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OBIETTIVI DELLA MANUTENZIONE

La Manutenzione: da costo a creazione di valore


Cosa la Manutenzione?

Pier Paolo Falcone,


Falcone s.a.s. Consulenza e Formazione

a anni si fa un gran dibattere sulla missione della funzione manutenzione, sul suo ruolo e sui suoi obiettivi, nonch sul suo contributo al conto economico aziendale: un costo indispensabile per conservare il buon funzionamento del macchinario e prevenirne i guasti, o una leva strategica per renderlo pi profittevole e massimizzarne la vita utile? Le definizioni correnti non aiutano a fare chiarezza. Da Wikipedia riportiamo: Manutenzione la scienza che finalizza le attivit umane ad un impiego economico e sostenibile delle risorse, nella progettazione e nella gestione dei sistemi antropizzati e nella conservazione dei sistemi naturali. La manutenzione persegue obiettivi di fruibilit e conservazione del valore dei sistemi nel tempo, utilizzando una molteplicit di tecniche e di strumenti che appartengono principalmente al dominio dellingegneria, delle scienze naturali, della fisica, della chimica, della economia, della sociologia e del management. Lobiettivo quello di assicurare le azioni necessarie al raggiungimento di tali obiettivi e la disponibilit di risorse ben formate per realizzare tali azioni in modo adeguato. La manutenzione inoltre ha il compito di adeguare e se possibile migliorare costantemente i sistemi alle esigenze espresse dai loro utilizzatori, ricorrendo dove necessario alla loro riprogettazione o alla loro sostituzione, quando i sistemi non sono pi in grado di svolgere compiutamente la funzione loro assegnata. Si tratta di una definizione assai pi ampia e ambiziosa di quella fornita dalla norma UNI 10147 del 1993, che la vuole combinazione di tutte le azioni tecniche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare una entit in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta. A sua volta, la pi recente UNI EN 13306 del 2003 si limita a qualche variante, prevalentemente di forma, e diviene: combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, previste durante il ciclo di vita di unentit, destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta. La differenza fondamentale tra le due definizioni, che possono essere considerate complementari, sta nellap-

proccio: la prima (Wikipedia) riguarda le finalit, la seconda (UNI) i compiti della manutenzione. Chiaramente stiamo parlando di una funzione in rapida evoluzione, per altro con connotazioni molto diverse da azienda ad azienda. SKF Reliability Systems [1] propone un modello di maturit della manutenzione in quattro stadi: 1. pompieraggio, focalizzato sulla riparazione dei guasti; 2. mantenimento, focalizzato sulla prevenzione per evitare i guasti; 3. sviluppo, focalizzato sullincremento della disponibilit impiantistica; 4. innovazione, focalizzato sul miglioramento e sullottimizzazione di efficienza ed efficacia. La definizione UNI pi vicina ai primi due stadi del modello indicato, mentre quella di Wikipedia riconducibile al terzo e al quarto. In sintesi: la missione e il ruolo della funzione manutenzione possono essere descritti compiutamente solo con riferimento ad una specifica realt aziendale, e tenendo conto degli obiettivi che, nella stessa, le vengono assegnati. Con riferimento ai possibili obiettivi, T. Wireman [2] ne elenca alcuni, collocando al primo posto massimizzare la produzione al minimo costo, con la qualit pi elevata e nel rispetto di standard ottimali di sicurezza. Per maggiore chiarezza, riportiamo alcune frasi della sua prefazione: Molte aziende vedono la manutenzione come un male necessario una funzione senza valore aggiunto. Queste aziende non sopravviveranno per un altro decennio saranno estromesse da quelle che considerano la funzione manutenzione come un vantaggio competitivo strategico. Quelle che non vedono valore nella manutenzione non hanno mai imparato a misurarlo.

Gli indicatori di manutenzione


Come per ogni altro processo o funzione aziendale, anche nel caso della manutenzione gli obiettivi devono essere esplicitati in modo chiaro e compiuto, essere in linea con
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la missione dellazienda ed essere misurabili tramite indicatori adeguati. Questi indicatori quantitativi sono essenziali sia per poter gestire (Juran: Non si pu gestire ci che non si misura), sia per orientare i comportamenti. Quindi si misura per: capire se si stanno raggiungendo gli obiettivi prestabiliti; individuare opportunit di miglioramento; quantificare i miglioramenti realizzati; fare confronti con altre realt, interne o esterne allazienda; condividere i successi, motivando e stimolando cambiamenti e miglioramenti. necessario disporre di due tipi di indicatori [3] (entrambi spesso individuati, anche in italiano, con lacronimo KPI = Key Performance Indicators): 1. Indicatori di risultato, che misurano a posteriori se abbiamo gestito e/o operato efficacemente ed efficientemente. 2. Indicatori di performance dei processi (detti anche indicatori guida o anticipati), da cui deriveranno i risultati misurati come al punto precedente, che consentono di gestire e/o operare in funzione dei risultati voluti (non si possono gestire i risultati, ma solo quei fattori di processo che li determinano). Esempio: una elevata frequenza di guasti un indicatore di risultato; si pu pensare di ridurla incrementando le attivit di manutenzione preventiva e predittiva e la loro efficacia (indicatori di performance dei processi manutentivi). I principali indicatori di risultato della manutenzione sono: Costi di manutenzione sul valore di rimpiazzo degli impianti. Costi di manutenzione sul costo totale di produzione. Costi di manutenzione sul fatturato. MTBF (tempo medio tra i guasti) per le macchine critiche, o in generale. MTTR (tempo medio di ripristino) e MRT (tempo medio di riparazione). Frequenza media dei guasti (reciproco di MTBF). Tempo di indisponibilit (ore) per manutenzione su guasto. Tempo di indisponibilit (ore) per manutenzione preventiva / predittiva. I principali indicatori di performance dei processi manutentivi sono: Percentuale di richieste di lavoro convertite in ordini entro x giorni. Percentuale di ore di m.d.o. per manutenzione preventiva periodica e predittiva. Percentuale di ore di m.d.o. per manutenzione migliorativa / modifiche. Percentuale di ordini di lavoro con ore di m.d.o. preven24
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tivate entro 10% del consuntivo. Percentuale di ordini di lavoro che hanno richiesto un ulteriore intervento, dopo una prima riparazione provvisoria. Percentuale di ore di m.d.o. realizzate su programma (sul totale ore di m.d.o.). Percentuale di ordini di lavoro completati entro la scadenza al pi tardi prevista. Percentuale di ordini di lavoro chiusi con tutti i campi, previsti dal sistema informativo, compilati correttamente. Percentuale di ordini di lavoro chiusi entro tre giorni da fine intervento. Numero di interventi per il miglioramento dellaffidabilit impiantistica conclusi nellanno. Nel documento citato di Ivara Corp. [3] sono elencati 26 indicatori: dieci sono del primo tipo (di risultato), gli altri del secondo; quelli di natura economica, comunque, fanno solo riferimento ai costi. Vi si trovano per alcuni concetti interessanti: i prodotti delle attivit di manutenzione sono laffidabilit e la disponibilit degli impianti, necessarie oltre che per garantire la sicurezza e il minimo impatto ambientale per ottenere qualit e disponibilit dei prodotti, servizio ai clienti ed efficienza operativa. In ultima analisi, quindi, gli scopi della manutenzione sono la soddisfazione dei clienti e la competitivit dellazienda; ci permette di stabilire una connessione diretta tra i suoi KPI e quelli della produzione. Ritroviamo, in sostanza, gli stessi concetti espressi da T. Wireman sopra citati. LUNI, nella sua norma pi recente in materia [4], ripresa da quella europea, presenta ben 71 indicatori, suddivisi in tre gruppi: economici, tecnici e organizzativi. Solo alcuni indici dellultimo gruppo possono essere considerati del secondo tipo, mentre la maggior parte riguarda lesame degli organici e delle ore di attivit. La focalizzazione degli indici economici, invece, prettamente sui costi. Una interessante trattazione di alcuni indici di risultato di natura sia tecnica sia economica, pi utilizzati in pratica nellesercizio della manutenzione e nella valutazione delle sue prestazioni (non tutti recepiti dallultima norma UNI che per altro lascia la facolt alla singola azienda di introdurne altri, purch ben definiti ma riscontrabili nelle precedenti edizioni), con una chiara spiegazione del loro significato, della loro correlazione con le politiche di manutenzione, della procedura di calcolo e delle modalit di impiego, si trova nella serie di articoli di F. Cominoli [5]. Lamericana Society for Maintenance and Reliability Professionals (SMRP) sta sviluppando, da tre anni, una serie di 77 KPI standard di manutenzione e affidabilit (definiti Best Practice Metrics inizialmente erano 45), suddivisi in cinque gruppi [6]: 1.0 business e management; 2.0 affidabilit dei processi di produzione; 3.0 affidabilit del macchinario;

OBIETTIVI DI MANUTENZIONE
4.0 competenze e capacit del personale; 5.0 gestione delle attivit. Ad ogni KPI dedicata una scheda specifica, con la definizione dellindicatore e dei suoi fattori, la descrizione degli obiettivi e delle modalit di utilizzo (inclusa la precisazione se trattasi di indicatore anticipato o a posteriori), la formula e un esempio dettagliato di calcolo. Nel 2007 (uscita della norma europea EN 15341) il progetto stato reimpostato, e circa il 50% delle schede preparate secondo i nuovi criteri contiene un rinvio esplicito allanalogo indicatore europeo. Attualmente sono disponibili le schede di una decina di indicatori; altre 25 sono di prossima pubblicazione, e il completamento dellopera previsto entro fine anno. la resa qualitativa, che tiene conto di scarti, rilavorazioni e difetti allavviamento. La Association Franaise de Normalisation (AFNOR) ha emesso nel 2002 la norma NF E 60-182, sotto il titolo Moyens de Production Indicateurs de Performance, che recepisce lO.E.E. (in francese: Taux de Rendement Synthtique TRS), il G.E.E. (Global Equipment Effectiveness; in francese: Taux de Rendement Global TRG) e lE.E.E. (Economic Equipment Effectiveness; in francese: Taux de Rendement conomique TRE) e ne definisce i fattori e le modalit di calcolo. Anche lSMRP sta preparando una scheda su questo indicatore, avendolo incluso tra quelli rappresentativi dellaffidabilit dei processi; del resto una ricerca recente di questa associazione ha rilevato che la maggioranza delle aziende considerate lo sta usando abitualmente. Gli equivoci pi frequenti legati alluso dellO.E.E.[9] sono: non tenere conto che gli O.E.E. delle varie macchine di uno stesso reparto non hanno tutti lo stesso peso e la stessa importanza; stabilire dei valori ottimali di riferimento (benchmark), prescindendo dalle caratteristiche tecnologiche e organizzative del singolo processo produttivo; trasformarlo nellindicatore unico e globale delle prestazioni della manutenzione. Questultimo limite, gi considerato allinizio del paragrafo, in realt , a mio parere, il maggiore pregio dellO.E.E.: in quanto misura della prestazione impiantistica nel suo complesso, porta a vedere la manutenzione non pi come funzione a s stante, estranea alla produzione (e costo aggiuntivo), ma come elemento integrato con la gestione e la conduzione del macchinario. Quindi risponde perfettamente alle indicazioni di Ivara Corp. sopra riportate e permette di valutare lefficacia complessiva delle attivit manutentive, in stretta connessione con quella dei processi produttivi. Un ulteriore pregio dellO.E.E. di essere matematicamente identico all O.B.E. (Overall Business Effectiveness = availability x yield x quality), dato dal rapporto tra il costo minimo teorico del prodotto e il suo costo reale, ovvero tra il tempo redditizio di produzione e il tempo totale di calendario. Pertanto, per avere coincidenza numerica tra i due indici, sufficiente rendere pi ampie la definizione e la misura delle perdite di disponibilit e di prestazione, includendovi anche quelle non dipendenti da fattori impiantistici, ma dovute alla organizzazione della produzione e al mercato. Da qui alla Creazione di valore il passo breve.

L O.E.E.
Questo indicatore [7] (Overall Equipment Effectiveness, spesso tradotto erroneamente come efficienza globale anzich efficacia globale), pur appartenendo tipicamente a quelli di risultato, consente accurate valutazioni delle performance dei processi manutentivi, nonch della conduzione degli impianti, portando ad identificare con precisione le aree con le principali opportunit di miglioramento. Poich include la disponibilit, ben rappresentativo delle perdite per manutenzione sia su guasto sia preventiva / predittiva; tiene inoltre conto di tutte le altre perdite di capacit produttiva e di produttivit connesse con il macchinario, comprese quelle dovute a difetti di qualit. quindi un vero indicatore globale di efficacia (degli impianti, e non solo della loro manutenzione), che prescinde dai costi; va pertanto usato in abbinamento con uno o pi indicatori di efficienza (solitamente, lincidenza dei costi di manutenzione sul valore di rimpiazzo degli impianti) [8]. LO.E.E., proprio in quanto influenzato da tutte le funzioni che, assieme alla manutenzione, determinano il risultato produttivo, lindicatore per eccellenza del T.P.M. (Total Productive Maintenance), che mira a far convergere lazione dellintera organizzazione aziendale sulla riduzione o eliminazione delle perdite. dato dal rapporto tra la quantit di prodotto buono effettivamente realizzato in un determinato arco temporale e la quantit che si sarebbe potuta produrre se non ci fossero state perdite, cio se si fosse utilizzata tutta la capacit produttiva, lavorando al massimo della velocit e senza difetti di qualit. Parimenti, dato dal rapporto tra il tempo redditizio di produzione (tempo minimo per realizzare la produzione buona) e il tempo totale utilizzato (incluse le perdite). quindi il prodotto aritmetico di tre rendimenti: la disponibilit, che tiene conto di tutte le fermate misurabili (guasti, manutenzione, attrezzaggi, cambio utensili, regolazioni, ); la prestazione, che tiene conto dei rallentamenti del ritmo produttivo e delle micro-fermate;

Redditivit e Creazione di valore


Lindicatore classico di redditivit, in azienda, il ROI (Return On Investment), dato dal rapporto tra Reddito operativo e Capitale investito netto, cos definiti:
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il Reddito operativo dato dai ricavi operativi, al netto di sconti commerciali e resi da clienti, meno tutti i costi operativi industriali (lavoro, ammortamenti, acquisti, variazione scorte, servizi), commerciali, amministrativi e di ricerca e sviluppo; il Capitale investito netto, o C.I.N., il complesso delle fonti di capitale da remunerare in modo esplicito (azionisti e finanziatori esterni), quindi non considera il debito fornitori, nonch i vari fondi (es.: il TRF) e riserve. dato dal capitale circolante netto (crediti clienti + scorte debiti fornitori), pi gli immobilizzi tecnici e immateriali (al netto degli ammortamenti) e gli investimenti finanziari, meno il TFR e gli altri fondi e riserve. Per quanto riguarda il funzionamento degli impianti e la loro manutenzione, sono evidenti le influenze sul Reddito operativo e sul C.I.N.: sul Reddito operativo: volumi di produzione (v. O.E.E.), efficienza dei costi diretti, ammontare dei costi indiretti; sul C.I.N.: saturazione della capacit produttiva teorica messa a disposizione dagli immobilizzi tecnici (v. ancora O.E.E.), immobilizzi in scorte intermedie (influenzate dalla affidabilit impiantistica nelle varie fasi del processo). Inoltre, il C.I.N. pu divenire pi elevato in conseguenza della necessit di maggiori investimenti per sopperire ad un basso O.E.E. del macchinario. Un indicatore di pi recente formulazione, che ben rappresenta la capacit dellimpresa di produrre reddito, la Creazione di valore economico (Economic Value Added = EVA), ottenuto sottraendo dai ricavi tutti i costi, incluso il costo del capitale investito nellimpresa stessa. In formule: C.V. (Creazione di Valore) = R.O. (Reddito Operativo netto dopo le imposte) Ci (Costo del Capitale Investito) = R.O. c (tasso % di costo del capitale) x C.I.N. Ma anche: C.V. = R.O. x (C.I.N. / C.I.N.) c x C.I.N. = (R.O.I. c) x C.I.N. Quindi, per quanto riguarda gli impianti di produzione, C.V. influenzato dagli stessi fattori che agiscono su R.O.I. e su C.I.N. pocanzi considerati. In pratica: da un sistema di manutenzione efficiente ed efficace che assicuri i massimi livelli di O.E.E. e di affidabilit impiantistica al minimo costo. Si torni a considerare lobiettivo che T. Wireman assegna alla manutenzione, citato nel primo paragrafo: in pi, rispetto a queste considerazioni, troviamo gli standard ottimali di sicurezza. Sicurezza che, oltre ad essere un valore in assoluto, tende sempre pi ad assumere anche un valore economico, che la si riferisca sia alle persone sia con maggiore evidenza allambiente.

me un tuttuno con la produzione, contribuisce alla redditivit dellazienda, oppure lazienda stessa non ha futuro. Non sufficiente quindi, per la manutenzione, respingere aprioristicamente laccusa di essere un costo necessario, conseguente ad un male inevitabile (il guasto): deve guadagnarsi sul campo un ruolo di creazione di valore, e lO.E.E. lindicatore pi idoneo per pilotare questo percorso. Una funzione manutenzione ferma al primo stadio di sviluppo, cio focalizzata su un ruolo puramente reattivo di riparazione dei guasti, potr avere degli eroi, in grado di rimettere in funzione il processo produttivo lavorando in condizioni e in orari impossibili, ma sar sempre etichettata con lo stesso aggettivo con cui in quella azienda si indicano i guasti: inevitabili. Passando al secondo stadio di sviluppo dimostrer che i guasti si possono evitare; ma solo giungendo al terzo o, meglio, al quarto stadio potr rivendicare un ruolo attivo e determinante nella creazione di valore per lazienda. Da parte sua Ron Moore (autore del noto Making Common Sense Common Practice) gi quindici anni fa scriveva [10]: quale la prima cosa che viene in mente ai manager delle aziende manifatturiere, quando sentono la parola manutenzione? Invariabilmente, le risposte sono due: o una funzione da tagliare, o limmagine di un meccanico sporco di grasso. Chiaramente, il ruolo di una funzione manutenzione efficace non ben compreso, come non lo la relazione tra manutenzione e valore delle azioni (o profitto, o ROI) . Non si pu che essere daccordo sulla necessit di tagliare i costi eccessivi, e che non aggiungono valore al prodotto, conseguenti ad una manutenzione di tipo reattivo. Ma una manutenzione eccellente, in grado di assicurare allazienda un processo produttivo con capacit, disponibilit, affidabilit, qualit e sicurezza elevate, sar vista certamente come parte integrante del business e svolger un ruolo essenziale per il successo dellazienda stessa.

Conclusioni
Con la sua profezia piuttosto drastica, T. Wireman indica un percorso molto chiaro: o la manutenzione, vista co26
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Pier Paolo Falcone: laureato in ingegneria elettronica presso il Politecnico di Torino, stato fino al 1998 responsabile dellArea gestione industriale in Isvor-Fiat (societ di formazione e consulenza del Gruppo Fiat). Ha costituito la Falcone s.a.s., che si occupa di consulenza e formazione su temi di organizzazione e gestione industriale, logistica, manutenzione e T.P.M. Ha realizzato progetti di Lean production, Miglioramento Qualit, Logistica, Sei Sigma, T.P.M.,

formazione dirigenti e quadri/professional presso grandi aziende in Italia e allestero. Da alcuni anni sta sviluppando un programma di miglioramento dellefficienza globale e dellaffidabilit degli impianti in una grande azienda di produzione e distribuzione di vettori energetici, con una metodologia derivata dal T.P.M. e adattata alla specifica organizzazione del lavoro. membro della SMRP Society for Maintenance & Reliability Professionals.

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