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Diritto Di Famiglia
Diritto Di Famiglia
Diritto di famiglia
diritto
di famiglia
Quarta edizione
G. Giappichelli Editore
ISBN/EAN 978-88-921-1685-6
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MERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.
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INDICE
pag.
CAPITOLO PRIMO
IL DIRITTO DI FAMIGLIA
CAPITOLO SECONDO
LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
pag.
CAPITOLO TERZO
I RAPPORTI PERSONALI TRA CONIUGI
CAPITOLO QUARTO
I RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONIUGI
CAPITOLO QUINTO
L’INVALIDITÀ DEL MATRIMONIO
pag.
CAPITOLO SESTO
LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI
CAPITOLO SETTIMO
LO SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO
CAPITOLO OTTAVO
GLI EFFETTI DELLA CRISI DI COPPIA
pag.
CAPITOLO NONO
GLI ALIMENTI
CAPITOLO DECIMO
L’IMPRESA FAMILIARE
CAPITOLO UNDICESIMO
LA FILIAZIONE: COSTITUZIONE SOSTANZIALE E FORMALE DEL
RAPPORTO
pag.
CAPITOLO DODICESIMO
GLI EFFETTI DELLA FILIAZIONE
CAPITOLO TREDICESIMO
ADOZIONE ED AFFIDAMENTO
A = Assicurazioni
AC = Archivio civile
AL = Archivio delle locazioni
BBTC = Banca, borsa e titoli di credito
C = Contratti
CI = Contratto e impresa
CBLP = Corti Bari, Lecce e Potenza
CM = Corriere del merito
CG = Corriere giuridico
CGM = Corriere giuridico. Giurisprudenza milanese
CGN = Corriere giuridico Giurisprudenza napoletana
DaR = Danno e responsabilità
DEc = Diritto ecclesiastico
DeG = Diritto e giustizia
DF = Diritto di famiglia e delle persone
DFall = Diritto fallimentare
DG = Diritto e giurisprudenza
DL = Il diritto del lavoro
DR = Diritto e responsabilità
DSF = Diritto delle successioni e della famiglia
EDP = Europa e diritto privato
DPA = Diritto e pratica nell’assicurazione
EDP = Europa e diritto privato
DPA = Diritto e pratica nell’assicurazione
F = Familia
FA = Foro amministrativo
FD = Famiglia e diritto
FI = Foro italiano
FN = Foro napoletano
FP = Foro padano
FPS = Famiglia, persone e successioni
FR = Foro romagnolo
FT = Foro toscano
G = Gius
GAI = Giurisprudenza agraria italiana
GC = Giustizia civile
GComm = Giurisprudenza commerciale
GCost = Giurisprudenza costituzionale
GD = Guida al diritto
GI = Giurisprudenza italiana
GImp = Giurisprudenza delle imposte
GM = Giurisprudenza di merito
GN = Giurisprudenza napoletana
GS = Giurisprudenza siciliana
GSa = Giurisprudenza sarda
GT = Giurisprudenza toscana
IP = Informazione previdenziale
Iust = Iustitia
L80 = Lavoro 80
M = Il Merito
MG = Minorigiustizia
MGC = Massimario della giustizia civile
MT = Monitore dei tribunali
N = Notariato
ND = Nuovo diritto
NDA = Nuovo diritto agrario
NGCC = Nuova giurisprudenza civile commentata
NLCC = Nuove leggi civili commentate
PD = Politica del diritto
PS = Previdenza sociale
RassDC = Rassegna di diritto civile
RC = La responsabilità civile
RCC = Rivista della Corte dei conti
RCDL = Rivista critica di diritto del lavoro
RCDP = Rivista critica di diritto privato
RCP = Responsabilità civile e previdenza
RDA = Rivista di diritto agrario
RDC = Rivista di diritto civile
RDComm = Rivista di diritto commerciale
RDF = Rassegna di diritto farmaceutico
RDI = Rivista di diritto ipotecario
RDInt = Rivista di diritto internazionale
RDIPP = Rivista di diritto internazionale privato e processuale
RDP = Rivista di diritto processuale
RDPr = Rivista di diritto privato
RFI = Repertorio del foro italiano
RGC = Repertorio della giustizia civile
RGCT = Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti
RGE = Rivista giuridica dell’edilizia
RGI = Repertorio della giurisprudenza italiana
RGL = Rassegna giuridica del lavoro
RGS = Rivista giuridica sarda
RGSc = Rivista giuridica della scuola
RGU = Rassegna giuridica umbra
RIDPP = Rivista italiana di diritto e procedura penale
RN = Rivista del notariato
RP = Rivista penale
RPa = Rassegna parlamentare
RTDPC = Rivista trimestrale di diritto e procedura civile
RTDPP = Rivista trimestrale di diritto e procedura penale
S = Le società
SC = Stato civile
SI = Studium iuris
T = Trusts
TG = Toscana giudiziaria
TN = Temi napoletana
TR = Temi romana
TS = Temi siciliani
VN = Vita notarile
SOMMARIO: 1.1. Funzione ed evoluzione del diritto di famiglia. I principi fondamentali. – 1.2.
Pluralità dei modelli familiari. Parentela ed affinità. – 1.3. La famiglia fondata sul matrimo-
nio (rinvio). – 1.4. Le unioni civili. – 1.5. La famiglia di fatto. – 1.6. segue: Contratti di con-
vivenza. – 1.7. Diritti spettanti al familiare e loro tutela. I negozi familiari.
Diritto di famiglia è quella parte del diritto privato che disciplina la vita ed i
rapporti all’interno di un gruppo di persone, più o meno ampio, legate fra loro, a
seconda dei casi, dal vincolo coniugale, di unione civile, di parentela o di affinità
ed anche i rapporti tra detto nucleo di persone e terzi estranei.
La materia del diritto di famiglia è da inquadrarsi nel diritto privato perché costi-
tuisce disciplina comune dei rapporti tra privati per lo più in posizione paritaria,
volta a tutelare i loro interessi. Non più attuale è la tesi, affermatasi in un passato
ormai lontano, che individuava nella materia connotati pubblicistici, in virtù
dell’interesse pubblico connesso alla formazione della famiglia su certe basi e con
particolari caratteristiche, in quanto cellula fondamentale dello Stato (si parlava
infatti di “funzione sociale che nello Stato ha l’istituto della famiglia”: Cicu); per la
natura “superiore” degli interessi in gioco (quelli familiari) che si riteneva giustifi-
care una penetrante ingerenza dello Stato stesso nei rapporti di famiglia.
Questa tesi era legata, infatti, alla visione della famiglia proposta da un partico-
lare regime politico (quello fascista), venuta meno con esso.
È compito dello Stato, invece, realizzare le condizioni necessarie per favorire la
nascita e lo sviluppo dei rapporti familiari ed il pieno godimento dei diritti che da
essi scaturiscono.
Non si può quindi parlare del diritto di famiglia come di una “zona di confine” fra di-
ritto privato e diritto pubblico.
Nell’ambito del diritto di privato il diritto di famiglia è la materia che più di ogni altra è
stata nel tempo sottoposta a modifiche. La disciplina in vigore risulta pertanto radicalmen-
te rinnovata rispetto a quella del 1865.
Nel primo codice dell’Italia unita la famiglia era strutturata in maniera fortemente ge-
rarchica e traeva origine esclusivamente dal matrimonio celebrato dall’ufficiale di stato ci-
vile. Chi voleva vincolarsi anche religiosamente doveva esprimere un ulteriore consenso
innanzi all’autorità religiosa. Le condizioni per contrarre matrimonio non erano significati-
vamente diverse da quelle attuali, con una rilevante eccezione: il figlio di età inferiore a 25
anni e la figlia minore di 21 dovevano ottenere il consenso dei genitori per contrarre le
nozze. La mancanza di dette condizioni cagionava per lo più l’invalidità del vincolo, che
scaturiva altresì dall’impotenza manifestatasi precedentemente al matrimonio, dall’errore
sulla persona dell’altro coniuge e dalla mancanza di libertà del consenso. Per il coniuge di
buona fede e per i figli il matrimonio manteneva i propri effetti fino all’annullamento.
Il marito era il capo della famiglia perché considerato naturalmente più adatto a diri-
gerla ed a tutelarne gli interessi; la moglie era sottoposta alla sua autorità che consentiva al
marito di controllarne ed indirizzarne l’operato. Ad essa collegata era la c.d. autorizzazione
maritale, in virtù della quale la moglie, pur avendo il diritto di amministrare i propri beni,
non poteva compiere alcuni atti di maggiore importanza senza il consenso del marito (sti-
pulare donazioni o transazioni, alienare o concedere ipoteca su immobili, contrarre mutui,
cedere o riscuotere capitali, prestare fideiussione, stare in giudizio) onde evitare che venisse
depauperato quel patrimonio che in certa misura assicurava il sostentamento della famiglia.
Anche la formulazione dei doveri coniugali risentiva fortemente della struttura familia-
re delineata. Il marito, infatti, aveva il dovere di proteggere la moglie, tenerla presso di sé e
somministrarle quanto necessario ai bisogni di vita, in proporzione alle sostanze di cui egli
disponeva. La moglie seguiva la condizione civile del marito, ne assumeva il cognome e do-
veva seguirlo ovunque egli intendesse fissare la propria residenza. Ella era tenuta a contri-
buire al mantenimento del marito solo ove questi non avesse i mezzi sufficienti. Era altresì
tenuta, insieme al padre, al mantenimento dei figli, in proporzione alle proprie sostanze.
Ciascun coniuge era titolare esclusivo dei beni acquistati prima e durante il matrimonio.
Nel caso di crisi del rapporto coniugale era ammessa la separazione ma non il divorzio,
in quanto l’indissolubilità del matrimonio rispondeva ad un interesse generale di garanzia
della stabilità della famiglia. La separazione era sempre ammessa se i coniugi ne facevano
concorde richiesta, sottoposta al controllo (omologazione) del giudice (c.d. separazione
consensuale). La separazione giudiziale presupponeva, invece, la colpa di uno dei coniugi e
poteva essere richiesta solo da quello incolpevole in ipotesi tassativamente previste dalla
legge: a) adulterio; b) volontario abbandono della casa coniugale; c) eccessi e sevizie; d) mi-
nacce o ingiurie gravi; e) gravi condanne penali riportate. È da precisare tuttavia che, men-
tre l’adulterio della donna era sempre rilevante, quello del marito era preso in considera-
zione solo nelle ipotesi in cui fosse compiuto con modalità tali da costituire ingiuria grave
per la moglie ed in particolare ove egli portasse in casa la concubina o la tenesse notoria-
mente altrove, sul discutibile presupposto che l’adulterio della moglie incidesse maggior-
mente sulla stabilità della famiglia rispetto a quello del marito.
Con la separazione veniva meno il dovere di coabitazione e, verosimilmente, anche
quello di proteggere la moglie. Si riteneva invece che rimanessero in vita i doveri di fedeltà
ed assistenza. Sotto il profilo economico la separazione comportava l’estinzione della co-
munione e legittimava la richiesta, da parte della moglie incolpevole, di restituzione della
dote. Il coniuge in stato bisogno aveva diritto a ricevere dall’altro gli alimenti.
La disciplina fin qui riassunta, fu in parte modificata, pur senza interventi radicali, dal
codice del 1942 (ma il libro primo risaliva al 1939). In precedenza peraltro (1919) era stata
abolita dalla legge l’autorizzazione maritale e nel 1929, accordi intervenuti fra lo Stato e la
Chiesa cattolica (Patti Lateranensi) avevano introdotto il c.d. matrimonio concordatario, in
virtù del quale era consentito ai cattolici, mediante un’unica celebrazione innanzi al parro-
co, costituire un vincolo che avesse allo stesso tempo effetti religiosi e civili. Nel medesimo
anno lo Stato aveva concesso analoga possibilità ai fedeli di altre confessioni religiose (L. n.
1159), rivolgendosi al ministro del culto il quale avesse ricevuto approvazione governativa.
Il codice del ’42, come si è detto, pur lasciando inalterato l’impianto fondamentale de-
gli istituti familiari, introduce però alcune importanti novità.
Riguardo alle condizioni per contrarre matrimonio, l’età dei nubendi viene fissata a 16
anni per l’uomo e 14 per la donna; la mancata autorizzazione del minore da parte del geni-
tore esercente la potestà può essere superata dall’autorizzazione giudiziale.
In materia di regimi patrimoniali viene attenuato il divieto di stipulare convenzioni do-
po la celebrazione (riguardo alla costituzione di dote e del patrimonio familiare); si consen-
te la stipula di convenzioni atipiche. Viene introdotta una nuova convenzione, il patrimo-
nio familiare, mediante il quale è reso possibile ai coniugi o ad un terzo di destinare beni al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Con riferimento ai rapporti fra genitori e figli, sono sottoposti alla patria potestà anche i
figli di genitori non coniugati. È abolito il consiglio di famiglia i cui compiti sono affidati al
giudice. Viene ammesso il riconoscimento dei figli incestuosi da parte del genitore in buo-
na fede e quello dei figli adulterini ad opera del genitore non coniugato; anche il genitore
coniugato può procedere al riconoscimento dopo lo scioglimento del matrimonio.
vaguardare l’unità della famiglia (con riferimento al primo) ed i diritti della famiglia legit-
tima (il secondo). In certa misura è proprio a causa di tali limiti che l’entrata in vigore della
costituzione non produce una rapida abrogazione delle pur numerose norme codicistiche
che configurano la struttura gerarchica della famiglia o che assicurano un migliore tratta-
mento ai figli legittimi rispetto a quelli naturali.
Solo a partire dagli anni ’70 la Corte Costituzionale comincia ad intervenire con pro-
nunzie di incostituzionalità che finiranno col sollecitare una revisione sistematica della ma-
teria da parte del legislatore (poi avvenuta nel 1975).
Particolarmente significative sono state le decisioni volte a dare attuazione al principio
di uguaglianza nei rapporti fra coniugi (ad es., la sentenza n. 176/1968 che ha dichiarato
l’incostituzionalità del previgente art. 151 c.c. in materia di adulterio; le sentenze n.
46/1966 e n. 133/1970 che hanno dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 156 c.c. prev., cir-
ca l’obbligo del marito di mantenere la moglie; la sentenza n. 91/1973 che ha dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 781 (sul divieto di donazioni fra coniugi) ed a garantire la parità
di trattamento dei soggetti riguardo alla disciplina dell’atto matrimoniale, a prescindere
dalla forma prescelta (ad es., la sentenza n. 16/1982 che ha dichiarato incostituzionali gli
artt. 12 e 16 della legge matrimoniale n. 847/1929, i quali non prevedevano fra le cause di
invalidità del matrimonio la minore età; la sentenza n. 18/1982 che ha pronunciato
l’incostituzionalità dell’art. 34, 6° comma del Concordato del ’29 e dell’art. 17 della legge
matrimoniale, in quanto non ammettevano – secondo l’interpretazione prevalente – il con-
trollo della Corte di appello circa la conformità della sentenza ecclesiastica di annullamen-
to del matrimonio ai principi fondamentali dell’ordinamento civile).
L’evoluzione della materia prosegue in quegli anni con la legge che dà vita all’adozione
speciale (5.6.1967 n. 431, successivamente sottoposta a modifica dalle leggi 4.5.1983 n.
184; 31.12.1998 n. 476; 28.3.2001 n. 149; una modifica alla normativa sull’affidamento fa-
miliare è stata apportata recentemente dalla L. n. 173/2015) e con la legge fondamentale in
materia di divorzio che ha introdotto nell’ordinamento il principio di dissolubilità del ma-
trimonio (del 1.12.1970 n. 898, con relative modifiche: L. 6.3.1987 n. 74).
Ma le innovazioni più radicali sono state apportate dalla c. d. riforma del diritto di fa-
miglia (L. 19.5.1975 n. 151), la quale ha rivisitato in maniera sistematica quasi tutta la nor-
mativa in materia, abbandonando la concezione gerarchica della famiglia ed abolendo le
discriminazioni esistenti tra figli legittimi e naturali.
Altra tappa fondamentale è costituita dall’accordo (del 18.2.84), intervenuto tra lo Sta-
to e la Chiesa cattolica, di revisione del precedente Concordato del 1929, per quanto ri-
guarda la materia matrimoniale (reso esecutivo con L. 25.3.1985 n. 121) e, nella stessa ma-
teria, le intese fra lo Stato e alcune confessioni religiose diverse da quella cattolica (v. §
2.8). Ed ancora occorre ricordare le leggi sulla fecondazione assistita (n. 40/2004), sull’af-
fidamento condiviso (n. 54/2006), sull’unificazione dello stato di figlio (n. 219/2012) 1, il
decreto legislativo che ha introdotto procedimenti semplificati per giungere alla separazio-
ne consensuale al divorzio e per la modifica dei relativi provvedimenti (132/2014) e la leg-
ge (55/2015) che ha l’abbreviato i tempi della separazione al fine di ottenere il divorzio.
Estremamente significativa è la recente riforma 76/2016 volta a disciplinare le unioni
civili e le convivenze di fatto L’attività legislativa sembra peraltro destinata a continuare
anche nel prossimo futuro, per introdurre ulteriori modifiche ad alcune discipline fra le
quali quella relativa all’adozione.
1
Ed il d.lgs. di attuazione 28.12.2013 n. 154.
Alla luce della normativa vigente, e della lettura proposta in via interpretativa, i
principi fondamentali più significativi del diritto di famiglia possono così riassumersi:
a) Vi sono una pluralità di modelli familiari disciplinati dall’ordinamento.
b) La libertà matrimoniale (o di contrarre una unione civile) è tutelata; occorre
pertanto che il consenso al momento della celebrazione sia prestato consapevol-
mente da soggetto capace e senza costrizioni; in caso contrario, sulla tutela dell’af-
fidamento di un coniuge prevale l’interesse dell’altro a liberarsi di un vincolo non
scelto consapevolmente o liberamente.
c) Dal matrimonio (o dall’unione civile) nascono per entrambe le parti i mede-
simi diritti e doveri nonché uguaglianza di poteri nel governo della famiglia.
d) L’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia grava su tutti i membri
del gruppo.
e) L’accordo è lo strumento fondamentale per assumere le decisioni familiari.
f) Regime patrimoniale della famiglia è la comunione legale, al quale può dero-
garsi solo con l’accordo delle parti. È vietato adottare regimi che pongono un co-
niuge in posizione di inferiorità rispetto all’altro (ad es., la dote).
g) Il lavoro svolto da un familiare nell’impresa dell’altro si presume a titolo one-
roso e pertanto deve essere ricompensato.
h) Il rapporto genitoriale si instaura, di regola, in base al criterio della genera-
zione.
i) I genitori hanno medesimi diritti e doveri verso i figli e parità di poteri nel-
l’esercizio della responsabilità genitoriale.
l) La discrezionalità dei genitori nel compimento delle scelte che coinvolgono
interessi dei figli incontra limiti, anche quando non può configurarsi un esercizio
abusivo della responsabilità genitoriale che legittimi una pronuncia di decadenza
dalla stessa.
m) Tutti i figli hanno il medesimo stato e dunque gli stessi diritti e doveri verso
i genitori (art. 315 c.c.) nonché il diritto di mantenere rapporti significativi con i
parenti (art. 315 bis). Essi hanno altresì diritto di essere ascoltati in vista dell’assun-
zione di decisioni che li riguardano.
n) Il figlio può fare accertare il proprio status anche in mancanza della volontà
del genitore.
o) Il minore ha diritto di vivere nella propria famiglia o, comunque, di avere
una famiglia nella quale crescere e sviluppare la propria personalità.
p) È configurabile un diritto alla conoscenza delle proprie origini.
q) Separazione personale e divorzio si pongono come rimedi alla crisi coniugale
e non come misure sanzionatorie a carico del coniuge colpevole.
r) I doveri di solidarietà, sotto il profilo economico, permangono anche durante
la crisi coniugale o nel caso di annullamento del vincolo matrimoniale.
s) Il minore ha diritto, anche nel contesto della crisi familiare, a mantenere rap-
porti significativi ed equilibrati con entrambi i genitori ed i loro congiunti.
t) La famiglia è tenuta a provvedere al sostentamento di alcuni fra i suoi mem-
bri venutisi a trovare in situazione di difficoltà economica.
2
V. da ultimo, in tal senso Cass. 22.1.2014 n. 1277; Cass. 21.3.2013 n. 7214, nonché C. cost.
18.11.1986, n. 237, in FI, 1987, I, 2353.
Con riferimento alla c.d. famiglia allargata, occorre precisare che parenti sono
le persone che hanno un ascendente comune (art. 74 c.c.) mentre affini sono i pa-
renti dell’altro coniuge. L’affinità non sorge tra un membro dell’unione civile ed i
parenti dell’altro.
I parenti di ciascun coniuge non sono affini fra di loro (ad es., la sorella del ma-
rito è affine della moglie ma non della sorella di lei); analogamente è a dirsi per gli
affini di un coniuge rispetto all’altro coniuge (ad es., il marito della sorella della
moglie non è affine del marito di lei).
Prima dell’entrata in vigore della L. 10/12/2012 n. 219, che ha riformato il testo
originario dell’art. 74 c.c., era discussa, e per lo più esclusa dall’opinione prevalen-
te, la rilevanza della c.d. parentela naturale, fondata cioè su un rapporto di consan-
guineità derivante da una unione non matrimoniale (ad es., i fratelli di genitori non
coniugati non erano considerati parenti). La problematica aveva implicazioni vaste
B C
D E
Nell’affinità, linee e gradi sono i medesimi del rapporto di parentela che lega
l’altro coniuge con i propri congiunti: ad es., i suoceri sono affini in linea retta di
primo grado, mentre i cognati sono affini in linea collaterale di secondo grado.
3
I due fratelli si dicono germani se sono stati generati dai medesimi genitori; uterini se hanno solo
la madre in comune, consanguinei se hanno in comune solo il padre.
L’art. 77 c.c. dispone che la parentela rileva entro il sesto grado, fatti salvi alcu-
ni effetti specialmente determinati.
L’affinità non viene meno, in linea di principio, per lo scioglimento del matri-
monio da cui deriva 4; si estingue, invece, in seguito all’annullamento del matrimo-
nio (art. 78, 3° comma).
4
Cass. 7.6.1978 n. 2848. Contra, nel senso che l’affinità viene meno in seguito al divorzio, Trib.
Grosseto 9.10.2003, DF, 2004,481.
(art. 230 bis e ter) e per l’individuazione del concetto di piccolo imprenditore (art.
2083 c.c.); alla seconda fa riferimento la norma sulla successione nel contratto di
locazione (art. 6, L. 27.7.1978 n. 392). Famiglia fiscale è quella produttrice di red-
dito e rileva, dunque, ai fini impositivi; quella anagrafica rileva in vista del partico-
lare trattamento riservato dagli enti locali ai componenti della famiglia per il godi-
mento di servizi da essi prestati.
5
C. cost. 26.5.1989 n. 310, ha escluso l’incostituzionalità delle norme che non riconoscono al
convivente diritti successori spettanti al coniuge. Alla medesima conclusione è pervenuta C. cost.
Due persone del medesimo sesso che intendano costituire una unione affettiva
stabile, fondata sulla solidarietà e sull’assunzione di diritti e doveri possono espri-
mere volontà in tal senso con dichiarazione resa all’ufficiale di stato civile in pre-
senza di due testimoni. La famiglia così composta prende il nome di unione civile.
L’atto – che, come il matrimonio costituisce negozio giuridico bilaterale – è inseri-
to in apposito registro dell’archivio civile (registro delle unioni civili) ed in tal mo-
do pubblicizzato.
Il legislatore ha compiuto una scelta volta a riservare uno specifico istituto per
disciplinare la vita delle coppie del medesimo sesso, le quali non sono pertanto
ammesse al matrimonio. Tale diversità di trattamento è stata considerata ragione-
vole dalla Corte costituzionale (v. § 2.1) e appare rispondente ai principi contenuti
nella Costituzione. Infatti deve ritenersi che il matrimonio, al quale fa riferimento
l’art. 29 Cost., sia quello con le caratteristiche peculiari di quel momento storico e
dunque fondato sull’eterosessualità dei nubendi. Concezione che trova conferma
29.1.1998 n. 2, FI, 1998,I,313 con riferimento alla mancata sospensione della prescrizione fra con-
viventi.
6
V. al riguardo Trib. Pisa 20.1.1988, DF, 1988,1039.
7
Diritto che sorgerebbe solo ove fossero ammesse in Italia le convivenze registrate. Ma ricono-
sciuto, invece se una di esse è stata contratta in un Paese dell’Unione che lo consente.
8
In questa prospettiva solleva forti perplessità l’ordinanza della C. cost. 11.5.2006 n. 192, la quale ha
negato l’incostituzionalità della regola che riconosce solo al coniuge e non al convivente extracomunita-
rio di donna italiana incinta il diritto di ottenere la sospensione del decreto di espulsione. Analoga criti-
ca può muoversi a Cass. 17.3.2009 n. 641, FD, 2009,454 ed a Cass. 23.9.2010 n. 20134, le quali hanno
escluso l’applicazione del d.lgs. n. 286/1998 per consentire, rispettivamente, il ricongiungimento al cit-
tadino italiano del convivente straniero o per impedirne l’espulsione dal nostro Stato. Le norme in que-
stione, in quanto volte a tutelare l’unità della famiglia, devono applicarsi analogicamente al fine di non
discriminare l’unione di fatto quale società naturale costituzionalmente garantita.
nel riferimento all’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi che ha un senso solo
se letto nella prospettiva di diversità di sesso della coppia.
La scelta risponde anche a quanto stabilito dalla CEDU 9 la quale aveva consi-
derato illegittimo il comportamento dell’Italia per non avere introdotto un istituto
che consentisse il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali.
A differenza del matrimonio, la stipula dell’atto costitutivo dell’unione civile
non è preceduta dalle pubblicazioni e non è prevista una disciplina relativa alle
opposizioni in vista della stipula (come accade per il matrimonio: v. § 2.5). Neppu-
re è contemplata la conclusione di un accordo preventivo, volto ad impegnare le
parti alla stipulazione della futura unione (corrispondente alla promessa di matri-
monio: § 2.3). Un’eventuale accordo in tal senso sarebbe pertanto privo di effetti.
9
21.7.2015 n. 18766/11.
Effetti prodotti. In linea di principio può affermarsi che l’unione civile produce
i medesimi effetti che scaturiscono dal matrimonio ma con alcune importanti ecce-
zioni (si rinvia pertanto alla disciplina del matrimonio).
In particolare occorre sottolineare che tra i doveri assunti dai membri dell’u-
nione non sono stranamente contemplati la fedeltà e la collaborazione, i quali però
sono aspetti fondamentali dell’impianto caratterizzante un’unione affettiva e soli-
daristica. Il comportamento difforme non dà luogo ad addebito della separazione,
fermo restando che può causare la crisi dell’unione ed il risarcimento del danno
per lesione di un diritto fondamentale della persona.
La disciplina del cognome è diversa e più flessibile rispetto a quella prevista per
la famiglia legittima. Infatti il legislatore si rimette alla determinazione dei membri
dell’unione, assunta mediante dichiarazione resa all’ufficiale di stato civile. La scel-
ta può cadere su uno dei loro cognomi o su entrambi, determinandone l’ordine. Il
diritto all’uso viene meno con lo scioglimento dell’unione, anche se dovesse verifi-
carsi in conseguenza della morte.
Non è richiamata la disciplina della filiazione in quanto la coppia del medesimo
sesso non è in grado di generare naturalmente ed è esclusa dal ricorso alla procrea-
zione assistita (poiché la L. 40/2004 ammette alla pratica solo coppie di sesso di-
verso: v. § 11.2) e dall’adozione, ivi compresa quella particolare riguardante il fi-
glio dell’altro membro dell’unione (§ 13.5). L’unico caso in cui i membri dell’unio-
ne potrebbero avere figli genetici in comune dovrebbe ricorrere quando uno dei
due abbia mutato sesso. Si prevede infatti che se la coppia era coniugata, e voglia
mantenere in vita il rapporto, possa chiederne il mutamento in unione civile 10 (det-
to mutamento costituisce infatti causa automatica di scioglimento del matrimonio:
v. § 7.1). In realtà il riconoscimento di provvedimenti stranieri assunti in Paesi che
ammettono la genitorialità di coppie omosessuali (§ 11.2) e di provvedimenti in-
terni di adozione da parte di coppie del medesimo sesso (§ 13.5) accresce note-
volmente il fenomeno della filiazione da parte di tali genitori.
Veste di unione registrata assumono anche le forme di unione omosessuale con-
tratta all’estero, ivi compresa quella matrimoniale eventualmente consentita dallo
stato straniero.
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Tuttavia Trib. Roma 2.9.2016, FI, 2017,I,1108 ha affermato che la trasformazione in unione ci-
vile avviene in mancanza di domanda di divorzio.