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Labitazione di Francesco Borromini al vicolo dell’Agnello: ambienti, oggetti e personaggi Giuseppe Bonaccorso “All'urtimo usscira ‘na sonajjera Diangiol,c, ecome si ssannassi a let, Smorzeranno li lumi, e bbona sera” (GG. Belli, Er giorno der giudizzio, 1831) 11.10 giugno 1685 Bernardo Borromi. ni scrisse una nota informativa intor- no alla vita di suo zio Francesco, da inviare a Filippo Baldinucci, il quale stava raccogliendo il materiale per la pubblicazione delle sue Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua,’ pubblicate poi postume nel 1728. Dopo aver ricordato T'infanzia a Bissone e l'apprendistato dell archi tetto in Lombardia, Bernardo pun- tualizzd cost i primi momenti romani: “arrivato a Roma, andiede ad abitare al vicolo dell’Agnello, a San Giovan ni delli Fiorentini, in un apartament della casa della compagnia della Pieta dei fiorentini, quale apartamento lo teneva in affitto misier Leone Garo- vo, capomastro scarpellino del suo paese € suo parente. Ricoverato poi in detta casa, andiede poi per ordine del medesimo misier Leone & lavora- re aSan{to) Pietro, per intagliatore di Pietra” (fig. 1) Come @ stato sottolineato il rema del la residenza romana di Borromini mette in evidenza alcuni aspetti poco noti della vitae della carriera del mac- stro? Gia Rudolf Wittkower, rico- struendo la vicenda umana di Borro- mini, sottolined che Vunico periodo su cui siamo bene informati coincide ccon gli ultimi giomi dell’ artista, la cronaca dei quali fornisce notizie sia sul suicidio sia ~ attraverso P'inventa- rio ~ sugli aspett pit privati della sua casa. Permangono viceversa lati oscu- ti relativi sia alle frequentazioni che ai ‘modi operativi del!'architetto in rap- porto agli spazi della sua abitazione. La scarsiti dei dati finora noti con- cernenti la casa romana di Borromini, tra Paltro, ha finora lasciato nell’in certezza anche la sua esatta ubicazio- ne, identificata, erroneamente, in un edificio al vicolo degli Orbitelli« La casa Percorrendo a ritroso attraverso la documentazione nota la biografia di Borromini, emerge che, almeno a partire dal 1634 sino alla sua mor te? Francesco abitd nella casa identi ficata con il n. 3 del patrimonio im. mobiliare della compagnia della Pieta dei Fiorentini.® La stessa dimora fu residenza del nipote Bernardo alme- no sino al 1674, anno nel quale si tra. sfeti in via Laurina, nella parrocchia di Santa Maria del Popolo.’ La con: traddizione esistente tra i documenti € quanto affermato, almeno dalla meta dell’Ottocento, da alcuni stor ci, & evidente: il vicolo dell’Agnello, uogo dove secondo le piante seicen: tesche appare posizionata la casa-stu- dell'architetto, @ altro dal vicolo degli Orbiteli, ubicato allinizio della ia Giulia, e prima della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. In realta Borromini abitd in un edifi- cio di tre piani posto all'inizio del vi- colo dell’Agnello, contiguo alla piaz- zetta che portava lo stesso nome. La strada doveva il suo nome a un'oste- ria € a un albergo contrassegnati dal- immagine di un Agnello ¢ vicini al Vabitazione del maestro.® Nonostante a scomparsa dall archivio dei Fioren tini del catasto figurato della compa ania, Pesatta localizzazione della casa € stata possibile, grazie allidentfica- ione del casamento n. 16, di pro- prieti della stessa compagnia, che se- condo le fonti coeve si affacciava sul vicolo che conduceva al traghetto (alla barchetta”) ¢ alla mola dei Fio- rentini e risultava confinante con il retro della casa delf’architetto. Le piccole lapidi numerate che venivano apposte al fianco degli ingressi delle case dell'arciconfraternita dei Fioren: tini, ne consentivano l'identificazione della proprieta. Borromini abit per anni, almeno sino al 1650, una parte di una casa composta da tre apparta- menti; solo dal 1651, egli disporra del!'intero edificio."° Quanto alla sua ubicazione, ci sono buone ragioni per ritenere che la casa sia identificabile con quella (al nume- ro 3) gid abitata nei primi anni del Seicento da Leone Garvo: essa infatti confinava con un giardino, spesso utiizzato come deposito di material, Questo elemento é registrato nel con- tratto, stipulato nel 1621 da Borromi- ni con Girolamo Novi e Bernardino Daria, nel quale si ricorda che lo stes- so Garvo possedeva una bottega con annesso deposito di materiali presso San Giovanni dei Fiorentini."' La ca- sa non affacciava direttamente sul Te- vere, ma poiché su quel fronte si apri va un’ampia area inedificata, si pud convenire che Borromini, attraverso le finestre delle stanze dell'ultimo piano, potesse osservare il fiume ¢ il traffico quotidiano dei traghetti verso la citadella vaticana, che, forse, gir cordavano gli approdi lacustri del na tivo villaggio di Bissone, sul lago di Lugano. Probabilmente la scelta di quel luogo, poco usuale per le mae- stranze lombarde, era giustificata per Garvo dalla sua comodita logistica, essendo vicino sia alla casa di Carlo Maderno, con il quale egli collabora- va assiduamente, sia al cantiere di San Pietro, dove svolgeva quotidiana: mente parte del suo lavoro. Una perizia sui lavori di falegnameria intrapresi da Bernardo nel 1668 for- nisce ulteriori ragguagli sulla topo- sgrafia esatta e sulla distribuzione del- la casa, la quale possedeva anche un 171 172 siardino interno che si estendeva la teralmente ed era cinto da una can: cellata in parte confinante con la strada. Proprio sulla cancellata Ber- nardo fece appore le insegne della fa- miglia, ormai radicata nella scena so- ciale romana."? Come note, il 3 ¢ 4 settembre 1667, tun mese dopo la morte di Francesco, su istanza ancora del nipote Bernar: do, venne redatto linventario genera le dei beni,” attraverso il quale si pud ripercorrere la struttura, pur priva di misure, della casa di Borromini, rica vando interessanti notizie circa i dise- ami, i plastici in cera, le carte ¢ i qua- dri in essa contenuti. Dalla compara- zione tra gli inventati¢ la perizia sui lavori intrapresi nel 1668 emerge co- me Vabitazione fosse organizzata su due livelli: al primo piano si trovava no gli ambienti di servizio, la stanza del servitore e una vasta sala con un tavolo ¢ diverse sedie; decisamente pitt interessante il secondo piano nel quale erano localizzati la camera da letto e lo studio."* La descrizione della camera da letto colpisce per la presenza, accanto al letto di legno d'albuccio, del tavolo da disegno, del cavalletto per model: Jare la cera e di una grande quantita di libri conservati in armadi. Gia Wittkower aveva osservato, a propo- sito dei volumi, che probabilmente “solo un numero relativamente pic- colo poteva riferirsi all'architettura (Jed & quindi frustante il fatto che neppure un loro titolo sia indicato nell'inventario. Ma non si sbaglia supponendo che molti libri dovesse- ro riguardare le scienze, la filosofia, la teologia”.® I variegati interessi di Borromini sono del resto testimoniati dalla descrizione dello studio, che era fondamentalmente un deposito di og- getti di ogni genere, accumulati in scaffali e cassettiere. Si andava dai li bri alle medaglie antiche, dai cristalli alle conchiglic, dai disegni alle sfere di pietra. La casa, nel corso del secolo successi- vo, venne acquistata dal capomastro Tommaso Cecchi, il quale nel 1738 la incorpord a una sua adiacente pro: prieti (fig. 2).'6 Incaricato di stende- re un progetto che trasformasse i due immobili in un edificio ad apparta- ‘menti fu Francesco Bianchi, uno dei pitt interessant allievi “postumi” del maestro di Bissone, autore tra Valtro del palazzo Antinori poi Gallenga Stuart a Perugia ¢ del casamento da: fito dei padri agostiniani in via dei Crociferi a Roma, significativi episodi settecenteschi, densi di spunti auten ticamente borrominiani."” I modelli, i busti, gli arredi Paolo Portoghesi ha rilevato un aspetto poco indagato del processo creativo borrominiano costituito dal costante uso dei modelli di cera." Si @ pid volte messo in evidenza come la scomparsa di questi modelli renda difficile un’attendibile ricostruzione del ruolo progettuale che essi svolge- vano;!” tuttavia cid non impedisce di formulare una serie di osservazioni, basate su dati oggettivi, Al momento della morte, nella casa di Borromini esistevano almeno quaranta modelli architettonici, tra i quali diciotto in cera rossa, uno in cera “olivastea”, tre in legno, cinque in creta, tre “model- letti rotti” di “cera rossa e creta” e un imprecisato numero di pezzi di gesso (almeno sette). Vanno ancora anno- verati tra i bozzetti plastic, anche se non viene specificato il materiale, quelli relativi ai “nicchi di San Gio- vanni in Laterano” 2 ai “depositi del- Ja cappella delli signori Falconieri in San Giovanni de’ fiorentin’”, al “mo- dello con parte di esso dello altare delloratorio de’ padri della Chiesa Nova”. A questi dati oggettivi vanno inoltre aggiunti i non meglio quantifi cabili “diversi pezzi di cera rossa” (ci tazione ripetuta nell'inventario due volte), i “diversi pezzi di tavoletta di cera da modellare”, i “diversi model: Hi di creta”; oltre ai cinque pezzi di creta rappresentanti “puttini et ar- me", ai “gessi di basso rilievo”, ai tre pezzi di calce dipinta, ai “doi model- Ii di carta pista” € ai vari “disegni gesso” stipati in due scansie nella stanza da letto del ticinese?! Che i plastici fossero per Borromini uno strumento essenziale della pro- gettazione si deduce ancora dalla te- stimonianza di Bernardo, quando fa intendere a proposito di alcuni edifi- ci non terminati, che la memoria del progetto risiedeva pitt nei modell che non negli elaborati grafici.2? M bozzetto plastico non era semplice- ‘mente riconducibile alla sintesi finale del progetto, viceversa spesso esso svolgeva un ruolo preliminare e inte- grato al complesso iter progettuale dell'edificio. E indubbio che il materiale preferito da Borromini fosse la cera rossa, che gli permetteva simultaneamente la ra- ita d'esecuzione e il controllo tri- dimensionale del progetto. Linven- tatio ricorda sia modelli delle facciate (Gan Carlino alle Quattro Fontane, Oratorio della Chiesa Nuova, Santa Maria dei Sette Dolori, Sant’ Agn se)" che altri, probabilmente pit piccoli e preliminari anche alla pref gurazione grafica, riferibli allintera opera 0 alla morfologia delle cupole (San Carlino alle Quattro Fontane, Sant'Ivo, Sant’Agnese, Sant’ Andrea delle Fratte); altri pitt grandi e spesso in legno, indagano elementi partico: lari delle architetture (tabernacoli di San Giovanni in Laterano, deposito Falconieri a San Giovanni dei Fioren- tini,altare dell’ Oratorio dei Filippini, campanile di Sant’ Andrea delle Frat- te). Per gli elementi decorativi come stemmi, putti e bassorilievi, Borromi. sembra preferire la creta o il gesso. Del resto proprio Bernardo ricorda come Francesco Borromini “faceva li modelli delle fabriche di creta e di ce- ra di propria mano di qualsivoglia opera che intraprendesse a fare” E che per lartista esistesse un rapporto paritetico tra il disegno e il bozzetto plastico, @ indirettamente testimonia- to dalla simultanea presenza nella ca- mera dove egli dormiva di “un caval- letto da modellare” accanto a “uno scrittoio per disegnare”.2 Tl processo di claborazione formale attraverso i plastic’ affonda comunque le radici in una tradizione antica, che ha in Mi- chelangelo un momento altamente espressivo. Limpiego della cera rossa era infatti caratteristico della tecnica scultorea manierista:” Tideazione plastica ottenuta attraverso la model. lazione di materiali morbidi ¢ facil mente lavorabili era del resto pratica comune sia per scultori come il Giam- bologna, sia per architetti e maestran ze lombarde che lavoravano presso la fabbrica del duomo di Milano2* In Borromini notevole era pure luti lizzo dei plastici in legno i quali, come nell’esperienza michelangiolesca, ve- hivano sovente realizzati a scala reale ao Savas per controllare Vincidenza € Veffetto dal vero. In cid una in fluenza certamente non secondaria deriva dallo stretto rapporto che Bor. romini intrattenne con Leone Garvo, il quale si occupava “di scultura ar. chitettonica” eseguendo modelli di creta per capitelli, cherubini, festoni e altte decorazioni destinate alla na vata e alla facciata di San Pietro.” Sulla base della documentazione no- ta, si possono intravedere le varie fasi del lavoro progertuale che portavano Borromini alla scelta definitiva. Tali fasi del processo creativo sono indivi duabili dapprima nella redazione di alcuni schizzi al tratto, quindi nella realizzazione di modell, che vengono variati giorno per giorno sino all'ipo- tesi finale, successivamente indagata ¢ precisata attraverso il disegno ¢ le- laborazione plastica, prima di detta- alio, poi complessiva, Proprio questa meticolosa crescita del progetto ren- de evidente come lapparente carica cretica e innovativa dell architettura borrominiana non sia il risultato di tun impulso subitaneo ¢ geniale, ma invece sia attentamente ponderata dallo studio e dal mestiere Linventario rivela molte cose anche della sfera privata: i ritratti di Inno- cenzo X e di Virgilio Spada, i busti in gess0 di Michelangelo e di Seneca testano legami affettivi reali ¢ ideali inoltre esso testimonia l'indifferenza i Borromini per gli agi quotidiani, i 1, Pianta dé Roma di G. Maggs (1625), cedita da P Maupin e C. Losi (1 na i San Giovanni dei Fiorentinie del vicolo dell Agnello, 2, Pianta di Roma di G.B. Nolli (1748). localizzazione della casa Cecchi in vicolo dell’Agnello(segnato com il n. 542), gid residenza di Borromini. 173 174 suo vivere appartato in una casa-la oratorio, dove ogni oggetto rivestiva ‘un significato simbolico e personale. In questo senso potrebbe essere indi cativa la presenza di alcuni ritratti € statue di Francesco d’Assisi® Per giudicare con adeguata cognizione Feventuale influenza del messaggio francescano su Borromini, dovrem- mo conoscere i titoli dei suoi libri, tuttavia non sembra improbabile che alcuni testi relativi a Francesco fosse ro noti alParchitetto.* Si tratta di ‘un'ipotesi tutta da verificare: potreb: be essere interessante accertare se il disimeresse per una vita agiata, la modestia della sua abitazione, il rffu- to della mondanita, Vaggressiva fran- chezza con la quale affrontava i pro- blemi pid scottant, fossero in qual- che modo frutto non solo di una di- retta influenza della filosofia stoica, del resto ampiamente accertata,? ma anche di un rapporto con la cultura francescana.” Dalla presenza in casa di una statua in marmo montata su un “trepiedi” raffigurante San Francesco (in un pe- riodo nel quale la statuaria francesca- na era piuttosto rara), si potrebbe de- durre che Borromini sia stato un de voto del santo di Assisi. Rimane pero da determinare il tipo di devozione che Parchitetto nutriva per il santo: se questa era mistica e totale oppure meno profonda, legata piuttosto al- Yomonimia ‘Alcune singolari connessioni sono in fatti ravvisabili, oltre alle raffigurazio- ni presenti in casa, sia nel suo legato testamentario, sia nella sua produzio- ne professionale. Proprio nel testa- ‘mento, Borromini stesso raccomanda fa sua anima alla Vergine © a san Francesco d’ Assisi e dispone un lasci to di duecento scudi all'infermeria di San Francesco a Ripa. Ricordiamo poi che un culto speciale per gli an- gel, in particolare per i cherubini € per i serafini, accomunava sia Borro- mini sia il santo di Assisi. Anzi pro- prio i serafini, che compaiono spesso come attributo delle stimmate di Francesco (fig. 3), sono costantemen- te presenti in molte fabbriche borro- miniane.™ Interessante notare, poi, come larchitetto abbia lasciato trac Ga di sé nei principali centri umbri che sono stati teatro di episodi signi- ficativi della vita del santo (Gubbio, Onvieto, Perugia, Todi, ecc.). Curioso anche il fatto che Filippo Borromini, ‘uno dei figli di Bernardo e nipote di Francesco, vestendo Vordine regolare di San Francesco profess come fra Carlo Francesco implicito omaggio al santo di Assisi e a Carlo Borromeo, le ddue guide religiose dell architetto ti: cinese.** Del resto Borromini, come san Francesco, era un uomo dai con- trast violenti, con la vicendevola ten denza a isolarsi, a dedicarsi a una vita di studio e contemplazione ¢ al tem- po stesso a votarsi a una vita dinami- cae d'azione. Viceversa la presenza nella casa di un busto di Seneca, oltre al comporta- mento adottato da Borromini nel mo: mento del suicidio, rafforza la con vinzione che la filosofia stoica sia sta- ta effettivamente una costante spiri- tuale nella vita e nel’ativita di archi- tetto. Non conosciamo quanti e quali testi di Seneca fossero conservati nel- Vabitazione, ma di certo é stato am- piamente dimosteato come alcuni passi del pensiero del filosofo roma no influiscano direttamente nelle scelte di vita dell’architetto. Fra le opete del filosofo, le Lestere morali a Lucilio hanno attirato mag- tiormente P'attenzione di Borromini. La liberta di spirito presente nel lin- ‘guaggio architettonico borrominiano sembra seguire le indicazioni fornite da Seneca nella XXIII lettera: “Un ‘uomo git avanzato sicuramente negli studi (..] deve ormai appoggiarsi tunicamente a se stesso; anziché ricor dare dica il suo” * Ed ancora: “colo: £0, che in cid sono stati i primi, non sono i nostri padroni, ma solo le no- stre guide”. ‘Come sappiamo, un comportamento stoico riemerge anche nell’episodio del suicidio che ricalca, nella moda lita seguita, Ia morte di Catone rac: contata da Plutarco. Si é scritto mol- to sulle cause, concordando con il ge sto d'impulso seguito al diverbio con il suo aiuto Francesco Massari; di fat- to in Borromini ogni decisione sem bra essere attentamente valutata € difficlmente, vedremo, si pud esclu- dere una meditazione anche in que- sto gesto estremo Attori e comparse Ma torniamo al circolo delle amicizie i Borromini. Di Fioravante Marti- nelli si conosce abbastanza, come pu- re dei contatti intercorsi con Orleo Boselli, sappiamo infatti che lo scul- tore tra Paltro esegui un busto raffi gurante 'architetto; noti sono anche i rapporti con Francesco Righi, con lo sealpellino Giovanni Somazzi ¢ con i committenti, Meno definiti risultano i personaggi che circondano Borro- ‘mini negli ultimi travagliati anni della sua vita, quando dopo la morte di Virgilio Spada nel 1663, il carattere ‘ombroso e malinconico dell'artista si manifesto con intensiti patologica Ancora risaliamo alle fonti: dai regi stri parrocchiali, dai documenti e so- prattutto dal testamento, emergono Ulderico Carpegna, naturalmente il nipote Bernardo, il medico Alessan- dro Bianchi, il capomastro Santi Mo- relli il fornitore di marmo cottanello Sante Ghetti, i servitori Caterina Sranati ¢ Antonio Celli, ma forse il personagaio centrale di questa fase & proprio Massari Sino a pochi anni fa di Massari si co- nosceva veramente poco. Paolo Por- toghesi, analizzando la villa dei Fal conieri a Frascati, si interrogava circa il vero ruolo di questo capo mastro scalpellino, definito “una specie di assistente del Borromini, che viveva insieme al maestro nella casa del vi colo [dell’Agnello]”. Ulteriori infor- mnisce lo stesso Borromi- dellinterrogatorio sul le cause dell'infermita redatto da un pubblico ufficiale nel giomo del sui-

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