviso di accertamento, anche in base ad elementi gi acquisiti dallufficio al momento dellemissione dellaccertamento parziale; b) la seconda che laccertamento parziale non richiede la collaborazione del comune. 14 La risoluzione del 4/7/1997, n. 154 fornisce un caso emblematico di come vadano interpretate ed applicate le disposizioni della norma relative alla prova contraria. Si riporta il caso di una societ insediata in una delle aree costruite a seguito del sisma avvenuto in Irpinia nel 1980 nellambito di un programma di industrializzazione anche mediante provvidenze finanziarie subordinate alleffettuazione di investimenti produttivi di importo rilevante ed al superamento di tassativi collaudi sulle linee di produzione. La istante fa presente tutta una serie di situazioni di carattere straordinario e valutabili in modo oggettivo (lattivit svolta nellultimo triennio stata necessariamente di ricerca, sperimentazione e formazione e, quindi, prodromica alla realizzazione del prodotto; la necessit di dover rispettare particolari disposizioni che hanno subordinato lottenimento di determinate risorse finanziarie alleffettuazione di notevoli investimenti produttivi, per giunta sproporzionati rispetto alla fase iniziale dellattivit in cui si trova limpresa; linagibilit delle infrastrutture per il mancato collaudo di alcune opere da parte delle competenti autorit) che fanno ritenere al Dipartimento delle Entrate giustificato il temporaneo

conseguimento di ricavi, proventi e incrementi di rimanenze in misura inferiore a quella presuntivamente stabilita dalla normativa sulle societ non operative.

Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Vol. 1, parte generale, ottava edizione, Utet giuridica, Cap. XI, pag. 240

14

52

E di una certa rilevanza la precisazione che viene fornita alla fine della risoluzione: Ove, comunque, tali circostanze non dovessero trovare reale rispondenza, sembra opportuno evidenziare che, ai fini della verifica della condizione di operativit mediante lapplicazione dei previsti coefficienti di rendimento al valore delle immobilizzazioni e di determinati elementi dellattivo patrimoniale, non deve tenersi conto di quelle immobilizzazioni e di quegli elementi patrimoniali che, per specifici motivi oggettivi (come ad esempio il mancato collaudo), non stato possibile utilizzare. Viene quindi rimarcata la possibilit, per il contribuente, di non considerare ai fini del test di operativit prodotto i correlati ricavi. Ed arriviamo al 2006 con le deflagranti novit apportate dal D.L. 223 e dalla Finanziaria 2007. Innanzitutto, viene eliminata dal testo normativo lipotesi quegli asset che non hanno

contemplata espressamente dal previgente n. 2) dellultimo periodo del comma 1 dellart. 30, che disponeva di diritto la non applicazione del regime ai soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dellattivit. Ne abbiamo gi accennato nel capitolo precedente. Qui ricordiamo che la circolare n. 48/E del 26/2/1997 aveva elencato alcuni casi in cui si poteva esemplificare un non normale svolgimento dellattivit, come nellipotesi in cui la costruzione degli impianti necessari per iniziare lattivit produttiva prevista nelloggetto sociale si fosse protratta per pi esercizi; non fossero state rilasciate le concessioni o le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dellattivit; fosse svolta esclusivamente unattivit di ricerca, di per s improduttiva di ricavi, propedeutica allinizio delleffettiva attivit produttiva. Cerchiamo di comprendere la ratio di questo intervento legislativo che cambia in modo dirompente le regole cui, fino a questo momento, ci si doveva attenere. Possiamo ritenere che in questo modo il legislatore abbia voluto consentire allAmministrazione finanziaria di censire in maniera

53

pi agevole le societ in odore di non operativit; di evitare, cio, che queste ultime potessero nascondersi dietro il velo del non normale svolgimento dellattivit. Tale ipotesi di esclusione, prevista per legge, consentiva ai contribuenti di autoescludersi dallapplicazione del regime delle societ di comodo, salvo lobbligo eventuale di fornire successivamente allAgenzia delle Entrate, su richiesta della stessa, la prova di essersi trovati, nel periodo dimposta in oggetto, in una situazione di anormale svolgimento dellattivit. Sino allesercizio chiuso anteriormente al 4 luglio 2006 (per la generalit dei soggetti il periodo dimposta 2005) i contribuenti che ritenevano di trovarsi in detta situazione potevano, dunque, autonomamente decidere di non adeguarsi, salvo la facolt dellAmministrazione Finanziaria di contestare tale scelta in un momento successivo. Quindi, ricapitolando, i contribuenti, vigendo la precedente disciplina delle societ di comodo, avevano a disposizione due possibilit per sfuggire alle presunzioni da questa previste, con valutazione autonoma, di cui era possibile fornire successivamente prova e giustificazioni, a richiesta, eventuale, degli organi di controllo: la prima, che permetteva lesclusione a quei soggetti che ritenessero di trovarsi in un periodo di non normale svolgimento dellattivit (art. 30, comma 1, ultimo periodo, n. 2); costoro, per giunta, non erano neppure tenuti alla compilazione dellapposito prospetto per la verifica delloperativit contenuto nella dichiarazione dei redditi; la seconda rappresentata dalla possibilit di fornire a posteriori la prova contraria con riferimento a particolari situazioni oggettive di carattere straordinario che non avevano consentito il conseguimento dei ricavi nella misura minima presunta dalla legge (art. 30, comma 1, secondo periodo e art. 30, comma 4); in tali casi il contribuente aveva lobbligo di compilare in dichiarazione il suddetto prospetto di verifica, determinando quindi sia lentit dei ricavi sia quella del reddito minimo presunto, ma aveva facolt di non adeguarvisi, con riserva di fornire

54

successivamente la prova contraria, a giustificazione del proprio operato, nel caso in cui, in sede di accertamento, lA.F. lavesse richiesta. Il D.L. n. 223/2006 ha stravolto completamente questa impostazione, non solo sopprimendo, come gi anticipato, dal novero delle ipotesi espresse di esclusione il caso di non normale svolgimento dellattivit, ma anche eliminando ogni riferimento alla possibilit di fornire la prova contraria in momento successivo alla decisione di non adeguarsi alla disciplina delle societ di comodo. Tale innovazione stata introdotta dal comma 4-bis dellart. 30 (inserito ex novo dal D.L. n. 223/2006 e modificato dalla L. 296/2006) e consente che In presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario 15 che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonch del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dellimposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la societ interessata pu richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dellart. 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Lunica possibilit di contrastare le presunzioni previste dalla legge circa la non operativit della societ ormai affidata esclusivamente alla presentazione di unistanza di disapplicazione delle medesime, da avanzare allAgenzia delle Entrate ai sensi dellart. 37-bis, comma 8, del Dpr 29/9/1973, n. 600. Il contribuente, per ottenere la disapplicazione, deve presentare istanza al Direttore regionale dellAgenzia delle Entrate; nellistanza deve: a) descrivere compiutamente loperazione; b) dimostrare che non possono verificarsi effetti elusivi; c) indicare le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione.
Le parole sottolineate vengono cancellate nella versione novellata dalla L. 296/2006, la qual cosa ha la sua importanza considerato che in tal modo viene facilitata laccettazione delle proprie tesi (come prospettato nella circolare del 16/2/2007, n. 11, risposta 6.7); come pure verr fatto sparire linciso salvo prova contraria dal comma 1 della L. 724/1994 che resisteva dalla versione originaria.
15

55

Listanza accolta o respinta, con provvedimento definitivo, dal Direttore regionale dellAgenzia delle Entrate 16 . Listanza ha natura preventiva, per cui deve essere presentata dallinteressato prima della compilazione della dichiarazione dei redditi allinterno della quale si opera la scelta di adeguare o meno il proprio reddito imponibile a quello minimo previsto dalla disciplina. Non si pu fare a meno di rilevare la posizione assunta dallAgenzia delle Entrate, per la quale la presentazione dellistanza condicio sine qua non alla possibilit di impugnazione di un eventuale avviso di accertamento. Ma avremo modo di approfondire tale aspetto nel corso del lavoro. LAgenzia delle Entrate gi intervenuta sullargomento, dapprima con la circolare n. 5/E del 2/2/2007 e, poi, con la circolare n. 14/E del 15/3/2007. In primo luogo stato precisato che le nuove disposizioni decorrono a partire dal periodo dimposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. n. 223/2006. Listanza deve contenere i seguenti elementi essenziali, richiesti dallart. 1, comma 2, lettera c), del D.M. 19/6/1998, n. 259: dati identificativi del contribuente e del suo legale

rappresentante; indicazione delleventuale domiciliatario presso il quale

effettuare le comunicazioni; sottoscrizione del contribuente o del suo legale

rappresentante. In mancanza di uno dei su elencati elementi, listanza sar ritenuta inammissibile e considerata, a tutti gli effetti, come non presentata. Nella domanda dovr, inoltre essere descritta compiutamente la fattispecie concreta sottoposta allesame della Direzione Regionale in base
Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Vol. 1, parte generale, ottava edizione, Utet giuridica, Cap. XII, pag. 257
16

56

allart. 1, comma 3, del D.M. 19/6/1998, n. 259, prevedendo che essa, sebbene indirizzata al Direttore regionale dellAgenzia delle Entrate competente per territorio, sia spedita in plico raccomandato con avviso di ricevimento al competente ufficio locale; viene consentito che la presentazione possa avvenire anche mediante consegna a mano allufficio locale. Questultimo, entro 30 giorni dal ricevimento, trasmetter listanza al Direttore Regionale, corredandola del proprio parere; il Direttore emaner il provvedimento di accoglimento o di rigetto dellistanza, avendo cura che ci avvenga entro 90 giorni dalla data di presentazione allufficio locale, salvo che richieda ulteriore documentazione al contribuente; in tale ipotesi, la richiesta sospender il termine per lemanazione del provvedimento. E dobbligo, a questo punto, fare alcune considerazioni. Al paragrafo 5 della circolare 14/E del 15/3/2007 viene precisato che listanza di disapplicazione sar dichiarata improcedibile ogni qual volta non descriva compiutamente la fattispecie concreta presentata allesame del Direttore regionale. Tuttavia, in tale ipotesi, facolt degli organi competenti richiedere ai contribuenti dati ed elementi di prova integrativi17 . Nel caso in cui venga fornito un riscontro parziale alla suddetta richiesta, il Direttore dichiarer nuovamente limprocedibilit dellistanza, e non il suo rigetto, prospettando in ogni caso la possibilit di riproporre listanza adeguatamente argomentata. Orbene, quello che ci preme mettere in evidenza che, sia in caso di inammissibilit sia in caso di improcedibilit, listanza sar da considerarsi come non presentata affatto, con la conseguenza che non sar consentito successivamente, in sede di eventuale contenzioso tributario, addurre alcuna prova contraria volta a disattendere la presunzione di non operativit. La penalizzazione per quei contribuenti che dovessero trovarsi nelle suddette situazioni (inammissibilit o improcedibilit delle proprie istanze
17

Si badi bene che, in base a quanto riportato nella citata circolare, la richiesta pu essere avanzata una sola volta, atteso che reiterate richieste, comportando altrettante sospensioni del termine per lemanazione del provvedimento, contrasterebbero con i principi di non aggravamento e di celerit del procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990.

57

presentate), rispetto a coloro che non presentano alcuna istanza, deriva dal fatto che risultano comunque censite dallAmministrazione finanziaria e, di conseguenza, suscettibili di essere inserite nelle liste selettive di controllo. Diverso il ragionamento che si pu fare per coloro che dovessero ottenere un provvedimento di accoglimento per listanza presentata. Per costoro, infatti, si potrebbe prospettare un eventuale controllo sostanziale da parte degli organi verificatori, per accertare leffettiva sussistenza degli elementi forniti nellistanza presentata. In caso di uneventuale successiva revoca del provvedimento di accoglimento per acclarata diversit dei fatti ed elementi esposti rispetto a quelli appurati, e conseguente emanazione dellavviso di accertamento, rimarr in ogni casi impregiudicato il diritto di difesa del contribuente in sede di contenzioso. Infine, per i contribuenti che ottengono un provvedimento di rigetto dovrebbe scattare automaticamente lavvio della procedura di accertamento, qualora dovessero decidere di non adeguarsi al provvedimento sfavorevole. In ogni caso, anche per costoro, rimarr impregiudicato il pieno diritto di difesa in sede di giudizio tributario, avverso lavviso di accertamento finanziaria. Rispetto alla previgente formulazione della norma, va evidenziato il mancato richiamo allart. 41-bis del Dpr 600/1973. Il precedente comma 4 dellart. 30 della L. 724/1994, prevedeva, infatti, che qualora il contribuente avesse dichiarato un reddito inferiore a quello minimo, lAmministrazione Finanziaria avrebbe potuto determinarlo induttivamente, in misura pari a quella presunta, anche mediante lapplicazione di cui allart. 41-bis del Dpr n. 600/1973. Il mancato richiamo, nellultima versione, di detta norma non esclude, comunque, tale possibilit tenuto conto della formulazione della disposizione che consente, ad esempio, di emettere avvisi di accertamento parziale sulla base anche dei soli dati in possesso dellAnagrafe Tributaria. emanato dai competenti organi dellAmministrazione

58

Naturalmente, viene ricordato come, considerato il carattere preventivo dellinterpello rispetto alla presentazione della dichiarazione, sia necessario attivarsi in tempo debito per poter ottenere una risposta in tempo utile. Tanto pi che il contribuente potrebbe avere interesse a conoscere le decisioni del Direttore regionale entro il termine stabilito per ladozione della delibera di scioglimento agevolato o di trasformazione in societ semplice, cio entro il 31 maggio 2007. Non pu escludersi, infatti, che la decisione in merito allo scioglimento o alla trasformazione possa essere influenzata da una eventuale risposta negativa. Approfittiamo di questultima precisazione per ricordare che non sono tenute a presentare interpello disapplicativo le societ che presentandosi non operative nel periodo in corso alla data del 4 luglio 2006, nonch quelle che a tale data si trovavano nel primo periodo dimposta, abbiano deciso di deliberare lo scioglimento o la trasformazione in societ semplice. La citata circolare n. 5/E del 2/2/2007 ha precisato alcuni concetti di basilare importanza: nella novellata norma, al comma 4-bis, non si fa pi

riferimento solo ai ricavi, incrementi di rimanenze e proventi, esclusi quelli straordinari, conseguiti in misura inferiore ai limiti consentiti dalla legge, ma si torna a prendere in considerazione anche il reddito minimo, nonch le operazioni rilevanti ai fini dellimposta sul valore aggiunto. La conseguenza di rilievo che la societ potrebbe essere interessata a presentare istanza di disapplicazione ai soli fini del reddito minimo presunto, evidenziando situazioni (ad esempio il sostenimento di costi straordinari) che ne hanno impedito il conseguimento; ci anche in presenza di componenti positivi di reddito che non abbiano permesso di superare il test di operativit. Puntualizza la circolare che la tipologia dei costi straordinari portati a sostegno della richiesta di disapplicazione deve essere oggetto di attenta indagine da parte dei Direttori regionali, facendo particolare attenzione a quelli addebitati alla societ, ma sostenuti a diretto beneficio dei soci. Lo

59

stesso discorso fatto finora vale per la possibilit di richiedere, ricorrendone le circostanze, una disapplicazione parziale ai fini Irap e/o Iva; ha precisato che la soppressione del riferimento alla prova

contraria al comma 1 dellart. 30, operata dalla Finanziaria 2007, allart. 1, comma 109, lett. a), ha avuto esclusivamente lo scopo di impedire che detta prova potesse essere fornita soltanto a posteriori in sede di un eventuale accertamento o di contenzioso, richiedendo, invece, che venga fornita preventivamente, con la proposizione dellinterpello; ha riconosciuto che deve, comunque, essere ammessa la

possibilit di ricorrere ai giudici tributari impugnando leventuale avviso di accertamento emesso dallAgenzia delle Entrate, a seguito del rigetto dellistanza, precisando per lobbligatoriet della presentazione dellistanza stessa, in mancanza della quale il ricorso inammissibile; ha ritenuto, daltra parte, non ammissibile limpugnazione

del provvedimento di diniego da parte del Direttore regionale, poich esso non compreso fra gli atti autonomamente impugnabili elencati nellart. 19 del D.Lgs. 31/12/1992, n. 546. 18 Nella circolare vi sono altre considerazioni di un certo interesse. Se, in sede di interpello vengono addotte e ritenute valide situazioni ed elementi che condizionino la redditivit anche di pi periodi dimposta, il Direttore destinatario della richiesta potr essere indotto a dare parere positivo anche per una pluralit di esercizi, che siano, per, puntualmente individuati. Abbiamo gi visto come le novit introdotte dal D.L. 223/2006 decorrano dal periodo dimposta in corso al 4 luglio 2006. Per i periodi precedenti resta ferma la validit delle disposizioni previste dal previgente comma 4 dellarticolo 30 della L. 724/1994. Listanza pu essere presentata anche nel corso dello stesso periodo dimposta di cui si presuppone la non operativit.
La questione controversa. In effetti listituto non risulta fra gli atti autonomamente impugnabili, elencati nel D. Lgs. n. 546/1992, anche se la Corte di Cassazione ha ritenuto impugnabile un provvedimento di diniego nella sentenza 11 ottobre 2004, n. 23731.
18

60

Considerato che il periodo di non normale svolgimento dellattivit non configura pi una causa di esclusione apprezzabile autonomamente dal contribuente, questi tenuto a presentare linterpello anche se la causa che gli permetteva di sfuggire alla disciplina delle societ di comodo sia tuttora perdurante. Anche la liquidazione volontaria non costituisce pi, a differenza del passato, una causa di esclusione automatica. Adesso rappresenta una condizione che permette la presentazione dellinterpello disapplicativo, a condizione, per, che sia dimostrata dal contribuente una effettiva volont di liquidare la societ, producendo ogni documentazione utile a dimostrarla. Anche le holding possono rientrare nellambito di applicazione della normativa sulle societ di comodo, qualora non conseguano redditi (tipicamente dividendi e plusvalenze) in misura necessaria per il superamento del test di operativit. Lestensore della circolare n. 5/E ha ritenuto giusto valutare se e quando la mancata erogazione di dividendi costituisca una ragionevole ipotesi per ottenere la disapplicazione. A tal fine, lindagine circa loperativit, in linea di massima, dovr spostarsi sulle societ partecipate, in modo tale che, qualora listanza di disapplicazione sia accolta in capo a queste ultime, si potr normalmente accogliere anche quella presentata dalla holding stessa. Il riscontro positivo dellistanza potr, a titolo di esempio, aversi per i seguenti casi: societ partecipate con riserve di utili non sufficienti, in caso

di integrale distribuzione, a consentire alla holding di superare il test di operativit; mancata distribuzione di dividendi da parte delle partecipate

dovuta alla necessit di coprire con le riserve di utili esistenti le perdite conseguite; societ partecipate che si trovano in fase di avvio dellattivit

o che operano in settori in crisi;

61

cosiddette special purpose vehicle (SPV) che dimostrano di

dover necessariamente impiegare i proventi conseguiti dalla societ target per il rimborso dei debiti contratti per lacquisto della target stessa. Con specifico riferimento al caso della mancata distribuzione delle riserve di utili, la circolare n. 25/E ha provveduto a fornire unaltra precisazione di un certo rilievo, secondo cui pu costituire circostanza utile ai fini dellaccoglimento dellistanza anche il fatto che la partecipata, pur disponendo di utili e riserve di utili in quantit tale da permettere, in caso di distribuzione delle stesse, il superamento del test da parte della partecipante, non abbia proceduto alla relativa distribuzione in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al rafforzamento dellattivit produttiva, sempre che sia dimostrato che lutile o sar destinato in tal senso. Nella risposta 6.7 della circolare del 16/2/2007, n. 11 viene chiarito che si pu ottenere la disapplicazione anche quando si dimostri che leventuale distribuzione di tutti gli utili della partecipata non sarebbe stata sufficiente a raggiungere il livello minimo richiesto per superare il test di operativit. Con riferimento alle immobiliari, che hanno per oggetto la realizzazione e la successiva locazione di immobili, il paragrafo 4.5 della circolare n. 5/E riporta una serie di oggettive situazioni che possono legittimare la disapplicazione della normativa in commento. La prima ipotesi riguarda quelle immobiliari che abbiano iscritto in bilancio esclusivamente immobilizzazioni in corso di realizzazione, da destinare successivamente alla locazione, ma non suscettibili, al momento, di produrre alcun reddito. In presenza di immobili gi locati ed altri in corso di realizzo, viene consentito, limitatamente a questi ultimi, che non rilevino ai fini del test di operativit e a quello per la determinazione del reddito minimo (si tratterebbe, quindi, di una disapplicazione parziale). Per completezza di esposizione occorre sottolineare che la circolare n. 25/E ha successivamente precisato che le societ che detengono solo immobilizzazioni in corso sono addirittura esonerate dallobbligo di presentare istanza disapplicativa.

62

La seconda ipotesi ricorre quando la societ immobiliare dimostri di essere nellimpossibilit di praticare canoni di locazione in misura tale da permetterle di superare i predetti test. Ci si verifica nei casi in cui i canoni dichiarati siano almeno pari a quelli di mercato, determinati ai sensi dellart. 9 del TUIR. In aiuto del contribuente sono arrivate le disposizioni della circolare n. 25/E, dove viene precisato che per la determinazione del valore di mercato dei canoni di locazione si pu fare riferimento ai valori (espressi in euro per mq al mese) pubblicati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dellOsservatorio del mercato immobiliare, consultabili sul sito internet dellAgenzia del Territorio. La terza ipotesi fa riferimento allimpossibilit di modificare i contratti locativi in corso. Lultima ipotesi riguarda gli immobili che siano inagibili, il cui effettivo riscontro non potr che essere effettuato sul campo. E pacifico il fatto che le fattispecie sopra elencate possano essere fatte valere anche nel caso si tratti di societ ed enti non immobiliari per casi similari. Di estrema importanza quanto viene riportato nel paragrafo 8 della circolare n. 25/E. Viene fatto espresso riferimento alla possibilit di disapplicazione parziale qualora le situazioni oggettive invocate dal contribuente si riferiscano soltanto ad alcuni dei beni considerati al comma 1 dellart. 30 ovvero riguardino solo parte del triennio di riferimento per la determinazione dei ricavi presunti. In questi casi, il Direttore regionale potr tenerne conto per permettere che detti beni non rilevino totalmente o solo per gli anni nei quali sono stati ritenuti improduttivi, determinando, quindi, diversamente lammontare dei ricavi figurativi o del reddito minimo. In tal caso il Direttore regionale, valutate positivamente le richieste del contribuente in merito a dette situazioni, sar tenuto a specificare nella risposta allistanza di interpello che sar cura del contribuente provvedere a neutralizzare leffetto della presenza di tali situazioni eliminando nei calcoli

63

il valore degli asset interessati dalle stesse e dei ricavi ad essi direttamente correlabili. Gli importi dei ricavi presunti e del reddito minimo determinato applicando i coefficienti previsti dalla legge al valore degli asset calcolato in base ai suddetti criteri, rileveranno come limite di riferimento per lapplicazione dellintera disciplina delle societ di comodo; quindi anche per le disposizioni riguardanti IVA e IRAP. La circolare n. 44/E del 9/7/2007 offre tutta una serie di esempi su come debbano essere interpretate le condizioni e gli elementi oggettivi (quindi non riconducibili alla volont del contribuente) e su quali sono i principi che stanno alla base del ragionamento che conduce alla eventuale accettazione (anche parziale) o negazione dellistanza disapplicativa presentata. Dallesame delle risposte fornite ai quesiti prospettati colpisce quella data alla domanda 2.7, dove viene prospettato il caso di una societ immobiliare, proprietaria di un unico fabbricato commerciale locato da diversi anni a uno stesso soggetto. Nonostante che il contratto sia stato rinnovato a gennaio 2006 a un canone molto pi elevato rispetto al passato, la societ non in grado di superare il test di operativit a causa dei pi bassi canoni incassati nei due anni precedenti; in considerazione di quanto appena evidenziato si chiede laccoglimento dellistanza di disapplicazione. La risposta, a nostro avviso, rende lidea di quanto sia diventata elastica la disciplina in riferimento alla prova contraria da fornire per sfuggire ai lacci di questa normativa tanto controversa. In effetti, viene risposto che innanzitutto bisogna verificare se i canoni previsti nel vecchio contratto fossero non inferiori a quelli di mercato riferiti alla data di stipula dello stesso; gli stessi canoni, infatti, possono ritenersi congrui per lintera durata del contratto solo se lo risultano rispetto ai canoni vigenti nel primo anno di locazione. Acclarato questo fatto si potr effettuare il test senza considerare i canoni del biennio precedente, ma solo il canone del 2006.

64

Da ultimo citiamo la Risoluzione 24/7/2007 n.180/E nella quale, in risposta ad una istanza di interpello, viene chiarito che gli oneri pluriennali capitalizzati come migliorie su beni di terzi rilevano nel comparto altre immobilizzazioni come costi ad utilit pluriennale, sebbene non siano mai stati espressamente elencati nei precedenti documenti di prassi.

65

4. Considerazioni conclusive
Quella delle societ di comodo una vecchia disciplina tornata prepotentemente di attualit. E figlia della smania dei nostri legislatori di presumere tutto quel che possibile in ambito fiscale. E un istituto che si affianca alla disciplina degli studi di settore, altro strumento che viene utilizzato per stimare la capacit contributiva delle aziende. Per giunta, lapplicazione dello studio di settore non esclude quella del regime delle societ di comodo. Paradossalmente potrebbe verificarsi una situazione come quella di seguito descritta. Una societ, la cui dichiarazione annuale iva evidenzia un forte credito, viene sottoposta allo studio di settore, risultando non congrua. Di conseguenza adegua i propri ricavi alle risultanze di Ge.Ri.Co. e diventa debitrice delliva calcolata sul maggior imponibile. Purtroppo, anche il test di operativit d risultato negativo. Essendo una societ di comodo perde il diritto allutilizzo in compensazione del credito iva derivante dalla dichiarazione annuale ed quindi costretta a versare la maggiore imposta scaturente dallapplicazione dello studio di settore (oltre alle maggiori Ires/Irpef e Irap). Francamente, questo troppo. Se si pu condividere la ratio dellutilizzo degli studi di settore (ma anche in questo caso i motivi per lamentarsi non mancano), molto meno lo si pu fare per la normativa sulle societ non operative. Mentre gli studi rappresentano un mezzo abbastanza sofisticato per combattere la tendenza dei contribuenti a nascondere i propri ricavi per abbassare il proprio reddito imponibile, lo strumento escogitato per la seconda va a sindacare leffettiva operativit di una societ, basandosi esclusivamente su dati patrimoniali, senza tenere in alcun conto quelli che sono i dati contabili relativi al conto economico.

66

Anzi, per dirla tutta, si soggetti ad una doppia presunzione: quella relativa ai ricavi, in base ai quali determinare se si operativi o meno; quella relativa al reddito, per determinare se assoggettare a tassazione quello risultante dai dati contabili o quello minimo risultante dal test previsto dalla legge. Insomma le societ di comodo vengono sottratte al loro regime naturale: sul versante delle imposte dirette, con lattribuzione di un reddito minimo, comunque assoggettato ad imposta e sul versante iva con la loro equiparazione al consumatore finale non imprenditore, con conseguente carico dellimposta. Orbene, mentre si potrebbe convivere con il reddito forfettario determinato ai sensi del comma 3 della L. 724/1994, la norma pare invece aver ecceduto per ci che concerne limposta sul valore aggiunto. Infatti, le varie esclusioni previste dal regime allutilizzo del credito iva risultante dalla dichiarazione annuale (fino addirittura alla sua perdita definitiva), addebitano limposta alla societ considerata di comodo, come se questa fosse il consumatore finale che effettivamente non . Invece, essa da considerarsi impresa a tutti gli effetti e, come tale soggetta alle regole che disciplinano liva, ovvero allemissione delle fatture con addebito o meno dellimposta e al beneficio della deduzione della stessa sugli acquisti, con diritto allutilizzo o al rimborso delleventuale eccedenza a credito. Il diniego di tale utilizzo viola un diritto riconosciuto alle imprese ed irrispettoso della struttura normativa del tributo. A ben vedere lintroduzione del regime delle societ di comodo con lart. 30 della legge 23/12/1994, n. 724 non aveva interessato in alcun modo liva, verosimilmente per non scontrarsi con i principi comunitari e con la legge delega istitutiva del tributo. Successivamente le varie riformulazioni della legge hanno portato allabbandono di questo atteggiamento prudenziale da parte del legislatore, con il risultato di violare il principio della detrazione dellimposta sul valore aggiunto [art. 5, n. 6), della legge n. 825/1971] e il diritto al rimborso delleccedenza a credito [art. 5, n. 10), della legge n. 825/1971].

67

Insomma, lintroduzione di questo istituto tributario fa comodo allErario, visto che continua a servirsi di tali societ per la riscossione delliva 19 e, allo stesso tempo, nega loro i diritti riconosciuti

allimprenditore dalla legislazione tributaria vigente relativa allimposta sul valore aggiunto. Invece, lAmministrazione finanziaria ha il potere-dovere di accertare linterposizione fittizia della societ di comodo, quando questa appaia impresa ed in realt sia comunione (art. 37, comma 3, del Dpr n. 600/1973) e dispone dei poteri di accertamento, controllo e rettifica (artt. 31 e seguenti del Dpr n. 600/1973 per le imposte dirette e artt. 51 e seguenti del Dpr n. 633/1972 per liva) avendo riguardo allindividuazione di ricavi non dichiarati, perch destinati a finalit estranee allesercizio dimpresa (art. 85, comma 2 del Tuir e artt. 2, comma 2, n. 5), e 3, comma 3, del Dpr n. 633/1972) e di costi non inerenti (artt. 109, comma 5, del Tuir e 19, comma 1, del Dpr n. 633/1972). Si messa in evidenza la parola dovere perch sarebbe ora che lAmministrazione finanziaria procedesse a migliorare i controlli mirati ed effettivi, piuttosto che affidarsi alle presunzioni. Non possibile continuare ad accettare questi metodi, soprattutto se si deve andare a sindacare sulla effettiva sussistenza dei requisiti per considerare o meno operativa una societ o ente che sia. Non si pu liquidare la questione basandosi su dati patrimoniali, senza andare ad indagare sul campo, controllando identit, atti, documenti, registri e quantaltro pu essere utile ai fini del riscontro di cui sopra. Alla fine forte il sospetto che, in barba ai principi ispiratori della normativa sulle societ di comodo, ribadita a pi riprese nei vari documenti di prassi emanati in tutti questi anni, tutto questo sistema sia stato

improntato e implementato nel tempo soltanto per ragioni di cassa.


19

In effetti le societ non operative continuano ad essere soggetti passivi dimposta tenuti alladdebito e alla rivalsa del tributo ai sensi degli artt. 17 e 18 del Dpr n. 633/1972.

68

In definitiva, sarebbe ora di finirla, una volta per tutte, di prendere a modello questo sistema di sparare nel mucchio per riuscire a colpire chi si comporta in maniera non corretta. Non si pu pensare di risolvere i problemi fiscali rendendo la vita impossibile a tutti i contribuenti, nessuno escluso, partendo dal presupposto che si tutti colpevoli. Un altro aspetto che lascia perplessi laumento non giustificato dei coefficienti che vanno applicati agli immobili ai fini dei test di cui al regime in esame; aspetto, questo, che riguarda in particolar modo le societ immobiliari, guarda caso, le principali indiziate di non operativit e, in quanto tali, le principali destinatarie della normativa. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che lincremento del parametro da applicarsi al costo degli immobili (dal 4 al 6 per cento) sia tale da far rientrare potenzialmente nel novero delle societ di comodo quasi tutte le societ immobiliari pure operanti in alcune zone del nostro paese; in particolare le pi penalizzate dovrebbero essere quelle che hanno acquistato o rivalutato di recente, per le quali sar molto difficile conseguire ricavi superiori a quelli presunti. Se la potrebbero cavare quelle che detengono i fabbricati da molto tempo e quindi con un costo iscritto in bilancio relativamente modesto. Singolare poi il fatto che vengono aumentati i coefficienti relativi agli immobili quando studi di fonte Nomisma, pubblicati sul Sole 24 Ore del 24 luglio 2006, dimostrano, in modo inequivocabile, che i rendimenti medi lordi derivanti da locazioni di uffici, negozi e abitazioni si sono progressivamente ridotti nel periodo intercorrente fra il 2002 e il 2006. Qualche parola bisogna pur spenderla a proposito di quella parte della disciplina che riguarda la prova contraria e linterpello disapplicativo. Anche qua le dolenti note non mancano. Abbiamo visto nei precedenti capitoli come, in relazione a questa parte della normativa, lAgenzia delle Entrate assume una posizione decisamente rigida e francamente poco convincente, soprattutto alla luce del ruolo che lAgenzia medesima ha ritenuto di poter rivestire.

69

Ricordiamo brevemente le tesi dellAgenzia: la societ che ritenga di voler disapplicare le norme in materia di societ di comodo deve inoltrare istanza di interpello come da art. 37-bis, Dpr n. 600/1973. In caso di risposta negativa da parte del Direttore regionale, sar possibile esperire il ricorso avverso leventuale avviso di accertamento, considerato che non consentito impugnare autonomamente il diniego del Direttore. Nel caso in cui non sia stata inoltrata listanza di interpello il ricorso contro lavviso di accertamento diventa inammissibile. Questa impostazione non condivisibile, innanzitutto, perch risulta inaccettabile il fatto che lAgenzia delle Entrate si arroghi il diritto di poter giudicare inammissibile la possibilit di presentare un ricorso, quando questa facolt spetta esclusivamente al giudice tributario. Non di molto tempo fa lintervento della Suprema Corte di Cassazione che stigmatizza questi comportamenti dellAmministrazione finanziaria. Infatti, nella sentenza 30 novembre 2006, n 25506 si legge: in materia fiscale gli interventi interpretativi sono sempre pro Fisco, in quanto dettati da ragioni di cassa (nellintento di realizzare maggiori entrate). Non sono ispirati, quindi, alla esigenza di realizzare la certezza del diritto, ma soltanto a garantire gli interessi di una delle parti in causa e ancora si afferma che non facile distinguere lAmministrazione finanziaria, parte in causa, dal legislatore. In buona sostanza, lAgenzia delle Entrate non pu, allo stesso tempo, rivestire il ruolo di parte in causa e giudice del contenzioso tributario. Inoltre, la tesi delle Entrate non convince affatto per i motivi che seguono: se linterpello fosse un passaggio necessario per poter

successivamente produrre ricorso avverso lavviso di accertamento il dettato dellart. 30, comma 4-bis, L. 724/1994 avrebbe dovuto prevedere lobbligo dellistanza, mentre, a ben vedere, la norma riferisce di una facolt, atteso che viene utilizzato il termine pu e non deve;

70

il D. Lgs. 31/12/1992, n. 546 prevede allart. 18, commi 2 e

4, i presupposti che determinano linammissibilit del ricorso e tra questi non figura lassenza dellistanza di interpello. Bisogna poi ricordare che si possono verificare particolari situazioni in cui la societ pu venire a conoscenza di essere soggetta alla normativa sulle societ di comodo quando non pi possibile linoltro della istanza. E di recente accadimento lincredibile balletto cui ha dato vita lAgenzia delle Entrate a proposito dellinclusione della liquidazione giudiziaria nel novero delle possibili cause di esclusione automatica dal regime delle societ non operative. Da principio, la condizione di cui sopra non viene considerata fra le cause di esclusione; in seguito, la circolare n. 25/E del 4 maggio 2007 al par. 2 la estende, per analogia, a quella prevista per le societ in amministrazione controllata o straordinaria; la circolare 44/E del 9 luglio 2007 alla risposta 3.2 rimette tutto in discussione, visto che ne fa oggetto di interpello disapplicativo; infine, la risoluzione 209/E dell8 agosto 2007 (si noti la data) d una risposta definitiva 20 al contribuente, disattendendo quanto affermato nella circolare precedente. Un eventuale liquidatore si potrebbe trovare nella spiacevole situazione di non sapere se obbligato o meno a presentare listanza. Con la possibilit, qualora lo fosse, di essere fuori tempo limite per farlo; non avendo pi, a questo punto, la facolt di impugnare un successivo avviso di accertamento. Non certo questa la certezza del diritto che tutti auspicano. Si era partiti con la versione primigenia della legge col proposito di stroncare il fenomeno delle societ fittizie, come delineato in premessa. Si arrivati alla versione attuale della normativa, che, alla fine, serve solo ad appesantire gli adempimenti amministrativo-contabili e ad

Si ritiene, pertanto a rettifica di quanto indicato al paragrafo 3.2 della Circolare del 9 luglio 2007, n. 44 che le societ interessate da procedure di liquidazione giudiziaria sono escluse dallapplicazione della disciplina di cui allart. 30 della legge n. 724 del 1994 senza necessit di presentare istanza di interpello.

20

71

aumentare il gettito fiscale, tradendo, in un certo senso, la ratio originaria della legge. Non resta che concludere augurandoci un sereno ripensamento del legislatore sugli aspetti pi critici della disciplina, soprattutto nel senso dellutilizzo della stessa quale strumento per far emergere quelle societ potenzialmente non operative da sottoporre a pi mirati e stringenti controlli. Ad epilogo di questo mio elaborato vorrei esprimere il mio caloroso ringraziamento al Prof. Del Federico e al Dott. Cermignani per lopportunit e laiuto concessomi nella stesura della tesi; a mia moglie, ai miei figli, a tutta la mia famiglia, al Dott. Pagliaricci e ai colleghi dello studio, che mi hanno supportato e sopportato lungo i tre anni di fatica e studio universitari; a tutti i professori dei vari corsi dinsegnamento, di ognuno dei quali ho potuto apprezzare le qualit umane e professionali.

72

Potrebbero piacerti anche