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CAPITOLO IV

Operatori hermitiani
1. Prodotti scalari e hermitiani.
La nozione di prodotto scalare in R
3
e si generalizza nel seguente modo:
(IV.1) Denizione. Sia V uno spazio lineare su R. Un prodotto scalare
su V una applicazione (funzione)
(, ) : V V R
che soddis:
x (x, y) = (y, x) (simmetria)
y (x, y + z) = (x, y) + (y + z) (linearit)
z (c x, y) = c(x, y) (omogeneit)
{ (x, x) 0 e (x, x) = 0 x = 0 (positivit)
Notiamo che, grazie alla propriet 1) valgono anche:
(x + y, z) = (x, z) + (y + z), e (x, c y) = c(x, y).
Si pu dunque dire che un prodotto scalare su uno spazio vettoriale reale
V una applicazione simmetrica, bilineare (propriet 2) e 3)) e denita
positiva di V V in R.
(IV.2) Esempio. Sullo spazio standard R
n
delle n-uple di numeri reali si
ha il prodotto scalare standard: se x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
),
allora si pone:
(x, y) =
n

i=1
x
i
y
i
.
107
108 Operatori hermitiani

(IV.3) Esempio. Sempre in R


n
si possono porre diversi prodotti scalari.
Per esempio, ssata una n-upla di numeri positivi a = a
1
, a
2
, . . . , a
n
, si pu
porre
(x, y)
a
=
n

i=1
a
i
x
i
y
i

(IV.4) Esempio (Prodotto scalare standard in C(I)). Sia I = [a, b] un


intervallo (chiuso e limitato) della retta reale, e consideriamo lo spazio
delle funzioni continue C(I) denite su I a valori reali.
Sappiamo che C(I) uno spazio vettoriale. Poniamo, per denizione,
( f, ) =

b
a
f (x) (x) dx.
Vogliamo vericare che (, ) : C(I) C(I) R un prodotto scalare.
Per prima cosa, notiamo che ben denito. Infatti, se f e sono
funzioni continue su un intervallo chiuso e limitato, lo anche il loro
prodotto, e quindi lintegrale

b
a
f dx un numero reale.
Le propriet di simmetria, linearit e omoigeneit sono ovvie. La
proprit di positivit segue dal fatto che ( f, f ) =

b
a
f
2
(x) dx, e dunque
( f, f ) 0. In particolare, ( f, f ) = 0 se e solo se f = 0 per tutti gli x, ovvero
f la funzione nulla, cio lo zero dello spazio vettoriale C(I).
Analogamene al caso di R
n
, se (x) una funzione non negativa, la
legge
( f, )

b
a
f (x)(x)(x) dx
denisce un prodotto scalare in C(I).
Consideriamo ora spazi vettoriali sui numeri complessi.
(IV.5) Denizione. Sia V uno spazio lineare su C. Un prodotto scalare,
detto anche, se il caso di distinguere, un prodotto hermitiano su V
una funzione
(, ) : V V C
che soddis:
x (x, y) = (y, x) (simmetria hermitiana)
y (x, y + z) = (x, y) + (y + z) (linearit)
z (x, c y) = c(x, y) (omogeneit)
{ (x, x) 0 e (x, x) = 0 x = 0 (positivit)
1. Prodotti scalari e hermitiani. 109
Notiamo che, grazie alla propriet 1) e 2) valgono anche:
(x + y, z) = (x, z) + (y, z), e (c x, y) = c(x, y).
Si pu dunque dire che un prodotto scalare su uno spazio vettoriale com-
plesso V una applicazione simmetrica, sesquilineare (propriet 2) e 3))
e denita positiva di V V in C.
(IV.6) Esempio. Il prodotto scalare standard in C
n
denito nel seguente
modo. Siano se x = (x
1
, x
2
, . . . , x
n
) e y = (y
1
, y
2
, . . . , y
n
) elementi di C
n
. Il
prodotto scalare (o hermitiano, o euclideo) standard denito da
(x, y) =
n

i=1
x
i
y
i
.

(IV.7) Esempio. Se C(I; C) lo spazio delle funzioni continue sullinte-


vallo I = [a, b] a valori complessi, allora la legge
( f, ) =

b
a
f (x)(x) dx
d luogo ad un prodotto hermitiano in C(I; C). Si noti che nel caso complesso,
cruciale prendere il complesso coniu-
gato delle componenti (e.g., in C
n
).
Se si ponesse, in completa analogia
con il caso reale,
x, y =
n

i=1
x
i
y
i
si otterrebbe una forma bilineare in
C
n
, che non gode della propriet di
positivit. Per rendersi conto di ci,
basta considerare, in C
2
, il vettore
= (1, i) 0. Allora,
(, ) = 1 1 + i i = 1 i
2
= 2,
mentre
, = 1 1 + i i = 1 + i
2
= 0
Spazi euclidei e normati
(IV.8) (Disuguaglianza di Cauchy-Schwartz) Sia (V, (, )) uno spazio eu-
clideo. Allora, per ogni coppia v
1
, v
2
vale che
(1) |(v
1
, v
2
)|
2
(v
1
, v
1
)(v
2
, v
2
),
e luguaglianza vale solo se v
2
= cv
2
(cio se v
1
e v
2
sono linearmente
dipendenti).
Dimostrazione. Se uno dei due vettori nullo, la affermazione vera. Quindi pos-
siamo supporre che entrambi i vettori siano non nulli. Deniamo x = (v
2
, v
2
), y =
(v
1
, v
2
) e consideriamo la combinazione lineare
= xv
1
yv
2
Dalla propriet di positivit del prodotto scalare, abbiamo (, ) 0. Dunque
0 (, ) = (xv
1
yv
2
, xv
1
yv
2
) = |x|
2
(v
1
, v
1
)xy(v
2
, v
1
)xy(v
1
, v
2
)+|y|
2
(v
2
, v
2
).
ovvero, sostituendo, le espressioni di x e y,
|(v
2
, v
2
)|
2
(v
1
, v
1
)(v
2
, v
2
)(v
1
, v
2
)(v
2
, v
1
)(v
1
, v
1
)(v
1
, v
2
)(v
1
, v
2
)+|(v
1
, v
2
)|
2
(v
2
, v
2
) 0.
Notando che (v
i
, v
i
) > 0 e che (v
2
, v
1
) = (v
1
, v
2
), si ottiene
0 (v
2
, v
2
)
2
(v
1
, v
1
) (v
2
, v
2
)|(v
1
, v
2
)|
2
,
e dunque, dividendo per (v
2
, v
2
), si ha che
|(v
1
, v
2
)|
2
(v
1
, v
1
)(v
2
, v
2
),
che quello che si doveva mostrare. In particolare, notiamo che luguaglianza
vale sse = 0, ovvero sse v
1
e v
2
sono linearmente dipendenti.
110 Operatori hermitiani
In uno spazio euclideo si pu denire un concetto di lunghezza (detta
norma) di un vettore. Deniamo norma di v V la quantit
(2) v =

(v, v).
(IV.9) La norma di un vettore una applicazione : V R che soddisfa
le seguenti propriet
x v 0, con ugualianza sse v = 0 (positivit);
y c v = |c|v| (omogeneit);
z v + u v + u (disuguaglianza triangolare).
Dimostrazione. Le prime due propriet seguono immediatamente dall propri-
et 2 e 3 del prodotto scalare. Per lultima, osservato che la disuguaglianza di
CauchySchwartz si pu scrivere come
(3) |(v
1
, v
2
)|
2
v
1

2
v
2

2
,
il che implica le due disuguaglianze
(v
1
, v
2
) v
1
v
2
, |(v
1
, v
2
)| v
1
v
2
.
Consideriamo
v
1
+ v
2

2
= (v
1
+ v
2
, v
1
+ v
2
) = (v
1
, v
1
) + (v
1
, v
2
) + v
1
, v
2
) + (v
2
, v
2
) =
v
1

2
+ v
2

2
+ (v
1
, v
2
) + v
1
, v
2
).
Utilizzando le disuguaglianze di cui sopra, si ha
v
1
+ v
2

2
v
1

2
+ v
2

2
+ 2v
1
v
2
= (v
1
+ v
2
)
2
e dunque, dato che entranbi i membri di questa equazione sono numeri reali non
negativi, la tesi si ottiene prendendo la radice quadrata.
Ortogonalit e sue prime applicazioni
Consideriamo uno spazio vettoriale V dotato di un prodotto interno (o
hermitiano, se V sui complessi) ( , ).
(IV.10) Denizione. Due vettori v
1
, v
2
si dicono ortogonali se
(v
1
, v
2
) = 0.
Dalla denizione segue immediatamenye che lo 0 di V lunico vettore
di V ortogonale a se stesso. Infatti (0 , 0) = 0, e (v , v) = 0 v = 0
(propriet 3 del prodotto euclideo/hermitiano).
(IV.11) Siano v
1
, v
2
, non nulli e ortogonali; allora v
1
e v
2
sono linearmente
indipendenti.
1. Prodotti scalari e hermitiani. 111
Dimostrazione. Sia c
1
v
1
+ c
2
v
2
= 0 una combinazione lineare di v
1
e v
2
che dia 0.
Dobbiamo vericare che c
1
= c
2
= 0. Dal fatto che (0 , 0) = 0 abbiamo
0 = (c
1
v
1
+ c
2
v
2
, c
1
v
1
+ c
2
v
2
)
Sviluppando questa uguaglianza si ha (consideriamo il caso hermitiano)
0 = c
1
c
1
(v
1
, v
1
) + c
1
c
2
(v
1
, v
2
) + c
2
c
1
(v
2
, v
1
) + c
2
c
2
(v
2
, v
2
).
Dato che (v
1
, v
2
) = (v
2
, v
1
) sono per ipotesi nulli, ne otteniamo
0 = |c
1
|
2
(v
1
, v
1
) + |c
2
|
2
(v
2
, v
2
)
I due addendi del membro destro sono non negativi, e dunque deve valere |c
1
|
2
(v
1
, v
1
) =
|c
2
|
2
(v
2
, v
2
) = 0; dato che i vettori v
1
, v
2
non sono nulli (e dunque (v
i
, v
i
) > 0), ne
possiamo concludere che c
1
= c
2
= 0.
Osserviamo che, pi in generale, vale la seguente propriet: Sia {v
1
, . . . , v
k
}
un insieme di vettori non nulli di V, che soddisno
(v
i
, v
j
) = 0, i j = 1, . . . , k.
Allora questi vettori sono lineramente indipendenti. Infatti basta notare
che, detto =

k
i=1
x
i
v
i
, si ha
(, ) =
k

i, j=1
x
i
x
j
(v
i
, v
j
) =

i
|x
i
|(v
i
, v
i
).
(IV.12) Esempio. Nello spazio R
n
, questa propriet, applicata a vettori
v
i
= e
l
i
, dove e
i
la n-upla data da (0, 0, . . . , 0 1
....
posto i
, 0, . . . , 0), ribadisce che
questi vettori sono indipendenti. Peraltro, garantisce che, per esempio, i
vettori v = (1, 1, 0, . . . , 0) ed u = (1, 1, 0, . . . , 0) sono indipendenti. Una coseguenza di questa propri-
et che, presi n + k vettori v

non
nulli in uno spazio vettoriale euclideo
V
n
di dimensione n deve aversi, per
quelche , , (v

, v

) 0. Vicever-
sa, una base di V
n
formata da vet-
tori ortogonali a due a due si chia-
ma base ortogonale. In particolare,
se questi vettori sono tutti di nor-
ma uguale a 1, la base si dice base
ortonormale. Ad esempio, la terna
( i, j k) una base ortonormale del-
lo spazio euclideo R
3
, dotato del
prodotto scalare standard.
(IV.13) Esempio. Consideriamo lo spazio delle funzioni (diciamo con-
tinue) C([, ]) nellintervallo I = [, ], e i vettori u
n
C([, ])
deniti da
u
0
(x) = 1, u
2n1
(x) = cos(nx), u
2n
= sin(nx), n = 1, 2, 3, . . . .
Questo insieme (o sistema, o famiglia) di vettori ortogonale. Infatti,
consideriamo n m e il prodotto scalare
(u
n
, u
m
) =

u
n
(x)u
m
(x) dx.
Ora, se n nullo, abbiamo (u
0
, u
m
) =

I
u
n
(x)dx = 0; supponiamo che sia
n che m siano non nulli e (per esempio), sia n = 2k 1, m = 2l. Allora si
ha
(u
n
, u
m
) =

I
cos(k x) sin(l x) dx
112 Operatori hermitiani
Integrando per parti si ha
(u
n
, u
m
) =
1
k
sin(k x) sin(l x)


l
k

I
sin(k x) cos(l x)dx.
dato che le funzioni sono periodiche otteniamo
(u
n
, u
m
) =
l
k

I
sin(k x) cos(l x)dx.
Se k = l, abbiamo dunque (u
n
, u
m
) = (u
n
, u
m
) e dunque (u
n
, u
m
) = 0. se
k l, si ha, analogamente,

I
sin(k x) cos(l x) =
l
k

I
cos(k x) sin(l x) dx
e dunque otteniamo che
(u
2k1
, u
2l
) =
l
2
k
2
(u
2k1
, u
2l
)
che dimostra che (u
2k1
, u
2l
) = 0, k, l. Il caso n, m entrambi pari o
dispari si tratta analogamente. Dunque gli u
n
sono un sistema ortogonale
in C([, ]). Ricordando che

I
cos
2
(nx) dx =

I
sin
2
(nx)dx =
e osservamdo che (u
0
, u
0
) = 2 si vede che la famiglia
v
0
=
u
0

2
, v
n
=
u
n

ortonormale in C([, ])
(IV.14) Esempio (La generalizzazione dellesempio precedente alle fun-
zioni complesse). Sia V
C
lo spazio delle funzioni periodiche da I =
[, ] a valori complessi. Consideriamo, in V
C
la famiglia {e
n
}
nZ
deni-
ta da:
(4) e
0
(x) = 1, e
n
(x) = e
inx
, n 0.
Questa una famiglia ortogonale. Infatti, consideriamo il prodotto scalare
(e
n
, e
m
) =

I
e
n
(x)e
m
(x) dx =

I
e
inx
e
imx
dx

I
e
i(nm)x
dx
Supponiamo n m. Integrando
(e
n
, e
m
) =
1
i(n m)

e
i(nm)x

= 0,
1. Prodotti scalari e hermitiani. 113
per la periodicit della funzione esponenziale con argomento immagi-
nario. Se, ora, n = m (eventualmente entrambi = 0) abbiamo
(e
n
, e
n
) =

I
1 dx = 2.
Dunque la famiglia ortonormale corrispondente alla famiglia e
n
si ottene
come v
n
=
e
n

2
.
Basi ortonormali godono di una propriet fondamentale, ovvero che
le componenti dello sviluppo di un generico vettore v sulla base in ques-
tione si calcolano attraverso prodotti scalari. Ovvero, vale che
(IV.15) Sia {e
1
, . . . , e
n
} una (qualsiasi) base ortonormale in V
n
. Lo sviluppo
dellelemento v V lungo V dato da
(5) v =

i
v
i
e
i
, con v
i
= (v, e
i
).
In altre parole, le componenti di v lungo la base e
i
sono i prodotti
scalari (e
i
, v).
Dimostrazione. Dato che e
i
sono una base, lo sviluppo
v =

i
v
i
e
i
univocamente determinato. Scegliamo un indice k e prendiamo il prodotto
scalare (e
k
, v) di entrambi i membri di questa uguaglianza; a sinistra abbiamo
(v, e
k
), mentre a destra (grazie alla linearit del prodotto euclideo)

i
v
i
(e
k
, e
i
) = v
k
perch (e
k
, e
i
) = 0 se i k, e vale 1 per i = k.

(IV.16) (Formule di Parseval) Sia V


n
uno spazio vettoriale (complesso) di
dimensione nita, e {e
i
}
i=1,...,n
una sua base ortonormale. Allora, per ogni
coppia di vettori x, y V
n
,
(6) (y, x) =
n

i=1
(e
i
, y)(e
i
, x).
In particolare, x
2
=

i
|(e
i
, x)|
2
.
Dimostrazione. Scriviamo, secondo la (5),
x =

i
(e
i
, x)e
i
e calcoliamo (y, x); sfruttando sempre la linearit di ( , ) abbiamo
(y, x) = (y,

i
(e
i
, x)e
i
) =

y, (e
i
, x)e
i

i
(e
i
, x)(y, e
i
) =

i
(e
i
, y)(e
i
, x),
come affermato. La seconda affermazione si ottiene prendendo y = x.
114 Operatori hermitiani
In dimensione innita abbiamo la nozione di sistema ortonormale
completo
(IV.17) Denizione. Sia V uno spazio vettoriale (complesso) di di-
mensione innita, e {e
i
}
i=1,2,...,
un insieme di vettori ortonormali. Tale
sistema si dice completo se, per ogni x V si ha
nel senso che
lim
n
x
n

i=1
(e
i
, x)e
i
= 0
x =

i=1
(e
i
, x)e
i
.
Valgono allora le formule di Parseval: (y, x) =

i=1
(e
i
, y)(e
i
, x) e, in parti-
colare,
x
2
=

i=1
|(e
i
, x)|
2
.
2. Operatori Hermitiani (simmetrici)
Il problema di determinare se e quando un operatore diagonalizzabile
non di facile risoluzione. In questa ultima lezione introdurremo una
classe di operatori lineari, detti operatori Hermitiani deniti su spazi
euclidei (complessi), per i quali vale un teorema di diagonalizzazione.
(IV.18) Denizione. Consideriamo uno spazio vettoriale euclideo
complesso (V, ( , )); sia L : V V. Loperatore aggiunto o coniugato
hermitiano di L quelloperatore L

che verica
(7) (y, Lx) = (L

y, x) = (x, L

y), x, y V.
Per denizione, (L
1
+ L
2
)

= L

1
+ L

2
, e (zL)

= zL

.
(IV.19) Esempio. Se V di dimensione nita, laggiunto di un operatore
esiste sempre. In particolare, se L = ()
i j
la rappresentazione matriciale
di L rispetto ad una base ortonormale {e
i
}
i=1,...,N=dim V
, gli elementi di ma-
trice [l

]
i j
sono dati dai complessi coniugati degli elementi della matrice
trasposta L
T
, ovvero, in formule,

i j
=
ji
Per rendersi conto di questo fatto, basta ricordare che rispetto ad una
base ortonormale, lelemento di matrice l
i j
si calcola come

i j
= (e
i
, L(e
j
))
Dunque, lelemento

i j

i j
= (e
i
, L

(e
j
)) = (L

(e
j
), e
i
) = (e
j
, L(e
i
)) =
ji
,
2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 115
dove, il primo termine la denizione di elemento di matrice rispetto ad
una base ortonormale, nella seconda uguaglianza si usata (al contrar-
io) la denizione di aggiunto di un operatore, e nella terza ancora la
denizione di elemento di matrice.
Per comodit, data una matrice L, si chiama matrice aggiunta (o, an-
che, coniugata Hermitiana) di L, la matrice il cui elemento di posto i, j il
complesso coniugato dellelemento di posto j, i della matrice L. In poche
parole, la matrice aggiunta la coniugata della trasposta (o la trasposta
della coniugata).
Nel caso reale, la matrice aggiun-
ta si riduce alla matrice trasposta.
(IV.20) Esempio. Sia C

([a, b]) lo spazio delle funzioni periodiche de-


nite sullintervallo [a, b], derivabili un numero arbitrario di volte, dotato
del prodotto euclideo
( f, ) =

b
a
f (x)(x) dx ,
e consideriamo loperatore

, che associa ad f (x) la sua derivata. Veri-
chiamo che

.
( f,

()) =

b
a
f (x)
d
dx
((x)) dx = ( integrando per parti )
f (x)(x)

b
a

b
a
(
d
dx
f (x))(x) dx =
( dato che le funzioni sono periodiche )
=

b
a

d
dx
( f (x))(x) dx = (

f, ).

(IV.21) Esempio. Oltre alloperatore di derivazione, nella formulazione


di Schrdinger della meccanica quantistica rivestono fondamentale im-
portanza gli operatori di moltiplicazione per una funzione assegnata
(che, almeno nei casi pi semplici, non nientaltro che il potenziale
di un campo di forze). Consideriamo lo spazio delle funzioni contin-
ue C

([a, b]), su [a, b], e sia V(x) una funzione assegnata (e.g., V(x) =
x
2
). Loperatore di moltiplicazione per V(x) la trasformazione lineare
denita da

V( f )(x) = V(x) f (x)


cio, loperatore che assegna ad f (x) la funzione V(x) f (x).
(IV.22) Denizione. Un operatore si chiama autoaggiunto o hermi-
tiano se L = L

; una matrice si chiama autoaggiunta o hermitiana se


uguale alla sua aggiunta. Un operatore si dice antiautoaggiunto (o
anti hermitiano) se il suo aggiunto il suo opposto (cio, L + L

= 0).
Osserviamo che se L hermitiano, i L antihermitiano e viceversa.
Nel caso reale, una matrice her-
mitiana una matrice che coincide
con la sua trasposta, ed detta pi
comunemente matrice simmetrica
(omettendo rispetto alla riessione
secondo la diagonale principale).
116 Operatori hermitiani
(IV.23) Esempio (Operatori di Schrdinger magnetici).
(IV.24) Proposizione. Se un autovalore di un operatore hermitiano
H, allora reale ( = ); nel caso di operatori antihermitiani,
immaginario puro.
Dimostrazione. Se un autovalore di H, allora esiste un vettore non nullo
tale che
H = , , (, H) = (, ) = (, );
Ma (, H) = (H

, ); dato che H

= H, questultima equazione diventa (, ) =


(, ).
(IV.25) Esempio. La nozione di aggiunto di un operatore dipende dalla
nozione di prodotto scalare sullo spazio. Consideriamo lo spazio C

([0, ]; C)
delle funzioni derivabili un numero innito di volte sullintervallo [0, ],
e deniamo
( f, )
1
:=


0
f (x)(x) sin(x) dx.
Per quanto detto sui prodotti scalari su spazi di funzioni, (, )
1
un
prodotto scalare in C

([0, ]; C), dato che nellintervallo in questione,


sin(x) non negativa. Calcoliamo laggiunto delloperatore di derivazione
rispetto ad x,

x
, rispetto a (, )
1
. Dobbiamo dunque trovare un opera-
tore M tale che, per ogni coppia di elementi di C

([0, ]; C), sia vera


luguaglianza
(8) ( f,

x
)


0
f (x)

(x) sin(x) dx =


0
M( f )(x)(x) sin(x) dx.
Per fare questo, integriamo per parti


0
f (x)(x)

sin(x) dx ed otteniamo


0
f (x)(x) sin(x) dx = f (x)(x) sin(x)


0
d
dx

f (x) sin(x)

(x) dx.
Il primo termine di questa somma non contribuisce, perch sin(0) =
sin() = 0; il secondo


0
f

(x)(x) sin(x) dx


0
f (x)(x) cos(x) dx.
Il primo termine va bene, mentre nel secondo bisogna moltiplicare e
dividere per sin(x); cos facendo si ha, per ogni coppia di funzioni,


0
f (x)(x) sin(x) dx =


0
f

(x)(x) sin(x) dx


0
( f (x)(x) tan(x)) sin(x) dx
=

(x) + f (x) tan(x)

(x) sin(x) dx.


2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 117
Ne concludiamo che laggiunto delloperatore di derivazione, rispetto al
prodotto scalare (, )
1
dato dalla formula:

x
( f )

(x) = ( f

(x) + tan(x) f (x)).

Propriet spettrali degli operatori autoaggiunti


Nella sezione precedente, abbiamo visto che autovettori di un operatore
qualsiasi relativi ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti.
Per operatori Hermitiani, vale una propriet pi forte, ovvero:
(IV.26) Proposizione. Siano
1
e
2
due autovalori distinti di un oper-
atore Hermitiano H : V V, e siano
1
e
2
due autovettori relativi,
ovvero,
(9) H
1
=
1

1
, H
2
=
2

2
, con
i
R,
i
0, i = 1, 2.
Allora
1
e
2
sono ortogonali.
Dimostrazione. Da un lato
(
1
, H
2
) = (
1
,
2

2
) =
2
(
1
,
2
)
Dallaltro (utilizzando H = H

e il fatto che gli autovalori sono reali),


(
1
, H
2
) = (H

(
1
),
2
) = (H
1
,
2
) = (
1

1
,
2
) =
1
(
1
,
2
)
Sottraendo queste due relazioni si ha
0 = (
1
, H
2
) (
1
, H
2
) = (
2

1
)(
1
,
2
).
Dato che abbiamo supposto
1

2
deve essere (
1
,
2
) = 0.
La semplicit della dimostrazio-
ne di questa proposizione non rende
giustizia alla sua importanza. Di fat-
to, la propriet di ortogonalit di au-
tovettori relativi ad autovalori dier-
enti lelemento cruciale che assicu-
ra la diagonalizzabilit di operatori
(matrici) Hermitiani.
Una generalizzazione della propriet qui sopra la seguente. Da-
to uno spazio Euclideo V, ed un suo sottospazio vettoriale, W V, il
complemento ortogonale W

di W in V denito nel seguente modo:


(10) W

:= {y Vt.c. (y, x) = 0, x W},


o, a parole, linsieme (che si dimostra essere un sottospazio vettoriale di
V) di tutti quei vettori che sono ortogonali (secondo ( , )) a ogni elemento
del sottospazio assegnato W.
(IV.27) Proposizione. Sia H : V V un operatore hermitiano, e sia
W un sottospazio invariante per H, ovvero tale che
(11) x W = Hx W .
Allora anche il suo complemento ortogonale W

invariante sotto H,
ovvero
(12) y W

= H y W

.
118 Operatori hermitiani
Dimostrazione. Esplicitando la (12), dobbiamo dimostrare che per tutti gli y tali
che (y, x) = 0, x W succede che (x, Hy) = 0, x W. Ora:
(x, Hy) = ((H

x), y) = (H hermitiano ) = (Hx, y), x, y.


Ma, se x W, Hx W per lipotesi (11), e quindi (Hx, y) = 0, dato che y W

.
Dunque (x, Hy) = 0 se x W, ovvero Hy W

.
Ad un operatore autoaggiunto si pu associare la sua forma quadratica,
un polinomio omogeneo di secondo grado, a valori reali.
(IV.28) Denizione. Sia H: V V un operatore autoaggiunto. La
forma quadratica associata data da
Q
H
(x) = (x, Hx).
Osserviamo che Q
H
ha valori reali:
infatti (x, Hx) = (Hx, x) = (Hx, x).
(IV.29) Esempio. In dimensione nita abbiamo
Si osservi che
Q
H
(x) =

i, j

i j
x
i
x
j
=

i, j

ji
x
j
x
i
= Q
H
(x).
Q
H
(x) = (x, Hx) =

i, j

i j
x
i
x
j
.
Osserviamo che, per la disuguaglianza di CauchySchwartz, per ogni x
V abbiamo
|Q
H
(x)|

i, j

i j

1/2
x
2
.

rilevante la seguente caratterizzazione variazionale del primo auto-


valore di un operatore hermitiano, come minimo del cosiddetto quoziente
di Rayleigh.
(IV.30) Proposizione. Sia V uno spazio euclideo nito dimensionale e
H un operatore hermitiano. Consideriamo
(13) = inf
x0
(x, Hx)
(x, x)
.
Allora un autovalore ed il pi piccolo autovalore di H.
Dimostrazione. Se un autovalore di H e lautovettore corrispondente ab-
biamo, come gi osservato
=
(, H)
(, )
inf
x0
(x, Hx)
(x, x)
= .
Ora proviamo che stesso un autovalore. Osserviamo preliminarmente che
lestremo inferiore in (13) un minimo, cio raggiunto. Infatti, sostituendo
2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 119
x x/

(x, x) possiamo ricondurci alla minimizzazione della forma quadratica


sulla sfera unitaria:
inf
x0
(x, Hx)
(x, x)
= inf
(x,x)=1
(x, Hx) .
Per Teorema di Weierstrass esiste un minimo, poich la funzione Q
H
continua

vedremo fra un momento che


dierenziabile
e la sfera chiusa e limitata. Sia un punto di minimo del quoziente di Rayleigh:
in base al principio di Fermat, in un tale minimio il differenziale del quoziente
si deve annullare. Calcoliamo, per una generica forma quadratica Q
H
, il differen-
Il Teorema di Weierstrass as-
serisce che, in uno spazio euclideo
di dimensione nita, ogni funzione
reale continua su un insieme chiu-
so e limitato ammette massimo e
minimo.
ziale dQ
H
(x)h. Abbiamo
Q
H
(x + h) Q
H
(x) = (x, Hx) + (h, Hx) + (x, Hh) + (h, Hh) (x, Hx)
= (h, Hx) + (h, Hx) + (h, Hh) = 2 Re(h, Hx) + o(h).
Pertanto abbiamo
dQ
H
(x)h = 2 Re(h, Hx).
Tale formula vale per ogni operatore autoaggiunto, e quindi anche per lidentit,
la cui forma quadratica associata altro non che la norma al quadrato. Detto
il punto di minimo, il differenziale del quoziente si deve annullare, e quindi, per
ogni h V
dQ
H
()h Q
I
() Q
H
() dQ
I
()h = 0.
In altre parole, per ogni h V si ha, posto = Q
H
()/Q
I
() = Q
H
()/(, )
dQ
H
()h dQ
I
()h = 0 ,
e dunque, per ogni h V
2 Re(h, H) 2Re(h, ) = 0.
Sostituendo a ih ad h otteniamo anche, per ogni h,
2 Im(h, H) 2Im(h, ) = 0.
E dunque, necessariamente
H = .
Da questi risultati segue la diagonalizzabilit di un operatore Hermitiano
H, ovvero che H ammette una base di autovettori.
(IV.31) Teorema. Sia V uno spazio euclideo di dimensione n e H un
operatore hermitiano. H ammette una base ortonormale di autovet-
tori (
1
, dots,
n
), corrispondenti agli autovalori
1

2

n
, cos
caratterizzati:
(14)
k
= min
x0,
(x,
j
)=0, j=1,...,k1
(x, Hx)
(x, x)
.
120 Operatori hermitiani
Dimostrazione. Largomento procede per ricorsione. Al primo passo, poniamo
H = H
1
e V = V
1
. Si considera dapprima
1
il minimo del quoziente di Rayleigh
in (13), che sappiamo essere un autovalore, per la Proposizione precedente. In
corrispondenza di
1
, esiste almeno un autovettore
1
,
H
1

1
=
1

1
Considero allora V
1
:= {spazio generato da
1
}, e, soprattutto, il suo complemen-
to ortogonale
V

1
= {x V : (x,
1
) = 0} .
Per la proposizione (IV.27), H denisce un operatore
H
2
:= H|
V

1
: V

1
V

1
.
Questo operatore ben denito ed Hermitiano. Quindi posso tornare al passo 1,
e riapplicare largomento. Dopo un numero N = dim(V) di passi si costruisce la
base richiesta.
Il procedimento qui sopra illustra anche lultima particolarit saliente
degli operatori Hermitiani. Consideriamo la sequenza degli autovalori

Non detto che i


i
siano tutti
distinti, ma questo non importa

1
,
2
, ,
N
, e quella degli autovettori relativi {
1
,
2
, . . . ,
N
}. Per costruzione,
gli
j
sono ortogonali lun laltro, i.e., (
i
,
j
) = 0, i j. Quindi, even-
tualmente dividendo per
j
, posso considerare una nuova sequenza di
autovettori {

1
,

2
, ,

N
}, fatta da vettori ortonormali, i.e.,
(

i
,

j
) =

1 i = j
0 i j.
Se {v
k
} una base ortonormale di V (e.g., la base standard in C
N
), al-
lora una matrice U che diagonalizza (la matrice H rappresentativa di) H,
si ottiene giustapponendo le colonne delle componenti degli autovettori

i
rispetto alla base considerata.
La aggiunta di U la matrice la cui i-esima riga formata dai com-
plessi coniugati di queste componenti. Consideriamo il prodotto della
matrici U

U. Lelemento di posto k, j, , per denizione, la somma ter-


mine a termine (su l) dei prodotti degli elementi di posto k, l di U

(cio
il complesso coniugato della componente l-esima del k-esimo autovet-
tore) per gli elementi di posto l, j di U, ovvero la componente l-esima del
j-esimo autovettore. In breve, Posto

kj
=

1 k = j
0 k j.
,
U

kj
= (
k
,
j
)
V
=
kj
In modo compatto, U

U = I. Quindi la matrice U che diagonalizza un


operatore Hermitiano rispetto ad una base ortonormale di autovettori
soddisfa la condizione
U
1
= U

;
una tale matrice si dice unitaria (la corrispondente condizione nel caso
reale O
1
= O
T
, e la matrice viene detta ortogonale).
2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 121
(IV.32) Denizione. Si dice unitario un operatore U: V V dallo
spazio euclideo complesso in s, invertibile e tale che
U
1
= U

.
In dimensione nita unitario un
operatore che, in una base ortonor-
male, viene rappresentato da una
matrice unitaria.
Gli operatori unitari godono della seguente propriet caratteristica:
(IV.33) U : V V unitario se e solo se, x, y V,
(15) (U(y), U(x)) = (x, y),
cio se conserva i prodotti scalari tra vettori (e, in particolare, le loro
norme).
Dimostrazione. Da un lato, possiamo scrivere il membro sinistro della (15) come
(U(y), U(x)) = (U

(U(y)), x) = ( se U

U = I) = (y, x).
Daltro canto, sia e
i
una base ortonormale di V. Allora
U(e
k
) =

j
U
kj
e
j
,
Allora,
(U(e
k
), U(e
l
)) =

n
U
k
jU
ln
(e
j
, e
n
).
Ma la base ortonormale, dunque (e
j
, e
n
) =
jn
. La somma doppia di questul-
tima equazione diventa una somma singola (per la propriet del simbolo di
Kronecker, e.g., su j, ovvero
(U(e
k
), U(e
l
)) =

n
U
k
jU_ln
jn
=

n
[U

]
n
k
....
U
kn
U
ln
=

n
U
ln
U

nk
= [UU

]
lk
.
Dato che (U(e
k
), U(e
l
)) = (e
k
, e
l
) =
kl
=
lk
, ne segue che [UU

]
lk
=
lk
.
Ritornando a considerare un operatore autoaggiunto H, possiamo
sintetizzare le considerazioni n qui fatte nel seguente
(IV.34) Teorema. Negli spazi euclidei di dimensione nita ogni
operatore autoaggiunto si diagonalizza tramite un operatore unitario.
Nel caso dello spazio euclideo V = E
3
, un operatore lineare ortogo-
nale dunque un operatore lineare che conserva gli angoli tra i vettori e
le loro lunghezze. Dunque un operatore che rappresenta una rotazione
rigida attorno ad un asse.

A meno di riessioni.
122 Operatori hermitiani
Uno spazio euclideo notevole
In questa sezione nale studieremo in modo informale uno spazio eu-
clideo complesso (in generale, specie nel caso innito dimensionale, tali
spazi si chiamano spazi di Hilbert) di notevole interesse in meccanica
quantistica.
(IV.35) Denizione. Chiamiamo

L
2
(R, C) lo spazio delle funzioni f ,
denite sullasse reale a valori complessi, derivabili innite volte, a
quadrato integrabile, ovvero tali che valga
(16)

R
| f (x)|
2
dx < .
Lo spazio

L
2
(R, C) dotato di un prodotto scalare denito, come negli
altri casi di spazi di funzioni su intervalli della retta reale, da
(17) ( f, ) =

R
f (x)(x) dx.
Infatti, una applicazione, diretta ma non banale, della disuguaglianza di
CauchySchwartz mostra che,

R
| f (x)|
2
dx e

R
|(x)|
2
dx <

R
f (x)(x) dx < ,
ovvero che, date f,

L
2
(R, C), allora ( f, ) ben denito; il fatto che
sia un prodotto euclideo si mostra come nel caso di funzioni denite
su intervalli. Osserviamo che ogni f

L
2
(R, C) si annulla allinnito
(cio lim
x
f (x) = 0); questo permette di rendersi conto che gli oper-
atori i

, e dunque anche
2
x
= (i

)
2
sono hermitiani su

L
2
(R, C). In

L
2
(R, C) consideriamo lo spazio F delle funzioni della forma
f (x) = P(x)e
(
x
2
2
)
, dove P un polinomio.
Su F deniamo loperatore
(18)

H : F F
f (x) (
1
2

2
x
+
1
2

x
2
)( f (x)) =
1
2
f

(x) + x
2
f (x).
Vogliamo vericare che loperatore

H ammette, la sequenza di numeri

n
= (n +
1
2
), n = 0, 1, . . .
come autovalori, e come corrispondenti autovettori funzioni f
n
della for-
ma
f
n
= P
n
(x)e
(
x
2
2
)
,
2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 123
per polinomi P
n
di grado n, univocamente deniti (a meno di una costante
moltiplicativa, come ovvio).
Per semplicit notazionale, consideriamo loperatore

H motiplicato
per 2, ovvero mostriamo che

:=
2
x
+ x
2
ha autovalori dati da
n
= 2n + 1, n = 0, 1, . . ..
Procediamo prima con esempi di grado basso, cominciando come
ovvio con n = 0. Abbiamo, detta
0
:= e
(
x
2
2
)
,
(19)
d
0
dx
= x
0
,
d
2
dx
2

0
=
0
+ x
d
0
dx
=
0
+ x
2

0
Dunque,

(
0
) = (
2
x
+ x
2
)(
0
) = (
0
+ x
2

0
) +
0
=
0
.
Dunque, la affermazione vera per n = 0. Consideriamo il caso n = 1, e

1
= (x + a)
0
. Abbiamo, in questo caso,

1
= a
0
x(x + a)
0
, ,

1
= (x
3
+ ax
2
3 x a)
0
Allora,

(
1
) =

(x
3
+ ax
2
3 x a) + (x
2
(x + a))

0
= (3x + a)
0
.
Daltro canto,
1
= (x + a)
0
; dunque luguaglianza

1
=
1
vera se e solo se = 3, a = 0; vediamo che per n = 1 la affermazione
vera, con
1
= x
0
.
Per n generico, si pu procedere nel seguente modo:
Si osserva che
d
2
f (x
e
(
x
2
2
)
) =

(x) 2 x f (x) + x
2
f (x)

e
(
x
2
2
)
),
il che implica che
H( f (x)e
(
x
2
2
)
) = (

(x) + 2 x + f (x)

e
(
x
2
2
)
.
e dunque lequazione agli autovalori

H

= si scrive come
(20) (

(x) + 2 x + (1 ) f (x)

e
(
x
2
2
)
= 0, f

(x) + 2 x + (1 ) f (x).
Ora, se f (x) = P
n
(x) un polinomio di grado n, con coefciente
leading 1, ovvero
P
n
(x) = x
n
+
n1

k=0
x
k
, o P
n
=
n

k=0
a
k
x
k
, a
n
= 1,
124 Operatori hermitiani
abbiamo che la (20) diviene:
(21)
n

k=2
(k(k 1)a
i
)(x
k2
+ (
n

k=1
(2ka
k
x
k
) +
n

k=0
((1 )a
k
x
k
) = 0.
Quindi per risolvere il nostro problema basta vericare che questa equa-
zione risolubile nello spazio dei polinomi, ovvero dei coefcienti {a
0
, . . . , a
n1
}.
Consideriamo il temine di ordine pi elevato (ovvero n) in (21); il
primo addendo non contribuisce; dunque si ha
(2n + 1 ) = 0
n
= 2n + 1.
Questa prima equazione determina
n
= 2n + 1, e dunque, per lo studio
delle equazioni successive possiamo considerare la equazione
(22)
n

k=2
(k(k 1)a
k
)(x
k2
+ (
n

k=1
(2ka
k
x
k
) +
n

k=0
((2n)a
k
x
k
) = 0.
Per il termine di ordine n 1 di P
n
si ha (anche qui il primo addendo
non contribuisce):
2(n 1)a
n1
2na
n1
(2)a
n1
= 0 a
n1
= 0.
La equazione per a
n2
(qui centra anche il primo addendo)
(n 2)(n 3)
=1
....
a
n
+2(n 2)a
n2
2na
n2
(n 2)(n 3) 2a
n2
= 0
a
n2
=
1
4
(n 2)(n 3)
La equazione per a
n3

(n3)(n4)a
n1
+2(n3)a
n3
2na
n3
(n3)(n4)a
n1
6a
n3
= 0
Ma abbiamo visto che a
n1
= 0, e dunque anche a
n3
= 0.
In generale, guardando in faccia la (22) si osserva che, per i coefci-
enti a
i
questa d luogo ad equazioni ricorsive che determinano il termine
a
p2
, noto il termine a
p
; infatti si ha, per p = n l, l = 2, . . . , n 1
(n l 1)(n l 2)a
nl
2la
nl2
= 0
e, per lultimo termine (p = 0 l = n), (qui il secondo addendo della
(22) non contribuisce)
2a
2
2na
0
= 0, a
0
=
1
n
a
2
.
Questo conclude la dimostrazione.
2. Operatori Hermitiani (simmetrici) 125
(IV.36) Osservazione. evidente che P
n
(x) non la funzione nul-
la; dato che
(
n
,
n
) =

R
P
2
n
(x)e
(
x
2
) dx
un numero nito (lintegrando decade esponenzialmente), chi-
amiamolo c
n
, se considero

n
=

c
n
ho
E.g., c
0
=

R
e
(
x
2
)dx =

i)

H

n
= (n +
1
2
)

n
ii) (

n
,

n
) = 1 (gli autovettori primati hanno norma pari ad 1).
(
n
,
m
) = 0 se n m (Autovettori corrispondenti ad autovalori
distiniti sono ortogonali!); in particolare si ha anche che
(

n
,

m
) = 0 se n m,
ovvero i vettori {

n
}
n=0,1,2,...
formano una famiglia (o sistema) di
vettori ortonormali in L
2
(R, C)
In un senso opportuno, essi for-
mano una base nello spazio di
Hilbert L
2
(R, C) .
I polinomi corrispondenti ai vettori

n
, ovvero
P

n
e
(
x
2
)
P
n

c
n
si chiamano Polinomi di Hermite. Osserviamo che la relazione di
ricorrenza
a
k+2
= G(a
k
), a
n
= 1, a
n1
= 0
implica che i polinomi di Hermite sono pari se n pari e dispari se
n dispari.

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