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La responsabilità ex D. Lgs. 231/2001
Agenda:
1. Etica e legalità in azienda
2. Responsabilità ex D. Lgs. 231/2001.
3. Il catalogo dei reati presupposto.
4. I reati contro la P.A.
5. Questioni generali in tema di reati contro la P.A.
6. Esempi di contestazioni 231 in tema di reati contro la P.A.
7. Focus su specifiche questioni in tema di reati contro la P.A.:
1. Come gestire i rapporti con i pubblici ufficiali?
2. La scelta dei sub-fornitori come strumento per remunerare il P.U.
3. Gruppi di imprese e «trasversalità» all’interno delle società:
l’inquadramento del corruttore all’interno di una delle società del
gruppo e la segregazione tra le diverse legal entities.
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1. Etica e legalità in azienda
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«Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio
che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del
proprio interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro
egoismo…»
[A. Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, 1776]
Art. 41 Cost.
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare
danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali.
Azionisti
Obiettivi di medio-lungo periodo
• Aumento durevole del valore della società;
• Massimizzazione del profitto della remunerazione del capitale di rischio nel lungo periodo;
• Altro
Management
Obiettivi di breve-medio periodo (3-5 anni)
• Massimizzazione della remunerazione (stipendi, bonus);
• Massimizzazione del fatturato;
• Aumento dei privilegi personali (benefit);
• Valorizzazione non monetaria delle proprie capacità (potere, competenze, relazioni, …);
• Altro
Il conflitto di interessi
Infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.) Corruzione tra privati * (art. 2635 c.c.)
Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori
interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sè generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,
o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta
a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri,
intenzionalmente alla società un danno patrimoniale, sono puniti denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per
con la reclusione da sei mesi a tre anni. compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al
La stessa pena s applica se il fatto è commesso in relazione a beni loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno
posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a a tre anni. Si applica la stessa pena se il
questi ultimi un danno patrimoniale. fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente
In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al
se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, precedente periodo.
derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è
Per i delitti previsti dal primo e secondo comma si procede a querela commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei
della persona offesa. soggetti indicati al primo comma.
Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità
non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con
le pene ivi previste.
Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società
con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione
europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi
dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.
58, e successive modificazioni.
Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore
equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse
o offerte.
Il successo sostenibile e il conflitto di interessi
Efficace sistema di
controllo interno e di
gestione dei rischi
caratterizza l’azienda, al
punto che, in assenza del
rischio, l’attività aziendale Rischi
non è neppure reputazional
i
Rischi di
compliance
concepibile».
GLOBALIZZATO
I rischi di compliance
Proliferazione di Compliance
program, policy e procedure
anche, a volte, scoordinati tra di Comunicazione e
Definizione ed
loro. formazione
implementazione dei
presidi di controllo
Una società che punta allo sviluppo «sostenibile» è una società attenta a
prevenire fenomeni di corruzione.
Due domande:
Come raggiungere l’obiettivo?
Conviene farlo?
• Importanza della cd. compliance integrata per «far parlare» i vari sistemi di
controllo interni
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Rating di legalità
• iscrizione nel registro delle imprese da almeno due anni alla data della
domanda;
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Rating di legalità
Requisiti per l’attribuzione del rating di legalità
1. L’impresa di cui all’articolo 1, lettera b), che intende ottenere il rilascio del rating di
legalità deve presentare all’Autorità un’apposita domanda sottoscritta dal legale
rappresentante e redatta mediante la compilazione del formulario pubblicato sul sito
dell’Autorità. L’inoltro della domanda deve avvenire per via telematica, secondo le
indicazioni fornite sul sito dell’Autorità.
2. L’impresa deve dichiarare:
a) se impresa individuale, che nei confronti del proprio titolare, dell’institore, del direttore
tecnico e dei procuratori, muniti di poteri decisionali e gestionali, ricavabili dalla procura e
assimilabili ai poteri del titolare o con delega sulle materie di cui ai reati rilevanti ai sensi
del presente articolo, non sono state adottate misure di prevenzione personale e/o
patrimoniale e misure cautelari personali e/o patrimoniali e non è stata pronunciata
sentenza di condanna, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure
sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, per i reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per i reati
tributari di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e successive modifiche, per i reati
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per i reati di cui agli articoli 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355,
356, 512-bis, 629 e 644 del codice penale, per il reato di cui all’art. 216 del Regio Decreto
16 marzo 1942, n. 267 e per il reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1 bis del decreto-legge 12
settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638; che non è stata
iniziata l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 c.p.p. per delitti aggravati ai sensi
dell’articolo 416 bis.1 c.p. La medesima dichiarazione deve essere resa anche in riferimento
a tutte le persone fisiche, figure apicali dell’impresa, come sopra individuate, la cui carica
e/o posizione è cessata nell’anno precedente la richiesta di rating; 17
Rating di legalità
b) se impresa collettiva, che nei confronti dei propri amministratori, dell’institore, del
direttore generale, del direttore tecnico, dei procuratori, muniti di poteri decisionali e
gestionali, ricavabili dalla procura e assimilabili a quelli degli amministratori dotati di poteri
di rappresentanza o con delega sulle materie di cui ai reati rilevanti ai sensi del presente
articolo, del rappresentante legale, nonché dei soci persone fisiche titolari di partecipazione
di maggioranza o di controllo, non sono state adottate misure di prevenzione personale e/o
patrimoniale e misure cautelari personali e/o patrimoniali e non è stata pronunciata
sentenza di condanna, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure
sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, per i reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per i reati
tributari di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e successive modifiche, per i reati
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per i reati di cui agli articoli 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355,
356, 512-bis, 629 e 644 del codice penale, per il reato di cui all’art. 216 del Regio Decreto 16
marzo 1942, n. 267 e per il reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1 bis del decreto-legge 12
settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638; che non è stata
iniziata l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 c.p.p. per delitti aggravati ai sensi
dell’articolo 416 bis.1 c.p.. La medesima dichiarazione deve essere resa anche in riferimento
a tutte le persone fisiche, figure apicali dell’impresa, come sopra individuate, la cui carica e/o
posizione è cessata nell’anno precedente la richiesta di rating;
g) di effettuare pagamenti e transazioni finanziarie di ammontare superiore alla soglia fissata dalla
legge in vigore sulla disciplina dell’uso del contante, esclusivamente per il tramite di strumenti di
pagamento tracciabili, anche secondo le modalità previste nella determinazione n. 4 del 7 luglio
2011 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici;
l) se impresa collettiva di non essere controllata di diritto o di fatto da società o enti esteri, per i
quali, in virtù della legislazione dello Stato in cui hanno sede, non è possibile l’identificazione dei
soggetti che detengono le quote di proprietà del capitale o comunque il controllo, salvo che la
società che ha presentato domanda sia in grado di fornire informazioni sui predetti soggetti.
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Rating di legalità
3. Il rating di legalità non potrà essere rilasciato alle imprese:
a) destinatarie di comunicazioni o informazioni antimafia interdittive, salvo che ne
sia sospesa la relativa efficacia;
b) nei cui confronti sia stato disposto il commissariamento di cui all’art. 32,
comma 1, ovvero di cui all’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014,
n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114,
limitatamente al periodo di efficacia del relativo provvedimento.
6. In deroga a quanto previsto dal comma 2, lettera e), il rating potrà anche essere rilasciato ove gli atti di
accertamento abbiano ad oggetto un importo non superiore allo 0,5% dei ricavi delle vendite e/o delle
prestazioni come risultanti dalla voce A1 del conto economico del bilancio dell’anno riferibile allo stesso
accertamento. Tale importo, in ogni caso, non può essere superiore a 50.000 euro, anche nell’ipotesi di
plurimi provvedimenti di accertamento, intervenuti nel biennio precedente la richiesta di rilascio del rating.
7. In deroga a quanto previsto dal comma 2, lettera f), il rating potrà anche essere rilasciato ove
l’accertamento abbia ad oggetto un importo non superiore a 1.000 euro e, in ogni caso, non superiore a
3.000 euro, nell’ipotesi di più provvedimenti di accertamento, intervenuti nel biennio precedente la stessa
richiesta di rating. 23
Rating di legalità
A chi si applica?
•alle imprese cui sia stato attribuito il rating di legalità con delibera
dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
•alle pubbliche amministrazioni, in sede di concessione di
finanziamenti, e alle banche che, in sede di accesso al credito bancario,
devono tener conto rating di legalità delle imprese secondo le modalità
previste dal decreto interministeriale.
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Rating di legalità
Come funziona?
Le pubbliche amministrazioni, in sede di predisposizione dei provvedimenti di
concessione di finanziamenti alle imprese, tengono conto del rating di legalità ad esse
attribuito, secondo le modalità stabilite nel decreto medesimo, prevedendo almeno
uno dei seguenti sistemi di premialità per le imprese in possesso del rating: a)
preferenza in graduatoria; b) attribuzione di punteggio aggiuntivo; c) riserva di quota
delle risorse finanziarie allocate.
Le banche tengono conto della presenza del rating di legalità attribuito alla impresa nel
processo di istruttoria ai fini di una riduzione dei tempi e dei costi per la concessione di
finanziamenti.
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I sistemi di controllo preventivo
• verificare l’esistenza e la vigenza delle specifiche autorizzazioni dei fornitori che svolgono
attività per le quali sono richieste;
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I sistemi di controllo preventivo
• per quanto riguarda la selezione e gestione dei consulenti, assicurare la qualifica del
fornitore e la formalizzazione del contratto che preveda specificatamente: oggetto del
contratto, compenso pattuito, metodo di pagamento, clausole etiche e di compliance,
clausole risolutive.
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Due diligence delle terze parti
Le terze parti rappresentano un “mezzo” frequente
attraverso cui si possono realizzare i reati 231.
Il delicato processo di selezione consente di conoscere e
valutare in via preventiva (quindi accettare o non accettare)
variegate categorie di rischi:
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Due diligence delle terze parti
Durante il processo di due diligence sarà necessario:
• accertare l’identità della controparte (es. visura camerale);
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Codici etici e d. lgs. 231/2001
Ai sensi degli artt. 6 e 7 del d. lgs. 231/2001, i modelli di organizzazione e di
gestione vanno conformati in modo da intercettare specifici obiettivi:
l’individuazione delle attività nel cui ambito possono essere realizzate
condotte penalmente rilevanti; la previsione di protocolli ad hoc, congegnati
per garantire la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in ordine
ai reati da sventare; la definizione delle modalità di gestione delle risorse
finanziarie finalizzate a impedire la commissione di reati; la previsione di
obblighi di informazione nei confronti di un apposito organismo deputato a
vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; l’introduzione di un
sistema disciplinare che sanzioni il mancato rispetto delle misure costitutive
del modello.
Sebbene non espressamente evocato dal testo del d. lgs. 231/2001, dunque,
il codice etico è oggi considerato parte integrante e indispensabile del
modello di organizzazione, gestione e controllo, e come tale, diventa
oggetto della verifica di idoneità ed efficacia da parte dei giudici che
devono decidere della responsabilità dell’ente.
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Codici etici e d. lgs. 231/2001
I contenuti dei codici etici varieranno in ragione del tipo di attività svolta
dalla persona giuridica, e la specificità di ognuno dipenderà dalle aree di
rischio individuate attraverso le operazioni di risk management.
Anche il codice etico risentirà dei ritocchi al catalogo dei reati presupposto:
per stare alle modifiche più recenti, i testi che non avevano contemplato
alcuna previsione in rapporto al tema della sicurezza sul lavoro, della
criminalità ambientale, della repressione del caporalato, della corruzione tra
privati, all’indomani dell’introduzione della responsabilità degli enti anche
per fatti riconducibili alle nuove tipologie criminose, ove già non avessero
anticipato il legislatore, configurando soluzioni CSR oriented, sono stati
sottoposti a un intenso restyling, preceduto da una verifica dei rischi
correlati a siffatte classi di reati e a un ripensamento delle procedure interne
ideate per inibirne la realizzazione
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2. La responsabilità
ex D. Lgs. 231/2001
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Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto la responsabilità
amministrativa degli Enti in caso di commissione di determinati reati nell’interesse o a
vantaggio degli Enti stessi comportando il superamento del brocardo «societas
delinquere non potest».
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che tipo di responsabilità?
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Scelta di politica criminale
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Promozione di una cultura della legalità dall’interno
attraverso la premialità
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Presupposti della responsabilità della società
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Definizione di interesse o vantaggio
Quanto ai criteri d'imputazione oggettiva della responsabilità dell'ente (l'interesse
o il vantaggio di cui all'art. 5 del d. Igs. 231 del 2001), essi – come puntualmente
affermato dalla giurisprudenza – sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto:
- il primo esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante,
cioè al momento della commissione del fatto secondo un metro di giudizio
marcatamente soggettivo;
- il secondo ha, invece, una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale
valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla
realizzazione dell'illecito (cfr. Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/22014,
Espenhahn e altri, Rv. 261113).
Inoltre, per non svuotare di contenuto la previsione normativa che ha inserito nel
novero di quelli che fondano una responsabilità dell'ente anche i reati colposi,
posti in essere in violazione della normativa antinfortunistica (art. 25 septies del
d.lgs. 231 del 2001), la giurisprudenza ha elaborato un criterio di compatibilità,
affermando in via interpretativa che i criteri di imputazione oggettiva vanno
riferiti alla condotta del soggetto agente e non all'evento, coerentemente alla
diversa conformazione dell'illecito, essendo possibile che l'agente violi
consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l'evento che ne può derivare,
pur senza volerlo, per rispondere a istanze funzionali a strategie dell'ente.
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3. Il catalogo dei reati presupposto
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Nel 2001, ai fini dell’individuazione dell’ambito oggettivo di
operatività della responsabilità da reato degli enti collettivi, si
prospettavano per il legislatore due diverse opzioni di politica-
criminale:
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Si è optato per il secondo modello (chiuso) scegliendo, al tempo stesso, di non
redigere l’elenco dei reati presupposto in un’unica e contestuale soluzione
privilegiando la c.d. formazione progressiva di tale catalogo, procedendo in principio
– al momento del varo della c.d. parte generale – all’inserimento nella c.d. parte
speciale del ridottissimo numero di reati.
«il Governo reputa preferibile attestarsi su una posizione «minimalista», che coincide
con quella dell’ordine del giorno votato dalla Camera. Infatti, sebbene il catalogo dei reati
presupposto previsti nella l. n. 300 […] ricostruisca «in modo più completo la cornice
criminologia della criminalità d’impresa [...]. Nondimeno, occorre realisticamente
prendere atto del maggiore equilibrio della scelta c.d. minimalista: poiché
l’introduzione della responsabilità sanzionatoria degli enti assume un carattere
di forte innovazione nel nostro ordinamento, sembra opportuno contenerne, per lo
meno nella fase iniziale, la sfera di operatività, anche allo scopo di favorire il
progressivo radicamento di una cultura aziendale della legalità che, se imposta
ex abrupto con riferimento ad un ampio novero di reati, potrebbe fatalmente
provocare non trascurabili difficoltà di adattamento»
(Relazione allo schema di decreto legislativo recante: «Disciplina della responsabilità amministrativa
delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica»)
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Il catalogo dei reati presupposto nel 2001…
In ragione delle forti pressioni esercitate da alcune parti politiche, il legislatore ha
proceduto al ridimensionamento della parte speciale del decreto,
sopprimendo con motivazioni tutt’altro che irresistibili – come abbiamo visto la
contraddittorietà degli ordini del giorno tra Camera e Senato – la maggior parte
dei reati ascrivibili alla politica di impresa e alla c.d. “criminalità economica.
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I reati colposi nel catalogo dei reati presupposto del 2001…
Per non rendere ancora più difficile l’adattamento della cultura aziendale al
nuovo regime giuridico di responsabilità degli enti, tra i numerosi reati non
ricompresi nel catalogo dei reati presupposto vi erano anche l’area dei reati
colposi.
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…le modifiche legislative
Il numero eccessivamente ridotto delle fattispecie-presupposto che costituiva la parte
speciale originaria è stato successivamente integrato di continuo dal legislatore tutte
le volte in cui ha proceduto a riforme settoriali di altri ambiti del diritto penale rispetto
ai quali ha avvertito l’esigenza, più o meno fondata, quando non meramente simbolica-
emergenziale, di provvedere anche alla introduzione della responsabilità da reato delle
persone giuridiche.
I singoli interventi:
2001 • Art. 25-bis (D.L. 25-9-2001 n. 350): delitti informatici e trattamento
illecito di dati
2003 • Art. 25-quater (L. 14-1-2003, n. 7): delitti con finalità di terrorismo o di
eversione dell’ordine democratico
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• Art. 25-decies (L. 3-8-2009 n. 116): induzione a non rendere
dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità
giudiziaria
2011 • Art. 25-undecies (D. Lgs. 7-7-2011, n. 121): reati ambientali
• Art. 25-duodecies (D. Lgs. 109/2012): Impiego di cittadini di paesi
2012
terzi il cui soggiorno è irregolare
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…cosa rimane fuori?
truffe a
appropriazioni danno di
indebite privati
turbata
estorsioni libertà
(alcuni) traffico di degli
reati sostanze incanti
ambientali stupefacenti
reati
edilizi turbata libertà
del
usure reati procedimento
alimentari di scelta del
contraente
CONSEGUENZE SANZIONATORIE:
• art. 36 d.lgs. n. 231/2001 → PROCESSO PENALE A CARICO
DELL’ENTE
“La competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente appartiene al
giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi discendono”
SANZIONI SANZIONI
CONFISCA CONFISCA
PECUNIARIE INTERDITTIVE
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4. I reati contro la P.A.:
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Art. 24 D. Lgs. 231/2001
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 356, 640,
comma 2, n. 1, 640-bis e 640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente
pubblico o dell'Unione europea, del codice penale, si applica all'ente la sanzione
pecuniaria fino a cinquecento quote.
2. Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l’ente ha conseguito un
profitto di rilevante entità o è derivato un danno di particolare gravità; si applica la
sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
2-bis. Si applicano all'ente le sanzioni previste ai commi precedenti in relazione alla
commissione del delitto di cui all'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898.
3. Nei casi previsti dai commi precedenti, si applicano le sanzioni interdittive previste
dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).
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Art. 24 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
L’art. 24 d.lgs. 231/2001 include dunque nel catalogo dei reati presupposto:
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Art. 24 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
L’art. 24 d.lgs. mira a reprimere anche sul fronte della responsabilità le manifestazioni
tipiche di comportamenti illeciti rinvenibili nello svolgimento di attività imprenditoriale che
determinano un diretto pregiudizio agli interessi economici della P.A.
La norma è stata da ultimo modificata dal d.lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (emanato attuazione
della cd. Direttiva P.I.F.), il cui art. 5, co. 1, lett. a) ha:
• ampliato il catalogo dei reati-presupposto introducendo sub art. 24 d.lgs. 231/2001 le
fattispecie di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e frode ai danni del Fondo
Europeo Agricolo di Garanzia e del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (art.
2 l. 898/1986);
• ampliato il novero dei soggetti passivi affiancando l’Unione europea agli “altri enti
pubblici” di cui al primo comma dell’art. 24 d.lgs. 231/2001.
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Art. 24 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie di truffa ex artt. 640, co. 2, n. 1, 640 bis e 640 ter c.p.
Incidono sulla formazione della “volontà pubblica” mediante
l’impiego di mezzi fraudolenti differentemente tipizzati (es. nella
Momento genetico truffa informatica essi consistono nell’alterazione latu sensu intesa di
dell’attribuzione economica un sistema informatico o di dati in esso contenuti o comunque
pertinenti)
Per meglio comprendere la tipologia criminosa di cui all’art. 24 che il legislatore ha inteso
sottoporre a sanzione amministrativa ex d.lgs. 231/2001 è utile richiamare due fattispecie
particolarmente significative
PUNISCE con la reclusione da due a sette anni chiunque commette fatti di cui all’art.
640 bis c.p. 640 c.p. con riguardo a «contributi, finanziamenti, mutui agevolati
ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate,
Truffa aggravata per il concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o
conseguimento di dell'Unione europea»
erogazioni pubbliche
PUNISCE con la reclusione da sei mesi a quattro anni «chiunque, estraneo alla
316 bis c.p. pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente
pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o
Malversazione a danno finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di
dello Stato opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina
alle predette finalità»
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Art. 24 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
il divieto di pubblicizzare
beni o servizi
se l’ente ha conseguito un
profitto di rilevante
entità o è derivato un da 200 a 600 quote
danno di particolare
gravità
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Art. 25 D. Lgs. 231/2001
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e
346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote. La medesima
sanzione si applica, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea,
in relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 314, primo
comma, 316 e 323 del codice penale.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322,
commi 2 e 4, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi
dell'articolo 319-bis quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter,
comma 2, 319-quater e 321 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a
ottocento quote.
4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all'ente anche quando
tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.
5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive
previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette
anni, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e per una
durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei
soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b).
5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l'ente si è efficacemente adoperato per evitare che l'attività
delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione dei
responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze
organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi
idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita
dall'articolo 13, comma 2.
61
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
63
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
La disposizione originaria del 2001 è stata oggetto, insieme con la disciplina codicistica dei
delitti contro la P.A., di numerose modifiche legislative (i.e. l. 6 novembre 2012, n. 190; l. 27
maggio 2015, n. 69; l. 9 gennaio 2019, n. 3).
64
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che
l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per
l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e
ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e
l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le
sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall'articolo 13, comma 2.
65
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
le sanzioni interdittive vengono applicate nella misura ordinaria prevista dall’art. 13, co. 2, d.lgs. 231/2001 (i.e.
durata non inferiore a 3 mesi e non superiore a 2 anni) anziché nella misura derogatoria prevista dall’art. 25, co. 5,
d.lgs. 231/2001 (i.e. durata non inferiore a 4 anni e non inferiore a 7 anni per il reato commesso dal soggetto apicale e
durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 4 anni per il reato commesso dal soggetto sottoposto)
66
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
CORRUZIONE
CONCUSSIONE DI INCARICATO
DI PUBBLICO
SERVIZIO
TRAFFICO DI
INFLUENZE
ILLECITE
346 bis C.P.
CD. CORRUZIONE
INTERNAZIONALE
PECULATO ISTIGAZIONE ALLA
CORRUZIONE
322 C.P.
CORRUZIONE PER
L’ESERCIZIO DELLA
FUNZIONE
318 C.P.
CORRUZIONE IN
ATTI GIUDIZIARI
INDUZIONE
INDEBITA
CORRUZIONE PER
ATTO CONTRARIO
AI DOVERI
DELL’UFFICIO
319 C.P.
ABUSO D’UFFICIO
CORRUZIONE
FRA PRIVATI
67
67
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
artt. 314, co. 1, 316 e 323 c.p. quando il fatto fino a 200 quote
offende gli interessi finanziari dell’UE
69
Art. 25 D. Lgs. 231/2001 - delitti contro la P. A.
70
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
71
71
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
72
72
6. Esempi di contestazione di illeciti
amministrativi 231
legati a reati contro la P.A.
73
Esempio di contestazione dell’art. 25 D. Lgs. 231/2001 in
relazione all’art. 319 c.p.
Procura di Como:
processo per
corruzione
Agenzia delle
Entrate
74
Decreto di archiviazione della Procura di Como:
75
Decreto di archiviazione della Procura di Como:
76
7. Focus su specifiche questioni problematiche
in tema di reati contro la P.A.
77
7.1 Come gestire i rapporti con i pubblici
ufficiali?
78
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
Quali fattispecie possono venire in rilievo quando parliamo di rapporti con i pubblici
ufficiali?
Il tipo criminoso più noto del Titolo II - rubricato “Dei delitti contro la pubblica
amministrazione”- del Libro II del Codice Penale è rappresentato dalla corruzione.
Le due fattispecie principali di tale genus sono tipizzate dagli articoli
PUNISCE
318 c.p. con la reclusione da uno a sei anni «il pubblico ufficiale che, per
l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per
cd. corruzione impropria sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa»
PUNISCE
319 c.p. con la reclusione da sei a dieci anni «il pubblico ufficiale, che, per
omettere o ritardare o per avere omesso o ritardato un atto del suo
ufficio, ovvero per compiere o aver compiuto un atto contrario ai doveri
cd. corruzione propria d’ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la
promessa»
79
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
80
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
Le fattispecie corruttive di cui agli artt. 318 e 319 c.p. costituiscono, in un certo senso,
l’architrave del presidio penale posto a tutela del corretto funzionamento della Pubblica
Amministrazione, e presentano numerosi elementi comuni.
81
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
Le norme di cui agli artt. 320 e 322-bis c.p. (anch’esse incluse nel novero dei reati-
presupposto sub art. 25 d.lgs. 231/2001) ampliano l’ambito di applicazione soggettiva
delle fattispecie corruttive di cui agli artt. 318 e 319 c.p., disponendo che esse si
applicano, tra gli altri, anche a:
• incaricati di pubblico servizio (art. 320, co. 1, c.p.);
• membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della
Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee (art. 322-bis, co. 1, n. 1,
c.p.);
• coloro che, nell’ambito di altri Stati membri dell’UE, svolgono funzioni o attività
corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali degli incaricati di un pubblico servizio (art.
322-bis, co. 1, n. 5, c.p.);
• coloro che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle di pubblici ufficiali e
incaricati di pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all’UE, quando il fatto
offende gli interessi finanziari dell’UE (art. 322-bis, co. 1, n. 5-quinquies, c.p.).
82
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
corruzione impropria
La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che il concetto di “altra utilità” comprende «qualsiasi
vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale che abbia valore per il pubblico agente o per un
terzo» (v. per tutte, Cass. pen., Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 45847)
83
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
Nel caso della corruzione propria oggetto dell’accordo corruttivo è infatti la violazione
dei doveri d’ufficio (che può sostanziarsi positivamente nella realizzazione di un atto ad
essi contrario ovvero negativamente nell’omissione o nel ritardo di un atto dovuto) a fronte
della corresponsione di denaro o altra utilità ovvero la promessa di essi.
Per converso, l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 318 c.p. come novellato dalla l.
190/2012 è svincolata dal compimento (o dall’omissione) di uno specifico atto
d’ufficio, essendo sufficiente la generica messa a disposizione della funzione pubblica
agli interessi del privato a fronte di indebita retribuzione.
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Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
«Ai fini della configurabilità del delitto di corruzione propria, di cui all’art. 319 c.p., è
necessario che l'illecito accordo tra pubblico funzionario e privato corruttore preveda
il compimento, da parte del primo, di un atto specificamente individuato od
individuabile come contrario ai doveri d'ufficio, sicché, sul piano probatorio, occorre
procedere alla rigorosa determinazione del contenuto delle obbligazioni assunte dal
pubblico funzionario alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, avuto riguardo in
particolare al movente ed alle specifiche aspettative del privato, alla condotta serbata
dall'agente pubblico ed alle modalità di corresponsione a questi del prezzo della
corruttela. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ove non sia accertato il contenuto
del patto corruttivo, e pur in presenza di sistematiche dazioni da parte del privato
in favore del pubblico agente, la condotta deve essere ricondotta nell'ambito della
corruzione per l'esercizio della funzione ex art. 318 c.p.)» (Cass. pen., Sez. VI, 22
ottobre 2019, n. 18125)
85
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
(segue)
86
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
Le fattispecie di cui agli artt. 318 e 319 c.p. costituiscono esempi di reato necessariamente
plurisoggettivo in senso proprio, ossia figure criminose la cui integrazione richiede il
concorso di almeno due soggetti, entrambi assoggettati a sanzione penale.
La tenuta del sistema repressivo dei fenomeni corruttivi approntato dal Codice Penale è
infatti “chiuso” dalla disposizione di cui all’art. 321, rubricato «Pene per il corruttore».
Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’articolo 319, nell’articolo 319-bis,
nell’articolo 319-ter e nell’articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si
applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico
servizio il denaro od altra utilità.
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Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
322 c.p.
PUNISCE con la reclusione da due anni a cinque anni e quattro mesi «chiunque offre
comma 1 o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o
Istigazione ad un incaricato di un pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni
alla corruzione o dei suoi poteri […], qualora l'offerta o la promessa non sia accettata»
con la reclusione da quattro anni a sei anni e otto mesi chiunque offre o
comma 2 promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad
un incaricato di un pubblico servizio «per indur(lo) ad omettere o a
ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai
suoi doveri […], qualora l'offerta o la promessa non sia accettata»
88
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
La disciplina di contrasto penale dei fenomeni corruttivi – che, come si è visto, investe
tanto le ipotesi di accordo corruttivo perfezionato (e.g. artt. 318, 319, 319-quater e 321 c.p.)
quanto quelle di accordo non perfezionato (e.g. art. 322 c.p.) – è completata da una figura
di reato, il traffico di influenze illecite, che anticipa la tutela apprestata dagli artt. 318
ss. c.p., intervenendo nella fase del pre-accordo.
PRE-ACCORDO
Il faccendiere Tizio, sfruttando gli ottimi rapporti esistenti con il funzionario dell’Agenzia delle
Entrate Caio, fa promettere a Mevio di assumere tra i propri dipendenti la propria fidanzata come
prezzo per intercedere presso Caio affinché l’Agenzia chiuda un occhio su talune irregolarità fiscali
emerse nel corso di verifiche effettuate presso la società di Mevio
TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE
CRIMINALIZZAZIONE DI TUTTI I
«SEGMENTI» DELLA RELAZIONE CON
I PUBBLICI FUNZIONARI
ACCORDO PERFEZIONATO
ACCORDO NON PERFEZIONATO
Il funzionario dell’A.E. Caio, a seguito
Il faccendiere Tizio si reca dal funzionario
dell’intercessione del faccendiere Tizio, chiude
dell’A.E. Caio offrendogli di far assumere
un occhio sulle irregolarità fiscali dell’azienda
dall’azienda di Mevio la fidanzata di Caio se
di Mevio a fronte della promessa, accettata,
l’Agenzia delle Entrate chiuderà un occhio su
dell’assunzione della propria fidanzata in tale
talune irregolarità fiscali, ma Caio non accetta
azienda
ISTIGAZIONE ALLA CORRUZIONE
CORRUZIONE
90
90
Art. 25 d.lgs. 231/2001 - Reati contro la P.A.
Fattispecie corruttive e affini
ACCETTAZIONE
DELLA PROMESSA di
pagamento
Offerta o
promessa
NON
ACCETTATI
PAGAMENTO
(denaro o altra utilità)
CHE COSA
RILEVA?
91
91
7.2 La scelta dei sub-fornitori come strumento per
remunerare il P.U.
92
Come abbiamo visto, ai fini della sussistenza dei delitti di corruzione
è necessario che il pubblico ufficiale abbia indebitamente ricevuto
o abbia indebitamente accettato la promessa, per sé o per un
terzo, di «denaro o altra utilità».
93
La selezione dei fornitori e subfornitori, prestandosi per definizione a
diventare strumento di «remunerazione», deve essere improntata al
rispetto dei principi di correttezza, imparzialità, liceità, efficienza
ed economicità.
In particolare:
a) il processo di selezione deve essere trasparente e basato su
parametri oggettivi;
b) le scelte devono essere tracciate e i documenti che provano il
rispetto delle procedure interne e le finalità dell’acquisto
adeguatamente archiviati;
c) la stipula o la prosecuzione di qualsiasi rapporto deve essere
interrotta nel caso in cui vi siano atti o sospetti di
comportamenti di natura corruttiva.
94
Quanto alle lettere sub a) e b) è importante che ogni passaggio della
selezione di fornitori e sub-fornitori sia, non solo trasparente e basato
su parametri oggettivi, ma documentabile e ricostruibile ex post in
maniera chiara.
96
Come si è visto, ai sensi dell’art. 5 D. Lgs. 231/2001, l’ente risponde per i reati
commessi nel suo interesse se il reato è stato commesso:
a) da una persona che riveste funzioni di rappresentanza, amministrazione
o direzione anche di fatto (l’ordinamento punisce la decisione apicale che
mira a un profitto contra legem – reato come espressione di politica aziendale)
b) da persona sottoposta alla direzione o alla vigilanza di un soggetto
apicale (l’ordinamento punisce la colpa di organizzazione e controllo dei vertici
rispetto all’operato dei sottoposti)
97
L’equiparazione delle funzioni di gestione e controllo dell’ente esercitata «di
fatto» a quelle «di diritto» consente di attrarre, dunque, nel novero dei
soggetti apicali anche :
- gli amministratori di fatto;
- i soggetti che, in qualunque modo, esercitano un penetrante dominio
sull’ente (ad esempio, il socio non amministratore ma detentore della
quasi totalità delle azioni che detta dall’esterno la politica aziendale o il
compimento di determinate operazioni);
- il cd. socio tiranno;
- la holding che abusi del potere di direzione e controllo (holding che
possono rispondere ai sensi del D. Lgs. 231/2001 per un reato commesso
da soggetti appartenenti alla medesima aggregazione).
Può capitare che la holding, oltre a influire sulla controllata tramite partecipazioni
azionarie e vincoli negoziali, possa esercitare un «dominio assoluto» su
quest’ultima, tanto da degradarla a mero «strumento operativo». Nel caso di
«ingerenza continua e soverchiante della holding» o, a maggior ragione, nei casi di
«programmatico asservimento» della controllata al risultato economico della
holding sono classici casi in cui si può dire che la capogruppo persegua un interesse
esclusivamente proprio rappresentato dalla profittabilità delle operazioni illecite
poste in essere tramite la società veicolo. 98
La medesima attenzione all’esercizio delle funzioni svolte in
concreto (anziché alla qualifica formale), vale anche per i soggetti
non apicali, opportunamente inclusi tra i soggetti che possono far
‘’scattare’’ la responsabilità 231 «per evitare scaricamenti verso il basso
della responsabilità da parte dell’ente».
101
Può rilevare, ai fini della configurabilità del delitto di corruzione – e, quindi, del
corrispondente illecito amministrativo contestato alla società ai sensi del D. Lgs.
231/2001 –, l’inquadramento del privato corruttore all’interno di una società del
gruppo piuttosto che di un’altra?
Il D. Lgs. 231/2001 non prevede una disciplina specifica per l’ipotesi in cui il reato sia
stato posto in essere nell’ambito di un gruppo di imprese e non disciplina le ipotesi
di aggregazioni di una pluralità di società che operano sotto la direzione unitaria e il
controllo strategico di una capogruppo.
102
Corte di Cassazione, V Sez. Pen., sentenza n. 24583 del 20 giugno 2011
In relazione alla sussistenza di un rapporto qualificato tra autore del reato ed ente, la
Cassazione ha chiarito che affinché la holding o altra società del gruppo sia chiamata a
rispondere ai sensi della 231 «è necessario che il soggetto che agisce per conto delle
stesse abbia concorso nella commissione del reato». Ciò implica che la
responsabilità di una società del gruppo per il reato commesso dal suo apicale o
sottoposto non comporta necessariamente l’estensione della responsabilità ad
altra società del medesimo gruppo, salvo il caso in cui gli apicali o i sottoposti di
quest’ultima abbiano concorso nel reato.
103
Pur riconoscendo la sussistenza del rapporto qualificato tra l’autore del fatto e le società del
gruppo, la sentenza della Suprema Corte sottolinea, tuttavia, «l’assenza di un qualunque
elemento utile per ritenere che i soggetti in posizione apicale dell’ente – siano essi
amministratori di fatto o di diritto – avessero agito anche nell’interesse concorrente
delle società».
104
Cassazione Penale, Sez. II, sentenza n. 52316/2016
«È ammissibile una responsabilità, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, della società capogruppo
per reati commessi nell'ambito dell'attività delle società da essa controllate a condizione
che il soggetto che agisce per conto della holding concorra con il soggetto che
commette il reato per conto della persona giuridica controllata e possa ritenersi che
la holding abbia ricevuto un concreto vantaggio o perseguito un effettivo
interesse a mezzo del reato commesso nell'ambito dell'attività svolta da altra società».
Anzi – si precisa – «occorre sempre una attenta disamina delle circostanze del caso
concreto al fine di verificare se la controllante abbia avuto interesse o tratto
vantaggio dall’azione della singola controllata».
105
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• T: (+39) 023037081
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