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SERIE - IL FUTURO ENERGETICO

Energia dalle onde


di Annette Bruhns, traduzione Uwe Wienke

Come trasformare la forza delle onde marine in energia elettrica? In gara


ci sono tre concorrenti: il serpente marino, il drago delle onde e la patella.
Nessuno sa ancora quale di questi animali meccanici vincerà la gara, ma il
premio è alto.

Il World Energy Council (WEC) di Londra stima che il 15


percento del fabbisogno elettrico mondiale
potrebbe essere coperto da impianti di sfruttano il
moto ondoso dei mari. Questa quantità sarebbe il
doppio di quella attualmente prodotta dalle centrali
nucleari.

Già da cento anni, gli ingegneri studiano dei


metodi con i quali poter sfruttare l’energia dei
mari, ma finora l’energia delle onde fornisce
AP
energia elettrica solo ad alcune boe in alto mare.
La forza delle onde una fonte
energetica del futuro? Con a più L’unica eccezione si trova sulla piccola isola
moderna tecnologia, gli ingegneri scozzese Isley, abitata da allevatori di pecore e
tentano di trasformare in energia distillatori di whisky. Limpet, “patella”, così si
elettrica.
chiama il primo impianto al mondo che sfrutta
l’energia delle onde. L’impianto consiste in una
struttura di cemento armato ed una turbina che è attaccata, come una patella,
appunto, ad uno scoglio, una roccia della costa, ed ha una potenza di 250 chilowatt.

DPA
Centrale Limpet sull’isola scozzese di Islay: La "Patella" è la prima centrale
del mondo che sfrutta l’energia delle onde e che immette energia elettrica
nella rete con una potenza di 250 kW. La centrale consiste in una struttura di
cemento, larga 20 metri, e una turbina che, come una patella su uno scoglio,
e attaccata su una roccia della costa.

La “patella” sembra respirare affannosamente. Si tratta dell’aria che entra ed esce


dalla turbina. L’apparecchio, installato sette anni fa dall’azienda scozzese Wavegen,
trasforma la forza delle onde in aria compressa.
Le onde in arrivo penetrano nell’immensa camera di cemento armato e comprime
l’aria che si trova al suo interno. Quando l’acqua esce dalla camera, l’aria si
espande. La corrente d’aria così generata mette in moto una cosiddetta turbina
Wells, inventata dall’ormai defunto ingegnere Alan Wells, fondatore della Wavegen.
Questa turbina mantiene la sua direzione di rotazione benché la direzione della
corrente d’aria cambi periodicamente.

Limpet è un progetto pilota che, nonostante le sue “malattie infantili” ha avuto così
tanto successo che il produttore tedesco di turbine Voith Siemens, due anni fa, ha
voluto acquisire la Hydro Power Wavegen.

Gli ingeneri della Voith cercano ora di migliorarne la tecnologia. Oltre alla “patella”
originale lunga dieci metri, si sta ora sperimentando con una turbina di tre metri
che, con una potenza nominale di 18,5 chilowatt, produce quasi la stessa quantità
di energia elettrica che produce la “sorella maggiore”.

La Voith pensa di sostituire in futuro la “patella” più grande con una serie di queste
più piccole. Il concetto sembra essere giusto: in Spagna, nei paesi baschi, una
società elettrica pensa all’installazione di 16 cosiddette turbine “breakwater” nei
nuovi moli del porto di Mutriku. Il progetto, che dovrà produrre elettricità per 200
famiglie, sarà però realizzato solo se potrà beneficiare di un finanziamento
dell’Unione Europea.

Wavegen
Turbina: La turbina sviluppata da Alan Wells per la centrale sull’isola scozzese
di Islay sfrutta la pressione dell’aria spinta dalle onde. Gira in una sola
direzione, nonostante che la direzione del vento cambia periodicamente.

E’ prevista anche una serie di turbine “breakwater”, con una potenza nominale di
3,6 megawatt, da impiantare sull’isola di Lewis nelle Hebridi, commissionata da una
società britannica affiliata alla tedesca RWE. Ma anche la società energetica tedesca
EnBW sta cercando, congiuntamente alla Voith, un sito adatto sulla costa tedesca
del Mare di nord.

Alla Voith sono convinti che la tecnologia “onda-aria” sia molto promettente. “Se
non dobbiamo costruire gli onerosi generatori da alto mare e possiamo integrare
questi nei nuovi impianti costieri, possiamo essere economicamente imbattibili”;
dice il manager Weilepp della Voith. Gli impianti sulla costa non disturbano inoltre la
navigazione e la loro manutenzione risulta essere molto più facile e meno costosa
rispetto a quelle d’alto mare.

L’ingegnere danese Erik Friis-Madsen è invece del parere che una tale tecnologia
non sarà mai in grado di fare concorrenza a quella che sfrutta il vento. “In alto
mare, le onde sviluppano un’energia cinque volte maggiore rispetto a quelle in
prossimità della costa”. Nel Mare del nord, un’onda sviluppa una potenza che può
arrivare a 75 chilowatt al metro, sulla costa, invece, la potenza media di un’onda è
compresa tra 5 e 15 chilowatt.

Friis-Madsen sperimenta in alto mare. La sua invenzione si chiama “Drago delle


onde”. Ciò che si sta progettando è un vero e proprio mostro: il governo del Galles
è disposto ad investire 7,5 milioni di Euro nel “Wave Dragon” che pesa 33.000
tonnellate e ha una larghezza di 300 metri. Il costo complessivo del drago è di 17
milioni di Euro.

Già da tre anni, una versione più piccola del “Wave Dragon” ha dimostrato le sue
capacità in un fiordo danese. Il drago funziona secondo il principio della “altezza di
caduta indotta dall’onda”: le onde invadono una rampa, l’acqua cade in un
serbatoio dove viene raccolta e, ritornando nel mare, aziona un sistema di turbine a
bassa pressione.

In futuro, nel Mare celtico si costruirà un intero parco di draghi con una potenza di
sette megawatt. Anche in Portogallo è prevista la realizzazione di un simile parco
che usa la stessa tecnologia danese. C’è già l’interesse di alcuni investitori, ma
manca ancora il grande capitale.

La società Ocean Power Delivery (OPD) di Edinburgh, invece, ha già trovato questi
capitali. Le società Norsk Hydro e General Electric sono diventati partner dell’OPD.
Per questo motivo, il progetto “Pelamis”, sviluppato dalla società scozzese,
potrebbe avere maggiori possibilità di essere realizzato. Si tratta di un impianto del
tipo “serpente marino” destinato a funzionare nel mare aperto.

Norsk Hydro
L’impianto "Pelamis" (disegno): il serpente rosso della Scozia produce
corrente elettrica usando il principio dell’idrodinamica. Quattro elementi
collegati che, insieme, assumono una lunghezza di 150 metri galeggiano
perpendicolarmente alla cresta delle onde. I singoli elementi seguono il
movimento delle onde.

La tecnologia “Pelamis” è elegante: Il rosso serpente d’acciaio scozzese produce


energia elettrica mediante un sistema idrodinamico. Quattro elementi collegati
insieme, con una lunghezza complessiva di 150 metri, galleggiano nel mare
perpendicolarmente alla cresta delle onde in modo che, i singoli elementi, seguano
il moto ondoso. Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli elementi assorbono il
movimento e conferiscono le forze, mediante un sistema idraulico, a sei generatori
di elettricità. La potenza complessiva di “Pelamis” è di 750 chilowatt.

Il responsabile per lo sviluppo della OPD, Max Carcas, spiega: “Quando si tratta
dell’energia delle onde, quel che conta è il materiale che deve essere impiegato per
produrre un chilowattora”. Il serpente marino “Pelamis” pesa 750 tonnellate.
Rispetto all’impianto danese, per produrre un decimo di energia occorre solo un
quarantesimo del peso.

Norsk Hydro
Prototipo di "Pelamis": Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli
elementi, assorbono il movimento e lo trasmettono, mediante un sistema
idraulico, a sei generatori elettrici.

“La più grande prova per un impianto che sfrutti il moto delle onde è la tempesta” ,
dice Carcas, “o l’impianto si oppone alla massa d’acqua o cede e si adegua”. E
“Pelamis possiede proprio questa capacità: non si oppone alle ondate frangenti, ma
nella tempesta si immerge nell’onda.

“Pelamis” ha sostenuto il primo test pratico ed ha prodotto elettricità nel clima


rigido dell’Atlantico settentrionale davanti alle isole Orkney. Però solo per circa mille
ore, ossia per un periodo sensibilmente minore rispetto agli impianti della
concorrenza.

I costruttori di „Pelamis“ non amano molto parlare dell’efficienza del loro prodotto,
così come anche i tecnici della concorrenza, perché non esiste ancora un metodo
standardizzato di valutazione che consentirebbe un confronto. Il rendimento degli
impianti è naturalmente inferiore rispetto a quello dei generatori eolici: gli impianti
captano solo una parte della forza delle onde della quale solo una piccola parte
viene trasmessa alle turbine e ai generatori.

I costruttori di “Pelamis” sono però ottimisti: sono i primi che hanno già potuto
vendere alcuni di questi impianti. Un consorzio portoghese, guidato dalla società
Enersis, ha acquistato tre “serpenti” per l’ammontare di circa otto milioni di Euro.
Questa estate, i tre impianti dovranno essere ancorati davanti a Póvoa de Varzim, a
nord del Portogallo.

Se l’operazione dovesse avere successo, l’Enersis pensa ad un contratto per altre


28 macchine che potrebbero formare un parco con una potenza installata di 20
megawatt, sufficiente per l’approvvigionamento di 15.000 famiglie.
Anche una società britannica, affiliata di E.on, pensa all’installazione di un impianto
che sfrutti il moto ondoso. Poche settimane fa, la Scottish Power ha fatto sapere
che costruirà un parco di “serpenti” ad ovest delle Orkney.

L’ingegnere Carcas è anch’egli ottimista: già nel giro di tre o quattro anni, la
tecnologia dell’OPD potrebbe competere con i windpark off-shore. E questo non solo
dal punto di vista economico: rispetto ai generatori eolici, per la stessa potenza
installata, gli impianti che sfruttano la forza delle onde necessitano solo della metà
dello spazio necessario a quelli eolici. E questo, in futuro, potrebbe essere un
vantaggio decisivo: anche sul mare lo spazio non è illimitato.

Fonte: Annette Bruhns, Schlange, Drache oder Schnecke?, in: Spiegel Spezial 27.03.2007)

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