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PER L’ARCHITETTURA
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Agenda
La deontologia professionale
Il Codice Deontologico degli Ingegneri
Ambito di applicazione del Codice Deontologico
I doveri generali
I rapporti con l’Ordine e con il Consiglio di Disciplina
I rapporti esterni
I rapporti interni
Potestà disciplinare (rinvio)
Gli Stakeholders
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Agenda
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LA RIFORMA DELLE PROFESSIONI HA RICHIAMATO ALL’ATTENZIONE I CONCETTI
DELL’ETICA E DELLA DEONTOLOGIA
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La regola deontologica rende prevedibili e coercibili i
comportamenti dei singoli professionisti costruendo così
l’affidabilità di una categoria e, quindi, la sua credibilità.
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I principi etici e la deontologia professionale
DEONTOLOGIA
È l’insieme delle teorie secondo cui i fini e i mezzi sono strettamente correlati e
dipendenti gli uni dagli altri: il fine giusto sarà il risultato dell’utilizzo di mezzi giusti
ETICA
Branca della filosofia cui è demandata l’individuazione, a livello generale e astratto, dei
“mezzi giusti” con cui conseguire un risultato
PROFESSIONE
LA DEONTOLOGIA PROFESSIONALE
Branca della deontologia che ha come obiettivo la disciplina del comportamento del
professionista affinché il suo operato non si scontri con gli interessi dei soggetti con cui è
in rapporto e affinché la sua attività sia coerente con i principi universalmente
riconosciuti come etici e moralmente accettati
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I principi etici e la deontologia professionale
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I tutori della deontologia
SOGGETTI DELLA
DEONTOLOGIA
CNI Organo di
Disciplina
Professionista
Cliente/Committente
Consociati e mercato di
riferimento
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I tutori della deontologia
Ruolo giurisdizionale
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I tutori della deontologia
ORDINE PROFESSIONALE
Tutti i soggetti, individui o gruppi, portatori di interessi che dovrebbero essere attenzionati
dal professionista (nello svolgimento della sua attività professionale) e dall’Ordine/Collegio
professionale (nella sua attività di divulgazione dell’etica e di vigilanza).
A titolo esemplificativo, ma non esaustivo sono stakeholders:
• Competitor
• Dipendenti/Collaboratori
• Fornitori
• Enti finanziatori (istituti di credito/soci e azionisti)
• Residenti di aree limitrofe
• Gruppi locali (i.e ambiente)
• Titolari di partnership
• PPAA
“Qualsiasi gruppo o individuo che può avere influsso o è influenzato dal raggiungimento dello scopo
dell’organizzazione (…)”
Freeman, R.E., Strategic Management: a stakeholder approach, 1984 11
Il Codice Deontologico
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Finalità del Codice Deontologico
CN/Ordine Territoriale
emana il Codice
Deontologico
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Natura giuridica ed efficacia del Codice Deontologico
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1. Il Codice deontologico è un atto con efficacia normativa non vincolante (atto di
autoregolamentazione con valenza di soft law.)
2. Non crea obblighi giuridici ma “impegni” il cui rispetto è rimesso:
• all’appartenenza ad una professione
• al soggetto promanatore (CNAPPC/Ordine Professionale) che coincide con il destinatario
(iscritti all’Ordine) con ciò creando il circolo virtuoso dell’autoregolamentazione
• All’autorevolezza del soggetto che ha emanato il Codice e la sua forza persuasiva
• Alla deterrenza del procedimento disciplinare
3. Per lungo tempo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato la natura extra-
giuridica delle norme deontologiche, considerate mere norme interne di autogoverno e
organizzazione della categoria (ex multis Cass. 24392/2006; Cass. 5164/2004)
4. Nell’ultimo decennio, contestualmente allo sviluppo dell’autoregolamentazione e della
referenzialità degli enti rappresentativi, si è fatta strada una progressiva affermazione della natura
giuridica delle disposizioni deontologiche (C.Cass. 4 luglio 2004 n. 13078; SSUU dicembre 2007, n.
26810).
SOFT LAW
Espressione di difficile traduzione in italiano, indica una forma di regolamentazione caratterizzata da produzione di norme prive di
efficacia vincolante diretta. La ratio della soft law risiede nell'esigenza di creare una disciplina flessibile, in grado di adattarsi alla
rapida evoluzione che caratterizza certi settori della vita economica o sociale. Attualmente per soft law si intendono vari fenomeni
normativi che vanno dai codici di autoregolamentazione adottati da imprese oppure organizzazioni, ai codici deontologici, ad alcuni
atti –tipici del diritto internazionale- emanati da organizzazioni governative, internazionali, sovranazionali. 16
1. Nell’esperienza italiana il Codice Deontologico ha una forma prescrittiva, evocativa di
“norma” o “regolamento”; le modalità di redazione (suddivisione in preamboli, titoli)
e il wording utilizzato (“il professionista deve”, “il professionista” ha l’obbligo) fanno
pensare ad un “contratto” tra l’iscritto e l’Ordine di appartenenza, dove il beneficio
dell’adempimento degli impegni si estende anche di terzi, quali i consociati.
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The Architects Code Standards of Professional Conduct and Practice
Principi generali
Doveri generali
Rapporti con l’Ordine e con il Consiglio di Disciplina
Rapporti esterni
Rapporti interni
Esercizio Professionale
Potestà Disciplinare
Sanzioni
Disposizioni transitorie e finali
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Il Codice Deontologico degli APPC - Destinatari
AMBITO DI APPLICAZIONE
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Struttura del Codice Deontologico degli APPC - Destinatari
Principi generali
Doveri generali
Potestà disciplinare
Sanzioni
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Doveri generali
• Professionalità specifica
• Obblighi nei confronti del pubblico interesse
• Obblighi nei confronti della professione
• Lealtà e correttezza
• Indipendenza
• Riservatezza
• Competenza e diligenza
• Aggiornamento professionale
• Verità
• Legalità
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Doveri generali
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Doveri generali
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Doveri generali
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Doveri generali
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Doveri generali
Riservatezza (art. 7)
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Doveri generali
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Doveri generali
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L’aggiornamento professionale – Sintesi degli obblighi
SOGGETTI Dal 1.1.2014, tutti gli iscritti all’Albo, salvi i casi di esonero e i professionisti con almeno 20 anni di iscrizione e 70 di età.
NUMERO CFP Triennio 2014 - 2016 Trienni dal 2017
60 (minimo 10 annui, di cui 4 in discipline ordinistiche) 90 (minimo 20 annui, di cui 4 in discipline ordinistiche)
CREDITI NEO- L’obbligo decorre dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di prima iscrizione all’Ordine, con facoltà dell’interessato di
ISCRITTI chiedere ed ottenere il riconoscimento di eventuali crediti formativi maturati nel periodo intercorrente fra la data di
iscrizione all’albo e l’inizio dell’obbligo formativo. I neoiscritti possono beneficiare di riduzioni sul monte complessivo dei
crediti da maturare nel triennio in misura proporzionale rispetto all’anno del triennio in cui si sono iscritti.
CFP IN ECCESSO È possibile riportare, nel limite massimo di 10 CFP, eventuali crediti maturati in eccesso da un triennio al triennio successivo.
MODALITÀ DI Corsi di aggiornamento e sviluppo professionale (frontali o tramite FAD sincrona o asincrona), seminari, convegni, giornate di
ACQUISIZIONE CFP studio, tavole rotonde, conferenze, workshop et similia, master universitario di primo e secondo livello, assegni di ricerca,
dottorato di ricerca e scuole di specializzazione, laurea specialistica conseguita da iscritti junior e seconda laurea purché in
materie affini alle aree oggetto dell’attività formativa (cfr. art. 3 Linee Guida), partecipazione attiva di iscritti all’Ordine a
gruppi di lavoro, commissioni di studio del C.N.A.P.P.C./Ordini Territoriali/Consulte/Federazioni fatta eccezione, per gli organi
eletti, di quelle conseguenti al proprio ruolo istituzionale (sedute di Consiglio, Commissione parcelle, Consiglio di Disciplina,
Conferenze degli Ordini, Delegazione regionale et similia), docenza non retribuita in eventi formativi promossi dall’Ordine,
responsabilità/promozione/coordinamento/tutoraggio di eventi formativi, volontariato di protezione civile, visite
documentate a mostre/fiere ed altri eventi assimilabili inerenti le aree tematiche di cui al punto 3 delle Linee Guida,
monografie, articoli e saggi scientifici o di natura tecnico-professionale, pubblicazione di progetti derivanti da attività
professionale e/o concorsuale su riviste a diffusione nazionale/internazionale e pubblicazioni ufficiali degli Ordini territoriali,
viaggi di studio organizzati promossi dagli Ordini e/o da Associazioni di iscritti e/o da Federazione di Ordini territoriali.
FORMAZIONE La formazione professionale si realizza anche mediante attività formative svolte all’estero. Il professionista dovrà inviare al
ALL’ESTERO CNAPPC, tramite la piattaforma telematica, previa verifica da parte dell’Ordine territoriale, apposita richiesta corredata da
ogni documentazione utile a valutare l’attività formativa (programmi, costi, docenti, attestato di frequenza). Il CNAPPC, a
seguito di valutazione e istruttoria, comunicherà all’iscritto e all’Ordine entro 60 gg il numero dei CFP attribuiti provvedendo,
altresì, al caricamento sulla piattaforma.
REGISTRAZIONE Il professionista provvede direttamente nella propria anagrafe formativa a registrare i CFP ottenuti per: corsi abilitanti relativi
CORSI ABILITANTI a sicurezza, VVFF, acustica; master, assegni e dottorati di ricerca, scuola di specializzazione, laurea specialistica, seconda
laurea, mostre, fiere e eventi assimilabili, monografie, articoli e saggi scientifici o di natura tecnico-professionale,
AUTOCERTIFICAZIO
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pubblicazione di progetti, viaggi di studio. Contestualmente, l’iscritto, assumendo piena responsabilità della registrazione,
NE
Riconoscimento crediti
Corsi di formazione a distanza sviluppati con innovative tecniche di 2 CFP = 1 H max 15 CFP max 20 CFP
su proposta della corsi > 15 H corsi > 20 H
comunicazione Commissione e a discrezione
del CNAPPC
Corsi di aggiornamento di 40 ore di cui al D.Lvo 81/2008 e al D.M. 10 CFP 10 CFP 10 CFP
1 CFP = 4 H
05.08.2011
Seminari, convegni, giornate di studio, tavole rotonde, conferenze, 1 CFP = 1 H 6 CFP/evento 6 CFP/evento
Master universitario di primo e secondo livello, assegni di ricerca(se 15 CFP/anno di corso 15 CFP/anno di corso
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Doveri generali
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I principi del Codice Deontologico
PRINCIPIO DI LEGALITÀ
AREE NORMATIVE RILEVANTI CUI CONFORMARSI
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Rapporti esterni
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Rapporti esterni
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Rapporti esterni
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Rapporti esterni
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Rapporti esterni
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Rapporti esterni
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Rapporti interni
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Rapporti interni
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Rapporti interni
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Rapporti interni
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I principi etici dell’ArchitettoPPC dipendente
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NATURA ED EFFICACIA DEL «CODICE DI COMPORTAMENTO»
Codice Etico
Atto di autoregolamentazione derivante dall’adozione di un Modello 231
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Autoregolamentazione delle Aziende Private
Responsabilità disciplinare e
procedimento secondo la normativa
aziendale e i CCNL
Codice Etico e Modelli 231
Codice di Condotta del datore di lavoro Responsabilità nel caso di assunzione di
Policy, procedure, ordini di servizio cariche societarie, quale amministratore
oppure sindaco (Directors’ and Officers’
liability)
Responsabilità disciplinare e
procedimento secondo la normativa
Codice di Condotta dipendenti PPAA pubblicistica, dell’ente di riferimento e i
CCNL
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Autoregolamentazione L’autoregolamentazione si fonda sul vincolo di
Regolamentazione interna di subordinazione e costituisce la «legge
un’azienda che si attua attraverso
aziendale»
l’imposizione di normativa
regolamentare disciplinante le
• Codice Etico varie fasi dei cicli aziendali, le
È uno strumento di «corporate governance»
• Modellio231 interazioni tra dipendenti, le
• Codice di interazioni con la Direzione,
Condotta l’atteggiamento che l’azienda È lo strumento per eccellenza della
aziendale assume verso normative
«compliance» ovvero conformità dell’azienda
• Policy obbligatorie.
Emanata dalla Direzione o dai alla normativa e alle buone pratiche di
• Procedure
soggetti gerarchicamente riferimento
• Ordini di
sovraordinati cui è riconosciuto
servizio
un potere di indirizzo e
coordinamento La sua L’autoregolamentazione ha anche una funzione
osservanza viene assicurata
di prevenzione e mitigazione del c.d. «danno
attraverso la deterrenza delle
sanzioni disciplinari reputazione»
Il Modello 231
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Cosa è il Modello 231
• Il legislatore, ha espressamente previsto con il decreto 231/01 la possibilità per l’Ente di andare
esente dalla predetta responsabilità nella sola ipotesi esimente in cui l’Ente:
1. si sia dotato di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (nonché di un Organismo
di Vigilanza, di cui parleremo a breve)
2. qualora il predetto modello risulti costantemente verificato, efficace ed aggiornato.
• Il Modello, pertanto, si può definire come un completo sistema di controllo ed organizzazione
interno ed è costituito da un insieme di regole, procedure e modi di operare che definiscono il
sistema organizzativo, di gestione e controllo interno all’azienda, e che mira a impedire o a
contrastare la commissione dei reati sanzionati dalla 231
• Più in dettaglio, , l’Ente o la società, nella denegata ipotesi di reati commessi dai propri dipendenti,
non ne risponde se prova:
di aver adottato ed attuato efficacemente Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo
231 conformi ai requisiti del D.Lgs. 231/2001;
di aver affidato ad un organismo dotato di autonomi poteri d’iniziativa e controllo (ODV) la
vigilanza e l’aggiornamento di tale Modello 231;
che il modello è stato eluso in modo fraudolento al dipendente
• il Modello di Organizzazione, gestione e controllo, sia nella sua fase di realizzazione sia nella
successiva fase di implementazione, viene configurato quale completamento dei sistemi presenti
nell’Organizzazione e, pertanto, non si pone quale strumento aziendale a sé stante ma risulta
interattivo con il sistema di gestione qualità ed ambientale (ISO 9001, ISO 14001/ EMAS e/o di
responsabilità sociale (SA 8000 o SCR), il sistema di controllo e gestione sicurezza (D. Lgs. 81/2008
- OHSAS 18001), il sistema Privacy (D. Lgs. 196/2003) ecc.. ).
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Soggetti cui si applica il d.lgs. 231/01
La responsabilità amministrativa ha come destinatari:
• Gli enti forniti di personalità giuridica
• Le società e le associazioni prive di personalità giuridica
Le disposizioni del decreto non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti
pubblici non economici, nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Il legislatore
ha quindi inteso sottoporre gli enti pubblici economici alla disciplina del d.lgs. 231/01*.
La Corte di Cassazione (28699/2010)si è espressa sull'applicabilità del D.Lgs. 231/01 agli enti pubblici che svolgono attività economica:
«Sono esonerati dall'applicazione del d.lgs. n. 231/01 ... soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di
rilievo costituzionale e gli "altri enti pubblici non economici" (cfr. art. 1 ult. co.).
Dunque, il tenore testuale delle norma è inequivocabile nel senso che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma
non sufficiente, all'esonero dalla disciplina in discorso, dovendo altresì concorrere la condizione che l'ente medesimo non svolga 55
attività economica
C.d. reato presupposto
Perché vi sia la configurazione di una responsabilità amministrativa ex 231 vi deve essere la consumazione, ad opera
dei soggetti apicali, di un reato che essendo prodromico alla responsabilità dell’ente, viene –per ciò stesso-
chiamato «reato presupposto».
La tabella che segue individua le categorie dei reati presupposti, con l’avvertimento che le categorie di reato sono
quelle esclusivamente fissate dal D.lgs. 231/01 ma sono costantemente in via di espansione, anche a fronte di
modifiche legislative e di mutata sensibilità dell’industria verso fattispecie delittuose di nuova introduzione o di
rinnovata importanza.
Ad oggi, il novero dei reati presupposti si è grandemente allargato, rispetto all’originaria formulazione dell’elenco
compilato dal legislatore del 2001 e si può affermare che la stragrande maggioranza dei reati previsti
dall’ordinamento penale italiano converge nella dicitura di «reato presupposto» utile ai sensi del D.lgs. 231
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Tipologia dei reati-presupposto
• Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di
erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico (Art. 24, d.lgs. 231/2001)
• Delitti informatici e trattamento illecito di dati (Art. 24-bis, d.lgs. 231/2001)
• Delitti di criminalità organizzata (Art. 24-ter, d.lgs. 231/2001)
• Concussione, induzione indebita a dare o promettere altra utilità e corruzione (Art. 25, d.lgs. 231/2001)
• Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (Art. 25-
bis, d.lgs. 231/2001)
• Delitti contro l’industria e il commercio (Art. 25-bis.1, d.lgs. 231/2001)
• Reati societari Art. 25-ter, d.lgs. 231/2001)
• Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi
speciali (Art. 25-quater, d.lgs. 231/2001)
• Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (Art. 583-bis c.p.) (Art. 25-quater.1, d.lgs. 231/2001)
• Delitti contro la personalità individuale (Art. 25-quinquies, d.lgs. 231/2001)
• Reati di abuso di mercato (Art. 25-sexies, d.lgs. 231/2001)
• Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme
antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (Art. 25-septies, d.lgs. 231/2001)
• Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (Art. 25-octies, d.lgs.
231/2001)
• Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (Art. 25-novies, d.lgs. 231/2001)
• Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (Art. 25-decies,
d.lgs. 231/2001)
• Reati ambientali (Art. 25-undecies, d.lgs. 231/2001)
• Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Art. 25-duodecies, d.lgs. 231/2001)
• Reati transnazionali (L. n. 146/2006)
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Reati di omicidio colposo e lesioni
colpose gravi o gravissime, commessi
D.Lgs. 231/01 con violazione delle norme
antinfortunistiche e sulla tutela
dell’igiene e della salute sul lavoro
(Art. 25-septies, d.lgs. 231/2001)
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Il Modello 231 è normativamente previsto dall’art. 30 D.Lgs. n. 81/2008 (testo Unico sicurezza) quale
esimente per la responsabilità della società in materia di salute e sicurezza del lavoro.
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Obbligatorietà del modello
L’adozione del Modello 231 non è obbligatoria, tuttavia –nelle varie industrie di riferimento- essere
dotati di un Modello contribuisce ad elevare lo standing aziendale, poiché fornisce garanzie circa
forme assidue di controllo e di gestione del rischio.
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La costruzione del Modello Organizzativo
• L’ente che vuole fruire dell'esimente e garantirsi una corretta e «controllata» gestione aziendale, deve
essere dotato di un proprio ed esclusivo Modello 231.
• Il modello deve essere predisposto “su misura”. I modelli generici o «preconfezionati» costruiti a tavolino
senza alcun confronto con la concreta realtà aziendale sono inefficaci sia a prevenire i reati sia a
rappresentare l'esimente della stessa sussistenza del Modello e vengono considerati come non esistenti.
• La stesura del Modello deve essere frutto di una attenta analisi dei processi aziendali al fine di
determinare l’esposizione della società stessa ai c.d. «reati presupposto».
• In concreto l’attività di individuazione dell’esposizione ai predetti reati, definita mappatura delle aree
aziendali sensibili al rischio di commissione di reati, va condotta anche tramite attività di intervista ai
soggetti chiave dei processi esistenti nell’Organizzazione.
• L’attività di intervista analizza ogni attività sensibile al rischio di commissione dei reati presupposto di cui
al D.Lgs. n. 231/2001 verificando l’esistenza di procedure/protocolli aziendali adeguati ed efficaci per la
relativa prevenzione e, se del caso, istituendoli o rafforzandoli
61
Elementi costitutivi del Modello di Organizzazione, gestione e controllo
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Costituzione dell’Organismo di Vigilanza (ODV)
Tra i soggetti preposti al controllo del Modello, va evidenziato il ruolo primario del c.d. Organismo di
vigilanza (ODV) definito dal d.lgs. 231/2001 come “organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di
iniziativa e di controllo”.
È un elemento costitutivo del Modello 231, posto che non vi sarebbe effetto esimente in assenza di un
Organismo di Vigilanza.
L'organismo deve essere anche dotato della necessaria continuità d'azione, per poter operare
efficacemente, e ciò presuppone quindi una composizione mista, di membri interni ed esterni, e la necessità
di evitare in esso la presenza di soggetti dotati di poteri operativi, privilegiando invece figure con elevata
attitudine al controllo, dotate della necessaria professionalità ed esperienza.
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Codice Etico
Tra i documenti essenziali per il funzionamento del Modello, vi è il c.d. «Codice Etico» ovvero un
Codice di condotta aziendale volto a individuare diritti, doveri e responsabilità dell’ente, che ha
l’obiettivo di promuovere o vietare alcuni comportamenti che, seppur leciti sotto il profilo normativo,
non corrispondano all’etica e ai valori cui l’impresa si ispira nell’esercizio delle proprie attività.
Il Codice Etico prevede, inoltre, meccanismi sanzionatori volti ad evitare che passino inosservate le
condotte che non rispondono ai valori aziendali e che, pertanto, ne ledono gli interessi.
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Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici
• La L. 192/2012 (art. 1, commi 44 e 45) novellando l’art. 54 del D.lgs. 165/2001 (“Codici di comportamento
dei dipendenti pubblici”) ha assegnato al Governo la competenza di definire un Codice di comportamento
dei dipendenti delle PPAA il cui scopo è scopo assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni
di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali basici e la cura dell'interesse pubblico
• Il DPR 62/2013, in attuazione di quanto sopra, definisce il «Regolamento recante Codice di comportamento
dei dipendenti pubblici» che rappresenta il «Codice di comportamento generale», applicabile nel pubblico
impiego, e che costituisce la base minima e indefettibile di ciascun Codice di comportamento adottato a
livello di singola Amministrazione
• A questo Codice Generale, ai sensi dell’art. 54, se ne aggiunge un altro, c.d. Codice di comportamento
specifico, adottato dalle singole Amministrazioni ad integrazione e specificazione del primo e che tiene
conto delle peculiarità dell’ Amministrazione cui è riferito, avuto riguardo a dimensioni, organizzazione
interna, livelli di rischio previsti, azioni preventive e/o mitigatrici
• L’adozione del Codice di Comportamento, oltre a costituire un obbligo di legge, rappresenta, una delle
principali "azioni e misure” di attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione e, in quanto tale, è
parte essenziale e sinergica del PTPC
• L’importanza di una cultura etica nella PA è confermata dalla previsione di una responsabilità disciplinare
oltre che di responsabilità civili, amministrative e contabili eventualmente collegate alla violazione di doveri,
obblighi, leggi o regolamenti (cfr. art. 54, co. 3 D.lgs. 165/2001). Violazioni gravi o reiterate del Codice
comportano l'applicazione della sanzione del licenziamento di cui all'art. 55 quater del D.lgs. 165/01
65
Codice di Comportamento – Violazioni
• La violazione degli obblighi contenuti nel codice di comportamento - sia generale, sia specifico -
costituisce fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del relativo procedimento
disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni
• In sede di predisposizione del codice, l’amministrazione può specificare, in corrispondenza di
ciascuna infrazione, il tipo e l’entità della sanzione disciplinare applicabile, individuata tra quelle
previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, oltre a quelle espulsive nei casi indicati
dai commi 2 e 3 dell’art. 16 del codice generale
• Oltre agli effetti di natura disciplinare, penale, civile, amministrativa e contabile, tali violazioni
rilevano, infine, anche in ordine alla misurazione e valutazione della performance
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Codice di Comportamento – Principi indefettibili minimi
Le regole generali, che poi dovranno essere adattate alle singole realtà, sono attinenti a:
Regali, compensi e altre utilità
Partecipazione ad associazione e organizzazioni
Obbligo di astensione nel caso di conflitti di interesse
Prevenzione della corruzione e obblighi di collaborazione dei dipendenti con il RPCT soprattutto con
riferimento alla comunicazione di dati, segnalazioni, e misure di tutela del dipendente che segnala un
illecito nell’amministrazione (whisteblowing)
Trasparenza e tracciabilità e comportamento collaborativo degli uffici tenuti a garantire la
comunicazione, in modo regolare e completo, delle informazioni, dei dati e degli atti oggetto di
pubblicazione
Comportamento nei rapporti privati
Comportamento in servizio
Rapporti con il pubblico
Disposizioni particolari per i dirigenti
Contratti ed altri atti negoziali 67
I principi del Codice Deontologico
Comunicazione del dipendente dell’adesione o appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e
sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio
La comunicazione, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, di rapporti diretti/indiretti di collaborazione con soggetti privati
nei 3 anni precedenti e in qualunque modo retribuiti, oltre all’obbligo di precisare se questi rapporti sussistono ancora
(o sussistano con il coniuge, il convivente, i parenti e gli affini entro il secondo grado)
Obbligo per il dipendente di astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di
conflitto di interessi anche non patrimoniali, derivanti dall'assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori
gerarchici
Tracciabilità e trasparenza dei processi decisionali, garantita attraverso un adeguato supporto documentale
Rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione nell’utilizzo del materiale/attrezzature assegnate ai dipendenti
Per i dirigenti, obbligo di comunicare all’amministrazione le partecipazioni azionarie e altri interessi finanziari
potenzialmente in conflitto d’interesse con le funzioni che svolgono; obbligo di fornire le informazioni sulla propria
situazione patrimoniale previste dalla legge; il dovere, nei limiti delle loro possibilità, di evitare che si diffondano
68
notizie non vere sull’organizzazione, sull’attività e sugli altri dipendenti.
Whistleblowing e tutela del dipendente
• Nell’ambito del generale dovere di collaborazione, il Codice di comportamento prevede che il dipendente segnala
in via riservata al RPC le situazioni di illecito o irregolarità di cui venga a conoscenza sul luogo di lavoro e durante lo
svolgimento delle proprie mansioni.
• A fronte di questo il RPC adotta le misure previste dalla legge a tutela dell’anonimato del segnalante e garantisce
che la sua identità non sia rivelata in maniera inappropriata oppure indebita. In questi casi si applicano le norme
dell’art. 54 bis del D.lgs. 165/2001 secondo cui:
Il dipendente che segnala condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro
non può essere sanzionato, licenziato, sottoposto a misura discriminatoria, diretta o indiretta avente effetti
sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia, fatti salvi i casi di
responsabilità per calunnia o diffamazione
L’identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione
dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione
Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove
la sua conoscenza sia assolutamente imprescindibile per la difesa dell’incolpato
La segnalazione è sottratta al diritto di accesso ex art. 22 e 22 L 241/1990
• la tutela approntata al dipendente è ovviamente un interesse dell’ordinamento poiché finalizzato all’emersione dei
fenomeni di corruzione e mala gestio.
• Con la L. 90/2014, anche ANAC può ricevere notizie e segnalazione di illeciti nelle forme di cui all’art. 54 bis
avanzate da dipendenti di altre amministrazioni
• L’ANAC, ai sensi dell’art. 54 bis può gestire solo le segnalazione di dipendenti pubblici e presuppone che il
segnalante sia individuato: segnalazioni provenienti da cittadine o imprese oppure segnalazioni autonome non
potranno essere gestite ai sensi di queste tutele, anche se verranno accolte e trattate con un iter diverso
69
L’illecito disciplinare e
la responsabilità deontologica
70
L’illecito disciplinare e la responsabilità deontologica
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L’illecito disciplinare
1. Costituisce illecito disciplinare o deontologico ogni violazione ai precetti del Codice Deontologico
2. La violazione può consistere in un’azione o in un’omissione
3. In alcuni casi il Codice Deontologico individua specificatamente l’illecito (i.e.: violazione
dell’obbligo di aggiornamento professionale); in altri casi il Codice Deontologico suggerisce
comportamenti e condotte la cui violazione può determinare un illecito deontologico
4. Possono costituire illecito disciplinare tutte le violazioni alla normativa rilevante (illecito civile,
penale, amministrativo) in quanto configurano una violazione del principio di legalità ex art. 11
5. L’illecito disciplinare si può configurare anche per fatti estranei all’attività professionale quando si
riflettano sulla reputazione professionale o quando compromettano l’immagine della categoria
professionale di appartenenza
6. Oggetto di valutazione è la condotta complessiva dell’incolpato e non solo la commissione o
omissione di azioni specifiche.
7. La violazione può essere colposa quando l’evento non è voluto dal professionista e si verifica per
negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o
disciplina
8. La violazione può essere dolosa, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso è
prevista e voluta dal Professionista, quale conseguenza della propria azione o omissione
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L’illecito disciplinare
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La violazione e il ciclo dell’illecito disciplinare
III. La comminazione della sanzione passa attraverso un ciclo, che parte dalla
condotta tenuta dal professionista, passa per una fase di accertamento
preliminare e si sviluppa lungo il procedimento disciplinare.
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La violazione e il ciclo dell’illecito disciplinare
75
Sanzioni
II. CENSURA, è una dichiarazione formale delle mancanze commesse e del biasimo
incorso
III. SOSPENSIONE DALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE per un tempo non maggiore di sei
mesi e di 2 anni nei casi previsti dall’art. 29 del DPR 380/2001. La sospensione
comporta la cessazione dell’attività professionale in corso
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Sanzioni
• INCOMPATIBILITÀ E CONCORRENZA
Ogni infrazione relativa ad incompatibilità e concorrenza sleale, ed ogni altra infrazione in grado di arrecare danno
materiale o morale a terzi, comporta la sanzione della sospensione
Opinione diffusa è che debbano essere annotati solo i provvedimenti definitivi, poiché
sono quelli più incidenti sull’esercizio della professione e, pertanto, rientranti nell’art. 61
Codice Privacy
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Il Procedimento Disciplinare
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L’azione disciplinare – Il Consiglio di Disciplina
80
L’azione disciplinare – Il Consiglio di Disciplina
81
Principi del Procedimento Disciplinare davanti al Consiglio di Disciplina
83
Fasi essenziali del procedimento disciplinare
1. FASE PRELIMINARE
2. RINVIO A GIUDIZIO - ISTRUTTORIA
3. DECISIONE
4. ESECUZIONE DELLA DECISIONE
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Il procedimento disciplinare davanti al CdD - Schema
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Grazie per l’Attenzione!
Rosalisa Lancia
Area Formazione e Consulenza
Legislazione Tecnica
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Areaformazione.legislazionetecnica.it
Dino de Paolis
Tivoli, 18 dicembre 2015
www.legislazionetecnica.it
ASSETTO NORMATIVO STORICO – LE TARIFFE PROFESSIONALI
Dopo la nascita
della Repubblica Italiana (1948) L. 02/03/1949, N. 143
Testo Unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali
Adozione di tariffe dell'ingegnere e dell'architetto.
professionali con Legge Articolo 1
dello Stato La presente tariffa ha carattere nazionale e serve a stabilire gli onorari professionali spettanti
agli ingegneri e agli architetti giusta il regolamento approvato con regio decreto 23 ottobre
1925, n. 2537, in applicazione della legge 24 giugno 1923, n. 1395.
L. 02/03/1949, N. 143
Testo Unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali
dell'ingegnere e dell'architetto.
NB: seppure non esplicitamente indicato, i decreti del 1981, 1987 e 1997 si ritengono
applicabili anche ai compensi “a quantità” (art. 2, lettera b), L. 143/1949)
EVOLUZIONE NORMATIVA TARIFFE PROFESSIONALI (2/2)
L. 02/03/1949, N. 143
Testo Unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali
dell'ingegnere e dell'architetto.
EVOLUZIONE • L. 01/07/1977, n. 404 - Art. 6 - L’inderogabilità dei minimi tariffari deve intendersi
NEL SETTORE PUBBLICO applicabile esclusivamente ai rapporti intercorrenti tra privati.
• D.L. 02/03/1989, n. 65 (L. 155/1989) - Art. 4 - Per le prestazioni rese dai
professionisti allo Stato e agli altri enti pubblici relativamente alla realizzazione di
Inderogabilità dei minimi opere pubbliche o comunque di interesse pubblico, il cui onere é in tutto o in parte
tariffari SI e NO a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la riduzione dei minimi di tariffa non
può superare il 20 per cento;
• L’inderogabilità dei minimi è stata poi riportata prima nella «legge Merloni»
109/1994 (art. 17, comma 14-quater) e poi nel Codice di cui al D. Leg.vo 163/2006
(art. 92, comma 2).
ABROGAZIONE DEI • Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni
“MINIMI INDEROGABILI” legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero-
professionali e intellettuali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il
Abrogazione dei riferimento divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi
alle tariffe quali “minimi perseguiti.
inderogabili”.
• Il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi
Ammissibilità di compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base
“negoziati” tra le parti, della tariffa professionale.
seppure le tariffe • Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono
rimangono il riferimento sia le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a
per le liquidazioni giudiziali
garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. In
che per le committenze
pubbliche. caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in
contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle.
Nel settore pubblico le • Una ulteriore disposizione, poi inserita nel Codice dei contratti pubblici di cui al D.
tariffe fungono ancora da Lgs. 163/2006 prevedeva che le tariffe potessero continuare a fungere da
riferimento
riferimento per le committenze pubbliche, ove motivatamente ritenute adeguate,
per la determinazione dei compensi per attività professionali.
IL DECRETO MONTI (D.L. 138/2011)
Queste linee guida sono state poi attuate dal D.P.R. 07/08/2012, n. 137, recante riforma degli
ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011.
COMPENSI PROFESSIONALI – LE NUOVE REGOLE DOPO LA LIBERALIZZAZIONE
CP = V x G x Q x P
Definisce il costo economico Definisce la complessità Corrisponde all’incidenza È un coefficiente riduttivo
dell’opera, da scomporre della prestazione, della singola prestazione da applicare al costo delle
nelle singole categorie compreso tra un minimo effettuata nell’ambito delle singole categorie
(edilizia, strutture, impianti, (ridotta complessità) ed un varie categorie componenti componenti l’opera, a sua
ecc.) e determinato con massimo (elevata l’opera (studio di fattibilità, volta calcolato
riferimento al mercato, complessità), indicati nella progettazione, direzione tramite la formula:
tenendo conto del Tavola Z-1. esecutiva, ecc.), ed e
preventivo (o del consuntivo definito dalla Tavola Z-2 P = 0,03 + 10/V 0,4
lordo in caso di opere già Il Giudice può applicare un
eseguite). aumento fino al 60% del Le tipologie di prestazione Il coefficiente P determina
compenso liquidabile, in possono a loro volta quindi percentuali di
Le categorie considerate considerazione essere ulteriormente abbattimento fisse e
sono indicate nella Tavola della natura dell’opera, del suddivise in fasi inversamente proporzionali
Z-1. pregio della prestazione, e prestazionali. alla crescita
della sua urgenza. di valore del bene.
• Il compenso per le prestazioni di consulenza è liquidato tenendo in conto l’impegno del professionista
e l’importanza dell’operazione, sempre che non possa farsi ricorso per analogia ai parametri definiti dal
ULTERIORI DISPOSIZIONI decreto.
• I compensi non comprendono le spese da rimborsare secondo qualsiasi modalità, compresa quella
concordata in modo forfettario, gli oneri ed i contributi dovuti a qualsiasi titolo, ed i costi degli ausiliari
incaricati dal professionista, che sono assimilati alle spese del professionista stesso.
I NUOVI DECRETI PER IL CALCOLO – IL D.M. 143/2013
Il compenso complessivo (CP) è ottenuto tramite le formula
CP = (V x G x Q x P)
Definisce il costo economico Definisce la complessità Corrisponde all’incidenza È un coefficiente riduttivo
dell’opera, da scomporre della prestazione, ed è della singola prestazione da applicare al costo delle
nelle singole categorie indicato nella Tavola Z-1. effettuata nell’ambito delle singole categorie
(edilizia, strutture, impianti, varie categorie componenti componenti l’opera, a sua
ecc.) e determinato con Contrariamente a quanto l’opera (studio di fattibilità, volta calcolato
riferimento al mercato, accade per il D.M. progettazione, direzione tramite la formula:
tenendo conto del 140/2012, in questo caso il esecutiva, ecc.), ed e
preventivo (o del consuntivo parametro non prevede un definito dalla Tavola Z-2 P = 0,03 + 10/V 0,4
lordo in caso di opere già grado di complessità
eseguite). massimo o minimo ma è Le tipologie di prestazione Il coefficiente P determina
fisso. possono a loro volta quindi percentuali di
Le categorie considerate essere ulteriormente abbattimento fisse e
sono indicate nella Tavola suddivise in fasi inversamente proporzionali
Z-1. prestazionali. alla crescita
di valore del bene.
• In caso di prestazioni complementari non considerate, si farà ricorso al criterio di analogia, oppure,
qualora risulti impossibile applicare detto criterio, il corrispettivo verrà determinato in ragione di ora,
sulla base del presumibile impegno richiesto, come segue: professionista incaricato da 50 a 75;
ULTERIORI DISPOSIZIONI Euro/ora; aiutante iscritto da 37 a 50 Euro/ora; aiutante di concetto da 30 a 37 Euro/ora.
• Oneri accessori e spese sono sempre determinati in via forfettaria, nella seguente misura massima:
opere di importo fino ad 1 mln di Euro, 25% del compenso; opere di importo superiore a 25 mln di
Euro, 10% del compenso; opere di importo compreso tra 1 e 25 mln di Euro, in misura non superiore
alla percentuale determinata per interpolazione lineare tra i primi due valori.
ESEMPIO DI CALCOLO – NUOVA EDIFICAZIONE (1/2)
COSTO
PREVENTIVATO
DELL’OPERA
SCOMPOSTO
NELLE SINGOLE
CATEGORIE
SINGOLE
PRESTAZIONI E
RELATIVE
ALIQUOTE (TAB.
Z-2) PER LE
VARIE FASI
(PREMESSE,
VARI LIVELLI DI
PROGETTAZIONE
, DIREZIONE
ESECUTIVA,
ECC.)
IN ROSSO LE
PRESTAZIONI
SVOLTE
ESEMPIO DI CALCOLO – NUOVA EDIFICAZIONE (2/2)
Per ciascuna categoria Viene definito il grado di Sommatoria dei parametri Definizione delle spese e del
d’opera, sulla base del costo complessità. Poiché di incidenza delle singole compenso totale. Poiché
preventivato complessivo, nell’esempio si tratta di una fasi prestazionali per le nell’esempio si tratta di una
viene definito il parametro committenza pubblica (con singole categorie d’opera. committenza pubblica (con
«P», ovvero il coefficiente applicazione del D.M. applicazione del D.M.
«riduttivo» o «di 143/2013) il parametro è 143/2013) il parametro è
abbattimento». fisso. fisso.
Dino de Paolis
Tivoli, 18 dicembre 2015
www.legislazionetecnica.it
COMPENSI PROFESSIONALI – LE NUOVE REGOLE DOPO LA LIBERALIZZAZIONE
D.L. 24/01/2012, N. 1 (L. 27/2012)
Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
(Articolo 9)
Il nuovo Codice
• Il Professionista, qualora debba superare i limiti pattuiti dell’incarico conferitogli, è
Deontologico considera
unicamente l’ipotesi di tenuto ad informare preventivamente il Committente e ottenere esplicita
variante per cause autorizzazione concordando modalità e compensi.
impreviste ed imprevedibili.
• Trattare le «varianti» richieste dal cliente alla medesima stregua dei nuovi contratti (salvo
SVOLGIMENTO E che non siano di scarsissimo conto). Il cliente non ha generalmente la minima idea di cosa
CONDUZIONE
comportino le varianti progettuali/esecutive che richiede. Deve essere il professionista a
DELL’INCARICO
determinare l’impegno necessario ed eventualmente «valorizzarlo» adeguatamente.
TUTELA IN • Se la prestazione può logicamente essere suddivisa in più parti autonome, specificarlo
FUNZIONE sempre nel preventivo indicando per ciascuna delle parti autonome il relativo compenso, e
DELLA POSSIBILE
INTERRUZIONE
se applicabili anche le modalità di pagamento.
O REVOCA • Portare sempre a conoscenza, per iscritto, il cliente, degli step intermedi rilevanti
dell’incarico, anche se non legati ad un pagamento. Es. «La informo che in data odierna è
stato effettuato un sopralluogo presso …, all’esito del quale …».
• Richiedere sempre una accettazione espressa dell’elaborato o comunque dei risultati
dell’attività. Es. «Le trasmetto in allegato …., pregando di fornire un cortese cenno di
approvazione».
DECORRENZA
• Decorrono dal giorno della «mora», cioè dalla data della • Nei rapporti commerciali, decorrono
intimazione del pagamento o della richiesta di «automaticamente», secondo le regole speciali indicate
adempimento. dal D. Leg.vo 231/2002.
• Nei rapporti con i privati, decorrono dal giorno della
«mora», cioè dalla data della intimazione del pagamento
o della richiesta di adempimento.
QUANTIFICAZIONE
• Sono calcolati al saggio determinato annualmente con • Nei rapporti commerciali, sono quantificati dal D. Leg.vo
decreto ministeriale. 231/2002, salvo diversa pattuizione.
• Nei rapporti tra privati, sono calcolati al saggio
concordato tra le parti, ed in mancanza secondo
valutazione del Giudice. Se quantificati dalle parti, non è
Novità Legge Europea-bis (L. 161/2014) necessaria la dimostrazione del danno subito.
Anche nei rapporti con privati gli interessi maturano nella misura Cassazione, S.U., 19499/2008.
prevista dal D. Leg.vo 231/2002 a partire dalla proposizione della Sono comunque riconoscibili in via presuntiva nella differenza tra il
domanda giudiziale. rendimento medio dei BOT a 1 anno ed il tasso di interesse legale.
SPETTANZE DEL PROFESSIONISTA IN CASO DI RITARDATO PAGAMENTO (2/2)
DISCIPLINA DEL D. LEG.VO 231/2002 PER I «RAPPORTI COMMERCIALI»
• In tutti i casi in cui il cliente è una società, una pubblica amministrazione o un altro
professionista nell’esercizio della propria attività.
QUANDO SI APPLICA
• Anche ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, anche in deroga alle
disposizioni del Codice dei contratti pubblici - D. Leg.vo 163/2006.
• Le anticipazioni effettuate in nome e per conto del cliente, non concorrono a formare il
reddito professionale.
SPESE SOSTENUTE DAL
• Conseguentemente, andrà emessa la nota spese al cliente - separatamente o
PROFESSIONISTA IN NOME
E PER CONTO DEL CLIENTE direttamente in fattura - escludendola dalla base di calcolo IVA, contributo Cassa di
(documento fiscale previdenza e ritenuta d’acconto.
intestato al cliente) • La possibilità di sostenere tali spese «in nome e per conto» deve essere esplicitamente
concordata nel contratto, sia nel «se» che nel «quanto», in modo tale che possa
configurarsi un «mandato con rappresentanza» (art. 1704 del Codice civile).
Novità Decreto «semplificazioni fiscali» (D. Leg.vo 175/2014) Tali spese si possono in sostanza qualificare
Le spese di vitto e alloggio dei professionisti, se sostenute non come «spese sostenute per assolvere
direttamente dal committente con fattura a questi intestata, sono all’incarico», ma come «spese che formano
integralmente deducibili senza più necessità di transitare come
costi/ricavi nella contabilità del professionista.
oggetto dell’incarico stesso»
ORDINAMENTO, ETICA E DEONTOLOGIA
PER L’ARCHITETTO P.P.C.
Dino de Paolis
Tivoli, 18 dicembre 2015
www.legislazionetecnica.it
INCOMPATIBILITÀ PROFESSIONISTA DIPENDENTE PRIVATO
• Un Architetto è considerato «dipendente» quando la sua prestazione (a tempo pieno
DEFINIZIONE o a tempo parziale; di durata temporanea o continuativa) viene compensata non
con fattura (come nelle prestazioni professionali), bensì a stipendio, con i relativi
versamenti e adempimenti contributivi di assistenza e previdenza, da parte del
datore di lavoro.
• Se il datore di lavoro è un privato, manca una norma esplicita che imponga il divieto,
INCOMPATIBILITÀ CON all'Architetto - dipendente a tempo pieno o parziale - di esercitare la libera
ATTIVITÀ PROFESSIONALI professione per clienti esterni, come esiste per il dipendente pubblico.
COLLATERALI
• Tuttavia occorre considerare l’articolo 2105 del Codice civile che dispone:
«Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in
concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai
metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa
pregiudizio»
• Spesso inoltre, soprattutto quando il rapporto di lavoro è a tempo pieno, nell'atto
costitutivo del rapporto del lavoro privato (i.e. contratto di lavoro), viene inclusa
clausola che esplicitamente pone il divieto di esercizio della libera professione.
Nel caso di rapporto di lavoro in regime di tempo parziale con prestazione lavorativa
uguale o inferiore al 50%, è precluso lo svolgimento di incarichi o attività che non siano
stati oggetto di comunicazione al momento della trasformazione del rapporto in
tempo pieno o tempo parziale oltre il 50%, o in un momento successivo.
DIPENDENTI PUBBLICI ED ISCRIZIONE ALL’ALBO PROFESSIONALE
SI’ NO
AUTORIZZAZIONE NECESSARIA
(con le esclusioni di cui all’art. 56, comma 6, AUTORIZZAZIONE NON NECESSARIA
del D. Lgs. 165/2001)
• Quindi gli Ingegneri dipendenti pubblici e appartenenti agli Uffici tecnici delle S.A.
possono espletare attività di progettazione con il requisito della (mera) abilitazione,
senza necessità di iscrizione all’Albo. In questo caso, (a differenza degli Avvocati)
l’iscrizione all’albo non è presupposto indispensabile per svolgere l’attività.
• Viene meno la condizione per esigere il rimborso della quota (fatta salva l’ipotesi che
l’Amministrazione abbia richiesto al dipendente l’iscrizione in base ad altre ragioni e
quindi l’iscrizione sia avvenuta nell’esclusivo interesse dell’Ente pubblico).
ATTIVITA’ PROFESSIONALI DEI DIPENDENTI PUBBLICI O PRIVATI ISCRITTI AGLI ALBI
• Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e
D.P.R. 917/1986 professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione
(Testo Unico Imposte sui redditi) abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle
Art. 53, comma 1 considerate nel capo VI, compreso l'esercizio in forma associata di cui alla lettera c)
del comma 3 dell'articolo 5.
• Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono
D.P.R. 917/1986 conseguiti nell'esercizio di arti e professioni […] i redditi derivanti da attività di
(Testo Unico Imposte sui redditi)
lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare,
Art. 67, comma 1 non fare o permettere.
IN PRATICA
(CIRCOLARI CNI 448 E 488 – NOTA MEF 4594/2015)
• Per valutare le caratteristiche di “saltuarietà” ed “episodicità” dell’attività professionale che consente di
evitare l’apertura della partita IVA, , in assenza di principi oggettivi che individuano elementi certi di
presenza o meno dell’abitualità, ogni fattispecie dovrà essere singolarmente analizzata.
• Per i dipendenti pubblici vige il disposto dell’art. 53 del D. Leg.vo 165/2001, che chiarisce: “Gli incarichi
retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e
doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso”. Necessaria autorizzazione.
ATTIVITA’ PROFESSIONALI DEI DIPENDENTI PUBBLICI O PRIVATI ISCRITTI AGLI ALBI
ATTIVITA’ ATIPICHE – QUANDO E QUALE PREVIDENZA?
L. 6/1981
(InArCassa) • Sono esclusi dall'iscrizione alla Cassa gli ingegneri e gli architetti iscritti a forme di
Art. 21, comma 5 previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o
Statuto InArCassa comunque di altra attività esercitata.
Art. 7
• Tutti gli iscritti all’Albo degli Ingegneri ovvero all’Albo degli Architetti, Pianificatori,
Reg. Prev. INARCASSA Paesaggisti e Conservatori devono applicare il contributo integrativo.
Art. 5, comma 1
L. 335/1995
• Sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS i
(Gestione separata INPS) soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di
Art. 2, comma 26 lavoro autonomo, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa.
D.M. Lavoro 281/1996 • Non sono soggetti alla contribuzione di cui al presente decreto i redditi già
(Attuazione L. 335/1995) assoggettati ad altro titolo a contribuzione previdenziale obbligatoria.
Art. 6
• L'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 si interpreta nel senso che i soggetti che
esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro
D.L. 98/2011 (L. 111/2011) autonomo tenuti all'iscrizione presso la gestione separata INPS sono esclusivamente i
(Manovra Governo Monti) soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad
Art. 18, comma 12 appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo
agli enti previdenziali privatizzati (i.e. INARCASSA).
QUALI REDDITI VANNO ASSOGGETTATI ALLA CONTRIBUZIONE PRESSO INARCASSA?
SI’ NO
POSSIBILE NON APRIRE LA PARTITA IVA E NON DEVE APRIRE LA PARTITA IVA ED ISCRIVERSI AD
ISCRIVERSI AD ALCUNA PREVIDENZA UNA PREVIDENZA
SI’ NO
Art. 44, comma 2, del D.L. 269/2003: “i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale (…) sono iscritti alla gestione separata (…)
qualora il reddito annuo (…) sia superiore ad euro 5.000”.
QUALI REDDITI VANNO ASSOGGETTATI ALLA CONTRIBUZIONE PRESSO INARCASSA?
80% 20%
• RUP • ACQUISTO DI BENI, STRUMENTI E
• PROGETTISTA TECNOLOGIE DESTINATI A MIGLIORARE
• COORDINATORE SICUREZZA IL CONTROLLO DEI COSTI E
• DIRETTORE DEI LAVORI L’EFFICIENZA DEI SERVIZI ALLA
• COLLAUDATORE CITTADINANZA
• LORO ASSISTENTI E COLLABORATORI
D. LGS. 163/2006
Codice dei Contratti pubblici.
(art. 90, comma 6)
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