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DPA
Centrale Limpet sull’isola scozzese di Islay: La "Patella" è la prima centrale
del mondo che sfrutta l’energia delle onde e che immette energia elettrica
nella rete con una potenza di 250 kW. La centrale consiste in una struttura di
cemento, larga 20 metri, e una turbina che, come una patella su uno scoglio,
e attaccata su una roccia della costa.
Limpet è un progetto pilota che, nonostante le sue “malattie infantili” ha avuto così
tanto successo che il produttore tedesco di turbine Voith Siemens, due anni fa, ha
voluto acquisire la Hydro Power Wavegen.
Gli ingeneri della Voith cercano ora di migliorarne la tecnologia. Oltre alla “patella”
originale lunga dieci metri, si sta ora sperimentando con una turbina di tre metri
che, con una potenza nominale di 18,5 chilowatt, produce quasi la stessa quantità
di energia elettrica che produce la “sorella maggiore”.
La Voith pensa di sostituire in futuro la “patella” più grande con una serie di queste
più piccole. Il concetto sembra essere giusto: in Spagna, nei paesi baschi, una
società elettrica pensa all’installazione di 16 cosiddette turbine “breakwater” nei
nuovi moli del porto di Mutriku. Il progetto, che dovrà produrre elettricità per 200
famiglie, sarà però realizzato solo se potrà beneficiare di un finanziamento
dell’Unione Europea.
Wavegen
Turbina: La turbina sviluppata da Alan Wells per la centrale sull’isola scozzese
di Islay sfrutta la pressione dell’aria spinta dalle onde. Gira in una sola
direzione, nonostante che la direzione del vento cambia periodicamente.
E’ prevista anche una serie di turbine “breakwater”, con una potenza nominale di
3,6 megawatt, da impiantare sull’isola di Lewis nelle Hebridi, commissionata da una
società britannica affiliata alla tedesca RWE. Ma anche la società energetica tedesca
EnBW sta cercando, congiuntamente alla Voith, un sito adatto sulla costa tedesca
del Mare di nord.
Alla Voith sono convinti che la tecnologia “onda-aria” sia molto promettente. “Se
non dobbiamo costruire gli onerosi generatori da alto mare e possiamo integrare
questi nei nuovi impianti costieri, possiamo essere economicamente imbattibili”;
dice il manager Weilepp della Voith. Gli impianti sulla costa non disturbano inoltre la
navigazione e la loro manutenzione risulta essere molto più facile e meno costosa
rispetto a quelle d’alto mare.
L’ingegnere danese Erik Friis-Madsen è invece del parere che una tale tecnologia
non sarà mai in grado di fare concorrenza a quella che sfrutta il vento. “In alto
mare, le onde sviluppano un’energia cinque volte maggiore rispetto a quelle in
prossimità della costa”. Nel Mare del nord, un’onda sviluppa una potenza che può
arrivare a 75 chilowatt al metro, sulla costa, invece, la potenza media di un’onda è
compresa tra 5 e 15 chilowatt.
Già da tre anni, una versione più piccola del “Wave Dragon” ha dimostrato le sue
capacità in un fiordo danese. Il drago funziona secondo il principio della “altezza di
caduta indotta dall’onda”: le onde invadono una rampa, l’acqua cade in un
serbatoio dove viene raccolta e, ritornando nel mare, aziona un sistema di turbine a
bassa pressione.
In futuro, nel Mare celtico si costruirà un intero parco di draghi con una potenza di
sette megawatt. Anche in Portogallo è prevista la realizzazione di un simile parco
che usa la stessa tecnologia danese. C’è già l’interesse di alcuni investitori, ma
manca ancora il grande capitale.
La società Ocean Power Delivery (OPD) di Edinburgh, invece, ha già trovato questi
capitali. Le società Norsk Hydro e General Electric sono diventati partner dell’OPD.
Per questo motivo, il progetto “Pelamis”, sviluppato dalla società scozzese,
potrebbe avere maggiori possibilità di essere realizzato. Si tratta di un impianto del
tipo “serpente marino” destinato a funzionare nel mare aperto.
Norsk Hydro
L’impianto "Pelamis" (disegno): il serpente rosso della Scozia produce
corrente elettrica usando il principio dell’idrodinamica. Quattro elementi
collegati che, insieme, assumono una lunghezza di 150 metri galeggiano
perpendicolarmente alla cresta delle onde. I singoli elementi seguono il
movimento delle onde.
Il responsabile per lo sviluppo della OPD, Max Carcas, spiega: “Quando si tratta
dell’energia delle onde, quel che conta è il materiale che deve essere impiegato per
produrre un chilowattora”. Il serpente marino “Pelamis” pesa 750 tonnellate.
Rispetto all’impianto danese, per produrre un decimo di energia occorre solo un
quarantesimo del peso.
Norsk Hydro
Prototipo di "Pelamis": Cilindri idraulici integrati nelle giunture tra gli
elementi, assorbono il movimento e lo trasmettono, mediante un sistema
idraulico, a sei generatori elettrici.
“La più grande prova per un impianto che sfrutti il moto delle onde è la tempesta” ,
dice Carcas, “o l’impianto si oppone alla massa d’acqua o cede e si adegua”. E
“Pelamis possiede proprio questa capacità: non si oppone alle ondate frangenti, ma
nella tempesta si immerge nell’onda.
I costruttori di „Pelamis“ non amano molto parlare dell’efficienza del loro prodotto,
così come anche i tecnici della concorrenza, perché non esiste ancora un metodo
standardizzato di valutazione che consentirebbe un confronto. Il rendimento degli
impianti è naturalmente inferiore rispetto a quello dei generatori eolici: gli impianti
captano solo una parte della forza delle onde della quale solo una piccola parte
viene trasmessa alle turbine e ai generatori.
I costruttori di “Pelamis” sono però ottimisti: sono i primi che hanno già potuto
vendere alcuni di questi impianti. Un consorzio portoghese, guidato dalla società
Enersis, ha acquistato tre “serpenti” per l’ammontare di circa otto milioni di Euro.
Questa estate, i tre impianti dovranno essere ancorati davanti a Póvoa de Varzim, a
nord del Portogallo.
L’ingegnere Carcas è anch’egli ottimista: già nel giro di tre o quattro anni, la
tecnologia dell’OPD potrebbe competere con i windpark off-shore. E questo non solo
dal punto di vista economico: rispetto ai generatori eolici, per la stessa potenza
installata, gli impianti che sfruttano la forza delle onde necessitano solo della metà
dello spazio necessario a quelli eolici. E questo, in futuro, potrebbe essere un
vantaggio decisivo: anche sul mare lo spazio non è illimitato.
Fonte: Annette Bruhns, Schlange, Drache oder Schnecke?, in: Spiegel Spezial 27.03.2007)