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LA SALUTE
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità: "La salute è lo stato
di completo benessere fisico, mentale e sociale che non consiste
soltanto nell'assenza di malattia o infermità".
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Ne consegue che non sempre una patologia è anche una
malattia:
es. 1) un ragazzo ha una lesione al polmone che gli
procura dolore, difficoltà di respiro, e si sta
ripercuotendo direttamente su altri organi
importanti come cuore, cervello, ecc. In questo
caso la patologia e la malattia coincidono.
es. 2) un ragazzo ha un foruncolo sulla mano che non
gli procura nessun fastidio. Ha una patologia ma
non una malattia.
es. 3) un ragazzo ha lo stesso foruncolo sulla guancia
che non gli procura dolore in se ma lo rende
ansioso perchè gli crea problemi nell'incontrarsi
con la sua ragazza. La patologia insignificante in
una zona del corpo ha scatenato una malattia
che coinvolge tutto l'essere del ragazzo
es. 4) Un paziente portatore da anni di calcoli alle vie
urinarie, presenta una patologia ma solo quando
questi calcoli gli procureranno dolore,
sanguinamento o disturbi soggettivi alle vie
urinarie entrerà nella fase di malattia.
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I FATTORI DI RISCHIO
Gli screening
Sono dei controlli sanitari eseguiti su una popolazione, o su
singoli gruppi o categorie per consentire la diagnosi precoce di
determinate malattie.
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CLASSIFICAZIONE delle MALATTIE
Possiamo distinguere:
d) le malattie degenerative:
sono un insieme complesso di patologie e condizioni
molto disomogenee che possono avere cause diverse
(ereditarie, autoimmuni, fattori sociali o lavorativi, ecc)
che portano progressivamente al danneggiamento di
tessuti e organi con progressiva perdita della loro
funzione.
Esempi:
da errori del metabolismo: diabete
da accumulo di sostanze: aterosclerosi
da invecchiamento: Alzheimer ecc..
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INFIAMMAZIONE o FLOGOSI
L'infiammazione è dunque una serie di eventi che avvengono in
un tessuto del corpo che si è lesionato, che tendono alla
riparazione del danno in quel tessuto.
L'organismo umano può riportare delle lesioni più o meno gravi a seguito di
varie cause che sono presenti nell’ambiente in cui l’organismo viene a
trovarsi..
ferite
traumi
1) fisiche calore
radiazioni (cosmiche, raggi UV, nucleari, ecc)
corrente elettrica
onde sonore
onde magnetiche
luce(onde luminose)
Le cause biologiche (virus, batteri, funghi, ecc) causano danni all’organismo con
meccanismi diversi: i virus distruggono direttamente le cellule dei tessuti che
infettano in quanto si moltiplicano all’interno della cellula provocandone la morte; i
batteri ed i funghi sottraggono alle cellule le sostanze nutritive di cui hanno
bisogno; alcuni batteri invece emettono delle tossine che vanno a distruggere le
cellule.
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Quando il tessuto è danneggiato, cioè c'è stata morte di cellule, l'organismo mette
in atto una serie di azioni che hanno lo scopo di riparare il danno subito e questo
insieme di azioni e di meccanismi è chiamato "flogosi" o "infiammazione".
La dilatazione dei vasi sanguigni oltre a portare più sangue nella zona, richiama nella
zona anche i globuli bianchi che devono eliminare tutte le cellule lesionate e lasciare
“il campo libero” alle nuove mitosi.
Questo porta alla comparsa di vari sintomi o segni della flogosi che erano già
conosciuti nell’antichità, e che sono::
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5) CESSATA FUNZIONE (functio lesa) : Il tessuto infiammato non svolge più
la sua funzione (è impegnato nelle mitosi e nella sintesi dei materiali cellulari
distrutti). Questa “mancata funzione” della zona coinvolta nella flogosi, permane
finchè il tessuto non è stato completamente ricostruito
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La terapia della flogosi:
Teniamo presente che l'infiammazione è un evento positivo per l'organismo, perché
permette la riparazione del tessuto lesionato.
A volte però l'entità dei sintomi è tale da essere insopportabile (pensiamo al dolore di un
ginocchio gonfio o alla mancanza di respiro dovuta ai bronchi pieni di catarro) per cui il
medico prescrive farmaci antiinfiammatori che appartengono a 2 categorie:
Effetti di un farmaco: tutte le azioni che un farmaco compie (non importa se sono
buone o cattive!)
Effetti collaterali : tutte le azioni che il farmaco fa oltre a quella principale per cui è
stato assunto
Indicazioni di un farmaco: le patologie che traggono giovamento dall’assunzione
del farmaco
Controindicazioni di un farmaco: le situazioni o i casi in cui quel farmaco non va
assunto (anche se sarebbe indicato).
I FANS sono farmaci che hanno una buona attività antinfiammatoria ma come effetto
collaterale aumentano l’acidità gastrica in maniera più o meno grave
NB: sia il cortisone che i Fans sono perciò lesivi per lo stomaco
(possono provocare l'ulcera.
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LA FEBBRE (2014)
Quando la temperatura del corpo, per varie cause, aumenta al di sopra dei
37 gradi abbiamo la FEBBRE. In questo caso vuol dire che il “centro della
temperatura dell’ipotalamo” si è “starato verso l’alto” ed ha impostato la
temperatura del corpo su un valore maggiore.
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Cause di febbre:
- la staratura del "centro della temperatura dell'ipotalamo" può essere causata
da:
• traumi cranici: che hanno un effetto diretto sul “centro della
temperatura”
• tumori cerebrali che vanno ad interessare il “centro della temperatura”
Tipi di febbre:
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Cosa succede all'organismo durante la febbre ?
⇒ E' stato dimostrato le cellule consumano più ossigeno e c’è quindi
maggior produzione di energia che si disperde in calore.
⇒ E' stato anche dimostrato che vengono distrutte più proteine di quelle
che vengono prodotte e le cellule che ne risentono di più sono le cellule
muscolari, ciò spiega la stanchezza tipica della febbre.
Per questi motivi, in caso di febbre, possiamo notare altri sintomi che sono
legati all’aumento della temperatura:
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Tenendo presente che la temperatura interna (bocca, retto) è superiore di
mezzo grado a quella cutanea (ascellare o inguinale), si parla di febbre
quando la temperatura corporea supera i 37 se misurata all’esterno - o i 37,5
quando misurata all’interno.
Alcuni termometri hanno un sensore termico elettronico e sono adatti per una
rapida misurazione anche auricolare (via interna)
Attenzione: i farmaci antifebbrili (=chiamati anche antipiretici) sono farmaci per cui si devono
prendere solo su indicazione medica.
Un altro sistema che si può usare sempre anche da parte degli operatori o in famiglia
è quello di bagnare il corpo con pezze immerse in acqua di 1 - 2 gradi in meno della
temperatura corporea. L'evaporazione dell'acqua sottrae calore al corpo. (L'ACQUA
NON DEVE ESSERE FREDDA)
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IL DIABETE MELLITO
Definizione e criteri diagnostici del diabete
Il Diabete Mellito è una condizione caratterizzata da un patologico aumento della
concentrazione di glucosio nel sangue. Responsabile di questo fenomeno è la
mancanza totale o parziale dell’insulina nell’individuo.
Il nome diabete mellito deriva dal fatto che uno dei sintomi principali è la perdita di
zucchero con le urine che perciò “hanno il sapore del miele”.
Richiamo anatomico:
il pancreas è una ghiandola sia esocrina ( = produce il succo pancreatico) sia endocrina cioè
produce ormoni.
Infatti tra il tessuto ghiandolare esocrino che produce il succo pancreatico, nel pancreas ci
sono dei gruppetti di cellule chiamate isole di Langerhans
l’insulina è indispensabile per far entrare il glucosio nelle cellule. Le cellule presentano sulla
loro membrana molte “porte” per far passare il glucosio. L’insulina rappresenta la “chiave”
per aprire queste porte. Senza insulina la cellula non riesce a far entrare il glucosio che le è
portato dal sangue. Se manca l’insulina il glucosio non può entrare nelle cellule e resta nel
sangue, innalzando dunque la glicemia.
E’ considerata normale la glicemia a digiuno fino al valore di 100 mg/dl (milligrammi per
decilitro di sangue =100 cc. Fino a poco tempo fa questo valore era di 100mg/dl)
Criteri diagnostici del diabete mellito (Ministero della salute) Sono i valori che sono
stati stabiliti per porre la diagnosi di diabete mellito.
Valori di glicemia a digiuno uguali o superiori a 126 mg/dl sono sufficienti, secondo
l'American Diabetes Association, a porre diagnosi di diabete.
La diagnosi di Diabete è certa con un valore = a 200 mg/dl, rilevato in qualunque momento
della giornata o due ore dopo un carico di glucosio.
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Situazione di “pre-diabete”: è una situazione riscontrabile per lo più in pazienti in
sovrappeso o obesi, che indica un elevato rischio di sviluppare nel tempo il diabete che
ovviamente hanno ereditato ma non ancora manifestato. Come vedremo più avanti, il
diabete, si manifesterà nel caso il sovrappeso persista . Se questi pazienti, riescono a ridurre
il peso e ad equilibrare l’alimentazione, in genere la glicemia ritorna nei limiti della normalità.
Pertanto nel paziente che non riesce a ridurre il proprio peso e regolarsi con l’alimentazione,
si dice che è in una situazione di pre-diabete quando vengono riscontrati i seguenti valori:
a) i valori sono compresi fra 100 e 125 a digiuno : si parla allora di alterata glicemia
(IFG)
b) Valori di glicemia compresi fra 140 e 200 dopo 2 ore dal carico di glucosio: si parla
allora di ridotta tolleranza al glucosio (IGT). In questo caso l’individuo presenta
un’anomalia nel metabolismo di utilizzazione del glucosio.
L’utilizzo dei grassi per produrre energia porta però alla formazione di
prodotti di scarto chiamati CORPI CHETONICI o CHETONI che si
accumulano nel sangue e dovrebbero poi essere smaltiti dal rene.
Quando i chetoni sono prodotti in gran quantità, come nel caso del
diabetico, il rene non riesce a smaltirli man mano che vengono prodotti
per cui la quantità di corpi chetonici nel sangue continua ad aumentare
fino a che diventano tossici per il sistema nervoso, portando
all’evoluzione verso il coma ( chiamato coma chetoacidosico) che
può determinare la morte del soggetto.
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- diabete mellito tipo II (o non insulino dipendente)(90% dei casi di diabete,
qui c’è una parziale mancanza di insulina che è anche poco efficace.
è caratteristico dell’età adulta-senile, tipicamente associato a sovrappeso,
dislipidemia ed ipertensione, ed è controllabile per anni con la dieta, l’esercizio
fisico o gli ipoglicemizzanti orali; in tale forma il trattamento insulinico si rende
necessario spesso, ma non sempre, dopo un certo numero anni di malattia
- con obesità 85%
- senza obesità 15%
Questi Linfociti un po’ “deboli di memoria” sembra che si ereditano; poi, in seguito a
un'infezione virale (varicella, parotite, morbillo), vengono modificati dal virus e non
riconoscono più come self le cellule β del pancreas e iniziano a distruggerle. In
questo modo il soggetto produce sempre meno insulina fino ad arrivare nel giro di
qualche mese a non produrla più.
Il diabete di tipo I compare di solito in età giovanile, ma può comparire anche più
avanti.
L’insulina viene inoculata dal soggetto stesso nel tessuto sottocutaneo in dosi
rigorosamente prescritte dal medico.
Esistono 5 tipi di insulina, con azione da rapida a lenta. L’insulina è infatti classificata in
base al tempo in cui agisce nell’organismo. Ogni persona è differente e risponde
diversamente all’insulina. Pertanto molte persone richiedono quantità diverse di insulina ad
azione sia rapida che lenta:
- insulina ad azione rapida: l’azione inizia dopo 30 minuti e dura 4-6 ore
- insulina ad azione intermedia: l’azione inizia dopo 90 minuti e dura 12-24 ore
- insulina ad azione lenta: l’azione inizia dopo 4-6 ore e dura 30-36 ore
• Dispositivi insulinici • Sono delle siringhe a forma di penna di diversa forma e misura.
Nel dispositivo viene inserita una cartuccia di insulina e si monta l’ago che viene inserito
nuovo ad ogni iniezione. Quando la cartuccia si esaurisce, ne viene inserita una nuova.
LA DIETA:
L'obiettivo è mantenere il peso corporeo reale e deve essere sempre in stretto
rapporto con l'insulina assunta seguendo alla lettera le prescrizioni del
diabetologo che imposta la quantità e l'orario dei pasti e l'orario della relativa
iniezione di insulina che è dosata sulla quantità di alimenti assunta.
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Non si può assolutamente cambiare la quantità prescritta di cibo per ogni pasto
perchè l'insulina iniettata prima del pasto è dosata per la quantità di cibo che
bisogna assumere e, se si cambia il pasto, potrebbe perciò essere troppa o
troppo poca con rischiose conseguenze.
L’ESERCIZIO FISICO:
Si può svolgere qualsiasi attività fisica come un soggetto normale, a patto
di alimentarsi adeguatamente secondo schemi prescritti.
Non si può improvvisare un'attività fisica, ma questa deve essere programmata
per poterne valutare il dispendio calorico ed alimentarsi di conseguenza.
Il buon controllo della glicemia permette di ridurre il rischio delle complicanze acute e croniche.
b) L’insulina che viene prodotta è “difettosa” per cui non riesce a compiere
completamente la sua azione sulle cellule di alcuni organi ( in
particolar modo del tessuto adiposo) che fanno quindi molta
difficoltà ad utilizzare il glucosio
Lo sviluppo del diabete di tipo 2 quindi, è spesso legato all’obesità. Nell’obesità le cellule
del tessuto adiposo hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule
da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina., che tra l’altro, non “compie bene il
suo lavoro” sul tessuto adiposo.
Nelle persone obese, quindi, l’insulina viene prodotta ma non in quantità sufficiente. Questa
ridotta sensibilità fa sì, che per un meccanismo a feed-back, le isole di Langerhans siano
stimolate a "spremersi" di più per mandare più insulina in circolo. Questa condizione maschera
così la comparsa precoce del diabete in giovane età .
Questo spiega perchè il diabete dell'adulto obeso migliora se il soggetto si sottopone ad una dieta
e dimagrisce.
Anche la vita sedentaria, lo stress e alcune malattie sono fattori ambientali scatenanti. Esse
impongono al pancreas, che già per l’ereditarietà produce meno insulina, un lavoro aggiuntivo
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poiché aumentano il fabbisogno di glucosio e quindi di insulina.
Anche l’età gioca il suo ruolo: l’invecchiamento dell’organismo si riflette sulla funzionalità di
tutti gli organi, non ultimo il pancreas che, invecchiando, non è più in grado di rispondere
prontamente alla richiesta di insulina ricevuta.
La persona affetta da diabete di tipo 2 è quindi generalmente una persona della seconda o terza
età, con un peso superiore a quello ideale.
A causa di questa sintomatologia così leggera, la scoperta del diabete di tipo II può
avvenire in modo del tutto casuale, ad esempio durante un check-up oppure o in
concomitanza con una situazione di stress fisico causato da infezioni oppure in
occasione di interventi chirurgici.
Teniamo presente che il diabete di tipo II colpisce prevalentemente soggetti adulti obesi
ed i sintomi rimangono mascherati per molti anni fino alla comparsa di una complicanza
cardiaca o retinica. Facilmente questi pazienti soffrono anche di aterosclerosi e di
ipertensione arteriosa.
La diagnosi di questa forma di diabete, pertanto, può essere anche molto tardiva
(mesi o anni) ed è effettuata quando compaiono già le gravi conseguenze di un diabete
trascurato perché non conosciuto.
Queste gravi conseguenze sono a livello oculare, renale, dermatologico, nervoso.
A volte la diagnosi viene sospettata perchè il primo segno è dato da infezioni cutanee:
foruncolosi, micosi ecc.
Principi di terapia:
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- solo tardivamente, quando le cellule pancreatiche si sono esaurite si può arrivare a
somministrare insulina.
L'esercizio fisico:
Una attività fisica intensa e isolata fa salire la produzione di chetoni perchè lo zucchero è
consumato subito dai muscoli ed il fegato è costretto a demolire i grassi.
Un progressivo e costante allenamento, fa produrre invece più insulina migliorando
invece la situazione.
Bisogna tener presente che questi pazienti sono in genere anziani e magari cardiopatici,
per cui su eventuale consiglio medico, si raccomanda un programma di esercizio fisico
condotto con regolarità e continuità, scegliendo esercizi di facile esecuzione, da
attuarsi possibilmente tutti i giorni per 30-60 minuti.
Durante il II mese di gravidanza la placenta produce parecchi ormoni che possono bloccare
l’azione dell’insulina materna e, nella madre, sale così la glicemia. L’iperglicemia passa attraverso
la placenta e passa al feto. Nel feto c’è un aumento di produzione di insulina per smaltire lo
zucchero in eccesso. In questo modo le cellule fetali vengono iperalimentate e c’è il conseguente
aumento di peso fetale.(fino a 5 Kg)
In questo modo durante la gravidanza la madre può subire le conseguenze tipiche del diabete,
mentre il feto subisce le conseguenze dell’eccesso di peso (problemi cardiaci, epatici ecc).
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Parametri di valutazione e di controllo del diabete mellito:
Sono gli esami che un paziente diabetico deve eseguire e che danno la misura se il diabete
è sotto controllo o meno.
1) peso corporeo
E' un parametro importante perchè dà l'idea se l'alimentazione è sufficiente, troppa o scarsa, o se
l'insulina, che fa assimilare gli zuccheri, è giustamente dosata, o data in più o in meno.
2) la glicemia ( è l’esame più importante e viene eseguito anche più volte nella giornata
ogni qualvolta si vuol sapere a che livello è la glicemia: Nel diabete di tipo uno serve anche
per impostare la quantità di insulina da somministrare)
Il livello di glucosio nel sangue è il risultato dell'equilibrio di molti fattori: la quantità di glucosio
assorbita dall'intestino, quella assorbita e rilasciata dal fegato, quella utilizzata dalle cellule
della periferia (tessuto muscolare, adiposo, cutaneo, nervoso ecc) e quella eventualmente
persa con le urine.
Dopo i pasti la glicemia si alza per poi scendere lentamente ma non arriva mai a superare il
valore di 180 mg/100ml.
Inoltre vi sono molti ormoni che agiscono sulla glicemia durante tutta la giornata:
- insulina ---------------------- abbassa la glicemia
- glucagone
cortisolo(cortisone) ---- alzano la glicemia
adrenalina
Per questi motivi la glicemia non può restare sempre la stessa per ogni momento della
giornata ma può variare in relazione alle necessità energetiche dell'organismo ed agli ormoni
che in quel momento la influenzano.
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3) la prova da carico di glucosio
è l’esame che serve per fare la diagnosi sicura di diabete mellito quando i valori della glicemia
sono dubbi e non è molto chiaro se un paziente è diabetico oppure no. Consiste nel disegnare su un
grafico una curva che esprime le variazioni della glicemia in seguito all’assunzione di zucchero.
Si fa al mattino a digiuno, facendo assumere 75 gr di zucchero sciolti in 250 ml di acqua (=250cc),
eseguendo un prelievo di sangue prima della somministrazione poi ogni 30 minuti per due ore
misurando ogni volta la glicemia. Questi dati vengono riportati su un grafico e unendoli viene costruita
una curva. Dal disegno sottostante si vede chiaramente la differenza del comportamento della
glicemia nel paziente normale e nel paziente diabetico.
Dal grafico si vede che la glicemia di un soggetto normale sale in poco tempo e poi
discende rapidamente ma il suo valore massimo non raggiunge mai il valore di
180mg/100ml.
Nel diabetico in cui l'insulina viene ad essere ridotta come quantità o alterata come azione,
la glicemia a digiuno è sempre superiore a 110 mg/100ml e dopo l'assunzione di glucosio
(prova da carico di glucosio) la curva del profilo glicemico è più alta (supera i 180
mg/100ml) e più larga del normale.(cioè scende più lentamente)
Trovare glucosio nell'urina vuol dire che tra la minzione precedente e l'attuale, la glicemia ha
superato il valore di 180 mg/100ml almeno per un certo periodo ed il rene ha dovuto
smaltirla.
In generale nei diabetici è sufficiente la ricerca della glicosuria (=glucosio nell'urina)
nell'urina raccolta per 24 ore per vedere se in tutta la giornata la glicemia non ha mai
superato la soglia renale dei 180 mg.
Anche la glicosuria si può controllare a domicilio mediante striscie reattive che vengono
imbevute di urina e confrontate con una scala colorimetrica.
Ripetiamo: la glicosuria non dice mai quant'è il valore della glicemia, ma mi dice che nel
periodo nel quale si è formata quell'urina (dalla minzione precedente all'attuale) la glicemia si
è innalzata per qualche tempo (che non si riesce a sapere però con precisione) sopra il valore
di 180 mg/100ml.
Avere una glicosuria alta ha il significato che il rene è stato sottoposto a grande lavoro per
eliminare una glicemia che per molto tempo è rimasta sopra il valore di 180 mg/100ml, per
cui quel rene è stato sottoposto ad un lavoro supplementare che alla lunga rovina i nefroni.
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4) La Chetonuria:
é la presenza di corpi chetonici nell'urina.
I corpi chetonici sono dei prodotti tossici di scarto che si formano quando per
produrre energia vengono utilizzati i grassi invece degli zuccheri.
Nella persona normale l'energia delle cellule viene ottenuta utilizzando gli zuccheri, mentre i grassi
vengono utilizzati raramente, cioè solo quando non si introducono zuccheri (ad es. durante una dieta
per dimagrire), per cui nell’urina i corpi chetonici non sono presenti oppure se ne possono essere delle
piccole tracce.
Nel diabetico invece, la carenza di insulina impedisce di usare sempre gli zuccheri, ed allora vengono
prevalentemente usati i grassi con conseguente aumento del valore di corpi chetonici che ritroviamo
nell'urina. La chetonuria si riduce se il diabetico riesce ad abbassare la glicemia con la giusta dose di
insulina.
Pertanto avere la chetonuria alta ha significato di un diabete che è poco tenuto sotto controllo
(poca insulina), e se la situazione continua si arriva in breve tempo all’avvelenamento del
cervello ad opera dei corpi chetonici (= coma chetoacidosico).
5) emoglobina glicata
è la percentuale di emoglobina che si lega al glucosio
Nel soggetto normale l’emoglobina contenuta nei globuli rossi serve a legare
l’ossigeno. Una piccola parte di emoglobina però lega anche una piccola percentuale
di glucosio che circola nel sangue. Tale reazione chiamata glicosilazione porta alla
formazione di emoglobina glicata (= emoglobina che ha legato anche il glucosio).
Nel soggetto normale è del 4%.
Si è scoperto che quanto più glucosio c'è nel sangue, tanta più emoglobina glicata si
formerà e per questo motivo i globuli rossi del diabetico ne contengono una
quantità più alta che nel soggetto normale.
Poichè i globuli rossi rimangono nel sangue dai 3 ai 4 mesi prima di essere distrutti
dalla milza ed essere sostituiti da elementi più giovani, tale esame dà indicazione
della media del valore di glicemia dei due/tre mesi precedenti il prelievo, per
cui dà delle informazioni al medico di quanto il paziente è riuscito a tener controllato il
proprio diabete.
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LE COMPLICANZE ACUTE DEL DIABETE
( LE EMERGENZE: POSSIBILITA' DI PREVENZIONE)
1) IPOGLICEMIA
é la complicanza più comune e più pericolosa nel diabetico che assume insulina o
ipoglicemizzanti orali.
Si parla di ipoglicemia quando la glicemia scende sotto i 60mg/100ml.
Nel diabetico che va in ipoglicemia, gli stessi ormoni all’inizio della malattia
azionano dei sintomi di allarme: pallore, agitazione, sudorazione, ansietà, fame,
ma progredendo la malattia questi segnali di allarme non vengono avvertiti dal
paziente e c’è il rischio che l'ipoglicemia si prolunghi fino al coma.
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sintomi dell'ipoglicemia sono:
• pallore,
• sudorazione
• senso di fame
E' necessaria soprattutto un'educazione adeguata dei pazienti diabetici, dei loro
famigliari, e del personale di assistenza affinché possano riconoscere i primi
segni di ipoglicemia, e verificarlo subito con il GLUCOMETRO (la macchinetta
per misurare la glicemia).
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2) CHETOACIDOSI DIABETICA
E' la più classica, anche se non la più frequente complicanza del diabete mellito tipo I dove
c'è la mancanza di insulina, ma può verificarsi anche nel diabete mellito tipo II soprattutto
quando c'è la fase finale di "sfiancamento" delle cellule pancreatiche produttrici di insulina.
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3 ) COMA IPEROSMOLARE NON CHETOSICO
E’ una condizione di grave scompenso metabolico che si instaura nel diabetico
di tipo 2 mal controllato, nel quale la glicemia alta porta ad una glicosuria e
perdita di liquidi con conseguente bisogno di introdurre acqua.
- occhio,
- rene,
Una buona gestione della terapia antidiabetica ed uno stretto controllo della glicemia,
dell’emoglobina glicata, della pressione del sangue e dei lipidi nel sangue, porta a far
sì che tali complicanze si manifestino il più tardi possibile.
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a) MICROANGIOPATIA DIABETICA
per effetto dell'iperglicemia persistente si lesionano le arteriole, i capillari e le venule
limitando così la circolazione sanguigna e portando così i tessuti ad essere meno
ossigenati
In questo modo si spiega perchè le ferite ritardino la guarigione
b) NEUROPATIA DIABETICA
Consiste in lesioni alle terminazioni dei nervi periferici interessando anche il
sistema autonomo.
I nervi periferici collegano il cervello ed il midollo spinale con i vari organi periferici:
ossa, articolazioni, muscoli, pelle. Attraverso questa via passano le varie sensibilità
dalla periferia al cervello ed i comandi del movimento dal cervello alla periferia.
Inizia con formicolii o sensazione di punture di spillo a livello dei piedi o delle
gambe accompagnati da dolore spontaneo o provocato da modica palpazione dei
muscoli.
Segue perdita della sensibilità al dolore e al tatto e sensazione di camminare su
moquette o cotone o debolezza muscolare..
Raramente però possiamo avere una localizzazione alle mani.
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La prevenzione delle ulcerazioni ai piedi è estremamente importante e consiste in :
I sintomi sono:
Diarrea (per aumento della peristalsi), che può durare molti giorni
disturbi urinari con minzioni sempre più rade con rischio di infezioni urinarie
e incontinenza da rigurgito
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c) LA NEFROPATIA E LE INFEZIONI DELLE VIE URINARIE
Il diabete rappresenta una delle cause più frequenti di insufficienza renale
che impone il trattamento di dialisi.
Le donne, avendo l'uretra più corta rispetto ai maschi, sono più soggette a infezioni che si propagano
all'uretra provenendo dalla vagina.
Controllo della pressione arteriosa e tenere un buon controllo del diabete consentono
di controllare l’evoluzione del quadro verso l’insufficienza renale.
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d) LE COMPLICANZE OCULARI
Il diabete rappresenta la maggiore causa di cecità negli adulti tra i 20 e i 70 anni.
• il glaucoma (=aumento della pressione dei liquidi all'interno del globo oculare)
Le malattie cardiovascolari sono la maggior causa di morte nel mondo sia per persone
con diabete, sia per i soggetti non diabetici.
Prevenzione delle patologie cardiovascolari nel diabetico consiste in controlli anche più
volte all’anno di :
- peso corporeo
- Pressione arteriosa
- cessazione del fumo
- controllo dei lipidi e del colesterolo nel sangue
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IPERTENSIONE ARTERIOSA
La funzione del cuore è quella di spingere il sangue in circolo con la sistole e di
riceverlo dalle vene durante la diastole e per fare questo serve una determinata
pressione.
In pratica:
Fisiopatologia:
la pressione arteriosa dipende da:
- 2 - dal volume di sangue circolante (regolato dal rene che può trattenere più
o meno liquidi)
- a livello renale, vicino ad ogni glomerulo, ci sono dei recettori che
sentono il calo del liquido circolante, per cui attivano due meccanismi:
1) dai centri cerebrali avvisati, viene attivata l'ipofisi che
secerne sia ADH(adiuretina) che fa trattenere liquidi al
rene, sia ACTH che stimola il surrene a produrre
Aldosterone che fa anch'esso trattenere liquidi al rene
2) viene emesso dal rene un enzima, la RENINA, che,
tramite un meccanismo a "cascata" su alcune proteine del
sangue le trasforma in vasocostrittori, con l'effetto di un
aumento di pressione.
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In base alle ultime linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si parla di:
. La valutazione deve essere fatta tenendo conto dell'età del soggetto, poiché la pressione
arteriosa tende a crescere con l'età: nei pazienti anziani viene considerata normale una
pressione sistolica di 140/150 mmHg
Classificazione dell’ipertensione:
2) ipertensione secondaria
2) - ipertensioni secondarie cioè provocata da altre patologie (in questo caso se si riesce
ad eliminare queste patologie si risolve anche l’ipts.). A volte l’ipertensione arteriosa è
la condizione che permette di diagnosticare la presenza di queste patologie che
possono essere anche gravi.
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- da patologie delle ghiandole endocrine (che provocano nell’ipofisi e/o nel
surrene un aumento degli ormoni steroidei (che vanno ad aumentare la
pressione arteriosa))
- da gravi patologie vasali (aorta con una "strozzatura" congenita o acquisita per
esempio per la compressione dovuta ad un tumore che la comprime)
- da farmaci (l’aumento di pressione è infatti un effetto collaterale di molti
farmaci)(ad es. il cortisone)
COMPLICAZIONI DELL' IPERTENSIONE (= sono i danni che l’ipts può causare sia in modo
acuto o progressivo e che sono responsabili della diminuzione della aspettativa
di vita del paziente)
1) lesioni vascolari
- aterosclerosi e arteriosclerosi: si sfiancano le cellule muscolari della tunica
media che possono così degenerare ecc.
- aneurismi: per sfiancamento delle pareti lesionate da ateromi o da patologie
infettive
2) complicanze cerebrali
- per emorragia da rottura di piccole arterie
- per embolia da trombosi (sono emboli staccatisi da zone di trombosi formatesi
in altre zone dell’organismo)
3) complicanze retiniche
- per lesione delle arterie della retina che portano alla lesione della retina stessa
con conseguente riduzione del “visus” fino alla cecità..
4) complicanze renali
- l'ipts lesiona le arteriole dei nefroni del rene, così il rene funziona sempre meno
fino all'instaurarsi di un'insufficienza renale.
Diagnosi
L'ipertensione arteriosa, soprattutto nelle fasi iniziali, non produce dei sintomi
caratteristici e facilmente riconoscibili: l'unico modo per scoprire di essere ipertesi
è quello di controllare costantemente la pressione. Per un adulto sano e senza
altri disturbi associati, un controllo annuale è sufficiente. Se tuttavia l’ipts è
abbastanza severa e perdura, procura dei sintomi che devono essere il
campanello di allarme per poterla diagnosticare
109
I sintomi che possono essere indice di ipertensione arteriosa sono:
TERAPIA DELL'IPERTENSIONE
Si basa sull’uso di farmaci e sull’assunzione di una dieta povera di sale (sodio) in quanto il
sale favorisce il trattenimento dell'acqua.
I farmaci sono:
- diuretici (che abbassano la quantità di liquidi circolanti)
- farmaci che agiscono sul cuore
- farmaci antiipertensivi tipici
Una volta instaurata una terapia antiipertensiva si deve evitare il più possibile un calo
improvviso della pressione che è sempre mal tollerata nell'anziano perchè ridurrebbe
l'afflusso di sangue a organi vitali (cuore, reni, cervello) già di per sè male irrorati.
110
ATEROSCLEROSI
e ARTERIOSCLEROSI 2014
Questa malattia assume espressioni diverse a seconda degli individui e del distretto
vascolare colpito, cioè può essere asintomatica oppure manifestarsi di solito dai 40-50 anni
in su, con fenomeni ischemici acuti e cronici, che colpiscono principalmente cuore,
encefalo, arti inferiori, e intestino.
L' ARTERIOSCLEROSI è invece una malattia degenerativa delle arterie piccole (quelle che si trovano
all'interno degli organi: cervello, rene, intestino, ecc). che consiste in un indurimento (sclerosi) della
parete arteriosa che compare con il progredire dell'età. Questo indurimento arterioso è la
conseguenza dell'accumulo di tessuto connettivale fibroso a scapito della componente elastica
dell’arteria.
…………………………………………………………………………………………………………………
Richiamo informativo sul colesterolo:
il colesterolo è un composto organico complesso appartenente alla famiglia dei lipidi steroidei.
Oltre ad essere introdotto con gli alimenti di origine animale (colesterolo esogeno) il colesterolo viene anche
sintetizzato per circa l’80% all’interno del corpo : dal fegato. (colesterolo endogeno ) che così ne regola la
quantità presente nel sangue ed eliminando con la bile quello in eccesso. Ciò spiega come mai in alcuni soggetti
nonostante un’alimentazione equilibrata ed un regolare programma di attività fisica, i livelli di colesterolo
rimangono elevati.
Gli alimenti ad alto contenuto di colesterolo sono quelli di origine animale, generalmente ricchi di grassi saturi,
come uova, burro, carni, salumi, formaggi ed alcuni crostacei.
Il valore normale del colesterolo nel sangue deve essere inferiore a 200 mg/dl.
Essendo il colesterolo un lipide, non è solubile in acqua e, per essere trasportato nel sangue, deve legarsi a delle
specifiche proteine chiamate lipoproteine. Il 60-80% del colesterolo si lega alle lipoproteine a bassa densità o
LDL (chiamato colesterolo cattivo). E’ questo che tende ad accumularsi nelle arterie provocando l’aterosclerosi.
Il colesterolo buono è invece quello che si lega alle HDL (lipoproteine ad alta densità) che ripuliscono le
arterie catturando il colesterolo in eccesso e trasferendolo al fegato che lo smaltisce con la bile.
In virtù di questa loro caratteristica, negli ultimi anni il ruolo delle HDL è stato rivalutato in maniera importante,
tanto che oggi si ritiene più significativo il rapporto tra HDL e LDL che il valore del colesterolo totale. In genere il
colesterolo "buono" (HDL) non dovrebbe essere inferiore al 30% del colesterolo totale.
Insieme ai trigliceridi il colesterolo (quello “cattivo”) tende a depositarsi lungo le pareti delle arterie
creando l’aterosclerosi.
…………………………………………………………………………………………………………………………………..
111
Quali sono le tappe che portano alla formazione delle placche
aterosclerotiche:
1) L’evento iniziale è il danno dell’endotelio (il rivestimento più interno) delle arterie ad opera
delle LDL (=colesterolo “cattivo”) che vanno ad infiltrarsi nello spessore dell’intima formando
così le “strie lipidiche” .Queste strie lipidiche sono strisce di grasso allungate di 1-2 mm, e
sono lesioni reversibili: (Da studi effettuati risulta che le strie lipidiche si formano già in
giovanissima età ) Queste “strie lipidiche” possono essere asportate dalle arterie dal HDL
(colesterolo “buono”). che va man mano a ripulire le arterie.
3). Le placche fibrose possono poi andare incontro al terzo e più grave stadio aterosclerotico, le
lesioni complicate
EPIDEMIOLOGIA
Nel mondo le conseguenze dell’aterosclerosi rappresentano la maggior causa di morte ed in Italia le
patologie collegate all’aterosclerosi rappresentano il 44% della mortalità generale.
1) l'ipertensione arteriosa:
l'alta pressione del sangue provoca dei microtraumi alla parete vasale e favorisce
l’infarcimento dei lipidi nell’arteria. L’ipertensione è poi una delle maggiori cause delle
complicanze.
5) Fumo di sigaretta:
- la nicotina è un vasocostrittore
- la nicotina aumenta LDL e abbassa HDL
- il fumo produce monossido di carbonio che aspirato porta alla formazione di
carbossiemoglobina che veicola male l’ossigeno alle cellule.
112
La sintomatologia dell’ATEROSCLEROSI:
angina pectoris
E' un forte dolore al petto che blocca il soggetto durante il lavoro o lo sforzo che sta eseguendo.
Nell'anziano spesso il dolore è più diffuso e di minor intensità che nell'adulto.
Principali occasioni in cui compare l’angina pectoris::
- sforzi fisici
- stress emotivi
- freddo
Le coronarie sono affette da aterosclerosi, cioè hanno una placca aterosclerotica che
restringe parzialmente il lume della coronaria. Quest’arteria dal lume lascia passare la
quantità di sangue necessaria alle richieste normali del cuore, ma in caso di improvviso
maggior lavoro del cuore, (ad esempio per uno sforzo) non riesce ad allargarsi tanto da
lasciar passare la quantità maggiore di sangue richiesto.
In questo caso c'è la sofferenza delle cellule del miocardio, con la comparsa del dolore.
Il dolore è transitorio dura pochissimi minuti e cessa quando il paziente interrompe lo sforzo
che sta facendo. In genere questo dolore cessa più velocemente con l’assunzione di
vasodilatatori coronarici (Trinitrina, Carvasin, ecc.: sono compressine da far sciogliere
tenendole sotto la lingua, che il paziente affetto da angina pectoris deve tenere sempre a
portata di mano).
Teniamo presente che l’angina pectoris può comparire non solo sotto sforzo ma
anche per l'effetto improvviso della nicotina (sigarette) o di altre sostanze che
provocano restringimento delle coronarie già ristrette dalla placca.
113
Le complicanze dell’aterosclerosi:
- trombosi arteriosa
- embolia
- aneurisma
- emorragia
114
La TROMBOSI
E’ un processo patologico che può colpire le arterie o le vene, che consiste nella
formazione di una massa semisolida chiamata trombo. Il trombo è costituito da un
ammasso di piastrine e da un coagulo sanguigno localizzato.
-‐
-‐ b) rallentamento del flusso sanguigno (=stasi circolatoria)
dovuto a:
-‐ prolungata posizione “in piedi” con poco movimento
(bariste, cassiere, parrucchiere, ecc)
-‐ presenza di varici (=vene varicose) dove il sangue
ristagna per effetto della parete delle vene che è resa più
sottile
-‐ gravidanza o menopausa (qui intervengono anche fattori
ormonali che interferiscono con la costituzione della
parete delle vene)
-‐ embolizzare cioè il trombo può staccarsi del tutto dalla parete oppure dal
trombo se ne può staccare un pezzo e dar origine ad un embolo che segue la
corrente sanguigna ed andare a fermarsi nei polmoni (=embolia
polmonare)
Sintomi:
• gonfiore (=edema) dell’arto inferiore
• dolore spontaneo o provocato dalla flessione della gamba sulla
coscia per cui la paziente è impossibilitata a camminare
• cute calda
• vene superficiali più evidenti (se il sangue non passa dalla vena
profonda deve passare solo dalle vene superficiali)
• A volte i segni sono quasi assenti e la patologia viene diagnosticata
dopo aver fatto gravi danni cioè quando ormai è comparsa la
sintomatologia di un’embolia polmonare cioè di una grave
dispnea. (l’embolo va ad ostruire l’arteria polmonare impedendo al
sangue di arrivare nei capillari alveolari e impedendo gli scambi
respiratori.)
116
Trombosi venosa superficiale che è associata ad una flebite
(infiammazione delle stesse vene) per cui si parla di
tromboflebite)
Cause:
traumi della gamba
bendaggi troppo stretti
iniezioni endovenose nelle vene della zona
Sintomi:
§ gonfiore
§ dolore spontaneo
§ arrossamento e presenza di un cordone duro in corrispondenza delle
vene interessate
§ cute soprastante calda
Il trattamento deve :
• prevenire l’embolia polmonare
• ridurre la sintomatologia e si basa su trattamento farmacologico
(anticoagulanti) e l’uso di bendaggi elastici (=elastocompressione)
eseguiti da personale specializzato.
117
I TUMORI
Il tumore è una neoformazione cellulare data da una proliferazione continua,
incontrollata e afinalistica di cellule che si sviluppa nell'ambito di un tessuto
dell'organismo.
Sappiamo che il nostro organismo si sviluppa da una cellula originaria unica (fusione
tra uovo e spermatozoo) che continua a dividersi successivamente.
Queste divisioni rappresentano una proliferazione controllata e con degli scopi ben
precisi che sono codificati nel DNA cellulare.
Sappiamo anche che una cellula prima di dividersi in due cellule figlie, raddoppia il
proprio DNA per poterlo ripartire in modo assolutamente uguale alle cellule figlie.
Le cellule normali di un tessuto sono uguali tra loro proprio perchè originano da una
stessa cellula capostipite, la quale ha trasmesso tramite il DNA alle cellule figlie i suoi
caratteri che comprendono sia il ritmo di crescita, che lo scopo di questa crescita.
Ebbene si è scoperto che da anni che nel DNA di tutte le cellule normali esistono due
geni chiamati l’uno ONCOGENE e l’altro gene ONCOSOPPRESSORE che regolano la
crescita delle cellule. Gli oncogeni stimolano la proliferazione cellulare, mentre gli
oncosoppressori la inibiscono.
In condizioni normali l’ONCOGENE e il gene ONCO-SOPPRESSORE sono in perfetto
equilibrio.
Sappiamo però che durante la fase della copiatura del DNA che precede ogni mitosi
possono avvenire delle MUTAZIONI nei geni copiati. Se la mutazione interessa il gene
ONCOSOPRESSORE, nella nuova cellula l’ONCOGENE non è più tenuto a bada dal
gene ONCOSOPRESSORE e l’equilibrio del ritmo di crescita della cellula può alterarsi.
118
Quando l’ONCOSOPPRESSORE è mutato e l’ONCOGENE è rimasto da solo, non è
detto che l’ONCOGENE sia attivato subito in senso tumorale, perché, a volte, possono
passare degli anni fino a che possa incontrare una sostanza cancerogena, ma quando
questo avviene, il tumore inizia a svilupparsi.
-‐ asbesto(=amianto)
A questo punto una volta che si forma una cellula tumorale, questa darà origine a
cellule figlie tutte con lo stesso DNA alterato e perciò tumorali che continueranno
a proliferare incontrollatamente e senza scopo.
Così vediamo che in mezzo ad un tessuto normale, compare una cellula tumorale
capostipite che darà origine a cellule figlie tutte tumorali.
Il momento iniziale è perciò l’”errore di copiatura” del DNA (una base azotata viene
persa, o sostituita, o aggiunta) in una determinata cellula che sta "duplicando"
il proprio DNA in attesa di dividersi in due cellule figlie, per cui una cellula figlia
viene ad avere un DNA con l’onco-soppressore alterato che lascerà quindi
l’ONCOGENE libero dall’essere attivato.
Ne consegue che solo una cellula che sta per dividersi corre il rischio di un errore di
"copiatura" del proprio DNA e non costruire più gli ONCO-SOPRESSORI.
C'è dunque un problema statistico di errore: più divisioni cellulari ci sono e più alta è la
possibilità della comparsa in seno a quel tessuto di una cellula tumorale.
Nel caso dei fumatori, la bronchite provocata dal fumo costringe le cellule dei bronchi
ad andare in mitosi per riparare il danno subito, rischiando così un "errore di copiatura
del DNA".
Un altro fattore che interviene nello sviluppo del tumore è il SISTEMA
IMMUNITARIO.
119
I globuli bianchi infatti sorvegliano i tessuti ed intervengono contro le cellule
tumorali che si stanno formando. Se il sistema immunitario non è molto
efficiente, o se le cellule tumorali sono troppe contemporaneamente, il tumore
non è bloccato sul nascere e può così svilupparsi.
Riassumendo:
, perché possa aver origine un tumore devono verificarsi queste 3 condizioni:
- agenti fisici (3%) : le radiazioni UV sembrano responsabili dei tumori della pelle,
le radiazioni ionizzanti (raggi X e atomiche) provocano tumori della pelle e del
sangue (leucemie, ecc)
120
I sintomi del tumore. Perché si può arrivare ad un quadro di grave
patologia?
Le cellule tumorali hanno un ritmo di crescita più rapido delle cellule normali per cui
necessitano di una gran quantità di sostanze nutritive che sottraggono al tessuto
normale circostante e successivamente all'intero organismo (dimagramento).
Le cellule tumorali avendo un ritmo di crescita più rapido delle cellule normali, vanno a
costituire una massa che si ingrandisce continuamente in mezzo ad un tessuto normale
andando a comprimere sia le cellule di tessuto normale che lo circondano, sia
comprimendo gli organi vicini.
Quindi riassumendo:
- sintomi da sottrazione di sostanze nutritive
(dimagramento o ridotta funzione di un organo)
ad es. il fegato- le cui cellule si vedono sottrarre le sostanze nutritive essenziali per la
loro funzione)
-sintomi da espansione
(- un bronco ostruito da un tumore che cresce nel lume
- la voce che cambia per un tumoretto delle corde vocali che ne altera la vibrazione)
- sintomi da compressione
- -( intestino ostruito da un tumore di un linfonodo vicino)
NB: il dolore è presente solo se sono interessate strutture che contengono recettori
del dolore (per cui l'entità del dolore non esprime in alcun modo l'entità ed il tipo di
tumore)
Tumore benigno
E' un tumore le cui cellule differiscono poco dalle cellule del tessuto di origine e che ha
la tendenza ad accrescere in modo espansivo costituendo così una massa circoscritta
e ben delimitata in seno al tessuto di origine.
Non bisogna dimenticare però che un tumore benigno può determinare gravi danni
all'organismo o addirittura portare a morte se cresce in organi vitali che praticamente
non possono essere operati. ( un tumore benigno del cuore o del cervello sono sempre
gravissimi)
121
Se si lascia crescere indefinitamente un
tumore benigno, questi diventando di
considerevoli dimensioni, può
comprimere degli organi vicini e creare
dei quadri patologici molto gravi.
(compressione delle vene cave, o
compressione dell'intestino o
compressione dell’esofago con
impedimento del transito intestinale).
Tumore maligno
E' un tumore le cui cellule si differenziano moltissimo da quelle del tessuto di
origine, hanno un carattere infiltrativo, cioè si insinuano facilmente tra quelle
del tessuto di origine tendendo praticamente a non stare unite.
Questo fa sì che l'erosione dei tessuti vicini sia massima con la conseguente
facilità ad intrufolarsi in un vaso sanguigno o linfatico venendo così trasportate a
distanza dal sangue o dalla linfa.
Appena trovano nuovamente una zona dove possono moltiplicarsi (ad esempio
un linfonodo o un tessuto come il polmone) danno origine ad un nuovo tumore
secondario identico a quello di partenza. Questo tumore secondario è chiamato
metastasi.
Le METASTASI
Sono dunque dei tumori maligni, che prendono origine da cellule staccatesi dal
tumore primitivo e che hanno scelto una delle due vie di propagazione: la via
sanguigna o la via linfatica.
Perciò le metastasi sono dei tumori identici al tumore primitivo.
122
La cellula staccatasi dal tumore primitivo sceglie, per moltiplicarsi, una zona
"tranquilla", dove cioè la corrente di sangue o linfa è rallentata e le permette di uscire
dai vasi per entrare in un nuovo tessuto a moltiplicarsi. Questa zona è rappresentata o
dai linfonodi o dai capillari dell'organo successivo che attraversa.
Per meglio capire questo concetto ci aiutiamo con degli esempi figurati:
Altro esempio: un tumore dello stomaco, tramite la vena porta, darà metastasi
prima al fegato, poi dal fegato, in secondo tempo al polmone, poi dal polmone
prenderà la grande circolazione e potrà propagarsi al cervello o a tutti gli altri
organi.
Altro esempio: un tumore al seno tramite la via linfatica darà metastasi prima ai
linfonodi ascellari, poi se continua la via linfatica, darà successive metastasi ai
linfonodi del torace, poi, entrando nella vena cava (la circolazione linfatica
termina infatti nella vena cava), si propagherà ai polmoni, e dai polmoni ,tramite
la grande circolazione darà metastasi a tutto il corpo: cervello e altri organi.
123
LA PREVENZIONE DEI TUMORI
Vista la enorme diffusione dei tumori, la loro gravità, e l’enorme impatto psicologico e
sociale che procurano, è di primaria importanza attuare un’efficace prevenzione, che
consiste in:
Prevenzione primaria (è l’insieme di quelle misure preventive che evitano l’insorgenza del
tumore):
- risanamento degli ambienti di vita e di lavoro
- campagne di informazione (igiene alimentare, sensibilizzazione
anti-fumo, evitare radiazioni
- eliminazione di tutte quelle patologie che potrebbero
rappresentare il punto di partenza del tumore (asportare certi nei,
curare i condilomi da papilloma-virus , asportare i polipi intestinali, ecc
Prevenzione secondaria:
- consiste in tutte quelle procedure che permettono una diagnosi precoce: visite
preventive, pap test, mammografia, autopalpazione, ricerca del sangue occulto
nelle feci ecc
Infatti l’esplorazione rettale, l’esame obiettivo e la palpazione del seno e dei testicoli sono i
mezzi più efficaci per la diagnosi precoce delle neoplasie dei rispettivi organi
I marcatori tumorali.
Gli esami radiologici di routine raramente evidenziano neoformazioni del volume inferiore ad
1 cm cubo, corrispondente circa ad cento milioni di cellule tumorali. Ciò ha suggerito la
ricerca nei liquidi biologici di molecole prodotte in modo specifico dalla cellula neoplastica:
queste sostanze sono i marcatori tumorali.
Prevenzione terziaria:
- consiste nel controllo dei malati dopo gli interventi chirurgici e/o sottoposti a
chemioterapia per individuare precocemente eventuali metastasi che provocano
la ricomparsa del tumore.
124
La TERAPIA dei tumori.
1) Chirurgica:
è la via di scelta nei tumori solidi benigni a patto che si sviluppino in organi operabili.
Nei tumori maligni è essenziale attuare una terapia chirurgica il più precocemente possibile
prima che si siano formate delle metastasi. Però, poiché molti tumori maligni hanno già dato
piccolissime metastasi al momento della diagnosi, si è soliti integrare il trattamento chirurgico
con altre metodiche, per ottenere il controllo locale e a distanza della neoplasia. Un esempio
classico à rappresentato dal carcinoma mammario localizzato che viene trattato con
metodica combinata chirurgica, radio e chemioterapia
A volte il chirurgo, convinto dalle analisi eseguite che un tumore sia operabile, inizia ad
operare il paziente e si trova davanti un quadro di inoperabilità che prima non era
possibile diagnosticare. In questo caso è costretto a "chiudere" l'intervento senza
asportare il tumore e si passa quindi ad altri tipi di terapia..
Infine, ma non per importanza, c’è la chirurgia ricostruttiva e plastica che partecipa alla
riabilitazione dei pazienti oncologici già operati; basti pensare alla ricostruzione del seno
dopo mastectomia (=asportazione del seno)..
2) RADIOTERAPIA:
Consiste nel sottoporre il paziente a delle radiazioni (raggi X e raggi gamma ottenuti
dal cobalto) prodotte da macchine molto sofisticate, che penetrando nei tessuti ne
distruggono le cellule.
I tessuti che richiedono una rapida e continua proliferazione delle cellule come la cute, il
midollo osseo e la mucosa gastrointestinale sono i più soggetti ad essere lesionati (stomatiti,
diarrea, leucopenia).
Vengono effettuati, inoltre, dei periodi di riposo tra i vari cicli di applicazioni radianti, per
permettere al paziente di riprendersi dalla tossicità acuta (cioè delle cellule sane
distrutte
Le radiazioni si usano nei tumori maligni anche per colpire le metastasi dopo che, con
la terapia chirurgica, è stato asportato il tumore primitivo.
125
3) FARMACOLOGICA (= chemioterapia)
E’ una terapia che si attua con farmaci che dovrebbero portare all’eliminazione delle cellule
tumorali preservando la salute di quelle sane. Questo è vero solo in teoria perché in pratica non
esistono chemioterapici in grado di agire in modo esclusivo sulla massa tumorale, e di non
presentare effetti collaterali su altri tessuti dell'organismo.
La chemioterapia si usa nei tumori maligni per colpire le piccole metastasi dopo aver
estirpato chirurgicamente il tumore maligno primitivo, oppure in quei tumori maligni che non
sono tecnicamente operabili (perché è troppo rischioso l’intervento o perché riguardano
organi che non sono raggiungibili anatomicamente): i tumori del sangue(leucemie).
La causa più frequente del fallimento della chemioterapia è la resistenza ai farmaci cioè
all’interno del DNA della cellula tumorale una mutazione di un gene la rende resistente al
farmaco della chemioterapia.
Per questo motivo si fanno cicli di chemioterapia usando più farmaci con meccanismi di azione
diversi ed è più difficile che la neoplasia sviluppi resistenza a tutti.
LA TERAPIA PALLIATIVA
La terapia palliativa è una terapia che non ha come scopo la guarigione del paziente ma mira
solo a migliorare la qualità di vita. Si usa nelle patologie (come i tumori o le malattie croniche)
nelle quali non c’è più speranza di arrivare ad una guarigione e servono per rendere più
accettabile e senza sofferenza il periodo che resta da vivere al paziente.
terapia palliativa chirurgica ad es. un paziente con un tumore maligno con tante metastasi
da essere inoperabile, sviluppa un blocco intestinale perchè una metastasi gli ha occluso
l'intestino. Ebbene in questo caso il chirurgo attua un intervento per estirpare la metastasi
interessata ed il paziente, pur mantenendo il tumore con la sua naturale evoluzione, non è
condannato a morire in pochissimi giorni a causa dell'occlusione dell'intestino.
terapia palliativa con radioterapia A volte con la radioterapia si interviene per ridurre le
dimensioni di un tumore, giudicato inoperabile, ma che in questo momento sta occludendo
qualche via o respiratoria o digerente
126
PATOLOGIE DELL’APPARATO
CARDIOCIRCOLATORIO
- edema agli arti inferiori specie nel caso di malattie del cuore destro
127
- modificazioni della funzione cerebrale dovute al fatto che la malattia
cardiaca riduce l'apporto di sangue al cervello, con conseguenti:
- perdite momentanee della coscienza
- capogiri
- confusione mentale. (Anche questo sintomo non è tipico delle
patologie cardiache perchè si riscontra nei casi di scarsa
irrorazione cerebrale
ANGINA PECTORIS
E' un forte dolore al petto che blocca il soggetto durante il lavoro o lo sforzo che sta
eseguendo. Nell'anziano spesso il dolore è più diffuso e di minor intensità che
nell'adulto.
Fisiopatologia:
le coronarie sono affette da aterosclerosi, cioè hanno una placca aterosclerotica
che restringe parzialmente il lume della coronaria. Quest’arteria dal lume lascia
passare la quantità di sangue necessaria alle richieste normali del cuore, ma in
caso di improvviso maggior lavoro del cuore, (ad esempio per uno sforzo) non
riesce ad allargarsi tanto da lasciar passare la quantità maggiore di sangue
richiesto.
In questo caso c'è la sofferenza delle cellule del miocardio, con la comparsa del
dolore.
NB: ricordiamo che le coronarie hanno una distribuzione terminale per cui
se conducono meno sangue vanno a soffrire i territori di cellule a valle del
restringimento.
Teniamo presente che questa sofferenza può comparire anche per l'effetto
improvviso della nicotina (sigarette) o di altre sostanze che provocano
restringimento delle coronarie.
128
Sintomi: (negli anziani la sintomatologia non è sempre così evidente):
- dolore acuto al petto con irradiazione al braccio sinistro.(il dolore non cessa
assumendo vasodilatatori (trinitrina)
- sensazione "soggettiva di morte".
- Sudore, cute pallida, ipotensione.
- negli anziani è frequente anche una sintomatologia cerebrale , dovuta al fatto che il
cuore malato non invia sufficiente sangue al cervello:
- stato confusionale
- capogiri o perdita di coscienza fino ad arrivare al coma
Diagnosi:
- con E.C.G. (elettrocardiogramma)
- misurando l'aumento degli enzimi cardiaci nel sangue (= dalla cellula morta
escono delle sostanze chiamate enzimi che si riversano nel sangue.
LE ARITMIE
Sono dei disturbi del ritmo cardiaco dovuti a lesione del tessuto di conduzione.
Il cuore può battere più veloce o più adagio del normale o in modo irregolare in
modo che in certi momenti esistono una serie di battiti rapidissimi uno di seguito
all'altro, seguiti da pause dove i battiti tornano regolari oppure molto rallentati.
E' chiaro che una serie di battiti veloci non permettono al cuore di riempirsi
adeguatamente prima di spremersi e una serie di battiti lentissimi non spingono in
circolo abbastanza sangue. Dunque le aritmie comportano in ogni caso periodi di
mancanza di una sufficiente quantità di sangue in circolo con conseguenze,
anche gravi, per organi molto sensibili come il cervello.
Il paziente con aritmia, ogni volta che i battiti accelerano sopra un dato limite o
rallentano sotto un dato limite, si sente svenire, può perdere conoscenza e, se
l'aritmia perdura nel tempo interviene la morte per insufficiente quantità di sangue
spremuta in circolo.
Da ciò se ne deduce che le aritmie (salvo le extrasistoli che sono dei battiti aggiuntivi
che ogni tanto si inframmettono nel battito normale) sono sempre gravi e devono
essere sempre curate.
a) EXTRASISTOLI
sono dei battiti in più che compaiono ogni tanto, inseriti in un ritmo
normale. ( sono tra l'altro frequenti anche nelle persone sane molto
emotive).
129
- Una sola extrasistole ogni tanto non porta conseguenze, ma, se si
susseguono in modo ripetuto diventano una serie di battiti accelerati e non
danno il tempo al ventricolo di riempirsi adeguatamente.
b) FIBRILLAZIONE ATRIALE
è il battito cardiaco con un ritmo superiore a 350 battiti al minuto. In questo
modo l'atrio "sfarfalla" cioè è sottoposto ad una specie di vibrazione; se questo
ritmo si trasmettesse al ventricolo anche il ventricolo entrerebbe in fibrillazione ed
il sangue non circolerebbe. In pratica, per fortuna, si istituisce un "blocco" del
tessuto di conduzione tra l'atrio ed il ventricolo, per cui il ventricolo continua a
battere con un suo ritmo normale anche se l'atrio " è impazzito".
- E' molto frequente nell'anziano che quasi può anche non accusare alcuna
sintomatologia. La “non spremitura dell’atrio” comporta però all’interno dell’atrio
stesso delle zone dove il sangue ha il flusso rallentato e questo può portare alla
formazioni di trombi e secondariamente degli emboli, per cui questi pazienti sono
mantenuti sotto anticoagulanti (CUMADIN)
c) FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
E' una condizione rapidamente mortale (minuti), e perciò gravissima, che
consiste nella sola "vibrazione” dei ventricoli che in pratica “sono fermi” e non
spingono il sangue. E’ la stessa situazione dell’arresto cardiaco e se non si
interviene rapidamente con un "defibrillatore elettrico" l'individuo muore.
SINTOMI
I segni sono gli stessi dell'ARRESTO CARDIACO: perdita di coscienza,
arresto del respiro, assenza dei polsi e assenza del battito cardiaco
LO SCOMPENSO CARDIACO
è l'incapacità del cuore a mandare in circolo (grande o piccolo circolo) il
sangue sufficiente a soddisfare le richieste del momento con conseguente
sintomatologia dipendente sia dalla insufficiente quantità di sangue che arriva
in un dato territorio, sia dal ristagno di sangue in uno dei due circoli (grande o
piccolo).
Cause:
L'insufficienza cardiaca si sviluppa in genere in seguito a una lesione cardiaca,
ad esempio in conseguenza di un infarto del miocardio, di un'eccessiva
sollecitazione cardiaca dovuta a un'ipertensione non trattata per diversi anni o
in conseguenza di una disfunzione valvolare.
130
Osserviamo il seguente disegno dove è schematizzata la grande e la piccola
circolazione:
Cuore
sano
Se l'organismo richiede più sangue nella grande circolazione (ad esempio correndo o
digerendo) il cuore aumenta la forza della sua contrazione e spinge 4 litri di sangue al
minuto. Contemporaneamente deve seguirlo anche il cuore dx che aumenta la sua spinta
fino a far circolare nella piccola circolazione i 4 litri di sangue al minuto.
Se l'organismo richiede ancora più sangue il cuore spinge 6 litri di sangue al minuto nella
grande circolazione ed anche il cuore dx lo segue spingendo i 6 litri di sangue al minuto nella
piccola circolazione.
Concludendo se il cuore è sano e non presenta dei difetti il cuore dx ed il cuore sx lavorano
in sincrono e in un minuto il sangue che circola nella piccola circolazione è lo stesso
della grande circolazione.
a) SCOMPENSO SINISTRO
131
se invece cede il ventricolo dx avremo uno:
b) SCOMPENSO DESTRO
Sintomatologia:
I sintomi dell'insufficienza cardiaca (=scompenso cardiaco) non sono sempre chiari
soprattutto se lo scompenso si instaura lentamente, poi compaiono, aumentando
progressivamente, facile affaticamento, o la sensazione di "fame d'aria" (=dispnea)
ed edemi periferici.
A seconda del "grado di sfiancamento" di uno dei due ventricoli rispetto all'altro, lo
scompenso cardiaco può essere ad insorgenza acuta (vedi quando porta
all'edema polmonare) o instaurarsi molto più lentamente permettendo così
l'intervento medico.
Le situazioni che portano il cuore già malato a “scompensarsi del tutto” sono
situazioni che in modo rapido vanno a sovraccaricare il cuore in modo
scompensarlo sono:
- infezioni respiratorie (polmonite)
- anemie
- ipertiroidismo
- aritmie
- aumento di peso
- attività fisica eccessiva
- alcuni farmaci
132
PATOLOGIE più comuni
dell’ APPARATO RESPIRATORIO dell’anziano
Nell'anziano la gabbia toracica si irrigidisce, il tessuto polmonare perde di elasticità e di
funzione, diminuisce la forza contrattile della muscolatura respiratoria. Per tutte queste
ragioni c'è una limitata capacità respiratoria.
A questo si aggiunge una caduta delle difese dell’apparato respiratorio dovuto una
diminuzione delle ciglia tracheo-bronchiali ed una diminuzione del riflesso della tosse per
cui le infezioni respiratorie attecchiscono meglio che nel giovane.
CONCLUSIONI:
Presentando dunque una limitata capacità respiratoria di base, l'anziano soffre molto
di più le patologie respiratorie che lo colpiscono rispetto a un giovane che ha
l’apparato respiratorio integro.
NB: è da segnalare che nell'anziano la capacità dei tessuti di "sfruttare"
l'ossigeno mandato nel sangue diminuisce, per cui l'ossigeno, oltre che essere
diminuito è anche sfruttato poco, peggiorando la situazione generale.
Nell'individuo che ha sempre praticato una vita attiva e sportiva lo "sfruttamento"
dell'ossigeno anche se è diminuito rimane sempre più alto di quello di un pari età
che ha fatto una vita sedentaria.
Per fare un esempio, un individuo di 65 anni con una vita moderatamente attiva
risulta dal punto di vista respiratorio 15 anni "più giovane" del suo coetaneo
sedentario.
133
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
E' l’incapacità del sistema respiratorio (polmone, bronchi, trachea, laringe, ecc))
di assicurare un adeguato scambio gassoso a livello degli alveoli sia sotto
sforzo che a riposo.
Quadri clinici:
INFLUENZA
- è un’infezione di origine virale per contagio diretto inalando il virus disperso
nell'aria dopo che vi è stato appena emesso con tosse e starnuti dall'uomo malato.
- Agente favorente è l'ARIA SECCA che toglie umidità al muco diminuendo la sua
azione di difesa.
SINTOMI:
febbre, stato di malessere, cefalea, indolenzimento, brividi, irritazione delle vie
respiratorie. Nell’anziano che soffre già di altre patologie respiratorie e che
perciò ha una capacità polmonare ridotta, l’influenza rappresenta sempre un
evento grave perché sottrae ulteriormente capacità respiratoria in modo rapido.
COMPLICANZE:
la mucosa, già lesionata dal virus, può essere sede di attacco batterico con
conseguente sovrapposizione di bronchiti e broncopolmoniti batteriche.
NB: nell'anziano la risposta immunitaria è più lenta perciò la produzione di
anticorpi è minore.
Presidio terapeutico:
- molto utile è la UMIDIFICAZIONE dell’AMBIENTE: stracci bagnati sui termosifoni
e inalazioni di vapori d'acqua a concentrazione fisiologica (1 litro di acqua + 9
grammi di sale da cucina)
134
POLMONITI E BRONCOPOLMONITE
in genere sono infezioni dei polmoni e dei bronchi causate da batteri. che, trovano un
terreno dove le difese sono calate o esiste una difficoltosa eliminazione dell’escreato come
nel caso di una prolungata immobilizzazione a letto.
Sono sempre evenienze gravi nell’anziano perché tolgono rapidamente capacità polmonare
ad un soggetto che l’ha già ridotta.
SINTOMI:.
- febbre
- tosse,
- espettorazione muco purulenta,
- dispnea intensa,
- cianosi,
- dolore toracico puntoreo
• ENFISEMA POLMONARE: che è la rottura dei setti degli alveoli polmonari con
diminuzione della superficie respiratoria, perché dove c’era un gruppo di alveoli ne
deriva uno solo che ha meno superficie. La rottura dei setti è dovuta anche alla
perdita dell'elasticità complessiva del polmone dovuta al progredire dell’età.
L'elasticità è importante perchè più un polmone è elastico, più può espandersi e
incamera più aria durante l'inspirazione.; ne consegue che se è meno elastico, l'aria
utilizzata è minore.
Il problema del paziente affetto da BPCO è che ha una superficie respiratoria ridotta
per cui lo svolgimento di attività poco dispendiose può essere asintomatico ma appena
il paziente compie uno sforzo anche piccolo compare la dispnea.
135
EDEMA POLMONARE
gravissima affezione acuta (=che si instaura in brevissimo tempo) dei polmoni
caratterizzata dalla penetrazione di liquido (proveniente dal sangue della piccola
circolazione) negli alveoli polmonari.
Questo liquido infiltra sia il tessuto tra gli alveoli sia gli alveoli stessi riempendoli ed
impedendo che in essi avvengano gli scambi respiratori.
PNEUMOTORACE
è la presenza di aria nella cavità tra le due pleure con conseguente rimpicciolimento
(= collasso) del polmone dell'emitorace interessato.
Ricordiamo che il polmone rimane espanso se tra le due pleure rimane il vuoto
aspirato(=pressione negativa) e con solo un film di liquido; i foglietti pleurici
rimangano così uniti come una ventosa (se dovesse entrare aria i foglietti si
staccano).
Sintomi:
il pneumotorace è un incidente grave per la grave insufficienza respiratoria
che produce e per l'intervento medico che richiede.
All'operatore si richiede di tener presente questa patologia (per poter
attivare l'intervento di soccorso) ogni qualvolta si è in presenza di traumi al
torace (tipo la caduta contro lo spigolo di un tavolo) seguiti da una grave
difficoltà respiratoria.
136
PATOLOGIA
DELL' APPARATO DIGERENTE
Tutto questo porta a una progressiva maldigeribilità dei cibi, ad un loro ridotto
assorbimento con conseguente ripercussione sul resto dell'organismo.
Complessivamente però se la dieta è sufficiente, ragionata ed equilibrata,
l'apparato digerente rimane ancora in grado di svolgere una funzione
accettabile.
VOMITO
è un sintomo molto frequente nell'anziano, e spesso è resistente a qualsiasi
terapia. Consiste nell'improvvisa emissione dalla bocca di materiale contenuto
nelle cavità del tubo digerente.
può essere causato da:
• infiammazioni dell’apparato digerente(gastroenterite, pancreatiti,
colecistiti, appendicite, epatite
• stimoli tossici (alcol, droghe, sostanze emetiche (=che fanno vomitare)
tossiche)
• ostruzioni dell’app.digerente (stenosi pilorica, blocco intestinale
chiamato “ileo)
• patologie renali che portano a un tasso alto di urea che ha un’azione
tossica sul cervello
• patologie del sistema nervoso (meningiti, traumi cranici)
137
Dall’osservazione del vomito si possono ricavare numerose informazioni sulle
patologie eventualmente presenti nell’apparato digerente.
Se il vomito persiste può portare ad uno stato di disidratazione e di squilibrio
elettrolitico, perché col vomito si perdono molti sali che sono essenziali per
la funzione muscolare.
Dopo un episodio di vomito (se le condizioni lo consentono), la cosa più
importante da fare è bere a piccoli sorsi una bevanda a temperatura ambiente
che contenga sali minerali.
E' ovvio che l'alimentazione deve essere sospesa fino alla cessazione del
sintomo che può avvenire spontaneamente o tramite farmaci.
1) LA STIPSI
è l'eliminazione di feci dure, consistenti, rallentate nel tempo (tener presente
che l'EVACUAZIONE o ALVO NORMALE è: da 2 volte al giorno a 1 volta ogni
due giorni).
Cause della stipsi:
- patologie che tendono a ostacolare il regolare transito intestinale (es. tumori)
- intestino crasso poco pieno (per digiuno o per cibi che danno poche scorie
o per scarsa assunzione di liquidi)
se il colon è flaccido, non ha una valida motilità perciò il movimento delle
feci nel colon è rallentato. Le feci stazionando un tempo maggiore
nell'intestino, subiscono in più un maggiore riassorbimento di acqua per
cui induriscono ulteriormente con la formazione di FECALOMI.
- inattività fisica che diminuisce il tono di tutta la muscolatura, anche quella
del colon. . Teniamo presente che nell'anziano i muscoli sono ipotrofici e
perciò esercitano una "spinta peristaltica" debole. Anche questo è causa
di FECALOMI.
- abuso di lassativi (che hanno "sfiancato" le pareti del colon)
- stati di depressione o cambio di ambiente (agiscono sul sistema nervoso
simpatico)
Terapia: (una volta accertato che la stipsi non dipende da patologie specifiche come
ad es. un tumore), la terapia migliore è quella preventiva che si basa su:
Nel caso di stipsi ostinata la terapia prescritta dal medico si basa sull'uso
dei lassativi e dei clisteri.
138
NB: Nel caso di stipsi con spasmi intestinali (la presenza di dolore è
sintomo di infiammazione intestinale) la dieta invece deve essere
leggera e povera di scorie per mettere a riposo l'intestino.
L'aumento delle scorie verrà fatto successivamente in modo
graduale.
- i lassativi (o purganti):
- sono sostanze che agiscono stimolando la peristalsi con meccanismi
diversi, in modo blando o violento. I lassativi svuotano completamente
il colon, e affinché questo si riempia e si formino di nuovo le feci
occorrono 2 giorni di alimentazione normale. (tener presente che l'uso
dei purganti, essendo in genere sostanze irritanti, ha delle
controindicazioni: NB: non vanno usati i lassativi se è presente dolore
che potrebbe essere spia di una infiammazione intestinale, perché così
si verrebbe ad aumentare ulteriormente l'infiammazione con il rischio di
una perforazione intestinale.)
- clisteri
- Sono eseguiti con l'impiego di circa mezzo litro di acqua tiepida
(semplice o mescolata a diverse sostanze: infuso di camomilla,
sapone, glicerina, olio di oliva emulsionato, ecc.) fatta defluire
attraverso una cannula anale, molto lentamente e a bassa
pressione affinché il paziente possa trattenere il liquido senza che
si scateni immediatamente il riflesso alla defecazione.
Solo dopo mezz'ora, quando il liquido si sarà mescolato con le feci
ristagnanti o avrà stimolato convenientemente la peristalsi, potrà
essere emesso il tutto.
Eventualmente, se occorre, il clistere potrà essere ripetuto dopo
breve tempo.
139
2) DIARREA
è l'evacuazione di feci abbondanti liquide o semiliquide ripetutamente
nel corso della giornata.
Ricordarsi che la diarrea è un sintomo non una malattia e può avere molte
cause:
140
Le EMORRAGIE dell’apparato digerente
Sono perdite di sangue, causate dalla rottura di vasi sanguigni che si trovano
sulle pareti dell’apparato digerente e che si riversano nel lume
dell’apparato digerente e sono portate all’esterno o con il vomito o con
le feci
Sintomi:
oltre alla constatazione della perdita di sangue possono subentrare i sintomi
dell’anemia (stanchezza, debolezza, dispnea) soprattutto se la perdita è di lieve
entità e prolungata nel tempo.
141
OCCLUSIONE INTESTINALE o ILEO
grave patologia che consiste dall'arresto dell'avanzata, del contenuto
dell'intestino (solidi, liquidi e gas). In questo modo i liquidi che sono stati
versati nel lume dell'apparato digerente (saliva, succhi gastrici, pancreatici,
biliari) non vengono più riassorbiti creando un grave squilibrio nei liquidi
circolanti.
142
LA STOMIA
(ANO ARTIFICIALE)
Possiamo avere principalmente due tipi con posizioni diverse della stomia:
L'ano artificiale può presentare per il paziente una serie di disagi legati a:
- non accettazione della nuova situazione
- inadeguato insegnamento e cattiva esecuzione delle norme per la cura della
stomia.
143
1) igiene della stomia:
- Dopo aver staccato la sacca, la cute circostante lo stoma deve essere tenuta
solamente pulita mediante lavaggi con acqua e sapone e staccando con le dita i
residui dell'adesivo della sacca. Molto raramente può essere necessario, per
staccare completamente la colla, aiutarsi usando delicatamente una garza imbevuta
di solvente eseguendo piccole e delicate tamponature della pelle.
L'igiene generale (la doccia o il bagno) possono essere praticati mantenendo il
sacchetto in sede se è vuoto, o togliendolo prima, se è già avvenuta l'evacuazione
delle feci.
2) Sostituzione della sacca: a seconda dei tipi in commercio può essere applicata
direttamente alla cute oppure attaccata ad una placca che è stata adesa intorno allo
stoma. In questo secondo modo è possibile cambiare senza problemi due o tre volte
la sacca senza che la cute ne soffra; la placca si può così cambiare più di rado a
tutto vantaggio della cute. La pelle attorno alla stomia è molto delicata e necessita di
attenzioni e cure igieniche ogni giorno. E’ continuamente esposta a sollecitazioni
meccaniche durante il cambio dei presidi e a irritazioni chimiche causate dalle feci.
L'importante è che la parte adesiva sia solo a contatto della pelle e non della
mucosa intestinale che si vede fuoriuscire dallo stoma (come se fosse un labbro).
Al momento dell'applicazione il paziente deve un po' inarcare la schiena in dietro per
distendere bene la pelle. L'adesivo va compresso dal centro alla periferia, e la cute
deve essere ben asciutta.
La sacca usata, staccata dalla cute, va svuotata nel W.C. e gettata nelle immondizie
dopo averla ripiegata su se stessa e incollata.
144
PATOLOGIE DEL FEGATO
Richiamo anatomico
Nella cellula epatica che si comporta come un'attrezzatissima officina si compiono
i seguenti processi:
- elaborazione degli zuccheri:
- elaborazione delle proteine:
- funzione detossificante: il fegato inattiva molte sostanze tossiche (tra le quali
molti farmaci) che sono state ingerite o si sono formate all'interno
dell'organismo, trasformandole in sostanze inerti che saranno poi smaltite dal
rene.
- eliminazione dei cataboliti: trasforma le scorie cellulari che vi arrivano col
sangue in UREA che sarà eliminata dal rene.
- formazione della bile: "smontando" l'emoglobina dei globuli rossi ormai usurati
e "tolti dalla circolazione" dalla milza.
E' evidente che qualsiasi processo patologico che interessa il fegato porterà a
una diminuzione delle sopracitate funzioni con ripercussioni su tutto l'organismo.
L' ITTERO
Si definisce ittero la colorazione giallastra della pelle, delle sclere e delle mucose
causata dall'eccessivo innalzamento dei livelli di bilirubina nel sangue.
Il valore normale della bilirubina totale (indiretta + diretta) è di 1mg/100 ml di
sangue
Affinché l'ittero sia visibile a livello delle sclere (la zona bianca visibile dell’occhio) il
livello totale di bilirubina deve superare 2mg/100 ml. Quando invece l’ittero è visibile
sulla cute e sulle mucose il valore deve superare i 4,5 mg/100 ml.
- quando i globuli rossi sono invecchiati, sono distrutti principalmente dalla milza
e dall'emoglobina fuoriuscita dai globuli rossi viene staccato il ferro che verrà
riutilizzato e resta in questo modo la globina che viene ulteriormente ridotta a
Bilirubina indiretta e viene riversata nel sangue
- la bile passata nel duodeno, emulsiona i grassi nel processo della digestione e
conferisce il caratteristico colore marrone alle feci
145
Analizziamo ora 3 casi di aumento della bilirubina che si traducono
nella comparsa di ittero:
- 1 caso: ITTERO PREEPATICO (la causa è una distruzione eccessiva di globuli
rossi per vari motivi.)
in questo caso arriva al fegato troppa bilirubina indiretta che non riuscendo ad
essere smaltita dal fegato resta nel sangue in abbondanza e avremo:
• aumento della bilirubina indiretta
• normale bilirubina diretta
• feci normalmente colorate
• urine colorate normalmente
STEATOSI EPATICA
é un accumulo di grasso nelle cellule epatiche, in genere causata da
un abuso di sostanze alcooliche che alterano la capacità delle cellule
epatiche di elaborare e smaltire i grassi che vi arrivano.
146
CIRROSI EPATICA
è la sostituzione del tessuto necrotico del fegato con un tessuto
duro fibroso senza alcuna capacità di funzionamento.
1) edemi generalizzati
per mancanza di formazione dell'albumina, a livello dei capillari c'è la
fuoriuscita di liquidi che non rientrano più nei capillari sanguigni, per cui i
tessuti si imbibiscono di liquidi con formazione di :
- edemi periferici (il cirrotico è gonfio)
- ascite (edema della cavità addominale)
- versamento di liquido a livello delle pleure
147
GLOSSARIO SINTOMATOLOGICO
sono la più frequente causa di febbre negli anziani. Hanno per lo più origine
ascendente (=dall'uretra verso il rene) e se cronicizzano possono portare
all'insufficienza renale.
NB: nella donna l'uretra corta favorisce la risalita dei germi che
prolificano poi nell'urina.
Sintomatologia:
- bruciore a urinare (=stranguria) e a volte dolore in sede renale
- minzione frequente e di piccole quantità di urina (=pollachiuria)
- febbre (di vario tipo, capricciose, senza regola)
NB: sempre pensare a un'infezione delle vie urinarie quando c'è
febbre nell'anziano.
- presenza di sangue nelle urine (= EMATURIA)
NB: A volte questi segni sono così sfumati che si riducono solo alla presenza di
batteri nell'urina.
EVOLUZIONE
Se queste infezioni si presentano frequentemente tanto da essere
considerate croniche, possono portare in tempi più o meno lunghi
all'INSUFFICIENZA RENALE.
INSUFFICIENZA RENALE
148
È una gravissima situazione patologica che consiste nell’insufficienza del rene a
compiere la funzione di depurare il sangue dall’urea che così si innalza nel sangue
fino a risultare tossica.
L’insufficienza renale è indice che il rene è gravemente lesionato, in genere in modo
irreversibile.
A questa condizione l'anziano arriva più facilmente perché i suoi reni, che
hanno un numero di nefroni ormai sclerotici, lavorano già in condizioni limite.
Cause:
pre-renali (da cause precedenti al rene)
- insufficienza cardiocircolatoria
- disidratazione, emorragie, ustioni, shock da traumi, stati febbrili protratti
La terapia consiste nella dialisi periodica. Questa consiste nel far passare il sangue
del paziente attraverso una macchina che lo depura dall’urea.
La dialisi è eseguita due volte la settimana in ambiente ospedaliero appositamente
attrezzato.
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- controllo a feed-back:
nella vescica ci sono dei sensori che "sentono" se è vuota o piena
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RITENZIONE DI URINA
E' l'impedimento parziale o totale all'emissione dell'urina che si trova nella vescica.
E’ una situazione grave che richiede un rapido intervento di svuotamento della vescica
tramite un catetere inserito nell’uretra
Cause:
- tumori voluminosi della prostata nel maschio, e il prolasso uterino nella
donna che, schiacciando l’uretra impediscono all’urina di uscire.
- indebolimento dei muscoli della vescica che non riescono più a "spremere"
all'esterno l'urina. Questo è il caso di persone indebolite e allettate da
lungo tempo.
- perdita dello stimolo nervoso della minzione per lesioni dei nervi che
innervano la vescica (ictus, lesioni del midollo spinale, ecc)
- abuso di sedativi
INCONTINENZA URINARIA
é l'emissione involontaria di urina, per la perdita della capacità di controllarne
volontariamente l'emissione.
Nell'anziano rappresenta un problema molto frequente, soprattutto nei soggetti
ospedalizzati o istituzionalizzati e in particolar modo nei soggetti di sesso
femminile.
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