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I verba timendi

C’è una categoria di completive che funziona in modo molto particolare. Sono quelle che
dipendono dai verba timendi, cioè i verbi o le locuzione verbali che esprimono timore.

I più frequenti sono:


timeo, metuo, vereor, “ho paura, temo”;
timor, pavor est, “c’è timore”;
sollicitus, pavidus, sum, “sono ansioso, timoroso…”.

Essi si costruiscono utilizzando il connettore di segno contrario rispetto al loro significato, ovvero:

 Quando la frase che esprime l’oggetto del timore è positiva, il connettore è negativo: ne +
congiuntivo:
Romani timent ne Hannibal veniat.
“I Romani temono che Annibale venga”.

 Quando la frase che esprime l’oggetto del timore è negativa, il connettore è positivo: ne non
oppure ut + congiuntivo:
Romani timent ne Caesar non veniat.
Romani timent ut Caesar veniat.
“I Romani temono che Cesare non venga”.

La particolarità delle completive dipendenti dai verba timendi consiste dunque nel fatto che:
 il connettore negativo ne deve essere tradotto col positivo “che”;
 il connettore positivo ut, o la doppia negazione ne non deve essere tradotto col negativo “che
non”.

I tempi verbali seguono la consecutio; prevale comunque il rapporto di contemporaneità.

Osserviamo alcuni esempi d’autore:

Caesar timens ne a multitudine equitum dextrum cornu circumveniretur, celeriter ex tertia acie
singulas cohortes detraxit. (Caes.)
“Cesare, temendo che l’ala destra venisse accerchiata dalla moltitudine di cavalieri, in fretta trasse
indietro dalla terza schiera le coorti una ad una”.

Omnes labores te excipere video; timeo ut sustineas. (Cic.)


“Vedo che ti sobbarchi ogni fatica; temo che tu non regga”.

Molior ut mihi Caesar concedat ut absim. Sed timeo ne non impetrem. (da Cic.)
“Cerco di fare in modo che Cesare mi permetta di non essere presente. Ma temo di non riuscirci”.

Esercizio
Traduci le seguenti frasi

1. (Integer testes) timet ne quid iracunde dicat! (Cic.) 2. Quanta dementia est vereri ne infameris ab
infamibus! (Sen.) 3. Vereor ne putidum sit scribere ad te quam sim occupatus. (Cic.) 4. Metuo ne
non sit surda atque haec audiverit. (Plaut.) 5. Timor patres incessit ne civitatem sine imperio,
exercitum sine duce vis aliqua externa adoriretur. (Liv.) 6. Non vereor ne quid timide, ne quid stulte
facias. (Cic.) 7. Duces, veriti ne noctu impediti confligere cogerentur, aut ne ab equitatu Caesaris in
angustiis tenerentur, iter supprimunt. (Caes.) 8. Hannibal, metu ne dederetur Scipioni, urbe excessit.
(Liv.) 9. Metuo ne sero veniam. (Plaut.) 10. Intellexi te vereri ne superiores litterae mihi redditae
non essent. (Cic.) 11. Ne fortuna lassescat, metus est. (Plaut.) 12. Non vereor ne tua virtus opinioni
hominum non respondeat. (Cic.) 13. Consul, timens ne renovaret certamen, signum receptui dedit.
(Liv.) 14. Aurum meum est istic, Fides! Non metuo ne quisquam inveniat: ita probe in latebris
situm est. (Plaut.) 15. C. Claudius consul, veritus ne forte novae res provinciam et exercitum sibi
adimerent, nocte profectus praeceps in provinciam abiit. (Liv.)

Il congiuntivo desiderativo

Per comprendere la singolare costruzione dei verba timendi, dobbiamo fare un passo indietro nella
storia della lingua e studiare un’altra struttura sintattica: il congiuntivo desiderativo.

Il congiuntivo desiderativo è un congiuntivo indipendente, cioè un congiuntivo che troviamo nella


proposizione principale (che siamo abituati a pensare all’indicativo o all’imperativo). Il concetto ci
è già noto, perché già conosciamo il congiuntivo esortativo.

Il congiuntivo desiderativo esprime un desiderio, e corrisponde all’italiano “vorrei che, magari,


volesse il cielo che..”.

In latino è solitamente introdotto dall’avverbio utinam (talora ut). E’ negato, trattandosi di


un’espressione di volontà, da ne.

I tempi del congiuntivo sono selezionati in base a due parametri:


 se il desiderio riguarda il presente o il passato;
 se il desiderio è realizzabile o irrealizzabile:

desiderio realizzabile desiderio irrealizzabile


nel presente presente: Imperfetto:
Utinam (ut) Caesar veniat! Utinam (ut) Caesar veniret!
“Magari Cesare venisse!” “Magari Cesare venisse!”
(e può venire) (e non può venire)
nel passato perfetto: piuccheperfetto:
Utinam (ut) Caesar venerit! Utinam (ut) Caesar venisset!
“Magari Cesare fosse venuto!” “Magari Cesare fosse venuto!”
(e può essere venuto) (non poteva venire e non è venuto)

Attenzione:

Osserviamo che l’italiano non distingue tra desiderio realizzabile e irrealizzabile, ed esprime
l’enunciato desiderativo indifferentemente col congiuntivo imperfetto e trapassato: nella frase
“Magari Giovanni cambiasse!” è impossibile capire se chi formula l’enunciato pensa che ci sia la
possibilità che Giovanni cambi o no; il latino, in questo senso, è molto più chiaro: se questa frase
fosse costruita col congiuntivo presente, vorrebbe dire che l’emittente prevede la possibilità di un
cambiamento, se invece fosse costruita col congiuntivo imperfetto, si tratta di un desiderio
irrealizzabile.
Osserviamo alcuni esempi d’autore:

Utinam tam facile vera invenire possim quam falsa convincere. (Cic.)
“Magari potessi scoprire il vero con la stessa facilità con cui posso dimostrare il falso”.
(evidentemente qui il soggetto è convinto di poter raggiungere questo scopo)

Atque utinam, patres conscripti, civibus omnibus solvere nobis praemia liceret! (Cic.)
“Magari, o senatori, potessi assegnare a tutti i cittadini le ricompense dovute”.
(qui chi esprime il desiderio sa di non avere la possibilità di realizzarlo)

Atque utinam, patres conscripti, Kalendis Sextilibus adesse potuissem. (Cic.)


“Magari, o senatori, avessi potuto esserci alle calende del mese di sestile!”
(qui è evidente che il desiderio è irrealizzabile: l’azione che ci si augura è collocata nel passato e
non è avvenuta).

Dal desiderativo ai verba timendi

Dal congiuntivo desiderativo deriva la costruzione delle completive dipendenti dai verba timendi.
Nella fase arcaica della lingua il latino prediligeva le costruzioni paratattiche (cioè la
giustapposizione di frasi tra loro indipendenti) rispetto a quelle ipotattiche (cioè costituite da frasi
subordinate).
Pertanto in origine il timore veniva espresso tramite una dichiarazione di paura seguita
dall’espressione del desiderio contrario a questa paura (col congiuntivo desiderativo):

Timeo: ut veniat!
“Ho paura: magari venisse!”
Da questo tipo di espressione si passa alla costruzione ipotattica timeo ut veniat, che significa
dunque “Temo che non venga (infatti desidero che venga)”.

Analogamente, dalla costruzione paratattica


Timeo: ne veniat!
“Ho paura: magari non venisse!”
deriva il costrutto ipotattico timeo ne veniat, che renderemo “Temo che venga”.

Velim e vellem

Ad esprimere il desiderio troviamo frequentemente, come è ovvio dato il significato, i verbi volo,
nolo, malo:
 al congiuntivo presente (velim) quando il desiderio è realizzabile;
 al congiuntivo imperfetto (vellem) quando è irrealizzabile:
L’italiano non conosce questa distinzione: traduciamo in entrambi i casi con il condizionale
presente “vorrei”.

Per quanto riguarda la costruzione, ricordiamo che tali verbi reggono l’infinito, l’infinitiva, o una
completiva al congiuntivo, il più delle volte asindetico (non introdotto da congiunzione): in questo
caso velim è accompagnato dal congiuntivo presente (contemporaneità) o perfetto (anteriorità),
vellem dal congiuntivo imperfetto (contemporaneità) o piuccheperfetto (anteriorità).
Nunc hoc velim cures. (Cic.)
“Ora vorrei (e ciò è possibile) che ti occupassi di questo.”

Vellem (Tuditanus) hanc contemptionem pecuniae suis reliquisset! (Cic.)


“Vorrei (e ciò non è possibile) che Tuditano avesse lasciato questo disprezzo per il denaro anche ai
suoi familiari!”

Attenzione:

Sintatticamente velim e vellem non sono congiuntivi desiderativi (si tratta rispettivamente di un
potenziale e di un irreale, che studieremo iin futuro)

Esercizio
Traduci le seguenti frasi

1. Atque utinam, ut culpam, sic etiam suspicionem vitare potuisses! (Cic.) 2. Utinam is quidem
Romae esset (Cic.) 3. Ad senectutem utinam perveniatis. (Cic.) 4. Utinam istam calliditatem
hominibus di ne dedissent, qua perpauci bene utuntur, innumerabiles autem improbe utuntur. (Cic.)
5. Velim obviam mihi litteras de omnibus rebus crebro mittas. (Cic.) 6. Vellem adesse posset
Panaetius. (Cic.) 7. Vellem vobis placere, Quirites, sed malo vos salvos esse, qualicumque erga me
animo futuri estis. (Liv.) 8. Disputationem hanc multo malim tibi et Bruto placere; eloquentiam
autem meam populo probare velim. (Cic.) 9. Vellem hanc contemptionem pecuniae Balbus suis
reliquisset. (Cic.) 10. Utinam id sit, quod spero. (Ter.) 11. Utinam P. Clodius viveret! (Cic.) 12.
Illud utinam ne vere scriberem! (Cic.) 13. Utinam, Quirites, virorum fortium atque innocentium
copiam tantam haberetis. (Cic.) 14. Utinam patriae sim vanus haruspex! (Prop.) 15. Utinam, quam
spem de me concepit, impleverim! (Plin. Iun.)

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