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29 Agosto 2020 il giorno dopo l’esondazione della Val Rabbia

Oggi 29 Agosto è “il giorno dopo” l’esondazione della Val Rabbia nel 2020 e nulla ha mai
lo stesso sapore del giorno immediatamente successivo a un fatto.

Un soffio di aria umida vaga ancora su case e strade inzuppate di acqua. Nuvole basse e
gonfie sfiorano i tetti creando immagini frammentate che ingannano lo sguardo.

La striscia che disegna il percorso della strada statale, unico collegamento del paese con il
resto del mondo, è evidenziata da una fila continua di macchine che si sposta da un corsia
all’altra con circolazione alternata.

Uno strano silenzio porta l’atmosfera sul piano sospeso di attesa incerta e speranzosa ma
sembra cozzare contro ogni reale previsione, il pericolo non è passato.

Il soffio più intenso dell’aria, il rumore delle gocce che con ritmo improvviso e violento si
frantumano al suolo, il suono continuo di sirene di pompieri raccontano una storia di
sofferenza.

Questa notte la Val Rabbia, il nostro torrente di nome e di fatto storicamente minaccioso
ha di nuovo oltrepassato i limiti del suo percorso.

In seguito a forti piogge e scossoni di tuoni che hanno messo in movimento il suolo si è
ingrossato ed ha invaso il suo letto allargato rischiando di creare grossi problemi a tutta la
Valle Camonica.

L’incontrollato spostamento a valle di acqua e di fango proveniente dai depositi situati sui
versanti delle montagne dove trova sede il suo corso ha fatto tremare di rumore e di paura
per molte ore.

Un grosso rischio per tutti, in particolare per il paese di Rino che confina con esso ed è già
provato dalle discesa delle colate degli anni precedenti, un grosso rischio per la
circolazione sulle principali vie di comunicazione.

L’accumulo di parte del materiale trasportato ha rischiato di invadere la carreggiata della


SS 42 nel tratto in cui la Val Rabbia confluisce con il fiume Oglio che lambisce la strada
statale.

Questi eventi hanno minacciato e minacciano i nostri centri abitati da quando la quota
dello zero termico si è innalzata e anche quello di stanotte si è presentato veloce e
fragoroso, ahimè puntuale come previsto dai meteorologi, una carezza gelida in una notte
scossa da tuoni e lampi.

Le luci erano accese in molte case, le finestre aperte e tante le voci allarmate che si
percepivano attutite dalla nebbia, in guardia alla finestra o sui balconi tentavano di
interpretare i rumori della notte per capire cosa stesse succedendo.

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I commenti molto preoccupati sui social aggiungevano ansia alla nota sensazione di
impotenza e di già vissuto che si ripeteva mentre il lampeggiare freddo delle sirene
riportava sensazioni mai dimenticate.

Intanto all’orizzonte i fulmini scaricavano la loro elettricità illuminando il confine tra le


montagne e il cielo.

Così lo scorrere delle ore alimentava l’insonnia e il desiderio dell’alba cresceva nella
speranza di capire cosa fosse realmente successo.

Al mattino prestissimo il richiamo per una visita al letto del torrente in subbuglio è più
forte della paura e una fuga per raggiungere il luogo più avvicinabile è d’obbligo.

Non si deve, non si può, non serve ma si va.

Ed ecco che i volti delle persone che si incontrano ogni giorno, quasi scontati nella nostra
quotidianità, sembrano improvvisamente più interessanti, hanno l’alone dei sopravvissuti.
Sono tesi, attenti, imbacuccati e silenziosi, si può fortunatamente parlare di pericolo
scampato ma è successo qualcosa di molto grande e pericoloso, qualcosa che ci accomuna
tutti e ci toglie dai pensieri individuali, siamo gli abitanti di questa terra scombussolata e a
noi molto cara e questo ci fa sentire fratelli.

Mentre ci si avvicina al grande ponte, rimasto illeso e perfettamente solido sul corso
d’acqua ora quasi tutto fangoso, si sente l’odore acre di terra bagnata e marcia mossa da
poco.

Le fronde degli arbusti rimasti sugli argini sono inondate dalla melma e ondeggiano come
sculture di cemento in movimento.

Le forze dell’ordine e i responsabili dell’amministrazione delle decisioni cruciali in piena


attività sono in nella fase di valutazione urgente per costruire strategie di tutela e correre
ai ripari.

Si guardano gli altri ma ci si sfiora soltanto, il virus che dilaga quest’anno impedisce una
condivisione spontanea, si cerca nel contatto ridotto un poco di coraggio, è bello essere
uniti e solidali, attenua la sensazione d’impotenza.

La colata detritica è stata forte, la montagna provata delle intense piogge ha rilasciato nel
letto del torrente una grande quantità di componenti di varie dimensioni, macigni enormi
e ghiaia.

Fortunatamente tutto sembra sotto controllo, l’immane lavoro di contenimento realizzato


negli anni scorsi ha contrastato lo scarico violento e abbondante, nessun danno a persone o
cose.

La lotta tra l’uomo e la natura resta serrata, il paesaggio è violentato, le previsioni meteo
sono pessime e i rischi ancora in agguato.
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Niente quiete dopo la tempesta, niente tregua, siamo piccoli e la natura ha infranto le
regole che non le corrispondono più.

Si rientra a casa, lo sguardo sul nostro arco di spazio quotidiano, amico o nemico? Culla o
gabbia? Forse lo guardiamo troppo poco o solo quando ci serve ma sembra bellissimo
anche disastrato.

Forse la colata è una lacrima scesa che poi si asciugherà. Riporto una frase molto dolce
trovata sui social e riferita alla Val Rabbia:”… purtroppo lei è così’” e nessuno potrà mai
disgiungere l’uomo dalla natura e viceversa per il vitale legame che li lega anche quando
uno di essi prende un’altra strada rischiando di far morire l’altro.

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