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LA = L1 è il numero di lavoratori sulla terra A.
LB = L2 – L1 è il numero di lavoratori sulla terra B.

LA ⋅ GA è la produzione complessiva sulla terra A.


LB ⋅ GB è la produzione complessiva sulla terra B.

•  Il saggio di salario reale w sia dato e fissato al livello di sussistenza.


•   Monte salari (W i): ammontare dei salari pagati ai lavoratori della terra i (i = A, B, C, D).
Essendo dato il saggio di salario reale w, il monte salari è pari a:

W A = LA ⋅ w

W B = LB ⋅ w

•   Monte profitti (Π i): ammontare dei profitti ottenuti sulla terra i (i = A, B, C, D).


Se non ci fossero rendite:

Π A = (GA – w) LA
Π B = (GB – w) LB

⇒ il saggio di profitto sarebbe più alto per le terre più fertili:

r A > r B > r C > r D

dove r i = Π i/W i , i = A, B, C, D ( Π i e W i sono rispettivamente il profitto totale e il capitale


anticipato sulla terra i).
Tuttavia, la concorrenza tra capitalisti per ottenere le terre più fertili porterà questi ad
offrire affitti più elevati, il che, nel lungo periodo, imporrà un saggio di profitto unico su
tutte le terre (quello prevalente sulla terra meno fertile, chiamata anche terra marginale):

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r A = r B = r C = r D.

•  La rendita fondiaria sarà perciò maggiore sulle terre più fertili e poi via via minore, fino
ad essere nulla sulla terra marginale.

MODELLO GRANO
G

 R A  R B  RC 

 Π  A  Π  B   Π C    Π  D


 A   W 
 B   W C    W 
 D

 L1  L2   L3   L4 L
Sloman Elementi di economia Il Mulino 2002

•  Grazie all’ipotesi che la produzione di grano richiede come input solo grano e lavoro (e
non anche altre merci) è possibile calcolare il sovrappiù agricolo in termini fisici e,
rapportandolo al grano usato come input, il saggio di profitto. Una volta determinato il
saggio di profitto nel settore agricolo (in termini fisici, senza conoscere i prezzi delle
merci), la concorrenza tra capitalisti porterà questo saggio di profitto ad estendersi anche
all’industria, determinando il prezzo relativo tra grano e prodotti industriali. In altri
termini il valore di scambio tra grano e prodotti industriali sarà fissato al livello che
garantisce l’uniformità del saggio di profitto nei diversi settori.
•  Da un punto di vista dinamico, se si immagina che col procedere dello sviluppo
economico vengano coltivate terre via via meno fertili, il saggio di profitto
nell’agricoltura tenderà a diminuire progressivamente (poiché compresso tra un saggio di
salario dato e una rendita unitaria crescente), facendo diminuire il saggio di profitto
dell’intera economia. Inoltre il fatto che le rendite (che tendono ad aumentare col
 procedere dello sviluppo) siano destinate al consumo o all’investimento improduttivo

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sottrae risorse utilizzabili per l’accumulazione del capitale, il quale costituisce il motore
dello sviluppo. In questo modo l’economia tende verso la  stato stazionario (stato in cui il
tasso di crescita dell’economia è pari a zero). Questa prospettiva può tuttavia essere
allontanata dal progresso tecnico, al quale comunque Ricardo non assegna un’importanza
 particolare.

TENDENZA VERSO LO STATO STAZIONARIO


G

 R A  R B  RC   R D

 Π  A  Π  B   Π C    Π  D  Π  E 


w


 A   W 
 B   W C    W 
 D

 E 

 L1  L2   L3   L4  L5 L


Sloman Elementi di econom ia Il Mulino 2 002

•  Vediamo in termini formali come si determinano le variabili distributive e i prezzi.


MODELLO GRANO:
si abbiano tre tipi di terra (A, B, C) caratterizzati da livelli crescenti di produttività su cui
si utilizzano tecnologie a rendimenti di scala costanti.

[ai, l i] → 1 i = A, B, C.

Terra A: [aA = 0.3, l A = 0.10] → 1


Terra B: [aB = 0.3, l B = 0.15] → 1
Terra C: [aC = 0.3, l C = 0.20] → 1

•  In assenza di rendite, i prezzi sarebbero i seguenti:

 p = ( pai + wl i)(1 + r i) i = A, B, C

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e i saggi di profitto sarebbero:

r i = [ p – ( pai + wl i)] / ( pai + wl i) i = A, B, C.

Il salario reale w sia pari a 2 unità di grano: w  = 2.


Ponendo p = 1 (⇒ w = w = 2):

r A = 100 % r B = 66 % r C = 43 %.

•  La concorrenza tuttavia impone l’uniformità dei saggi di profitto pari a quello sulla terra
marginale (la terra C):

r A = r B = r C = 43 %.

La rendita sulle terre A e B sarà data perciò da:

 ρ i = p – ( pai + wl i)(1 + rBi) i = A, B.

•  MODELLO GRANO-FERRO. Supponiamo ora che accanto al settore agricolo che produce
grano esista un settore industriale che produce ferro. Supponiamo anche che il grano sia
utilizzato come mezzo di produzione del ferro, mentre il ferro non sia utilizzato nella
 produzione del grano. Possiamo allora rappresentare il sistema economico con due
espressioni relative al processo di produzione di grano (sulla terra marginale) e al
 processo di produzione di ferro:

[a11, l 1] → 1 unità di grano


[a12, l 2] → 1 unità di ferro

dove a11 e a12 sono rispettivamente le quantità di grano necessarie a produrre un’unità di


grano e un’unità di ferro.
Il sistema dei prezzi è allora il seguente:

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 p1 = ( p1a11 + wl 1)(1 + r )


 p2 = ( p1a12 + wl 2)(1 + r )

Il sistema contiene tre incognite ( p1, p2 e r , mentre w è dato). Fissiamo il prezzo del grano
 pari a 1.

1 = (a11 + wl 1)(1 + r )


 p2 = (a12 + wl 2)(1 + r )

•  L’idea di Ricardo, ricordiamolo, è che il saggio di profitto dell’intero settore agricolo è


quello determinato sulla terra marginale (dove può essere calcolato in termini fisici) e che
esso, per effetto della concorrenza tra i capitalisti nei diversi settori produttivi, si estenda
all’intera economia. In effetti, con le ipotesi introdotte è possibile determinare r  dalla sola
 prima equazione e poi sostituirlo nella seconda equazione per determinare  p2.

r  = [1 – (a11 + wl 1)] / (a11 + wl 1)


 p2 = (a12 + wl 2) / (a11 + wl 1)

•  Come si vede, con la coltivazione di terre meno fertili, scende il saggio di profitto nel
settore agricolo (r ) e, per l’ipotesi di uniformità del saggio di profitto nell’economia,
scende il prezzo del ferro ( p2).
•  MODELLO DI SRAFFA. Si tratta di una generalizzazione del modello di Ricardo in cui
ambedue i settori utilizzano come mezzi di produzione merci prodotte in ambedue i settori
(in realtà nel modello di Sraffa si considerano n merci). Questo fa cadere la possibilità di
determinare il saggio di profitto in termini fisici (nel solo settore agricolo) prima della
determinazione dei prezzi relativi poiché ora l’output (il grano) e gli input (il grano e il
ferro) sono beni eterogenei.
•  Con le ipotesi di Sraffa, il sistema diventa:

 p1 = ( p1a11 + p2a21 + wl 1)(1 + r )


 p2 = ( p1a12 + p2a22 + wl 2)(1 + r )

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•  A questo punto il saggio di profitto ( r ) deve essere determinato simultaneamente ai prezzi
relativi ( p1 e  p2). Sraffa, a differenza di Ricardo, non tratta il saggio di salario ( w) come
fissato al livello di sussistenza. Fissando  p1 = 1, rimangono tre incognite e due equazioni.
Si hanno allora due possibilità:
1.  Fissando w (come faceva Ricardo), si determinano p2 e r
2.  Fissando r , si determinano p2 e w.
•  In ogni caso, si dimostra che tra w  e r   esiste una relazione monotona inversa. Questo
risultato generalizza il risultato di Ricardo che, ricordiamolo, era basato su un modello ad
un solo bene (grano). La determinazione esatta delle due variabili distributive dipende
 però da fattori esterni al modello (quali la forza contrattuale delle parti sociali).
•  Questo risultato evidenzia la natura conflittuale dei rapporti tra classi sociali e si
contrappone all’idea di Smith secondo cui la concorrenza è un processo di interazione
armoniosa che conduce al bene comune.

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4. Concorrenza, sfruttamento e alienazione in Karl Marx

[Bibliografia di riferimento: Napoleoni; Cassetti, capitolo 4]

IL MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTA 


•  Secondo Marx, tutte le società divise in classi sono caratterizzate da rapporti di
sfruttamento (della classe che si appropria dei frutti del lavoro sulla classe che lavora).
•  La specificità del capitalismo rispetto agli altri modi di produzione non sta nell’esistenza
in esso della proprietà privata e del mercato, ma nell’estensione della proprietà privata e
del mercato alla sfera produttiva: il modo di produzione capitalista si regge sul lavoro
salariato, il quale presuppone la proprietà privata dei mezzi di produzione e la
mercificazione della forza lavoro (la sua trasformazione in merce).
•  Il lavoro salariato si basa sulla concorrenza tra lavoratori “liberi”. Ma, come sottolinea
Marx, si tratta di una doppia libertà, tutta particolare: i lavoratori sono (1) liberi di vendere
la propria forza lavoro sul mercato e (2) liberi, nel senso di non avere più vincoli rispetto
alla terra e ai mezzi produzione da cui, nel rapporto feudale, traevano sostentamento.
•  La libertà giuridica di disporre di se stessi si affianca così alla necessità economica di
vendere se stessi. L’altra faccia della medaglia di questa libertà è l’obbligo di cercarsi un
 padrone a cui vendere liberamente  la propria forza lavoro. Questi sono i due aspetti
contraddittori della libertà economica dei rapporti capitalistici.
•   Nella concezione marxiana, la libertà personale e l’uguaglianza giuridica, in presenza di
un’asimmetria economica (il monopolio di classe della proprietà dei mezzi di produzione)
sono i presupposti stessi dello sfruttamento.
•  Anzi, storicamente, è proprio la condizione di libertà giuridica, associata alla privazione
del lavoratore della proprietà dei mezzi di produzione, che consente (giuridicamente) e
impone (economicamente) ai lavoratori di vendere la propria forza lavoro come
condizione di sopravvivenza.

IL CAPITALISMO COME SISTEMA MISTIFICATO 


•   Nel capitalismo, l'uguaglianza nei rapporti giuridici offusca l'asimmetria di classe nei
rapporti economici.

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•  Scopo dell'indagine scientifica è allora spiegare le condizioni storiche di origine e di


sviluppo del capitalismo e svelare l'essenza economica dei rapporti di sfruttamento, che si
nascondono dietro l'apparenza del libero scambio.

LA CRITICA DELL'ECONOMIA POLITICA 


•  Invece di svelare l'essenza asimmetrica dei rapporti sociali, l'economia borghese presenta i
rapporti capitalistici come rapporti naturali ed eterni.
•  Le condizioni capitalistiche sono così analizzate come se fossero universali, invece che
come condizioni storiche transitorie.
•  L'economia politica finisce così per presentare il sistema esistente come espressione di
rapporti necessari e immutabili.

PRODUZIONE, CIRCOLAZIONE E SFRUTTAMENTO 
•  Per quanto riguarda lo sfruttamento, la critica marxiana dell’economia politica borghese
riguarda l’aver trascurato il processo produttivo, riducendo l’analisi economica allo studio
del processo di circolazione. Questo impedisce di cogliere l’origine dello sfruttamento
nella sfera produttiva e porta a ricercarne le cause nello scambio ineguale nella sfera della
circolazione (monopolio, asimmetrie giuridiche, eccetera).
•  Lo sfruttamento, secondo Marx, nasce invece nella sfera della produzione, non in quella
della circolazione.

TEORIA DEL VALORE-LAVORO 


•  Marx utilizza il concetto di lavoro contenuto come fondamento del valore di scambio.

LAVORO E FORZA LAVORO 


•  A differenza degli economisti che lo precedono, Marx distingue tra  forza lavoro e lavoro.
La forza lavoro è l’insieme di capacità fisiche ed intellettuali impiegate dai lavoratori nel
 processo produttivo, il quale si distingue dal lavoro effettivamente erogato.
•  Quello che il capitalista acquista dal lavoratore è la forza lavoro, non il lavoro. La forza
lavoro è la sola merce da cui è possibile estrarre lavoro ed è perciò la sola merce che ha il
 potere di creare valore.

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•  Come per ogni altra merce utilizzata come input nella produzione, l’obiettivo del
capitalista è quello di sfruttarne al meglio (in termini qualitativi) e al massimo (in termini
quantitativi) il suo utilizzo nel processo produttivo.
•  L’estrazione della massima quantità di lavoro dalla forza lavoro è uno degli obiettivi del
capitalista esattamente come è suo obiettivo estrarre la massima quantità di ferro da una
miniera di ferro.

LA COMPRAVENDITA DELLA FORZA LAVORO 


•   Nel capitalismo, il processo di produzione è necessariamente preceduto da un momento
importante nella sfera della circolazione: l’acquisto della forza lavoro da parte del
capitalista. Questa compra-vendita, come la compra-vendita di qualsiasi altra merce,
avviene ad un prezzo (il salario) esattamente equivalente al valore della forza lavoro (cioè
al lavoro contenuto nei beni che il lavoratore deve consumare per conservarsi e
mantenersi). Si tratta dunque di uno scambio di equivalenti.
•   Nel processo produttivo vero e proprio, il capitalista estrae poi dalla forza lavoro
acquistata il lavoro che serve a valorizzare il capitale accumulato. Qui il capitalista entra
in possesso di una quantità di lavoro maggiore di quella che ha pagato poiché la durata
della giornata lavorativa è superiore al tempo di lavoro necessario a produrre i beni che
formano il salario del lavoratore.
•  Quando si è completato il processo produttivo, il capitalista ha ottenuto dal lavoratore più
lavoro di quello che gli ha anticipato in forma di salario: lo scambio è dunque tra entità
disuguali.

VALORE D'USO E VALORE DI SCAMBIO DELLA FORZA LAVORO 


•  Il valore d’uso della forza lavoro, ossia il valore che si ottiene dall'uso della forza lavoro,
è il lavoro incorporato nei beni prodotti dal lavoratore. Tuttavia il suo valore di scambio 
(il salario) è fissato, in base alla concorrenza tra i lavoratori, al livello di sussistenza.
•  La differenza tra il valore d’uso della forza lavoro e il suo valore di scambio definisce il
 plusvalore.

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PLUSVALORE E SFRUTTAMENTO 
•  Il plusvalore si crea perché il lavoratore lavora per un numero di ore maggiore rispetto alle
ore di lavoro necessarie a produrre i beni salario che riceve come remunerazione del suo
lavoro. Tale lavoro addizionale prende il nome di  pluslavoro.
•  L’esistenza di un pluslavoro descrive la condizione di sfruttamento del lavoratore.
•   Nella produzione capitalistica, il pluslavoro viene appropriato dal capitalista in forma di
 profitto. Mentre il pluslavoro è comune a tutte le società divise in classi, il plusvalore
(cioè il pluslavoro trasformato in valore di scambio) è tipico della società capitalista.
•  Il valore aggiuntivo di cui si appropria il capitalista dipende dalla peculiarità della forza
lavoro rispetto a tutte le altre merci: la forza lavoro è la sola merce capace di creare
valore.

LEGGE DEL VALORE E SFRUTTAMENTO


•  Lo sfruttamento capitalistico non è affatto una violazione della legge generale del valore
(il valore-lavoro). All’operaio non è affatto pagato meno di quello che gli spetti secondo
la teoria del valore. Al contrario, è proprio il fatto che il capitalista acquista la forza lavoro
 pagandola al suo valore che gli consente di ottenere un profitto, mettendola a lavoro per
un periodo superiore a quello necessario a reintegrare i mezzi di sussistenza che formano
il salario reale.

IL VALORE DELLE MERCI

M=C+l
M = C + V+ S

•  C   = capitale costante  o lavoro morto  (lavoro indiretto contenuto nel bene). Il capitale
costante è dato dall’insieme dei mezzi di produzione prodotti in un tempo precedente a
quello del processo produttivo in esame. Il suo valore è quindi quello che si incorpora in
tali mezzi di produzione e viene trasferito nel valore della merce prodotta.
•  l  = V  + S  = lavoro diretto o lavoro vivo. Il lavoro diretto si suddivide in lavoro necessario,
o capitale variabile (V ), e plusvalore (S).
•  Il capitale variabile  (V ) è dato dai beni salario che remunerano la forza lavoro del
lavoratore. Il suo valore è quindi quello che si incorpora nei beni che il lavoratore riceve

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in forma di salario. Questa parte del capitale è chiamata “variabile” perché il valore che
 produce supera il proprio valore: tralasciando per un momento il capitale costante, C , il
capitalista anticipa il capitale variabile V , il quale produce un valore pari a V  + S ). Questo
accade perché il lavoratore lavora per un tempo superiore a quello strettamente necessario
a riprodurre i beni che formano il suo salario.
•  Il  plusvalore ( S ) è definito dalla differenza tra il valore prodotto dal lavoro diretto ( l ) e il
lavoro necessario ( V ). Tale differenza (S   = l  – V ) è l’espressione in valore del pluslavoro
effettuato dal lavoratore.
•  Il rapporto tra plusvalore (S ) e capitale variabile ( V ) definisce il  saggio di plusvalore  o
 saggio di sfruttamento:

σ  = S  / V

•  Marx definisce inoltre la composizione organica del capitale come il rapporto tra capitale
costante (valore dei mezzi di produzione) e capitale variabile (valore dei salari dei
lavoratori):

COC  = C  / V

•  Quando i capitali costante e variabile sono esaminati nei loro aspetti materiali (invece che
in termini di valore) tale rapporto prende il nome di composizione tecnica del capitale.
•  Il saggio di profitto è dato dal rapporto tra il plusvalore e il capitale complessivo
anticipato:

r  = S  / (C  + V )

•  Esempio. Consideriamo un processo produttivo in cui si produce 1 chilo di grano al


giorno, con una giornata lavorativa di 8 ore (prendiamo la giornata lavorativa come unità
temporale di riferimento). Un chilo di grano incorpora dunque 8 ore di lavoro diretto [ l  =
8].
In aggiunta a queste 8 ore di lavoro diretto, supponiamo che siano necessarie altre 4 ore di
lavoro indiretto, incorporato nel grano utilizzato come semente, o capitale costante [C   =
4].

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