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GILLO DORFLES

INTRODUZIONE
AL DISEGNO
INDUSTRIALE

Linguaggio e storia della produzione di serie


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Indice

6 Introduzione

12 1. Breve premessa storica

16 2. Da William Morris alle Arts and Crafts

18 3. LʼArt Nouveau e i suoi rapporti con il disegno


industriale

21 4. Dal Bauhaus ai nostri giorni

25 5. Carattere iterativo e concetto di « standard »

29 6. Distinzione tra artigianato e disegno


industriale

33 7. Architettura industrializzata e design

36 8. Interferenze tra disegno industriale, pittura e


scultura

40 9. La grafica fa parte del design?

41 10. Teoria dellʼinformazione, complessità


funzionale e strutturale e « consumo » del diegno
industriale

45 11. Valori simbolici e semiotici del disegno


industriale
49 12. Aspetti positivi e negativi dello syling
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53 13. Interferenze tra styling, moda, e


ordinamento sociale

57 14. Il concetto di « fuori serie » e gli equivoci della


« piccola serie »

61 15. Valore pubblicitario e autopubblicitario del


design

63 16. Originalità, universalità e plagio

66 17. Importanza del fattore tecnologico

69 18. Il lavoro di équipe e le sue caratteristiche

71 19. Indagine di mercato e sistemi di vendita

74 20. Disegno industriale e mass media

78 21. Tentativo di una classificazione del disegno


industriale

83 22. Limiti dellʼazione del designer nella


progettazione

86 23. Lʼinsegnamento del disegno industriale

92 24. Ipotesi per lʼevoluzione futura del design

97 Appendice. Gli ultimi sviluppi del disegno


industriale nel mondo

108 Glossario
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23.
L'insegnamento del disegno industriale

L'importante problema dell'insegnamento del disegno


industriale è lungi dall'essere risolto, proprio per la peculiare
struttura di questa disciplina. Come spesso accade - specie
nei paesi di antica tradizione culturale come quelli latini:
Italia, Francia, Spagna - prima che le strutture didattiche
preesistenti si siano adeguate a discipline di nuovo conio,
passano molti anni, spesso molti decenni. D'altro canto è
ovvio che, in un campo squisitamente tecnologico, ma anche
direttamente legato a problemi estetici, sia quanto mai arduo
addivenire ad una precisa e organica distribuzione delle
materie di insegnamento. Ecco perché nel nostro paese, e
praticamente in tutti gli altri, il disegno industriale ha
attraversato una prima fase di autodidattismo cui solo in un
secondo tempo si è venuto sostituendo una precisa e
rigorosa metodologia didattica. Un altro fatto di cui occorre
tener conto è l'origine parzialmente artigianale della nostra
disciplina che ha fatto si che in molti paesi dove le scuole
artigiane erano più sviluppate esso venisse innestato
direttamente sul tronco artigianale già funzionante; e questo
spesso con notevole danno per il sistema didattico. Così
infatti è accaduto per la Germania e l'Austria dove le
Kunstgewerbeschulen già esistevano ad un livello assai
elevato e così per l'Inghilterra dove la tradizione delle Arts
and Crafts era ancora operante sin dai lontani tempi di
Morris e di Mackmurdo.
Nei paesi anglosassoni, infatti, e soprattutto nella Gran
Bretagna, dove il processo d'industrializzazione era stato più
precoce, avvenne appunto che già per tempo, entro alle
scuole dei «mestieri» artigianali, si cominciassero ad
impartire delle nozioni di progettazione industriale, anche se
ad un livello ancora assai modesto. Lo stesso accadde in
Germania, dove, oltretutto, si svolse l'importantissimo -
seppur oggi superato - esperimento del Bauhaus legato sin
dai suoi inizi alla possente personalità di un Van de Velde,
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che aveva intuito tra i primi l'importanza dell'arte creata


industrialmente; e proseguito, come è noto, dal 1920 in poi,
dall'altra grande figura di maestro che è stato Walter
Gropius.
In realtà anche nel Bauhaus, vigeva ancora un sistema
didattico prevalentemente artigianesco: i vari laboratori
addestravano gli allievi alla manipolazione del vetro, del
metallo, del legno, ed anche ad una vera e propria
progettazione industriale, sempre tuttavia basandosi sopra
un alquanto utopistico funzionalismo «socialistico», che in
realtà era ben lungi dal corrispondere a quelle che in seguito
si rivelarono le vere esigenze dei prodotti di massa.
È comunque doveroso riconoscere al Bauhaus il merito di
essere stato la prima grande scuola ad affrontare i problemi
della progettazione - sia artigianale che industriale - con la
stessa serietà e con la stessa profondità ideologica con la
quale sino allora erano affrontati soltanto i problemi degli
«alti studi» universitari, scientifici ed umanistici.
Questo concetto, infatti, doveva perpetuarsi anche in
seguito e divenire operante ai nostri giorni presso i docenti
più illuminati: quello cioè di considerare lo studio del design
alla stessa stregua di qualsivoglia altro importante studio di
discipline scientifiche o artistiche.
Ed è questo che più ci preme di ribadire in queste righe:
come cioè non si possa assolutamente concepire uno studio
del disegno industriale che sia avulso da una globale
educazione dell'individuo e da una preparazione tecnica,
sociale, scientifica, artistica, davvero integrata. Per questa
stessa ragione non è ammissibile di riservare lo studio del
disegno industriale al solo livello «undergraduate» (ossia per
i giovani al disotto dei diciotto anni), giacché sarebbe
inconcepibile (salvo un successivo autonomo e privato
complemento di studi) che a costoro venisse affidata la
progettazione dei prodotti industriali in tutta la loro estrema
complessità. Perché un disegnatore possa essere
veramente idoneo ad accingersi ad una progettazione, non
limitata al singolo oggetto ma che sia rivolta ad una vasta
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gamma di prodotti e che tenga conto di tutte le esigenze


sociali, economiche ed artistiche ad essi sottese, è
opportuno, anzi indispensabile, che egli abbia avuto un
insegnamento completo, costituito da anni di studi
undergraduate (che potranno già essere «specialistici») e
seguito da un periodo di studi «superiori» (dai tre ai cinque
anni) che gli diano una completa visione dei complessi
problemi cui va incontro. A tale criterio sono orientati quei
pochi istituti specializzati che si sono di recente venuti
istituendo in Europa e in America; tra i primi l'Institute of
Design di Chicago (che fu diretto in origine da Moholy-Nagy
e da Mies), il MIT di Cambridge (dove insegna Gyorgy
Kepes) e la Hochschule für Gestaltung di Ulm, fondata da
Max Bill, diretta in seguito da Tomas Maldonado, e da Otl
Aicher e che, purtroppo, ha cessato la sua attività nel 1969.
Se il MIT corrisponde piuttosto ad uno dei nostri
politecnici o ad una Technische Hochschule tedesca, gli altri
istituti possono effettivamente considerarsi come scuole
specializzate nello studio del design - non solo del disegno
industriale, ma delle branche affini, della grafica, del shelter
design, del visual design, della comunicazione audio visiva,
e dell'architettura industrializzata, e possiedono corsi
completi (a livello undergraduate e graduate) per il disegno
industriale comprendenti anche quegli insegnamenti
complementari indispensabili alla formazione del designer.
Così, ad esempio ¹⁴ la Scuola di Ulm tendeva a dare un
particolare sviluppo, oltre che all'aspetto tecnico-scientifico
del disegno e alle sue applicazioni pratiche, anche alle basi
teoretiche dello stesso ed alla ricerca nel campo della
comunicazione visuale e della comunicazione

¹⁴ A illustrazione dell'attività della Scuola di Ulm, si veda la pubblicazione edita


dalla scuola: Zeitschrift der Hochschule fur Gestaltung, Ulm, di cui sono apparsi
sino alla chiusura della scuola numeri con importanti notizie tecniche e scritti
teoretici tra i quali ricordiamo soprattutto quelli di Tomas Maldonado, e Gui
Bonsiepe.
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scritta, inserendo così lo studio del design nel più vasto


settore delle discipline sociali, statistiche e linguistiche, che
hanno e avranno sempre maggior peso nella nostra civiltà.

In Italia, dove la progettazione industriale ha raggiunto


livelli altissimi in alcuni settori, si deve purtroppo ancora
lamentare una quasi assoluta carenza dell'impostazione
didattica, sicché la maggior parte dei nostri designers sono,
vuoi degli autodidatti, vuoi degli architetti che hanno
applicato al disegno di oggetti le nozioni apprese nel corso
dei loro studi architettonici. Solo negli ultimi anni sono state
istituite, presso l'università di Firenze, di Milano e di Napoli
(Facoltà di Architettura) delle cattedre di disegno industriale,
e solo da alcuni anni sono stati fondati dei corsi superiori di
disegno industriale appoggiati agli Istituti d'arte di Roma e di
Firenze (che, tuttavia, hanno ormai ultimato la loro fase
sperimentale e dovranno - si spera - essere sostituiti da
appositi istituti specialistici a carattere universitario e non
dipendenti dagli Istituti d'arte). Da alcuni anni, inoltre,
funziona a Novara una Scuola d'avviamento «arte-tecnica»,
a livello non universitario, diretta da Nino di Salvatore;
mentre, sempre a livello medio, esistono dei corsi presso
l'Umanitaria di Milano e l'Istituto d'arte di Monza.
Se veniamo a considerare i sistemi stranieri, già da tempo
funzionanti, vedremo come essi possano, in linea di
massima, distinguersi in quelli miranti alla formazione di
designers specializzati in un determinato settore (e perciò
legati ad una determinata industria) e in--quelli volti
all'integrazione tra disegno, grafica e altre discipline
analoghe; oltre, naturalmente, a quelli che ancora indulgono
nella pericolosa frammistione di sistemi artigianali e sistemi
industriali abbinati in una stessa scuola.
Poiché non ci è possibile soffermarci pili a lungo a
considerare i diversi tipi di istituti esistenti e le diverse forme
d'insegnamento, ci limiteremo ad esporre quello che
potrebbe essere un «programma-tipo» d'una scuola a livello
universitario che si articoli in quattro o cinque anni di corso e
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che sia in grado di ospitare studenti provenienti da istituti di


cultura a livello medio-superiore.
Una scuola del genere dovrà comprendere, oltre alle
materie complementari che varieranno a seconda della
preparazione avuta in precedenza dall'alunno (tra le quali
saranno comprese: storia dell'arte, lingue estere, psicologia,
fisica, chimica, matematica, elementi di architettura, disegno
dal vero, plastica, fotografia, ecc.), le seguenti materie
fondamentali divise nei diversi anni di corso: analisi della
forma e della funzione di oggetti naturali e artificiali,
introduzione alle tecniche di ricerca, uso di utensili e di
macchine fondamentali; studio della sensibilità manuale e
visiva; studio delle capacità espressive mediante i diversi
mezzi di progettazione e di presentazione; studio
dell'elemento comunicativo visuale; analisi del mercato;
studio del packaging (imballaggio) e della esposizione,
progettazione di oggetti dagli stadi preliminari fino allo stadio
di prototipo e al campione definitivo; studio delle qualità
fisiche e organolettiche dei materiali e delle strutture;
meccanica e trasmissione meccanica delle forze; analisi dei
tempi e dei costi; costruzione di modelli funzionanti;
pianificazione commerciale e industriale, analisi
motivazionale; protezione dei progetti, brevetti, copyright,
marchi, organizzazione professionale, ergonomia, teoria
dell'informazione, cibernetica.
Naturalmente quelle scuole che saranno provviste di
sezioni speciali per l'insegnamento di particolari processi
produttivi (ceramica, metalli, materie plastiche, vetro, tessuti,
arredamento, architettura industrializzata, fotografi,
decoratori, tecnici della pubblicità, lynotipisti, ecc.), daranno
a tali materie uno sviluppo che non sarà possibile altrove;
ma - come ho già precisato - phi che lo studio del singolo
materiale (che potrà sempre essere completato direttamente
con la partecipazione ad un ciclo lavorativo di fabbrica con
risultati molto più veloci e pratici), quello che dovrà essere
curato dalla scuola è l'impostazione globale dello studente;
la sua formazione percettiva e la sua impostazione
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comunicativa. Senza questi elementi basilari ogni ulteriore


specializzazione sarà destinata spesso a trovare un terreno
arido e non potrà sviluppare validi risultati creativi.

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