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Quaderni di terzapagina.

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Quaderni di bondeno.com Prefazione alla terza edizione La precedente edizione risale al settembre 2008, vale a dire tre anni fa col salvataggio delle banche da parte dei governi; secondo la logica ci si sarebbe dovuti aspettare misure restrittive alla finanza per evitare il ripetersi di simili crisi. E' successo invece l'esatto opposto: sono stati gli organismi finanziari sovranazionali a mettere sotto tutela gli stati considerati inadempienti (Grecia, Spagna, Italia, Portogallo), espropriandone di fatto i poteri. La cosa che lascia perplessi non tanto che questo lasci indifferenti i politici (pagati profumatamente per questo), ma che lasci indifferenti i cittadini sulla cui pelle si fanno poi le manovre. Dicevamo la volta scorsa che forse le spiegazioni vanno ricercate nella convinzione filosofica leibniziana che viviamo nel migliore dei mondi possibili (poco importa che Voltaire l'abbia confutata subito dopo) l'importante che i media la ripetano ossessivamente come un mantra, sottolineando il fatto che se tutti vogliono venire qui ci sar pure un motivo. E' la logica del Titanic: la nave affonda e i passeggeri di terza classe cercano di salire sui ponti superiori prima che la nave affondi, ma, intanto, quelli di prima classe si sono gi accomodati nelle poche scialuppe di salvataggio. Sono rimasti solo quelli di seconda classe a non accorgersi del fenomeno, tutti intenti nei loro piccoli traffici, accontentandosi del fatto che, per non suscitare panico, la vita di bordo sembra proseguire come al solito e i pasti vengono ancora serviti... 1 Settembre 2011

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Prefazione alla seconda edizione I tempi cambiano rapidamente e, purtroppo, ma logicamente, proprio nella direzione in cui gli articoli contenuti nella prima edizione del gennaio 2008, predicevano. In questa seconda edizione abbiamo aggiunto un inquadramento storico ai fenomeni economici che ci sembrava necessario per capire meglio come siamo arrivati fin qui. Il perch ha radici nella filosofia e nella sociologia e, probabilmente, sar oggetto della terza revisione, anche se, a quel punto, pi che di cause bisogner parlare di effetti. Doveroso ricordare che i due articoli aggiunti (Svendita Italia e La quarta guerra mondiale) sono tratti dal sito http://www.comedonchisciotte.org, che vi consigliamo di visitare giornalmente invece di leggere i quotidiani e di guardare la TV. La redazione di Bondeno.com 24 settembre 2008

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SVENDITA ITALIA: L'ABC Data: Lunedi 22 Settembre 2008 (19:00)

PANFILO

BRITANNIA

DI NICOLETTA FORCHERI Mercato libero Dalla lettura di un articolo del Corriere di qualche giorno fa (vedi sotto), la Goldman Sachs sarebbe sul punto di prendere il controllo della rete Wimax italiana; del resto non c nessuna sorpresa, visto il ruolo cruciale che la Goldman, azionista della Federal Reserve americana, ha svolto sin dallinizio nella svendita dellItalia, di cui si pu ragionevolmente affermare che sia iniziata con esattezza il 2 giugno 1992 nonostante alcuni precedenti inutili tentativi - con laccordo preso sul panfilo Britannia, onori di casa fatti dalla Regina dInghilterra, al largo di Civitavecchia, tra Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Azeglio Ciampi, in qualit di governatore della Banca dItalia, e un centinaio tra rappresentanti della finanza anglosassone americana (Barclays, Warburg, azionista della Federal Reserve, PricewaterhouseCoopers ex Coopers & Lybrand Barings oltre alla Goldman ecc.) e degli ambienti industriali e politici italiani. Era presente anche Costamagna, che diventer dirigente della Goldman quando sua moglie finanzier l'ultima campagna elettorale di Prodi. L gli angli dettarono le istruzioni su come privatizzare, per scelta obbligata, le industrie italiane statali. Con laiuto della stampa inizi una campagna martellante per incutere il timore nel popolo italiano di non entrare in Europa, manco ne fossimo stati tra i Sei paesi fondatori

E questa oramai storia, tant vero che sullepisodio del panfilo Britannia vi furono le interrogazioni parlamentari di alcuni onorevoli come Raffaele Tiscar (DC), Pillitteri e Bottini (PSI) Antonio Parlato (MSI), autore di tre interrogazioni rimaste senza risposta e della senatrice Edda Fagni (PCI). Fu linizio dellera dei governi tecnici, dopo 40 anni di regime DC, con il tecnico Ciampi, il tecnico Amato, il tecnico Prodi. Il governo doveva, a tutti i costi essere tecnico, pur di non fare arrivare al potere neanche unidea, che fosse tale e che lo fosse per il bene del paese, come sarebbe potuto esserla quella, ad esempio, di un Aldo Moro Era la stagione dellattentato a Falcone cosicch guarda caso - la stampa non diede il dovuto risalto allincontro, e da poco erano iniziate le indagini di Tangentopoli - nome in codice Manipulite cosicch molti esponenti degli ambienti politico-economici si ritrovarono improvvisamente minacciati dallinsidia latente di potersi ritrovare nellocchio del ciclone. Un modo per ammorbidire un ambiente, prima della grande purga? Certo che Manipulite sembra sia avvenuta proprio in un momento opportuno per fare PiazzaPulita di una classe politica con velleit italiote, e per ottenere le ManiLibere di fare entrare i governi dei tecnici, quelli che con i loro amici della Goldman e della Coopers ci avrebbero inculcato la medicina amara della 2

Economia e societ svendita dellIRI. Di sicuro un Craxi, per quanto corrotto, non avrebbe mai siglato un patto cos scellerato, quello di svendere tutto il comparto nazionale produttivo del paese (lIRI ad oggi sarebbe stata la maggiore multinazionale al mondo e noi non saremmo un paese in svendita), lui che tenne testa agli americani nella vicenda dellAchille Lauro, negando loro laccesso al nostro territorio per attaccare i sequestratori della nave, terroristi palestinesi, e portando avanti le trattative con i terroristi nonostante il veto del presidente Reagan Certo che Craxi, dopo linizio di Tangentopoli, dovette rassegnare le dimissioni a febbraio del 1993Guarda caso E, infatti, proprio qualche anno prima Craxi era stato duramente criticato dagli ambienti angloamericani, quegli stessi che non si privano mai dinterferire nella nostra politica interna, proprio di ingerenza dello Stato in economia - per voce dei loro accoliti Andreotti, Spadolini, Cossiga - perch aveva decretato la fine del mandato di Enrico Cuccia come presidente di Mediobanca (di cui divenne per presidente onorario), e perch si era opposto alla vendita dello SME, il complesso alimentare dellIRI, negoziato direttamente dal suo presidente Romano Prodi ma smentita da una direttiva del Governo. Mediobanca, secondo il sito e movimento internazionale Movisol (http://www.movisol.org/draghi4.htm ) fu posta sotto il controllo di fatto della Lazard Frres [altra azionista della Fed Res] di Londra, una banca che propriet di un raggruppamento estremamente influente dellestablishment britannico, il Pearson Group PLC () che controlla anche la rivista The Economist e il quotidiano Financial Times. Nel piano di spartizione del bottino della seconda guerra mondiale "l'Italia, occupata dalle potenze occidentali, sarebbe diventata un'area in cui avrebbe predominato l'influenza britannica", influenza che nel frattempo scesa a patti con la grandeur della Francia. Ma tornando agli angli, era quindi chiaro che per potere procedere alle privatizzazioni bisognava togliere di torno una classe politica che mostrava i muscoli davanti a certe velleit statunitensi di comandare a casa nostra, e soprattutto che non voleva mollare losso o il malloppo - per lasciare posto a una classe di tecnici, fedeli servitori delle banche e dei circoli finanziari angloamericani, il cui motto era privatizzare per saccheggiare. Quella della condizione di tecnicit per accedere al potere fu un imperativo talmente tassativo, da riuscire nellintento di dividere il PCI, con una fetta che divenne sempre pi tecnica, sempre pi British, sempre pi amica delle banche, sempre pi PD Il premio di tutta questa svendita, prevista per filo e per segno in tanto di Libri sulle privatizzazioni dai governi tecnici, o di sinistra che dir si voglia (a firma di Amato o di Visco) fu la nostra entrata in Europa, demagogicamente parlando, o la cessione della nostra gi minata sovranit monetaria dalla Banca dItalia alla Banca centrale europea SA per una moneta, leuro che, con il tasso iniziale di cambio imposto euro-Lira troppo elevato fu penalizzante per le nostre esportazioni. Senza pi la possibilit di emettere moneta quando il governo lo reputi giusto, con la possibilit di vendere i titoli del debito pubblico in mani istituzionali estere e private (fino al 2006 il nostro debito doveva rimanere in mani pubbliche e nazionali), senza neanche un governo economico a livello europeo che possa controllare quella banda di imbroglioni, come se ci avessero improvvisamente messo sulla piazza pubblica per venderci al mercato degli schiavi E non c lombra di un dubbio che nel nostro indebitamento crescente vi sia la mano invisibile di qualche regia occulta, occulta ad esempio come i British Invisibles, che organizzarono appunto la 3

Economia e societ riunione sul panfilo, occulta come alcuni azionisti che si nascondono nelle partecipazioni incrociate e a catena e di cui mai si riescono a scoprire i nomi. O come i mandanti di Soros che specul sulla Lira per svalutarla, facendoci uscire dallo SME (Sistema monetario europeo) proprio per ostentare lo spauracchio del rischio di non entrare in Europa. Lanno 1992 fu davvero un anno cruciale per il destino del nostro paese, tant vero che quando Amato divenne presidente del Consiglio qualche giorno dopo lincontro sul panfilo, con il decreto 333 dell11 luglio trasform in SpA le aziende di Stato IRI, ENI, INA ed ENEL e mise in liquidazione lEgam. In quellanno, quando Amato dovette far fronte alla speculazione contro la Lira di Soros, utilizz 48 milioni di dollari delle riserve della Banca dItalia, dopo avere operato un prelievo forzoso dell8 per mille dai conti correnti degli italiani. Sempre in quellanno mise in liquidazione lEfim, le cui controllate passarono allIRI e trasform le FS in SpA. Sempre nel 1992 Draghi, Direttore del Tesoro prepar la Legge Draghi che entrer in vigore nel 1998 con il governo Prodi e si predispose una legge per permettere la trattativa privata nella cessione dei beni pubblici qualora fosse in gioco linteresse nazionale. Prodi, che dal 1990 al 1993 fu consulente della Unilever e della Goldman Sachs, quando nel maggio del 1993 ritorn a capo dellIRI riusc a svendere la Cirio Bertolli alla Unilever al quarto del suo prezzo e a collocare le azioni che le tre banche pubbliche, BNL (diventanta della BNP Paribas), Credito italiano e Comit detenevano in Banca dItalia, privatizzando il 95% della stessa. Indovinate chi scelse come "Advisor"? Uomini della Goldman, nel senso che vi hanno lavorato sono, oltre a Costamagna e Prodi, Monti (catapultato alla carica di Commissario), Letta, Tononi e naturalmente Draghi. Sicuramente ce ne sono altri; molti nostri uomini politici se non lavorano per la Goldman, lavorano per l'FMI, come Padoa Schioppa, presidente della BEI, Banca europea per gli Investimenti. Queste sono informazioni che dovrebbero essere spiegate in lungo e in largo dalla stampa, e sicuramente superate dagli avvenimenti - tranne articoletto del Corriere sopra - e invece sono state, e lo sono tutt'ora, accuratamente occultate al grande pubblico, anche se per quelli che gli altri si divertono a chiamare complottisti, per denigrarne le parole, storia arcinota. Nicoletta Forcheri Fonte: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.com Link: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.com/2008/09/svendita-italia-labc-panfilobritannia.html 17.09.08 http://archiviostorico.corriere.it/1992/giugno/02/convegno_sul_Britannia_sponsor_Regina_co_0_92 060218751.shtml http://archiviostorico.corriere.it/1992/giugno/03/Inglesi_cattedra_privatizzazioni_fate_come_co_0_ 92060319034.shtml http://informatieliberi.blogspot.com/2008/07/1992panfilo-britannia-e-la-svendita.html

Fonte:http://www.comedonchisciotte.org

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Astrea e i Titani Inserito da arabafenice Gioved, 18 ottobre 2007 alle 12:03:31 CEST Astrea, nella mitologia greca, rappresentava la giustizia che, disgustata per il comportamento degli umani, lasci la Terra e si rifugi in cielo dove divenne la costellazione della Vergine; i Titani erano giganti governatori della terra, alcuni dei quali si ribellarono a Zeus. Questo il titolo di un illuminante libro di Franco Cardini che vi consigliamo caldamente di leggere. Le ragioni sono tante, anzitutto Franco Cardini docente di Storia medievale a Firenze e non il solito pomposo e pompato giornalista che se ne esce con un instant book sui fatti del giorno. Infatti la cosa 'strana' che Cardini parla con cognizione di causa e documentata, come solo uno storico sa fare, di fatti attualissimi come "il nuovo ordine mondiale". Tanto per capirci, partiamo da una pagina del suo libro: Se il WTO ha straordinari poteri nel limitare, e nella pratica nel vanificare, qualunque politica intrapresa dagli Stati per difendere, ad esempio, i diritti e la sicurezza economica dei ceti pi deboli dei loro rispettivi paesi per quel che attiene merci e capitali, dalle sue competenze erano esclusi, almeno sino a tempi recentissimi, i servizi. Una filiazione del WTO, detta GATS (General Agreement on Trade in Services), ha rimediato a tale lacuna: nel contesto di essa sono stati firmati appunto gli accordi del '97 sulle telecomunicazioni. I servizi, che stato calcolato coprano circa il 22% del commercio mondiale, riguardano un'area molto ampia e di vitale, quotidiana importanza concreta per tutti: dall'istruzione all'assistenza sociale alla sanit all'ambiente. Essi colgono davvero il centro di quelle che erano le principali scelte, competenze e responsabilit degli Stati. Il GATS ha il compito esplicito di ridurre o di eliminare tutte le misure che potrebbero essere prese dai singoli governi per regolare la libera fornitura di qualunque genere di servizio all'interno dei confini nei quali si esercita ancora la loro sovranit o quel che ne rimane. Non esistono limiti etici o sociali all'esercizio di tale libert: il criterio primario quello della libert di circolazione; dai servizi regolati dall'autorit del GATS restano esclusi, per ora, quelli di competenza delle banche centrali, degli organi giudiziari, delle polizie e degli eserciti nazionali. I servizi richiesti e forniti sulla base della semplice legge della domanda e dell'offerta vengono prestati grazie a presenze commerciali, vale a dire con investimenti che possono presentarsi sotto la forma della societ mista detta joint venture, della filiale da aprirsi nei paesi fruitori con capitali provenienti anche al 100% dai paesi fornitori e cos via. L'importazione di manodopera e la flessibilit nelle condizioni di lavoro sono aspetti fondamentali di tutta questa nuova disciplina: esse consentono, attraverso la riduzione dei costi di produzione (vale a dire, fra l'altro, dei salari e dei costi sociali del lavoro), di mantenere alti i profitti dei fornitori e di ridurre il rischio dell'insorgere di contenziosi sociali di sorta. Fino ad oggi, per gli Stati membri del WTO non stato obbligatorio includere, nei loro
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accordi, servizi basilari come quelli riguardanti l'ambiente, la sanit, l'istruzione. Riguardo a ci, i singoli Stati sono liberi di scegliere il grado di accesso al mercato che preferiscono; ma bisogna tener presente che quelli gestiti dal WTO sono per definizione accordi-quadro a tempo, indirizzati sulla base di una progressiva liberalizzazione. Quindi la Conferenza del WTO tenuta nel settembre del 2003 a Cancun, avrebbe potuto sortire, se non fosse fallita, l'effetto anche solo implicito dell'inserimento di sanit e formazione tra i servizi disciplinati dal GATS; ne sarebbero state conseguenza la privatizzazione dei relativi servizi, la cessazione di una tutela statale su quel che appunto attiene la sanit e l'istruzione. Questo significa una cosa che ci sforziamo di dire da tempo sulle pagine di questo giornale: quelle che ci ostiniamo a chiamare 'disfunzioni' sono invece perfettamente funzionali al Nuovo Ordine Mondiale in cui il pubblico deve lasciare il passo al privato, non perch quest'ultimo sappia far funzionare meglio le cose, ma in nome del profitto dei pochi che le gestiscono tutte, cio i Titani (vale a dire banche, multinazionali che hanno i loro rappresentanti designati e non eletti in tutti gli organismi che fanno veramente le leggi e che, in maggioranza, hanno gli USA come punto di riferimento.

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Commenti all'articolo Re: Astrea e i Titani (Voto: 1) da paolog Venerd, 26 ottobre 2007 alle 13:19:34 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog Mi si segnala un articolo: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universitainglese/universita-inglese/universita-inglese.html ; in esso ci si compiace del fatto che in molte universit italiane i corsi sono in inglese. A questo proposito vorrei puntualizzare alcune cose: - anzitutto ci si dovrebbe compiacere della qualit dello studio nelle universit italiane non della lingua in cui si studia (soprattutto considerando che l'italiano appare sempre pi una lingua morta e che la conoscenza della lingua dei laureati in inglese quantomeno dubbia; - inoltre questo dimostra ancora una volta quanto sopra: il neocolonialismo esteso su scala planetaria (almeno nell'ottocento la conoscenza del francese era riservata ai nobili); - a insistere col nostro provincialismo, tanto varrebbe imparare il cinese, visto che sar la potenza dominante nell'immediato futuro. Concludendo, non sarebbe meglio consentire agli studiosi italiani di fare seriamente ricerca, insegnamento o qualsiasi altro lavoro in Italia a livelli equiparabili a quelli di altri paesi pi evoluti, oppure ci manca qualcosa nel codice genetico?

2030 la rivolta degli anziani (Voto: 1) da arabafenice Sabato, 20 ottobre 2007 alle 11:22:09 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://uac.bondeno.com/afenice Tra i servizi privatizzabili sono sicuramente da annoverare quelli previdenziali, il che significa, ad esempio, che se lo Stato oggi attinge alle casse dell'INPS per pagare la cassa integrazione guadagni (CIG), domani non lo potr pi fare. Ma significa anche molte altre cose che una miniserie in 3 puntate che inizia stasera su Cult ci prefigura. La serie ambientata nella Germania del 2030 in cui le regole sono: in pensione a 70 anni, tutti con la minima di 516 euro al mese, ticket del 25% su tutte le spese mediche ospedaliere; gli anziani che hanno potuto permettersi di pagare, durante il periodo lavorativo, un "premio" per una costosa assicurazione integrativa, godono pi o meno dello stesso benessere dei pensionati di oggi; gli altri si arrangiano con piccoli lavoretti finch possono e, alla prima seria malattia vendono la casa (se ce l'hanno) o scelgono l'eutanasia, diventata legale. Ovviamente i giovani, senza lavoro o con lavori precari, esattamente come oggi, soddisfano le loro frustrazioni aggredendo anziani (la parte debole della societ) sui quali vengono riversate le colpe del loro mancato benessere (fino a ieri era con la pensione del
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nonno che si comprava il motorino ai 16enni). Il finale ha ovviamente in serbo un risvolto noir, tanto di moda oggi, ma ancora pi inquietante del quadro descritto finora. Non perdetevelo! ( e per dirla come diceva Renzo Arbore: "meditate gente, meditate").

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Primo piano: Benedt dal Marca... Inserito da andreamalaguti Marted, 11 settembre 2007 alle 16:59:54 CEST Oggi, 11 settembre 2007, resto in casa e tengo spenta la radio. Non mi importa se New York pi o meno sicura di sei anni fa dagli attacchi aerei perch so che tra gli otto milioni di persone dellisola di Manhattan fin troppo facile imboscarsi per chiunque, terrorista o meno. Apro un vecchio numero del New Yorker e trovo altre preoccupazioni: un economista sostiene che la democrazia da abolire. Bryan Caplan insegna alla George Mason University e ha appena pubblicato il libro The Myth of the Rational Voter: Why Democracies Choose Bad Politics (Princeton University Press). Secondo Caplan, gli elettori sono un gregge di pecore che vota senza razionalit, a seconda dei tanti preconcetti dominanti e in chiaro contrasto con la competenza di chi invece dovrebbe prendere le decisioni fondamentali, cio gli economisti. Per esempio, per la gente comune il prezzo della benzina troppo caro, mentre per gli economisti pu andare. Oppure, per la gente comune i salari degli impieghi creati di recente negli Stati Uniti per ovviare alla disoccupazione sono bassi; per gli economisti, invece, possono andare (se lofferta supera la domanda, i prezzi si abbassano). Se per la gente comune i salari dei grandi dirigenti finanziari sono scandalosamente alti, per gli economisti van bene cos (ci mancherebbe altro: sono i loro compagni di scuola...). Il punto di Caplan che nessuno ragiona veramente come un economista: nessuno, votando, pensa solo al proprio interesse e basta, come giusto e doveroso in uneconomia di mercato, dove il vantaggio del singolo diventa a lungo andare il vantaggio di tutti. Questa la vera razionalit; perci bisognerebbe insegnare pi economia nelle scuole e meno letteratura. una grande scoperta, per me, sapere che dare un calcio nel culo a chi si sa che non pu restituirtelo (delizioso e razionalissimo Leonardino in terza elementare!), rubare unautomobile solo perch non chiusa a chiave o non ha lantifurto, ammazzare qualcuno per pigliarsi i suoi averi se si riesce a far sparire il cadavere e a restare impuniti non solo sommamente razionale (lo dicono gli economisti), ma addirittura utile alla comunit, visto che il vantaggio del singolo ricade sempre come effetto su tutti. E infatti sarebbe ora di premiare la Camorra per lindotto economico che produce e senza il quale il nostro paese probabilmente non sopravviverebbe. Qualche anno fa un professore di teologia della Harvard Divinity School osservava che, leggendo il Financial Times, gli bastava sostituire Market con God per ottenere qualcosa di simile a San Tommaso. Il Mercato vede e provvede, per le sue vie oscure, al benessere di tutti, ma soprattutto di chi segue le sue leggi, osserva i suoi comandamenti e medita la sua parola di giorno e di notte; perch egli via, verit e vita. Pochi giorni fa m capitato di prendere il caff assieme a due economisti che avevano voglia di parlare
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italiano: un israeliano in carriera e un indiano molto famoso. In poco tempo attorno allindiano si fece un crocchio di francesi, svizzeri, tedeschi, danesi e altro. Poi pass un giovane italo-tedesco, che entr in fretta e furia ( al mio livello di carriera, ma prende il doppio di me); poi si misero a sparlare di un catalano. Mi sembrava di essere nellabbazia del Nome della Rosa, col capitale al posto di Dio, naturalmente, e linglese al posto del latino. Loro decidevano i destini del mondo e io ero il povero maestrino ditaliano incompetente, a cui al massimo toccava di votare per i soliti quattro fantocci che alla fine, da destra o a sinistra, si fanno assistere e si rivolgono... agli economisti! La Chiesa non unistituzione democratica. Dio ha detto a Pietro che era pietra e su quella pietra si sarebbe fondata la Chiesa; non ha chiesto ai fedeli di eleggere la loro guida. Perch dovrebbe esserlo il Mercato, che della Chiesa ha preso il posto? Perch non dovrebbe privilegiare chi tutti i giorni medita e riflette sul suo andamento e si comporta come razionalmente si dovrebbe comportare, cio inseguendo il proprio interesse e basta (contribuendo cos allinteresse generale)? A New York lo sanno anche i preti cattolici. Nel suo Diario americano (Boringhieri), Giulio Sapelli dice che a messa, a New York, si trova gente di ogni condizione sociale: dallo spazzino irlandese o italiano (quelli che cantano il mattino) alla lavandaia messicana al giovane in carriera a Wall Street. Mentre celebra, il sacerdote teso e cupo perch invoca un unico destino e un unico padre celeste: di fronte a Dio siamo tutti uguali. Ma finita la messa (in scena), ecco che il prete va alla porta e saluta i fedeli che escono. Ed nel saluto finale del prete che si vede chiaramente chi appartiene allinferno della povert, chi al purgatorio del lavoro sottopagato e chi invece Benedetto dal Mercato.

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Societ e cultura: Buon pomeriggio, nemici sportivi Inserito da andreamalaguti Gioved, 18 ottobre 2007 alle 12:06:26 CEST Stando al radiogiornale del mattino della National Public Radio di New York (WYNC), il direttore del Centro di Atletica della Princeton University, Gary Walters, ha dichiarato ingiusto il minor prestigio accademico dello sport rispetto al teatro, alla musica e alla letteratura; richiede quindi che anche alle discipline sportive sia riconosciuto un valore accademico. Tanti anni fa, passando per la Facolt di Lettere dellUniversit di Bologna, mi ricordo lo spregio di una studentessa per un suo collega un po facilone: Si laureato in football. Oggi il direttore del Centro di Atletica della Princeton University, Gary Walters, chiede che ai migliori atleti delle universit venga concesso di laurearsi in una disciplina sportiva. Se un musicista pu laurearsi in musica e un giovane attore o regista in discipline dello spettacolo (per inciso: non ho mai avuto in simpatia il DAMS) perch un atleta non pu laurearsi in football? Le universit americane sono strane: ci si pu veramente laureare in tutto (ed un problema), e visto che si inizia un anno prima e che, come ho gi detto, le scuole superiori sono pessime, nelle istituzioni pi importanti si passa almeno un anno a recuperare sul fronte della cultura generale. Se c per qualcosa che non manca proprio il prestigio dello sport. Al contrario, agli atleti pi promettenti vengono concesse borse di studio molto generose e sino a poco tempo fa addirittura sconti sulla preparazione agli esami; poi scoppiato lo scandalo. Perch? Perch le universit lucravano abbondantemente coi diritti televisivi sulle partite di football o di pallacanestro e sulle gare sportive. Inoltre, nei campionati universitari gli atleti si segnalano alle grosse societ sportive e quando terminano gli studi, di solito attorno ai ventun anni, firmano contratti da professionisti per mai meno di centomila dollari allanno, pi dello stipendio medio dei loro insegnanti. Non sorprende allora che il professore di letteratura inglese della Indiana University, peraltro ex-atleta, che anni fa scese in campo denunciando la mancata preparazione accademica degli atleti rischiasse il licenziamento in tronco: la vera paura dellamministrazione centrale non erano gli studenti ignoranti, ma la perdita dei diritti televisivi. Altro lamento ipocrita degli sportivi americani che lo sport perda prestigio rispetto alle arti perch viene considerato mera competizione. Prego? Chi non conosce la barzelletta dei quattro attori per avvitare la lampadina, uno in cima alla scala e gli altri tre che protestano perch non sono stati scelti? Far carriera nelle arti in America comporta trasferirsi a New York (gi Chicago e San Francisco sono periferia), fare gavetta per anni, mal pagati (e quindi vivere nelle peggiori topaie di Manhattan) e senza la minima
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garanzia non dico di gran successo, ma di semplice riuscita. Non ci sono minor leagues per gli attori o gli artisti in America: o sfondi o finisci nel ghetto dei frustrati (dei losers, degli sfigati: di quelli che si son tirati addosso il rifiuto della societ ed colpa loro). Al contrario, lo sport agonistico allena al gioco di squadra e alla competizione, ad allearsi coi compagni e a sconfiggere gli altri, che poi il destino di una vita: saper scegliere con chi allearsi e chi mettersi contro per il proprio vantaggio. E allora perch non promuoverlo a disciplina di laurea, visto che un giorno servir a far carriera? Buon pomeriggio, nemici sportivi. Re: Buon pomeriggio, nemici sportivi (Voto: 1) da paolog Gioved, 18 ottobre 2007 alle 12:30:52 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog Quando il margine di profitto monetario (la differenza tra quanto hai investito in un bene e quello che ti fa guadagnare) diventa la unica misura del valore, perch non riconoscerlo attribuendogli anche altri titoli a cascata? C' del metodo in questa follia; la cosa strana che il "consumatore" dell' evento/merce non ci guadagna assolutamente nulla, pur mettendoci il denaro che serve a pagare i diritti televisivi. E' lui il principale responsabile di questa situazione! :-)

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Primo piano: Ma va a farti visitare in India... Inserito da andreamalaguti Luned, 03 settembre 2007 alle 17:26:33 CEST L'economista Ethan Capstain avverte che in futuro il lavoro nei servizi potrebbe venire delocalizzato, come gi accade coi servizi sanitari, coi call center e con la ragioneria. New York, 3 settembre 2007. Mentre gli americani festeggiano Labor Day, la la festa del lavoro che cade ogni primo luned di settembre e segna la fine dell'estate, la National Public Radio trasmette un'intervista interessante a Ethan Capstain, economista in stanza a Parigi. Secondo Capstain, i servizi sono destinati a subire in pochi anni la stessa delocalizzazione dell'industria manifatturiera. Gi si assiste al cosiddetto "turismo medico": tanti americani si recano in India per curarsi e farsi operare da equipe mediche di alto livello a costi di gran lunga inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti ("Sicko" docet). Io stesso mi sono trovato ad aspettare una settimana il responso di una radiografia a una piccola frattura al piede destro perch, mi venne detto, la radiografia era stata inviata in India. Lo stesso giorno dell'esito, un dipendente del centro medico mi disse di aver perso il lavoro da programmatore informatico dopo dieci anni di attivit proprio perch l'intera industria del software era stata spostata in India (ci saranno andati anche i miei studenti di allora, che sognavano di far soldi a palate coi programmi al computer?). Lo stipendio dignitoso che fino a ieri si poteva ottenere lavorando con costanza e dedizione oggi soggetto di contesa: in India e in Cina c' la fila di gente pronta a rimpiazzarti a un decimo del prezzo e con l'informatica e l'inglese (due delle "i" di Berlusconi) si mandano le informazioni in un attimo e in un altro attimo si ricevono. Il futuro: si entra in day hospital a Bondeno, l'infermiere si mette al computer e trasmette i dati al medico di guardia di Madras, pagato cinquecento dollari al mese, che comunica la diagnosi all'infermiere che agisce di conseguenza. diventata una grande impresa (la terza "i" di Berlusconi). Ci che pu salvare il lavoro agli americani, dice Capstain, la produttivit. Bisogna quindi aggiornarsi di continuo per essere competitivi e produrre di pi. Ma cosa vuol dire? Curare pi malati? Curarli meglio? Curarne tanti, ma peggio? Curarne tantissimi scegliendo con cura chi curar bene per far bella figura e chi curar male per risparmiare tempo e denaro? E a chi vanno il tempo e il denaro risparmiati? Capstain non chiaro (ci mancherebbe). L'unica vera novit certa che la festa di oggi, Labor Day, potrebbe non corrispondere al lavoro di domani. Re: Ma va a farti visitare in India... (Voto: 1) da Ditar Marted, 04 settembre 2007 alle 08:55:18 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio)
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Temo che la produttivit non sia gia oggi sufficiente per "salvare il lavoro" a noi che viviamo "nella parte piu' sviluppata del pianeta". Con il lavoro che costa 5 anche 10 volte meno, hai da essere produttivo..... Per adesso, ci salva, almeno a livello di industria manufatturiera, l'innovazione tecnologica: know-how, tecnologie pi avanzate, design, per adesso ancora nelle nostre mani, principalmente, che vengono delocalizzate (o licenziate ...) nel terzo mondo dove produrre costa meno. Purtroppo, la velocita' con cui si innova e si sviluppa, e quella con cui si delocalizza non sono uguali, e la seconda viaggia piu veloce rispetto la prima. Ergo, arrivera' un momento in cui l'occidente non avra' neppure piu la supremazia tecnologica.... allora si saranno dolori.

Vite di scarto (Voto: 1) da paolog Marted, 04 settembre 2007 alle 16:43:04 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog E' il titolo di un libro del sociologo Zygmunt Bauman, considerato attualmente il migliore interprete della societ postmoderna (curioso per uno nato nel 1925!). Ad ogni modo, per avere un'idea del suo pensiero, potete leggere l'intervista rilasciata nel 2003 dopo la sua partecipazione al festival della letteratura (http://www.rainews24.it/ran24/rubriche/incontri/interviste/bauman_intervista.asp) o, meglio ancora, andarlo a sentire direttamente a Bologna il 13 settembre alle 17 in via De' Chiari o a Modena sabato 15 alle 11.30 in piazza in occasione del festival di filosofia. Tanto per darvi un'idea, una delle sue metafore preferite :" E' come essere i passeggeri di un aereo in cui l'altoparlante dice di stare tranquilli che tutto va bene, ma in cabina di pilotaggio non c' nessuno". Ricerca tutti i titoli che sono stati scritti da Zygmunt Bauman [www.internetbookshop.it]

Vite di scarto (Voto: 1) da andreamalaguti Marted, 04 settembre 2007 alle 17:55:10 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) Ho letto alcune cose di Bauman anch'io e mi piace molto. Non so se sono del tutto d'accordo con la metafora, per. Mi viene in mente una vignetta di Altan con un aeroplanino tipo triplano del Barone Rosso e il commento: "Non so dove vado, per so pilotare". E magari sa dove andare, ma non gliene importa di sacrificare i passeggeri gettandoli come zavorra senza paracadute ("Buongiorno, sono il vostro pilota. Voi no"
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dice un mio amico in una sua poesia). Certo, per noi passeggeri cambia poco...

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Primo piano: Mai pi senza debiti! Inserito da andreamalaguti Domenica, 19 agosto 2007 alle 11:14:28 CEST L'industria finanziaria del prestito scolastico USA ha aggirato anche il governo. ora di prepararsi, visto che anche in Italia non manca chi preferisce comunque il privato. Gi ho accennato altrove ai costi dellistruzione americana: un anno di corsi solo di corsi in una scuola media superiore di qualit o in ununiversit pu equivalere a un anno di stipendio di un impiegato pubblico. Se limpiegato pubblico ha un figlio alluniversit (e magari due) deve o giocare in borsa (ma la borsa che si prende gioco di lui, come s visto in questi giorni) o rapinare una banca (invece di farsi rapinare dalla stessa, come di norma) o contrarre dei forti debiti. Il prestito sembra infatti la soluzione meno azzardata ed la pi diffusa. Di recente, per, sono venute alla luce alcune pratiche scandalose. Pur di avere lesclusiva sui prestiti agli studenti di varie universit, alcune finanziarie di prestigio si sono ingraziate i maggiorenti delle universit a furie di cene, gala e vacanze premio. La cosa stata scoperta e il senato, a maggioranza democratica, ha legiferato in merito (anche se sorgono dubbi su come far rispettare le nuove norme). Un tempo erano molto pi diffusi i prestiti del governo. Il famoso G. I. Bill, per esempio, era uno stanziamento finanziario che dopo la seconda guerra mondiale permise a tanti reduci di laurearsi (tra i beneficiari lo scrittore Kurt Vonnegut, recentemente scomparso). I privati, per, si sono inseriti sempre pi e ora, pi che concedere prestiti, il governo funziona da garante delle perdite (almeno in larga percentuale). Fare da garante delle perdite, per, costa al governo quattro volte tanto concedere direttamente i prestiti. Come possibile? Chi ha fatto fesso il governo americano? Nessuno: il governo non fesso perch non una persona. Sono invece persone i lobbisti delle finanziarie che hanno fatto pressione sia sugli uomini di governo perch non abbassassero i tassi di interesse sui prestiti e non facessero sconti sia sulle universit perch uscissero dai programmi di prestiti governativi. E non solo a furia di regale, ma anche di donazioni dirette alle universit, che incamerano sempre e volentieri e mettono in capitale; a volte per borse di studio, ma pi spesso per iniziative di miglioria vera o apparente che comunque giustifichi la richiesta di rette studentesche ancora pi alte (e quindi di margini di lucro pi ampi per le finanziarie). E la gente non protesta? No, un po' perch non informata, un po' perch teme lingerenza governativa e non vuole affidare al governo centrale troppe responsabilit. E poi il privato bello, funziona bene ed sempre efficiente. Il governo centrale, invece, serve solo a pasticciare. Tant che nello stato del New Hampshire c chi si rifiuta di pagare qualsiasi tassa. E infatti la targa del New Hampshire porta sempre la scritta: Live
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Free Or Die. Free, in inglese, vuol dire anche gratis. E infatti Dio ci ha creato gratis; i debiti, invece, li paghiamo noi. da arabafenice Marted, 21 agosto 2007 alle 19:34:12 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://uac.bondeno.com/afenice Giusto una annotazione: il 29 agosto esce anche in Italia "Sicko", l'ultimo lavoro di Michael Moore sulla sanit negli USA e, richiesto di un parere sull'Italia, il regista ha affermato:" L'Italia era uno dei Paesi SiCKO della nostra lista originaria a cui abbiamo rinunziato perch avevamo gi troppo materiale. Vorrei per aggiungere che io ho grande ammirazione per i sistemi di assistenza sanitaria di nazioni come il Giappone, l'Italia o la Danimarca e quali che siano le imperfezioni supplico i fortunati cittadini di quegli Stati di non farsi sedurre dalle promesse del libero mercato". da http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=180861

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Saggi: La repubblica di Weimar Inserito da arabafenice Venerd, 15 giugno 2007 alle 10:00:00 CEST Forse non tutti sanno che le umane teorie (filosofiche, letterarie, economiche, scientifiche, storiche ecc.) servono normalmente a supportare gli interessi delle categorie che controllano i media, per cui quelle "non allineate" vengono rimosse e/o squalificate. Qui non si vuole certo entrare nel merito, per capita ogni tanto di trovare qualche testo apparentemente "eretico" che, in nome della libert di espressione, citiamo: Maurizio Blondet, Schiavi delle banche Il grande boom dur sette anni. A credito. Fino a sbattere contro quel muro della natura che gi Ricardo aveva previsto come il fatale ostacolo contro cui si sarebbe autodistrutto il liberismo, il capitalismo finanziario senza regole. Le imprese prosperavano. Ma al prezzo di un aumento astronomico delle loro spese incomprimibili: il servizio del debito per l'acquisto dei terreni, degli impianti, degli immobili. Come sempre, i capitalisti agirono sulla spesa che essi ritengono a cuor leggero variabile: i salari. "Ogni segno di crisi fu scongiurato comprimendo i salari e licenziando lavoratori", dice Heilig; e poich "i bassi salari stimolano gli investimenti industriair, il risparmio sulla manodopera fu compensato con l'acquisto di altri macchinari pi efficienti. Era la corsa alla pi alia produttivit, alla razionalizzazione esaltata dalla finanza globale: produrre pi merci con sempre meno lavoratori. Industria ad alta intensit di capitale. "Modernizzare, modernizzare ad ogni costo, era la sola idea che gli uomini d'affari sapevano concepire", dice Heilig. E' la stessa ricetta che viene raccomandata o imposta in nome dell'efficienza del capitalismo. Heilig dice invece: "la Germania era intossicata": Che cosa accade infatti quando si retribuisce troppo il capitale a scapito del lavoro? Finisce che le merci sempre pi abbondanti non trovano acquirenti, perch i consumatori - i lavoratori - hanno perso potere d'acquisto. Gli imprenditori corsero ai ripari, secondo le lezioni di liberismo appena apprese. Nel 1931, nel tentativo disperato di sostenere i prezzi, ridussero la produzione di merci. Con ci per, dice il giornalista, "gli interessi (sul debito), le tasse, gli ammortamenti e gli affitti, ossia le spese fsse, divise su un volume minore di beni, aumentarono il costo unitario di ogni bene. Il costo di produzione crebbe in proporzione inversa ai profitti calanti, fino a divorarli". La soluzione liberista? "Gli operai furono licenziati in massa". Ma, naturalmente, " i datori di lavoro ne ottennero ben poco sollievo. Per ogni lavoratore licenziato, era anche un consumatore che spariva". La benedizione del capitale facile aveva prodotto questo esito: sovrapproduzione, disoccupazione, crisi. Heilig ragiona su quei costi incomprimibili che finirono per divorare i profitti. In ultima analisi, essi consistono nell'enorme rialzo degli immobili e terreni che precedette ogni futuro profitto possibile. Alla fine, "tutto and ai proprietari immobiliari. L'intera Germania aveva lavorato 'per loro ' in tutti gli anni del boom". Pi precisamente diciamo: per restituire gli interessi e i ratei dei capitali
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presi a prestito, e finiti nella speculazione meno produttiva, la Germania si sven. Nel corso del 1931 parecchi industriali tedeschi non furono pi in grado di pagare i debiti: "I cosiddetti costi incomprimibili erano diventati insopportabili e cessarono di essere pagati". Con l'insolvenza dei debitori, cominciarono a fallire le banche. Il cancelliere Bruning, allievo modello del liberismo pr-capitalista, spese miliardi di marchi (denaro dei contribuenti) per salvarle. Poi accord amplissimi sussidi alle imprese in difficolt. Come si vede, anche allora il liberismo non si applica quando si profila la rovina del capitale e dei capitalisti: allora torna di moda l'intervento pubblico, la mano visibile dello Stato. Bruning lanci quella che chiam politica anti-deflazionista: la quale consisteva nel somministrare pi forti dosi del tossico che aveva condotto alla rovina. "Decret una riduzione generale dei salari, che furono tagliati del 15%". Era convinto che, ridotto il potere d'acquisto dei lavoratori, questo avrebbe indotto una riduzione successiva dei prezzi (il prezzo umano, la riduzione alla fame della classe operaia, non parve indegno d'essere pagato). "Ma i prezzi erano determinati da fattori ben diversi che dai salari", dice Heilig: come abbiamo visto, dalle spese incomprimibili del servizio del debito contratto per comprare suoli sopravvalutati. Era l, se mai, che si sarebbe dovuto agire. Ma era troppo tardi. "Sette milioni di salariati, un terzo della forza produttiva, era disoccupato; la classe media spazzata via: questa la situazione a un anno dall 'apice della prosperit" indotta dai capitali esteri. In quell'anno, il numero dei deputati nazisti eletti al Reichstag pass da otto a 107. Nel gennaio 1933, Hitler fu nominato cancelliere.

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Primo piano: Giornata mondiale della Terra Inserito da arabafenice Mercoled, 18 aprile 2007 alle 10:57:00 CEST Il 22 aprile di ogni anno si celebra ufficialmente la Giornata della Terra (in marzo si era celebrata quella sull'acqua: vedi in proposito il nostro articolo al link http://www.bondeno.com/modules.php?name=News&file=article&sid=505. Ci sono molti modi di guardare al problema, da quello "ufficiale" del sito http://www.earthday.org a quello un po' meno del sito http://www.isec.org.uk/ che esponiamo a grandi linee servendoci delle parole del suo direttore Helena HerbertHodge. Sostanzialmente l'autrice pone l'accento sul processo di industrializzazione dell'agricoltura (propagandato come inevitabile dalle multinazionali) che ha costretto i contadini a piantare distese sempre pi grandi di monocolture dipendenti da macchine e ad omogeneizzare i loro terreni abbattendo alberi, strappando siepi, spianando col bulldozer le rocce affioranti in superficie e distribuendo concimi e fertilizzanti che ignoravano le specifiche caratteristiche di ogni campo. I contadini che si adattavano ad ogni successiva ondata di innovazioni dovevano, di solito, ottenere prestiti bancari per pagare le nuove tecnologie ed erano continuamente incalzati ad aumentare la loro produzione, espandere i loro poderi e cercare mercati sempre pi lontani semplicemente per rimborsare i prestiti. Intanto l'industria collegata alla agricoltura commercializzava tutto ci di cui necessitano i contadini: attrezzature, combustibili, sementi, fertilizzanti, pesticidi e spesso queste industrie sono le stesse alle quali poi i contadini conferiscono il prodotto senza avere nessun controllo sul prezzo. Il risultato stato di attrarre le pi piccole economie del mondo nell'orbita delle superpotenze industriali ( la c.d. globalizzazione) eliminando la possibilit di autosostentamento di tali popolazioni che si trovano cos a dipendere completamente dal mercato, gestito e controllato dal 1994 dal WTO, un organismo internazionale che ha assunto il potere di imporre le proprie leggi agli stessi stati. Questo meccanismo ha privato i contadini di ogni controllo sui loro prodotti la cui qualit ha previlegiato l'apparenza e la durata sui banchi dei supermercati alla variet e al gusto originari: chi di noi ricorda pi ormai il sapore e l'odore delle fragole?

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Il tormentone Inserito da arabafenice Luned, 04 settembre 2006 alle 00:00:00 CEST Puntualmente ogni anno, pi o meno nello stesso periodo, si discute sempre delle medesime cose e, purtroppo senza avere mai approfondito, nel frattempo, la conoscenza del problema. Per questo riteniamo di fare cosa utile ripubblicando questo articolo di L.Gallino estratto dal libro consigliato in nota. LE VARIABILI NASCOSTE DEL DIBATTITO SULLE PENSIONI Vi sono fenomeni della natura di cui possibile costruire una spiegazione, seppur complicata, solo se si assume che esistano delle variabili nascoste alla percezione dell'osservatore. Esistono invece dei fenomeni sociali che vengono spiegati con grande semplicit dallo stesso osservatore nascondendo al pubblico la maggior parte delle variabili. Rientrano in questa categoria le proposte di riforma delle pensioni ipotizzate dal governo. Esse fanno seguito alle sollecitazioni da tempo trasmesse da istituzioni quali la Commissione Europea, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca d'Italia, la Con-findustria, di recente anche la Corte dei Conti. In tali proposte e sollecitazioni sono sempre poste in primo piano due variabili il cui peso nessuno pu negare. La prima l'invecchiamento della popolazione. Da un lato aumentato e continuer ad aumentare il numero di persone che vivono pi a lungo che non una o due generazioni fa; dall'altro, la caduta dei tassi di natalit ha fortemente ridotto il numero dei giovani che entrano nel mondo del lavoro. Perci i contributi versati via via dagli occupati non basteranno pi, in prospettiva, a pagare le pensioni di chi ha lasciato il lavoro. La seconda variabile l'incidenza delle pensioni pubbliche sul Pil. Essa toccava gi al 2000 il 13,8 per cento, ma potrebbe salire di quasi due punti tra il 2030 e il 2040, per ridiscendere poi al 14 per cento verso il 2050. Il bilancio dello Stato, si ricorda, non potrebbe sopportare un simile onere, men che mai a fronte delle esigenze del patto di stabilit adottato dalla UE. Se ci si limita a considerare le suddette variabili, come in genere avviene, gli interventi da compiere sul sistema pensionistico appaiono predefiniti e inevitabili. Bisogna elevare al pi presto l'et di pensionamento, a cominciare dalle pensioni d'anzianit. Al tempo stesso si dovrebbe tagliare il livello delle pensioni a venire, mediante dispositivi quali, per dire, il passaggio generalizzato al metodo contributivo, che porta a calcolare la pensione non sulla base della retribuzione degli ultimi anni di lavoro, bens sulla base di quanto effettivamente versato nell'arco della vita lavorativa. In tal modo si otterrebbe di farle scendere di parecchi punti percentuali al disotto del livello attuale, che corrisponde in media a un po' meno del 70 per cento dell'ultima retribuzione percepita (il che non propriamente un lusso). In questa direzione si muovono appunto i progetti di riforma approvati dal governo. Ci nondimeno il problema pensioni non formato solamente da variabili quali l'invecchiamento della popolazione o l'incidenza della spesa pensionistica sul Pil. Ve ne
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sono parecchie altre che dovrebbero entrare a pari titolo nel pubblico dibattito. Una di queste la produttivit, intesa come quota di Pil prodotta per ora di lavoro. Si stima che essa cresca, in media e a lungo periodo, tra l'1 e il 2 per cento l'anno. Rivisitate tenendo presente questa variabile, le previsioni circa il futuro andamento del rapporto tra le persone in et lavorativa (15-64 anni) e gli over 65 che si trovano nei rapporti della Ce perdono gran parte della loro drammaticit. Infatti, ammesso che si passi dalla situazione odierna - quattro persone in et lavorativa per un anziano - a un rapporto di 2 a 1 al 2050, l'aumento cumulativo della produttivit significa che i due lavoratori del 2050 produrranno una quota di Pil, in termini reali, all'incirca equivalente a quella dei quattro lavoratori di oggi. I due lavoratori di domani non faranno quindi pi fatica dei quattro di oggi a sopportare l'onere di pagare la pensione a un anziano. Si pu obiettare al riguardo che non pensabile che tutto l'incremento di produttivit se ne vada nel finanziare le pensioni del futuro. L'obiezione starebbe in piedi, se non inciampasse subito in un'altra variabile nascosta, il peso relativo dei redditi da lavoro sul Pil. Secondo vari indicatori esso fortemente diminuito negli ultimi due decenni. Una ricerca pubblicata a met 2003 dall'Ires-Cgil stima che la quota del monte retribuzioni lorde sul Pil abbia perso in tale periodo oltre 6 punti percentuali, scendendo dal 36,1 per cento al 30 per cento. Un'altra ricerca dell'Universit di Pavia ha calcolato in oltre 7 punti percentuali la riduzione della quota di Pil disponibile alle famiglie consumatrici negli anni '90. Sei-sette punti di Pil non sono inezie: in moneta attuale equivalgono a 80-90 miliardi di euro l'anno. Ora, poich le pensioni non sono altro che retribuzioni differite, un taglio alle pensioni aggiungerebbe col tempo a tale salasso, gi subito dai redditi da lavoro, un'altra sottrazione dell'ordine di decine di miliardi di euro l'anno. Anche dei liberali come Ronald Dworkin, Michael Walzer, o Amartya Sen, avrebbero difficolt ad ammettere che saremmo qui in presenza di eque forme di uguaglianza, o di un'accettabile giustizia sociale. Vi sono poi alcune variabili, pur esse finora nascoste nel dibattito sulle pensioni, identificabili nella qualit del lavoro che le persone svolgono, e nell'uso della forza lavoro che le imprese fanno. Si pretenda da una persona di svolgere per decenni un lavoro che a causa del modo in cui organizzato e dell'ambiente in cui ha luogo logorante per le braccia e per la mente, o ciecamente subordinato e ripetitivo, o tutt'e due le cose insieme. Non ci si dovrebbe stupire se appena si avvicina a maturare i requisiti necessari quella persona stessa si accinge ad andare in pensione, anche se ancora relativamente giovane. Naturalmente non v' dubbio che realizzare forme di organizzazione del lavoro pi rispettose delle persone, dei loro bisogni di creativit, di un lavoro che abbia un senso, di riconoscimento, sia assai pi difficile che non emanare un decreto che impone loro di andare in pensione due o cinque anni pi tardi. Quanto alle imprese, sarebbe opportuno richiedere a esse un piano dettagliato in cui spiegassero come pensano di conciliare le loro insistite richieste di allungamento dell'et lavorativa, con le loro pratiche quotidiane di assillante ricerca di forza lavoro sempre pi giovane. Le ragioni di tali pratiche sono chiare: i giovani posseggono nozioni culturali e
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tecniche pi aggiornate. Soprattutto costano meno. Ma occorrerebbe pur mettere riparo, almeno sul piano della forma, a una situazione che vede il massimo dirigente di un'azienda tenere a un convegno una relazione circa l'assoluta necessit di ridurre l'incidenza del carico pensionistico sul Pil, elevando fortemente l'et di pensionamento in modo da recuperare risorse per la competitivita e lo sviluppo; intanto che, lo stesso giorno, il suo direttore del personale spiega a un tecnico, un quadro, un operaio, o una dirigente, che a quarantacinque anni le loro competenze sono ormai obsolete, ergo in azienda non c' pi posto per loro. Introdurre nel dibattito sulle pensioni le variabili finora nascoste non aiuterebbe presumibilmente ad accelerare una riforma del sistema, quand'anche si continuasse a reputarla indispensabile. Ma potrebbe servire a dimostrare che essa forse meno urgente di quanto non si dica. Soprattutto conferirebbe maggior equilibrio al dibattito. Finora la scena, si dovrebbe riconoscere, stata dominata dagli argomenti cari, e utili, a una parte sola. [pubblicato su Repubblica l'8/7/2003] Nota: Luciano Gallino , Italia in frantumi

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Societ e cultura: La realt supera la fantasia Inserito da arabafenice Mercoled, 09 agosto 2006 alle 00:00:00 CEST Anche stavolta prendiamo spunto da un libro e da un film per un discorso incrociato sull'economia: il film "Syriana"; il libro "Confessioni di un sicario dell'economia". Dal libro di John Perkins riportiamo un brano esemplificativo:Il Venezuela era un caso classico. Tuttavia, mentre osservavo gli eventi che vi si stavano svolgendo, fui colpito dal fatto che il fronte di battaglia davvero significativo si trovava in un altro paese ancora. Era un fronte significativo non perch rappresentasse di pi in termini di dollari o vite umane, ma perch comportava questioni che andavano ben oltre gli obiettivi materialistici che generalmente definiscono gli imperi. Questo fronte di battaglia si estendeva al di l degli eserciti di banchieri, dirigenti d'azienda e politici, fino in fondo all'anima della civilt moderna. E si stava formando in un paese che avevo finito per conoscere e amare, il paese in cui avevo lavorato per la prima volta come volontario dei Peace Corps: l'Ecuador. Negli anni trascorsi da quando mi ero recato l per la prima volta, nel 1968, questo minuscolo paese si era trasformato nella tipica vittima della corporatocrazia. Io e i miei contemporanei, e i nostri moderni equivalenti manageriali, eravamo riusciti a portarlo praticamente alla bancarotta. Gli avevamo prestato miliardi di dollari perch potesse ingaggiare le nostre societ di ingegneria e costruzioni affinch realizzassero progetti che avrebbero favorito le sue famiglie pi ricche. Di conseguenza, in quei tre decenni, il livello ufficiale di povert era passato dal 50 al 70%, la sottoccupazione o la disoccupazione erano aumentate dal 15 al 70%, il debito pubblico era cresciuto da 240 milioni a 16 miliardi di dollari e la quota di risorse nazionali stanziata per i cittadini pi poveri era scesa dal 20 al 6%. Oggi, l'Ecuador deve destinare quasi il 50% del suo bilancio nazionale unicamente a saldare i suoi debiti, anzich ad aiutare i milioni di suoi cittadini ufficialmente classificati come gravemente impoveriti.40 La situazione in Ecuador dimostra chiaramente che non si tratta del risultato di un complotto, bens di un processo verificatosi durante amministrazioni sia democratiche che repubblicane, un processo che ha coinvolto tutte le principali banche multinazionali, molte corporation e aiuti esteri da una moltitudine di paesi. Gli Stati Uniti hanno svolto il ruolo di guida, ma non abbiamo agito da soli. Durante quei tre decenni, migliaia di uomini e donne hanno contribuito a condurre l'Ecuador nella delicata posizione in cui si ritrovato all'inizio del millennio. Alcuni di loro, come me, erano consapevoli di ci che stavano facendo, ma la stragrande maggioranza aveva semplicemente svolto i compiti per i quali era stata istruita nelle facolt di economia, ingegneria e giurisprudenza, o aveva seguito la guida di capi del mio stampo, che gli avevano illustrato il sistema con l'esempio della loro avidit e attraverso ricompense e punizioni intese a perpetuarlo. Nel peggiore dei casi, quei partecipanti consideravano innocuo il proprio ruolo; nel caso pi ottimistico, ritenevano di star aiutando una nazione ridotta in miseria.
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Sebbene inconsapevoli, ingannate e - in molti casi - illuse, queste persone non erano membri di un complotto clandestino; erano piuttosto il prodotto di un sistema che promuove la forma pi sottile ed efficace di imperialismo che il mondo abbia mai conosciuto. Nessuno era stato costretto ad andare a cercare uomini e donne da corrompere o minacciare, perch erano gi stati reclutati da societ, banche e agenzie governative. Le tangenti erano costituite da stipendi, gratifiche, pensioni e polizze assicurative; le minacce si basavano sulle usanze sociali, sulle pressioni dei colleghi e sulle domande implicite circa il futuro dell'educazione dei loro figli. Il sistema aveva avuto un successo spettacolare. All'inizio del nuovo millennio, l'Ecuador era ormai totalmente in trappola. L'avevamo in pugno, proprio come il padrino della mafia ha in pugno l'uomo al quale ha prestato pi volte i soldi per il matrimonio della figlia e per la sua piccola impresa. Come ogni buon mafioso, avevamo preso tempo. Potevamo permetterci di essere pazienti, sapendo che sotto le foreste pluviali dell'Ecuador c' un mare di petrolio, sapendo che il giorno giusto sarebbe arrivato. Come si vede l'autore ha fatto parte di una lite di professionisti che hanno il compito di trasferire le ricchezze dei paesi "in via di sviluppo" ai governi e alle multinazionali dei paesi pi sviluppati (gli USA in primo luogo). Il film, in programmazione a Finale, per la rassegna Finale estate, gioved 10 agosto interpretato da Clooney e prodotto da Soderbergh da un libro di Gaghan (gi autore di Traffic, con cui anche questo film presenta analogie) tratta degli intrighi sotterranei fra industria petrolifera, terrorismo internazionale e politica estera statunitense. A parere della critica (http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1470) il film si presenta confuso, forse la lettura del libro John Perkins, Confessioni di un sicario dell'economia, 15 euro pu aiutarci a chiarirlo...

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Teoria della classe agiata Inserito da arabafenice Mercoled, 23 agosto 2006 alle 16:36:23 CEST Thorstein Veblen nasce nel 1857 nel Wisconsin, si laurea in filosofia nel 1884, pubblica il libro del titolo nel 1899 a sue spese quando semplice instructor dell'universit di Chicago (finanziata da Rockfeller). Il libro diventa popolare solo nel 1918 quando viene lanciato dalla sofisticata rivista "Vanity Fair" (che si pubblica tuttora anche in lingua italiana); giunge alla nona ristampa nel 1925. Veblen muore con una piccola rendita nel 1929, poco prima della grande depressione. Il complesso della classe agiata alimentato da un continuo processo selettivo, per cui gli individui e le stirpi eminentemente idonei a una competizione finanziaria ingressiva vengono separati dalle classi inferiori. Per raggiungere i ranghi superiori l'aspirante deve avere non solo un buon corredo medio di tutte le attitudini finanziarie, ma deve inoltre possedere queste doti in grado cos eminente da superare le gravissime difficolt che gli sbarrano la strada. Salvo casi accidentali, i nouveaux arrivs sono un corpo scelto. Questo processo di ammissione selettiva non s' naturalmente mai interrotto, da quando cominci il sistema dell'emulazione finanziaria, che quasi quanto dire, da quando vige l'istituzione di una classe agiata. Ma il criterio preciso di selezione non sempre stato il medesimo, e perci il processo selettivo non ha dato sempre i medesimi risultati. Nel primitivo stadio barbarico o di rapina propriamente detto, la prova d'idoneit era il coraggio, nel senso vergine della parola. Per ottenere l'accesso alla classe, il candidato doveva essere dotato di senso della solidariet, di ferocia, solidit, mancanza di scrupoli e tenacia di propositi. Queste le qualit che contavano per accumulare e continuare a detenere la ricchezza. La base economica della classe agiata, allora come in seguito, era il possesso della ricchezza; ma i metodi per accumularla e le doti richieste per conservarla sono in parte cambiati dai primi giorni della civilt di rapina. Come conseguenza del processo selettivo le caratteristiche dominanti della primitiva classe agiata barbarica erano l'aggressione temeraria, un vivo senso di casta, e un libero ricorso alla frode. I membri della classe mantenevano il loro posto col coraggio personale. Nella civilt barbarica posteriore la societ raggiunse metodi stabili di acquisizione e di possesso sotto il regime di casta quasi pacifico. La semplice aggressione e l'aperta violenza cedettero il posto in gran parte a cavilli e intrighi d'astuzia, quali ottimi sistemi d'accumulare ricchezze. Una diversa gamma di attitudini e di tendenze dovette allora tramandarsi nella classe agiata. La capacita d'aggredire e la forza correlativa, insieme con un senso di casta spietatamente vivo, figuravano sempretra le caratteristiche pi splendide della classe. Queste sono rimaste nelle nostre tradizioni come le tipiche virt aristocratiche . Ma a esse s'univa un crescente bagaglio di meno indiscrete virt finanziarie; quali la previdenza, la prudenza e l'intrigo. Col passare del tempo e l'avvicinarsi dello stadio pacifico moderno della civilt finanziaria, quest'ultima categoria di attitudini e di abitudini guadagn in relativa efficacia ai fini finanziari, e ha avuto un peso relativamente maggiore nel
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processo selettivo per cui si ottiene l'ammissione e si mantiene il-posto nella classe agiata. Il criterio di selezione cambiato al punto che le attitudini che adesso rendono idonei all'ammissione nella classe sono le sole attitudini finanziarie. Ci che resta delle caratteristiche barbariche di rapina la tenacia di proposito o fermezza di scopi che distingueva il barbaro predone vittorioso dal pacifico selvaggio ch'egli soppiant. Ma non si pu dire che questo tratto distingua in modo caratteristica l'uomo di classe superiore che ha avuto successo finanziario, dalle masse delle classi industriali. L'educazione e la selezione a cui queste ultime sono esposte nella vita industriale moderna danno a questa caratteristica un peso del pari decisivo. La tenacia di propositi si pu dire piuttosto che distingua entrambe queste classi da due altre: il buono a nulla e il delinquente di classe inferiore. In fatto di doti naturali il finanziere si paragona al delinquente, al modo stesso con cui l'industriale si paragona al dipenderne inetto e bonario. Il finanziere ideale simile al delinquente ideale in quanto volge senza scrupoli persone e cose ai suoi fini, e trascura spregiudicatamente i sentimenti e i desideri degli altri nonch gli effetti pi remoti delle sue azioni; ma se ne differenzia in quanto possiede un senso pi vivo del suo rango e lavora con pi consistenza e lungimiranza a un fine pi lontano. L'affinit dei due tipi di temperamento si svela ulteriormente in una tendenza al gioco e alla scommessa e nel gusto di un'emulazione senza scopo. Il finanziere ideale rivela pure una curiosa affinit col delinquente in una delle variazioni concomitanti della natura umana predatoria. Il delinquente ha di regola abitudini mentali superstiziose; egli crede ciecamente nella fortuna, negli incantesimi, nella divinazione e nel destino, nei presagi e nei riti sciamanistici. Dove le circostanze siano favorevoli, questa tendenza pu esprimersi in un certo fervre di devozione servile e in una puntigliosa osservanza di pratiche devote; pu forse meglio definirsi come ritualismo che come religione. A questo punto il temperamento del delinquente pi affine alle classi agiate e finanziarie che all'industriale o alla classe dei dipendenti inetti. Thorstein Veblen, Teoria della classe agiata, pp. 212-215

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Rimandandovi al sito www.censis.it per approfondimenti, riportiamo qui il comunicato stampa relativo al 2005: "Questanno vanno evidenziati innanzitutto segnali di ripartenza economica: - nellaffiorare di schegge di vitalit economica; linsieme dei settori per i quali si registrata una crescita del valore aggiunto, della produzione e delloccupazione realizzano il 49% dellintero valore aggiunto di tutti i settori produttivi (esclusa la Pubblica Amministrazione, la Difesa e la Sanit) e assorbono il 52,3% delloccupazione totale; invece i settori che registrano un calo o del valore aggiunto, o della produzione o delloccupazione realizzano il 25% del valore aggiunto nazionale e impiegano il 13,2% del totale degli occupati. Solo una parte minoritaria dei settori produttivi, dunque, in una fase di crisi di competitivit e di bassa crescita; - nella spinta del terziario; i servizi crescono dimensionalmente, e a fronte di un incremento medio dello 0,7% le imprese con oltre 50 addetti sono aumentate del 10,3%, con dinamiche di sviluppo significative nellambito delle attivit immobiliari (+63%), della ricerca e sviluppo (+38,2%), del commercio (+22,2%); a fronte di una contrazione degli investimenti delle imprese italiane (-3,2%), nel terziario si registrata una crescita del 4,5%, che sale al 18,1% nelle aziende da 10 a 49 addetti e al 35,9% nel terziario allimpresa; - nei consumi che volano verso limmateriale; crescono a un tasso medio dall1,3%, ma i servizi di comunicazione aumentano fino al 19,1% e i servizi legati ai consumi culturali e ricreativi presentano un incremento di molto superiore alla media della spesa interna e pari al 7,6%; rispetto a un aumento della spesa delle famiglie, a prezzi costanti del 1995, di 360 miliardi di euro dal 70 ad oggi, la met di questo volume oggi direttamente imputabile a consumi collegati con lofferta di servizi (trasporto e comunicazione); - nella fioritura di eccellenze nella ricerca; tra le 500 imprese europee che pi investono in ricerca e sviluppo 149 sono del Regno Unito, 100 della Germania, 66 della Francia e 44 della Svezia. LItalia, allottavo posto, rappresentata da 17 aziende. Se il nostro paese dodicesimo in Europa in quanto a spesa pro capite per la ricerca sale al settimo posto al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche e per numero di citazioni da parte dei colleghi scienziati di tutto il mondo, dimostrando unottima capacit di produzione individuale; - nella scommessa della professionalit; i laureati nellultimo anno sono stati 268.821, +30,9% rispetto allanno precedente. Il numero di corsi universitari fra gli ultimi due anni accademici cresciuto del 13,2%. I master, sia quelli universitari sia quelli privati, sono ormai una realt formativa molto estesa: quelli universitari sono cresciuti del 10,4%, quelli privati del 21,7%. Solo con le iscrizioni dei partecipanti, i master universitari raccolgono un finanziamento stimato di 101 milioni di euro, quelli privati 87 milioni di euro, con un costo medio per lo studente rispettivamente di 2.651 e di 7.500 euro. Linee di discontinuit sociale rivelano:
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- lemergere del corto orizzonte dei nuovi ricchi; mentre la maggioranza degli italiani ha continuato a stringere la cinghia, loro hanno continuato a spendere. Nei primi 8 mesi del 2005, le immatricolazioni di auto di lusso sono cresciute del 12,6%, arricchendo il parco macchine dei Paperoni dItalia di circa 6.000 nuove vetture dagli 80 mila euro in su; un affronto ai magri risultati del comparto, che ha segnato un calo delle vendite del 3,1%; secondo le stime del World Wealth Report, gli italiani che hanno una ricchezza individuale superiore al milione di dollari (escluso il valore dellabitazione di propriet) sarebbero aumentati del 3,7%, passando da 188 a 195 mila; le famiglie italiane titolari di patrimoni in gestione superiori ai 500 mila euro sono cresciute dell8%, arrivando a quota 702 mila (circa il 3,3,% delle famiglie italiane) e il patrimonio in gestione cresciuto del 10%, con un valore medio di 783 miliardi di euro; i redditi individuali da lavoro dipendente sono cresciuti dell1,6%, mentre quelli da lavoro autonomo sono aumentati del 10,1%. Quanto al livello distruzione dei nuovi ricchi, solo il 20,3% laureato, il 42,7% ha un diploma di scuola media superiore o professionale e il 36,9% arriva al massimo alla scuola media; - il disagio, dallaltra parte, dei senza-patrimonio; il 10% delle famiglie pi ricche possiede quasi la met (45,1%) dellintero ammontare della ricchezza netta; negli ultimi dieci anni la quota di ricchezza posseduta dal 5% delle famiglie agiate passata dal 27% al 32% e dal 9% al 13%; l82% delle famiglie italiane dispone di unabitazione di propriet, di questi il 13% dispone di almeno una seconda abitazione e il 4,5% di altre tipologie di fabbricati; ma c un 13,5% di italiani che rimasto fuori dal giro dei proprietari di casa e vive in abitazioni in affitto; il 45,3% degli affittuari dichiara di percepire un reddito basso o medio basso, per il 34% laffitto ha unincidenza che supera il 30% del reddito complessivo e per il 13,4% maggiore al 40% ( considerato sostenibile un canone che si aggira attorno al 20% degli introiti mensili). - limpotenza delle risposte individuali; la capacit programmatoria individuale minata dallincertezza, visto che il 57% degli italiani afferma di non riuscire ad influenzare quello che gli succede intorno, contro un dato europeo del 47%; inoltre, la maggioranza degli italiani (65%) esprime una valutazione negativa del sistema di welfare, quasi 600 mila famiglie a reddito medio e medio-alto in un biennio hanno vissuto un ridimensionamento economico; - lindebolimento soggettivo tuttavia compensato dalla lunga marcia delle reti sociali; in Italia ci sono ormai circa 200 Ong (erano 170 nel 1999), 2.165 sono i progetti avviati in Italia e 544 allestero dalle Ong appartenenti allAssociazione delle Ong italiane, 3.445 (di cui 1.315 volontari) gli operatori impegnati, sono 21.021 le organizzazioni di volontariato, con un incremento del 14,9% rispetto al 2001. Sono 88 le Fondazioni Bancarie per un totale di proventi, al 31 dicembre 2003, pari a 2.127 milioni di euro, un importo complessivo erogato di 1.143 milioni di euro (con una variazione percentuale rispetto al 2002 del +9,5%) ed un numero di iniziative finanziate pari a 22.804 (+11,6%); e sono circa 7.100 in Italia le cooperative sociali (erano 5.515 nel 2001), 267.000 i soci, 223.000 le persone remunerate (173.348 nel 2001) e 31.000 i volontari.
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Fattori politici di imperfetta evoluzione e di immaturo rapporto col potere: nella proliferazione caotica delle sedi decisionali, nella conflittualit insita nei processi decisionali e nellindebolimento delle funzioni dirigenziali". Ci sarebbe da chiosare ogni riga (traducendo dal linguaggio tecnico adoperato nel rapporto) e spererei che fossero i lettori a farlo nei commenti, ma alcuni temi mi sembrano abbastanza eclatanti: il 10% delle famiglie possiede la met della ricchezza e, di questi, solo uno su cinque laureato. A che serve allora vantare un 30% di laureati in pi rispetto al 2004? Tanto pi che su 500 aziende europeee che investono in ricerca, solo 17 sono italiane!

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Nell'anniversario della repubblica e alla vigilia del voto, vale la pena di soffermarsi a riflettere su alcune affermazioni di Luciano Gallino, ordinario di Sociologia all'Universit di Torino, tratte dal suo libro "Globalizzazione e disuguaglianze", Laterza editore, 2000, che vi consigliamo caldamente di leggere. ...Val la pena di notare che nel 1975, con una popolazione cresciuta di quasi 6 milioni di unit, il numero di persone in cerca di occupazione rilevato dall'ISTAT era quasi identico al 1960: 1.226.000 rispetto a 1.215.000. I corrispondenti tassi di disoccupazione erano del 5,6 e del 5,9 per cento: poco meno della met del tasso odierno. Nell'anno che per convenzione si pu considerare di svolta quanto a sviluppo della globalizzazione, il suaccennato 1980, il numero dei disoccupati supera i 2 milioni, per stabilizzarsi poi, durante tutto il successivo ventennio, tra i 2,5 e i 2,8 milioni. Nell'ottobre 1999 le persone in cerca di occupazione rilevate dall'ISTAT - sebbene, va notato, con criterii differenti rispetto al periodo precedente il 1992 - erano 2,6 milioni, pari all'11,1 per cento. All'affermazione che la crescita, l'occupazione e la produttivit sono tangibilmente declinati, anzich aumentare come asserito dai suoi fautori a mano a mano che la globalizzazione avanzava, si pu obiettare che ci sar stato vero per i paesi UE, ma non per gli Stati Uniti. I primi avrebbero semplicemente sofferto del fatto che la loro marcia verso la globalizzazione era ed ancora incompleta. Sono i dati americani a dire il contrario. Se si divide il secondo dopoguerra in due periodi, 1946-73, e 1973-fine anni Novanta, si osserva che il primo stato un periodo in cui i redditi sono rapidamente cresciuti, mentre i benefici della crescita economica erano ampiamente distribuiti. In tale periodo il salario reale dei lavoratori dipendenti cresciuto di oltre l'80 per cento. Dal 1973 alla seconda met degli anni Novanta, per contro, esso diminuito del 20 per cento. Se l'aumento delle retribuzioni delineatosi nella seconda parte del decennio proseguir, i lavoratori americani possono sperare di recuperare verso il 2010-2015 il medesimo potere d'acquisto di cui disponevano all'inizio degli anni Settanta. Molte fonti concordano anche sul fatto che la povert e la disuguaglianza negli Stati Uniti sono considerevolmente aumentati negli ultimi decenni. Con una novit: non soltanto i disoccupati di lungo periodo, ma anche i salariati a tempo pieno sono scesi in gran numero sotto la soglia della povert relativa. Di fatto, il 30 per cento dei salariati americani percepiva nel 1999 un salario inferiore ai due terzi del salario mediano. Ci spiega verosimilmente come mai, grazie anche agli interventi ricompresi nella cosiddetta guerra alla povert, il tasso di bambini al di sotto della soglia della povert fosse sceso dal 27 per cento del 1960 al 14 per cento nel 1973, mentre nel 1993 esso era risalito al 23 per cento. Inoltre quasi tutti gli aumenti di reddito derivanti dalla crescita economica nell'ultimo decennio sono andati al 5 per cento pi ricco delle famiglie americane. In tal modo, secondo dati del Bureau of Census, il reddito di detto 5 per cento, che nel 1980 superava di 6,8 volte il reddito del 20 per cento pi povero tra le famiglie americane, nel 1998 arrivato a superarlo di 8,2 volte. La polarizzazione delle condizioni di vita, in effetti, sembra essere l'effetto pi comune della globalizzazione. Se dai paesi avanzati si passa al resto del mondo, si scopre che il numero totale dei disoccupati non mai stato
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cos alto come all'epoca della globalizzazione. Il Bureau International du Travail stima che al volgere del secolo su circa 3 miliardi di individui che rientrano in totale nelle forze di lavoro, oltre 1 miliardo sia disoccupato o sottooccupato. op.cit. pp.102-103

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Saggi: La privatizzazione del mondo Postato il Gioved, 10 marzo @ 11:51:15 CET Argomento: Cultura Ogni giorno centomila persone muoiono di fame. una strage che si consuma in un pianeta le cui risorse alimentari potrebbero sostentare dodici miliardi di individui, il doppio dell'attuale popolazione mondiale. Quasi sempre sono vittime dell'unico imperativo che i nuovi padroni del mondo conoscono: profitto senza regole. Jean Ziegler, La privatizzazione del mondo, Milano, Il saggiatore, 2003 "Predatori", cos l'autore definisce coloro che prosperano al cuore del mercato globale: sono banchieri, speculatori di borsa, dirigenti di multinazionali. Nei loro uffici immacolati decidono chi deve vivere o morire, forgiano le catene invisibili dei trattati commerciali con l'unico scopo di massimizzare i guadagni evitando i controlli. Le loro armi sono la corruzione, l'erosione dell'autorit statale e la creazione di inattaccabili paradisi fiscali; i loro fedeli mercenari si chiamano Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale del commercio e Banca mondiale. Dal suo osservatorio privilegiato di relatore all'ONU per il diritto all'alimentazione, Jean Ziegler mette a nudo i peccati della globalizzazione: le crisi economiche in Argentina e Brasile, la devastazione della Nigeria per mano di dittatori e societ petrolifere, le banche delle Bahamas dove capitali legali e denaro sporco si mescolano, la popolazione della Mauritania decimata da una riforma agraria insensata. Ma il mondo non ancora privatizzato, esistono forze capaci di resistere ai nuovi padroni. Sindacati, movimenti contadini, organizzazioni non governative possono fermare questa avanzata e dare vita a una nuova societ civile transnazionale in grado di garantire una ripartizione pi equa delle risorse e di restituire agli esseri umani quella dignit troppo spesso calpestata. -Cos recita la sovracoperta del libro di Ziegler, sociologo dell'universit di Ginevra, ex-parlamentare svizzero e oggi relatore speciale all'ONU per il diritto all'alimentazione. Spietato nelle sue analisi (riportiamo di seguito una pagina delle molte interessanti del suo libro) forse un po' troppo ottimista nelle conclusioni, visto che l'ideologia del profitto ha ormai contaminato anche le istituzioni pubbliche. Nel brano che segue individua le politiche che una nazione deve adottare per ottenere il "consenso di Washington".- Il "consenso di Washington" mira alla privatizzazione del mondo. Ecco i princpi sui quali poggia: 1) In ogni paese debitore necessario impostare una riforma della fiscalit che segua due criteri di base: riduzione del carico fiscale sui redditi pi elevati al fine di incitare i ricchi a fare investimenti produttivi, e allargamento della base dei contribuenti; in altre parole, soppressione delle esenzioni fiscali per i pi poveri al fine di accrescere il volume dell'imponibile. 2) Liberalizzazione dei mercati finanziari nel modo pi veloce e completo possibile. 3) Garanzia di uguale di trattamento per investimenti autoctoni e investimenti stranieri, per accrescere la sicurezza e dunque il volume di questi ultimi. 4) Smantellamento, il pi ampio possibile, del settore pubblico attraverso la privatizzazione di tutte le imprese di propriet dello stato o di enti parastatali. 5) Massima deregolamentazione dell'economia del paese per garantire il libero gioco della
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concorrenza tra le diverse forze economiche. 6) Rafforzamento della protezione della propriet privata. 7) Promozione della liberalizzazione degli scambi al ritmo pi sostenuto possibile: l'obiettivo abbassare le tariffe doganali del 10 percento ogni anno. 8) Dato che il libero commercio progredisce attraverso le esportazioni, necessario favorire in maniera prioritaria lo sviluppo dei settori economici capaci di esportare i loro beni. 9) Limitazione del deficit. 10) Creazione della trasparenza del mercato: i sussidi dello stato agli operatori privati devono essere soppressi ovunque. I paesi del Terzo mondo che sovvenzionano, per mantenerli a un livello basso, i prezzi degli alimenti di base devono rinunciare a questa politica. Per quanto riguarda le spese statali, quelle destinate al rafforzamento delle infrastrutture devono avere la priorit su tutte le altre.

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La centralit della famiglia "Non essendo considerate come imprese, per l'enorme massa di servizi all'abitazione di cui hanno quotidianamente bisogno le famiglie italiane sono costrette in molti casi a ricorrere a idraulici o elettricisti, non di rado dalla preparazione tecnicamente obsoleta, che si fanno pagare come chirurghi, naturalmente senza rilasciare fattura o ricevuta; ad aziendine di pronto intervento (per la tapparella bloccata, il vetro della finestra rotto, l'antenna Tv abbattuta dal vento) che esigono compensi da usurai, tre o quattro volte pi alti del lecito; a riparatori di elettrodomestici che pi spesso che no han palesemente lavorato fino al giorno prima come decoratori o giardinieri - e viceversa. Se si passa ad esaminare i servizi alla persona, la scelta appare ancora pi deprimente. Un posto in una casa di riposo che non assomigli possibilmente a un lager, dove sistemare un genitore anziano, o introvabile, oppure si trova a cento chilometri di distanza, o costa da 3-4 milioni al mese in su, in rapporto al livello dell'ospitalit. Ne segue che una famiglia che abbia due o tre parenti da ricoverare, pu liberamente scegliere tra una convivenza impossibile e la rovina economica. Una collaboratrice domestica o viene impiegata in nero, oppure, fisco aiutando, costa quanto l'intero stipendio della persona che ne avrebbe necessit al fine precipuo di potersi guadagnare giusto quello stipendio. N la normativa ammette che una famiglia abbia bisogno di una colf per quattro ore tutti i giorni per sei mesi (forse perch l'uno o l'altro dei partner deve finire un lavoro impegnativo), e della stessa solamente per un paio d'ore due o tre volte alla settimana nei mesi successivi. L'assistenza ai bambini da zero a tre anni? Si pu desumerne la consistenza da poche cifre: in Italia esistono appena 2200 asili nido, che accolgono circa 100 ooo bambini l'anno". N esistono istituzioni come le crches francesi, nidi familiari sotto controllo pubblico in cui una madre cura a casa sua per buona parte della giornata un piccolo numero di altri bambini, oltre eventualmente ai propri. Ma nel nostro paese nascono pur sempre oltre 500 ooo bambini l'anno, il che comporta che, tolte alcune migliaia i quali possono fruire a domicilio di una governante o, pi spesso, di una tata improvvisata e pagata. in nero, circa i 400 000 bambini sotto i tre anni debbono essere quotidianamente assistiti a tempo pieno da almeno un familiare adulto, che di norma sappiamo essere la madre. Servizi di consulenza fiscale, amministrativa, giuridica, finanziaria? Di nuovo, o sono amatoriali, ovvero adatti a casi semplici e uniformi, come quelli volenterosamente organizzati dai sindacati per la compilazione del modello 730 della dichiarazione Irpef ; oppure costano un occhio della testa presso l'ufficio di un professionista uso a trattare con titolari di redditi medio-alti - ragion per cui una sua singola consulenza pu assorbire un mese e pi d'uno stipendio medio-basso. Tornano a casa stanchi dal lavoro, lei e lui, e vorrebbero concedersi una cena un po' raffinata senza dover trafficare due ore per prepararla, n uscire di nuovo per recarsi al ristorante ? In questo caso possono tenersi il desiderio, a meno che considerino una pizza una cena raffinata - e purch abitino nelle poche citt in cui esiste un servizio pronto pizza. L'industria della ristorazione ovviamente capace di procurare loro, a casa, una cena per 20 o 50 persone, a condizione di prenotarla una settimana prima, ma giudica insensata la richiesta d'una cena per due da
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consegnare entro un'ora. Formidabili famiglie italiane. Se le imprese economiche dovessero contare sul tipo, la qualit e il costo dei servizi di cui esse son forzate ad avvalersi, molte avrebbero gi chiuso da un pezzo" L.Gallino, Se tre milioni vi sembran pochi, Einaudi, Torino, 1998, pp.214-216

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Saggi: 1 maggio, per quale lavoro? Postato il Mercoled, 27 aprile @ 00:00:00 CEST Argomento: Lavoro Mi sembra che ultimamente il tam tam mediatico ci sposti da ricorrenza a ricorrenza senza mai interrogarsi se queste abbiano ancora un senso, oppure se il significato originario si sia nel frattempo perduto o sia profondamente cambiato. Proviamo a domandarcelo nel caso del lavoro con la scorta di tre saggi di Luciano Gallino. I testi in questione sono tutti reperibili presso Internet Bookshop Italia (www.ibs.it), al modico prezzo di euro 21,80 (spese di spedizione comprese!) e sono: 1) Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi per combattere la disoccupazione; 2) La scomparsa dell'Italia industriale; 3) Il costo umano della flessibilit. Proviamo a riassumere le idee portanti di questi libri, ovviamente senza nessuna pretesa di essere esaustivi, ma semplicemente per fornire uno stimolo alla loro lettura o semplicemente al ripensamento di alcune false convinzioni del tipo: una fase transitoria, nasceranno nuovi posti di lavoro, ci penser il terziario, il futuro nel lavoratore atipico e flessibile, colpa dello stato sociale ecc. A tutto questo Gallino risponde con cifre e dati individuando cause sicure di perdita del lavoro con l'automazione nelle fabbriche e negli uffici, la riorganizzazione del lavoro, la delocalizzazione, l'importazione crescente da nazioni in via di sviluppo, l'economia sommersa, la finanziarizzazione del mondo. Giusto due parole su quest'ultimo dato:nel mondo le transazioni di denaro scritturale (leggi: sulla carta, o meglio, sullo schermo del computer) superano ogni giorno di 50 volte quelle sulle merci reali! In questo contesto l'Italia si presenta come il classico vaso di coccio avendo perso o fortemente ridotto la sua capacit produttiva in settori chiave dell'industria come l'informatica e la chimica. "L'Italia industriale uscita quasi completamente da mercati in continua crescita quali l'elettronica di consumo. N pervenuta a far raggiungere un'adeguata massa critica a industrie dove ancora possiede un grande capitale di tecnologia e risorse umane come l'aeronautica civile. Dove essa esisteva, l'ha frantumata: avvenuto con l'elettromeccanica ad alta tecnologia. Resta in piedi l'ultimo settore della grande industria, l'automobile, la cui crisi procede peraltro verso esiti al momento (2003) imprevedibili". All'obiezione che in Italia abbiamo un fiorire di piccole e medie imprese, Gallino, dati alla mano, dimostra che in 20 anni non hanno generato nuova occupazione e mancano delle risorse necessarie per fare ricerca e sviluppo, che sono le sole risorse su cui si pu
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contare a lungo termine per rimanere competitivi. Le strade per la competitivit vengono invece cercate dalle imprese attraverso l'abbattimento dei costi del lavoro, utilizzando le nuove norme in materia di "flessibilit". Peccato che "le risorse umane", come si chiamano in gergo aziendale, e le loro famiglie abbiano necessit di mangiare ogni giorno e la riassunzione, dopo i 40 anni, diventi sempre pi problematica, riguardi lavori meno retribuiti e comunque a tempo determinato o parziale. Il rischio concreto che, anche in questo campo, ci si avvii verso una societ dei 4/5: una societ in cui un quinto della forza lavoro sia stabilmente occupata e detenga l'80% del reddito e gli altri litighino per il resto; esattamente come accade a livello globale (vedi articolo precedente sul libro di Ziegler) dove un quinto dell'umanit detiene le risorse e gli altri sperano di entrare a farne parte (ma le regole del gioco le decide qualcun altro).

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Saggi: L'illusione economica Postato il Gioved, 01 settembre @ 10:39:42 CEST Argomento: Cultura In questo articolo riprendiamo alcune considerazioni di Todd (cfr. articolo sul declino dell'impero americano), stavolta centrate sull'aspetto economico. La tesi di Todd che si passati da una ideologia sostanzialmente egualitaria,affermatasi negli anni '60, ad una profondamente disugualitaria e questo deriva dall'imporsi della teoria del libero scambio. "Come si visto, le conseguenze disugualitarie del libero scambio sono immediate, evidenti, facili da prevedere. Volere o accettare il libero scambio equivale a volere o accettare la disuguaglianza. la conversione della societ americana all'ideologia antiugualitaria, derivante dalla sua nuova stratificazione culturale, che ha determinato la scelta e la persistenza dell'apertura commerciale. Il liberoscambismo, con la sua passione per i redditi elevati e la riduzione della progressivit della tassazione, non che uno dei mezzi con i quali la societ americana realizza il suo nuovo ideale di disuguaglianza. per questo che l'ideologia antiugualitaria non si esprime soltanto nel libero scambio, n in semplici fenomeni economici: gli anni 1963-1970 costituiscono una svolta nella storia ideologica della societ americana. in quegli anni che si sgretola l'ideale di assimilazione ugualitaria e ha inizio la rivendicazione multi-culturalista, che insiste sulla natura insormontabile delle differenze etniche. Beyond th Melting Pot di Nathan Glazer e Patrick Moynihan, che lancia questo tema confrontando gli irlandesi, gli ebrei, gli italiani, i neri e i portoricani di New York, risale al 1963. L'offensiva culturale contro l'ideale di uguaglianza precede l'affermazione del libero scambio assoluto. La disuguaglianza economica non che una manifestazione fra le altre, la pi cosciente, quella meglio misurabile, dell'ascesa del nuovo subconscio disugualitario." E.Todd, L'illusione economica, p.179 Inutile dire che questo discorso, col consueto scarto temporale, vale anche per L'Italia e naturalmente quello che rende sopportabile questa idea "l'illusione" di essere tra i previlegiati o di potervi rientrare, anche se i dati oggettivi testimoniano chiaramente di uno slittamento verso il basso dei redditi delle classi medie. Senza contare che l'affermarsi della teoria della disuguaglianza porta a una lotta di tutti contro tutti che isola l'individuo rendendolo insicuro e la mancanza di valori collettivi condivisi sgretola qualsiasi istituzione: lo stato, la scuola, la famiglia.... Quello che meraviglia Todd, a questo punto, la cecit degli individui (pur sviati dei media) di fronte ad uno stato di cose sicuramente deleterio per loro e ne individua la causa nel subconscio umano. "L'uomo dunque l'animale che vuole sapere. Ma anche, per una fondamentale, inestricabile ambivalenza, l'animale che non vuole sapere, che per vivere tranquillamente l'esistenza terrena deve dimenticare l'essenziale: l'ineluttabilit della sua stessa morte. L'uomo capace di negare in qualsiasi momento la realt, di mentire a se stesso, per "funzionare" in modo soddisfacente. per questo che l'inconscio, come ha sottolineato Freud, ignora la propria morte. Un uomo efficiente fatto, psicologicamente e biologicamente, in modo da non pensare quasi mai all'essenziale, la propria scomparsa.
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Sarebbe dunque del tutto assurdo considerare straordinario, inverosimile, stupefacente il fenomeno della cecit. Si deve al contrario ammettere l'esistenza, nell'intimo dell'essere umano, di una sorta di predisposizione genetica alla negazione della realt, capace di generare l'illusione necessaria alla vita. Distolta dal suo fine principale, questa predisposizione cos utile autorizza altre negazioni della realt. Ogni situazione percepita come troppo complessa, troppo penosa, troppo minacciosa, viene aggirata, vanificata, negata. La crisi di civilt che viviamo una situazione di questo tipo, che attiva potentemente, in seno all'elite occidentale, la predisposizione biologica e intellettuale a negare la realt. Il declino delle credenze collettive, in quanto l'isola l'individuo nella sua paura, rivela questa sostanziale fragilit. Si pu perfino dire che l'accresce. Ogni credenza collettiva una struttura di eternit che definisce un gruppo capace di perpetuarsi al di l della vita individuale. Una delle sue funzioni essenziali il superamento del senso di finitezza dell'individuo. Se il gruppo viene eliminato, l'individuo ricade in preda dell'intollerabile consapevolezza della propria fine ineluttabile, e deve entrare in azione la predisposizione umana a fuggire dalla realt. Al di fuori delle credenze collettive, il lungo termine non ha pi senso. Pu prevalere la preferenza degli uomini, delle societ e delle economie per il breve termine. Nel cuore della crisi dobbiamo dunque individuare l'affossamento delle credenze collettive e, in particolare, dell'idea di nazione. Possiamo constatare nella realt che il tracollo dell'inquadramento sociale e psicologico non ha condotto gli individui alla liberazione e allo sviluppo ma, al contrario, a una condizione in cui sono schiacciati da un senso di impotenza". Re: L'illusione economica (Voto: 1) di andreamalaguti Gioved, 08 settembre @ 23:58:36 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) La cecit non meraviglia affatto. L'intera vita produttiva fatta di sublimazione del piacere in vista di un fine da realizzare: ma se il fine (e la fine) la morte, che senso ha lavorare per guadagnarsi la vita? Poi, il potere ha sempre diviso i poveri per poterli raggirare meglio; lo si sapeva da tempo e ogni tanto lo si vuole ignorare. Nihil sub sole novi, videtur mihi.

Re: L'illusione (Voto: 1) di paolog Venerd, 09 settembre @ 23:15:46 CEST (Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog A parte che ci che scontato per gli uni non detto lo sia per gli altri, io sottolinerei che la sublimazione per Todd non certo affidata alla produttivit, ma alle credenze individuali e collettive (ai sogni se vogliamo o agli ideali, in senso pi nobile). La tendenza economicistica in atto (ridurre tutto al guadagno a breve termine, e per i pi si tratta di spiccioli) non pu che rivelarsi frustrante dal momento che ha messo fuori gioco nazione, famiglia e ogni altra istituzione finora aggregante.
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LA QUARTA Data: Lunedi 22 Settembre 2008 (11:33)

GUERRA

MONDIALE

DI GIOVANNI DI MARTINO Mirorenzaglia.org Lattrice - presentatrice Sabrina Ferilli, nata a Fiano Romano, irriconoscibile nelle sue prime apparizioni televisive di ventanni fa (quando era tifosa della Lazio), unicona dellItalia di Berlusconi e Veltroni, proprio come Sofia Loren lo era nellItalia di Longo e Fanfani. Pluripremiata per le sue interpretazioni di commessa, cassiera e avvocatessa, rappresenta in tutto e per tutto litaliana media. Nel 2001 ha anche fatto la madrina per il terzo scudetto della Roma (della quale ora tifosissima), e spesso ospite televisiva in programmi nei quali si parla un po di tutto. E proprio un po di tutto lei parla, a cominciare dalla politica, nel cui humus cresciuta, essendo stato suo padre un dirigente del PCI (come dimenticare nel 1996 lindignazione di Sabrina, valletta di Baudo al Festival, quando ritenne inaccettabile che lalbergo di lusso che la ospitava esibisse un quadro dipinto niente meno che da Romano Mussolini, ossia dallunico membro di quella famiglia a non essersi mai interessato un giorno solo alla politica?). Ad una trasmissione di qualche anno fa, Sabrina affermava essere il suo film preferito La grande guerra, di Monicelli, anzi La grande guera, come dice lei (con la dizione di Alberto Sordi, che per, artisticamente parlando, era su un altro pianeta). Sabrina raccontava che le era piaciuta in particolare la scena finale, quando lufficiale delle SS (sic) fa fucilare Gassman e Sordi. LItalia del XXI secolo, quella delle miniserie televisive con Sabrina Ferilli, anche e soprattutto quella che mette le SS al servizio di Francesco Giuseppe. E da questa considerazione possiamo iniziare a trattare brevemente di un saggio storico, estremamente innovativo e chiaro, con il quale il filosofo Costanzo Preve affronta il Novecento. Il Novecento, spiega Preve, va rivisto e riletto affinch non venga pi considerato come il secolo delle aberrazioni criminali dei totalitarismi, ma come il secolo dei tentativi (in sostanza falliti) di dominio della politica sulleconomia (comunismo storico, fascismo, socialdemocrazia scandinava, populismi sudamericani e movimenti di liberazione nazionali del terzo mondo). Il novecento dunque va liberato definitivamente (anche al fine di capire il secolo attuale) dalla visione che di esso danno oggi quelli che Preve chiama gli intellettuali Maginot, ossia quelli che cercano di combattere la attuale quarta guerra mondiale con le cartine della seconda. Come punti di partenza cronologici del del proprio saggio Preve prende la Comune di Parigi del 1871 e la Grande Depressione di fine ottocento. Nel 1871, dopo Sedan, lannessione dellAlsazia e della Lorena al nascituro reich tedesco accentua irrevocabilmente la rivalit franco - tedesca, creando un precedente (quello del vincitore che infierisce) che si rimanifester puntuale nella guerra 41

Economia e societ del 1914 - 18 e in quella del 1939 - 41, ossia nel suicidio vero e proprio dallEuropa, i cui effetti impediscono ancor oggi la formazione di quellasse Parigi - Berlino - Mosca dal quale potrebbe derivare la salvezza per il vecchio continente. La Grande Depressione a torto scambiata dai protomarxisti come linizio della crisi del capitalismo incapace di creare nuove forze produttive, mentre si tratta invece di un momento ciclico e fisiologico di transizione da una fase allaltra del capitalismo stesso. Oltre a tale effetto essa produce altri tre elementi essenziali per capire il novecento: la decompressione economico - sociale causata dalla sovrappopolazione agricola, leconomicizzazione del conflitto di classe e infine la cos detta nazionalizzazione delle masse (da cui nasce un grande ceto medio di massa ed un grande proletariato di fabbrica). Preve rinnova integralmente (ed opportunamente ad avviso di chi scrive) il novecento, introducendo due essenziali elementi di novit rispetto alla manualistica consueta: la riperiodizzazione di due guerre gi riconosciute dagli storici come tali (le prime due guerre mondiali) e la trattazione come vere e proprie guerre mondiali dei conflitti freddi USA - URSS (1948 - 1991) e USA - Resto del Mondo (1991 - chissquando). La Prima Guerra Mondiale (1914 - 1918 per la Francia, 1915 - 1918 per lItalia, 1914 - 1917 per la Russia, 1911 - 1919 per lImpero Ottomano ecc.) considerata dallautore come una grande mattanza liberale, dai cui effetti di lungo periodo (tra cui la stessa Seconda Guerra Mondiale) lEuropa non si ancora oggi ripresa. Una mattanza non originata dallo sparo del serbo di Gavrilo Princip allerede al trono dAustria, ma dalla corsa navale tra Germania ed Inghilterra, dalla ferita aperta dellAlsazia e della Lorena tra Germania e Francia e dalle mire espansionistiche di tutti verso i territori dellImpero Ottomano. Alla spartizione di questultimo intende partecipare anche lItalia, la cui entrata in guerra avviene rocambolescamente con una inversione delle alleanze (rectius: tradimento), decisa con un colpo di stato del governo (e del re) con consultazione il parlamento a cose fatte. Fatte da parte le fittizie motivazioni irredentiste italiane, appiccicate per nascondere le mire nei Balcani e nel Mediterraneo, Preve non d spazio alle motivazioni degli interventisti italiani di sinistra, quelli che appoggiano lidea corridoniana di una guerra come la possibile scintilla per nuove rivoluzioni in tutta Europa (previsione irrilevante nel contesto del conflitto, ma del tutto fondata). E provocatoriamente auspica ex post larrivo degli austriaci a Milano e a Bologna per il solo gusto di vedere punite come meritano la casta poltica e quella militare, i cui componenti (Salandra, Sonnino, Boselli, Orlando, Cadorna e Diaz) sono oggi purtroppo tutti intestatari di una via o di una piazza. Opportnamente Preve sottolinea (come gi aveva fatto in altre pubblicazioni) come nella Prima Guerra Mondiale abbia vinto la parte peggiore, e questo un altro fatto del quale per troppo tempo si sono pagate le conseguenze. La parte peggiore quella che infierisce sullavversario, smembrando due imperi multinazionali (laustroungarico e lottomano), definiti benemeriti in quanto al loro interno vivevano in pace identit differenti, ciascuna senza rinunciare alle proprie tradizioni ed alla propria cultura. La balcanizzazione, concetto oggi tornato di moda dopo le aggressioni americane alla Serbia, iniziano nel 1919 (ossia ottananni prima del bombardamento di Belgrado di cui lItalia di resa vergognosamente complice), e non riguardano solo i Balcani, ma lintera Europa centrale dei nuovi stati nazionali artificiali (come la Cecoslovacchia). v Ma la Prima Guerra Mondiale anche il conflitto in cui, oltre allEuropa, si suicida lInghilterra, che chiamando in soccorso gli Stati Uniti (determinanti per la vittoria contro la Germania guglielmina) inizia una lenta e indolore abdicazione alla propria egemonia imperialista - corsara. 42

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Al termine della Seconda Guerra Mondiale, infatti, gli Stati Uniti sono padroni di mezza Europa e conquisteranno laltra mezza al termine della Terza. Tali fasi sono accompagnate dalla riconversione (rispettivamente nel 1945 e nel 1991) del 80-90% delle classi dirigenti fasciste e comuniste al capitalismo democratico antifascista e anticomunista di marca statunitense. v Preve riperiodizza la Seconda Guerra Mondiale dividendola in tre differenti guerre che, cronologicamente e materialmente si sono incontrate: la guerra della Germania contro gli anglo francesi (1939 - 1940), come guerra europea tradizionale (alla cui origine ci sono sempre ragioni simili allAlsazia ed alla Lorena); la guerra del fronte orientale (1941 - 1945) come guerra ideologica tra il fascismo ed il comunismo (che Hitler vede - al pari del capitalismo - solo come una variante del complotto ebraico di dominio mondiale); e la guerra degli Stati Uniti per mettere saldamente le tende in Europa e in Asia orientale (1942 - 1945). v Hitler e Mussolini comprendono che lalleanza tra USA e URSS non pu durare per una serie infinita di ragioni, ma si sbagliano quando pensano che ci accada prima della fine della guerra, con annesse residue speranze di rovesciamento dei fronti in favore dellAsse. La Terza Guerra Mondiale (cos detta guerra fredda per il semplice fatto che non si combattuto pi di tanto in Europa), pu iniziare solo dopo la fine della Seconda. Anche perch, spiega Preve, al termine della Seconda si ha il processo di demonizzazione degli sconfitti con processi per crimini che gli stessi vincitori in egual misura hanno commesso. Riconoscere tale circostanza (obiettivamente dimostrata, peraltro) non significa che Preve faccia il tifo retroattivo per Hitler (cosa spiegata chiaramente nel testo), ma significa che Preve ha capito il modo in cui stata ricavata la formula che oggi consente agli Stati Uniti di far credere ai lettori dei giornaletti gratuiti distribuiti nelle stazioni della metropolitana che lateo e socialista Saddam Hussein aveva una bomba atomica che avrebbe utilizzato contro lEuropa in nome del fondamentalismo islamico, ed stato un bene aver attaccato lIraq ed averne bombardato le citt con bombe al fosforo bianco. Tali esatti discorsi restano dominio di pochi, perch per molto meno (pi precisamente per avere scritto un articolo sulla rivista Diorama letterario, il peccato originale) Preve diventato un comunista che una sera, tornando a casa a cavallo, caduto per via di una folgorazione (esattamente come il traditore Saulo di Tarso) nella quale gli apparso niente meno che un concittadino di DAlema e Buttiglione, Achille Starace, incavolato nero (scusate il gioco di parole) a causa dellassenza del distintivo sul bavero della sua giacca. E da quel momento Preve un fascista. Cosicch, sui muri inermi della centralissima via Garibaldi a Torino, sono anche comparsi (e di tanto in tanto continuano a comparire) manifestini che lo segnalano - tra gli altri - come un pericoloso fascista, mobilitazioni (farsesche) per non farlo parlare, e in rete si arrivati anche alla vergognosa mistificazione dei suoi scritti, con citazioni di estratti ritoccate a dovere (per fortuna tempestivamente scoperte e denunciate). Poi Preve resta un allievo non pentito di Marx (parole sue), del quale fornisce anche un interessante e originale inquadramento filosofico a met tra lidealismo e i materialismo (intendendo in senso metaforico gli utilizzi del termine materia negli scritti di Marx), e i suoi scritti sono chiari e reperibili, pure in rete. Ma gli autori di tali mistificazioni, questo certo, di Preve non hanno mai letto una riga. Cosa centra questo intermezzo con il libro La Quarta Guerra Mondiale? Centra tantissimo, perch La Quarta Guerra Mondiale un libro che tutti dovrebbero leggere, mentre paga lisolamento in cui Preve confinato: lisolamento eremitico della lotta tra fascismo ed antifascismo ad opera degli intellettuali Maginot, lotta alla quale lui del tutto estraneo e disinteressato. Ma il risultato quello della logica degli opposti estremismi: il sistema si rafforza, e quasi nessuno legge i libri di Preve. 43

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La Terza Guerra Mondiale termina con il rovesciamento della cos detta teoria della convergenza: i due sistemi rivali non si avvicinano a poco a poco, ma uno dei due, il vincitore, il capitalista, si radicalizza e vince proprio grazie alla propria radicalizzazione. Per capire la vittoria degli Stati Uniti e la loro marcia sul mondo necessario, secondo Preve, capire il loro capitalismo, assoluto in quando tendente alla conquista assoluta dl mondo, ma nel contempo flessibile e rivoluzionario. Senza pi classi sociali, e dunque pericolosissimo, perch difficile da individuare. Preve mette in luce giustamente come negli Stati Uniti ci siano da sempre una borghesia ed un proletariato, una destra ed una sinistra, un grosso apparato sindacale, ma come tutto ci sia stato, nel tempo (ed oggi ancora di pi) irrilevante. La Terza Guerra Mondiale termina senza sconfitti militari, in quanto gli sconfitti sono implosi. LURSS, infatti, secondo Preve, scomparsa per il combinarsi di tre fattori: la conversione al capitalismo dei nuovi ceti medi (burocrati corrotti compresi), lintroduzione ingente di capitali stranieri e lapatia consolidata della classe operaia/proletaria, ormai solo pi formalmente base sociale di riferimento del sistema. A tali fattori chi scrive ne aggiungerebbe un quarto, altrettanto importante: lessere riusciti Regan e Bush padre a far credere allincapace Gorbaciov (futuro premio Nobel per la pace, nonch colomba bianca della cinematografia hollywoodiana, e nel contempo formale responsabile degli eccessi russi in Afghanistan, ma sono dettagli) di avere lo scudo spaziale, in modo che lURSS sottraesse ulteriormente soldi al sociale per implementare la ricerca militare (il tutto ad accordi di disarmo conclusi e bilateralmente non rispettati). Ma se ci si sofferma sulla prima causa dellimplosione, ossia la riconversione dei nuovi ceti medi si nota che in realt la lURSS crolla a causa di un lento e maestoso processo sociale e strutturale di dissolvimento progressivo. E questo, avverte genialmente Preve, spiegabile alla luce di Marx (che esce dalla porta con la sconfitta di un sistema formalmente a lui ispirato, ma ritorna dalla finestra come il fornitore della chiave per interpretare tutto). E la Russia post sovietica si riconverte proprio al capitalismo assoluto made in USA, non al capitalismo europeo, quello con la borghesia ed il proletariato, che un modello destinato a scomparire, se non gi scomparso. Gli Stati Uniti, attori protagonisti della Quarta Guerra mondiale in corso, sono secondo Preve un nuovo tipo di impero: messianico, geopolitico e culturale. Messianico (per quanto si tratti di un messianesimo quasi del tutto privo di secolarizzazione) in quanto sono loro a detta dellex presidente Clinton lunico paese indispensabile al mondo. Geopolitico in quanto rinuncia ad un controllo capillare e formale dei propri feudi, ma si limita a disseminare il pianeta di basi militari in appoggio alla protezione dei propri traffici, nonch dei separatisti di turno (secondo la logica del divide et impera). Culturale perch in grado di radicare nei propri sudditi una forma di linguaggio e di pensiero delle quali non ci si riesce tanto facilmente a liberare, come per esempio che gli USA, rispetto a Saddam, Milosevic, Chavez, Castro, sono il male minore, quindi va bene tutto cos: tutto ci ci porta a non ritenere meno pericolosi quelli che dovrebbero essere gli alleati nel cammino da compiere. Preve indica la via eurasiatista - poliversale - federale come via di uscita, avvertendo che la Quarta Guerra Mondiale la prima guerra culturale e geopolitica (anzich nazionalistico ideologica) spiegabile con le categorie di Habermas della grammatica delle forme di vita e della colonizzazione della vita quotidiana del suddito consumatore. Capire questo passaggio il primo indispensabile passo per arrivare alla vittoria. Giovanni Di Martino Fonte: www.mirorenzaglia.org Link: http://www.mirorenzaglia.org/?p=2641 44

Economia e societ 15.09.08 Costanzo Preve "La quarta guerra mondiale" (Con una postfazione di Massimo Janigro, Gli USA sono un impero?) Parma 2008, pp. 192, 20,00

Fonte:http://www.comedonchisciotte.org

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In questo quaderno tematico sono riuniti i principali articoli a tema pubblicati su Bondeno.com, testata giornalistica telematica registrata presso il Tribunale di Ferrara il 2 maggio 2003. Associazione culturale Araba Fenice http://www.bondeno.com redazione@bondeno.com 25/01/08

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DI CARLO BERTANI carlobertani.blogspot.com/ Solo un breve spostamento di lettere, un anagramma. Tanto basta al gran calderone mediatico/bancario per mandare allinferno 200 milioni di persone che vivevano normalmente, prima che qualcuno forse dopo qualche bicchierino di pi simmaginasse un bel continente tutto uguale, da colorare con la stessa matita, cos i bambini delle elementari non sbordavano pi i confini e le maestre era contente. 200 milioni di persone che abitavano ed abitano le nazioni fra le pi antiche della Terra, quelle che hanno creato addirittura le parole, il verbo, i termini che oggi servono per condannarli. Sapete cosa significano ???? (oikos) e ???? (nomos), signori della city di Londra? Stanno a significare il governo della casa, quel concetto in s semplice che significava per ampliamento alla citt, poi allo Stato economia, ossia come ripartire le ricchezze, ove convogliarle, risparmiarle, impiegarle per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. Per farle vivere meglio, non peggio. Gi, le popolazioni. Ve n mai importato qualcosa? Ve ne siete fregati, ve ne siete sbattuti allegramente mentre correvate dietro ai vostri penosi sogni di gloria, ai vostri arzigogoli istituzionali che avrebbero condotto un continente, nato quasi tremila anni fa con enormi differenze climatiche, culturali, linguistiche, religiosealluniformit generata dauna moneta! Un pezzo di metallo o di carta che travalica monti e mari, un nuovo Dio da adorare, al quale tutto sacrificare: famiglie, terre, case, vite, figli, sogni, tempo, vita mavi rendete conto, almeno, della vostra follia? I grandi filosofi greci vavrebbero riso in faccia e vavrebbero confinati in una commedia ma di quelle per il popolino di qualche autore minore, di quelli che non sono nemmeno giunti a noi. Chi? Aristofane? Ma per favore A voi bastato creare un acronimoe che ci vuole? Anche noi possiamo crearlinon ci credete? Con Gran Bretagna, USA, Australia, Singapore, Taiwan ed Israele possiamo creare i GUASTI. Con Malta, Albania, Lettonia ed Estonia il MALE. Con Polonia, Arabia Saudita, Colombia, Canada ed Olanda il PACCO. Ci volete sfidare? La fantasia non ci manca. Solo degli stolti potevano immaginare che bastasse una moneta per dichiarare fatto un continente: ho provato con il vostro metodo ad affermare questorto, avr una sola zappa e poi mi sono fermato. Solo erbacce. Credetemi: non funziona. Una vera costruzione europea doveva partire dalla politica, non dalleconomia: bisognava armonizzare il continente rispettando tutte le sue componenti. Difficile, eh? Certo che lo ma, un passo alla volta, forse qualcosa di buono sarebbe nato.

Invece, ai grandi appuntamenti politici internazionali vogliamo ricordare le guerre in Oriente, la questione palestinese e tutta la politica internazionale si sempre andati tutti insieme, in ordine sparso. Oh, non sono parole mie: di Solana, quello che doveva essere il Ministro degli Esteri europeo. Segno che il fallimento era gi in atto. Di fallimento in fallimento bocciate le varie costituzioni, dichiarate vomitevoli dove hanno avuto il coraggio di proporle vi siete dovuti inventare un sordido trattato. Lo avete fatto a Lisbona, il pi lontano possibile, poi lavete scritto in modo incomprensibile, lo applicate soltanto per i passi che sono favorevoli alle caste economiche mentre, per una giustizia equa in tutto il continente, dovremo aspettare le calende greche. Eh, sti greci, sempre a mezzo a rompere le scatole Adesso, aspettiamo la certificazione del vostro fallimento: speriamo che vaccontentiate di portare i libri in tribunale, senza tristi ed inutili epiloghi. Non scocciateci oltre. Non continuate su questa strada rendetevene conto perch sar del tutto inutile chiedere il sangue ai greci, poi agli spagnoli, agli italianinon funzioner. Perch? Poich il sistema di riferimento che ci proponete leconomia fulgida e moderna, quella del terzo millennio gi fallita nella culla: chi ha creato la bella pensata di trasformare leconomia in un piatto di poker? Chi ha inventato la parola subprime? Chi ha giocato sulla pelle della povera gente, vendendo e rivendendo come al Monopoli certificati di credito fasulli? Ci spiace: il poker non roba nostra, al massimo lo scopone, che ha moltissime varianti nellarea mediterranea. Al pi, ci giochiamo un caff o un bianco: labitudine di giocarsi la casa lavete portata voi, e i pi grulli ci sono cascati. Ma, a sentire lontane campane, non sembra che dalle vostre parti le cose stiano andando tanto bene: addirittura, pare che il banco ossia gli USA, il gran capo dei GUASTI stia andando in bancarotta. Perch, allora, prendersela con i poveri greci? Quando ci fu da soccorrere il grande baro di Washington Piano Paulson, ricordate? la BCE tir fuori una sequela di miliardi da far paura per salvare le banche machi aveva creato il buco? Un pescatore greco? Un operaio italiano? Un contadino portoghese? Qui, mi sa che i maiali sono altri, e forse avremmo anche qualcosa da insegnarvi. Forse, dovremmo tornare indietro e riconsiderare le nostre scale di valori: ad iniziare dal denaro e dalla ripartizione della ricchezza. Tornare a parlare di cose comuni e non private, laggettivo che diventato il vostro credo e che ci sta conducendo alla rovina. Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ha dichiarato: La macchia nera di petrolio non solo minaccia le nostre zone paludose e la nostra industria ittica, ma anche il nostro stile di vita. Ebbene, cari signori della BCE, del FMI e del chicazzones di qualche altro consesso dautorevoli esperti, economisti, analisti eccetera ecceterala nostra marea nera siete voi, con le vostre richieste usurarie, con quei trucchi da bari mediante i quali ci avete turlupinati. Andateci voi, allinferno, invece di rovinare il nostro stile di vita: globalizzatevi lasso di bastoni, ma dove dico io.

Perci, vi rimbalziamo con gran gioia lo schifoso epiteto che ci avete incollato addosso perch le regole truffaldine del gioco sono le vostre, non le nostre e preferiamo il pi gentile GIPSI. Se non altro, ci ricorda visi gentili ed abiti colorati, calderai e piccole maghe che leggevano la mano: gente che ha percorso la nostra Europa per secoli inseguendo dei sogni. Per noi, scusateci, sono cose che hanno ancora valore: come raccontava De Andr in Khorakham, certe frasi non sono da tutti meno che mai dei maghi di Wall Street e preferiamo ascoltare chi sa di raccogliere in bocca il punto di vista di Dio. Andate cordialmente allinferno, nessuno si volter per salutarvi. Carlo Bertani Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/ Link: http://carlobertani.blogspot.com/2010/05/da-gipsi-piigs.html 2.05.2010 Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.

NON SI PA'! Appunti di lettura sulla manovra e sul commissariamento dell'italia


di Girolamo De Michele Praise be to Neros Neptune The Titanic sails at dawn And everybodys shouting Which Side Are You On? (Bob Dylan, Desolation Row) Ricordate il film Titanic? Ricordate cosa succede, quando la nave comincia ad andar gi e il comandante realizza che non c' possibilit di salvezza? I viaggiatori di terza classe vengono imprigionati nella stiva, dietro le cancellate chiuse, e destinati a fare la fine del topo. la condizione che permette ai signori della prima classe di salvarsi, dal momento che non ci sono abbastanza scialuppe per tutti. Ogni volta che vi dicono che siamo tutti sulla stessa barca, dovreste ricordarvi di quella scena. E del brindisi che fanno gli scampati, come ci ricorda la copertina dell'ultimo numero di The New Yorker. Ad esempio, adesso, in questo agosto 2011. La crisi ha impresso una svolta ineludibile: cos ci dicono. Il governo italiano stato sostituito da un governo tecnico sovranazionale (da un "podest forestiero") il cui garante, o forse addirittura premier, sembra essere il tecnico bypartisan Mario Draghi: cos dice il tecnico bypartisan Mario Monti [qui]. I provvedimenti per raggiungere il pareggio del bilancio, anticipando la modifica dell'art. 81 della Costituzione, non hanno alternative: cos ci dice l'ex ministro derubricato a destinatario delle missive del governo tecnico sovranazionale Giulio Tremonti. E poich siamo tutti sulla stessa barca, i sacrifici sono uguali per tutti: cos ci dicono. Beh, non vero: ci stanno mentendo. A partire dai due tecnici bypartisan Monti e Draghi, che hanno nascosto finch stato possibile farlo lo stato reale dell'economia nazionale e globale (e gi qualche economista comincia a farsi sfuggire di bocca che la crisi iniziata ben prima del 2008). Loro, come i loro colleghi europei e americani. Per rendersene conto basta ragionare sui tagli lineari alle detrazioni Irpef e all'Iva, che in apparenza colpiscono tutti nella stessa misura. In realt, come mostra il grafico a sinistra, il decimo pi povero della popolazione sar penalizzato di quasi il 6% di reddito, mentre il decimo pi ricco appena dell'1%. Ma c' il contributo di solidariet, dicono. Che riguarda meno del 10% della popolazione. Andiamo a vederlo: un galantuomo che intraprende e porta a casa un reddito di 120.000 verser in solidariet il 5% dell'eccedente di 90.000 , cio 1.500 , corrispondenti all'1.25% del proprio reddito, che aggiunto all'1% di Irpef e Iva rimodulate fa il 2.25%; per un reddito di 150.000 , il contributo di solidariet di 3.000 , cio del 2%, che aggiunti a Irpef e Iva fanno il 3%: a fronte del quasi 6% del pensionato, del precario. Per arrivare al 5% bisogna cercare, e trovare, un reddito di 200.000 (posto che esista uno che un simile reddito lo dichiari per intero): non sentite il rumore dei lucchetti che cominciano a chiudersi attorno alle cancellate? Potremmo continuare: ma criticare le modalit della manovra cosa tanto facile che ci riesce persino Bersani da solo, senza bisogno di leggere i testi scrittigli da Crozza. Chiediamoci piuttosto: in che senso siamo un paese commissariato? In cosa consiste il debito nel quale siamo all'improvviso sprofondati? Ed proprio vero che non c' altra via d'uscita, se non decidere dove e come tagliare? Nel suo editoriale sul Corriere della sera, Mario Monti ha detto con estrema chiarezza che Il

governo e la maggioranza, dopo avere rivendicato la propria autonoma capacit di risolvere i problemi del Paese, dopo avere rifiutato l'ipotesi di un impegno comune con altre forze politiche per cercare di risollevare un'Italia in crisi e sfiduciata, hanno accettato in questi ultimi giorni, nella sostanza, un governo tecnico. Le forme sono salve. I ministri restano in carica. La primazia della politica intatta. Ma le decisioni principali sono state prese da un governo tecnico sopranazionale e, si potrebbe aggiungere, mercatista, con sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York. Come in Grecia, al governo scaturito dalla volont sovrana degli elettori (concedeteci l'ironia del rispetto delle forme) si sostituito un governo che non tiene conto della volont popolare, n intende risponderne. Stendendo un velo pietoso sulla rivendicazione della salvezza della primazia della politica (nel senso che Draghi, Trichet e Junker hanno il buon gusto di lasciare ai nostri governanti la firma sulla finanziaria per l'Italia che ci mandano per lettera riservata?) notiamo che quando la crisi invest la Grecia, e il vicino ellenico sembrava buono per esercizi di accademia politica, questi erano i toni usati da alcuni leader politici ad esempio Nichi Vendola, che oggi parla pi prudentemente di aprire un negoziato sui vincoli dell'Europa monetaria come risposta al commissariamento globale delle istituzioni politiche europee: una sproporzione tra diagnosi e cura che lascia interdetti almeno quanto gli appelli allo sciopero generale come unica risposta da parte di chi, come Susanna Camusso, ha lavorato con metodo e merito al depotenziamento dello sciopero in uno sciopericchio di testimonianza. Ma una cosa vera: questo commissariamento non un fatto di oggi, e neanche di ieri o ieri l'altro: il dato della crisi dell'autonomia politica al tempo del capitalismo finanziario e della crisi globale. Cos, come cura per la crisi causata dal capitalismo finanziario, si propongono i capisaldi del capitalismo finanziario stesso: contratti in deroga, libert di licenziamento, abrogazione di fatto dello Statuto dei Lavoratori. A voler concedere il beneficio dello stato di minorit (non mica un'esclusiva di Renato Brunetta), la linea Sacconi-Tremonti la malattia di cui crede di essere la cura. Ma in cosa consiste questo intreccio perverso tra debito e crisi? Nell'incravattamento delle amministrazioni pubbliche, nazionali e locali, mediante un sistema di debiti contratti attraverso l'emissione di titoli finanziari. Tra i quali spiccano i titoli derivati, uno strumento perverso che ha causato il naufragio della Grecia, i cui governi di centro-destra per dieci anni, persuasi dagli emissari della prima banca finanziaria mondiale, la Goldman Sachs, hanno porto il collo alla cravatta dell'indebitamento progressivo. I titoli derivati, infatti, sono una sorta di tavolo da gioco al quale il banco vince sempre, e i giocatori possono solo perdere: come spiegava una puntuale inchiesta di Report, alla quale senz'altro rimandiamo (e sulla quale ritorneremo). Allo stato attuale, i derivati costituiscono al tempo stesso la causa del debito (stante i crescenti interessi che maturano) e la causa della crisi: le banche, infatti, hanno le casse piene di titoli tossici, cio inesigibili, e non immettono liquidit sul mercato [vedi qui] cio non svolgono la loro funzione, che dovrebbe essere quella di finanziare gli investimenti produttivi per far ripartire l'economia. Il che non detto che sia un male: la cosiddetta speculazione finanziaria internazionale, cio in concreto i possessori di titoli finanziari (la speculazione un'azione, non un soggetto), in questi giorni di lacrime e sangue stanno abilmente lucrando sui flussi di borsa, traendo profitto dalla minaccia di insolvenza: come in Una poltrona per due (chiss se questo Natale sar rimandato in onda?), aspettano che le borse crollino per comprare a prezzi stracciati, e rivendono il giorno dopo quando il valore delle azioni risale. Su gi per le montagne russe delle borse mondiali, Goldman Sachs (gi sentita, vero?) ha guadagnato nell'ultimo mese abbastanza da superare, per possesso di liquidit, la Federal Reserve. Andiamo avanti. Chi ha in mano i flussi economici globali? Secondo Andrea Fumagalli (che in questa torrida estate sta conducendo, su Uninomade e Precaria, una puntuale serie di analisi sulla crisi, mentre i suoi pi rinomati colleghi si dedicano all'analisi dei prezzi della buvette di Palazzo Madama e Montecitorio, roba grossa), oggi, non pi di dieci Societ dintermediazione mobiliari (il cui acronimo, comunemente utilizzato Sim richiama, in modo ovviamente del tutto accidentale, quello di Stato Imperialista delle Multinazionali, usato dalle Brigate Rosse negli anni 70) controllano tra il 60% e il 70% del totale dei flussi finanziari in circolazione e il cui ammontare

in valore pari a circa 12 volte il Pil mondiale. Il restante 30-40% in massima parte detenuto da banche e assicurazioni (oggi sempre pi interrelate con le stesse Sim) e da Stati sovrani (quali Cina, India, paesi europei, ecc.). La quota di attivit finanziarie mondiali detenuto da singoli risparmiatori risibile e irrilevante [qui]. Quanti ai titoli derivati, nel 1984 le prime dieci banche al mondo controllavano il 26% del totale delle attivit , con il 50% detenuto da 64 banche e il rimanente 50% diffuso tra le 11.837 rimanenti banche di minor dimensione. I dati della Federal Reserve ci dicono che dal 1980 al 2005 si sono verificate circa 11.500 fusioni, circa una media di 440 allanno, riducendo in tal modo il numero delle banche a meno di 7.500. Al I trimestre 2011, cinque Sim (Societ di Intermediazione Mobiliare e divisioni bancarie: J.P Morgan, Bank of America, Citibank, Goldman Sachs, Hsbc Usa) e cinque banche (Deutsche Bank, Ubs, Credit Suisse, Citicorp-Merrill Linch, Bnp-Parisbas) hanno raggiunto il controllo di oltre il 90% del totale dei titoli derivati: Swaps sui tassi di cambio, i Cdo (Collateral debt obligations) e i Cds (Collateral defauld swaps) [qui]. Notate niente? S, avete visto bene: c' di nuovo la Goldman Sachs, la Spectre che gioca con i derivati sui destini del mondo assoldando e prezzolando tutti (o quasi) [qui]. Caratteristica di questa banca la sede nel New Jersey [a destra]: un grattacielo a forma di supposta piantato in mezzo al niente, che dice molto delle relazioni che i signori della GS intraprendono col mondo. Un ex presidente della GS, Jon Corzine, stato fino all'anno scorso governatore del New Jersey: lo Stato della famiglia Soprano. Come ex dirigenti GS erano due passati segretari al tesoro del governo americano, Robert Ruby (sotto Clinton) e Henry M. Paulson (sotto G.W. Bush). Come, per venire in Italia, a diverso titolo sono stati sul libro paga della GS Mario Draghi (vicepresidente), Mario Monti (International Advisor) e Gianni Letta (membro dell'Advisory Board). E per non farsi mancare niente, anche Romano Prodi e Massimo Tononi (sottosegretario all'economia nel 2006) sono stati retribuiti a diverso titolo dalla GS. Per non essere da meno, la J.P. Morgan si limitata a un solo consulente: ma importante. L'ex ministro Linda Lanzillotta, moglie di Bassanini e co-fondatrice dell'API assieme a Rutelli, stata infatti per 5 anni consulente di questa banca: il suo compito era spiegare ai futuri cravattari che avrebbero strangolati con i derivati i maggiori comuni italiani (a partire da Milano e Torino) i funzionamenti e le dinamiche degli enti locali italiani. Curiosamente, di questa attivit di consulenza non c' traccia nelle biografie dell'on. Lanzillotta: se ne ha notizia solo grazie alla puntata di Report gi citata. Ecco lo spessore dei detentori del debito finanziario globale: i Soprano della finanza mondiale, in tutti i sensi. E adesso andiamo a guardare il debito pubblico italiano: sar il caso di sapere a chi in questi tre anni di sacrifici abbiamo dato i soldi sottratti alla scuola, ai servizi sociali, ai posti di lavoro, alla sanit. A chi andranno i 45 miliardi di euro della manovra Berlusconi-Tremonti-Sacconi (leggi: DraghiTrichet-Monti-Napolitano)? A chi paghiamo gli interessi sul debito pubblico? Con estrema tempestivit la Banca d'Italia ha appena pubblicato il Supplemento n. 42 - 12 agosto 2011: Finanza pubblica, fabbisogno e debito [scaricabile qui], dal quale traggo questi dati (tabella n. 5). Su un totale di 1.843.015 di debito delle amministrazioni pubbliche (Stato ed enti locali), il debito riferito a titoli di vario tipo di 1.548.601 , cos ripartito: Banca dItalia: 66.425 (4.29%) Banche e Ist. Finanziari e monetari: 499.245 (32.23%) Altri residenti (famiglie, e soc. non finanziarie): 176.868 (11.42%) Detentori esteri: 806.063 (52.05%) Totale: 1.548.601 Pi della met del debito pubblico italiano in mano a

quei signori di cui parlavamo sopra, o a societ off shore con sede in paradisi fiscali e che quindi non versano al fisco neanche quel 12.5% di imposta sulle rendite finanziarie, che diventer 20%, ma solo dal prossimo gennaio (diamo tempo ai residenti di trasferire la sede all'estero). Se a questi aggiungiamo gli istituti finanziari di vario genere con sede in Italia, scopriamo che il debito pubblico per quasi l'85% in mano a quegli stessi speculatori che in nome del libero mercato e della libert d'impresa sono la causa dell'attuale crisi. Il messaggio vagamente terrorista, che parla di un debito per ogni italiano di 33.000 , palesemente falso. Su questo debito, lo Stato paga in interessi una cifra compresa tra i 75 e gli 80 miliardi di euro all'anno. Pi della met dei quali (cio un'intera finanziaria biennale come quella attuale) agli speculatori esteri. In linea di principio, il miglioramento del bilancio e le maggiori entrate fiscali dovrebbero far diminuire questa voce di spesa, che la vera origine dei dissestati bilanci nazionali. Purtroppo non cos. Se infatti vero che dovrebbero diminuire i titoli sui quali lo Stato paga gli interessi, altrettanto vero che gli interessi sono destinati a salire perch in forte ascesa il tasso d'interesse di riferimento, l'Euribor (acronimo di EURo Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in euro) sul quale, per inciso, vi calcolano il mutuo sulla casa. Che era al 0.70% (trimestrale) il 12.12.2009, all'1.01% al 12.12.2010, ed oggi, giorno di ferragosto del 2011, all'1.54. Mentre per il tasso della BCE, attualmente all'1.50%, si prevedono ulteriori aumenti che dovrebbero portarlo al 2% al nuovo anno, e al 3% nell'anno successivo. In altri termini, siamo usciti da quel felice ma momentaneo periodo in cui i tassi di interesse erano al loro minimo storico. Come mostra il flusso dei loro andamenti [a sinistra], un tasso d'interesse al 5% non in alcun modo un'ipotesi catastrofista: una possibilit reale. Di nuovo, siamo in presenza di una dinamica che vorrebbe essere la cura di quella malattia che essa in realt : i provvedimenti presi aiutano le dinamiche del capitalismo finanziario, che sono all'origine della crisi per meglio dire, sono esse stesse la crisi. Questo rende piuttosto surreale il dibattito su una finanziaria giusta, o alternativa, o equa: se non nei termini di una disputa su chi Tremonti? Draghi-Monti? Bersani? si candida a gestire i diktat della BCE. Intendiamoci: sarebbe certo apprezzabile una imposta patrimoniale. A condizione di sottolineare che non si tratta di prendere ai ricchi, perch la ricchezza che, attraverso l'imposta sui patrimoni, si andrebbe a prelevare prodotta dal lavoro vivo, dalla cooperazione sociale (vogliamo dire, se la cosa non sembra troppo marxista: dal General Intellect messo al lavoro?) in origine, e poi espropriata dal galantuomini che intraprendono e convertita in beni e patrimoni. Ma una volta prelevata questa ricchezza che il capitale sottrae al lavoro vivo, materiale o immateriale che sia: che ne facciamo? La togliamo a Tronchetti Provera, o a Berlusconi, o alla famiglia Agnelli, per darla... alla Goldman Sachs? Alla JP Morgan? Alle finanziarie off shore? E soprattutto: togliamo ai ricchi per dare ai ricchissimi, allo scopo di aiutare il capitale finanziario a galleggiare sull'onda di una crisi che la vera natura del capitale? Il capitale, ricordava ancora il vecchio Marx, non in crisi: il capitale crisi, e come tale genera quelle condizioni di instabilit che sono la ragione stessa della propria rendita. Come la precarizzazione dell'esistenza, ancor pi che del lavoro: che non un incidente di percorso, o una momentanea stortura, ma l'essenza stessa del capitale. I provvedimenti che la BCE ha imposto all'Italia non faranno che accrescere quei tratti della vita e del lavoro materiale o immateriale, intellettuale o manuale che sia che sembrano ormai caratterizzare l'esistenza di ognuno: totale sovrapposizione tra tempo di lavoro e tempo di vita, indistinzione tra produzione e riproduzione, centralit sempre pi accertata del lavoro di cura, precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro salariato, integrazione dentro il lavoro salariato di forme di produzione non retribuite e che eccedono il tempo di lavoro, difficolt a mantenere spazi di autodeterminazione, di soggettivazione e di messa in comune delle esperienze, impossibilit quasi totale a mantenere un senso prospettico, aperto, del proprio tempo di vita ecc.,

sembrano ormai caratterizzare la vita di ognuno, sullo sfondo del nuovo regime biopolitico di accumulazione (traggo questo elenco dal libro di Cristina Morini Per amore o per forza]. bene essere chiari: non c' generazione, classe, genere, ceto, segmento della societ che sia immune da questa cartolarizzazione delle speranze, delle aspettative, dell'intera vita, nella quale ci che dovrebbe essere un diritto diventa una virtualit, un'opzione, nel migliore dei casi l'obiettivo di una lotta. Cos stando le cose, che fare? Una cosa molto semplice: NON PAGARE. Come in Grecia, assumere la parola d'ordine DEN PLIRONO non voglio pagare! come conseguenza politica della parola d'ordine europea del 2008 (c' Europa ed Europa!) Noi la crisi non la paghiamo. Un governo degno di questo nome un governo che esercitasse quella primazia della politica con la quale Monti fa i gargarismi dovrebbe (magari di concerto con la Spagna, che nelle stesse condizioni dell'Italia) porsi nei confronti dei creditori, che giocano in borsa sul rischio del default al mattino, e al pomeriggio invocano politiche che scongiurino il default, in modo molto duro: o il default unilaterale dell'Italia e della Spagna (come ha gi fatto l'Islanda; come ha fatto dieci anni fa l'Argentina), o il dimezzamento del debito, e dei conseguenti tassi di interesse, attraverso la conversione dei titoli pubblici a partire dai derivati in titoli emessi dalla Banca Centrale Europea e garantiti da un tasso d'interesse fissato a livello politico. Italia e Spagna, a differenza della Grecia e dell'Islanda, sono too big to fail, troppo grandi per fallire: questa estrema debolezza la vera forza dei due paesi. Chiariamo un punto: quando Tremonti dice che se ci fossero stati gli Eurobond questa finanziaria non sarebbe stata necessaria, dice, come sempre, una mezza verit. O meglio: incarta una menzogna in un foglio di verit. Nel documento del Consiglio Europeo che istituiva il Fondo Europeo di Stabilit Finanziaria (16-17 dicembre 2010) era infatti scritto a chiare lettere che Si adegueranno le regole per prevedere la partecipazione dei creditori del settore privato in base a valutazioni caso per caso, in linea con le politiche dell'FMI. [...] Per i paesi considerati solvibili in seguito all'analisi di sostenibilit del debito condotta dalla Commissione e dall'FMI di concerto con la BCE, i creditori del settore privato saranno incoraggiati a mantenere le rispettive esposizioni secondo le norme internazionali e pienamente in linea con le prassi dell'FMI. La prassi del Fondo Monetario Internazionale, com' noto, quella di concedere prestiti in cambio dell'attuazione di misure economiche e sociali che distruggono lo stato sociale e concedono mano libera al mercato: che quello che, anche senza gli Eurobond, stato fatto ieri con la Grecia, oggi con l'Italia (e domani sar fatto con Spagna e Portogallo). Cosa diversa sarebbe, invece, l'uso dei titoli europei governati non dal mercato ma dalla politica; la cui condizione di esistenza non lo strangolamento dello stato sociale, ma la restituzione della cravatta al collo dei creditori cio delle Societ d'Intermediazione Finanziaria che controllano i flussi creditizi mondiali. Ma possibile che un Monti, un Bersani, un Rutelli si facciano portatori della parola d'ordine del diritto all'insolvenza? In tutta evidenza, no. possibile che questa parola d'ordine venga fatta propria da quei personaggi che, a torto o a ragione, sono investiti dalle aspettative di un radicale rinnovamento politico Vendola e Landini, per capirci? Chiss. Forse. Finora, non successo. Ma altrettanto certo che i movimenti non possono rimanere appesi a caciocavalleggiare in attesa di sapere se questo o quel possibile o virtuale leader di una sinistra cosiddetta radicale dir sacrifici piuttosto che default. Le parole d'ordine, dopo tutto, sono fatte per essere imposte: con le lotte, se occorre. Ed altrettanto certo che le parole, da un anno a questa parte, hanno preso il valore e il peso delle pietre: dopo gli scontri in Val di Susa (ma ancor prima: dopo le giornate del dicembre 2010) chiaro a tutti che

espressioni come acqua e aria sono beni comuni, o anche: cultura e istruzione sono beni comuni come l'acqua e la natura, hanno un senso solo se si disposti a difendere i beni comuni meglio: i beni che afferiscono non a Tizio o a Caio, non al singolo n allo Stato, ma al comune con la necessaria radicalit. Con una certezza: se vero che non bisognerebbe mai rinchiudere le idee dentro un casco, ancor pi vero che nelle situazioni di pericolo il casco ti salva la vita. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Stanno riordinando le sdraio sulla tolda del Titanic, disse nel suo ultimo discorso il leader nero Jeriko One: prendiamone atto, e regoliamoci di conseguenza. Nella consapevolezza che ai viaggiatori di terza classe non baster conquistare la tolda: dovranno impossessarsi delle scialuppe, e lasciare che ad affondare col Titanic siano i signori in abito da sera, con i loro conti nelle banche in terraferma e l'insopportabile My heart will go on come lamento funebre. Ognuno ha le sirene che si merita, dopo tutto e quello che accade ai nostri cuori, sono cazzi nostri. Pubblicato Agosto 15, 2011 07:15 PM | http://www.carmillaonline.com/archives/2011/08/003994print.html

Parlare di decrescita, dice Serge Latouche, come lanciare una sfida,

azzardare una provocazione. Per un verso si tratta di un atto iconoclasta, per un altro di un nuovo modo di raccontare il nostro essere qui, ora, nel mondo. Vogliamo provare a mettere in dubbio la divinit che abbiamo adorato o, anche, le mappe e le cornici simboliche dentro a cui ci siamo mossi per secoli e che siamo abituati a confondere con la realt.[1] Nel periodo storico in cui si sente continuamente parlare di crescita economica, la rivoluzione delle rivoluzioni quella della cosiddetta decrescita. Questa teoria, di moda soprattutto negli ambienti pi illuminati dei salotti intellettuali, politici e scientifici, si basa sullidea che la crescita economica un mantra che ci avvicina pi al baratro che al benessere sociale. Lidea prende vita soprattutto dalle decennali tematiche ambientali, poich, come affermano i suoi sostenitori, in un mondo di risorse finite e prossime allesaurimento impossibile crescere allinfinito. Quindi, tutti noi dovremmo fare un passo indietro, limitare i consumi e le produzioni per vivere in armonia, pace e serenit. Uno dei fautori di questa dottrina in Italia il climatologo Luca Mercalli, salito alla ribalta per la sua strenua opposizione alla Tav. In uno dei suoi interventi sul blog di Grillo afferma: Questo uno di quei momenti nei quali ci si rende conto che ci che era stato annunciato 40 anni fa, dal famoso rapporto sui limiti della crescita compilato dai ricercatori del MIT di Boston su incarico del Club di Roma, si sta avverando. Poi, in maniera profetica prosegue: i limiti alla crescita nel pianeta Terra esistono perch il pianeta fatto cos, un pianetino molto piccolo con un set di risorse naturali finito, alcune di queste sono rinnovabili, altre non lo sono per niente, come il petrolio e il carbone che quando bruciano generano dei sottoprodotti negativi nei confronti dellambiente. Se non si prende coscienza di questa limitatezza, la crescita sar la migliore ricetta per finire il prima possibile nel baratro. Inoltre, rifacendosi alle idee delleconomista Thomas Malthus, rincara ulteriormente la dose: bisognerebbe cercare di moderare laumento della popolazione perch altrimenti per ogni passo virtuoso che si far nel mondo occidentale di riduzione dei consumi, questo verr vanificato dalla crescita della popolazione terrestre nei successivi anni. Bisogna trovare una stabilit nella popolazione terrestre, a dispetto di quanto molti economisti e demografi pensano, che ritengono che invece si possa anche in questo caso continuare a crescere e che la tecnologia risolver tutti i problemi.[2] Alle tesi eco-apocalittiche del Mercalli bene contrapporre quelle di Antonio Gaspari, coordinatore scientifico del Master in scienze ambientali dellUniversit Europea di Roma, che di queste d tutta unaltra interpretazione: chi ritiene le risorse come un dato fisso pensa luomo solo come consumatore. Invece luomo crea, ridefinisce, sviluppa. Quindi il concetto di risorsa cambia continuamente. Lunica vera risorsa da cui non si deve mai prescindere il valore del capitale umano e sociale. Gaspari inoltre

osserva che abbiamo pi riserve di petrolio oggi che negli anni Cinquanta e che in realt non esistono affatto problemi di riserve energetiche; infatti, secondo la sua interpretazione, al massimo c un problema di crisi speculative, poich si pi attenti ai titoli e alla carta che alla produzione reale. Basta pensare alla speculazione sul petrolio, i cui prezzi sono saliti in modo esponenziale e in maniera assolutamente scollegata. A dispetto dellinterpretazione malthusiana di Mercalli, Gaspari afferma che la politica di riduzione delle nascite un grande rischio oltre che folle, perch le persone, i giovani, i cervelli sono la medicina, non la malattia. E infine conclude: i limiti sono relativi, non fissi. il capitale umano che moltiplica le risorse. Se parliamo di risorse naturali lAfrica batte tutti per ricchezza. Nella realt povera a causa dello scarso capitale umano a disposizione per farle fruttare, e in pi noi tutti continuiamo a dire agli africani che non devono usare le tecnologie che abbiamo usato noi, colti da non si sa bene quale ecoterrore. E intanto noi diventiamo sempre pi vecchi. Senza contare che le risorse di 3/4 del pianeta, quelle marine, non sono state ancora intaccate. Sa qual la sola cosa folle? Il sottosviluppo, il sottosviluppo a essere insostenibile.[3] Soprattutto sulle giuste affermazioni sullAfrica fatte da Gaspari, uno dei maggiori sostenitori della decrescita, cio Serge Latouche, non sarebbe affatto daccordo. Infatti, secondo lidea latouchiana, far adottare allAfrica le nostre tecnologie e le nostre capacit produttive sarebbe solo una violenza, poich tutto ci, non si sa bene come, arrecherebbe immani sofferenze a quelle popolazioni. Da come possiamo notare, le tesi sposate dalla dottrina dei decrescisti si rifanno in prevalenza ad uno studio del 1972 del Club di Roma, associazione fondata nel 1968 dallimprenditore italiano Aurelio Peccei, intitolato Rapporto sui limiti dello sviluppo, dove si paventavano scenari apocalittici dovuti alla industrializzazione, produzione di cibo, crescita della popolazione e sfruttamento generalizzato delle risorse. E interessante leggere le parole del giornalista Paolo Granzotto sugli studi del Club, che mettono in risalto i gravi errori di prospettiva che i suoi sostenitori preferiscono ignorare: il Rapporto sui limiti dello sviluppo falsato dal paradosso di Lomborg, ovvero dall'atteggiamento di chi, dopo aver verificato il contenuto del frigorifero, ne conclude: Ho cibo per tre, quattro giorni ancora. Al quinto morir di fame. Stando alla proiezione matematica, il Club di Roma sentenzi infatti che il petrolio (assieme ad altre decine di materie prime) si sarebbe esaurito completamente entro il 1992. Infatti, le previsioni certe del Club affermavano che l'oro sarebbe finito entro il 1981, lo zinco entro il 1990, il petrolio entro il 1992, il piombo, il rame ed il metano sarebbero finiti entro il 1993. Inoltre, Granzotto prosegue dicendo che le previsioni del Rapporto affermavano che la progressiva scarsit dei beni di prima necessit e la mancanza di beni sostitutivi avrebbe provocato, nel giro di qualche decennio, dapprima rincari vertiginosi e successivamente la carestia. Tutte cose smentite poi dai fatti.[4] Altro feticcio dei decrescisti e degli eco-amici in generale sono le energie rinnovabili, considerate come il vento dellavvenire nel campo delle fonti energetiche. Su questa nuova moda

e soprattutto sui suoi veri ed effettivi costi interessante prendere visione dello studio effettuato dal settimanale tedesco Der Spiegel, che, partendo dalla decisione della Merkel di innalzare dal 16% all80% la produzione di energia da fonti rinnovabili, ha stimato che sar necessario spendere in Europa la favolosa cifra di 3 mila miliardi di euro solo per la produzione di energia. E in questa cifra non sono nemmeno compresi i costi per il necessario rinnovo delle reti e per limmagazzinamento energetico. Per quanto riguarda i costi che dovrebbe sobbarcarsi la sola Germania, lo Spiegel ha scritto che per realizzare i piani energetici rispettosi dellambiente, il prezzo dellenergia elettrica nei prossimi 25 anni risulter quasi quadruplicato, poich alla produzione un Kwh verr a costare 23,5 centesimi, mentre il prezzo attuale di 6,5 centesimi. Al di l dei costi energetici in s, il settimanale ha spiegato che questa scelta avr sicuramente impatti anche sulloccupazione e sulla capacit industriale tedesca; infatti scrive: c il rischio di una deindustrializzazione strisciante in Germania, poich gi adesso molte industrie hanno nel cassetto i piani per delocalizzare gli impianti allestero, in Paesi dove lenergia pi a buon mercato. La conclusione dello Spiegel che un futuro fatto di energie pulite e rinnovabili caro e se i tedeschi vogliono dire addio ai combustibili fossili e nucleari, devono essere pronti a pagare il prezzo di questa rivoluzione.[5] E voi siete pronti a pagare il prezzo della rivoluzione? A.D.G. LA VOCE DEL CORSARO
note: [1]http://www.decrescita.it/joomla/index.php/chi-siamo/manifesto [2]http://www.beppegrillo.it/2011/12/passaparola_lin/index.html - *lml1* [3]http://www.ilgiornale.it/cultura/risorse_finite_luomo_moltiplica/21-02-2009/articolo-id=330476page=0-comments=1 [4]http://www.ilgiornale.it/parola_lettori/i_limiti_sviluppo_madre_tutte_panzane/09-042008/articolo-id=253496-page=0-comments=1 [5]http://www.blitzquotidiano.it/energia/energia-pulita-fonti-rinnovabili-costi-553959/

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Che falliscano i banchieri!


Posted By afenice On 30 luglio 2012 @ 12:30 In araba fenice | 5 Comments

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il nero muove e d scacco quando vuole Andiamo oltre lattuale sistema economico finanziario: che falliscano i banchieri
Puntellare costantemente e inutilmente questo sistema veramente da folli: si drenano solo altre risorse per sostenerlo fittiziamente ma gi comunque fallito! Quello che ulteriormente sottolineo e ritengo ancora pi tragico che tutti gli addetti ai lavori lo sanno perfettamente, lo percepiscono quotidianamente. E un fallimento inarrestabile il cui default si allontana solo nel tempo: siamo ad un punto di non ritorno. Bisognerebbe che ci, per il bene di tutti, venga presto dichiarato e ci si dia da fare con percorsi nuovi. Credo per che se non ci muoviamo decisamente noi cittadini non lo faranno mai coloro che gestiscono questo modello, non sanno proprio cosa fare! Certamente sar traumatico, ma non starei ad ascoltare i tromboni attuali, figli di questo sistema,

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10/08/2012 7.59

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che spaventano con le loro dichiarazioni. Ci dicono ad esempio che se falliscono le banche sar una tragedia: ma per chi? Dipende infatti da chi si vuole salvare e dunque dalle scelte politiche del momento. Oggi le decisioni sono in mano alla finanza, bisogna che non sia lei a decidere ma la politica. Ma anche i politici direte sono in mano alla finanza? Allora, giustamente cambiamoli, mandiamo a casa in Italia questo governo e diamo ascolto a chi vuole invece salvare i cittadini: possibile se si vuole! Si potrebbe infatti non perdere i risparmi dei cittadini onesti, e non ovviamente quelli di coloro che li hanno usati, allettati da lauti guadagni, per il gioco della speculazione finanziaria mondiale, semplicemente se si utilizzasse solo una piccola parte delle risorse messe a disposizione dalla Banca Centrale Europea per salvare le Banche. Se solo una parte di queste infatti andasse invece agli Stati e da questi a coprire i risparmi dei correntisti delle banche fallite il problema sarebbe risolto. Ma solo una nuova classe Politica (con la P maiuscola) potrebbe avrebbe il coraggio di giudicare e condannare al fallimento i banchieri potenti di oggi. Dobbiamo star certi comunque che i banchieri, nonostante siano da tempo falliti, non molleranno tanto facilmente il loro potere di influenza e per questo agiteranno come sempre lo spauracchio della speculazione attraverso il potere mediatico, che altrettanto detengono, facendo paura ai governi: attenti, se non fate ci che vi diciamo comincer una speculazione forte sui vostri titoli sovrani!. E un ricatto che usano da tempo, perch ancora noi stiamo dentro questa logica, ci richiudono nel pensiero unico: ci viene detto incessantemente e solamente che il problema la speculazione, il debito, il pareggio di bilancio. Ma perch continuare a credere a coloro che, dopo aver creato tutto ci oggi ci indicano pure le soluzioni? Perch diamo loro ancora cos tanta credibilit? Il fallimento gi evidente da tempo e le misure che si attuano, fatte passare per salvastati, non fanno altre che confermarlo. Come definire se non un ultimo colpo di coda di un sistema ormai morto e fallito iniziative come: a) il continuo drenaggio di risorse dei cittadini e dello Stato per coprire un debito che tutti sanno impagabile, e che solo funzionale alla speculazione finanziaria? b) i trattati europei che hanno completamente privato i singoli Stati della propria sovranit ed imposto alla Banca Centrale Europea che il denaro stampato non possa essere messo a disposizione degli Stati ma solo dato alle Banche, dunque alimentando anche qui la sola speculazione finanziaria? c) il Fiscal Compact che tra laltro impone a coloro il cui debito superiore al 60% del Pil di rientrare a breve in pochi anni, in misura chiaramente insostenibile anche dallanalisi del pi stupido economista e di nuovo alimentando la vendita di beni pubblici alla speculazione finanziaria? Non deprimiamoci per, siamo vivi, abbiamo una testa per pensare e mezzi che ci possono aprire gli occhi o per lo meno farci vedere che esiste altro. Certamente chi vissuto costantemente pendendo dalle labbra di questo sistema avr pi difficolt, ma possiamo cominciare a difenderci per attenuare il trauma di questo fallimento in corso. Cerchiamo prima di tutto di informarci e conoscere cose che non vengono diffuse dai media attuali, ovviamente ancora in mano al Potere deleterio attuale. Ci sono innumerevoli esperienze recuperabili in internet cerchiamole e vedrete che tante saranno anche vicino a voi. Sono centinaia di migliaia le persone che quotidianamente gi vivono senza farsi influenzare dalle logiche che ci stanno conducendo alla rovina, sociale, relazionale e ambientale. Queste persone combattono anche contro la politica di sistema attuale, che prova a mettere bastoni fra le ruote anzich agevolare la collaborazione tra cittadini: ma se i cittadini sono determinati e si muovono non possono che avere risultati positivi. Assecondiamo perci chi ci propone progetti di sviluppo locale, mettiamo a disposizione di finanziarie e piccole banche locali i nostri risparmi, anzich farceli bruciare dai mega colossi bancari e finanziari gi falliti! Recuperiamo concetti che sembravano dimenticati o superati, ma che sono invece il fondamento pi alto di ogni societ, ovvero la mutualit, la solidariet, il rispetto per laltro. il mutuo aiuto. In questo modo la crisi della finanza ci preoccuper di meno e sosterremo uneconomia pi sana e strutturata per essere al servizio dei cittadini del territorio. Sembrer fuori luogo parlare in questo modo in un sistema globalizzato, forse per si dimentica che ogni sistema globalizzato si regge su produzioni locali che si interscambiano beni e servizi prima localmente e poi a livello planetario visto lo sviluppo dei mezzi di trasporto. Ma la globalizzazione attuale degenerata perch ha accentuato le monoculture pensando pi alla vendita internazionale che allautonomia territoriale e alla sovranit alimentare: ora dobbiamo far fronte anche a questa crisi. ma ce la possiamo fare! Ricominciamo dunque a recuperare la fiducia tra noi cittadini, provati da decenni di bombardamento sullindividualismo e la sopraffazione tra cittadini come unico modello di sviluppo: vinco se ti faccio fallire! Invece dobbiamo tutti vivere e tutti lavorare. In una situazione di lealt generalizzata, il migliore avr sempre pi opportunit, ma mai si pu dimenticare la crescita anche degli altri. Per realizzare questo c bisogno di altri politici, di altri pensieri e prospettive, siamo pronti? Forse, pi che a politici di professione, dovremmo affidarci a cittadini attivi che portano un patrimonio di cultura ed esperienza nuove. E per fortuna di queste persone in Italia ve ne sono tante. Giovanni Acquati

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5 Responses to Che falliscano i banchieri! afenice 1 agosto 2012 alle 19:11 Sotto Mario Monti a forza di tasse il Pil sta collassando (un -3% probabilmente nel 2013). E quindi il debito pubblico sta salendo (siamo al 124% del PIL). In Grecia a forza di tagli e tasse il PIL crollato del -23% in tre anni e ovviamente il debito in % del PIL salito. Di conseguenza, lunica soluzione ridurre il debito non con le tasse e i tagli che riducono il reddito, ma facendolo ritirare dalla Banca Centrale (Bankitalia o BCE) che ha IL POTERE DI EMETTERE MONETA E SCAMBIARLA CON DEBITO. A costo ZERO. Si pu far sparire 500 miliardi su 2000 miliardi del debito pubblico italiano, senza sacrifici, senza finanziarie, senza tasse e repressioni fiscali, senza privatizzazioni e cessioni di beni pubblici. Basta farlo assorbire dalla Banca Centrale, esattamente come fanno gli inglesi o i giapponesi. Fine. Risolto il problema finanziario. Poi ne rimangono altri, ma il problema finanziario lo risolvi con della contabilit sostanzialmente. Non una mia teoria, quello che fanno americani, inglesi, giapponesi! Basta togliere le fette di salame dagli occhi. Leggi il resto qui: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article &sid=10610&mode=thread&order=0&thold=0 #629 afenice 1 agosto 2012 alle 19:18 Al mondo solo 2 entit possono creare denaro. 1) Lo Stato 2) Le banche Il dogma del rigore dei conti = rubinetti chiusi dello Stato. Pareggio di bilancio = lo Stato ci tassa tanto quanto spende x noi, ci lascia zero denaro. Lo Stato eliminato dalla scena. Page 1 of 3

Rimangono solo le banche. Tutti noi abbiamo bisogno di denaro per vivere, produrre. Impossibile far senza. Adesso dipendiamo tutti dalle banche, lunica fonte di denaro rimasto. Banche = governo Hanno vinto. Se non capite adesso cosa fanno la UE + Monti e per conto di chi, buttatevi nel pozzo. Paolo Barnard Fonte: http://paolobarnard.info/ Link: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=413 21.07.2012 #630 afenice 2 agosto 2012 alle 19:16 Illuminante larticolo di Luciano Gallino: La lettura sbagliata della crisi che trovate su MicroMega #633 afenice 4 agosto 2012 alle 16:06 Perch non stata applicata una tassa dello 0,02%-0,05& dicasi 0,02-0,05%! sulle transazioni finanziarie? Per il prof. Fumagalli sarebbe perfettamente possibile e sufficiente per gestire un serio reddito di cittadinanza. E darebbe un gettito di 93-233 miliardi di euro lanno, secondo laliquota scelta! Perch non sono state alzate le tasse, lIRPEF, sui redditi oltre i 200.000 euro? Con gradualit, certo, ma inesorabilmente, per intaccare la ricchezza che sannida nel 10% della popolazione italiana che possiede circa la met della ricchezza nazionale? SullIMU sono state fatte molte ingiustizie: la prima colossale stata quella di non tassare le fondazioni bancarie. Ma, spesso, proprio la fondazione a Page 2 of 3

possedere gran parte del capitale della banca: in altre parole, ad esserne il proprietario! Poi, la Chiesaridicoli. estratto da: http://www.lolandesevolante.net/blog/2012/08/04/stuporeistituzionale/ #635 afenice 8 agosto 2012 alle 11:32 Le banche dei paesi delleuro esistenti versavano pesantemente per fornire prestiti a tasso agevolato per i nuovi cittadini delleuro. E poich, con lo stesso capitale, le banche sono autorizzate a prestare il doppio in mutui rispetto ai prestiti per altri scopi, sono state principalmente le case che sono state finanziate. I banchieri hanno dimenticato per che la gente ha bisogno non solo di un posto dove vivere, ma anche di reddito per rimborsare i loro prestiti. Essi dovevano finanziare anche abbastanza attivit economiche. Non era il caso. Cos, una prima ondata di nuovi cittadini europei aveva un debito che non potrebbe rimborsare. Il mercato immobiliare crollato. Appaltatori e loro fornitori sono falliti, lasciandosi alle spalle un paesaggio desolato di abitazioni vuote ed incompiute. Fonte:http://www.lolandesevolante.net/blog/2012/08/08/in-europa-earrivata-la-dittatura-si-chiama-mes-di-edoardo-capuano/

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