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MATERIALE

di STUDIO
esame di primo livello

istituto buddista italiano soka gakkai


© Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai
Tutti i diritti riservati
Progetto grafico: Pitis
Testi a cura del Dipartimento di studio
dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Prima edizione: aprile 2016

ISBN 978 88 88155 25 8


INDICE III

Indice

V — PREFAZIONE

1 — PROFILO STORICO DEL BUDDISMO DI NICHIREN


DAISHONIN
1 — Le origini: Shakyamuni e il Sutra del Loto
4 — La vita di Nichiren Daishonin
14 — La storia della Soka Gakkai e dei tre presidenti

23 — LE BASI DELLA FEDE


23 — Fede, pratica, studio
25 — Il daimoku
32 — L’oggetto di culto: il Gohonzon
36 — La propagazione: shakubuku e kosen rufu
42 — La relazione con il maestro e con i compagni di fede
46 — Lo spirito dell’offerta
IV INDICE

49 — LA VISIONE BUDDISTA DELLA VITA


49 — Il mutuo possesso dei dieci mondi
55 — Il karma e la sua trasformazione
58 — Le non dualità: vita e ambiente, corpo e mente

63 — Testo del Gosho: IL CONSEGUIMENTO DELLA BUDDITÀ


IN QUESTA ESISTENZA
68 — È la tua vita stessa
69 — Rendere la causa e l’effetto del conseguimento della
Buddità il nucleo e la base della nostra vita
71 — La Legge mistica e gli insegnamenti incompleti
74 — Richiamare e manifestare la natura di Budda
77 — Percepire che la propria vita è Nam myoho renge
kyo
78 — Una religione universale per la felicità di tutta
l’umanità
80 — Non cercare al di fuori di te
81 — Studiare il Buddismo ma cadere negli insegnamenti
non buddisti
84 — Cercare l’illuminazione al di fuori della nostra vita
significa essere sconfitti dall’oscurità
85 — La fede per conseguire la Buddità in questa
esistenza
90 — Lo spirito dei tre primi presidenti arde nella Soka
Gakkai
PREFAZIONE V

Gli esami?
Un’occasione
D I TA M O T S U N A K A J I M A

Quest’anno si terranno gli esami di primo livello del


Dipartimento di studio, secondo una tradizione che la Soka
Gakkai porta avanti in tutto il mondo. Ovviamente non è ob-
bligatorio prender parte all’esame ma – dal momento che le
basi del Buddismo del Daishonin sono “fede, pratica e studio”
– possiamo considerare la nostra partecipazione come un’op-
portunità per approfondire la conoscenza dell’insegnamento
e, soprattutto, per rinnovare la decisione di metterla in pratica
ogni giorno. “Usare il Buddismo nella vita quotidiana” è una
frase chiave per noi discepoli di Nichiren Daishonin. Scrive il
presidente Ikeda a questo proposito: «I membri di tutto il
mondo hanno approfondito la loro comprensione della fede,
della pratica e dello studio, hanno rinvigorito il proprio co-
raggio e hanno vinto le loro battaglie per kosen rufu aprendo
le pagine del Gosho – cioè gli scritti di Nichiren Daishonin –
con lo spirito di ricevere consigli e istruzioni direttamente
VI PREFAZIONE

dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con il Gosho come no-


stro fondamento non ci troveremo mai a un punto morto». (1)
Avvicinarsi allo studio del Buddismo con un atteggia-
mento solo intellettuale, per accumulare dati, conoscenze, ci-
tazioni e quant’altro, avrà come conseguenza ultima quella di
aumentare la tendenza a diventare arroganti. Scrive il Daisho-
nin: «Fra i miei discepoli, quelli che credono di conoscere
bene il Buddismo sono quelli che sbagliano». (2) Senz’altro è
importante leggere e conoscere, ma è più importante mettere
in pratica ciò che si studia, confermarlo con la nostra vita: il
Buddismo, fin dalle sue origini, è sempre stato una religione
strettamente collegata alla realtà. Il presidente Ikeda dice che
gli scritti che studiamo sono il risultato della continua lotta
del Daishonin per salvare le persone attraverso centinaia di
lettere e migliaia di dialoghi. Allo stesso tempo è fondamen-
tale avere lo “spirito di ricerca” e l’umiltà di ascoltare – come
se fosse sempre la prima volta – le parole del Budda originale
e del maestro.
Un famosissimo passaggio del Vero aspetto di tutti i feno-
meni afferma: «Impegnati nelle due vie della pratica e dello
studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo». (3)
Questa frase significa che il Buddismo non vive nei templi o
nei sutra, ma nel cuore e negli sforzi di quanti lo studiano e
lo praticano: «Il Buddismo – spiega Ikeda commentando que-
sto brano – esiste e si manifesta nella vita di ogni persona che
studia il Gosho e pratica la sua fede seguendo esattamente gli
insegnamenti del Daishonin». (4)

1 — Buddismo e società, n. 106, pag. 38


2 — L’insegnamento per l’Ultimo giorno della Legge, Raccolta degli
scritti di Nichiren Daishonin, IBISG , Firenze, 2008-2013, vol. I, pag. 802.
Di seguito citato come RSND .
3 — RSND , vol. I, pag. 342
4 — Daisaku Ikeda, La vera entità della vita, Esperia, pag. 68
PREFAZIONE VII

Partendo da queste premesse fondamentali – studiare e


mettere in pratica – la decisione di partecipare all’esame è già
di per sé una grande vittoria, a prescindere da quale sarà il ri-
sultato finale. Lo sforzo che faremo fino al giorno dell’esame
(che spero continuerà poi per tutta la vita) comporterà come
beneficio quello di approfondire la fede e di essere più felici.
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Profilo storico
del Buddismo
di Nichiren Daishonin

L E O R I G I N I : S H A K YA M U N I E I L S U T R A D E L L O T O

Il Buddismo è una religione praticata da milioni di per-


sone, principalmente in Oriente. Venne fondato da Siddharta
Gautama, principe degli Shakya – una piccola tribù che vi-
veva alle pendici dell’Himalaya.
Siddharta, chiamato in seguito Shakyamuni, il “saggio
degli Shakya”, nacque tra il V e il IV secolo a.C. e per ordine
del padre crebbe lontano dai problemi della vita reale, relegato
negli agi del palazzo. Ma, secondo la tradizione, ciò non gli
impedì di fare “quattro incontri”: con un vecchio, un amma-
lato, un cadavere e un asceta. Si tratta ovviamente di incontri
che hanno un significato simbolico: i primi tre rappresentano
l’impatto con la sofferenza, mentre il quarto indica la possibile
via di ricerca. La compassione che provò di fronte alle soffe-
renze fondamentali connaturali alla vita di ogni essere umano
2 M AT E R I A L E D I S T U D I O

– nascita, invecchiamento, malattia e morte – lo spinse a la-


sciare il palazzo del padre e a dedicarsi alla via dell’ascesi per
cercare una risposta. Dopo alcuni anni di estenuanti pratiche
si rese conto però che quel percorso non lo avrebbe condotto
alla soluzione. Tornò allora a uno stile di vita più moderato e
un giorno, dopo profonda meditazione, conseguì l’illumina-
zione, riuscendo a liberarsi dall’ignoranza che acceca gli esseri
umani e impedisce loro di vivere in armonia con la Legge
della vita; da allora in poi decise di dedicarsi a condividere
con gli altri questa esperienza, diffondendo il suo insegna-
mento per il bene di tutti gli esseri umani fino al momento
della morte, che avvenne all’età di ottant’anni.
I suoi contemporanei lo chiamavano Budda, che in san-
scrito significa “risvegliato”, a indicare che la sua esperienza
consisteva nell’aver squarciato il velo di illusione che copre la
realtà e nell’aver percepito nitidamente la vera natura di tutte
le cose. Da questo risveglio, o illuminazione, dipendeva il suo
stato vitale di gioia così intensa e profonda che toccava pro-
fondamente chiunque lo avvicinasse.
A differenza di molti altri fondatori di religioni, che
fanno riferimento a modelli di perfezione ultraterreni o si ri-
tengono inter mediar i del volere di una volontà divina, il
Budda è un essere umano che ha messo a disposizione di altri
esseri umani la sua esperienza di comprensione profonda della
vita realizzata attraverso l’automiglioramento, e che ha indi-
cato agli altri esseri umani la via per acquisire la sua stessa
saggezza e condizione vitale.

Gli insegnamenti del Budda

I suoi insegnamenti sono riportati in una grande rac-


colta di testi chiamati “sutra”. Il modo in cui il Buddismo
viene presentato nei sutra è piuttosto vario: ciò deriva da di-
versi fattori. Durante la predicazione, durata circa cinquan-
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t’anni, Shakyamuni viaggiò per tutta l’India condividendo i


suoi insegnamenti con tutti coloro che incontrava. Non
espose la sua filosofia in modo sistematico, ma la enunciò nel
corso di dialoghi con le persone e attraverso i discorsi ai suoi
discepoli. Frequentando persone molto diverse tra loro –
principi, studiosi, mercanti, analfabeti – cercò di rispondere a
ogni loro quesito o dubbio. Ma, più di ogni altra cosa, cercò
di dare una risposta alle domande fondamentali sull’esistenza
umana: perché siamo nati e dobbiamo affrontare le inevitabili
sofferenze di malattia, invecchiamento e morte?
I discorsi di Shakyamuni vennero dapprima tramandati
oralmente dai discepoli e iniziarono a essere trascritti solo a
partire dal III secolo a.C. (un centinaio di anni dopo la sua
morte). La compilazione definitiva avvenne però nei mona-
steri buddisti nel corso dei successivi cinque secoli.
Possiamo suddividere l’insieme delle dottrine in due
grandi filoni che si riconducono alla tradizione Theravada
(scuola degli anziani) o a quella Mahayana (grande veicolo).
La differenza tra queste due tradizioni deve essere oggetto di
una trattazione che non è possibile affrontare in questa sede.
Possiamo solo dire che ogni scuola si rifaceva a un sutra o a
un insieme di sutra, considerandoli come insegnamenti fon-
damentali.
La scuola di Nichiren Daishonin si colloca nella tradi-
zione mahayana del Sutra del Loto.

Il Sutra del Loto

Si r itiene che il Sutra del Loto sia stato messo per


iscritto tra il I e il II secolo d.C. In sanscrito esso è conosciuto
come Saddharmapundarika-sutra (lett. Sutra del loto bianco del
Dharma meraviglioso). Come molti sutra Mahayana, il Sutra
del Loto si diffuse dall’India fino all’Asia centrale, la Cina, la
Corea e il Giappone. Giunto in Cina nel III secolo d.C., si
4 M AT E R I A L E D I S T U D I O

dice sia stato tradotto in numerose differenti forme di cinese,


di cui sono ancora esistenti tre versioni in forma completa. La
traduzione in cinese di Kumarajiva (344-413 d.C.) del V se-
colo è considerata particolarmente pregiata per la limpidezza
filosofica e la bellezza letteraria, fattori che ne hanno favorito
la vasta diffusione in tutta l’Asia orientale.
Nichiren Daishonin (1222-1282) individuò nel Sutra
del Loto il cuore dell’intero insegnamento di Shakyamuni.
Infatti, in questo sutra, che si compone di otto volumi e
ventotto capitoli, viene dichiarato:
- che tutti gli esseri viventi possiedono la natura
di Budda;
- che non esistono categorie di persone che non
possono conseguire la Buddità nella vita presente;
- che il Budda non esiste in qualche luogo speciale
non è un essere soprannaturale;
- che la natura essenziale della vita (Buddità) è
eternamente inerente a tutti gli esseri viventi.
Nichiren Daishonin considerò “Myoho renge kyo”, ti-
tolo del Sutra del Loto, come l’essenza di questa scrittura, il
nome della Legge universale implicitamente rivelata nel su-
tra. Sulla base di questa profonda percezione stabilì l’invoca-
zione di Nam myoho renge kyo quale fondamento della pra-
tica buddista da lui istituita.

L A V I TA D I N I C H I R E N D A I S H O N I N
Gli anni della formazione

Nichiren nacque il 16 febbraio 1222 nel villaggio di


Kominato, provincia di Awa, una località sulle coste della pe-
nisola che delimita a est la baia di Tokyo.
La sua famiglia viveva di pesca, un’occupazione consi-
derata di basso rango perché comportava l’uccisione di esseri
viventi. Alla nascita fu chiamato Zennichi-maro. Zennichi si-
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gnifica “splendido sole”, mentre maro è un suffisso comune


per i nomi dei ragazzi.
A dodici anni entrò nel tempio Seicho per studiare.
All’epoca i bambini di famiglie povere potevano istruirsi sol-
tanto nei templi buddisti. Fin da piccolo nutrì il grande desi-
derio di sviluppare la saggezza per trovare la risposta alla que-
stione fondamentale della vita e della morte, che rappresenta
la più grande fonte di sofferenza per gli esseri umani, e ripa-
gare in questo modo il debito di gratitudine nei confronti dei
propri genitori. Così afferma in un suo scritto: «Nessuno, sag-
gio o stolto, vecchio o giovane, sa mai che cosa gli accadrà nell’istante
successivo. Così va il mondo! Perciò prima di tutto dovrei studiare
ciò che riguarda il momento della morte e poi tutto il resto». (1)
Con questa forte motivazione for mulò il suo pr imo
“voto”, quello di diventare l’uomo più saggio del Giappone.
A quel tempo il Buddismo nel paese era rappresentato da nu-
merose scuole, che predicavano varie dottrine e adottavano
differenti pratiche religiose. Nichiren si domandava come mai
l’insegnamento di Shakyamuni si fosse così frammentato, e
perché il Buddismo, nonostante fosse nato con lo scopo di
salvare le persone dalla sofferenza e di portare pace e stabilità
alla società, non avesse più la capacità di realizzare questi
obiettivi.
A sedici anni decise di diventare monaco, dedicandosi
totalmente agli studi buddisti. Entrò nell’ordine monastico
sotto la guida del prete anziano Dozen-bo prendendo il nome
di Zesho-bo Rencho. In seguito lasciò momentaneamente il
tempio Seicho per approfondire ulteriormente lo studio delle
scritture e le dottrine delle varie scuole nei più importanti
centri buddisti di Kamakura, Kyoto e Nara.

1 — L’importanza del momento della morte, Raccolta degli scritti di


Nichiren Daishonin, IBISG , Firenze, 2008-2013, vol. II, pag. 714. Di se-
guito citato come RSND .
6 M AT E R I A L E D I S T U D I O

La proclamazione di Nam myoho renge kyo

Grazie a questa esperienza di studio e alla sua stessa il-


luminazione ebbe la profonda consapevolezza che l’insegna-
mento fondamentale di Shakyamuni fosse il Sutra del Loto, e
che il suo titolo, Myoho renge kyo, fosse la Legge che per-
mette il risveglio al vero aspetto della vita universale.
Tornato all’età di trentadue anni al tempio Seicho, il 28
aprile del 1253, con il nuovo nome di Nichiren (che significa
“sole-loto”, a indicare di aver ottenuto l’illuminazione da
solo), tenne un sermone in cui confutò le dottrine delle altre
tradizioni buddiste, in particolare della scuola della Pura
terra, chiamata anche Nembutsu. Con voce risonante recitò
Nam myoho renge kyo, proclamando che questa grande
Legge era l’unico insegnamento capace di condurre diretta-
mente le persone all’illuminazione nell’Ultimo Giorno della
Legge. Questo evento costituisce la fondazione del suo inse-
gnamento e la base per il suo secondo “voto”, quello di pro-
pagare la Legge per la felicità degli esseri umani senza rispar-
miare la propria vita.
Affermando che le principali scuole buddiste dell’epoca
(Pura terra, Zen, Precetti, Vera parola) erano basate su parziali
ver ità dei sutra provvisor i che, nell’Ultimo Gior no della
Legge, non erano più validi e avrebbero portato alla rovina e
non alla salvezza, si attirò l’odio di diversi esponenti del
mondo politico e religioso.
La notizia della dichiarazione del Daishonin (il termine
“Daishonin” è un titolo onorifico che significa “grande sag-
gio”) arrivò anche a Tojo Kagenobu, signore del luogo e fer-
vente seguace della scuola della Pura terra, che ordinò di ar-
restarlo. Prevedendo l’aggressione, Nichiren riuscì a fuggire
con l’aiuto dei suoi primi discepoli. Andò dai suoi genitori
che vivevano nelle vicinanze e li convertì. Poi partì per Ka-
makura, sede del governo militare, che sarebbe diventata il
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centro delle attività di propagazione, e prese alloggio a Ma-


tsubagayatsu, dove cominciò a diffondere i suoi insegnamenti,
convertendo molti discepoli importanti. Scrisse alcune di ri-
lievo opere, tra le quali Il conseguimento della Buddità in questa
esistenza (1255). In quel periodo il numero dei suoi seguaci
aumentò e fu allora che si convertirono, tra gli altri, Toki Jo-
nin, Shijo Kingo, Ikegami Munenaka e il giovanissimo prete
Nikko, che rimase accanto a Nichiren per tutta la vita.
Intanto il paese era afflitto da nubifragi e terremoti, ai
quali si aggiungevano carestie, incendi ed epidemie. La popo-
lazione era precipitata nella miseria e nella disperazione. Col-
pito da questi avvenimenti eccezionali, e per alleviare le sof-
ferenze dei suoi connazionali, Nichiren decise di ricercarne la
causa fondamentale nei testi buddisti. Giunse così a scrivere il
trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace del paese
(giapp. Rissho ankoku ron) che il 16 luglio del 1260 inviò al-
l’ex reggente, Hojo Tokiyori, la persona più potente del go-
verno. Nel trattato si dichiara che la causa di quelle calamità
era che la popolazione – sostenendo dottrine erronee e falsi
maestr i – aveva voltato le spalle al corretto insegnamento
buddista. I sutra predicevano infatti che sette tipi di disastri
avrebbero colpito il paese che si fosse opposto all’insegna-
mento corretto. Cinque di essi (pestilenze, cambiamenti stra-
ordinari nei cieli, eclissi lunari e solari, tempeste fuori sta-
gione e siccità fuori stagione) si erano già verificati, gli ultimi
due – la guerra civile e l’invasione straniera – sarebbero se-
guiti immancabilmente. Raccomanda perciò ai governanti di
prendere provvedimenti immediati accettando e sostenendo il
corretto insegnamento del Buddismo contenuto nel Sutra del
Loto. Questa azione coraggiosa, chiamata “primo ammoni-
mento”, scatenò nei suoi confronti una nuova ondata di per-
secuzioni.
8 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Le persecuzioni

I capi del governo ignorarono l’appello di Nichiren


Daishonin e alcuni seguaci della Pura terra, col tacito soste-
gno di notabili del luogo, si prepararono per attaccare diretta-
mente Nichiren. La sera del 27 agosto del 1260 presero d’as-
salto la sua dimora con l’intenzione di ucciderlo. Questo
incidente è noto come la “persecuzione di Matsubagayatsu”.
Nichiren riuscì a scampare all’assalto e, per un certo periodo,
si allontanò da Kamakura.
Quando vi ritornò nell’anno seguente il governo or-
dinò il suo arresto e, senza avere seriamente indagato sulla ve-
ridicità delle accuse mosse contro di lui, lo condannò all’esi-
lio. Così il 12 maggio 1261 Nichiren partì per Ito, nella
penisola di Izu. Nel febbraio del 1263 ottenne la grazia e ri-
tornò di nuovo a Kamakura.
L’anno seguente Nichiren si recò nella sua provincia na-
tale per occuparsi della madre, gravemente malata. Come
scrisse in seguito, grazie alle sue preghiere la donna non solo
guarì dalla malattia, ma prolungò la sua vita di quattro anni.
L’11 novembre dello stesso anno Nichiren Daishonin e un
gruppo di suoi discepoli caddero in un’imboscata tesa dal so-
vrintendente della regione Tojo Kagenobu e dai suoi guer-
rieri. Nello scontro un seguace restò ucciso e Nichiren stesso
riportò una ferita di spada alla fronte e una frattura al polso
sinistro. L’incidente è noto come la “persecuzione di Komat-
subara”.
Nel 1268 l’impero mongolo minacciò di invadere il
Giappone se non si fosse sottomesso. Nichiren si rese conto
che l’invasione straniera, predetta nel suo trattato Adottare l’in-
segnamento corretto per la pace del paese, stava per avverarsi. Nel-
l’ottobre di quell’anno scrisse nuovamente a undici influenti
personalità governative e religiose, ricordando loro la sua pre-
dizione e chiedendo che venisse indetto un dibattito religioso
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pubblico tra lui e i rappresentanti delle principali scuole bud-


diste per dimostrare i loro errori dottrinari. Ma né il governo
né i capi religiosi presero in considerazione tale richiesta.
Nonostante il crescente pericolo per la sua vita, Nichi-
ren continuò a indicare gli errori delle principali scuole bud-
diste e, dopo la seconda serie di messaggi di ammonimento,
iniziò il periodo più difficile della sua vita.
Il 10 settembre del 1271 il capo della polizia Hei no
Saemon, incitato dal prete Ryokan, capo della scuola dei Pre-
cetti-Vera parola, convocò Nichiren per un interrogatorio. Il
Daishonin non perse l’occasione per spiegare di nuovo quale
fosse, dal punto di vista degli insegnamenti buddisti, il cor-
retto atteggiamento che i governanti della nazione avrebbero
dovuto adottare per assicurare la pace e la sicurezza dei citta-
dini. Due giorni dopo fu arrestato con l’accusa di fomentare
disordini e condannato all’esilio nell’isola di Sado, nel mar del
Giappone.
Hei no Saemon, però, aveva progettato di giustiziarlo
in segreto prima che arrivasse a Sado. Così il 12 settembre,
poco prima dell’alba, ordinò a un drappello di soldati di con-
durre Nichiren in un luogo chiamato Tatsunokuchi (la Bocca
del drago), una spiaggia nei pressi di Kamakura dove veni-
vano eseguite le condanne a morte. Ma proprio quando Ni-
chiren stava per essere decapitato, un oggetto luminoso ap-
parve in cielo. In seguito il Daishonin lo descrisse così: «Una
sfera brillante quanto la luna, proveniente da Enoshima [una pic-
cola isola al largo della spiaggia], attraversò il cielo da sud-est a
nord-ovest». (2) I soldati, terror izzati, r inunciarono all’esecu-
zione. Questo evento è noto come la “persecuzione di Tatsu-
nokuchi”.
La mancata decapitazione di Tatsunokuchi è stata estre-

2 — Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND , vol. I, pag. 682
10 M AT E R I A L E D I S T U D I O

mamente significativa per la vita di Nichiren perché, come


dice nel Gosho L’apertura degli occhi, a Tatsunokuchi abban-
donò il suo stato transitorio di comune mortale e rivelò la sua
vera identità di Budda originale. Questo rappresenta il punto
di svolta cruciale nella vita di Nichiren.
Dopo il fallito tentativo di decapitazione, il governo
confermò la condanna all’esilio nell’isola di Sado.
Qui Nichiren prese alloggio nella dimora assegnatagli,
una piccola cappella in rovina, senza tetto, all’interno del ci-
mitero di Tsukahara. Era pieno inverno e dovette affrontare la
neve, la scarsità di cibo e di vesti nonché l’ostilità dei seguaci
della Pura terra, che costituivano una seria minaccia alla sua
vita.
Il 16 gennaio dell’anno successivo, 1272, diverse centi-
naia di preti e di seguaci laici delle varie scuole buddiste di
Sado e delle province vicine si riunirono per sfidare Nichiren
in un dibattito religioso. Egli accettò la sfida e in quell’incon-
tro, noto come il dibattito di Tsukahara, confutò gli argo-
menti dei suoi avversari e le dottrine erronee delle scuole che
essi rappresentavano; molti – preti e laici – divennero suoi di-
scepoli. Tra questi Abutsu-bo, sua moglie Sennichi-ama e il
prete Sairen-bo.
Durante l'esilio a Sado Nichiren scrisse molte lettere di
incoraggiamento ai suoi discepoli e alcuni importanti trattati,
tra cui l'Apertura degli occhi e l'Oggetto di culto per l'osserva-
zione della mente, che rappresentano le basi teoriche e dot-
trinali per l'iscrizione del Gohonzon, l'oggetto di culto per la
felicità di tutta l'umanità.
Nel febbraio del 1274 anche l’esilio a Sado venne con-
donato e Nichiren poté tornare a Kamakura. Incontrò nuova-
mente Hei no Saemon e, in risposta a una sua precisa do-
manda, predisse che i mongoli avrebbero sicuramente attaccato
il Giappone entro l’anno. Cosa che accadde effettivamente,
nell’ottobre del 1274.
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Il ritiro sul monte Minobu

Ma dal momento che le sue rimostranze erano rimaste


inascoltate, Nichiren decise di lasciare Kamakura e di ritirarsi
(come era consuetudine fare in tali circostanze) sul monte
Minobu nel maggio del 1274, da dove intensificò le attività di
propagazione. In quegli anni scrisse molte opere importanti e
tenne delle lezioni sul Sutra del Loto e su altri argomenti, ri-
versando le sue energie nella formazione di discepoli capaci
di diffondere il suo insegnamento.
Come già aveva fatto a Sado, scrisse anche molte lettere
personali ai suoi seguaci, incoraggiandoli continuamente nella
fede e istruendoli su come affrontare le dure realtà della vita
quotidiana alla luce degli insegnamenti buddisti.

I “martiri di Atsuhara” e la missione della vita di


Nichiren Daishonin

Dopo il ritiro di Nichiren a Minobu, le attività di pro-


pagazione nel distretto di Fuji continuarono sotto la guida di
Nikko. Per contrastare tale espansione, i preti dei templi Ten-
dai di quella regione cominciarono a perseguitare i seguaci
del Daishonin. Il 21 settembre 1279 venti contadini che si
erano convertiti agli insegnamenti di Nichiren furono arre-
stati, con la falsa accusa di avere illegalmente raccolto il riso
nei terreni di un tempio. Portati a Kamakura vennero interro-
gati duramente e torturati perché rinnegassero la loro fede.
Ma essi rimasero saldi nella loro convinzione e tre di loro – i
fratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, chiamati in seguito i “mar-
tir i di Atsuhara” - furono giustiziati, mentre altri vennero
banditi dal loro paese.
Il comportamento dei discepoli della zona di Atsuhara
aveva colpito profondamente Nichiren: per la prima volta dei
credenti di modesta estrazione sociale – dei semplici contadini
12 M AT E R I A L E D I S T U D I O

– senza una relazione diretta con il Daishonin, avevano difeso


la fede nel suo insegnamento anche a costo della loro vita.
Nichiren Daishonin comprese che si andava realizzando
così la missione della sua vita. Lo scopo per il quale il Dai-
shonin apparve nel mondo, animato dal desiderio di permet-
tere a tutte le persone della difficile epoca di mappo di otte-
nere l’illuminazione, fu compiuto non solo con l’iscrizione
dell’oggetto di culto – il Gohonzon – ma anche con l’appari-
zione di discepoli che condividevano il suo spirito e la sua
missione di sostenere e praticare la Legge Mistica senza ri-
sparmiare la propria vita, cioè con la realizzazione del Buddi-
smo della gente comune.
Nel gosho Le persecuzioni che colpiscono il santo, scritto il
1° ottobre del 1279, pochi giorni dopo l'inizio della persecu-
zione di Atsuhara, Nichiren dichiara di aver realizzato, dopo
ventisette anni dall’istituzione della recitazione di Nam
myoho renge kyo come pratica fondamentale (1253), lo
scopo della sua vita. Ricorda tutte le persecuzioni che ha do-
vuto affrontare e superare, incoraggiando così i discepoli che
in quel momento stavano affrontando quella difficile prova a
causa della loro fede.
Quello che fu in seguito definito il Gohonzon del se-
condo anno dell’era Koan (1279) fu iscritto durante questo
periodo.
All’epoca della persecuzione di Atsuhara, i seguaci del
Daishonin si impegnarono nella fede, uniti nello spirito di “di-
versi corpi, stessa mente”. Il suo giovane discepolo Nanjo To-
kimitsu, amministratore di un villaggio nei pressi di Atsuhara,
lavorò instancabilmente per proteggere i compagni di fede.

L’ultimo periodo della vita di Nichiren Daishonin

L’8 settembre 1282 Nichiren designò come suo succes-


sore Nikko Shonin e gli affidò tutti i suoi insegnamenti e la
LE TAP P E P R I N C I PALI
D E LLA VITA D I N I C H I R E N

16 febbraio 1222 nasce a Kominato, nell’antica


provincia di Awa
28 aprile 1253 proclama per la prima volta
Nam myoho renge kyo
16 luglio 1260 invia il trattato Adottare
l’insegnamento corretto per la pace
nel paese a Hojo Tokiyori
27 agosto 1260 persecuzione di Matsubagayatsu
12 maggio 1261 esilio di Izu
11 novembre 1264 persecuzione di Komatsubara
12 settembre 1271 persecuzione di Tatsunokuchi
novembre 1271 esilio a Sado
16 gennaio 1272 dibattito di Tsukahara
aprile 1274 ritorna dall’esilio di Sado
maggio 1274 ritiro sul monte Minobu
settembre 1279 inizio della persecuzione
di Atsuhara
8 settembre 1282 trasmissione degli insegnamenti a
Nikko Shonin

13 ottobre 1282 muore presso la residenza


di Ikegami Munenaka
14 M AT E R I A L E D I S T U D I O

guida della propagazione attraverso il Documento di trasmis-


sione di Minobu. Nello stesso mese, Nichiren abbandonò il
monte Minobu e si mise in viaggio verso la provincia di Hi-
tachi. Apparentemente il motivo era di recarsi alle terme per
curare la malattia di cui soffriva. Ma lungo il tragitto si fermò
nella casa di Ikegami Munenaka, suo discepolo, dove poté in-
contrare molti dei suoi seguaci e dare le ultime disposizioni
prima di morire.
Sebbene avesse inizialmente designato sei preti anziani
come figure di riferimento per la propagazione nelle rispet-
tive zone, il 13 ottobre 1282 il Daishonin riconfermò la tra-
smissione dei suoi insegnamenti a Nikko (Documento di tra-
smissione di Ikegami o Atto di successione di Ikegami), l’unico che
ne aveva compreso il significato essenziale.
Morì quella stessa mattina mentre recitava Nam myoho
renge kyo assieme ai suoi discepoli.
Nei secoli successivi l’insegnamento del Daishonin
venne custodito dal clero della Nichiren Shoshu ma, tranne
rare eccezioni, perse quasi del tutto lo spirito originario.
Nel 1930 la Soka Gakkai ripartì dallo spirito originario
di Nichiren Daishonin dando un nuovo impulso allo sviluppo
di kosen rufu.

L A S TO R I A D E L L A S O K A G A K K A I E D E I T R E P R E S I D E N T I
I primi passi

Il 18 novembre 1930 Tsunesaburo MAKIGUCHI (1871-


1944), direttore di una scuola elementare, insieme a Josei
TODA (1900-1958) fondò un’associazione di educatori che
aveva come scopo una riforma del sistema pedagogico, la Soka
Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore).
Makiguchi era un colto pedagogista, osteggiato dal go-
verno conservatore per le sue idee molto avanzate sull’edu-
cazione. Toda era un insegnante elementare che incontrò Ma-
P RO F I L O S T O R I C O D E L B U D D I S M O D I N I C H I R E N DA I S H O N I N 15

kiguchi nel 1920 abbracciandone entusiasticamente le idee.


Nel 1928 i due si convertirono al Buddismo di Nichi-
ren Daishonin aderendo alla scuola Nichiren Shoshu, che fa-
ceva capo al tempio principale Taiseki. Ben presto spostarono
l’attenzione dall’ambito educativo allo studio e alla propaga-
zione degli insegnamenti di Nichiren Daishonin, perché in
essi trovarono la base per le proprie teorie pedagogiche e per
lo sviluppo dell’essere umano e della società.
A partire dal 1933 l’organizzazione cominciò a tenere
corsi annuali di studio del Buddismo e, in meno di dieci anni,
arrivò a contare circa duemila membri. Con l’inizio della Se-
conda guerra mondiale, il governo militarista giapponese co-
minciò a reprimere ogni forma di libertà nel paese e in nome
della sicurezza nazionale obbligò tutti i gruppi religiosi a uni-
ficarsi sotto l’egida dello Shintoismo, che divenne religione di
stato. La Nichiren Shoshu accettò di fondersi con le altre
scuole Nichiren e di esporre i talismani shintoisti accanto al
proprio oggetto di culto, mentre Makiguchi e Toda si oppo-
sero con fermezza all’ingerenza del governo e in generale alla
politica militarista di quegli anni.
Da quel momento la persecuzione delle autorità si spo-
stò dalla Nichiren Shoshu alla Soka Kyoiku Gakkai e Maki-
guchi fu arrestato il 6 luglio 1943 con l’accusa di aver violato
la legge per la preservazione della pace e di non aver rispet-
tato i santuari shintoisti.
Makiguchi, dopo aver subito un interrogatorio somma-
rio, venne rinchiuso in condizioni di estrema durezza. Consu-
mato dal freddo e dalla denutrizione morì dopo circa un anno
e mezzo, il 18 novembre 1944, a settantatré anni. Anche Toda
fu arrestato insieme ad altri responsabili, ma fu l’unico a man-
tenere le sue convinzioni e dunque trattenuto in carcere. Fu
liberato il 3 luglio del 1945. La città di Tokyo era un cumulo
di rovine a causa dei bombardamenti e i membri della Soka
Kyoiku Gakkai erano tutti dispersi.
16 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Nel periodo precedente alla guerra il primo presidente


Makiguchi aveva avuto il ruolo fondamentale di restituire al
Buddismo di Nichiren Daishonin il ruolo di religione attiva
nella vita quotidiana. Ora con Josei Toda cominciava una
nuova fase.

La ricostruzione

In carcere Toda aveva sperimentato il potere della fede,


maturando una profonda coscienza della missione della sua
vita. Propagare gli insegnamenti di Nichiren per realizzare la
pace nel mondo diventò così lo scopo principale dell’associa-
zione che Toda si impegnò a ricostruire. Nel 1946 ne cambiò
il nome in Soka Gakkai (Società per la creazione di valore),
che divenne una vera e propria organizzazione religiosa laica
basata sull’insegnamento di Nichiren Daishonin.
La ripresa delle attività nel dopoguerra fu un compito
arduo, quasi tutti i responsabili avevano smesso di praticare. Il
14 agosto 1947 Toda conobbe Daisaku I KEDA , allora dicianno-
venne, che partecipava per la prima volta a una riunione bud-
dista: da quel momento il giovane r imase sempre al suo
fianco, scegliendolo come maestro, pronto a realizzare tutti i
suoi desideri.
Negli anni che seguirono, l’organizzazione conobbe una
grande espansione. Il 3 maggio 1951 Toda divenne il secondo
presidente della Soka Gakkai, e decise di convertire 750mila
famiglie prima di morire. Dedicò il resto della vita al rag-
giungimento di questo obiettivo: nel 1957 alla Soka Gakkai
avevano aderito 765mila famiglie. In quello stesso anno, in
piena guerra fredda, durante una riunione con migliaia di
giovani, Toda pronunciò una storica dichiarazione contro le
armi nucleari. Da allora le iniziative per la pace avrebbero co-
stituito una delle attività principali della Soka Gakkai. Morì
poco tempo dopo, il 2 aprile 1958.
P RO F I L O S T O R I C O D E L B U D D I S M O D I N I C H I R E N DA I S H O N I N 17

Il 3 maggio 1960 Daisaku Ikeda diventò il terzo presi-


dente della Soka Gakkai.
Il secondo presidente Josei Toda ha avuto il merito di
aver ricostruito la Soka Gakkai dopo la Seconda guerra mon-
diale, determinando la diffusione dell’insegnamento di Nichi-
ren Daishonin in tutto il Giappone, e di aver stabilito il Bud-
dismo della “rivoluzione umana”, cioè il conseguimento della
Buddità attraverso il profondo cambiamento della vita.
Sotto la guida di Ikeda il movimento per la pace della
Soka Gakkai si è diffuso oltre i confini del Giappone, por-
tando milioni di persone in tutto il mondo a praticare questo
insegnamento.

La Soka Gakkai Internazionale

A partire dal primo anno della sua presidenza Daisaku


Ikeda iniziò a recarsi all’estero: visitò l’America del Nord e
del Sud, il Sud-est Asiatico, l’India, l’Europa. Nell’arco di
quindici anni il Buddismo di Nichiren Daishonin si diffuse in
tutti e cinque i continenti.
Il 26 gennaio del 1975 sull’isola di Guam nell’oceano
Pacifico, di fronte ai rappresentanti di cinquantuno paesi, Ita-
lia compresa, nacque la Soka Gakkai Internazionale (S GI ). Da
allora, in molte nazioni si è andata costituendo un’organizza-
zione autonoma che aderisce alla S GI , con sede a Tokyo, con
diversa struttura a seconda delle esigenze e delle culture.
Dall’inizio degli anni Ottanta la S GI è stata riconosciuta
presso le Nazioni Unite come Organizzazione non governa-
tiva (O NG ) e ha cominciato a impegnarsi in diverse agenzie
internazionali, quali l’U NESCO e l’ACNUR .
Ogni anno, dal 1983, il presidente Ikeda invia alle Na-
zioni Unite una Proposta di pace, che contiene riflessioni
sulla pace, i diritti umani, l’educazione, la politica e l’econo-
mia ispirate all’umanesimo buddista.
18 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Il distacco dalla Nichiren Shoshu

Il grande sviluppo dell’organizzazione laica sia a livello


locale in Giappone che a livello internazionale portò inevita-
bilmente ad una messa in discussione del ruolo e del signifi-
cato del clero della Nichiren Shoshu. Come già accennato in
precedenza, Nikko Shonin, il discepolo più vicino a Nichiren
Daishonin, fondò nel 1289 la scuola Fuji chiamata poi Nichi-
ren Shoshu, ccon il compito di trasmettere correttamente gli
insegnamenti del fondatore. Ben presto tuttavia, per diversi
motivi legati anche alle trasformazioni sociali e politiche del
Giappone, essa perse la sua autonomia uniformandosi ai det-
tami del governo, e di fatto abbandonò la sua missione di ko-
sen rufu, il desiderio originale del Budda.
Questa situazione si andò cristallizzando nei secoli suc-
cessivi, e l’assoggettamento al controllo statale durò fino alla
seconda guerra mondiale, quando la Nichiren Shoshu non
oppose nessuna resistenza al governo militarista che volle im-
porre l’esposizione del talismano shintoista nel tempio prin-
cipale, e favorì l’arresto di Makiguchi e Toda per la loro op-
posizione al governo e alla guerra.
A partire dall’immediato dopoguerra, la Soka Gakkai fa
completamente sua la missione della propagazione, cercando
nel contempo in tutti i modi di far tornare il clero alla sua
originaria funzione. Negli anni della presidenza di Toda si
apre una fase di proficua collaborazione che vede la realizza-
zione di importanti obiettivi : la ricostruzione del Taisekiji, la
sede principale della Nichiren Shoshu; la costruzione di nu-
merosi templi in tutto il Giappone; la pubblicazione, mai rea-
lizzata fino ad allora, della raccolta completa dei gosho, che dà
la possibilità a tutti i praticanti di leggere e studiare diretta-
mente gli scritti del Daishonin. Inoltre la Nichiren Shoshu
accetta, su richiesta della Soka Gakkai, di consegnare il Go-
honzon a ogni persona o famiglia che si converte al Buddi-
P RO F I L O S T O R I C O D E L B U D D I S M O D I N I C H I R E N DA I S H O N I N 19

smo di Nichiren, rompendo una secolare situazione di immo-


bilismo.
L’attività e il dinamismo del movimento laico della
Gakkai cominciarono a creare malumore all’interno della co-
munità di monaci che vedevano via via diminuire il loro po-
tere, e si andò creando una fazione che avversava la collabora-
zione con la Soka Gakkai.
Quando Daisaku Ikeda assunse la carica di presidente
delle Soka Gakkai nel 1960 iniziò il processo di mondializza-
zione del Buddismo di Nichiren Daishonin; nel frattempo per
l'afflusso di un numero sempre crescente di praticanti, si rese
necessario una nuova e più grande sede per custodire il Go-
honzon iscritto il 12 ottobre del 1279 e custodito dal clero.
Fu realizzato lo Sho Hondo, un grande edificio di pregevole
valore architettonico con il contributo delle offerte di 8 mi-
lioni di membri della Soka Gakkai, in Giappone e nel resto
del mondo.
Se la Nichiren Shoshu da un lato accoglieva i successi
dell’organizzaizone laica traendone ampi benefici, dall’altro
ne temeva l’espansione e l’autonomia che questa acquistava
con il passare del tempo, temendo che venisse messa in di-
scussione la sua autorità di fronte ai credenti. Questa situa-
zione portò una parte del clero a fare pressioni per ottenere
le dimissioni del presidente Ikeda, cosa che alla fine avvenne
il 24/4/1979. Se da una parte si vide costretto a lasciare l’in-
carico, dall’altra Ikeda prese spunto da questi eventi per in-
tensificare la sua attività di sostegno diretto ai membri dentro
e fuori il Giappone, e per allargare la cerchia di amici della
Gakkai, attraverso numerosi incontri internazionali con per-
sonalità del mondo accademico e politico. L’anno seguente gli
viene chiesto dal nuovo Patriarca di riassumere la carica e
Ikeda accetta, ma l’ostilità del clero riesplode definitivamente
nel dicembre del 1990 con la volontà del patriarca Nikken di
estromettere la Soka Gakkai dalla guida del movimento inter-
20 M AT E R I A L E D I S T U D I O

nazionale di kosen rufu, per arrivare poi nel 1991 a “scomu-


nicare” tutti quei membri di ogni paese che intendevano con-
tinuare ad appartenere all’organizzazione laica. Da allora ven-
nero sospese le consegne dei Gohonzon e venne emanato il
divieto di visitare il tempio principale a chi non si fosse affi-
liato alla Nichiren Shoshu, un atteggiamento in palese con-
trasto con l’universalità dell’insegnamento di Nichiren Dai-
shonin.
Negli anni successivi la Soka Gakkai ha potuto tornare
a consegnare i Gohonzon grazie alla decisione di un prete
che, a capo di un tempio dissociatosi dal tempio principale e
da Nikken, nel 1993 ha donato un Gohonzon or iginale
iscritto nel XVIII secolo dal patriarca riformatore Nichikan
Shonin, uno dei più illustri della storia della Nichiren Sho-
shu. Questo Gohonzon costituisce la matrice dei Gohonzon
che vengono oggi consegnati in tutto il mondo ai nuovi
membri.
Nel 1998, a riprova della degenerazione e del disprezzo
verso i membri laici, il patriarca Nikken insieme al gruppo
dei monaci radunati intorno a lui, decise di radere al suolo il
nuovo tempio inaugurato nel 1972 – lo Sho Hondo – sim-
bolo della sincera dedizione e della pura fede di milioni di
credenti di tutto il mondo.

La missione della Soka Gakkai

Per la Soka Gakkai il distacco dalla Nichiren Shoshu è


stato l’occasione per dare un’ulteriore spinta alla diffusione
del Buddismo del Daishonin. Negli anni successivi infatti la
S GI ha proseguito la sua espansione a livello mondiale che la
vede attualmente presente in 192 paesi e territori con più di
dodici milioni di membri, uniti dalla fede negli insegnamenti
di Nichiren Daishonin.
Si è incrementato l’impegno verso la pace, la cultura,
P RO F I L O S T O R I C O D E L B U D D I S M O D I N I C H I R E N DA I S H O N I N 21

l’educazione, l’aiuto umanitario, la difesa dell’ambiente, por-


tati avanti sia attraverso l’azione dei singoli individui che at-
traverso le tante iniziative promosse dalla S GI nel mondo,
come ad esempio le mostre sui diritti umani e sull’ambiente,
le raccolte di firme contro le armi nucleari e per la moratoria
della pena di morte.
Il presidente Ikeda sta moltiplicando i suoi sforzi per
incoraggiare i membri di tutto il mondo e per creare una rete
di amicizia e di dialogo con personalità di paesi diversi, supe-
rando ogni differenza culturale o ideologica: accanto a lui sua
moglie Kaneko lo sostiene costantemente nei viaggi e nelle
attività per la pace.
L’obiettivo della Soka Gakkai è fondamentalmente du-
plice: aiutare i membr i nel loro percorso di r ivoluzione
umana, facendo in modo che pratichino il Buddismo esatta-
mente come ha insegnato Nichiren Daishonin, e diffondere
in ogni campo della società l’umanesimo buddista, basato sul
rispetto della dignità della vita, al fine di trasformare pacifica-
mente la nostra epoca.
Il terzo presidente Daisaku Ikeda, che ha portato il
Buddismo di Nichiren in tutti i paesi del mondo e si è prodi-
gato per far conoscere l’insegnamento in moltissimi ambiti
della cultura mondiale, è colui che ha favorito l’affermazione
di questo umanesimo buddista.
LE BASI DELLA FEDE 23

Le basi della fede

F E D E , P R AT I C A , S T U D I O

I cardini del Buddismo di Nichiren Daishonin sono la


fede, la pratica e lo studio.
Nel Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni si legge: «Im-
pegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e
studio, non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, ma
anche insegnare agli altri. Sia la pratica che lo studio sorgono dalla
fede. Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o
verso». (1)
F EDE significa credere nel Gohonzon, cioè credere nel
fatto che sia noi sia tutti gli altri esseri umani possediamo la
natura di Budda e che tutti i fenomeni dell’universo sono
manifestazioni della Legge mistica, Myoho renge kyo. La fede

1 — RSND , vol. I, pag. 342


24 M AT E R I A L E D I S T U D I O

è la causa profonda che fa emergere la Buddità dalla nostra


vita, vincendo l’oscurità fondamentale. Nella Raccolta degli in-
segnamenti orali il Daishonin afferma: «Questa parola “fede” è
una spada affilata che taglia l’oscurità fondamentale o ignoranza,
[…] che taglia via il dubbio e l’incertezza». (2) Una fede libera dal
dubbio ci consente di affrontare qualsiasi difficoltà e trasfor-
mare l’impossibile in possibile.
Una fede di questo tipo non sorge dal nulla, occorre co-
struirla sperimentando il funzionamento della Legge nella vita
reale. Per questo bisogna esercitarsi nella pratica e nello studio.
La PRATICA consiste di due aspetti: la pratica per sé e la
pratica per gli altri. La prima è costituita dalla recitazione quo-
tidiana di Gongyo, che significa “pratica assidua” e comprende
a sua volta sia il daimoku – la pratica principale del Buddismo
di Nichiren Daishonin – sia la recitazione di parte dei capitoli
Espedienti e Durata della vita del Tathagata del Sutra del Loto.
La pratica per gli altri è shakubuku, ovvero l’azione di
parlare agli altri della Legge di Myoho renge kyo, insegnare a
praticarla e incoraggiare ad affrontare la vita sperimentando la
fede nel Gohonzon.
Da un punto di vista profondo la pratica per sé e la pra-
tica per gli altri non si possono considerare separatamente, in
quanto sono entrambe indispensabili per manifestare la Bud-
dità nella nostra vita. Nichiren Daishonin scrive a questo pro-
posito nel Gosho Sul ricevimento delle tre grandi Leggi segrete:
«Adesso però siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge e il dai-
moku che io, Nichiren, recito è differente da quello delle epoche prece-
denti. Questo Nam myoho renge kyo comprende sia la pratica per sé
sia l’insegnamento agli altri».(3)
Lo STUDIO consiste essenzialmente nella lettura degli

2 — The Record of the Orally Transmitted Teachings, Soka Gakkai,


Tokyo, 2004, pag. 54. Di seguito citato come ROTT .
3 — RSND , vol. II, pag. 925
LE BASI DELLA FEDE 25

scritti di Nichiren Daishonin, il Gosho. A questo si aggiun-


gono gli scritti di Daisaku Ikeda, come pure di Josei Toda e
Tsunesaburo Makiguchi, presidenti della Soka Gakkai e guide
del movimento di kosen rufu nel mondo.
Nello studio l’aspetto più importante è lo “spirito di ri-
cerca”, il desiderio di mettere in pratica quello che si studia
sperimentandolo nella propria vita. Utilizzare il Buddismo
nella vita quotidiana è il punto chiave per i discepoli di Ni-
chiren. Scrive il presidente Ikeda a questo proposito: «Mem-
bri di tutto il mondo hanno approfondito la loro compren-
sione della fede, della pratica e dello studio, hanno rinvigorito
il proprio coraggio e hanno vinto le loro battaglie per kosen
rufu aprendo le pagine del Gosho – cioè degli scritti di Ni-
chiren Daishonin – con lo spirito di ricevere consigli e istru-
zioni direttamente dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con il
Gosho come nostro fondamento non ci troveremo mai a un
punto morto». (4)

I L DAI MOKU

“Daimoku” in giapponese letteralmente significa “l’es-


senza di un testo” espressa dal suo titolo. Nel Buddismo di Ni-
chiren Daishonin si riferisce al titolo del Sutra del Loto nella
sua traduzione cinese, Myoho renge kyo, e ne rappresenta il fon-
damento. Myoho renge kyo è infatti il nome della Legge uni-
versale alla quale Nichiren Daishonin si è illuminato.
Egli fece precedere al nome della Legge universale di
Myoho renge kyo la parola nam, variante fonetica di namu,
traslitterazione del sanscrito namas che significa “devozione”.
Perciò, recitando Nam myoho renge kyo con fede ri-
svegliamo e manifestiamo la nostra innata natura illuminata (o

4 — Daisaku Ikeda, L’apertura degli occhi – Lezioni sugli scritti di


Nichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2007, pag. V
26 M AT E R I A L E D I S T U D I O

natura di Budda) che esiste nella nostra vita e in quella degli


altri.
Il Daishonin descrive nel Gosho questo processo di tra-
sformazione interna: «Quando veneriamo il Myoho renge kyo che
è nella nostra vita come oggetto di culto, la natura di Budda che è in
noi viene richiamata dalla nostra recitazione di Nam myoho renge
kyo e si manifesta. Questo si intende per “Budda”. Per fare un
esempio, quando un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano li-
beri nel cielo sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quando
gli uccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cerca
di uscire fuori. Così, quando con la bocca recitiamo la mistica Legge,
la nostra natura di Budda viene richiamata e immancabilmente
emergerà». (5)

Il daimoku della fede e il daimoku della pratica

Scrive il presidente Ikeda: «La recitazione del daimoku


è la base di tutto l’insegnamento del Daishonin. Il suo Buddi-
smo, a differenza delle scuole buddiste del suo tempo, non si
basava sul culto di una specifica divinità o Budda; ciò che il
Daishonin stabilì fu il mezzo per realizzare l’ideale del Sutra
del Loto, il raggiungimento dell’illuminazione da parte di
tutte le persone.
«Nel Buddismo di Nichiren possiamo distinguere tra il
daimoku della fede e il daimoku della pratica. Il primo ri-
guarda l’aspetto spirituale della nostra pratica e consiste es-
senzialmente nella battaglia che ha luogo nel nostro cuore per
contrastare la nostra condizione interiore illusa, od oscurità. È
una battaglia contro le forze negative e distruttive interiori
per apr ire un varco nell’oscur ità che avvolge la natura di

5 — Come coloro che inizialmente aspirano alla vita possono conse-


guire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, RSND , vol. I, pag. 789
LE BASI DELLA FEDE 27

Budda e far emergere la condizione vitale di Buddità grazie al


potere della fede.
«Il daimoku della pratica riguarda invece l’azione speci-
fica di recitare Nam myoho renge kyo e di insegnarlo agli al-
tri, gli sforzi che compiamo, con le parole e con le azioni, per
la nostra felicità e per quella degli altri, che sono la dimostra-
zione tangibile della nostra battaglia interiore contro l’illu-
sione e i nostri aspetti negativi interiori.
«Quando la fede vince sul dubbio e sulle illusioni, il po-
tere della natura di Budda viene risvegliato dal suono del dai-
moku e si manifesta spontaneamente nella nostra vita.
«Il punto essenziale che differenzia il Buddismo del
Daishonin dalle altre scuole buddiste del suo tempo è l’aver
stabilito questo mezzo concreto per raggiungere la Buddità.
Dalla prima volta che proclamò Nam myoho renge kyo fino
al momento della morte Nichiren si impegnò ardentemente
per insegnare questo supremo sentiero per l’illuminazione a
tutte le persone della sua terra.» (6)
Di seguito si analizzeranno uno a uno i differenti ideo-
grammi e i loro molteplici significati.

Nam

Nel Gosho Cavalli bianchi e cigni bianchi Nichiren scrive:


«La parola namu esprime un sentimento di riverenza e di ade-
sione», (7) e nel Gosho L’offerta del riso bianco precisa: «Qual è il
significato di namu? […] Significa dedicare la propria vita al
Budda». (8)

6 — Daisaku Ikeda, Il conseguimento della Buddità in questa esi-


stenza – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia, pag. 8. Di se-
guito citato come Il conseguimento della Buddità in questa esistenza.
7 — RSND , vol. I, pag. 942
8 — Ibid., pag. 997
28 M AT E R I A L E D I S T U D I O

La recitazione del daimoku rappresenta la determina-


zione e il voto di dedicare la nostra vita alla verità univer-
sale di Myoho renge kyo con pensier i, parole e azioni.
La recitazione del daimoku non è un semplice invocare
il nome di una “verità esterna”, ma costituisce una pratica per
far emergere e manifestare concretamente la “verità interna”
che pervade l’universo e il nostro stesso io, e vivere in ac-
cordo con essa.

Myoho

Il termine myoho significa, letteralmente, Legge mistica.


In particolare myo significa “mistico”, cioè infinitamente
profondo e impossibile da concepire o esprimere per la mente
umana, e si riferisce alla natura insondabile della realtà ultima
di tutte le cose. Ho è il nome dato alle manifestazioni di que-
sta natura mistica della vita, o mondo fenomenico.
L’unione di questi due concetti, rappresentati dal sin-
golo termine myoho, riflette l’essenziale unicità della realtà ul-
tima di tutte le cose e del mondo fenomenico.
Infatti, secondo il Buddismo non esiste nessuna distin-
zione essenziale tra la realtà fondamentale e le cose della vita
quotidiana. Chi comprende questo è illuminato, chi non lo
comprende è illuso.
Inoltre Daisaku Ikeda, nelle lezioni sul gosho Il consegui-
mento della Buddità in questa esistenza, scrive: «Il carattere myo di
myoho, o Legge mistica, ha tre significati, tutti impliciti nella re-
citazione del daimoku: essere pienamente dotato, aprire e rivi-
talizzare. In altre parole nell’azione di recitare daimoku sono
contenuti: 1) il myo della perfetta dotazione, cioè il fatto che
l’unica Legge di Myoho renge kyo abbraccia tutti i fenomeni;
2) il myo della trasformazione, che “apre” il mondo di Buddità
nella vita degli esseri dei nove mondi (da Inferno a Bodhi-
sattva); 3) il myo del grande beneficio, in virtù del quale un’esi-
LE BASI DELLA FEDE 29

stenza colma di sofferenza viene “rivitalizzata” e diventa piena


di gioia e serenità.
«La nostra vita è un’entità della Legge mistica, e perciò
è pienamente dotata di tutti i fenomeni. L’oscurità fondamen-
tale e la natura illuminata del Dharma, le illusioni e i desideri
e l’illuminazione, i nove mondi e la Buddità – tutti esistono
dentro di noi. È proprio per questo che possiamo realizzare
una “r ivoluzione” inter iore, mistica e fondamentale, cam-
biando l’oscurità in luce, alimentando la fiamma dell’illumi-
nazione “con la legna delle illusioni e dei desideri” e manife-
stando perciò il mondo di Buddità nella nostra vita dei nove
mondi.
«La chiave per raggiungere questa profonda trasforma-
zione interiore è il nostro cuore – il nostro atteggiamento di
fondo o disposizione interiore. Perciò, nel Conseguimento della
Buddità in questa esistenza, il Daishonin avverte: “Se pensi che la
Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma
un insegnamento inferiore”. (9) Quando ci sforziamo assidua-
mente di recitare daimoku basandoci su questo ammoni-
mento, tenendo sempre a mente che è determinante il cam-
biamento nel nostro cuore o mente, i tre significati di myo si
manifestano con evidenza nella nostra vita.» (10)

Renge

La parola renge letteralmente significa “fiore di loto”.


Il Daishonin nel Conseguimento della Buddità in questa
esistenza afferma: «Renge, che significa fiore di loto, simboleggia la
meraviglia di questa Legge». (11)
«Di solito» scrive Ikeda «le piante prima fioriscono e

9 — Ibid., pag. 3
10 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pag. 43
11 — RSND , vol. I, pag. 4
30 M AT E R I A L E D I S T U D I O

poi producono i frutti, e la relazione tra questi due eventi


viene utilizzata per illustrare la causalità lineare o sequenziale
nella quale i fiori rappresentano la causa e i frutti l’effetto. Al
contrario, il fiore di loto produce simultaneamente i petali e
il ricettacolo che contiene i semi, vale a dire che nel mo-
mento stesso in cui i petali si schiudono ci sono già anche i
frutti. Il loto simboleggia così il principio di simultaneità di
causa ed effetto.
«Negli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra del
Loto si afferma che la condizione vitale di Budda si può con-
seguire soltanto sottoponendosi a un periodo incalcolabil-
mente lungo di pratica buddista. Quindi la causa e l’effetto
non sono simultanei. Gli insegnamenti del Sutra del Loto, in-
vece, spiegano che tutte le persone sono dotate originaria-
mente dello stato di Buddità e sono in grado di r ivelarlo
istantaneamente. In altre parole, in un istante la mente illusa
di una persona comune viene trasfor mata nella “mente di
myo” (della suprema illuminazione) di un Budda. Il fiore di
loto simboleggia questa simultaneità di causa ed effetto.» (12)

Kyo

Kyo è la traduzione giapponese della parola “sutra”, che


indica gli insegnamenti del Budda Shakyamuni.
Poiché Shakyamuni impartì i suoi insegnamenti solo
oralmente, per mezzo della voce, alla parola kyo è stato attri-
buito a volte il significato di “suono”. Il Daishonin dice: «Kyo
esprime le voci e le parole di tutti gli esseri viventi», (13) indicando
in tal modo che la Legge mistica alla quale il Budda si è illu-
minato è inerente a tutti gli esseri viventi.
Inoltre, l’ideogramma cinese che corrisponde a kyo ori-

12 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pagg. 72-73


13 — ROTT , cit., pag. 4
LE BASI DELLA FEDE 31

ginar iamente indicava l’ordito di un tessuto, e per questo


viene utilizzato anche per indicare il trascorrere del tempo.
Dal punto di vista della nostra esistenza individuale ciò
significa che «continuando a recitare daimoku, giorno dopo
giorno, possiamo accumulare le cause e gli effetti per il conse-
guimento della Buddità, che rendono possibile trasformare
una mente annebbiata dall’oscurità innata in una mente che
riflette la natura essenziale dei fenomeni e il vero aspetto della
realtà. Le virtù di queste cause ed effetti col tempo diventano
l’ossatura della nostra vita, dove i benefici sbocceranno come
fiori sia nel nostro carattere sia nella nostra vita concreta».(14)
Kyo si riferisce anche alla diffusione della Legge mistica
da noi agli altri.
Scrive ancora Ikeda: «Possiamo considerare questo mi-
stico kyo anche come la diffusione della Legge mistica da noi
agli altri. […] In tal senso potremmo affermare che lo svi-
luppo di kosen rufu – cioè tante persone che propagano la
Legge mistica e recitano daimoku senza sosta per la propria
felicità e quella degli altri e insegnano anche alle altre per-
sone a fare lo stesso – corrisponde al mistico kyo.
«Come abbiamo appena visto, Myoho renge kyo è la
Legge connaturata alle nostre vite. La continua trasforma-
zione istante per istante, che realizziamo nei nostri cuori e
menti recitando daimoku, non solo conduce a un radicale
cambiamento inter iore, ma cambia interamente anche il
modo in cui viviamo, ponendoci sul cammino del raggiungi-
mento della Buddità in questa esistenza e suscitando quella
potente ondata di trasformazione di tutta l’umanità che è ko-
sen rufu. La forza dinamica per il cambiamento a tutti i livelli
è Myoho renge kyo.» (15)

14 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pag. 73


15 — Ibid., pag. 74
32 M AT E R I A L E D I S T U D I O

L’ O G G E T T O D I C U LT O : I L G O H O N Z O N

La parola giapponese Gohonzon è formata da due parti:


go è un prefisso onorifico, mentre honzon significa “oggetto
di fondamentale rispetto”.
A differenza di altre scuole buddiste che usavano come
oggetti di culto statue in legno o mandala sui quali erano
scolpite o dipinte immagini di Budda o Bodhisattva, Nichiren
Daishonin stabilì come oggetto di culto i cinque caratteri di
Myo ho renge kyo, la Legge suprema, rivelata dal Sutra del
Loto.
Nel Gosho è scritto: «Quando veneriamo il Myo ho renge
kyo che è nella nostra vita come oggetto di culto, la natura di Budda
che è in noi viene richiamata dalla recitazione di Nam myoho renge
kyo e si manifesta». (16)
Scr ive Daisaku Ikeda: «Molte religioni della nostra
epoca hanno, consciamente o inconsiamente una visione
esterna dell’oggetto di culto che colloca l’entità suprema o la
realtà fondamentale al di fuori dell’essere umano. Ma nel XXI
secolo è necessario un profondo umanesimo che insegni che
la vita di tutte le persone possiede in egual misura un aspetto
assolutamente nobile e prezioso. Perciò il fatto che nel Bud-
dismo di Nichiren l’oggetto di culto sia interno alla vita è di
estrema importanza.»
Al centro del Gohonzon c’è scritto “Nam myoho renge
kyo – Nichiren” a indicare che il Daishonin considerava il
Gohonzon la sua stessa vita, come scrive nel Gosho: «Io, Ni-
chiren ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi, perciò credi pro-
fondamente nel Gohonzon. Il volere del Budda è il Sutra del Loto,
ma l’anima di Nichiren non è altro che Nammyohorengekyo.» (17)

16 — Come coloro che inizialmente aspirano alla Via possono conse-


guire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, RSND , vol. I, pag. 789
17 — Risposta a Kyo’o, RSND , vol. I pag. 365
LE BASI DELLA FEDE 33

Il Daishonin ha iscritto nel Gohonzon la condizione


vitale di gioia illimitata di una persona comune come lui, che
grazie alla fede nella Legge mistica - Myo ho renge kyo - e al
desiderio di propagare ampiamente la Legge, nonostante le
difficoltà, manifesta lo stato di perfetta identità con la Legge
eterna o Buddità.
Credere nel Gohonzon di Nichiren Daishonin significa
credere che anche noi, come ogni persona senza distinzioni,
possediamo la Buddità nella nostra vita e possiamo manife-
stare quella stessa condizione vitale di “gioia illimitata”.
Nichiren iniziò a iscrivere dei Gohonzon personali per
alcuni discepoli dopo la persecuzione di Tatsunokuchi (18); fino
ad allora aveva insegnato l’invocazione – il daimoku – ma
non aveva istituito nessun oggetto di culto concreto.
Dopo quella fondamentale esperienza nella quale ri-
schiò di morire e verificò il potere della sua fede, riconobbe
la sua vera missione di trasmettere all’umanità intera la chiave
per accedere alla saggezza suprema, capace di vincere total-
mente l’oscurità fondamentale, come aveva fatto lui stesso in
quella circostanza.
Il Daishonin non parla mai di un miracolo riferendosi
a quanto accadde a Tatsunokuchi, né parla mai della Buddità
come un condizione straordinaria e inaccessibile, bensì come
di qualcosa che noi tutti possiamo sperimentare se mante-
niamo una salda fede, anche davanti a grandi ostacoli.

Il significato del mandala Gohonzon


e i quattro poteri

Nichiren Daishonin iscrisse il Gohonzon in forma di


mandala; “mandala” è una parola sanscrita che significa “accu-
mulo di benefici”. Per rappresentare la Legge universale ha

18 — Vedi pag. 9
34 M AT E R I A L E D I S T U D I O

utilizzato caratteri (ideogrammi) scritti e non forme o figure,


per permettere di prendere in considerazione il significato
delle parole, più che la forma dell’immagine.
Il Gohonzon è una pergamena sulla quale al centro e
verticalmente sono scritti in ideogrammi il nome della Legge
(preceduta da Nam) e della Persona: “Nam Myoho renge kyo
– Nichiren” a indicare che la realtà fondamentale è tutt’uno
con la vita individuale illuminata. Intorno sono disposti i
nomi dei rappresentanti dei Dieci mondi per indicare che
tutte le forme e tutti gli aspetti della vita, illuminati dalla
Legge mistica, manifestano le loro caratteristiche positive e
coesistono in meravigliosa armonia.
Recitare daimoku di fronte all’oggetto di culto in cui
sono rappresentate tutte le funzioni della vita disposte in-
torno alla Legge fondamentale, ci permette di riconfermare
che la nostra stessa vita così com’è è perfettamente dotata di
ogni beneficio, perché è esattamente equivalente alla vita co-
smica. Questo tipo di convinzione ci permette di sconfiggere
le illusioni della mente ed essere realmente in armonia con la
Legge.
Mosso dall’infinita compassione del Budda, Nichiren ha
iscritto per tutta l’umanità il Gohonzon, affinchè ogni per-
sona possa creare una relazione diretta con la Legge, che è in-
visibile e difficile da esprimere con le parole, e percepirla
dentro di sé, manifestando così lo stato supremo della vita, la
Buddità, nella propria esistenza reale.
Il Gohonzon è l’unica causa esterna appropr iata per
manifestare la Buddità, latente nella nostra vita, ma occorre
attivare la “causa interna” della fede per manifestare questo
potenziale.
Il Buddismo parla dei “quattro poteri”: il potere della
fede, il potere della pratica, il potere della Legge e il potere
del Budda.
I primi due poteri, quelli della fede e della pratica, sono
LE BASI DELLA FEDE 35

nelle nostre mani perché si riferiscono alla forza della nostra


personale convinzione e all’assiduità della nostra pratica ( per
sé e per gli altri), mentre i secondi due, quelli della Legge e
del Budda, sono inerenti alla Legge mistica. Il potere della
Legge si riferisce alle infinite funzioni benefiche della vita, il
potere del budda è la manifestazione del decimo mondo con
le sue qualità specifiche.
La presenza nella nostra casa dell’oggetto di culto ci
permette di allenare quotidianamente la nostra fede e la no-
stra pratica e rappresenta “l’occasione esterna” per far emer-
gere la Buddità e sconfiggere l’oscurità fondamentale ogni
volta che appare a stimolare le nostre tendenze negative.
Data la sua importanza, e poichè lo riceviamo basandoci
sulla decisione di praticare esattamente come insegna Nichi-
ren Daishonin, il modo in cui accogliamo e custodiamo il
Gohonzon nelle nostre case è molto importante.
Porlo nel posto migliore possibile della nostra abita-
zione, ben illuminato, alla giusta altezza in modo che lo
sguardo sia leggermente sollevato, mantenerlo pulito e senza
inutili ornamenti od oggetti intorno, approfondisce la nostra
relazione con il Gohonzon.

Il Gohonzon e kosen rufu

Il Daishonin ha iscritto il Gohonzon per realizzare la


più ampia propagazione della Legge, per la felicità di tutti gli
esseri umani. Il Gohonzon quindi rappresenta questa compas-
sione di Nichiren Daishonin, l’impegno di tutta la sua vita e
anche l’appello rivolto ai discepoli affinchè si alzino per pro-
teggere e diffondere la Legge con la sua stessa determinazione
e lo stesso coraggio.
Una pratica legata solo al beneficio personale non ci
per mette di manifestare completamente il nostro massimo
potenziale: “La Buddità – dice Daisaku Ikeda – si manifesta
36 M AT E R I A L E D I S T U D I O

nella vita degli individui di forte fede che fanno proprio il


voto del Budda e dedicano la loro vita a realizzarlo”. Per
questo si dice che il Gohonzon è il vessillo di kosen rufu.

L A P R O PA G A Z I O N E : S H A K U B U K U E K O S E N R U F U
Shakubuku

Il termine shakubuku significa far conoscere la Legge


alle altre persone apertamente e con coraggio, con lo scopo di
metterle in grado di diventare felici.
L’azione di shakubuku è l’espressione concreta della no-
stra fiducia nell’esistenza della natura di Budda in noi e negli
altri: è un atto umanistico che esprime il massimo rispetto do-
vuto a ogni essere umano. È l’azione fondamentale che con-
sente di trasformare il karma individuale e quello dell’umanità.
«L’Ultimo Giorno della Legge» scrive il presidente Ikeda
«è un’epoca di conflitto. […] L’impulso irresistibile che con-
duce al conflitto sorge dall’“ignoranza”. Nel Buddismo “igno-
ranza” significa mancanza di consapevolezza o fede nel fatto
che le persone posseggono la natura di Budda. È anche l’im-
pulso oscuro che conduce a mancare di r ispetto alla vita
umana e a violarne la dignità innata […]. Proprio per questo
la diffusione della pratica del Buddismo del Daishonin, che
identifica la natura di Budda come nucleo essenziale della no-
stra umanità, è così importante. Solo il Buddismo del Daisho-
nin può curare la profonda malattia dell’epoca attuale causata
da un’assenza di umanità, dalla mancanza dell’impegno di
porre al primo posto il benessere e la dignità delle persone». (19)
Shakubuku rappresenta la lotta incessante contro l’oscu-
rità fondamentale inerente alla vita.
Lo stesso Nichiren Daishonin, subito dopo aver procla-

19 — Daisaku Ikeda, Il mondo del Gosho, Esperia Edizioni, Mi-


lano, 2011, pagg. 508-509. Di seguito citato come Il mondo del Gosho.
LE BASI DELLA FEDE 37

mato Nam myoho renge kyo, iniziò a insegnare la recitazione


del daimoku ai suoi genitori e al suo maestro Dozen-bo, e
non smise neanche per un momento della sua esistenza di
portare avanti lo shakubuku. In seguito cominciò a incorag-
giare energicamente i suoi discepoli a unirsi a lui in questa
grande impresa per condurre le persone all’illuminazione.
La pratica di shakubuku non va intesa come una pratica
fanatica, esclusivista o di proselitismo. Il presidente Ikeda
scrive: «Nella pratica di shakubuku sono contenuti due ele-
menti fondamentali: la compassione e la filosofia. La compas-
sione è il desiderio del Budda di alleviare la sofferenza delle
persone. Nella nostra pratica significa preoccuparci della feli-
cità e del benessere dei nostri amici e si manifesta nel corag-
gio e nella perseveranza con cui continuiamo a parlare pro-
fondamente alle persone degli insegnamenti buddisti. La
filosofia è un’incrollabile convinzione nell’insegnamento del
Sutra del Loto secondo cui tutte le persone possono conse-
guire la Buddità e ognuno ha il diritto di diventare felice. [...]
L’essenza di shakubuku è il desiderio del Budda di permettere
a ogni persona di raggiungere la vera felicità e il voto dei veri
discepoli è quello di far proprio questo spirito, lottando per
kosen rufu. È il voto dei Bodhisattva della terra.
«La parola giapponese per compassione è jihi. Ji significa
amore, significa guidare le persone come se fossero i propri
figli, e hi significa dispiacersi delle loro sofferenze e condivi-
derne il dolore come se fosse nostro.» (20)
Parlare a qualcuno del Buddismo di Nichiren Daishonin
è un’azione del massimo valore che crea la condizione neces-
saria affinché quella persona possa ottenere l’illuminazione.
Perciò il beneficio di fare shakubuku è infinito, anche se
quella persona non prenderà subito fede nella Legge.
Il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, os-

20 — Ibid., pag. 519


38 M AT E R I A L E D I S T U D I O

servò a proposito: «Ci sono due tipi di semina [nel Buddi-


smo]: seminare permettendo alle persone di ascoltare l’inse-
gnamento e seminare conducendo le persone a prendere fede
nell’insegnamento. Poniamo che incontr iate per la pr ima
volta qualcuno e gli parliate del Buddismo del Daishonin ma
quella persona non si converta. Questo è “seminare permet-
tendo alle persone di ascoltare l’insegnamento”. Ma suppo-
niamo che in seguito un altro praticante si avvicini a quella
persona parlandole nuovamente della fede nella Legge mistica
e questa decida di ricevere il Gohonzon. Questo è “seminare
conducendo le persone a prender fede nell’insegnamento”. Si
tratta sempre di seminare i semi della Buddità e il beneficio è
lo stesso. È sempre la stessa nobile azione di insegnare la
Legge mistica agli altri. In entrambi i casi il beneficio che si
riceve, agendo come inviati del Budda, è illimitato». (21)
Quando permettiamo agli altri di udire la Legge mi-
stica, la natura di Budda che esiste profondamente nella loro
vita viene immancabilmente attivata.
Reagire negativamente o decidere di convertirsi di-
pende da ciascuna persona; ma in ogni caso la sua natura di
Budda latente viene senza alcun dubbio stimolata. Perciò, in-
dipendentemente dal fatto che le persone prendano fede o
meno, la cosa importante è pregare per la loro felicità e sfor-
zarci sinceramente per il loro bene, spiegando loro coraggio-
samente la grandezza del Buddismo.
La figura che nel Sutra del Loto e nella tradizione bud-
dista meglio incarna tutte le caratteristiche della pratica di
shakubuku è il bodhisattva Mai Sprezzante (giapp. Fukyo).
Questi aveva preso fede nel Sutra del Loto e ogni volta che
incontrava una persona si inchinava riverendo la sua natura di
Budda. Il bodhisattva Mai Sprezzante veniva deriso e scac-
ciato per questo suo atteggiamento e spesso colpito con pietre

21 — Ibid., pag. 538


LE BASI DELLA FEDE 39

o bastoni. Ma lui non si curava di tali reazioni: si metteva al


riparo a debita distanza e continuava a ribadire la sua lode,
convinto che ogni vita avesse inerente la Buddità. Grazie alla
perseveranza in questo comportamento poté non solo prolun-
gare la sua vita ma alla fine ottenne il rispetto di coloro che
lo avevano maltrattato e rinacque come il Budda Shakyamuni.
Da ciò si comprende che la pratica del bodhisattva Mai
Sprezzante, cioè la pratica di shakubuku, è la via diretta per la
trasformazione del karma negativo e per il conseguimento
della Buddità nostra e degli altri.

Kosen rufu

Il termine kosen rufu esprime un concetto di fonda-


mentale importanza per i membri della Soka Gakkai. Viene
spesso usato come sinonimo di “pace nel mondo”, intesa però
in un senso più vasto della semplice “assenza di guerre”. Si
potrebbe definire come pace omnicomprensiva, ottenuta at-
traverso un radicale cambiamento nella mente e nel cuore
delle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanistici
quali l’assoluto rispetto per la dignità della vita.
L’espressione kosen rufu ha un’origine antica e appare
nel ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto, Precedenti vi-
cende del bodhisattva Re della medicina. Nel passo del Sutra del
Loto: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinque-
cento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non per-
mettere mai che la sua diffusione sia interrotta» (22) l’espres-
sione «dovrai diffonderlo [il Sutra del Loto]» viene resa da
Nichiren Daishonin con il termine kosen rufu.
I quattro ideogrammi che compongono l’espressione si-
gnificano: ko “ampiamente”, sen “dichiarare”, ru “corrente

22 — Il Sutra del Loto, a cura di Burton Watson, Esperia Edizioni,


Milano, 2014, pag. 394. Di seguito citato come Il Sutra del Loto.
40 M AT E R I A L E D I S T U D I O

dell’acqua” e fu “tessuto”, costituito dalla trama e dall’ordito.


Kosen indica quindi l’azione di far conoscere ampia-
mente la Legge, mentre rufu indica la propagazione come
flusso incessante che scorre nella vita quotidiana delle per-
sone e nelle relazioni sociali.
Poiché, secondo la visione buddista, la Legge mistica è
la Legge della vita che permette alle persone di diventare fe-
lici consentendo loro di manifestare il più grande potenziale
(o Buddità), ed è quindi il motore del progresso degli esseri
umani e della società, agire per realizzare kosen rufu significa
lavorare per costruire una società pacifica e felice.
Il Daishonin decise da solo e spontaneamente di realiz-
zare kosen rufu nel mondo, spinto dalla compassione per tutti
gli esseri umani, sicuro che molti l’avrebbero seguito. «Dap-
prima solo Nichiren recitò Nam myoho renge kyo, ma poi due, tre,
cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propaga-
zione si svilupperà così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere
dalla terra”? Infine, al tempo in cui la Legge si diffonderà ampia-
mente [il tempo di kosen rufu, n.d.r.] l’intero paese del Giappone
reciterà Nam myoho renge kyo; questo è certo come una freccia che,
puntata verso terra, non può mancare il bersaglio». (23)
Naturalmente kosen rufu non indica la conversione di
tutti gli abitanti della terra al Buddismo del Daishonin. Poi-
ché le vite di tutte le persone sono collegate nel profondo, un
cambiamento radicale di un individuo avrà un effetto positivo
su tutti coloro con cui entra in contatto, soprattutto con
quelli con cui condivide un forte legame. Il presidente Ikeda
scrive: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contri-
buirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà
infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità». (24)

23 — Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND , vol. I, pag. 341


24 — La rivoluzione umana, Esperia Edizioni, Milano, 2007, vol. I,
pag. IV
LE BASI DELLA FEDE 41

«Ciò che conta» scrive ancora Ikeda «è che lo spirito della


grande filosofia di pace che il Sutra del Loto espone quando
spiega che tutte le persone sono Budda sia pienamente appli-
cato alla società nel suo complesso. […] Significa far sì che il
fondamento e la forza propulsiva della società siano i concetti
di dignità umana e santità della vita». (25)
In questo senso, kosen rufu si realizza a partire dal cam-
biamento di ogni singola persona, una trasformazione che av-
viene attraverso il continuo sforzo di avvicinare la propria in-
tenzione, il propr io comportamento e le propr ie azioni a
quelle del Budda. Questa è la via della “rivoluzione umana”,
come la definì Josei Toda, attraverso la quale possiamo co-
struire pace e felicità durature.
Infine, è importante comprendere che kosen rufu non
rappresenta un obiettivo finale o un capolinea.
In tal senso, la realizzazione di kosen rufu non implica
la fine degli inevitabili conflitti e delle contraddizioni che ca-
ratterizzano la società. Piuttosto, si può pensare a kosen rufu
come alla costruzione di un mondo in cui un profondo e dif-
fuso rispetto per la vita sia la base su cui vengono affrontati e
risolti in modo pacifico e creativo i conflitti stessi. Inoltre,
non è qualcosa da attendere passivamente. Il Buddismo inse-
gna che kosen rufu è qualcosa che possiamo cominciare a rea-
lizzare proprio ora, nelle nostre comunità, attraverso l’esem-
pio della nostra rivoluzione umana e l’azione di shakubuku
basata sulla compassione verso le altre persone.
«Il Buddismo di Nichiren» scrive Ikeda «è la “religione
di kosen rufu”. Senza la decisione di diffondere la Legge mi-
stica e gli sforzi pratici per metterla in atto, gli insegnamenti
del Daishonin rimangono parole vuote. Il suo insegnamento è
indubbiamente esistito in forma scritta per settecento anni,
ma non è mai stato ampiamente diffuso ed è stato il nostro

25 — Il mondo del Gosho, pag. 89


42 M AT E R I A L E D I S T U D I O

predecessore Tsunesaburo Makiguchi che ha fatto rivivere gli


scritti del Daishonin secondo le vere intenzioni di quest’ul-
timo. L’apparizione della Soka Gakkai è la testimonianza della
validità del Buddismo del Daishonin.» (26)
Oggi i membri della Soka Gakkai stanno realizzando
kosen rufu perché praticano e diffondono Nam myoho renge
kyo e il Gohonzon condividendo l’intenzione del Daishonin
di rendere felici tutte le persone.

L A R E L A Z I O N E C O N I L M A E S T R O E C O N I C O M PA G N I D I
FEDE

Nel Buddismo di Nichiren Daishonin esistono due re-


lazioni di fondamentale importanza per praticare corretta-
mente l’insegnamento e assicurarne la trasmissione: quella
con il maestro e quella tra i compagni di fede. Le due rela-
zioni sono in stretto rapporto l’una con l’altra.
Per fare un’analogia, si pensi alla tessitura di una stoffa:
«I legami tra i membri della comunità buddista (in sanscrito
sangha)» scrive Daisaku Ikeda «possono essere assimilati all’or-
dito e alla trama di un tessuto. Per tessere, si stende l’ordito
nel senso della lunghezza e poi lo si intreccia con la trama.
L’ordito rappresenta il legame tra maestro e discepolo, la
trama quello tra i membri, e attraverso il loro intreccio si crea
lo splendido broccato di kosen rufu. Nella maggior parte dei
tessuti l’ordito costituisce la struttura portante, mentre la
trama forma il disegno. Allo stesso modo, finché alla base della
Soka Gakkai vi sarà la relazione tra maestro e discepolo, sarà
possibile forgiare uno splendido disegno di solidarietà tra i
discepoli». (27)

26 — Il mondo del Gosho, pag. 77


27 — Cfr. Il mondo del Gosho, pag. 159
LE BASI DELLA FEDE 43

La relazione di non dualità tra maestro e discepolo

In generale, la relazione tra maestro e discepolo si stabi-


lisce quando il discepolo vuole apprendere una particolare di-
sciplina e si rivolge a chi è esperto in quel campo. Questa re-
lazione si realizza quindi attraverso una trasmissione di
conoscenza ed esperienza. Le persone considerano come loro
maestro chi le aiuta a migliorarsi e a sviluppare se stesse.
Nel Buddismo ciò che lega maestro e discepolo è la tra-
smissione della Legge fondamentale della vita. «Nell’insegna-
mento buddista del Sutra del Loto il maestro Shakyamuni, ba-
sandosi sul suo risveglio alla Legge, si impegnò insieme ai
discepoli per fare sì che essi potessero far emergere il più ele-
vato e nobile potenziale di esseri umani. Questa Legge era la
Legge mistica, che i discepoli non erano in grado di percepire
da soli poiché la loro consapevolezza era offuscata dall’oscu-
rità fondamentale che li rendeva incapaci di concepirla. An-
che se fossero state date loro spiegazioni teoriche della Legge
o fosse stato detto loro di praticare per superare la sofferenza,
non sarebbe stato possibile trasmettere lo stato vitale della
Buddità solo attraverso le parole. Fu piuttosto attraverso
l’ispirazione che essi sentirono venendo a contatto con il ca-
rattere umano del Budda, oltre alle istruzioni da lui ricevute,
che essi furono in grado di risvegliarsi alla Legge con la loro
stessa vita. La Legge fu comunicata loro in questo modo. Per
tutti questi motivi la relazione tra maestro e discepolo riveste
così tanta importanza nel Buddismo. La Legge è trasmessa at-
traverso il legame da vita a vita tra il maestro e il discepolo;
ed è basandosi su questa Legge che possiamo realizzare la no-
stra rivoluzione umana». (28)

28 — Daisaku Ikeda, L’eredità della Legge fondamentale della vita –


Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2008,
pag. 114
44 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Nel Buddismo il maestro non è concepito come un es-


sere sovrumano, trascendente o mistico, ma come una persona
che per prima ha messo in pratica gli insegnamenti del Budda
facendo propr io il suo voto di condurre all’illuminazione
tutte le persone. “Maestro” è quindi chi pratica correttamente
la Legge e la incarna nella sua vita, “discepolo” è chi si impe-
gna con tutto se stesso a condividere con lo spirito e con le
azioni l’intento del maestro. Questo impegno permette di
crescere e di uscire dal ristretto confine del proprio piccolo
io, di trasformare il karma e superare e vincere tutte le diffi-
coltà. Quando il maestro e il discepolo sono uniti possono
realizzare gli scopi più grandi. La caratteristica fondamentale
di questa relazione è quella della “non dualità”, un’espres-
sione che indica la fondamentale uguaglianza di maestro e di-
scepolo come esseri umani che condividono lo stesso voto.
Nell’Ultimo Giorno della Legge il maestro originale è
il Budda Nichiren Daishonin, che ha r ivelato la Legge di
Nam myoho renge kyo per l’illuminazione di tutta l’umanità
e ne ha stabilito il metodo di propagazione.
Nell’epoca attuale i maestri sono i primi tre presidenti
della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Dai-
saku Ikeda, che si sono risvegliati al grande voto di realizzare
kosen rufu – il desiderio del Budda – e hanno lottato per
questo senza risparmiarsi. Mettendo in pratica loro stessi la
relazione di non dualità tra maestro e discepolo hanno trion-
fato su tutti gli ostacoli e le difficoltà creando le basi per ko-
sen rufu nel mondo.

La relazione di unità tra i discepoli

«La relazione di non dualità tra maestro e discepolo e la


relazione di unità tra i discepoli sono inseparabili come le due
ruote di un carro. Se non si condivide il cuore o spirito del
maestro, che aspira a realizzare kosen rufu, non può esserci
LE BASI DELLA FEDE 45

una vera unità di intenti tra compagni di fede così diversi tra
loro. D’altra parte, se non abbiamo a cuore l’armoniosa co-
munità dei praticanti e non ci sforziamo costantemente di
mantenere l’unità, non possiamo essere definiti veri discepoli
che manifestano lo stesso spirito del maestro.» (29)
Nichiren Daishonin aveva così a cuore l’unità dei disce-
poli che la definì il vero scopo della sua propagazione. Scrive
infatti: «In generale che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino
Nam myoho renge kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”
senza alcuna distinzione tra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo
si chiama “eredità della Legge fondamentale della vita”. In ciò con-
siste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così anche il
grande desiderio di un’ampia propagazione potrà realizzarsi. Ma se
qualcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi,
stessa mente” sarà come chi distrugge il proprio castello dall’in-
terno». (30)
Qui il Daishonin non parla di unità tra persone simili o
di soppressione della personalità dell’individuo, ma usa il con-
cetto di “diversi corpi, stessa mente” proprio per porre l’ac-
cento sull’unità nella diversità.
L’espressione diversi corpi (i = diversi, tai = corpi) si ri-
ferisce al fatto che noi discepoli siamo individui con vite, per-
sonalità, interessi e funzioni diverse. Stessa mente (do = stesso,
shin = mente, cuore o spirito) significa coltivare il desiderio di
realizzare insieme un ideale o un nobile obiettivo. Dal punto
di vista buddista, avere “la stessa mente” significa avere “la
stessa mente del Budda”, cioè far proprio il grande desiderio
della propagazione del Buddismo per la felicità di tutta l’uma-
nità. Avere a cuore l’unità dei credenti e mantenerla significa
rispettarsi e apprezzarsi l’un l’altro come individui diversi e

29 — Daisaku Ikeda, Gli insegnamenti della speranza – Lezioni sugli scritti


di Nichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2009, pag. 220
30 — L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND , vol. I, pag. 190
46 M AT E R I A L E D I S T U D I O

insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte mi-


gliore di ciascuno, incoraggiandosi e sostenendosi a vicenda.
Chi si impegna attivamente con questo spirito di unità riesce
a liberarsi dalla sofferenza che deriva da un eccessivo attacca-
mento all’io, dalla tendenza alla discriminazione e all’egoismo,
e arriva a vincere in tutti gli ambiti della propria vita.
L’ar moniosa unità dei credenti può manifestare una
forza molto superiore alla somma delle capacità individuali
perché condividendo la “stessa mente” del Budda ogni per-
sona può esprimere il proprio potenziale unico e irripetibile.
Questa è l’unica via per realizzare kosen rufu.

LO S P I R I TO D E L L’ O F F E R TA

Nella storia del Buddismo l’offerta ha sempre rivestito


un ruolo centrale. Nel Buddismo mahayana la donazione è la
prima delle sei paramita, (31) i sei tipi di pratica che i bodhi-
sattva dovevano osservare vita dopo vita per poter conseguire
la Buddità.
La pratica della donazione consisteva nel fare offerte
materiali e spirituali per salvare chi soffre, senza volere nulla
in cambio. Quest’ultimo aspetto è il “cuore” dell’offerta per-
ché sottolinea l’importanza dello spirito sincero e disinteres-
sato con cui agiamo sia per il nostro miglioramento sia per
sostenere gli altri.
Nei vari sutra sono riportate molte storie che descri-
vono la retr ibuzione che segue le sincere offerte fatte al
Budda e Nichiren le cita come esempi per la corretta pratica
buddista in numerosi Gosho: «Nel passato il giovane Virtù vitto-
riosa offrì una torta di fango al Budda e rinacque come il re Ashoka
che regnò su tutto Jambudvipa. Una povera donna si tagliò i capelli

31 — Paramita è una parola sanscrita che significa “raggiungere


l’altra sponda”, ovvero passare dalla sofferenza all’illuminazione.
LE BASI DELLA FEDE 47

e li vendette per comprare olio [per il Budda] e nemmeno i venti che


soffiano impetuosi dal monte Sumeru poterono estinguere la fiamma
della lampada alimentata da quell’olio.» (32) oppure: «[...] per
quanto una persona possa essere ignorante e le sue offerte misere, se
sono indirizzate a chi sostiene la verità allora il suo merito sarà
grande. Quanto è più vero questo nel caso di persone che in tutta
sincerità fanno offerte al corretto insegnamento!» (33)
Oggi è la Soka Gakkai che mette in pratica il desiderio
di Nichiren Daishonin di propagare la Legge per condurre le
persone alla felicità; le offerte in denaro che i membri fanno
per sostenere le sue attività hanno il valore di quelle offerte
descritte nel gosho e sono la causa da cui si originano im-
mensi benefici e un elevato stato vitale.
Anche dedicare il tempo, così prezioso per noi, per la
recitazione del daimoku, per parlare agli altri della pratica, per
lo studio del buddismo, per le attività di sostegno degli altri
sono offerte di grande valore, che aumentano la nostra for-
tuna e la gioia di vivere.
Ci può sembrare di togliere qualcosa alla nostra vita ma
in realtà, come spiega bene il Gosho La torre preziosa, stiamo
beneficiando la nostra vita stessa: «Potresti pensare di aver fatto
offerte alla torre preziosa del Tathagata Molti Tesori, (34) ma non è
così. Le hai offerte a te stesso. Tu stesso sei un Tathagata da sempre
illuminato e dotato dei tre corpi.» (35)
Poter offrire al movimento per kosen rufu qualcosa che
per noi ha valore, sia esso un bene materiale (come il denaro
per mantenere i centri culturali - “kaikan” - o la nostra casa
per le riunioni) oppure un bene immateriale (come il tempo
per l’attività o l’incoraggiamento a una persona in difficoltà)

32 — Risposta a Onichi-nyo, RSND , vol. I, pag. 965


33 — Il corpo e la mente delle persone comuni, ibid., pag. 1006
34 — Termine sanscrito che si riferisce al Budda.
35 — La torre preziosa, RSND , vol. I, pag. 264
48 M AT E R I A L E D I S T U D I O

è una grande opportunità per accrescere la nostra fede e per


trasformare gli attaccamenti in cause per benefici sempre più
vasti e profondi nella nostra vita.
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 49

La visione buddista
della vita

IL MUTUO POSSESSO DEI DIECI MONDI

«La vita in ogni istante è dotata dei dieci mondi. Al tempo


stesso ognuno dei dieci mondi è dotato di tutti gli altri dieci
mondi». (1)
Il Buddismo spiega che la nostra vita non è limitata ai
ristretti confini dell’io, ma include gli altri esseri viventi, il
mondo esterno e addirittura l’intero universo. Ogni feno-
meno è considerato parte di un tutto, ed è fondato sulla realtà
fondamentale, eterna e immutabile che il Daishonin deno-
minò Myoho renge kyo.
La nostra coscienza abitualmente percepisce la vita indi-
viduale come separata da quella degli altri, e il nostro interno

1 — L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND , vol. I,


pag. 313
50 M AT E R I A L E D I S T U D I O

separato dall’esterno. Questa visione della vita genera molti


altri dualismi (corpo-mente, materia-spirito, individuo-am-
biente...) che sono alla radice di gran parte dei problemi
dell’umanità.
Secondo il Buddismo il risveglio a una vita più grande
che trascenda i confini dell’io, ma non separata da noi stessi,
ci permette di attingere a una fonte di gioia e di creatività in-
teriore in grado di trasformare le sofferenze di vita e morte e
di ritrovare la profonda connessione con gli altri e con l’uni-
verso.
La reciproca inclusione di tutti i fenomeni nella realtà
fondamentale della vita è stata spiegata da T’ien-t’ai, maestro
buddista cinese del VI secolo, con la teoria dei tremila regni in
un singolo istante di vita (ichinen sanzen), secondo la quale in
un singolo istante di vita (ichinen) è contenuto l’insieme di
tutti i fenomeni (sanzen) dell’universo.
Il primo tipo di classificazione dei fenomeni che com-
pone la complessa teoria di ichinen sanzen è il principio del
mutuo possesso dei dieci mondi.
Questo principio comprende un’accurata analisi dei di-
versi stati esistenziali, definiti “mondi”, sperimentati da ogni
singola vita di momento in momento, che condizionano la
percezione della realtà e la capacità di interagire con l’am-
biente. Esso descrive la dinamicità della vita, mostra come
costantemente ognuno dei “mondi” interiori passi dallo stato
latente a quello manifesto e viceversa. L’alternarsi delle con-
dizioni vitali è condizionato sia dall’apparire di uno stimolo
appropriato esterno, sia delle nostre tendenze interne.
Così Nichiren descr ive il succedersi delle pr ime sei
condizioni vitali o mondi in una persona: «Osservando di tanto
in tanto il viso di una persona, talvolta lo troviamo gioioso, talvolta
rabbioso, talvolta calmo; a volte mostra avidità, a volte stupidità, a
volte servilismo. La rabbia è il mondo di inferno, l’avidità è il
mondo degli spiriti affamati, la stupidità è quello degli animali, il
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 51

servilismo è il mondo di asura, la gioia è il mondo del cielo e la


calma quello degli esseri umani». (2)
Ma il cuore del concetto del mutuo possesso dei dieci
mondi è che ogni condizione vitale contiene il mondo di
Buddità: ciascuno di noi, in qualsiasi istante della propria vita
e con qualunque stato d’animo, ha il potenziale per speri-
mentare e manifestare la Buddità. Grazie a questa teoria si è
in grado non solo di riconoscere lo stato vitale presente, ma
anche di cambiarlo istantaneamente, facendo apparire la con-
dizione di Buddità con la recitazione di Nam myoho renge
kyo, che ne rappresenta lo stimolo appropriato. Inoltre pos-
siamo meglio comprendere i sentimenti delle altre persone
pensando che anch’esse sono dotate dei dieci mondi, com-
presa la Buddità.
Il Sutra del Loto espone il mutuo possesso dei dieci
mondi per rivelare che le persone comuni possono manife-
stare la propria Buddità così come sono, senza dover rinascere
in un’altra forma o in un’altra terra. Scrive Ikeda nel Mondo
del Gosho: «Il vero significato di percepire i dieci mondi den-
tro la propr ia mente consiste nel manifestare il mondo di
Buddità che esiste nella propria vita. […] Per esempio, suppo-
niamo di trovarci in una condizione senza speranza, in cui sof-
friamo nel mondo d’Inferno. Se percepiamo la realtà del mu-
tuo possesso dei dieci mondi e siamo convinti che nella nostra
vita esiste senza alcun dubbio la grande forza vitale della Bud-
dità, riusciremo a superare qualsiasi cosa e infine a vincere».(3)
I dieci mondi sono: Inferno, Avidità, Animalità, Collera,
Umanità, Cielo, Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva e
Buddità.
I primi tre mondi - Inferno, Avidità e Animalità - sono

2 — L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND , vol. I,


pag. 317
3 — Il mondo del Gosho, pagg. 339-340
52 M AT E R I A L E D I S T U D I O

chiamati i “tre cattivi sentieri”, condizioni in cui la singola


vita, priva di coscienza di sé e forza di volontà, è in balia
dell’angoscia impotente, del desiderio e degli istinti.
Il primo mondo, quello di I NFERNO , indica uno stato
del tutto privo di libertà, una condizione di estrema soffe-
renza e disperazione in cui si è spinti dalla rabbia a distrug-
gere se stessi e gli altri.
Il secondo è il mondo di AVIDITÀ . In questo stato siamo
governati dalla costante bramosia di determinati oggetti, o
persone, o esperienze come la ricchezza, il potere, il piacere
ecc.
Il terzo mondo è quello di A NIMALITÀ : quando ci tro-
viamo in questa condizione siamo come animali guidati dal-
l’istinto di sopravvivenza e privi delle virtù di autocontrollo
quali la ragione o la morale.
Questi primi tre mondi, insieme ai tre successivi, Col-
lera, Umanità e Cielo, vengono definiti i “sei sentieri” o i sei
mondi inferiori, perché sono comunque attivati o disattivati
dalle circostanze esterne, condizionati dalla realizzazione o
meno di desideri e impulsi.
Il quarto è il mondo di C OLLERA , in cui compare una
prima forma di coscienza dell’io, anche se è una coscienza
competitiva, determinata a prevalere sugli altri a tutti i costi. In
questo stato diamo valore solo a noi stessi e disprezziamo gli
altri anche se, per comparire superiori, possiamo assumere at-
teggiamenti gentili e benevolenti. In questa condizione vitale
esiste più energia e perseveranza che nei mondi precedenti.
Il quinto è il mondo di U MANITÀ . In questa condizione
siamo in grado di disporre della ragionevolezza e del con-
trollo sulle nostre pulsioni istintive e agiamo in armonia con
l’ambiente e con gli altri così da far emergere qualità “uma-
ne” quali l’amore e il senso di giustizia, basate sulla distin-
zione fra bene e male.
Il sesto mondo è quello di C IELO , in cui sperimentiamo
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 53

la gioia che si prova quando si realizza qualcosa che si è desi-


derato a lungo o si supera una sofferenza. Per quanto intensa
sia la sensazione di soddisfazione che si prova in questa con-
dizione, essa non è duratura, perché estremamente dipendente
da condizioni e influenze esterne.
Il Buddismo sottolinea che la maggior parte delle per-
sone trascorre la propria vita alternando questi sei stati, senza
rendersi conto di essere del tutto alla mercé delle proprie rea-
zioni all’ambiente esterno.
«Qualunque felicità o soddisfazione possiamo ottenere
in questi mondi» scrive Ikeda «è totalmente dipendente dalle
circostanze ed è perciò transitoria. Ma quando siamo intrap-
polati nei sei mondi inferiori non riusciamo a capire questa
verità, basiamo la nostra felicità, e addirittura la nostra stessa
identità, su fattori esterni e non siamo quindi in grado di tra-
sfor mare la nostra vita. Quando perciò r iconosciamo che
tutto quello che sperimentiamo nei sei mondi inferiori è im-
permanente, e siamo allora spinti a cominciare la ricerca di
una verità duratura, entriamo nei mondi successivi, il mondo
di Apprendimento e quello di Realizzazione». (4)
I “quattro mondi nobili” sono Apprendimento, Realiz-
zazione, Bodhisattva e Buddità. A differenza degli stati vitali
precedenti, caratterizzati da una reazione più o meno passiva
all’ambiente, in questi mondi l’io fa uno sforzo deliberato e
cosciente di autonomia rispetto alle circostanze, basato sul
miglioramento personale e sulla ricerca della verità.
Nel mondo di A PPRENDIMENTO cerchiamo di creare
una vita migliore tramite l’autoriforma e lo sviluppo perso-
nale imparando da idee, conoscenze ed esperienze degli altri.
Si sperimenta il mondo di Apprendimento quando si è ani-
mati da uno spirito di ricerca.

4 — Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte, Esperia Edizioni,


Milano, 2004, pag. 139
54 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Il mondo di R EALIZZAZIONE è una condizione in cui si


percepisce l’imper manenza di tutti i fenomeni e – nello
sforzo di emanciparsi dalla sofferenza dei sei sentier i – si
cerca di scoprire una verità più profonda tramite la propria
percezione diretta o l’intuizione. È lo stato vitale degli scien-
ziati, dei filosofi, degli artisti, ma anche di tutti coloro che ri-
flettendo su un particolare problema e cercando risposte den-
tro di sé, riescono a comprenderlo e risolverlo.
Nel mondo di B ODHISATTVA la caratteristica principale
è quella della compassione e del comportamento altruistico.
Non si cerca l’illuminazione solo per sé ma insieme agli altri,
consapevoli dei profondi legami di interdipendenza che uni-
scono tutti gli esseri viventi. In questa condizione vitale la
più grande soddisfazione deriva dal comportamento altrui-
stico. Ma fino a questo nono mondo non emerge ancora l’il-
luminazione.
Il decimo mondo, la BUDDITÀ , designa la condizione in
cui la saggezza innata si esprime al massimo livello e la verità
di tutti i fenomeni viene compresa naturalmente. Questo ri-
sveglio conferisce una sensazione di perfetta e assoluta libertà
in cui la vita è percepita senza limiti. Il comportamento che
deriva da questa condizione vitale è quello della condizione
di Bodhisattva, nella quale la felicità propria e quella degli al-
tri non sono vissute come separate, ma sono sentite come un
unico, autentico e profondo desiderio.
Secondo l’insegnamento buddista, quando stabiliamo la
Buddità come condizione vitale di base possiamo dirigere
tutte le attività fisiche e mentali degli altri nove mondi verso
mete altruistiche e di valore, producendo una riforma nella
nostra esistenza e, allo stesso tempo, un cambiamento positivo
nel nostro ambiente.
«Nei quattro nobili sentieri» scrive Ikeda «si costruisce
un cuore adamantino, si passa da un io in balìa dell’ambiente
a un io che influenza l’ambiente. Questa è la r ivoluzione
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 55

umana e lo spirito di ricerca dei due veicoli ne costituisce le


fondamenta». (5)
Infine, gli stati da Inferno a Bodhisattva sono collettiva-
mente chiamati i nove mondi, per denotare la condizione non
illuminata dei comuni mortali influenzati dal karma, in con-
trapposizione con il decimo mondo, la Buddità, uno stato di
perfetta e assoluta libertà dai condizionamenti del karma che
è caratterizzato dal risveglio alla realtà dei fenomeni.

I L KAR MA E LA SUA TRASFOR MAZ ION E

Il Buddismo spiega che la felicità e l’infelicità che vi-


viamo nel presente der ivano dalle cause poste nel passato.
Queste cause sono le azioni positive e negative compiute in
questa vita e in quelle precedenti, dove per azioni si inten-
dono sia i pensieri, sia le parole sia le azioni vere e proprie.
Secondo la legge di simultaneità di causa ed effetto,
ogni volta che compiamo un’azione (causa), questa porta con
sé il suo effetto latente o potenziale, che diventerà manifesto
nelle condizioni opportune (causa esterna o relazione). L’ef-
fetto latente che si viene a creare nella vita determina un’in-
fluenza che continua nel futuro.
La totalità delle azioni compiute nelle vite passate e in
quella presente, fino a oggi – e il loro potere di influenza – si
chiama “karma”, una parola sanscrita che significa “azione”.
Il karma è detto positivo o negativo: quello positivo
porta serenità e gioia, quello negativo porta sofferenza.
Da un certo punto di vista, quindi, nel presente “su-
biamo” il potere di influenza delle cause poste nel passato.
Nichiren Daishonin, utilizzando le scritture buddiste, espo-
ne in modo molto chiaro questo concetto nel passo se-

5 — Daisaku Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, Esperia Edi-


zioni, 2014, vol. II, pag. 322
56 M AT E R I A L E D I S T U D I O

guente: «Il Sutra dell’osservazione della mente come la terra


afferma: “Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti
del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause
del presente”». (6)
Qui viene descritto il funzionamento della cosiddetta
“legge generale di causa ed effetto” (o causalità generale). In
base a tale concetto di causalità, solo dopo esserci purificati di
tutte le cause passate potremo vivere esistenze libere dalle
preoccupazioni, sperando di non fare nulla di sbagliato nel
frattempo.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin, pur rispettando la
legge generale di causa ed effetto, espone il principio ancora
più profondo della causalità della Legge mistica. Con essa
chiarisce in cosa consiste la “negatività” di un’azione che crea
karma negativo, e insegna come trasformare la nostra vita po-
sitivamente senza dover aspettare di “espiare” ogni singola
causa posta nel passato.
Il Daishonin identifica un’unica causa generatrice di
tutto il karma negativo di tutte le vite passate: questa è l’a-
zione di “offendere” la Legge.
Scrive il presidente Ikeda: «In sostanza offendere la Leg-
ge significa non credere, dubitare dell’esistenza della natura di
Budda in noi e negli altri. Questo dubbio è la causa fonda-
mentale che impedisce al mondo di Buddità di emergere e
che genera vari tipi di karma negativo. Sradicare questo dub-
bio e far emergere il mondo di Buddità è la legge causale più
importante che ci rende possibile trasformare il karma». (7)
Questo atteggiamento interiore di non riconoscimento
della nostra vera natura è chiamato “oscurità fondamentale” o
ignoranza, presente nella nostra vita al pari dell’illuminazione.
È l’ignoranza del fatto che tutte le vite, anche la nostra, sono

6 — L’apertura degli occhi, RSND , vol. I, pag. 252


7 — Il mondo del Gosho, pagg. 459-460
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 57

entità della Legge mistica, la Legge fondamentale che permea


l’universo, un’ignoranza che genera le illusioni e una spirale
di azioni negative.
Possiamo trasfor mare definitivamente in questa esi-
stenza il karma negativo che abbiamo creato nelle vite passate
sconfiggendo questa ignoranza, credendo nella Legge mistica
e lottando per realizzare kosen rufu, affrontando con corag-
gio ogni difficoltà.
Questa è la strada più diretta ed efficace per trasformare
definitivamente il potere di influenza del karma negativo ac-
cumulato.
Nichiren Daishonin ce ne ha dato testimonianza per
primo, ci ha spiegato come realizzarla lasciandoci la pratica
della recitazione del daimoku davanti al Gohonzon per risve-
gliare incessantemente una fede profonda nella nostra natura
di Budda e sconfiggere costantemente l’oscurità fondamen-
tale, r isvegliata dalle relazioni kar miche negative di cui è
piena la nostra vita quotidiana.
Nel momento stesso in cui noi facciamo sorgere dalla
nostra vita, attraverso la fede, la saggezza del Budda, l’igno-
ranza scompare immediatamente e ci sentiamo rivitalizzati e
pieni di energia. Così come, per fare un esempio, quando ac-
cendiamo la luce in un luogo buio, tutto si illumina subito.
Quindi, credendo nella Legge mistica, non solo cancel-
liamo il potere di influenza in questa vita del karma passato
ma cambiamo la direzione di tutte le esistenze future.
L’espressione “trasformare” il karma non significa che
gli effetti delle azioni fatte nelle vite passate vengono cancel-
lati, ma che li riceviamo in forma più leggera e che la dire-
zione della nostra vita cambia radicalmente, perché si innesca
una spirale positiva che porta a un bene sempre più grande in
questa vita e in quelle successive e ci permette di superare
ogni difficoltà.
La chiave della trasformazione del karma sta dunque
58 M AT E R I A L E D I S T U D I O

nella trasformazione del nostro cuore (8) rispetto alla Legge mi-
stica: da una condizione in cui non si crede a una condizione
in cui si crede. E noi possiamo credere nella Legge mistica
perché la natura di Budda è inerente alla nostra vita.
I livelli successivi della trasformazione sono quelli del-
la parola e dell’azione, che diventano parole e azioni che cre-
dono nella Legge, la proteggono e la propagano. Così la tra-
sformazione del karma avviene a tutti i livelli delle azioni, e
si manifesta nel nostro carattere e nel nostro modo di vi-
vere.
In questo processo diventa fondamentale la relazione
maestro-discepolo: sforzandoci di allineare il nostro cuore a
quello del maestro, che dedica la vita a credere, proteggere e
diffondere la Legge, realizziamo anche noi la trasformazione
del nostro karma.

L E N O N D U A L I T À : V I TA E A M B I E N T E , C O R P O E M E N T E

Nel modo corrente di pensare sia la vita e l’ambiente,


sia il corpo e la mente vengono considerati – in base alla loro
apparenza – come entità distinte. Secondo il Buddismo però
questi fenomeni derivano dalla stessa forza vitale cosmica, la
Legge fondamentale della vita, e sono quindi, a un livello più
profondo, un’unica realtà.
Questo concetto di non dualità (o di “unicità”, giapp.
funi) si applica non solo alle due relazioni che stiamo esami-
nando ma a tutte le relazioni che legano tra loro i fenomeni
dell’universo.
Il principio buddista di “non dualità di vita e ambiente”

8 — La parola “cuore” è la traduzione dell’ideogramma cinese


kokoro (o shin), che non ha equivalenti in italiano in quanto denota e
abbraccia la totalità di mente, spirito, emozioni e volontà. Viene tra-
dotto con cuore o mente, o più generalmente vita.
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 59

è la traduzione dell’espressione giapponese esho funi: il temine


esho deriva dalla contrazione di shoho, vita o individuo sog-
gettivo, e eho, ambiente oggettivo, mentre funi significa “due
nei fenomeni ma non due nell’essenza”. La vita e il suo am-
biente sono quindi due fenomeni distinti ma una cosa sola
nella loro essenza fondamentale.
Per “vita” si intende il sé soggettivo che sperimenta gli
effetti delle azioni passate ed è capace di creare nuove cause
per il futuro. Per “ambiente” si intende il luogo oggettivo do-
ve gli effetti karmici di questa vita prendono forma. Ogni es-
sere vivente ha il suo ambiente unico, che ha molti aspetti: la
famiglia, il lavoro, la comunità sociale, come pure l’ambiente
naturale.
Ogni essere vivente crea l’ambiente fisico che riflette la
sua realtà interiore e percepisce l’ambiente che lo circonda
attraverso la propria condizione vitale. Nel Gosho Sui presagi
Nichiren Daishonin utilizza questo paragone: «L’ambiente è
paragonabile all’ombra e l’essere vivente al corpo. Senza il corpo
non può esistere l’ombra e senza vita non c’è ambiente. Inoltre, la
vita è modellata dall’ambiente». (9)
Il sé (la vita) e il mondo oggettivo (l’ambiente) esistono
quindi in una relazione di continuità e di reciproca influenza.
Gli individui possono influenzare e riformare il proprio am-
biente tramite un cambiamento interiore, ossia elevando le
loro tendenze di base.
Nel Conseguimento della Buddità in questa esistenza Ni-
chiren Daishonin afferma: «Se la mente degli esseri viventi è im-
pura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è
anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la
differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra
mente». (10)

9 — RSND , vol. I, pag. 574


10 — Ibid., vol. I, pag. 4
60 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Diversamente dalla tendenza umana a cercare sia le


cause sia le soluzioni della sofferenza all’esterno di se stessi,
dal punto di vista del Buddismo la riforma dell’ambiente si
può ottenere a partire dal cambiamento del nostro atteggia-
mento interiore, credendo nella Buddità propria e degli altri
e recitando daimoku; tale trasformazione ci porta a percepire
l’ambiente sotto una nuova luce, con una più alta condizione
vitale, e a modificare così totalmente il tipo di interazione
con esso attraverso azioni compassionevoli; questo nostro
comportamento è in grado di trasfor mare positivamente
l’ambiente.
Il principio di “non dualità di corpo e mente”, e più in
generale di fenomeni materiali (visibili) e spirituali (non visi-
bili) è detto shiki shin funi. Shiki indica gli aspetti concreti
della vita, la mater ia e tutti i fenomeni fisici, compreso il
corpo umano, ma anche le azioni e il comportamento. Shin
indica l’insieme dei fenomeni non materiali come i pensieri,
le emozioni, le sensazioni, la volontà, l’intenzione, ecc. Funi
significa unicità o non dualità.
La Legge della vita si manifesta e si rivela nell’essere
umano attraverso i due aspetti del corpo e della mente. L’in-
terrelazione profonda intuita dal Buddismo è confermata oggi
anche dalla fisiologia e dalla psicologia e da altre branche
della scienza.
Nella Raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daisho-
nin afferma che «la terra rappresenta l’elemento del corpo, mentre
l’aria rappresenta l’elemento della mente, ma dovremmo capire che
corpo e mente non sono due entità differenti». (11) E anche: «Le pa-
role “Legge meravigliosa” indicano che il corpo e la mente non sono
due entità differenti». (12)
Il Daishonin spiega qui che l’universo nel suo com-

11 — ROTT , pag. 95
12 — Ibid., pag. 108
L A V I S I O N E B U D D I S TA D E L L A V I TA 61

plesso può essere visto come un’interazione tra materia e spi-


rito, anche se a un livello più profondo, dal punto di vista
della Legge mistica, l’aspetto spirituale e l’aspetto fisico non
sono affatto diversi o separati ma sono indivisibili nell’essenza
in quanto entrambi aspetti della stessa realtà fondamentale.
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 63

Il conseguimento
della Buddità
in questa esistenza (1)

Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sop-


porti dal tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema illu-
minazione in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che è
originariamente inerente(2) a tutti gli esseri viventi. Questa verità è

1 — RSND , vol. I, pagg. 3-5. Questo Gosho è stato scritto nel


1255, a trentaquattro anni, a Kamakura, ed è destinato a Toki Jonin. Il
titolo originale è Issho Jobutsu Sho (Gosho Zenshu, pag. 383), reso con
l’espressione “il conseguimento della Buddità in una sola esistenza”. Il
termine issho significa letteralmente “una singola nascita” e si riferisce
all’attuale rinascita, ossia a questa esistenza. “Una sola esistenza” viene
usato da T’ien-t’ai in contrapposizione a ryakkoshugyo che indica le
pratiche (shugyo) che gli ascoltatori della voce, i risvegliati all’origine
dipendente (pratyekabuddha) e i bodhisattva dei sutra provvisori dove-
vano adempiere per innumerevoli kalpa (ryakko) e quindi attraverso in-
numerevoli rinascite prima di conseguire l’illuminazione.
2 — In giapponese Honnu: hon significa letteralmente origine, è
lo stesso di hon di honmon (insegnamento dell’illuminazione originale) e
64 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Myoho renge kyo. Di conseguenza recitare Myoho renge kyo ti per-


metterà di cogliere questa mistica verità innata in tutti gli esseri vi-
venti.
Il Sutra del Loto è il re dei sutra, autentico e corretto sia nella
lettera che nella teoria. I suoi caratteri sono il vero aspetto di tutti i
fenomeni e questo vero aspetto è la Legge mistica. È chiamata Legge
mistica perché spiega la relazione di mutua compenetrazione tra un
singolo istante di vita (3) e tutti i fenomeni. È questa la ragione per
cui tale sutra è la saggezza di tutti i Budda.
“Mutua compenetrazione tra un singolo istante di vita e tutti
i fenomeni” significa che la vita in ogni singolo istante(4) abbraccia il

di honbutsu (Budda originale), e u significa letteralmente essere presente


o esserci. Quindi: originariamente presente.
3 — L’espressione “un singolo istante di vita” corrisponde al
giapponese ichinen, letteralmente “un singolo istante di pensiero” o “il
pensiero in un singolo istante”.
4 — L’espressione “vita in ogni singolo istante”, che ricorre più
volte nel testo, corrisponde all’espressione giapponese ichinen no kokoro
che significa “la mente in ogni singolo istante di pensiero”. Mente,
cuore, vita sono tre parole che nella nostra lingua possono indicare
concetti anche molto diversi ma che spesso corrispondono, in partico-
lare nei testi buddisti, allo stesso carattere giapponese: kokoro (o shin,
che corrisponde alla seconda lettura dello stesso carattere). Nel Gosho
Il conseguimento della Buddità in questa esistenza il termine kokoro o shin è
stato tradotto quasi sempre con “mente” e talvolta con “vita”: indi-
chiamo di seguito in breve le ragioni di queste scelte. Kokoro o shin in
generale indica contemporaneamente sia la mente sia tutte le attività
umane di cui essa sarebbe il centro, non solo quindi del pensiero e della
volontà ma anche dei sentimenti. Nel principio buddista di shikishin
funi, non dualità di corpo e mente, shin (mente) è utilizzato in opposi-
zione a shiki (corpo) – tutto ciò che ha forma e colore, ossia l’aspetto
fisico dell’esistenza – e indica quindi ciò che non ha né forma né co-
lore, l’aspetto mentale e psichico della vita. Dunque kokoro o shin desi-
gna sia la mente sia tutte le funzioni mentali, come ad esempio la fede
o la fiducia, la determinazione, il coraggio, la compassione, ecc., altre
espressioni con cui spesso questo termine viene tradotto. Anche se in
italiano è stato reso a volte con il termine “cuore”, non risulta che vada
mai interpretato come “cuore” nel senso di “sede dei sentimenti” sepa-
ratamente da “mente” intesa come “sede del pensiero”, bensì in termini
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 65

corpo e la mente, (5) l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei
dieci mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni:
le piante, il cielo e la terra, fino alla più piccola particella di polvere.
La vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e
si manifesta in ognuno di essi. Quando ci risvegliamo a questa ve-
rità abbiamo compreso la mutua compenetrazione tra un singolo
istante di vita e tutti i fenomeni. Tuttavia, se reciti e credi in Myoho
renge kyo ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbrac-
ciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore. “Inse-
gnamenti inferiori” sono quelli diversi da questo sutra, che sono tutti
espedienti e insegnamenti provvisori. Nessun espediente o insegna-
mento provvisorio conduce direttamente all’illuminazione e, senza la
diretta via all’illuminazione, non si può conseguire la Buddità, ne-
anche praticando vita dopo vita per innumerevoli kalpa. Raggiun-
gere la Buddità in questa esistenza sarebbe dunque impossibile. Per-
ciò, quando invochi myoho e reciti renge(6) devi sforzarti di credere
profondamente che Myoho renge kyo è la tua stessa vita.(7)
Non devi mai pensare che qualcuno degli ottantamila sacri in-
segnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva
delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La pra-
tica degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle soffe-
renze di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera natura
della tua vita. (8) Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche ese-
guire diecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile come se

di “vita” che può essere profondamente diretta verso la Legge o verso


l’errore.
5 — Il termine tradotto qui con “mente” indica l’aspetto men-
tale o psichico della vita. È lo shin di shikishin funi, non dualità di corpo
e mente. Ha un significato meno ampio di kokoro (vedi nota 4).
6 — «Invocare myoho e recitare renge» significa recitare il Dai-
moku della Legge mistica, cioè Nam myoho renge kyo.
7 — Letteralmente “ogni tuo singolo istante di pensiero”, o “di
vita”.
8 — Letteralmente “la natura della mente”, vedi nota 4.
66 M AT E R I A L E D I S T U D I O

un povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino,


senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo.
Per questo il commentario della scuola T’ien-t’ai afferma: «Se
non si percepisce la natura della propria vita,(9) non si possono sradi-
care le proprie gravi colpe».(10) Questo implica che finché non si per-
cepisce la natura della propria vita,(11) la pratica sarà un’infinita e
dolorosa austerità. Perciò queste persone che studiano il Buddismo
vengono tacciate di essere non buddiste. Come afferma Grande
concentrazione e visione profonda: «Benché studino il Buddi-
smo, le loro idee non sono diverse da quelle dei non buddisti».
Sia che tu invochi il nome del Budda,(12) che reciti il sutra o
semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose met-
teranno nella tua vita (13) buone radici e benefici. Pratica la fede con
questa profonda convinzione. Il Sutra di Vimalakirti afferma che,
quando si ricerca l’emancipazione del Budda nella mente degli esseri
comuni, si scopre che gli esseri comuni sono l’entità dell’illumina-
zione e che le sofferenze di nascita e morte sono nirvana. Afferma
inoltre che, se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro
terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra;
non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta uni-
camente nella bontà o malvagità della nostra mente.
Lo stesso vale per un Budda e una persona comune. Quando
una persona è illusa è chiamata essere comune, quando è illuminata
è chiamata Budda. È come uno specchio appannato che brillerà come
un gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata dalle illusioni
derivate dall’oscurità innata è come uno specchio appannato che
però, una volta lucidato, sicuramente diverrà chiaro e rifletterà la na-

9 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.


10 — Annotazioni su Grande concentrazione e visione profonda.
11 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
12 — «Il nome del Budda» in questo contesto denota Nam
myoho renge kyo.
13 — Letteralmente “in ogni singolo istante di pensiero” ossia
“in ogni singolo istante di vita”.
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 67

tura essenziale di tutti i fenomeni e il vero aspetto della realtà. Ri-


sveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte
e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam myoho ren-
ge kyo.
Cosa significa myo (mistico)? È la misteriosa natura (14) della
nostra mente in ogni singolo istante, che la mente stessa non riesce a
comprendere e le parole non possono esprimere. Guardando la nostra
mente in ogni singolo istante, non possiamo dire che esiste perché non
ne percepiamo né colore né forma. Non possiamo dire che non esiste,
poiché pensieri differenti sorgono di continuo. Riguardo a questa
mente in ogni singolo istante, non si dovrebbe pensare né che esista
né che non esista. È una realtà inafferrabile che trascende sia le pa-
role che i concetti dell’esistenza e della non esistenza. Non è né esi-
stenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le caratteristiche di am-
bedue. È la mistica entità della Via di mezzo che è l’unica vera
realtà. Myo è il nome dato a questa misteriosa natura della vita (15) e
ho quello attribuito alle sue manifestazioni. Renge, che significa fiore
di loto, simboleggia il mistero di questa Legge. Se comprendiamo che
la nostra vita (16) in questo singolo istante è myo, allora comprende-
remo che la nostra vita (17) è la Legge mistica anche in tutti gli altri i-
stanti. (18) Tale comprensione è il mistico kyo, o sutra. Il Sutra del Loto
è il re dei sutra, la diretta via all’illuminazione, poiché spiega che
l’entità della nostra vita (19) in ogni singolo istante, dalla quale sor-

14 — Il termine qui tradotto con “misteriosa” significa in realtà


“insondabile” e il carattere qui reso con “natura” letteralmente significa
“luogo”. Nel lessico buddista è spesso usato per indicare il luogo da cui
sorgono le funzioni mentali, ma qui indica la misteriosa natura della
vita.
15 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
16 — Ibid.
17 — Ibid.
18 — Questa frase si può interpretare anche: «Se comprendiamo
che la nostra vita in questo singolo istante è myo, allora comprende-
remo che anche tutte le altre vite sono entità della Legge mistica».
19 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
68 M AT E R I A L E D I S T U D I O

gono sia il bene che il male, è in realtà l’entità della Legge mistica.
Se hai una profonda fede in questa verità e reciti Myoho
renge kyo, sicuramente raggiungerai la Buddità in questa esistenza.
Questo è il motivo per cui il sutra afferma: «Dopo la mia estin-
zione, dovrebbe abbracciare e sostenere questo sutra. Tale persona si-
curamente, senza alcun dubbio, conseguirà la Via del Budda». (20)
Non dubitare mai minimamente.
Con profondo rispetto.
Questa è la fede [e la pratica] per il conseguimento della
Buddità in questa esistenza.
Nam myoho renge kyo, Nam myoho renge kyo.
Nichiren

(21)
È L A T U A V I TA S T E S S A

Recitare Nam myoho renge kyo significa entrare in co-


munione con la Legge mistica; è la pratica buddista per fon-
dere le nostre vite con la Legge mistica e al tempo stesso è
una battaglia per vincere l’oscurità interiore che impedisce
questa fusione. Quando sconfiggiamo l’oscurità dell’illusione
e dell’ignoranza attraverso la fede e diventiamo una sola cosa
con la Legge mistica, il potere infinito di questa grande Legge
si manifesta nella nostra vita. Tale è il beneficio incommensu-
rabile della recitazione di Nam myoho renge kyo.
Recitare Nam myoho renge kyo con spirito di ricerca
nella fede è l’essenza della pratica di recitare il daimoku isti-
tuita e propagata da Nichiren Daishonin. «È il cuore che è im-
portante» (22) afferma il Daishonin. Perciò, quando recitiamo do-

20 — Il Sutra del Loto, pag. 378


21 — Testo della spiegazione di Daisaku Ikeda tratto dal volume
Il conseguimento della Buddità in questa esistsenza, Esperia, Milano, 2008,
pag. 31 e segg.
22 — La strategia del Sutra del Loto, RSND , pag. 889.
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 69

vremmo soprattutto fare appello dentro di noi a una fede co-


raggiosa per vincere le illusioni senza essere sconfitti dai tre
ostacoli e dai quattro demoni.

Rendere la causa e l’effetto del conseguimento


della Buddità il nucleo e la base della nostra vita

Myoho renge kyo è il nome della mistica verità fonda-


mentale e Nam myoho renge kyo è il nome dello stato vitale
dei Budda che incarnano e rivelano questa verità. Quando re-
citiamo Nam myoho renge kyo con spirito di ricerca, il bene-
ficio infinito di Myoho renge kyo si dispiega nella nostra vita.
Far emergere il mondo di Buddità significa questo.
Qui è all’opera il principio di “causa ed effetto in un
singolo istante di vita”,(23) nel quale la fede è la causa e la ma-
nifestazione della condizione vitale di Buddità l’effetto.
Quando continuiamo a recitare Nam myoho renge kyo sia nei
momenti di sofferenza sia in quelli di gioia, mentre ci sfor-
ziamo per la felicità nostra e degli altri, possiamo far sì che la
causa e l’effetto del conseguimento della Buddità – entrambi
contenuti nella pratica della recitazione del daimoku – diven-
tino il centro e la base della nostra vita. Allora la condizione
vitale indomita della Buddità emerge dentro di noi. Questo
significa “conseguire la Buddità in questa esistenza”.
Nel suo trattato L’oggetto di culto per l’osservazione della
mente il Daishonin afferma: «Il Budda Shakyamuni, che ha otte-
nuto la perfetta illuminazione, è la nostra carne e il nostro sangue;

23 — “Causa ed effetto in un singolo istante di vita”. Questo


principio insegna che la causa e l’effetto del conseguimento della Bud-
dità esistono nella vita di tutte le persone in ogni istante. La fede e la
pratica basate sulla Legge mistica sono la causa che permette di rag-
giungere istantaneamente la Buddità e manifestare le virtù del mondo
di Buddità che esiste nella nostra vita.
70 M AT E R I A L E D I S T U D I O

le sue pratiche e le virtù che come conseguenza egli ottenne sono le


nostre ossa e il nostro midollo», (24) spiegando che abbracciare
Myoho renge kyo è già ottenere l’illuminazione. (25) Il potere
della recitazione di Nam myoho renge kyo ci permette di
concretizzare il principio di causa ed effetto in un singolo
istante di vita, vale a dire che la fede (causa) ci conduce a ma-
nifestare la Buddità (effetto).
In questo senso la nostra voce che recita il daimoku è la
“voce della fede incrollabile e dello spirito di ricerca” che de-
molisce l’oscur ità interna dell’ignoranza e dell’illusione e
spazza via qualsiasi ostacolo o funzione demoniaca. È anche il
coraggioso “ruggito del leone” che scaturisce dalla Buddità
che abbiamo rivelato come effetto del daimoku.
La recitazione di Nam myoho renge kyo non è solo la
“voce della fede” delle persone comuni, è anche la “voce
della Buddità”. Per questa ragione dovremmo sempre cercare
di recitare un daimoku risonante, con un ritmo vibrante e vi-
goroso come quello di un cavallo al galoppo.
Recitare daimoku è un’azione con la quale affermiamo
di essere intrinsecamente entità di Myoho renge kyo. È una
lotta per fare ritorno alla nostra vera identità originale e at-
tingere la forza vitale innata che possediamo sin dal tempo
senza inizio.
Il Daishonin dice: «Non c’è vera felicità per gli esseri umani

24 — RSND , vol. I, pag. 325


25 — Abbracciare Myoho renge kyo è di per sé illuminazione. La
Legge mistica è la Legge fondamentale grazie alla quale tutti i Budda
delle tre esistenze ottengono l’illuminazione. Nichiren Daishonin la
percepì nella sua vita e la manifestò concretamente nella forma del
Gohonzon, l’oggetto di devozione fondamentale. Recitare Nam myoho
renge kyo con fede nel Gohonzon costituisce la pratica di osservare la
propria mente per raggiungere la Buddità percependo la Legge mistica
all’interno della propria vita. Questo è il principio di “abbracciare il
Gohonzon è di per sé illuminazione”.
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 71

al di fuori del recitare Nam myoho renge kyo». (26) Questa felicità è
la “gioia senza limiti della Legge”. (27) La gioia della Legge è
l’incrollabile felicità e pace interiore che è intrinseca nella
vita e nell’esistenza stessa. Sperimentare questa gioia equivale
a gustare e godere pienamente dell’infinita forza vitale che è
una sola cosa con la Legge mistica.
Il Daishonin afferma che l’unico modo che abbiamo
per assaporare la gioia della Legge mistica è recitare Nam
myoho renge kyo.

La Legge mistica e gli insegnamenti incompleti

Tuttavia, se reciti e credi in Myoho renge kyo ma pensi che la


Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica,
ma un insegnamento inferiore. “Insegnamenti inferiori” sono quelli
diversi da questo sutra, che sono tutti espedienti e insegnamenti
provvisori. Nessun espediente o insegnamento provvisorio conduce
direttamente all’illuminazione e, senza la diretta via all’illumina-
zione, non si può conseguire la Buddità, neanche praticando vita
dopo vita per innumerevoli kalpa. Conseguire la Buddità in questa
esistenza sarebbe dunque impossibile. Perciò, quando invochi myoho
e reciti renge (28) devi sforzarti di credere profondamente che Myoho
renge kyo è la tua vita stessa.

26 — Felicità in questo mondo, RSND , vol. I, pag. 607


27 — La gioia senza limiti della Legge. È il beneficio che si ot-
tiene abbracciando la Legge mistica, la descrizione della condizione il-
luminata di un Budda. In Felicità in questo mondo il Daishonin afferma:
«Non c’è vera felicità per gli esseri umani al di fuori del recitare Nam
myoho renge kyo. Il sutra afferma: “E là gli esseri viventi sono felici e a
proprio agio” (Il Sutra del Loto, pag. 318). Potrebbe forse indicare qual-
cosa di diverso dalla gioia senza limiti della Legge?» ( RSND , pag. 607).
28 — “Invocare myoho e recitare renge” significa recitare il dai-
moku della Legge mistica, o Nam myoho renge kyo.
72 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Poiché il daimoku ha un significato profondo, quando


recitiamo dobbiamo sempre ricordarci che Myoho renge kyo
è la nostra vita. Se perdiamo di vista questo punto allora, per
quanto daimoku possiamo recitare, saremo lontani dalla pra-
tica che insegna Nichiren Daishonin.
Perciò nel Conseguimento della Buddità in questa esistenza
il Daishonin ammonisce severamente: «Tuttavia, se reciti e credi
in Myoho renge kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai
abbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore».
Inferiore qui significa incompleto. La Legge mistica è la ve-
rità fondamentale, perfetta e completa, mentre un insegna-
mento incompleto espone soltanto una verità parziale.
Il passo citato contiene una filosofia della fede determi-
nante per realizzare un’autentica felicità, una filosofia pro-
fonda che permette di superare una delle trappole più gravi
in cui le religioni tendono a cadere. La religione viene gene-
ralmente considerata l’impresa universale di collegare l’essere
umano all’infinito, all’assoluto e al divino. In un certo senso
questo è vero, eppure molte religioni sin dall’inizio postulano
una separazione tra il secolare e il divino, tra gli esseri umani
e gli dèi o i Budda, e ricercano di conseguenza un ponte per
superare questa frattura.
Il Daishonin considera incompleti gli insegnamenti che
vedono l’assoluto o il divino separato dagli esseri umani, e cita
come esempi gli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra
del Loto esposti da Shakyamuni. Questi insegnamenti non
espongono i principi o la pratica che permettono alle persone
comuni di conseguire la Buddità in questa esistenza, e spie-
gano invece che prima di riuscire a ottenere l’illuminazione
occorre sottoporsi a innumerevoli kalpa di pratiche austere.
Secondo gli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra
del Loto esiste un abisso sostanzialmente invalicabile tra i
Budda e gli esseri umani. Solo un piccolo gruppo di credenti
eccezionali, dopo aver praticato le austerità per innumerevoli
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 73

kalpa, può forse cercare di raggiungere l’obiettivo dell’illumi-


nazione.
Inoltre, secondo questi insegnamenti, è inconcepibile
che chi è diventato un Budda ritorni a essere una persona co-
mune. Normalmente il mondo in cui abitano i Budda non è
il travagliato mondo di saha in cui vivono le persone comuni.
Budda e persone comuni sono completamente separati; per-
ciò, finché sussiste questa divisione tra il mondo di Buddità e
i nove mondi (il regno degli esseri comuni), non può esserci
alcun mezzo col quale tutte le persone possano ottenere l’il-
luminazione. Secondo questa visione del mondo le persone
comuni e i Budda idealizzati stanno agli antipodi, e le per-
sone comuni non possono aspirare alla salvezza se non attra-
verso l’assistenza e l’intervento di questi Budda.
Questa percezione di separazione tra i nove mondi e il
mondo di Buddità viene di fatto annullata dalla dottrina del
Sutra del Loto dei tremila regni in un singolo istante di vita,
cioè dalla dottrina per cui «i nove mondi possiedono la Buddità e
la Buddità possiede i nove mondi». (29) Da ciò comprendiamo
l’immensa importanza del principio contenuto nel Sutra del
Loto del “mutuo possesso dei dieci mondi”.
Il Daishonin ha aperto la strada alla realizzazione con-
creta di questo principio, che è la chiave per raggiungere la
Buddità in questa esistenza, istituendo la pratica della recita-
zione di Nam myoho renge kyo, la forma più matura e com-
pleta dell’insegnamento buddista che ricerca l’illuminazione
per tutti gli esseri umani.

29 — La scelta del tempo, RSND , vol. I, pag. 480. «i nove mondi


possiedono la Buddità e la Buddità possiede i nove mondi» significa che
la vita degli esseri dei nove mondi, da Inferno a Bodhisattva, è dotata
del mondo di Buddità e che anche la vita dei Budda è dotata dei nove
mondi. Vale a dire che le persone comuni e i Budda sono essenzial-
mente uguali e senza distinzioni fra loro.
74 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Richiamare e manifestare la natura di Budda

La Legge mistica è la Legge fondamentale dell’universo


e, in tal senso, ha un’universalità che trascende l’io indivi-
duale. Tuttavia, come si comprende dalla definizione che ne
dà il Daishonin, «la mistica verità innata in tutti gli esseri vi-
venti» (30) esiste anche dentro la nostra vita. Essa è al tempo
stesso dentro e fuori di noi. Da un altro punto di vista, la
Legge mistica è inerente alla nostra vita perché è la Legge on-
nicomprensiva che pervade ogni cosa nell’universo.
In Come coloro che inizialmente aspirano alla via possono
conseguire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, il Daishonin
spiega così l’essenza di Myoho renge kyo: «Quanto a Myoho
renge kyo, si chiama Myoho renge kyo il principio per cui la natura
di Budda di noi persone comuni, la natura di Budda di Brahma,
Shakra e delle altre divinità, la natura di Budda di Shariputra,
Maudgalyayana e degli altri ascoltatori della voce, la natura di
Budda di Manjushri, Maitreya e degli altri bodhisattva, e la mistica
Legge che è l’illuminazione dei Budda delle tre esistenze, sono una
sola identica cosa». (31)
Myoho renge kyo, egli afferma, non è soltanto la nostra
natura di Budda ma anche la natura di Budda di tutte le divi-
nità celesti, degli ascoltatori della voce, dei bodhisattva e così
via. Inoltre questa natura di Budda è identica alla Legge mi-
stica alla quale sono illuminati i Budda delle tre esistenze.
Il Daishonin prosegue spiegando che recitare daimoku è
una pratica con la quale “si chiama e si manifesta” la natura di
Budda originariamente presente in tutti gli esseri dei dieci
mondi: «Perciò, quando recitiamo una volta Myoho renge kyo, con
questo singolo suono chiamiamo e manifestiamo la natura di Budda

30 — Ibid., pag. 3
31 — Ibid., pag. 789
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 75

di tutti i Budda, di tutte le esistenze, di tutti i bodhisattva e gli


ascoltatori della voce, di tutte le divinità come Brahma, Shakra e Re
Yama, il sole, la luna e le miriadi di stelle, di tutti gli dei celesti e
terreni, di tutti gli abitanti dell’inferno, degli spiriti affamati, ani-
mali, asura, esseri umani e celesti e di tutti gli altri esseri viventi.
Questo è un beneficio immenso, incalcolabile». (32)
Riguardo al significato di recitare il daimoku aggiunge:
«Quando veneriamo il Myoho renge kyo che è nella nostra vita come
oggetto di culto, la natura di Budda che è in noi viene richiamata
dalla nostra recitazione di Nam myoho renge kyo e si manifesta.
Questo si intende per “Budda”.» (33)
L’espressione “chiamiamo e manifestiamo” si riferisce al
significato profondo della Legge mistica. Con una bellissima
metafora il Daishonin spiega questo principio di richiamare e
rivelare la nostra natura di Budda interiore. «Per fare un esem-
pio, quando un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano liberi
nel cielo sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quando gli
uccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cerca di
uscire fuori». (34)
Il canto dell’uccello in gabbia è il daimoku recitato
dalle persone comuni, imprigionate dalle catene dell’oscurità
fondamentale, delle illusioni e dei desideri, che risvegliano in
sé la fede nella Legge mistica. In altre parole, è il daimoku re-
citato con una fede determinata a vincere su tutti gli ostacoli
e a diventare sicuramente felici grazie al potere della Legge
mistica.
Il potere di un daimoku così forte e determinato ri-
chiama la natura di Budda in tutti gli esseri viventi. Non so-
lo si manifesta la natura di Budda di Brahma, Shakra, dei
Budda e bodhisattva di tutto l’universo, ma coloro che reci-

32 — Ibid.
33 — Ibid.
34 — Ibid.
76 M AT E R I A L E D I S T U D I O

tano Nam myoho renge kyo sono anche in grado di spezzare


le catene dell’oscurità fondamentale e dell’illusione e di rive-
lare la propria natura di Budda. È il potere della nostra voce
che recita Nam myoho renge kyo a collegare le nostre vite
con la Legge mistica che pervade tutti i fenomeni dei tremila
regni.
In Lettera a Niike il Daishonin spiega ulteriormente il si-
gnificato di recitare daimoku attraverso la famosa analogia
della mamma uccello e dell’uovo,(35) paragonando la recitazione
di Nam myoho renge kyo al calore della mamma uccello.
Dapprima nell’uovo c’è solo liquido, ma grazie al calore
della mamma uccello si for mano il becco, gli occhi e le
piume, fino a che il piccolo r iesce a spezzare il guscio, fa
schiudere l’uovo e vola in cielo come sua madre. In questa
analogia la sostanza contenuta nell’uovo rappresenta la natura
di Budda di tutti gli esseri viventi, e la mamma uccello è il
Budda che conduce le persone all’illuminazione. La recita-
zione di Nam myoho renge kyo è al tempo stesso la “voce
della fede” delle persone comuni e una funzione dello stato
vitale di Buddità.
L’avvertimento più importante del Daishonin riguardo
all’ottenimento dell’illuminazione attraverso la recitazione di
Nam myoho renge kyo riguarda il fatto che non dobbiamo
considerare la Legge come qualcosa di esterno a noi perché,
in tal caso, regrediremmo a quella divisione fra Budda e per-

35 — Scrive Nichiren Daishonin: «L’uovo di un uccello all’inizio


contiene solo acqua, ma da questa acqua, senza l’intervento di nessuno,
si sviluppano un becco, due occhi e tutto il resto e infine un uccello
che vola nel cielo. Anche noi, benché abbiamo un corpo vile chiuso nel
guscio dell’ignoranza, covati dalla recitazione di Nam myoho renge kyo
sviluppiamo il becco delle trentadue caratteristiche maggiori del Budda
e le piume degli ottanta segni minori e possiamo volare nel cielo del
vero aspetto di tutti i fenomeni e della realtà di tutte le cose» (Lettera a
Niike, RSND , pag. 914).
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 77

sone comuni che si ritrova negli insegnamenti precedenti al


Sutra del Loto.

Percepire che la propria vita è Nam myoho renge kyo

Il daimoku di Nam myoho renge kyo ha un potere be-


nefico incommensurabile. Josei Toda, secondo presidente della
Soka Gakkai, descriveva così l’infinito potere della Legge mi-
stica: «È come giacere supini in un grande spazio aperto, con
le braccia e le gambe distese, e guardare il cielo sovrastante.
Tutto ciò che desideri immediatamente appare. Per quanto tu
possa donarne agli altri, non si esaurisce mai. Prova a vedere
se riesci a raggiungere questa condizione vitale». (36)
Nam myoho renge kyo può veramente essere parago-
nato a un gioiello che esaudisce i desideri. Come possiamo
sviluppare questa condizione vitale senza limiti che, al biso-
gno, ci permette di attingere la forza che ci è necessaria? Il
presidente Toda soleva spesso dire: «Se davvero vuoi raggiun-
gere questo stato vitale devi combattere con ogni grammo del
tuo essere per il Sutra del Loto, per kosen rufu!».
Significa impegnarsi per sempre al fianco dei Budda
delle tre esistenze, di Brahma e di Shakra – ovunque possiamo
trovarci nell’universo – per realizzare un mondo di pace e fe-
licità indirizzato alla creazione di valore, aiutando le persone
a superare infelicità e sfortuna e le sofferenze di nascita, in-
vecchiamento, malattia e morte. Questo era il vasto e incon-
dizionato spirito del mio mentore.
In ogni situazione Toda continuava risolutamente a ri-
cercare la Legge che esiste soltanto all’interno della nostra
vita, e sottolineava l’importanza di rimanere fedeli a se stessi.
I suoi punti di partenza erano la profonda consapevolezza,

36 — Citato in D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, Esperia


Edizioni, 2013, vol. I pag. 25.
78 M AT E R I A L E D I S T U D I O

raggiunta in carcere, del fatto che il Budda è la vita stessa, e il


risveglio alla sua identità di Bodhisattva della terra.
Egli parlava spesso anche dell’atteggiamento nella fede
necessario per percepire la Legge mistica dentro di noi: «Do-
vete essere pienamente convinti che Nam myoho renge kyo è
la vostra vita stessa!» o «Propagare la Legge mistica nell’Ul-
timo Giorno significa credere fermamente che la vostra vita
non è altro che Nam myoho renge kyo!».
Questo è ciò che insegna il Daishonin quando afferma:
«Quando invochi myoho e reciti renge devi sforzarti di credere pro-
fondamente che Myoho renge kyo è la tua stessa vita».

Una religione universale per la felicità di tutta


l’umanità

Le religioni in genere parlano di qualche entità infinita


ed eterna che trascende sia gli esseri umani sia l’imperma-
nenza di questo mondo, e la chiamano “dio” o “legge”. Que-
sta entità eterna e infinita è considerata in vari modi dalle di-
verse religioni: può incutere paura o timore reverenziale,
essere un oggetto di culto, un grande vuoto o una sorgente di
amore onnicomprensivo.
Il Daishonin vide il potere della Legge mistica, che ab-
braccia e sostiene tutte le cose nell’universo, all’interno degli
esseri umani, e stabilì un mezzo per manifestare concreta-
mente questa Legge nella loro vita.
Nella mia seconda conferenza a Harvard (nel settembre
1993) suggerii tre ambiti in cui il Buddismo mahayana poteva
contr ibuire alla civiltà moderna: nel favor ire la creazione
della pace; nel tracciare la via verso la trasformazione e la ri-
vitalizzazione dell’umanità; nel fornire una base filosofica per
la coesistenza simbiotica di tutte le cose. Riguardo al secondo
punto sottolineai l’importante significato dell’approccio del
Buddismo di Nichiren, che insegna a non fare affidamento in
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 79

maniera unilaterale ed esclusiva né sul proprio potere indivi-


duale né su qualche potere esterno. Fu una riflessione che
trovò d’accordo molti studiosi.
Secondo il Buddismo del Daishonin è solo pregando e
fondendosi con il potere esterno della verità eterna e immu-
tabile, che trascende i nostri sé limitati e finiti, che possiamo
pienamente attivare il nostro potere; al tempo stesso però
questo potere esterno, eterno e onnicomprensivo, esiste con-
cretamente e intrinsecamente nella nostra vita. Il Daishonin
scrive: «Ora, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le persone trag-
gono la propria forza dall’interno, e tuttavia non la traggono dal-
l’interno [...] Inoltre, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le per-
sone traggono la loro forza dall’esterno, e tuttavia non la traggono
dall’esterno». (37)
Credo che ciò significhi che possiamo manifestare il
potere trascendente che esiste dentro di noi se non ci basiamo
esclusivamente né su un potere esterno né sul nostro potere
individuale. E recitare Nam myoho renge kyo ci permette di
farlo.
In tal modo il Buddismo del Daishonin inaugura una
nuova visione allargata di una religione universale per la feli-
cità di tutta l’umanità che trascende l’approccio di quegli in-

37 — Il Daishonin afferma: «Ora, negli insegnamenti del Sutra


del Loto le persone certamente sono determinate da se stesse e tuttavia
non lo sono. Questo perché il proprio sé, o vita, possiede allo stesso
tempo la natura di tutti gli esseri viventi dei Dieci mondi. Perciò que-
sto sé possiede sin dall’inizio il proprio regno di Buddità e i regni di
Buddità posseduti da tutti gli altri esseri viventi. Perciò quando si con-
segue la Buddità non si assume qualche nuova o “altra” identità di
Budda. Inoltre, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le persone sono
certamente determinate dall’altro e tuttavia non lo sono. I Budda, che
sono considerati separati da noi, in realtà sono contenuti nel nostro
stesso sé, ovvero nelle vite di noi persone comuni. Questi Budda mani-
festano i regni di Buddità di tutti gli esseri viventi nello stesso modo in
cui lo facciamo noi.» ( RSND , vol. II, pag. 63).
80 M AT E R I A L E D I S T U D I O

segnamenti che creano una rigida separazione fra il potere


esterno e quello individuale, e che privilegiano l’uno rispetto
all’altro.

NON CE RCAR E AL DI FUOR I DI TE


Combattere l’ignoranza

Il carattere myo di myoho, o Legge mistica, ha tre signi-


ficati, (38) tutti impliciti nella recitazione del daimoku: essere
pienamente dotato, aprire e rivitalizzare. In altre parole nel-
l’azione di recitare il daimoku sono contenuti: 1) il myo della
perfetta dotazione, cioè il fatto che l’unica Legge di Myoho
renge kyo abbraccia tutti i fenomeni; 2) il myo della trasfor-
mazione, che “apre” il mondo di Buddità nella vita degli es-
seri dei nove mondi (da Inferno a Bodhisattva); 3) il myo del
grande beneficio, in virtù del quale un’esistenza colma di sof-
ferenza viene “rivitalizzata” e manifesta grande gioia e sere-
nità.
La nostra vita è un’entità della Legge mistica e perciò è
pienamente dotata di tutti i fenomeni. L’oscurità fondamen-
tale e la natura illuminata del Dharma, le illusioni e i desideri
e l’illuminazione, i nove mondi e la Buddità – tutti esistono
dentro di noi. È proprio per questo che possiamo realizzare
una “r ivoluzione” inter iore, mistica e fondamentale, cam-
biando l’oscurità in luce, alimentando la fiamma dell’illumi-
nazione «con la legna delle illusioni e dei desideri» (39) e manife-

38 — Nel Daimoku del Sutra del Loto si legge: «Myo vuol dire
“pienamente dotato”, che a sua volta significa “perfetto e completo”»
( RSND , pag. 128); «Il carattere myo significa aprire» (Ibid., pag. 127);
«Myo significa rivitalizzare, rivitalizzare significa ritornare a vivere»
(Ibid., pag. 132).
39 — Raccolta degli insegnamenti orali, Buddismo e società, n. 109,
pag. 43
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 81

stando perciò il mondo di Buddità nella nostra vita dei nove


mondi.
La chiave per raggiungere questa profonda trasforma-
zione interiore è il nostro cuore – il nostro atteggiamento di
fondo o disposizione interiore. Perciò, nel Conseguimento della
Buddità in questa esistenza, il Daishonin avverte: «Se pensi che la
Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma
un insegnamento inferiore». Quando ci sforziamo assiduamente
di recitare daimoku basandoci su questo ammonimento e ri-
cordandoci sempre che è determinante il cambiamento nel
nostro cuore (o mente), i tre significati di myo si manifestano
con evidenza nella nostra vita.
Inutile dire che la Legge contenuta nella pratica della
recitazione propagata dal Daishonin è veramente meravi-
gliosa. Ma anche il potere di una Legge tanto meravigliosa
non può pienamente manifestarsi in una vita oscurata dal-
l’ignoranza. L’ignoranza è l’oscurità interiore che ci impedi-
sce di credere nella Legge mistica e di concentrarci sulla na-
tura di Budda nostra e degli altri. La pratica della recitazione
del daimoku ci permette di rompere questa oscurità e di far
emergere con forza il mondo di Buddità. La lotta interiore
per combattere l’ignoranza è l’essenza della recitazione del
daimoku.

Studiare il Buddismo ma cadere negli insegnamenti


non buddisti

Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri inse-


gnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delle
tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La pratica
degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenze
di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera natura della
tua vita. Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche eseguire
diecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile, come se un
82 M AT E R I A L E D I S T U D I O

povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino,


senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo.
Per questo il commentario della scuola T’ien-t’ai afferma: «Se
non si percepisce la natura della propria vita, non si possono sradi-
care le proprie gravi colpe». Questo implica che, finché non si perce-
pisce la natura della propria vita, la pratica sarà un’infinita e dolo-
rosa austerità. Perciò queste persone che studiano il Buddismo
vengono tacciate di essere non buddiste. Come afferma Grande
concentrazione e visione profonda: «Benché studino il Buddi-
smo, le loro idee non sono diverse da quelle dei non buddisti».
Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti il sutra o
semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose met-
teranno nella tua vita buone radici e benefici. Pratica la fede con
questa convinzione.

Nel passo in esame il Daishonin ci ammonisce ulterior-


mente: «Non devi mai pensare che qualcuno degli ottantamila sacri
insegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva
delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te». Credo
che la parola “mai” in questo contesto rivesta un profondo si-
gnificato.
Nel passo si afferma che il Buddismo nella sua interezza
è contenuto nella nostra vita e il Daishonin conclude che “gli
ottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni” e “i Budda e
bodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni” sono
tutti fenomeni inerenti alla nostra vita.
Il Daishonin prosegue dicendo che, finché cerchiamo
l’illuminazione fuori di noi, anche se eseguiamo “diecimila
pratiche e diecimila buone azioni” (cioè tutte le pratiche
esposte negli insegnamenti predicati da Shakyamuni) e cre-
diamo nella protezione dei Budda e dei bodhisattva attraverso
le tre esistenze (cioè delle funzioni benevole dell’universo),
tutto ciò sarà inutile come contare i soldi del proprio vicino,
perché personalmente non ne trarremo alcun guadagno.
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 83

Il Daishonin cita poi un passo di un commentario della


scuola T’ien-t’ai che afferma: «Se non si percepisce la natura
della propria vita, non si possono sradicare le proprie gravi colpe». Se
non comprendiamo questo punto, ci avvisa il Daishonin, tutte
le pratiche esteriori e le buone azioni che possiamo compiere
per ottenere l’illuminazione alla fine diventeranno «un’infinita
e dolorosa austerità».
Cosa significa che se non percepiamo la natura della
nostra vita non possiamo sradicare le nostre gravi colpe? Qui
“gravi colpe” indica l’ignoranza, che è la fonte di tutti i mali.
La grave colpa dell’offesa sorge dal denigrare la Legge, o il
corretto insegnamento del Buddismo, spinti dall’oscurità in-
nata o ignoranza.
Nel Buddismo di T’ien-t’ai si può sradicare questa
ignoranza solo attraverso la pratica dell’osservazione della
mente, cioè attraverso la saggezza. Nel Buddismo del Dai-
shonin l’oscurità fondamentale si vince con la spada affilata
della fede, secondo il principio di “sostituire la saggezza con
la fede”. (40) Questa è l’essenza della pratica di recitare dai-
moku.
Ricapitolando, se cerchiamo l’illuminazione fuor i di
noi non stiamo percorrendo la via dell’osservazione della
mente che ci consente di vincere il male fondamentale del-
l’ignoranza o oscur ità. In tal caso tutti i nostr i sforzi e le
buone azioni per ottenere l’illuminazione saranno privi del-
l’ingrediente essenziale e saranno vani come contare le im-
mense ricchezze di un vicino.
Inoltre, poiché nessuno di questi sforzi ci aiuta a sradi-
care l’ignoranza, essi diventeranno solo «un’infinita e dolorosa
austerità».

40 — È il principio secondo il quale la fede è la vera causa per


ottenere la suprema saggezza e che solo la fede conduce all’illumina-
zione.
84 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Questa battaglia contro l’ignoranza è il cuore del Bud-


dismo. Si dice che l’illuminazione di Shakyamuni consiste
nell’identificare l’oscurità o ignoranza come la causa fonda-
mentale delle sofferenze di nascita, invecchiamento, malattia e
morte, e nell’esporre la via per il superamento di tale igno-
ranza.
Quindi, finché ricerchiamo la via dell’illuminazione al
di fuori di noi, qualsiasi pratica e buona azione che com-
piamo devierà dalla vera essenza del Buddismo. Per questo il
Daishonin afferma che tali persone che studiano il Buddismo
vengono tacciate di essere non buddiste.

Cercare l’illuminazione al di fuori della nostra vita


significa essere sconfitti dall’oscurità

Un punto importante di questo passo è l’ammonimento


del Daishonin secondo il quale anche noi che pratichiamo il
Buddismo di Nichiren corriamo il rischio di cadere in modi
di pensare non buddisti se ricerchiamo la Legge al di fuori
dalla nostra vita. Quindi, come discepoli del Daishonin, dob-
biamo sempre tenere presente il suo avvertimento: «Non devi
mai pensare che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti di
Shakyamuni […] sia al di fuori di te».
Recitare daimoku è una pratica per rivelare la “mistica
verità che è originariamente inerente” a ogni persona(41) e rag-
giungere la Buddità in questa esistenza. È una “pratica meravi-
gliosa”(42) che non ha eguali, in quanto rappresenta il mezzo col
quale tutti gli esseri viventi possono ottenere l’illuminazione.
Se però dimentichiamo l’ammonimento del Daishonin

41 — La Legge fondamentale, la Legge mistica o la natura di


Budda di cui tutta la vita è originalmente dotata.
42 — Cfr. Raccolta degli insegnamenti orali, Buddismo e società, n.
113, pag. 51
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 85

a non ricercare mai la Legge fuori di noi allora, per quanto


possiamo praticare alacremente, perderemo di vista la via cor-
retta per l’illuminazione universale e finiremo col praticare
un insegnamento non buddista. Per questo il Daishonin è così
severo su questo punto.
L’essenza della pratica buddista è percepire la vera na-
tura della nostra vita, della nostra mente. Per fare questo dob-
biamo intraprendere una lotta interiore. Se permettiamo a noi
stessi di essere sconfitti dai tre ostacoli e dai quattro demoni
non saremo in grado di raggiungere l’illuminazione. Per que-
sto combattere l’oscur ità o ignoranza dentro di noi è una
parte inevitabile del processo per diventare Budda.
In altre parole, il fatto di combattere continuamente la
nostra ignoranza innata o di non farlo è l’unico fattore deter-
minante per conseguire la Buddità. Non dobbiamo mai di-
menticarlo.
Impegnandoci in questa lotta possiamo manifestare la
saggezza del Budda dentro la nostra vita e quindi confrontarci
con la nostra oscurità e superarla. Ma se non intraprendiamo
questa lotta l’ignoranza avvolgerà e nasconderà la nostra na-
tura di Budda. L’ignoranza inasprisce e aggrava in noi le cin-
que inclinazioni illusorie di avidità, collera, stupidità, arro-
ganza e dubbio. È questo ciò che accade quando si cede alla
credenza che la Legge sia al di fuori di noi.

La fede per conseguire la Buddità in questa


esistenza

Naturalmente il Gohonzon è di per sé smisuratamente


grande. Negli Scritti in sei volumi Nichikan Shonin afferma:
«Anche chi non ha ancora risvegliato una vera fede riceverà
immensi benefici grazie al legame stabilito con il corretto og-
getto [di culto, cioè il Gohonzon]».
La Soka Gakkai, che ha ricevuto la vera eredità della
86 M AT E R I A L E D I S T U D I O

fede, si dedica a far conoscere ampiamente questo infinito e


illimitato potere del Gohonzon a innumerevoli altre persone.
La fede che si pratica nella Soka Gakkai richiede uno sforzo
attivo per manifestare la Legge mistica nella propria vita e
produce anche una chiara prova concreta sotto forma di be-
nefici. Quando avanziamo insieme alla Soka Gakkai tendiamo
a interiorizzare in modo naturale la pratica corretta della fede
insegnata da Nichiren Daishonin.
Perciò coloro che recitano sinceramente Nam myoho
renge kyo davanti al Gohonzon e partecipano assiduamente
alle attività della Soka Gakkai non possono mancare di diven-
tare Budda. Lo scopo della fede è realizzare liberamente il
proprio pieno potenziale e brillare ciascuno nella sua propria
e unica maniera. Perciò è importante continuare ad avanzare
e sfidare se stessi pensando: «Mi sforzerò nella pratica. Appro-
fondirò la mia fede. Farò del mio meglio come membro della
Soka Gakkai». Questa è la via sicura verso il conseguimento
della Buddità in questa vita.
Con tale consapevolezza applichiamo concretamente e
rigorosamente nella nostra pratica quotidiana l’ammonimento
del Daishonin: «Se pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai ab-
bracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore». Ri-
cercare la Legge mistica fuori di noi equivale a evadere dalla
responsabilità della propria vita.
Praticare il Buddismo del Daishonin significa non oscil-
lare qua e là ma costruire un io saldo e risoluto come l’impo-
nente monte Fuji. Se trascuriamo questo punto e invece foca-
lizziamo altrove le nostre energie finiremo, senza nemmeno
accorgercene, col ricercare la Legge all’esterno.
Per esempio, se recitiamo daimoku davanti al Gohonzon
ma accusiamo sempre gli altri o il nostro ambiente per ciò
che ci accade, stiamo evitando la sfida di affrontare la nostra
oscurità interiore o ignoranza, e così facendo ricerchiamo
l’illuminazione al di fuori di noi. È cambiando noi stessi a un
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 87

livello più profondo che possiamo iniziare a migliorare la no-


stra situazione, e la preghiera è la forza motrice di questo
cambiamento.
È importante anche non cadere nella trappola di prati-
care una “fede dipendente”, atteggiamento con cui si spera
che la nostra preghiera abbia risposta grazie al potere divino o
trascendente di dèi o Budda. Questo è un tipico esempio del
considerare la Legge esterna a noi. I Budda provvisori degli
insegnamenti precedenti al Sutra del Loto (43) si prestavano as-
sai bene a questo tipo di fede, la cui essenza è la tendenza a
evadere dalla realtà.
Pur soffrendo palesemente, le persone che hanno questo
tipo di fede dipendente evitano di guardare ai loro problemi,
non hanno il coraggio né fanno alcuno sforzo per affrontare le
circostanze. Ma senza lotta non possiamo avviare il motore
della nostra rivoluzione umana. E in una situazione del genere,
a essere sinceri, la fede viene semplicemente usata come qual-
cosa dietro cui nascondersi per evitare di affrontare la realtà.
Per fare un’analogia con l’alpinismo, se ci limitiamo a
camminare attorno alla base della montagna e non compiamo
alcuno sforzo per scalarne le pareti, per quanto tempo passi
non raggiungeremo mai la cima. Così, se evitiamo di affron-
tare i nostri problemi, non riusciremo mai a rafforzare e svi-
luppare noi stessi, e non avremo la possibilità di conseguire la
Buddità in questa esistenza.
Inoltre è anche importante cercare di liberare la nostra
vita dal dubbio e dalla mancanza di fede, così come dalle re-

43 — Gli insegnamenti provvisori, precedenti al Sutra del Loto,


non prevedono che il mondo di Buddità esista in tutte le persone e de-
scrivono i Budda come esseri superiori e idealizzati. Per esempio, la
dottrina Nembutsu o della Pura Terra spiega che invece di fare affida-
mento sui propri sforzi bisognerebbe far dipendere la propria salvezza
da uno di tali Budda, in questo caso il Budda Amida.
88 M AT E R I A L E D I S T U D I O

criminazioni e dalla lamentela. Alla base della convinzione er-


rata che Myoho renge kyo (la Legge mistica) esista fuori dalla
nostra vita c’è l’incapacità di credere che tutte le persone, noi
e gli altri, possiedono la natura di Budda. Questa incredulità
ha origine dall’oscurità fondamentale o ignoranza.
Per quanto riguarda l’atteggiamento nella fede, questa
tendenza a considerare con scetticismo la natura di Budda
come un bell’ideale che però non serve a cambiare la realtà
dei fatti si manifesterà in una preghiera debole, vaga e priva di
fiducia. Se i nostri sforzi nella fede sono poco convinti non
riusciremo a cambiare il nostro atteggiamento o a trasformare
in maniera fondamentale la nostra vita.
Come indica il Daishonin in questo scr itto quando
dice: «Risveglia in te una profonda fede», se speriamo di raggiun-
gere la Buddità in questa esistenza dobbiamo continuare a
sforzarci di approfondire la nostra fede e la nostra preghiera.
Quando la fede si approfondisce essa si manifesta in una pre-
ghiera fiduciosa e concreta.
Poiché lo scopo della pratica è il conseguimento della
Buddità in questa esistenza, quando si recita è assolutamente
indispensabile avere una mente, un atteggiamento, fer ma-
mente concentrati. È come cercare di scagliare una freccia:
senza un obiettivo chiaro non saremo in grado di tendere
l’arco con vera energia e determinazione. Allo stesso modo le
nostre preghiere si potranno realizzare solo quando sostitui-
remo vaghi aneliti con concrete determinazioni e con un dai-
moku fiducioso di realizzare senza alcun dubbio le nostre
speranze.
Brontolare e lamentarsi sono le porte del dubbio e della
mancanza di fede. Anche se sappiamo che si tratta di compor-
tamenti sbagliati, ci può capitare di metterli in atto nostro
malgrado. Ma se diventano abitudini saranno un freno pe-
renne alla nostra crescita e ci faranno dimenticare di progre-
dire e di migliorare noi stessi. Quando ciò accade, di fatto
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 89

stiamo bloccando le nostre potenzialità, e cadiamo nell’atteg-


giamento di ricercare la Legge al di fuori di noi. Smettere di
lamentarsi e di brontolare può essere veramente un’impresa,
ma la Legge mistica ci dà la saggezza per controllare queste
tendenze e usarle come una sorgente di crescita e di sviluppo.
Guardiamoci attentamente anche dall’offendere i nostri
compagni di fede. L’offesa, il risentimento e la gelosia verso
gli altri ci portano a rinnegare la loro natura di Budda. E non
riuscire a credere nella natura di Budda degli altri – così come
non riuscire a credere nella propria – ci spinge fuori rotta, alla
ricerca della Legge fuori di noi. È la nostra natura di Budda
che fondamentalmente ci sprona a realizzare la felicità nostra
e degli altri. Non credere nella natura di Budda significa ne-
gare lo spirito del Sutra del Loto che insegna che tutte le per-
sone hanno il potenziale per ottenere la Buddità. Di conse-
guenza il Daishonin ammonisce severamente che se andiamo
contro lo spirito del sutra non solo le nostre preghiere per
raggiungere la Buddità in questa esistenza non saranno esau-
dite, ma alla fine commetteremo un’offesa alla Legge.(44)
Inoltre, a meno che non pratichiamo insieme secondo il
principio di “diversi corpi, stessa mente”, non potremo realiz-
zare il grande desiderio di kosen rufu. (45)
Riconfermiamo nuovamente che recitare Nam myoho
renge kyo per la felicità nostra e degli altri è il vero mezzo

44 — Nelle Quattordici offese Nichiren Daishonin scrive: «C’è una


differenza se si recita il daimoku e allo stesso tempo si va contro l’in-
tento di questo sutra. […] Non dimenticare che coloro che abbracciano
il Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insul-
tarsi l’un l’altro perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicura-
mente un Budda e chi offende un Budda commette una grave colpa»
( RSND , vol. I, pagg. 670-671).
45 — Nell’Eredità della Legge fondamentale della vita si legge: «In
generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam myoho
renge kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna
distinzione fra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama ere-
90 M AT E R I A L E D I S T U D I O

per raggiungere la Buddità in questa esistenza. Ogni persona


ha il potenziale per diventare un Budda.

Lo spirito dei primi tre presidenti arde nella Soka


Gakkai

Una dottr ina buddista che affer ma l’esistenza della


Legge all’interno della vita di ogni persona valorizza l’indivi-
duo. Risveglia ogni essere umano, ne incoraggia la rivolu-
zione umana individuale e cerca di condurre tutti all’illumi-
nazione. Nell’appar izione di tante persone che una dopo
l’altra abbracciano la fede vediamo all’opera il principio dei
bodhisattva che emergono risolutamente dalla terra per pro-
pagare la Legge, e l’immutabile formula di kosen rufu. (46)
Questo è il cammino della Soka Gakkai che i primi tre
presidenti, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e io stesso,
hanno seguito con decisione. Questo è il motivo per cui la
Soka Gakkai ha conseguito un così eccezionale sviluppo e
kosen rufu si è diffuso in tutto il mondo.
Per contro, gli insegnamenti buddisti che considerano la
Legge al di fuori della vita dell’individuo tendono a essere
autoritari e formali, a disprezzare e reprimere le persone. Ten-
dono a porre l’accento sui rituali o sull’autorità del clero,
mentre i loro seguaci cercano passivamente di sedare la pro-
pria ansia attraverso la dipendenza dalle cerimonie e dai preti.
Inoltre, traendo vantaggio dal fatto che una delle maggiori

dità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo
della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di
un’ampia propagazione potrà realizzarsi» ( RSND , vol. I, pag. 190).
46 — Nel Vero aspetto di tutti i fenomeni si legge: «Dapprima solo
Nichiren recitò Nam myoho renge kyo, ma poi due, tre, cento lo segui-
rono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperà
così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere dalla terra”?» ( RSND ,
vol. I, pag. 341).
I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 91

fonti di angoscia per l’essere umano è la morte e ciò che av-


verrà dopo, in Giappone le scuole buddiste che seguono que-
sti insegnamenti si occupano quasi esclusivamente di funerali
o cerimonie in suffragio, degenerando in quello che viene
chiamato “Buddismo dei funerali”. Non offrono una filosofia
che dà potere alle persone e le rende capaci di migliorare la
propria vita.
Il fondatore della Soka Gakkai, Makiguchi, asserì che il
Buddismo di Nichiren Daishonin è un «insegnamento per tra-
sformare la vita». Credere che la Legge mistica esiste dentro di
noi significa avere la fiducia che diventeremo assolutamente
felici e raggiungeremo la Buddità in questa esistenza. Fede si-
gnifica anche adoperarsi attivamente per kosen rufu, facendo
conoscere agli altri il Buddismo del Daishonin, con la con-
vinzione che in esso risiede la chiave della loro felicità come
della nostra. Questa fede autentica caratterizza la Soka Gakkai
Internazionale. La grandezza della Soka Gakkai e lo spirito di
non dualità di maestro e discepolo dei primi tre presidenti si
riflettono nell’impegno di questi ultimi per realizzare la più
difficile delle imprese: risvegliare le persone alla Legge che
esiste all’interno della loro stessa vita.
Toda soleva dire: «Dovreste decidere con convinzione:
“Io sono Myoho renge kyo”». La Legge mistica è la «medi-
cina molto efficace» (47) per alleviare le sofferenze di tutte le
persone, il grande magazzino pieno di tesori che porta for-
tuna e felicità a tutti. La cosa importante è vivere costante-
mente basandoci sulla Legge mistica e in totale sincronia con
essa, facendo permeare e rafforzare le nostre vite dalla Legge
mistica.
La realtà quotidiana è costellata da un’infinita serie di
problemi, ma con la ferma convinzione che la nostra vita è

47 — Il Sutra del Loto, pag. 315


92 M AT E R I A L E D I S T U D I O

Myoho renge kyo dovremmo affrontarli tutti con coraggio e


con l’incrollabile certezza che riusciremo a vincere qualsiasi
difficoltà e a diventare senza dubbio felici. Quando mante-
niamo una fede profonda basata sulla convinzione che «io
sono Myoho renge kyo» possiamo affrontare qualsiasi pro-
blema con coraggio. La chiave per la vittoria nella vita sta nel
riuscire a tirar fuori il coraggio: di fronte agli ostacoli non è
di una timidezza esitante che abbiamo bisogno, ma del corag-
gio di sfidarli.
Quali che siano gli ostacoli che incontriamo nel corso
della pratica, non dovremmo mai arretrare di un solo passo,
non dovremmo esserne spaventati o sorpresi. È importante
nutr ire una profonda fiducia nel fatto che il potere della
Legge mistica può trionfare su tutto.
Temere le sofferenze, lamentarsi o prendersela col pro-
prio ambiente equivale a vivere credendo che la Legge sia al
di fuori della nostra vita. Lo stesso accade quando perdiamo
fiducia nella capacità di risolvere la nostra situazione e ci ri-
volgiamo agli altri sperando che ci salvino, o quando attri-
buiamo loro la colpa dei nostri problemi, o quando cadiamo
nella disperazione e nella rassegnazione.
Quando i problemi ci affliggono, indipendentemente
dalla loro gravità dovremmo vederli chiaramente per quello
che sono, cioè ostacoli e funzioni demoniache, e combatterli
senza retrocedere. Così vivono le persone che recitano Nam
myoho renge kyo e dedicano la vita alla Legge mistica. Dice il
Daishonin: «Ricorda, come ho sempre detto, che i discepoli di Ni-
chiren non possono realizzare niente se sono codardi». (48) In ac-
cordo con queste parole bandiamo qualunque viltà e fac-
ciamo del coraggio la nostra principale virtù.
Chi ha una fede coraggiosa può aprire una breccia nelle

48 — L’insegnamento, la pratica, la prova, RSND , vol. I, pag. 427


I L C O N S E G U I M E N T O D E L L A B U D D I T À I N Q U E S TA E S I S T E N Z A 93

nuvole nere della paura, dell’ignoranza e dell’illusione per


permettere al sole di Myoho renge kyo di risplendere e al
loto della Legge mistica di sbocciare nella propria vita.
Agli albor i del nostro movimento il presidente Toda
diede la seguente guida alle giovani donne: «Dovreste esser
fiere di possedere la stessa vita del Budda dell’Ultimo Giorno.
Vincete nella vita con spirito nobile. Non dovete mai, per
nessun motivo, sminuire voi stesse».
Il Buddismo di Nichiren Daishonin parte dalla com-
prensione che la suprema condizione vitale della Buddità esi-
ste in ognuno di noi. È un insegnamento che rende possibile
realizzare la trasformazione interiore più profonda, la trasfor-
mazione del nostro atteggiamento di base, della nostra dispo-
sizione interiore. Per questo il Daishonin sottolinea così tanto
l’importanza del nostro cuore o mente.
E scrive: «Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti il
sutra o semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni vir-
tuose creeranno nella tua vita buone radici che produrranno benefici.
Abbi questa profonda convinzione».
Tutti i nostri sforzi nella fede, compresa la pratica di
Gongyo mattina e sera e le varie attività della Gakkai, sono
azioni virtuose che piantano nella nostra vita «buone radici che
produrranno benefici». Chi avanza con questa profonda consape-
volezza sarà un vero vincitore che percorre la strada che porta
al conseguimento della Buddità in questa esistenza.
Teniamo sempre alta la grande filosofia riassunta nelle
parole del Daishonin: «È il cuore che è importante», e condu-
ciamo vite meravigliose e vincenti.

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