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LISOLA - Bimestrale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XI - n 1 (Gennaio - Febbraio) 2009

Belgique - Belgi 1 P.P. 1000 Bruxelles 1 1/1605

Bureau de dpt 1000 Bruxelles 1

Chi dugnu chi sugnu!

Bimestrale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XI - n 1 - (Gennaio - Febbraio) 2009
Ed. Responsabile: Francesco Paolo Catania - Bvd. De Dixmude 40/bte 5 - (B) 1000 Bruxelles - Tel/Fax: 0032 2 2174831 - 0032 475810756

Nel tempo dell'inganno universale dire la verit un atto rivoluzionario. [George Orwell] ]

Possono copiare una, due, tre volte le nostre idee, ma non potranno avere il respiro che abbiamo noi, dovranno sempre rincorrere, da anime morte quali sono, una associazione viva e spontanea quale la nostra.

ADRANO (CT),
Capitale dell'Autonomia Siciliana per il 2009
uest'anno, il 15, 16 e 17 maggio prossimi, L'ALTRA SICILIA e il Comune di Adrano organizzano la Festa dell'Autonomia, che si svolger nei comuni di Adrano e Biancavilla per celebrare il 63 anniversario della conquista dell'Autogoverno da parte del Popolo Siciliano. L'avvenimento avverr sotto il patrocinio e con il contributo dello "Stato regionale di Sicilia", assicuratoci dal Presidente Raffaele Lombardo, al quale va intanto il nostro riconoscimento per la grande sensibilit dimostrata di fronte a una ricorrenza cos importante per le istituzioni di una comunit politica che dovrebbe essere sovrana e che soltanto in questi anni, anche grazie alla nostra c a m p a g n a d i se n si bi li z za zi o ne , s ta r i sc o p r e n do le p r o p r i e potenzialit. U n r i ng r az i am e n t o s e n ti to e particolare va anche al Sindaco Giuseppe Ferrante ed all'assessore competente Salvatore Rapisarda che hanno fatto quest'anno della loro citt, l'antica Adern, l'antico insediamento dei Siculi, una roccaforte della sicilianit che sta risorgendo in tutti noi. Noi abbiamo cominciato a rivendicare l'importanza della Festa dell'Autonomia gi dal 2005 e il tempo ci ha visto perseverare dando sempre maggior lustro a quella che dovrebbe essere non solo una ricorrenza ma anche una vera solennit civile, una vera "festa dei siciliani", tutti, senza assurde distinzioni politiche che in

Miti e leggende di Sicilia...


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REPUBBLICA ETNEA
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IO, CAPO DELLA POLIZIA IN SICILIA !


Da presidente della Regione esercitai tutti i poteri dellart.31
Pagine 10 & 11

IL TRAMONTO DI BEPPE GRILLO ?


Pagine 13 & 14

Incorporati contro natura, parola di Gianfranco Miglio


Pagina 15

questa occasione dovrebbero essere messe da parte: in primo luogo siamo cittadini siciliani e apparteniamo ad un popolo di antichissima civilt che non ci sta a sparire come qualcuno avrebbe forse voluto ma che rinnova ogni anno il proprio orgoglio. Nel corso dei tre giorni ci saranno occasioni di intrattenimento, esposizioni e dibattiti aperti a tutti, perch vogliamo che la Festa dell'Autonomia sia una festa popolare che chiuda per sempre con le algide celebrazioni nel chiuso di teatri. Finora il Popolo Siciliano stato sequestrato dalle proprie istituzioni e dalla propria stessa patria: ora di liberarlo, m o r a l m e n t e , economicamente e politicamente, per lasciare ai nostri figli una Sicilia diversa e di nuovo di tutti noi. La Festa cade anche in un momento istituzionalmente assai delicato. Si parla finalmente di applicazione dello Statuto e di come ci potr convertire una massa di sudditi in una vera cittadinanza. In questo e per questo la partecipazione dello stesso Governo della Sicilia sovrana e semi-indipendente dar una rilevanza e un lustro che mai la Festa era riuscita ad avere sinora, forse per qualche gelosia e litigiosit di precedenti governi, ma che ora vogliamo metterci dietro le spalle perch il tempo di costruire la Sicilia che verr.
L'ALTRA SICILIA, al servizio della Sicilia e dei Siciliani

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ADRANO

iodoro Siculo (I sec.a.C.) fa risalire le origini di Adrano all'epoca di Dionisio il Vecchio, il quale, intorno al 400 a. C., fece erigere un castello in localit prossima all'antico tempio consacrato alla divinit "Adranos". Non ci sono pervenute, tuttavia, notizie documentarie certe sulla preesistenza, nel medesimo sito, dell'importante centro di Inessa, secondo alcuni identificabile con la Adrano del periodo anteriore alla fondazione del castello. Il rinvenimento di considerevoli testimonianze archeologiche in differenti zone dell'attuale territorio adranita attesta, peraltro, la presenza di insediamenti risalenti all'VIII secolo a. C. Secondo V. Amico, Adern ebbe una certa fioritura durante il periodo normanno, quando pare sia stata edificata l'imponente torre del maniero, che fu successivamente ampliato incorporando le pi antiche strutture. Nel 1286 Adern pass, per concessione regia, a Luca Pellegrino e da questi, come parte della dote della figlia Margherita, ad Antonio Sclafani. Il suo successore, Matteo Sclafani, fu nominato da Federico II d'Aragona primo conte di Adern e Centorbi. La conseguente lite fra la famiglia di quest'ultimo e quella dei Peralta, i quali, in virt dei legami parentali con gli Sclafani, avanzarono pretese sulla contea, fu appianata nel 1397. In quell'anno si giunse ad un accordo, poi ratificato da re Martino, fra Antonio Moncada e Nicol Peralta Aragona, conte di Caltabellotta, il quale rinunzi ad ogni diritto su Adern, sancendo, di fatto, il definitivo passaggio di Adern ai Moncada. Durante il XVI secolo il paese conobbe una notevole crescita

urbanistica parallela al progressivo incremento demografico corrispondente ai generali trends del periodo, passando dai 5118 abitanti censiti nel 1569 ai 6714 del 1603. Nel corso del secolo successivo l'epidemia di peste del 1623 e, soprattutto, il disastroso terremoto del 1693, che arrec notevoli danni all'abitato, impedirono, invece, un ulteriore incremento della popolazione, che nel 1714 contava ancora 5181 unit e che riprese la sua crescita a partire dai successivi decenni (5433 abitanti nel 1747, 6623 nel 1798 e 7325 intorno alla met dell'Ottocento). Dalla fine del XVI secolo, inoltre, la decisa affermazione di alcune famiglie (i Ciancio, gli Spitaleri ed i Guzzardi) nella lotta per il controllo del potere decisionale al livello cittadino conferma il prevalere di alcuni gruppi di interesse nella gestione delle risorse della comunit ed il conseguente consolidarsi degli equilibri interni alla societ cittadina. Con le riforme amministrative borboniche del 1816-19 Adern divenne Comune autonomo, capoluogo del circondario comprendente anche Biancavilla. L'attuale denominazione di Adrano fu sancita, per decreto dell'allora governo in carica, nel 1929. Nell'estate del 1943 sul territorio comunale si verificarono ripetuti scontri fra le truppe dei due opposti schieramenti. Oggi la struttura urbanistica di Adrano si presenta divisa in settori: il settore centrale, presso il castello normanno, il pi antico, ed ha una pianta piuttosto regolare. Lo sviluppo edilizio ha portato ad occupare interamente con le abitazioni la zona compresa tra la ferrovia Circumetnea e la statale catanese. Tutti i settori recenti, anche se diversamente orientati, hanno una pianta a scacchiera. Notevole estenzione hanno i boschi, intensamente sfruttati, ed i pascoli permanenti, che consentono lallevamento di equini, ovini, caprini e bovini. Le coltivazioni sono dedicate al pistacchio, agli agrumi, al mandorlo, alla vite, ai cereali e a varie specie di piante da frutto. Numerose piccole aziende operano nei settori della trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, nel settore dei materiali da costruzione, del vestiario e del legno. Attivo il commercio con il centro del paese estremamente ricco di negozi di ogni genere. E il paese che ha la pi alta percentuale di emigrati tra quelli della Sicilia orientale (nella sola Namur, cittadina Belga, vive una comunit di oltre 2.000 adraniti). In contrada Contrasto, punto in cui il fiume Salso confluisce con il Simeto, si trova la Centrale solare sperimentale a campo specchi "Eurelios", costruita dallEnel per volont della CEE. Venne inaugurata nella primavera del 1981 e fu la prima del genere ad entrare in funzione nel mondo.

Cristo Re

Ponte dei Saraceni

Castello

Teatro Bellini

Forre

Municipio

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ORIGINI DEL NOME

l nome Adranon secondo alcuni studiosi di origine orientale, mentre secondo altri di origine italica. Sembra, comunque, che Dionigi, fondando la citt, l'abbia chiamata Adranon in riferimento al grande nume siculo, dio della guerra. I greci associarono il dio oltre che alla guerra, anche al fuoco, identificandolo con Efesto. Secondo lo storico Adolf Holm furono attribuite ad una sola divinit notizie riguardanti due diverse divinit e, per questo motivo, Adranon riun in s sia il carattere di dio della guerra, indicato dalla lancia, che quello di dio del fuoco, proprio di Efesto.

Secondo la leggenda il dio Adranon, venerato anche in altre localit siciliane, era seguito da un corteo di mille cani, che accoglievano festosamente gli ospiti, ma sbranavano i mentitori ed i ladri. Giovanni Sangiorgio Mazza, illustre storico adranita, affermava che parti dell'antico tempio del dio Adrano, che era stato edificato dai fondatori nei pressi della citt, si trovassero nell'orto di Cartalemi; ma un possessore della localit Cartalemi, tale Domenico dell'Erba, le avrebbe distrutte, assieme a vasi, monumenti ed altri preziosi beni storici. In et romana e latina il centro abitato si chiam Hadranum; nell'et saracena Adarnu o Adarna, nella normanna Adernio ed Adriano, nell'angioina Adern. Nel 1929 fu definitivamente chiamato Adrano.

ORIGINE DELLA CITTA'

l pendio dell'Etna stato abitato fin dal neolitico inferiore. Le zone di maggiore insediamento sono sempre state due: quella tra le colline vulcaniche a nord-est dell'odierno abitato e la rocca e la zona nei pressi del Simeto.

Verso il X secolo a.C. s'insediarono in entrambe le zone colonie di Siculi; nella "citt del Mendolito" presso il fiume, attorno al centro abitato vi era un veneratissimo tempio di fango e legno. Mendolito, che svilupp una raffinatissima civilt del bronzo (vedi l'efebo ed il banchettante), ci ha lasciato, oltre alla cinta muraria, le porte e le tracce di capanne, una necropoli dalle caratteristiche sepolture a cupoletta (forse d'ispirazione micenea) e le pi lunghe iscrizioni sicule della Sicilia nord-orientale. L'abitato, comunque, era gi in netta decadenza intorno al secolo V a.C.

DAI GRECI AI SARACENI

Arcagato e Gerone, fu sovente saccheggiata dai Mamertini. Nel 263 a.C. Adrano fu conquistata dall'impero romano ed inclusa, in seguito, tra le civitates stipendiariae, tra quei centri della Sicilia costretti a versare un tributo a Roma. Espugnata dal console Valerio con ottomila fanti e seicento cavalieri, fu trattata assai duramente: le case rase al suolo, gli abitanti passati alla spada ed il territorio consegnato agli "aratores" di Centuripe, che vi costruirono le proprie masserie. Nel 139 a.C. gli schiavi, unendosi ad Euno, si ribellarono e saccheggiarono le propriet dei signori centuripini. Euno , che si era arroccato, oltre che nella roccaforte di Adrano, anche in quelle di Enna e Taormina, nel 131 a.C., dopo anni di eroica resistenza, fu sconfitto ed i suoi seguaci furono massacrati. La "pace romana" torn a regnare ed Adrano per molto tempo fu considerata solo come territorio di Centuripe. Durante il periodo delle invasioni barbariche Adrano fu sottoposta a frequenti saccheggi, tranne che al tempo di Teodorico (493-526) per il buon governo di Cassiodoro. Cattiva sorte ebbe ancora durante il dominio bizantino, quando le catene furono di nuovo strette ai villici, tenuti in stato di servit. Bulichiel, al centro di fiorenti giardini, terre di seminerio e vigne. Usarono su larga scala le acque sia per mulini, gualcherie e tintorie, che per l'irrigazione delle colture cerealicole ed arboricole, come gli ortilizi, i fichi, i mandorli, i sicomori o gelsi neri per "nutricare" il baco da seta. Venivano coltivati pure il lino e la canapa. I saraceni, inoltre, per primi misero sul Simeto,
(Segue a pagina 4)

a citt greca di Adranon fu fondata nel 400 a.C. ad opera di Dionigi il Vecchio di Siracusa per rafforzare l'egemonia siracusana nella zona.

Il possesso di Adranon, infatti, poteva consentire il controllo del Simeto e della citt sicula di Centuripe, che si ergeva su una altura presso la sponda opposta del fiume. La conquista da parte di Dionigi fu molto cruenta e comport la deportazione della popolazione. Nel 344 a.C., durante l'inarrestabile marcia di Timoleonte di Corinto verso Siracusa, nei dintorni di Adranon si combatt una battaglia che vide le truppe di Timoleonte sbaragliare quelle di Iceta, tiranno di Leontinoi. Dopo la battaglia, si narra che Timoleonte fu accolto con clamore dalla citt di Adranon. La citt durante il periodo di Timoleonte ebbe un notevole benessere e vi fiorirono scuole di pittura vascolare di meravigliosa fattura (vedi vaso dell'Ermitage). Dopo Timoleonte, durante i domini di Agatocle, Agatocle II,

SARACENI E NORMANNI

l dominio bizantino ebbe termine con l'occupazione saracena ad opera dell'emiro Musa verso la fine dell'anno 950 d.C., quando Adrano era ridotto ad un misero villaggio di capanne. I saraceni si insediarono accanto alla Cuba ove fu edificata la residenza del Caid (capo militare, giudice, esattore e sacerdote), mentre gli adraniti si ritirarono verso est. Gli occupanti cambiarono il nome di Adranon in Adarnu o Adarna ed eressero una fortezza detta "Salem". Furono abbastanza tolleranti, economicamente assai attivi e fondarono o ripopolarono diversi casali, tra i quali quello di

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nei pressi della contrada di Mandarano, una zattera o giarretta per il traghettamento del fiume. La conquista di Adrano da parte dei normanni inizi nel 1075 con l'assedio del casale di Bulichiel da parte di un drappello di cavalieri guidati da Ugo di Yersey. Nonostante l'eroica resistenza del Caid Albucazar, il casale venne occupato e ci segn anche la resa di Adarna da dove i cristiani erano corsi verso i normanni, accogliendoli come liberatori. Adrano fu compresa nella diocesi di Catania, retta dal monaco Ansgerio. Secondo il padre Aprile il conte Ruggero don Adrano al figlio Goffredo e suoi successori la governarono, mentre secondo il Pirro costitu la dote di Adelicia, figlia di Rodolfo Macabeo. Il

territorio, comunque, chiunque fosse il signore, era retto da un vicecomes (governatore) e da uno stratigoto (giudice criminale), che era anche castellano della fortezza. Nel periodo normanno Adrano continu il progresso iniziato con i saraceni. La comunit adranita, che integrava abitanti di origine greca, saracena e normanna, era costituita da abili agricoltori ed artigiani, specie nell'arte della seta e della concia delle pelli. che, constatando il pericolo che costui rappresentava per Manfredi, lo cattur e lo fece impiccare a Catania assieme ai suoi seguaci. L'imperatore Federico, comunque, pacificatosi con i messinesi nel 1233, diede in "retturia" il casale a capitani di Messina, che divennero la classe dominante (vedi il sostrato di cognomi messinesi come Crisafi, Galifi, Cris, Marullo, Milazzo, Di Salvo, ecc.). Adern risent molto delle lotte tra Angioini e Svevi. Prima pass, come gran parte della Sicilia, sotto il governo di Carlo I d'Angi, poi di Corradino, fino a quando nel 1258 il Papa s c o m u n i c Corradino e lo stesso venne decapitato a Napoli. Capece, seguace di Corradino, si rifugi a Centuripe, ma fu assediato dagli Angioini ed alla fine fu catturato, accecato ed impiccato.Da allora Adern pass dalla dominazione della famiglia Lancia a quella della famiglia Maletta. Il casale, che era stato fiorente al tempo dei Normanni, si ridusse, con gli Angioini, ad un misero abitato in balia dei peggiori predatori. Il numero degli abitanti pass da circa mille a circa trecento. salme di frumento annuali. Dalla prima moglie ebbe una figlia che diede in sposa a Guglielmo Raimondo Moncada; dalla seconda una seconda figlia che diede in sposa a Guglielmo Peralta di Caltabellotta. Mentre abitava a Palermo in un sontuoso palazzo, Adern, povera ed indifesa, venne prima occupata da Roberto d'Angi e successivamente dai latini guidati da Ruggero Tedesco. Dopo essere sfuggito nel 1352 ad un agguato mortale, Matteo Sclafani mor due anni dopo. La sua morte scaten una contesa per la successione, che fu composta solo dopo 43 anni: i Peralta rinunciarono ai loro diritti a favore di Guglielmo Raimondo III Moncada, che lasci al fratellastro Antonio (1355-1377) la contea di Adern e Centorbe. In quel periodo i Papi Urbano X e Gregorio XI con la scusa di togliere le interdizioni alle citt siciliane imposero tassazioni pi che esose. Antonio Moncada lasci la contea di Adern al nipote Giovanni Raimondo, che parteggiava per la regina Bianca di Navarra (1410-1416).

SVEVI E ANGIOINI

l periodo svevo segn per Adern, come per tutta la Sicilia, l'inizio di intolleranze, di egoismi municipali, di lotte di potere. Fu soprattutto rovinosa la persecuzione dei saraceni, costretti a ribellarsi ed a fortificarsi, sotto la guida di Mirabetto, a Troina, Entella e Centuripe, dove convennero anche i saraceni di Adern. Nel 1225 furono sconfitti ed in gran parte massacrati; i superstiti furono deportati e confinati a Lucera. Durante il dominio svevo si verificarono per Adern tre fatti significativi: la citt ed il suo castello divennero il covo della famiglia di avventurieri dei conti Bartolomeo, che depredarono con violenza i beni della chiesa, finch non furono vinti e banditi da Federico nel 1209; la distruzione di Centuripe, rispetto alla quale ancora Adern non si era liberata da un senso di inferiorit, e la deportazione dei suoi abitanti ad Augusta; la comparsa in citt di un accattone dal nome Giovanni Calcara, che, somigliantissimo a Federico II, faceva credere, assecondato ed usato dagli interessati, di essere l'imperatore tornato dall'altro mondo per invitare i popoli al ritorno all'obbedienza alla chiesa e la reazione di Filangeri,

GLI ARAGONESI
utto il periodo angioino e quello aragonese almeno fino a Federico IV, detto l'Imbecille (1377), fu un graduale scivolamento verso l'anarchia per il prevalere della prepotenza disgregatrice della nobilt, che da un lato tendeva a togliere potere ai sovrani a proprio vantaggio e dall'altro ad impedire la crescita della borghesia commerciale e forense. I "mastri artigiani" stavano dalla parte dei nobili e contro i piccoli contadini ed i braccianti. Nonostante Pietro III fosse stato invocato come un liberatore, anch'egli continu a vessare le popolazioni con l'alibi di dover cacciare gli Angioini. Adern divent feudo del cavaliere catalano Garzia De Linguida, ma nel 1286 fu concessa a Luca Pellegrino, un funzionario del re Giacomo. La figlia di Pellegrino, Margherita, spos Antonio Sclafani di Palermo. Matteo Sclafani, figlio di Giovanni e Margherita Pellegrino, fu nominato conte di Adern e di Centorbe. Costui, uomo ricchissimo, fu pirata e mercante di schiavi e divenne anche signore di Ciminna, Chiusa e Sclafani. Fu, per altro, devoto del monastero di S. Maria di Licodia, a cui don nove

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I VICER

quartiere della "Piazza", composto da funzionari di ceto nobile. I pi importanti erano: il capitano di giustizia, i 4 giurati, il tesoriere, il giudice civile, il giudice criminale, l'archivista, il mastro notaro, il castellano e il governatore del conte. A questo periodo risale anche la chiesa di S. Antonio Abate col meraviglioso polittico, opera forse del pittore Salvo Di Antonio. Con i successori di quest'ultimo, Francesco Moncada e Luna e Francesco II (1550-1592), ebbe grande impulso l'edilizia religiosa: fu ingrandita la chiesa di S. Maria Assunta, fu progettata la matrice a tre navate, si diede inizio alla costruzione del monastero di S. Lucia nuova, si fond la chiesa della Catena. Adern adesso toccava i seimila abitanti, accresciuta di un terzo rispetto ai primi del secolo. essendosi

al 1412 al 1515, sotto i vicer, furono padroni di Adern Giovanni Moncada (1414-1454), Giovanni Raimondo IV Moncada (1454-1466), Giovan Tommaso Moncada (14661501), Guglielmo Raimondo V Moncada (1501-1515) e Antonio III Moncada (1511-1549). Giovan Tommaso Moncada restaur la torre di Adern, che da allora prese il nome di castello, e la fece circondare con un bastione; fece progettare la chiesa di S. Sebastiano; invit a venire ad Adern i frati minori osservanti di S. Francesco, offr il feudo di Poggio Rosso per l'insediamento di un gruppo di profughi epiroti, detti "li greci", che fondarono un piccolo casale, poi Biancavilla, ove si parlava la lingua grecoortodossa. Molti familiari di Ramondetta Ventimiglia, sposa del conte Tommaso, costruirono palazzi nel centro di Adrano, uno dei quali diverr nel XVI secolo sede della congregazione del Devoto Monte di Piet e nel XIX sede del Municipio. Il figlio di Tommaso, Guglielmo Raimondo V, che esercitava i poteri di padrone della terra, giudice e capo militare, ottenne dal vicer il privilegio di ripopolare il territorio di Centorbe. Antonio Moncada fu intollerante di ogni legge e ricettatore di delinquenti ed, in particolare, di una banda di 50 membri capitanati da Mariano Planes di Licodia Eubea. In questo periodo si costitu il nucleo amministrativo di Adern attorno al

Era cresciuta una robusta classe di borghesi ed agricoltori, che avevano dato impulso alla produzione del grano ed all'allevamento del bestiame, anche se la classe nobiliare manteneva esosi privilegi, come quello di tenere schiavi. Sotto il principato di Don Antonio Aragona e Moncada e di Luigi Guglielmo Adern era un immenso cantiere per fabbriche ecclesiastiche e per palazzi (come quelli degli Spitaleri nel quartiere "Gurgo", dei Ciancio nel quartiere S. Pietro, dei Guzzardi e dei Campo nel quartiere della "Piazza" e della Catena). Solo nel 1693 l'edilizia ebbe un arresto a causa del terremoto.

DAL '700 AL 1820

a rovinosa guerra che ebbe il suo culmine nella battaglia di Francavilla del 1819, quando gli spagnoli furono battuti dagli austriaci, fu per Adern causa di grandi malanni, di razzie e di

violenze. Al breve dominio piemontese (1713-1720) successe il dominio austriaco che si caratterizz per l'esosit fiscale. Solo verso la met del '700, con l'avvento dei Borboni, la situazione agraria ed economica in generale and migliorando. Anche la popolazione ricominci a crescere. Nel 1974 Adern contava 6.623 abitanti e 750 proprietari laici, 12 religiosi e 33

forestieri. In questo periodo nella citt inizi la coltura intensiva dell'ulivo e la produzione dell'olio e si costruirono la nuova chiesa di S. Lucia, i "damusi reali" e il teatro, si istitu la fiera di S. Lucia, si "basolarono" le vie principali. Adern si candidava a diventare capoluogo di circondario e sede di giudice regio, come di fatto avvenne nel 1819.

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DAL 1820 AL 1860

n questo periodo, con varie colorazioni e motivazioni, si succedettero tumulti e rivoluzioni.

di Biancavilla, guidati da don Angelo Biondi, accorsero in soccorso di Catania, alloch i Borboni, dopo aver occupato Messina si diressero verso la citt etnea. Ma nulla poterono contro i cannoneggiamenti del generale Nunziante, che dopo avere preso Catania, occup anche Patern, Biancavilla ed Adern. Il 1949 fu l'anno della pesante reazione, che dur fino al 1860, nonostante i focolai di rivolta che covavano per la mancanza di lavoro, la denutrizione e le spaventose condizioni igieniche.

Nel 1820, a seguito della rivolta scoppiata a Palermo, a Biancavilla, Bronte ed in parte Adern si svilupparono forti agitazioni sociali e furono costituiti comitati provvisori a sostegno del colonnello Pietro Bazan, che aveva concentrato il grosso delle forze della Sicilia orientale a Troina. Il comitato di Adern fu, per, presto sgominato e la citt divenne una roccaforte dei Borboni con le "squadre punitive" capitanate da don Francesco Palermo. Tra i reazionari pi attivi si distinse il giudice Giovanni Sangiorgio Mazza. I moti furono presto sedati e la mano della reazione colp i rivoltosi, fino a quando, negli anni '30, il movimento antiborbonico riprese vigore per culminare nel '48 in una vasta ribellione di dimensione regionale. Gruppi di volontari di Adern, guidati da don Pietro Cottone, e

DAL 1860 AI PRIMI DEL '900


'avvento di Garibaldi in Sicilia con "la spedizione dei mille" accese molte speranze tra gli uomini di fede liberale e tra i patrioti, ma non risollev le sorti delle classi pi deboli. I moti contadini per avere la terra furono anzi repressi dai garibaldini. Il 1 luglio 1860 fu costituito in Adern un Consiglio Civico presieduto da don Lorenzo Ciancio. Sindaco in quell'anno era don Nicola Guzzardi Minissale. Mentre era sindaco il barone don Giuseppe Pulia, furono quotizzate alcune terre comunali, si assegnarono 18 onze per il mantenimento del teatro, si inaugur il liceo comunale. Dal 1862 al 1867 furono costruiti 8 fanali per l'illuminazione pubblica, furono lastricate la via Garibaldi e la via Nuova, si cre un passeggio in un tratto della Vigna di corte, si avviarono le trasformazioni di case religiose in un ospedale, un asilo di mendicit, una scuola tecnica, un ufficio per le imposte, un ospizio femminile, un asilo infantile e scuole elementari, si costru una strada che arrivava allo stradone di Bronte. In questa periodo le coltivazioni prevalenti erano l'agrumeto, l'uliveto ed il vigneto. Dal verbale di una seduta del consiglio comunale del 1866, mentre era sindaco Nicol Valastro, risulta che Adern era superiore a tutti i comuni circostanti per

ricchezze private, per commercio, per agricoltura, per gli edifici, per la stazione telegrafica ed elettrica, per la sede dei carabinieri e per quella giudiziaria. Questo, tuttavia, non aveva mutato granch le condizioni dei ceti poveri, che furono colpiti da epidemie di colera, tifo, difterite e vaiolo nero. Da qui i frequenti tumulti giustificati dalla fame, e il fenomeno del brigantaggio. Uno dei tumulti pi significativi scoppi nel 1898 e fu sedato da un lato con l'acquisto di grano per fornire di pane le botteghe e dall'altro con l'intervento del Prefetto. Il sindaco Antonio Inzerilli programm diverse opere pubbliche che consentirono di occupare 651 muratori, 36 scalpellini, 760 manovali, 120 carrettieri e 1.165 terraggieri. Nei primi decenni del '900 si diffusero le idee socialiste e quelle del riformismo cattolico. Negli anni '20 oper con notevole efficacia ad Adern l'energico prete riformista don Vincenzo Bascetta, che, collaborato dal giovane professore Carmelo Salanitro, antifascista morto nel '45 nel campo di concentramento di Mauthausen, si distinse per le sue iniziative mutualistiche a favore dei piccoli contadini. La sua azione consent la trasformazione di interi feudi coperti di lava in fiorenti agrumeti, oliveti e mandorleti. solo tre ruote, una delle quali, la posteriore, dava il m o t o d i locomozione e le altre, le anteriori, la direzione e veniva manovrata da un semidisco a quadrante, munito da una lancetta ad indice per misurare la gradazione delle curve. Anche se altri scienziati inglesi e francesi o come il piemontese Bordino avevano gi costruito prima di lui delle "locomobili", Petronio Russo resta uno degli antesignani dei moderni mezzi di trasporto. La sua macchina fu presentata a Catania nel 1871 ed ebbe un notevolissimo successo di pubblico.

PETRONIO RUSSO
d Adrano nacque ed oper una singolare figura di inventore-scienziato, Giovanni Petronio Russo, autore del progetto di una "locomotiva stradale", vicina all'odierna automobile. Nato il 24 giugno del 1840, s'iscrisse, dopo il liceo classico, all'Universit di Catania. Si dedic alla sua vera passione, che erano le nuove scoperte scientifiche sull'applicazione dell'energia a vapore. Gli venne cos l'idea di realizzare un mezzo di trasporto per gli spostamenti su strada e non solo su rotaia. Disegn i vari pezzi di quella che chiam "locomotiva stradale", che brevett nel 1883. La macchina, lunga m. 4,60 e larga m. 2.00, era sostenuta da

Testi e foto sono stati ripresi dal sito del Comune di Adrano

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Michele Talluto - 25 Se la goccia d'acqua dicesse: non una goccia d'acqua che pu fare un fiume ... non ci sarebbe l'oceano. Anna Thonus - 10 Con l'augurio che questa volta tutte le istituzioni comprendano il valore della manifestazione. Marcella Dalpiaz - 50 Dal nord un piccolo contributo per la vs festa nella speranza che i siciliani ne capiscano l'importanza. Pietrina Augugliaro - 10 JMCO International - 20 www.ilconsiglio.blogspot.com 200 Salvatore Agostino - 10 Salvatore Mauceri - 10 Anonimo - 100 "In Sicilia non importa far male o far bene:il peccato che noi siciliani non perdoniamo semplicemente quello di fare" Tomasi di Lampedusa Luciano Bove - 10 Salvatore Vullo - 10 Giuseppe Nicotra - 15 Rosanna Vutera - 25 Epifanio Guarneri - 20 Con le vostre battaglie avete dato un passato a chi credeva di non averne uno. Alberta Talluto - 10 Pina Allegra - 20 Francesco Butera - 5 Maria Talluto - 10 Roberto Strano - 5 Cicciu Sinagra - 40 I am proud to be a sicilian. Thanks for all. Francesco Di Dio - 10 Associazione Vors Zancle - 30 www.voraszancle.org Roberta Indelicato - 10 Antonio Falzone - 10 Maria Passalacqua - 10 Roberto Ingrassia - 5 Maria Giuliano - 15 Antonio Cilona - 10 Giovanni Piazza - 100 Roberto Mirisola - 10 Carmelo Lo Re - 50 Rosario Brancato - 100 Frank Cannonito - 100 L'Altra Sicilia - USA I Sapori della Tradizione - 250 www.isaporidellatradizione.it Antonio Santagati - 50 Rocco Di Perri - 10 Giuseppe Santamaria - 5 Csar Chuffart - 10 Pietro Lauricella - 10 Massimo Costa - 70 Maria Gabriella Sorrentino - 20 Figlio del Caos - 50 Enza Pernice - 100 Roberto Finocchiaro - 10 Francesco Messina - 10 Mario Cosentino - 5 Salvatore Cal - 10 Filippo Bonanno - 5 Antonio Castorina - 10 Famiglia Fascianella - 200 Giovanni Cappello - 30 Perch la Sicilia uno stato d'animo. Francesca Tribastone - 10 Stefano Cappello - 10 Elisa Cappello - 10 Giuseppe Cappello - 10 Gaspare "il Maestro" - 10 Carmela Mantione - 10 Gino Scala - 20 Anonimo - 5 Roberto Giannella - 20 Famiglia Rizza - 50 Francesco Simone - 20 Anonimo - 20 Genevive Catania - 20 Massimiliano Di Domenico - 25 Andrea Lanza - 15 Abdul Barba - 10 Giuseppe Girlando - 30 Giuseppe Dimora - 10 Filippina Scalici - 10 Cecile Clement - 25 Roberto Intelisano - 10 Mario Miceli - 10 Antonio Alessi - 10 Piero Di Domenico - 25 Gino Santoro - 10 Siciliano libero - 20 Silvio Antonio Sedita - 20 Giovanni Morreale - 50 Rosaria Bonaccorso - 10 Salvatore Macaluso - 10 Antonio La Valva - 10 M. Della Cava - 10 Alfonso Genchi - 10 Cinzia Peloso - 20 Maria Di Trapani - 10 Antonino Maisano - 10 Jacques Maes - 10 Roberta Saporito - 10 Franois Collignon - 10 Francesca Milioto - 10

La Sicilia ha bisogno di uomini forti di quella sicilianit a tal punto da stravolgere le regole del gioco, a tal punto da essere disposti a rinunciare o rinnegare i vecchi legami politici ma soprattutto abbandonare quelle logiche del potere politico siciliano, ancora attuali, che certamente hanno contribuito e contribuiscono al mantenimento delle cose.

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La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini. [Leonardo Sciascia]

Miti e leggende di Sicilia...


La storia di Scilla
cilla, figlia di Crateide, era una ninfa stupenda che si aggirava nelle spiagge di Zancle (Messina) e fece innamorare il dio marino Glauco, met pesce e met uomo. Rifiutato dalla ninfa, il dio marino chiede laiuto della maga Circe, senza sapere che la maga stessa era innamorata di lui. La maga, offesa per il rifiuto del dio marino alla sua corte, decide di vendicarsi preparando una porzione a base di erbe magiche da versare nella sorgente in cui Scilla si bagna usualmente. Appena Scilla si immerge, il suo corpo si trasforma e la parte inferiore accoglie sei cani, ciascuno dei quali con una orrenda bocca con denti appuntiti. Tali cani hanno dei colli lunghissimi a forma di serpente con cui possono afferrare gli esseri viventi da divorare. A causa di questa trasformazione, Scilla si nasconde in un antro presso lo stretto di Messina. Decide anche di vendicarsi di Circe privando Ulisse dei suoi uomini mentre lui stava attraversando lo stretto. Successivamente ingoia anche le navi di Enea. La leggenda vuole che Eracle, attaccato dalla ninfa mentre attraversa lItalia con il bestiame di Gerione, la uccide, ma il padre della ragazza riesce a richiamarla in vita grazie alle sue arti magiche. Il suo nome ricorda colei che dilania. Insieme a Cariddi, per i greci impersona le forze distruttrici del mare. Queste due divinit, localizzate tra le due rive dello stretto di Messina, rappresentano i pericoli del mare.

Tale ninfa mitologica greca figlia di Poseidone e di Gea ed era tormentata da una grande voracit. Giove la scaglia sulla terra insieme ad un fulmine. E abituata a bere grandi quantit di acqua che poi ributta in mare Anche in questo caso, come il precedente, il passaggio di Eracle dallo stretto di Messina insieme allarmento di Gerione provvidenziale: quando essa gli rub alcuni buoi per divorarli, Giove la colpisce con il fulmine e la ninfa precipita in mare trasformata in un mostro. Il primo a raccontare questo mito fu Omero spiegando che Cariddi si trova di fronte a Scilla. Anche Virgilio parla di Cariddi nel suo poema Eneide.

Al suo ritorno egli racconta al Re daver visto che la Sicilia poggia su tre colonne, una solidissima, la seconda danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosit del Re aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere al ragazzo di riportarglielo. Colapesce titubante, ma decide ugualmente di buttarsi in acqua dicendo alle persone che avessero visto risalire a galla delle lenticchie e lanello, lui non sarebbe pi risalito. Dopo diversi giorni le lenticchie e lanello che bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re cap che il fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa.

La storia di Colapesce

La storia della Fata Morgana

La storia di Cariddi

ale mostro impersona, nellimmaginario collettivo, un vortice formato dalle acque dello stretto.

ola o Nicola di Messina ed figlio di un pescatore di Punta Faro. Cola ha la grande passione per il mare. Amante anche dei pesci, ributta in mare tutti quelli che il padre pesca in modo da permettere loro di vivere. Maledetto dalla madre esasperata dal suo comportamento, Cola si trasforma in pesce. Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di pi in mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che riesce a nuotare molto bene. Fu nominato palombaro dal capitano di Messina. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere e sperimentarne le capacit. Al loro incontro, il Re getta una coppa doro in mare e chiede al ragazzo di riportargliela. Al ritorno Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli regala la coppa. Il Re decide di buttare in mare la sua corona ed il ragazzo impiega due giorni e due notti per trovarla.

a leggenda ci tramanda che, dopo aver condotto suo fratello Art ai piedi dell'Etna, Morgana si trasferisce in Sicilia tra l'Etna e lo stretto di Messina, dove i marinai non si avvicinano a causa delle forti tempeste, e si costruisce un palazzo di cristallo. Sempre in base alla leggenda, Morgana esce dall'acqua con un cocchio tirato da sette cavalli e getta nell'acqua tre sassi, il mare diventa di cristallo e riflette immagini di citt. Grazie alle sue abilit, la Fata Morgana riesce ad ingannare il navigante che, illuso dal movimento dei castelli aerei, crede di approdare a Messina o a Reggio, ma in realt naufraga nelle braccia della fata. La Fata Morgana non altro che un fenomeno ottico che si ammira spesso nello stretto di Messina e nell'isola di Favignana a causa di particolari condizioni atmosferiche. Guardando da Messina verso la Calabria, si vede come sospesa nell'aria l'immagine di Messina e, viceversa, guardando da Reggio Calabria verso Capo Peloro, si vede nello stretto Reggio.

Il mondo quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno l a guardare. accorgono

[A. Einstein]
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REPUBBLICA ETNEA

l mare colore del vino. Una delle pi poetiche e struggenti immagini mai usate per descrivere la Sicilia. Ripresa nel novecento da Sciascia, questa frase antica di millenni racchiude ora la nostra s t o r i a l e g a n d o l a indissolubilmente a quelle di tutte le altre civilt mediterranee.

sulle sponde dell'oriente mediterraneo. Aitna (con Ai diventato in latino Ae e poi semplicemente E) la nostra stessa ancestralit, la memoria della nostra alba, l'inizio del nostro genotipo. Il suo nome la radice indoeuropea rappresentante il fuoco: idh o aidh, ardere. Un nome che non mutato ma che continua a bruciare perenne da quell'alba mediterranea. Da quella radice, usata per la fornace di quel gigantesco Dio degli inferi, anche le piccole fornaci grazie alle quali l'uomo poteva forgiare armi sempre pi temibili presero il nome. Ed ancora una volta il significato di quella scia venne traslato ad indicare l'aura proveniente dall'interno di quei piccoli inferni in cui tanti mortali Plutone lavoravano incessantemente con l'incudine ed il martello davanti al forno rovente. I Greci infatti si dirigevano ad occidente anche perch l si trovavano le miniere ed accanto ad esse le fornaci che producevano le loro preziose leghe. Fu cos che presto quella zona della odierna Calabria , tramutando come per l'Aitna il dh in t, prese in nome di Italia. Fine della nostalgica storia. Che fantasia, diranno forse i saputelli cattedratici nostrani. Nel XVI secolo Carlo V, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia e di Napoli, fece emettere una moneta con impressa la trinacria circondata dal motto ex visceribus meis (in Italiano dalle mie viscere) poich l'argento con cui fu coniata era stato cavato in Sicilia, nelle vicinanze di un piccolo paesino del Valdemone: Itala. E' un po' come il discorso che fanno sempre i Siciliani, anche se nessuno li vuole ascoltare: la regione non Sicilia, ma Siciliana. Alla stessa maniera in cui, come dimostrato sopra, la Repubblica non Italia, bens Etnea. Il consiglio.blogspot.com

Furono i greci, in tempi arcaici, a sentire per primi l'incanto di quella scia misteriosa che il sole seminava al tramonto sulle onde guidandoli verso i fertili campi della Sicilia e dell'Italia meridionale. La pi antica testimonianza della pittorica visione ci stata lasciata dal poeta Ermippo di Smirne, ma facile vedere come essa fosse gi in uso in tempi omerici, nascosta nel nome che alle nostre terre venne dato: Enotria, la terra del vino, quando di vino se ne produceva ben poco in queste contrade occidentali. Ma quella scia non era esclusivamente il sole a lasciarla nelle ore del tramonto. Ad occidente vi era anche qualcos'altro, qualcosa di terribile e maestoso, faro di tutti i popoli antichi, divinit degli inferi posta al centro delle rotte di ogni civilt. Ad occidente vi erano i vulcani, e quella scia colore del vino era anche il riflesso sulle limpide acque joniche delle fontane di lava del pi imponente di essi, l'Etna. Quando i greci sentirono quel richiamo che li spinse a seguire il voluttuoso colore, il nostro Mungibeddu (dall'arabo ghebel, montagna) si chiamava gi in quel modo. Si sempre chiamato cos, sin da quando la civilt come noi la intendiamo mosse i suoi primi timidi passi

SICILIA, UN GIOIELLO SENZA PARI


"Se mai nella tua giovent sognasti d'un paese nel quale per tutto l'anno regnano la primavera e l'estate, dove nell'inverno i monti sono smaltati di fiori fragranti, ... ; d'un paese che ha l'aspetto di un regno favoloso, ravvivato da una costiera dirupata alta e illuminata dal sole con gli scogli coronati di castelli su precipizi profondi, silenziosi e oscuri, ... ; se mai sognasti di un tal paese ... tale paese ti si dischiuso dinanzi agli occhi qui nella Sicilia, un gioiello senza pari, ... , la pi ricca di storia e di fati ..."

Augusto Schneegans
http://www.meridiosiculo.altervista.org/

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SICILIA LALTRO IERI

IO, CAPO DELLA POLIZIA IN SICILIA !


Da presidente della Regione esercitai tutti i poteri dellart.31
Da LA SICILIA del 24 agosto 2001, un articolo di Tony Zermo

GIBILMANNA (Cefal) - Non vero che l'art. 31 dello Statuto siciliano, che conferisce al presidente della Regione il ruolo di capo e responsabile delle forze dellordine nell'Isola, non stato mai applicato. Io ho esercitato quei poteri, scontrandomi anche con il ministro dell'Interno Scelba, dice Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione dal 30 aprile '47 all11 gennaio '49 e successivamente dal 27 luglio '55 al 27 settembre '56. Alessi ha 97 anni, villeggia in questi giorni nella sua casa di Gibilmanna sulle colline che guardano il mare di Cefal. E dobbiamo dire che non abbiamo mai conosciuto nessuno come lui che vicino ai 100 anni abbia tale lucidit e forza di argomenti. Siano benedetti questi grandi vecchi che furono protagonisti della nostra storia e che conservano la memoria di come eravamo. Gli chiedo come mai concessero alla Sicilia e al suo presidente una facolt cos straordinariamente importante, di cui ora si torna a discutere dopo che il presidente Cuffaro l'ha rispolverata. Non ci concessero niente - dice -, lo Statuto ce lo siamo dati da noi, alla Consulta. Lo Statuto mica l'ha fatto Roma, mica l'ha fatto il governo, mica l'ha fatto la DC, ma la Consulta istituita da Aldisio e che era come quella fatta ai tempi di Cavour. Trentasei componenti nominati tutti dal governo nazionale, ma i nomi fatti tutti da Salvatore Aldisio che allora era Alto commissario. Io li ho esercitati i poteri dell'articolo 31 perch ai tempi miei i prefetti e i questori venivano da me. Avevo l'ispettore generale di polizia che ogni mattina mi portava il rapporto sui delitti avvenuti il giorno prima e durante la notte. Con mio personale provvedimento allontanai anche un capitano dei carabinieri. Parlare con Giuseppe Alessi come sfogliare un libro di storia. Ai tempi del bandito Giuliano - dice - ero nei guai con il mio governo perch avevo messo fuori comunisti e socialisti che formavano il Blocco del popolo (l'elezione di Alessi era passata in Aula con un solo voto di maggioranza, ndr). Ci fu una polemica ardente perch Salvatore Giuliano attaccava e incendiava le sedi del partito comunista. Personalmente con gli oppositori eravamo amici in quanto eravamo tutti antifascisti pi o meno perseguitati, ma dal punto di vista politico il mio intimo amico Pompeo Colajanni era il capo dellopposizione e non dava tregua sull'affare Giuliano con interrogazioni e interpellanze. Il mio ispettore generale di polizia era Messana, il quale mi aveva garantito che sarebbe riuscito ad arrestare Giuliano. Mi diceva anche di avere identificato i componenti della banda, ma mi chiedeva il consenso di non arrestarli perch Salvatore Giuliano era in grado il giorno dopo di trovare un altro gruppo. In sostanza non avremmo concluso nulla se non avessimo preso il capo di tutto. Messana mi dava comunicati giornalieri su questo e anche sull'antitesi che c'era la l'Arma dei carabinieri e la polizia. Succedeva, non volontariamente, che la polizia arrestava una

persona che era invece un confidente dei carabinieri e i carabinieri a loro volta catturavano un amico di Giuliano che invece era l'informatore segreto della polizia. Una situazione molto spinosa e neanche molto chiara, tanto che ad un certo punto mi vidi costretto ad allontanare l'ispettore generale Messana. E quando Scelba tent ad ogni costo di mantenerlo in Sicilia, gli risposi: "Ed io con l'articolo 31 lo caccio via. Quindi o ci pensi tu o lo trasferisco io. Non lo voglio pi-. Il che un altro esempio dei poteri che allora esercitava Giuseppe Alessi da presidente della Regione. La ragione dell'allontanamento di Messana c'era spiega Alessi - perch lui mi aveva comunicato di avere un elenco di personaggi dellaristocrazia e dell'alta mafia, quella antica, che avevano in qualche modo agevolato Giuliano. Allora io, quando vidi che la cosa stringeva, gli dissi: "Va bene, mi prepari la lista, non mi interessa se di dieci o di cento persone, ma debbono documentalmente essere conniventi con Giuliano. Stia attento: lei non uno che denuncia, ma uno che decide". Lui mi rispose: "Guardi, se facciamo questa lista lei avr contro di s non solo deputati regionali, ma avr contro anche il governo nazionale". Io gli replicai: "Non ci badi, mi preoccupo io di queste cose". Cos lui fece la lista , ma non so come essa venne conosciuta dagli altri deputati. Venne da me l'on. Battaglia, un buon avvocato penalista, e quindi eravamo amici perch il mio mestiere quello di penalista. Mi disse: "Vengo a parlarti nella tua qualit di penalista e non di presidente della Regione. Guarda che nella lista ci sono degli errori, almeno uno, e ti prego di riparare". "No - gli dissi -, ho gi deciso che le persone denunciate in quel rapporto vadano al confino". A quellepoca il confino veniva deciso non dai magistrati, ma dai prefetti, e infatti io stavo per convocare i prefetti per dire loro di non discutere su quel rapporto di Messana, e di considerare il confino di quelle persone come una mia richiesta perch la polizia ha documenti che non bene vengano alla luce per poter arrestare Giuliano e chi gli sta attorno. Dunque dissi di no all'on. Battaglia, il quale ad un certo punto mi disse: "Ma se lo stesso Messana viene da te e dice che ha sbagliato?". "Messana questo non me lo dir mai, replicai. Senonch spunt Messana, che era considerato l'uomo di Vittorio Emanuele Orlando, e con la testa china mi disse: "Presidente,

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veramente debbo dire che su un nome ho sbagliato". Andai su tutte le furie: "Le avevo detto che non mi interessava quante persone ci fossero nell'elenco, fosse stata anche una sola, ma su quelle non ci dovevano essere n errori, n dubbi di sorta perch la nostra non era una denuncia, ma una decisione, ed era affare mia chiedere ai prefetti di dar via all'operazione confino. Lei ora mi viene a raccontare di avere sbagliato. Mi dispiace per lei". Chiamai subito Scelba al Viminale e gli dissi che Messana se ne doveva andare il giorno stesso. Lui rispose: "Ma no, questo quello che vogliono i comunisti. E tu vuoi...". "E io voglio che se ne vada perch lui non pi compatibile con la sua funzione di ispettore del presidente della Regione". Quando Scelba vide che io ero pronto ad usare i poteri dell'articolo 31, allora mi disse: "E va bene, lo trasferisco io". Al suo posto venne nominato il vice capo della polizia Caltagirone, il quale venne da me seccatissimo per tutta questa storia. E poi quando dovette procedere all'arresto di tutta la banda Giuliano mi chiese di far partecipare all'operazione anche Messana che aveva contribuito alle indagini. Io gli diedi il consenso, anche perch l'operazione doveva durare solo 24 ore. Giuseppe Alessi ora guarda il mare di Cefal e la sua mente fruga tra i ricordi, la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio '47, esattamente il giorno dopo la sua elezione, gli anni di fuoco del banditismo, la Sicilia antica percorsa da brividi forti, ma anche a suo modo nobile. Potrebbe raccontare un intero secolo, e ogni tanto concede una chiacchierata nelle sue estati a Gibilmanna, cos quieta e lontana da suggerire il paradiso. Tony Zermo

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on basterebbe la notte intera, figlia mia, per raccontarti la pena del partire e quanta fatica ti prende il ritorno dopo i cammini consueti della vita, i giochi smarriti della sera e la fata morgana inventata dal tempo. Non basterebbe aprirti il cuore allintima finalmente sincera, di un falllimento nascosto cavalli di un potente motore, nel cinturino di gioiello o tra i profumi di una casa cittadina, ansie del quotidiano. riflessione, oggi tra i un dorato pur tra le

I racconti dell'alba N

Non basterebbe dirti della casa bianca dalla calce consunta, delle rincorse nelle sera della piazza di san Vincenzo, delle tavolate tra chiassosi amici, dei giochi tra i ciottoli di improbabili torrenti, dei riflessi di specchi scritti pur tra le le fughe da libri squinternati. Eppure, se la notte finisce negli albori di pallido sole, se giunge lento movimento del mattino, se i capelli perdono colore, se una piega disegna sulla fronte la fatica, allora posso fingerti stupore e inventarmi anche il passato, se avanza l'immaginazione. Cosi divenne troppo stretto lo spazio del cortile e fastidio il cigolare notturno di lampione che accarezzava la notte e il turbinio dei pensieri, ma restava incomunicabile il dialogo e insoppportabile l'attesa. Pagine misteriose, abbandonati gli accordi di una metrica erudita, ora ascolta. Sul leggio del tempo ti racconto il coraggio di lasciare quella casa comoda e quanto soffrire nel ripiegare le camicie nei borsoni del misterioso viaggio, e ancora l'andare snza fine tra il tindari della memoria e l'illimite Peloro, reale scillecariddi dell'immaginazione. Ora, perduto tra le pieghe di una citt che non so pi riconoscere, smarrito dagli antichi amici, mi fermo un momento al limitare dell'oblio mentre equorea citt, sconvolta nelle sue piazze e nella sua memoria tra il perdurante ventottodicembre di distruzione e di smarrimento, ancora mi prende. Pero' non riesco ad allontanarmi dalle cose che ho visto, occasioni di un tempo felice forse passato nell'oratorio scomparso o nei giochi della piazza che tutti custodiamo dall'infanzia, nel lastricato rattoppato dal cemento, nei ricordi che la lontananza ormai ha confuso nel tempo. Concludeva il giorno il fischio del ferribot che inghiottiva treni e passeggeri e chiudeva il portellone come un macigno su quel che era stato, mentre la chiglia allargava gi le onde frastagliate cercando tra i flutti un senso all'andare. Adesso, figlia mia, reduce del tempo, divenuto antico e stanco per la lotta dell'esistere, cedo il racconto e ricerco nel ritorno sollievo al lungo andare della mente mentre mi fingo il tempo e invento un labirinto tra stanchi sogni, frastagliate magie e ormai consuete quieti. Eugenio Preta

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La posta dei lettori


Lettera aperta al Presidente della Regione Siciliana
Al Corriere della Sera c. a. Dottor Paolo Mieli via Solferino, 28 20121 MILANO Al Dottor Maurizio Costanzo Presso MEDIASET Piazza SS. Giovanni e Paolo, 8 00184 ROMA AllANSA Via della Dataria, 94 00187 ROMA Al Presidente della Regione Siciliana Palazzo DOrleans Piazza indipendenza 90129 PALERMO

OGGETTO: Mafia quello che succede quando la vittima sono io.


opo ventitr anni di servizio, arrivo per mobilit volontaria al Comune di Saponara in provincia di Messina, per ricoprire il ruolo di comandante della polizia municipale. Mi vengo a trovare in un luogo dove i registri risultano contraffatti, diffuse irregolarit, limpossibilit di registrare la posta perch il sindaco ha sottratto alla polizia municipale lapposito registro, e mi imbatto mio malgrado in una vastit di illeciti che riguardano anche gli altri settori comunali (false attestazioni di funzionari, licenza commerciale rilasciata in violazione della legge, interessi privati e tanto, tanto vario altro). Di fronte alle diffuse irregolarit nelle quali mi imbatto, ricevo dai pi alti rappresentanti dellente, linvito ad attuare una linea morbida, ad essere per cos dire comprensivo. Non volendo restare coinvolto in brutte situazioni, richiedo il nulla osta alla mobilit e cerco, invano, un altro comune disposto ad accogliermi. Nel frattempo,oltre alla guerra che viene condotta nei miei confronti dagli esponenti politici locali, al crescente isolamento da parte delle altre strutture comunali, iniziano una serie di atti intimidatori che hanno per bersaglio me e la polizia municipale. Una forma di pane lasciata sul tetto della mia autovettura parcheggiata sotto casa, le macchine della polizia municipale bloccate nel parcheggio comunale, il comando sigillato con nastro da cantiere, io che vengo rinchiuso con un lucchetto allinterno del comando, dei fiori che vengono lasciati allingresso del comando. Delle strane cose che succedono e di quelle che sento, tengo costantemente informata la procura della repubblica e la prefettura di Messina. La guerra messa in atto contro di me, viene implementata con una serie di provvedimenti disciplinari tutti basati su personali dichiarazioni del sindaco. La cosa che mi preoccupa maggiormente che, tra le varie accuse mossemi per iscritto dal sindaco, risulta quella di essermi spesso recato dal procuratore della repubblica senza essere mai stato da questi invitato, e di aver parlato male dellamministrazione comunale al prefetto di Messina. Perch mi preoccupano tali dichiarazioni? Semplice: anche qualora mi fossi sognato tutto, e cos non stato, le indagini dovevano comunque restare tutelate dal segreto. E se io ero certo di non aver riferito nulla al sindaco, chi era stato ad informarlo? A seguito dei procedimenti disciplinari avviati dal sindaco, il plotone desecuzione appositamente istituito ed erroneamente denominato commissione disciplinare, costituita in difformit alla legge ed i cui due componenti risultavano essere due giannizzeri del sindaco, funzionari a carico dei quali alcune azioni illegali sono gi state definitivamente accertate dalla Corte dei Conti e dalla Regione Siciliana (false dichiarazioni nella formazione dei bilanci, irregolarit contabili, ipotesi di turbativa dasta ecc. ecc.), mi sospende dal servizio e dalla paga. Vengo immediatamente trasferito ai servizi sociali, dove mi viene data una scrivania, una sedia ed un telefono, tra laltro disabilitato per le chiamate esterne e per i collegamenti ad internet; le pratiche (?) sono buttate per terra.

Non dispongo nemmeno di una macchina per scrivere, e il personale sottoposto si pone nei miei confronti come se io fossi un appestato. Interpello i precedenti dirigenti per avere notizie di alcune pratiche e non ricevo che inutili risposte: non ho memoria di ricordare cosa fatto in non so quale tempo. Inizio a lavorare nel nuovo ruolo, e mi imbatto in due possibili turbative dasta; parallelamente il sindaco, utilizzando toni aspri e minacciosi, mi ordina di pagare ad una cooperativa somme, a fronte di prestazioni irregolari (la cooperativa la stessa di cui accennavo prima, alla quale sono stati aggiudicati i servizi in modo irregolare). Prendo un mese di ferie e dico al segretario comunale, al sindaco ed al presidente della cooperativa che, durante la mia assenza avranno tutto il tempo di fare sistemare le carte al precedente dirigente, cio a colui che aveva combinato gli imbrogli, e che al mio ritorno in servizio, trovando tutto sistemato, non mi sarei pi interessato della cosa... Al mio rientro purtroppo trovo tutto come prima, anzi ricevo un ordine di servizio del segretario comunale che mi ordina di liquidare la cooperativa entro cinque giorni. Il mio dovere era quello di rispettare la legge, il mio potere era quello di farla rispettare; questo era il mio lavoro. Invio gli atti alla procura della repubblica ed alla corte dei conti, mando un esposto dettagliato agli uffici ispettivi della Regione Siciliana ed avvio contemporaneamente il contenzioso con la cooperativa. Da qui in poi rilevo un pi che esponenziale aumento delle minacce verbali e scritte, nuovi procedimenti disciplinari che continueranno, poich nelle altre pratiche dufficio che affronto rilevo ovunque diffuse irregolarit e possibili illegalit. Ricevo pure in busta chiusa recapitata a casa, alcuni bossoli di fucile. Sto molto male, dimagrisco tanto, ho difficolt a dormire, il cuore ogni tanto impazzisce e se ne va per conto suo, ho sempre paura, tremo al passare di una macchina davanti casa oltre una certa ora, tutti i giorni cambio strada per recarmi da casa in ufficio e viceversa, mangio e vomito, a volte neanche mangio. Sono costretto ad assentarmi dal lavoro per la malattia, e nel mio caso non si trattava di quelle oggetto di attenzioni da parte del Ministro Brunetta. Decido di fuggire in Albania, ma arrivato a Bari torno indietro sui miei passi, per potere testimoniare a favore di due colleghi inquisiti per una falsa denuncia di un assessore comunale, tale signor Ruggeri, al quale pare che adesso qualcuno stia chiedendo indietro una parte delle somme da questo illegittimamente percepite a titolo di indennit assessoriale, in quanto corrisposte a seguito di dichiarazione scritta di essere disoccupato, quando invece non lo era, la qual cosa era a conoscenza di tutti. Sempre alla ricerca di una mobilit continuo a lavorare, ad avere i soliti problemi ed a sentirmi sempre peggio. Quando non sono in ufficio, sono costantemente barricato in casa, fino al giorno che mi viene recapitato in ufficio un proiettile di fucile, questa volta carico. Lascio quindi la casa di Saponara, continuo a stare sempre male e sono costretto ad assentarmi dal lavoro, fino a quando dal comune di Saponara ricevo linformazione di essere stato licenziato per aver superato il periodo di comporto, il giorno 19.09.2008. Non percepivo comunque lo stipendio sin dal mese di febbraio dellanno 2008, a causa delle assenze per malattia. Inizio a mandare esposti e denunce a mezzo mondo e ad alcuni soggetti che si occupano di informazione pubblica, tutte senza riscontro tranne quella inviata al Presidente della Repubblica, il quale mi dava notizia di dedicare una particolare attenzione alla vicenda che a lui risulta gi seguita dalla Regione Siciliana, e tranne quello di una dirigente della Regione Siciliana , la quale mi chiede di non tediarla pi con le mie denunce, perch la Regione non avrebbe sostanzialmente alcuna competenza per intervenire nella vicenda (?). Mi reco alla sede INPS e faccio domanda per ottenere il sussidio di disoccupazione. L mi viene consegnato un modulo da compilare a cura del datore di lavoro. Spedisco quindi al comune di Saponara il modulo, il quale mi viene restituito intonzo. Il risultato quello, ad oggi, di non aver percepito il sussidio di disoccupazione. Cerco lavoro presso alcuni ristoranti e pizzerie per fare il cameriere o anche il lavapiatti, ma nessuno ne ha bisogno. Faccio una inserzione in un giornale di annunci, per fare il badante a persone anziane, ma nessuno mi chiama. Faccio la domanda a scuola per fare il bidello, ma ancora oggi nessuno mi ha convocato. Ho mandato alcuni curriculum ad imprese edili, dichiarandomi

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disposto a lavorare anche allestero, ma sono ancora senza risposta. E intanto le medicine per curarmi le devo comprare, e paradossalmente devo mangiare pure io. E poi mi servono i soldi per spedire le lettere raccomandate (gi oltre cento). Nel frattempo, le finanziarie alle quali mi ero rivolto e che mi avevano concesso alcuni prestiti, mi chiedono di pagare le due rate non ancora pagate. Faccio presente di essere stato licenziato e di non percepire emolumenti sin dal febbraio 2008, ma che sono in attesa di un nuovo lavoro. Rilevo che alle persone che mi contattano telefonicamente, i miei problemi non interessano.La persona esiste solo in funzione del business. Quando mi sono trovato, per la prima volta nella mia vita, in un contesto mafioso, ero impreparato. Ho comunque deciso di rispettare la legge ed ho cercato di resistere con ogni mezzo. Poich non potevo confrontarmi con alcuno, per farmi coraggio mi sono detto che se resistevo lo facevo pure per i miei figli, per i quali non ho mai cercato una raccomandazione, per provare ad offrire loro una societ pi pulita, anche per merito del loro pap. E sempre per farmi coraggio ho pensato di resistere per tutti quelli che desiderano un futuro migliore, un mondo pi onesto, per chi scrive denunce sui giornali, per quelli che cercano un lavoro senza aver nessun pezzo grosso alle spalle, per tutte le persone oneste. Ribadisco, questi pensieri li facevo nella mia solitudine e solamente per farmi coraggio. Ho combattuto, ed infine ho perso. E insieme a me avete perso anche voi. Voi che avete il potere di offrirmi un lavoro per pagare i debiti e che mi consentirebbe di mantenere la dignit sociale che mi stata tolta. Voi che avete il potere di portare i fatti allattenzione della gente per sensibilizzarla, e cos contribuire ad una diffusa e maggiore consapevolezza sociale del problema. Voi che mi avete giustamente negato il sussidio di disoccupazione. Voi che, nonostante il potere conferito dalla legge, non avete fatto nulla per fermare chi, al comune di Saponara, ha abusato e continua ad abusare. Avete perso voi quando la Regione Siciliana e la Corte dei Conti hanno accertato le irregolarit e le illegalit ed i danni allerario compiute ad esempio dai Signori Vincenzo Giuliano, Francesco Campagna e Tommaso Venuto, poich a fronte degli illeciti accertati, il Comune Di Saponara li ha premiati promuovendoli, facendoli diventare dirigenti ed aumentando i loro appannaggi economici. Avrete perso voi se vostri parenti non troveranno lavoro, quando invece a Saponara alcune assunzioni sono state fatte per chiamata diretta. Per non tediarvi ulteriormente, della tantissima documentazione in mio possesso, allego in un CD una relazione ispettiva della Regione Siciliana, una sentenza della Corte dei Conti, una lettera della Regione Siciliana, due registrazioni vocali in una delle quali una mia sottoposta dichiara di essere stata avvicinata da un consigliere comunale che le chiedeva di denunciarmi, un altro sottoposto che riceve analoga richiesta da un onorevole della Regione Siciliana, un altro che dichiara di essere stato trasferito dallufficio personale allufficio notifiche, per aver segnalato al sindaco lassunzione irregolare di un certo Cucinotta. Nellaltra registrazione la responsabile di una cooperativa riferisce delle intenzioni del sindaco di danneggiarmi per non avere sottostato ad alcune richieste, e che avrei dovuto aspettarmi delle pesanti provocazioni (le minacce si concretizzeranno da l a poco). Infine una certificazione medica. Tanto allego per consentire a voi una scelta consapevole. Se qualcuno mi dovesse chiedere: Come ci si sente ad essere una vittima? Risponderei semplicemente: Augurati di non scoprirlo mai!

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IL TRAMONTO DI BEPPE GRILLO ?


a male al cuore vedere Grillo che parla oggi alla piazza, con la stessa grinta di prima, ma con un sapore completamente diverso nelle parole che gli escono dalla bocca. Quella che ieri era la rabbia, travolgente e propositiva, di chi crede di poter abbattere il Palazzo, oggi la rabbia rancorosa di chi ha capito che il Palazzo lo ha fregato, che lo ha reso innocuo, e che da oggi ormai non deve pi temere nulla da lui. Oggi un greve rancore ha preso il posto della sottile ironia, un senso di spaesamento ha preso il posto della lucidit critica, una controfigura distaccata ha preso il posto del Beppe Grillo che ci guardava dritti nellanima, tenendo il cuore in mano. Italiani! - grida Beppe disperato. Ma quellurlo, che una volta gli rimbalzava addosso moltiplicato per mille, oggi si perde tristemente fra le strade della citt. E avvenuto tutto nellarco di poche settimane, lanno scorso, quando lo scontento popolare sollevato da Grillo rischiava di raggiungere la famosa massa critica da cui non c pi ritorno. A quel punto tutti i giornalisti, i politici, gli industriali, i personaggi pubblici, e chiunque sentisse in qualche modo minacciati i propri privilegi da questa ondata di furia popolare, si sono instintivamente compattati in una muraglia dacciaio contro la quale lo sperone di Grillo si frantumato in mille pezzi. In quel periodo non trovavi un'anima disposta a spendere una sola parola per lui. Grillo stesso, probabilmente spiazzato da questa reazione compatta e virulenta, non ha saputo rilanciare, e si chiuso in un rancore che segnalava chiaramente l'inizio della fine: tanto la sua energia propositiva riusciva a scaldare le masse, quanto la sua amarezza interiore si dimostrata in grado di raffreddarle. Beppe Grillo infatti un comico, non un attore, e non capace di fingere che tutto vada bene quando non vero, essendo in quel modo il primo ad innescare la sua spirale discendente. E lui stesso a riconoscere, traboccante di amarezza, che oggi siamo in una piazza dove Previti ci guarda, agli arresti domiciliari, e se la sta ridacchiando. E lui stesso a dire Noi siamo quelli che alla catastrofe ci arrivano con ottimismo, dipingendo unimmagine dellItalia che purtroppo non sorprende pi nessuno. Un cittadino oggi rimane escluso da qualsiasi decisione che possa influire sul suo futuro. Questo paese tutto alla rovescia. Il parlamento chiuso, il parlamento non legifera pi. Abbiamo al governo solo psiconani, ballerine e ruffiani. Noi siamo gli sfigati, i perdenti, noi facciamo paura con le nostre webcam. A quel punto Grillo ha un rigurgito dorgoglio, e grida: Abbiamo fatto le petizioni, i V-day, i referendum, ma poi conclude amaramente che questo un paese in cui i referendum e le leggi popolari li mettono nei cassetti. Sono state depositate 400 mila firme per togliere i pregiudicati dal parlamento dice Grillo - e ne abbiamo ancora 18 condannati in via definitiva, che sono quelli che sono i grandi mandanti di tutti casini che ci sono stati. Ce li abbiamo ancora. E molto difficile dover ammettere certe cose, ed ancora pi difficile ripartire
(Segue a pagina 14)

Giuseppe Toro
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IL TRAMONTO DI BEPPE GRILLO ?

daccapo per una nuova, probabilmente inutile tornata. Ogni guerriero merita il suo riposo, e Grillo dovrebbe approfittare del momento di riflusso per concedersi il proprio, invece di insistere su una strada alla quale lui stesso sembra non credere pi. Ma anche se ci credesse fino in fondo, Grillo dovrebbe prendere atto della situazione, e provare a riflettere sugli evidenti errori commessi in passato, prima di ritrovarsi a gettare via per intero la pi bella avventura della sua vita. Grillo infatti confonde regolarmente la pars destruens del proprio discorso con la pars construens, alternando critiche feroci - altamente efficaci - a proposte isolate, di tipo populista, fin troppo facili da affondare per chiunque. Grillo sa costruire una tremenda forza dimpatto, in fase critica, ma ne annulla lui stesso la potenzialit quando la inquina con la fase costruttiva, che non starebbe a lui intraprendere. E un meccanismo perverso e sottile, che noi del 9/11 conosciamo molto bene. Finch dici quello non poteva essere un Boeing, sei in una botte di ferro, e tieni lavversario sotto scacco. Ma nel momento in cui ti chiede e allora cosera?, e tu rispondi probabilmente un missile, sei fregato per sempre. A quel punto infatti ti senti dire che non poteva essere un missile, per questo e quellaltro motivo, e tutta la tua forza di impatto va a dissolversi in una discussione interminabile, che avr come unico risultato laver allontanato lattenzione dal cuore del problema. Finch Grillo dice governo ladro, non pu che raccogliere ovazioni e supporto, ma quando inizia a dire vogliamo una legge che limiti a due legislature il mandato dei parlamentari, apre la porta a chi risponde E no, due mi sembrano poche, facciamo almeno tre, e cos si perde il senso profondo della protesta, mentre Grillo ci fa pure la figura di uno che non capisce niente. (Ricordate il coro unisono di Grillo non un politico, Grillo non sa di cosa parla, Grillo faccia il suo mestiere che noi facciamo il nostro? Mica nato per caso, quel coro. E stato lui a offrire il fianco perch nascesse, e a quel punto gli altri ne hanno approfittato). Non sta ai complottisti dire che cosa abbia colpito il Pentagono, devono dircelo quelli che ci hanno raccontato la fregnaccia del Boeing. Non sta a Grillo suggerire nuove leggi, devono farlo coloro che noi avremo eletto appositamente per quello. E qui arriviamo al vero cuore del problema: come possiamo illuderci che la stessa classe politica di cui denunci sistematicamente la corruzione, di colpo approvi una legge che pone dei limiti alle proprie scorribande? Come si pu pensare che gli stessi politici che prendono 20 mila euro al mese si autoriducano da soli lo stipendio? Perch mai dovrebbero farlo? Per fare un piacere a noi? O forse per paura della folla urlante? Se questo il calcolo che ha fatto Grillo, ha sicuramente commesso un errore: finch continuano a votarlo, al politico non pu fregare di meno delle urla della piazza. Anzi, c il rischio che gli facciano pure comodo, perch in quel modo la gente si sfoga per benino, e domani torna soddisfatta a lavorare in fabbrica. Se Grillo urla governo ladro, ma non dice smettiamo di votarlo, finch non vediamo delle facce nuove, Grillo finisce per fare a quelle vecchie il pi grande piacere della loro vita. Quando lui stesso arriva a dire guardate come siamo ridotti: da una parte c lo psiconano, dallaltra c Topo Gigio che non nemmeno un politico, scemo e basta, dovrebbe essere evidente per chiunque che una vera rinascita possa solo partire da un completo rinnovo della classe politica. E se aspettiamo che quel rinnovo venga dagli stessi politici che dovrebbero lasciare il posto, ci meritiamo davvero di fare la fine che stiamo facendo.

Massimo Mazzucco
( 30.01.2009 ) Fonte: www.luogocomune.net Link: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.phpstoryid=3033

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Incorporati contro natura, parola di Gianfranco Miglio


da: http://archiviostorico.corriere.it/1992/luglio/29/che_grave_errore_negare_siciliani_co_0_92072- 98489.shtml

" che grave errore negare ai siciliani l' indipendenza "


Replica dell'ideologo della LEGA NORD a Giulio Anselmi che ha criticato (insieme a tanti altri) la sua proposta di lasciare ai siciliani la Sicilia togliendola all'Italia.

Le motivazioni storiche
Caro Direttore, il 26 luglio scorso Giulio Anselmi mi ha attribuito la "proposta insensata di abbandonare la Sicilia e i siciliani". Scelgo, nel coro vociante dei miei contestatori, la sua obiezione per rispondere anche a tutte le altre. Conoscendo la storia dei siciliani, ho sempre pensato che essi siano stati "incorporati" contro natura, prima nel Regno di Napoli, e poi nel Regno Sabaudo. Sono sempre stato convinto che la Sicilia costituisca il fulcro spontaneo di un aggregato politico centro-mediterraneo di straordinaria potenzialit e vitalit. Se la geopolitica non una frottola fu un gravissimo errore negare ai siciliani la indipendenza che chiedevano nel 1945: gli italiani avrebbero oggi nel Sud un polo attivo di politica estera quale non sono mai riusciti a procurarsi nei centocinquant'anni di storia unitaria. E naturalmente anche i problemi interni dell'isola avrebbero preso una piega diversa: la nascita di una vera classe politica padrona del suo destino (e non mantenuta dalle benevolenze e dalle collusioni della dirigenza romana) avrebbe consentito di impostare i rapporti con i diversi strati della societ', e quindi anche con la mafia, in un modo ben diverso da quello disperato in cui li vediamo oggi gestiti. Soprattutto sarebbe scomparso quel dualismo fra Stato continentale dominante e regione colonizzata che dura da quando la monarchia militare conquisto' l'isola e vinse nel Sud la sanguinosa guerra civile dei primi anni Sessanta. Ma davvero si crede che anche i siciliani estranei alla esperienza mafiosa tollereranno di essere "civilizzati" e "messi in riga" dai funzionari e dai militari inviati e comandati da Roma? Non si vede che alla radice di queste pretese "soluzioni" c' , come presupposto, una totale svalutazione del popolo siciliano e della sua dignit ?

Le mie idee sulla Sicilia io ho gi avuto modo di esprimerle in un paio di interviste rese alcuni mesi fa a due quotidiani dell'isola: e ne ho avuto, come eco, soltanto delle telefonate molto favorevoli. Percio' credo di ravvisare, all'origine della canea che si scatenata, soltanto gli interessi di quella classe politica siciliana che prende i voti sull' isola e li gode nei palazzi romani. Io non conosco (e non intendo conoscere) il fratello del compianto giudice Borsellino: a giudicare da come scrive (e da come non riesce a padroneggiare i suoi del resto comprensibili risentimenti) deve fruire di un livello culturale piuttosto basso. Comunque voglio rassicurarlo: da un mese (per essere ancora pi libero) ho sciolto anche l' ultimo legame che mi univa all' Universit Cattolica. Per quanto concerne invece il titolo che legittima la mia presenza in Parlamento, esso non dipende dal benestare di nessun "signor Borsellino" ma dai quarantatremila comaschi e dai ventimila milanesi che, il 5 aprile, con doppia investitura, mi hanno inviato in Senato. La cosa buffa pero' che, per le mie idee su quanto si dovrebbe fare in Sicilia, io non ho nemmeno il merito dell'originalit: perch esse si trovano, in un articolo (Cosa loro) scritto da Indro Montanelli sul "Giornale" il 4 settembre 1991: si vada a fare il confronto. Io ho sempre avuto simpatia per una parte dei siciliani, e non credo affatto che, in prospettiva storica, il vincolo mafioso sia stato sempre e soltanto un fatto criminale. Prima che l'anno si chiuda verr pubblicata una preziosa ricerca, con la quale un mio allievo ha studiato la mafia come fenomeno politico. Non dunque i rapporti della mafia con la politica, ma la mafia come struttura in s politica. Se si vuol venire a capo dei problemi pi gravi, bisogna abbandonare le escandescenze e usare la ragione. E finirla di strumentalizzare anche il sangue degli assassinati. Miglio Gianfranco
Pagina 14 (29 luglio 1992) - Corriere della Sera http://www.meridiosiculo.altervista.org/

Nessuno pi schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo


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