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.
SCIENZE FILOSOFICHE - 40
Dario Sacchi
Evidenza e interpretazione
VITA E PENSIERO
Pubblicazioni della
Università Cattolica del Sacro Cuore
Milano 1988
© 1988 Vita e Pensiero- Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano
ISBN 88-343�24()..()
I ND I C E
Introduzione 9
PRIMA PARTE
SECONDA PARTE
BERTRANDO SPAVENTA
Introduzione
1 S e c on do un noto giudizio di
Haberm as l 'opera di Gadamer sarebbe da ri
guardarsi come una « urbanizzazion e ,. della filoso fia di Heidegger: e, in ef
fetti, propri o la sostanziale rinuncia agli aspetti del pensiero del maestro che
risultano più esoterici e, ne l l o stesso tempo, più polemici verso una dimen
sione come quella delle s cie nze positive che è avvertita come un valore i mpre
scindibile d a tanta parte della cultura filosofica contemporanea, è ciò che ha
INTRODUZIONE ll
consentito al discepolo di instaurare con tale cultura presa in tutta la sua com
plessità un rapporto maggiormente positivo e costruttivo, contribuendo proba
bilmente più di chiunque altro al formarsi del nuovo clima di cui stiamo di
cendo. Sul rapporto Heidegger-Gadamer (senza dubbio uno dei punti nodali
per l'in terpretazione della filosofia odierna) si è ovviamente scritto molto,
ed una buona guida bibliografia è rinvenibile ad esempio nella « Postilla»
redatta da G. Vattimo per la II ediz. (Bompiani, Milano 1983) della sua tra
duzione di Verità e Metodo (l ediz. Fratelli Fabbri, Milano 1972, con Introdu
zione). Non sono certamente mancate le voci tese a mettere in rilievo la com
plessiva discutibilità, sul piano strettamente speculativo, dell'operazione gada
meriana. Tuttavia ci sembra che almeno relativamente alla questione fonda
mentale da noi ricordata - che è poi quella su cui tale operazione ha propria
mente fatto leva - Gadamer abbia effettivamente colto il senso genuino della
riflessione heideggeriana cosl come questa si è venuta sviluppando soprattutto
dopo l a Kehre: si tratta, appunto, della negazione dell'originarietà di ogni con
cetto del linguaggio come strumento o, che è lo stesso, di ogni nozione della
p arol a come segno che «rinvia,. alla cosa («mezzo» il linguaggio lo è certa
mente ma, come si è visto, nel senso di milieu o di dimensione). Tale nega
zione comporta il rifiuto della prospettiva secondo la quale, per dirla con lo
studioso italiano sopra ricordato, «la parola si esaurisce nella funzione di ri
mandare alle cose, di farle presenti nel senso di "avvicinarle" spazio-temporal
mente .. [e] l'ermeneutica è l'arte di interpretare correttamente i discorsi nel
.
"a l di là" dei nostri pregiudizi e del nostro "modo di vedere": le cose sono vere
non nel senso che sono Il davanti a noi - sicché si debba cercare di ridurre al
minimo tutto ciò che non è presenza bruta, tutto ciò che è punto di vista o
interpretazione - ma perché appartengono a una certa apertura dell'essere, a
quel p rogett o gettato (dall'essere stesso) che noi stessi già sempre siamo. La
st es sa presenza ... è resa possibile da questa apertura, la quale si attua primaria
mente nel linguaggio» (G. Vattimo, Essere, storia e linguaggio in Heidegger,
c Filosofia», Torino 1963) .
Ediz. di
12 EVIDENZA E INTERPRETAZIONE
in senso stretto (soprattutto gli ultimi due hanno contribuito a rendere popolari,
con alcune opere onnai già divenute «classiche», le nuove impostazioni nelle
loro venioni più radicali).
3 Per una panoramica il più possibile aggiornata della produzione filosofica
nell'America d'oggi si veda F. Restaino, R. Rorty e R. Bernstein. NeopragrruJ
tismo e riscoperta della filosofia europea, « Giornale critico della filosofia ita
liana •, 1987, n. 1.
14 EVIDENZA E INTERPRETAZIONE
4 L a u tore che più di ogni altro ha preso sul serio la possibilità, ri conosc i uta
'
tra gli altri a n c he gli interventi di Ricoeur, Apel , Luhmann, Uvinas, per ri
cordare soltanto i più illustri fra i partecipanti stranieri).
INTRODUZIONE 15
L'aspetto inferenziale
della percezione
senso lato che equivale all'orizzonte tr a scendenta l e della coscienza o alla forma
della consa pe volezza in generale, e n t ro la q uale si s ituano sia la sfera conosci
tiva, della quale appunto vogli amo occuparci qui, sia la sfera pratica.
2 Oltre alle innumerevoli forme d 'attività che non m i ra no alla ve rit à in nessun
senso e in nessun modo ve ne sono alcune che tendono ad essa i ndire tta m en te
(come, per esempio, l'imparare a le ggere o ad usare s trumen ti di ricerca). Ma
quando cerchiamo direttamente la verità su alcunché, allora non faccia m o
altro che pensare, semplicemente .
22 L'OR I ZZONTE DEL L ' I NFINITÀ POTENZIALE
3 Una situazione simile si può rinvenire nei casi di affascinazione ove, come
osserva Sartre , « non vi è altro che un oggetto gigante in un mondo deserto ,.
e « il conoscente non è assolutamente nient 'altro che pura negazione, non si
trova né si recupera da nessuna parte, non è»: tali casi sono proprio per questo
i più idonei a rappresentare « i l fatto immediato del conoscere » ( J .P. Sartre,
L'essere e il nulla, tr. it. Del Bo, Il Saggiatore, M ilano 1965, p . 233).
L'A S PETTO INFERNZIA LE DELLA PERCEZI ONE 23
come uno dei colori dell 'iride ... o , infine , anche semplicemente
come azzurro . La sensazione rappresenta dunque il limite infe
riore della percezione . I l giudizio esplicito ne segna invece il li
mite superiore . E. evidente che quando un giudizio viene formu
lato in maniera riflessa e, per così dire , deliberata , il livello della
percezione è stato superato , perché ciò che in essa si era tacita
mente asserito non è più riguardato come un che di semplice
.
mente presente ma è in qualche modo riconosciuto come una
sorta di presa di posizione sulla realtà e , perciò, come qualcosa
che non esclude da sé una dose di rischio , potendo al limite anche
rivelarsi erroneo. Per tornare al nostro esempio , se la presenza di
una luce molto vivida destasse qualche dubbio sul colore dell 'abi
" Si veda a questo riguardo il breve scritto crociano su Il mito della sensazione,
in Discorsi di varia filosofia, Laterza, Bari 1945, Il, pp. 1-7.
24 L'ORIZZONTE DELL'INFINITÀ POTENZIALE
quello di chi non si rende conto che (per usare le parole di S el lar s in quel
saggio) «caratterizzando un episodio o uno stato come "di conoscenza" noi non
forniamo una descrizione empirica di quell'episodio o di quello stato, ma Io
collochiamo nello spazio logico delle ragioni, della giusti fi caz ione e della capa
cità di giusti fi ca re quel che si dice» (Science, Perception and Reality, p. 169).
Si tratta dunque del medesimo vizio psicologistico, comportante la co nfu s i on e
tra « ques tioni d'origine » e « questioni di validità » del conoscer e che è stato
,
empirica facciano leva su questa netta ddTerenztaz tone tra la di m en s ione della
fisicità, o della fatticità, e quella della logicità, o del si gni fi cato non ci si può
,
'
L ASPETTO INFERN ZIALE DELLA PERCE ZIONE 25
parla re e poi essere al tempo stesso accusatori, accusati e giudici » e « Non c'è
,
alcun mezzo per porre all'inizio della scienza nette proposizioni protocollari
accertate definitivamente. Non c 'è una tabula rasa. N oi siamo come marinai
che devo no riparare la loro nave in mare aperto, senza mai poterla disfare in
un cant iere e ricostruirla con parti migliori ») , questo autore ha p u rt roppo
compromesso la validità generale della sua posizione allorché, spinto dall'osses
sione fisicalistica da lui poi trasmessa anche a Carnap e ad altri esponenti
del neopositivismo viennese ha contraddittoriamente creduto di poter inscrivere
,
la p rop ri a teoria della verità come coerenza nelle coordinate di una concezione
del linguaggio come mero fatto fisico: di una concezione , cioè, nella quale non
è più possibile distinguere il senso logic o delle proposizioni dalla successione
materiale dei suoni o dei segni che le costituiscono. Che ciò implichi il venir
meno di quell 'uni c a dimensione entro la quale la prospettiva coerentistica può
ricevere un significato qualsiasi, non sembra in alcun modo negabile.
Vedremo peraltro fra non molto (gi à, in parte, nell 'ultimo paragrafo di questo
capitolo ma poi , soprattutto, nel capitolo seguente) come non sia realmente
sostenibile una assolutizzazione della predetta dualità tra logos e physis; tu t
tavia dovrebbe essere chiaro fin d 'ora che , se si vuole parlare di riduzione di
una del le due dimensioni all'altra, ciò potrà avvenire solamente a vantaggio
della dimensione log i c a (purché quest 'ultima non sia intesa a sua volta in
modo formalistico : ma anche di ciò di remo in seguito). In al tre parol e : l a già
ricordata ri pu lsa heideggeri ana della concezione segnica o strumentale del lin
guaggio (cfr. la nota l dell'Introduzione) non potrà certo a nda re a beneficio d i
una v i s i one del linguaggio come semplice « fatto » tra altri « fatti ».
26 L'ORI ZZONTE DELL ' I N F I N I TÀ POTENZIALE
sua cara tteri zza zion e dei momenti origi nari e fondanti dell 'esperienza erme
neutica, non possa fare a meno di richiamarsi esplicitamente all'analisi del
l'incxyc.)yo/j data da Aristotele nei Secondi A nalitici (8 19, 99b ss.) : si veda sia
Verità e metodo , cit., pp. 405 ss. e p . 479, sia Ermeneutica e metodica universale,
Marietti , Torino 1973, p. 87 s. (è la traduzione italiana, ad opera di vari autori ,
de l primo volume dei Kleine Schriften ; il punto da noi indicato si trova all 'in
temo d el saggio L'universalità del problema ermeneutico) . Nella prima delle due
opere ci tate si rileva altresl che, sebbene Aristotele non metta espressamente
in rapporto la costruzione dei concetti con la costruzione delle parole e con
l'apprendimento della lingua, la parafrasi di Temistio ricorre senz'altro, per
illustrare l inse gn amento dello Stagirita, all 'esempio dell 'apprendimento del
'
a A nche qui non si può non pensare a W i t tgcnstcin : stavol t a , però, al W i t t gcn
stein del Tractatus. Singolare il destino di questo pcnsatore che, in fasi di lfc-
34 L 'ORI ZZONTE DELL ' I N F I N I TÀ POTE:'>I Z I A LE
cisamente lo stesso di ciò che viene affermato nel g i udiz io . Cosicché è impos
sibile che questa relazione interna al con tenuto possa di per se stessa essere
il giudiz i o ; al massimo potrà essere una condizione del giudizio » (F.H . Bradley,
Principles of Logic, Clarendon Press, Oxford 1 922", p . 2 1 ) . Sempre nella sua
trattazione del giudizio Bradley afferma, seguendo uno spunto già presente in
Herbart, che i giudizi universal i debbono essere a loro volta intesi come giu
dizi i potetic i , potendo cosi ri trovare anch'essi per questa via un legame con
l'esistenza (« Tutti gli x sono y » significherebbe cioè « Se qualcosa è x , allora
è y ») .
36 L 'ORIZZONTE DE LL'INFIN ITÀ POT E N Z I ALE
3 . La mediazione nell'immediato
com 'è in genera l e , non abbi amo alcun m ot ivo di p orvi part i col are attenzione
ma a c quist ia mo l 'a b i t udine d i passarc i sopra senza una coscienza prec i sa , g i u n
g end o senz'altro al l 'i n ferenza . Così conoscere quello che la sens a zione è e ffet
tivamente s tata è per sé uno studio, cui pe r ese m p i o i p i t tor i hanno da a d de
strarsi con d isciplina ed appl ic a zio n e c ontinuate a lungo. I n cose ancora più
remote dal domi nio d ei sensi esterni nessuno è capace d i rompere quest ' i n t e r n a
associ azione se non ha una grande esperienza di a n a l i s i ps i co l o g i c a » ( J . S .
M i l l , Sistema d i Logica, trad. Facchi , Ubald i n i , Roma 1 968, p. 7 7 5 ) .
40 L'OR IZZONTE DELL'INFIN ITÀ POTENZIALE
gio dall 'uno all 'altro è stato operato in un modo che , se il pro
cesso fosse stato esplicito, avremmo chiamato sillogistico . Quan
do percepisco la matita , i miei occhi colgono una figura di colore
marrone . Evidentemente non è questo colore che mi gu ida al
ri conoscimento dell 'oggetto, perché prima d 'ora , almeno in linea
teorica, potrei anche non averlo scorto nemmeno una volta in
una matita . Ciò che , per così dire , dispiega la sua azione svolgen
do in definitiva la funzione del « termine medio » è l ' universale di
cui questa figura colorata non è che una esemplific a zione . Tale
universale , in certe esemplific a zioni che ne ho viste in passato,
era associato ad altre caratteristiche che nel loro insieme defini
scono quell 'oggetto complesso che ho appreso a denominare
« matita » : e proprio l 'idea o il concetto di ques t 'ul t imo , nel
quale quelle caratteristiche sono riassunte come note della sua
comp re n sione , mi sorge in mente quando l 'universale suddetto mi
viene ripresentato . « Questo » è M; ma M è A; ergo « questo »
è A . I tre « te rm ini » sono ris p ettivamente il contenuto sperimen
tato , il primo universale, l 'universale associato. Si può osservare
che l 'estremo minore si pre senta al ieno da ogni dimensione con
cettuale , quasi non fosse nemmeno , in senso proprio , un te rm ine
logico . M a proprio questa è la peculiarità assoluta del processo
che s ti amo considerando : quel processo che più « originario » e
« archeti p ico » non p otre bb e essere , pe r c h é è prop rio c iò da cui
nuino sillogismo basato su una premessa maggi ore stab i l i ta induttivamente (e,
in questo senso, certamente suggeri ta da un procedimento associa tivo) .
46 L'ORIZZONTE DELL'I N F I N I TÀ POT ENZIALE
2 Questo aspetto è ben sottolineato da F. Barone nella sua ormai classica mono
grafia su Il neopositivismo logico, Laterza , Bari 1 97 7 (2" ed.; t• ed. Torino-
1 95 3 ) , sop ra ttu tto nelle pp. 1 30 ss. lvi l'importanza fondamentale del Tractatus
per lo sv il u p po del primo neopositivismo viene giustamente ravvisata nella
riduzione, che in que ll opera viene esplicitamente compiuta, della logica a
'
3 Sia pure nella prima in ordine cronologico delle sue opere importanti (Die
beiden Grundprobleme der Erkenntnistheorie, edita a Tubinga solo nel 1 979
ma risalente al periodo fra il 1 930 e il 1 933 e ora disponibile anche in ediz.
italiana: trad. A. Trinchero, Il Saggiatore, Milano 1 987) la quale ha però il
vantaggio, rispetto alla Logik der Forschung che d'altra parte è da essa deri
vata mediante notevoli accorciamenti, di esplicitare in misura assai maggiore
le motivazioni che in quella fase del pensiero popperiano stavano realmente
alla base dell'antiinduttivismo peraltro sempre caratteristico di questo pensiero
(e più tardi preferibilmente, ma meno autenticamente e radicalmente motivato
con argomenti di indole puramente gnoseologica). « Ciò che viene presupposto
in ogni induzione » si può leggere in quell 'opera « è che esistono stati di
cose general i , ossia che esistono regolarità. Ora questo presupposto baste
rebbe effet tivamente a giustificare il procedimento induttivo ,. (p. 35 della tr.
cit.) . Ma il nostro autore ammette di essere d 'accordo sia con Wittgenstein
sia con i neoposi tivisti sul fa tto che esistono soltanto « stati di cose ,. (Sachver
halte) particolari. « Nella questione se esistano o non esistano stati di cose ge
nerali empirici e sperimen tabili la concezione deduttivistica concorda con il
posit i vismo logico: entrambi negano la domanda ,. (p. 290) . Si veda su questo
tema M. Buzzon i , Conoscenza e realtà in K.R. Popper, Angeli, Milano 1 982,
p. 62 s.
LA S TR U TT U RA DELLA NECE S S ITÀ 53
nulla ci può essere che sia « per » qualcos 'altro. Certo , per l 'em
p irista l 'uomo non finirà mai di apprendere, avrà sempre infinite
cose da conoscere : ma si tratterà di un 'infinità meramente quan
titativa, che non comporta alcuna limitazione qualitativa del suo
sapere (le infinite porte che gli resteranno sempre da aprire non
gli richiederanno mai chiavi speciali né , tanto meno , gli sarà mai
necessario p renderle a spaliate) . Si rifletta bene , e si veda se c 'è
un 'altra dottrina filosofica che pretenda al pari di questa d i giun
gere a concepire la realtà addirittura sul modello della forma
più elementare , spontanea , i mmediata che abbiamo di entrare i n
contatto con essa. Almeno Hegel , prima di regalare all 'uomo l 'on
niscienza , gli infliggeva la fatica del concetto (e quale fatica ! ) . . .
M a prescindiamo pure da questa singolare situazione , la quale sul
piano strettamente speculativo sembra configurare più un i n co n
veniens (per quanto grave e sign ificativo) che una vera e p ropria
contraddizione , e vediamo di con siderare più da vicino alcune
classiche formulazioni empirist iche , per sorprendere eventual
men te entro di esse gli estremi della vera e propria contraddit
torietà formale o, quanto meno, per verificare se la prospettiva
testé delineata - della quale già ci risulta in qualche modo evi
dente l 'invivibilità , cioè l 'effettiva insostenibilità sul piano esi
stenziale - non abbia a subire rilevanti smentite proprio d alle
concrete movenze del discorso che cerca di esprimerla. Ci avve
diamo tosto che quella filosofia che si caratterizza per la consa
pevole esclusione dal proprio orizzonte di ogni forma e d i ogni
esigenza d i spiegazione 4 non sembra poi potersi sottrarre al com
pito di « spiegare » o di rendere ragione almeno di un fatto : ap
punto della presenza della generale e radicata persuasione intor
no all 'esi stenza reale della necessità , intorno al carattere necessa
rio delle connessioni costantemente e ripetutamente sperimentate .
t proprio , del resto , questo istintivo orientamento antiempiri stico
del sen so comune (della human nature) il fattore che più d i ogn i
al tro conferisce all 'empiri smo la sua innegabile rilevanza i n
d i R. Gil ard i , Rusconi, M i lano 1 980 , p. 225 : sia m o , com'è not o , nella sez. V I I
del la 2 " pa rte ) . I l corsivo nella ci t a z ione è nostro.
I l p ro ble ma della connessione causale , inevitabilmente evocato da ogni riferi
mento al nome del pensatore scozzese, è certamente q u a l cosa di ul teriore e di
più c o m p less o rispetto al problema della sem p l ice connessione necessaria e noi
qui non i n tendia mo affrontarlo. Cercheremo dunque , nel s eg uito della nostra
trattazione, di riferirei alla causal ità solo per quel t a nto che essa i m p l ica nella
propria nozione quella di connessione necessaria.
56 L 'O R I ZZONTE DELL 'ATT I V I TÀ POTEN Z I A L E
6 Alla celeb re asserzione che « la necessità esiste solo nella mente e non negli
ogge t ti » , prese n t ata dallo st e sso H u me come la formula più idonea a s i n tet iz
zare il suo pensiero sull 'argomento, poss i amo insomma opporre un dilemma
sempl i c i ssimo . L'essere « nella ,. m e n t e s i p u ò i nten dere o i n senso logi c o
intenzionale o in senso p s icologico . Nel primo caso la necessità viene ipso facto
at t ri b u i t a al reale in sé, in quanto dal p.d.v. intenzionale la mente non è altro
che il conguagliarsi a ll 'ogg e tto . Nel secondo caso la necess i t à ri e s c e comunque
a contaminare la sfera dell 'oggettività, se solo si consi dera che, riguardata nel
suo aspetto ps i cologico , la m e nte non è meno corposamente o massicciamente
real e di qu egli enti naturali dal cui ambito essa vorre bbe proscrivere tutto c i ò
che n o n s i a semplice contingenza o a c c i d e n t a l i t à : s l c h e i l programma humia·
no sembra comunque destinato al fal l imen to.
58 L'ORIZZONTE DELL'ATTI V I TÀ POTENZ IALE
7 Che nel suo senso speculativo più stretto l 'analogia sia da intendersi, tomi
st icamente, come il realizzarsi di una medesima natura secundum magis et
minus è ciò che abbiamo cercato di di mostrare nel saggio La « divisio en t is ,.
e l'analogia trascendentale, in Aa.Vv., La differenza e l'origine, Vita e Pensiero,
M ilano 1 987.
60 L'ORIZZONTE DELL'ATT I VITÀ POT E N Z I A L E
bilmente all 'uno o all 'altro esito. Chi avendo ordinariamente con
statato la concomitanza ABCD si trovasse di fronte un giorno alla
congiunzione ARCE dovrebbe , se volesse tener fede ad un orien
tamento integralmente empiristico , limitarsi a constatare che al
primo collegamento s i è reso preferibile il secondo : nulla infatti
vieterebbe in tal caso di supporre che realmente i rapporti fra gli
elementi in questione siano mutati in maniera tale da dare luogo
alla nuova connessione . Ma in realtà la nostra mente è portata ad
assumere che vi sia una ragione per cui alla serie A BC si unisce
ora D ora E , vale a dire che ci debba essere l ' intervento di una
condizione diversa nei due casi : in modo da rimanere in ultima
istanza con un 'unica connessione dotata di valore assoluto , e
9 « Cosl , ad ese m pio che l 'acqua bolla a cen to gradi (in quelle certe condi
,
di n atura e non semplicemente di grado fra le d u e con ness i oni esaminate, che
si può fa cil me n t e mostrare come i n realtà no n v i sia assolutamente alcun ca
ra t tere , fra quelli soli ta m e nt e attribuiti alla seconda (la « legge » vera e propri a ) ,
che n o n risulti i n qualche modo condiviso d a l l a pri m a (che è poi i l << fatto »
dell a nostra comune esperienza ) . Non solo, in e ffe t t i , l 'asserzione s i n g o l a re
e s i s tenzi ale c o rr i s pond e n te al t i p o più elementare di s i n t e s i si è ri ve l ata fa l l i
b i l e (cfr. ca p . l , p a r. 3 ) ; ma anche nei casi (i p i ù numero s i ) in c u i , per man
c a nza di un a ttuale ri scontro negativo, viene d i fa tto trattata come assolu ta
m e n te vera , essa non è mai p ropria m en t e , rigorosamente verifìcab ile ( a s om i
glianza di quanto avv i e n e p e r le l egal ità naturali espresse con o p er a t ori uni
versali illim i ta t i ) . Si può i llu s t rare la va l i d i tà di q u esto assunto, carnapiano
non meno che popper i a no, ricorrendo a l noto e s e mpio della proposizione :
« c 'è un foglio di carta bian c a su questa t avola » . Per a c ce r t a r si che si t ratta
preme ancor più rilevare come da tutto questo risulti che, i n fondo, ogni sin·
golo evento o accad imento è, in sé, una completa l egge di natura. I l che a sua
volta di mostra che l 'autent ica i n d uzione ha assai poco a che vedere c o n quel
procedi mento « per sem p l ice enumerazione » al quale, v icevers a, la assimilano
di fa tto tutti gli autori di formazione empiristica, sia che intendano criticarla
sia che i n tendano difenderl a .
1 1 I n tendiamo q u e s t o termine i n senso schiettamente kantian o : a ffermiamo
cioè che proprio nel principio cardine della logica classica si deve ravvisare
l 'auten tico « principio dei giudizi s i n tetici a priori • . capace di fondare la
connessione necessa ria degl i oggetti dell 'esperienza rendendo anzitutto possi·
b i l i le più originarie ed elementari sintesi percettive.
LA STRUTTURA DELLA NECE S S I TÀ 65
prire e d i recuperare una nozione che è fra le pi ù ostiche alla men tal i t à forma
listica ( e che p r o p ri o per questo fu messa in d iscussione già dalla tarda
Scolastica) : la nozione tom istica della distinzione reale come qualcosa che sus
siste non solo fra realtà separab ili (non s o l o inter rem et rem ) m a anche fra
pri n c i pi o e le men ti o a spetti legati fra loro da una relazione trascenden tale o
cost i tutiva Tale c o n c e t to essenziale per la so luzi o n e o anche s o l o per la cor
. ,
o , in altre parole , intendendo con enunciati del tipo fin qui con
s iderato non che SP è P , ma che, all 'interno della totalità SP,
S si relaziona a P in modo necessario. La dottrina tradizionale,
secondo la quale ogni s intesi che paia non essere meramente
estrinseca è il risvolto psicologico di un 'analisi, si regge in ulti
ma i stanza su u n 'identificazione stretta fra contraddizione e
autocontraddizione : troppo stretta, e quindi colpevole di obnu
b ilare una distinzione fra possibili s ituazioni predicative che in
vece va assolutamente mantenuta . Una proposizione sarebbe ne
cessaria , si sostiene, quando la negazione del predicato contrad
dice il soggetto . M a quando si nega, per riprendere il nostro se
condo esempio, che ciò che è colorato sia esteso non si affenna
che « ciò che è colorato non è colorato » ; l 'estensione non è un
elemento della qualità « colore » che prima venga accettato e poi
negato. Ciò che viene negato è l 'esistenza di una struttura, di
un 'unità sistematica che abbraccia sia il colore sia l 'estensione
in modo tale che i due elementi stanno o cadono insieme , per
così dire ; e la situazione che deriva da un simile d isconoscimento
non si lasc i a interamente rinchiudere nello -schema di quella con
traddizione intrinseca cui allude la classica formulazione « que
sta proposizione è vera perché altrimenti il soggetto non sarebbe
se medesimo » , con la quale si ritiene di poter esaurire il senso
della necessità d i un enunciato. Tale formulazione tende a ri
durre l ' implicazione ad inclusione (o, propriamente , ad implici
tazione) : essa, infatt i , prescinde dalla possibilità che elementi
realmente d istinti si trovino tra loro logicamente connessi e si
l imita a dire che una somma non è più la medesima in mancanza
di uno dei suoi addendi 13• Si tratta invece di contemplare espli
ci tamente quella possib ilità e di mostrare come nel caso che essa
M a per poter passare ad una trattaz ione più articolata delle im
plicazioni di ques ta vis ion e olistica o coerentistica della verità è
necessario, a questo punto della nostra esposizione, ritorn are un
poco sui nostri passi e ricollegarci con quanto era emerso dalle
riflessioni con tenute nel primo cap itolo . t quello che cerche remo
di fare nel pa ragra fo iniziale del capitolo che segue.
I Si veda a p . 2 3 .
LA V E R I TÀ COM E COERENZA 75
ed entro certi limiti , siano da noi scelti più che d a essa imposti 2 •
Il senso d i queste considerazioni , e di altre analoghe che s i po
trebbero formulare, si può forse tradurre nell'affermazione che
ogn i giu � iz !o esplicito , anche quando non è la conclusione di
u n procedimento inferenziale , è sempre in realtà la risposta a una
domanda da noi rivolta alle cose : il che equivale a dire che è
sempre in qualche modo un « giudizio » nel senso ordinario del
la parol a , un valutare alla stregua di ... E una domanda non può
a sua volta non dipendere da e non inscri versi in un particolare
contesto mentale, in una determinata « precomprensione » : la
c
quale potrà consistere tanto nella più banale esigenza pratica, che
ci costringe per esempio a controllare meglio il contenuto di una
percezione forse affrettata , quanto nel raffinatissimo apparato
teorico servendosi del quale uno scienziato programma i suoi
esperimenti , quanto (ed è ovviamente il caso più frequente) nei
sistemi di attese, sia cognitive sia affettive , che ci portiamo dietro
si può dire in ogni momento della nostra esistenza e che per com
plessità si situano nel l 'immenso spazio che si apre fra quei due
2 Non resta, insomm a , che affermare la cosi ddetta « trascendenza della descri
zione »: cioè l 'esistenza di uno iato insuperabile tra osservazione ed espres
sio ne dell 'osservato, dovuto al fatto che nessuna proposizione empirica , per
quanto istintivo o spontaneo possa apparire l 'atto della sua emissione, è pro
priamente /'espressione del dato, ma è sempre sol tanto un 'espressione ( tra infi
nite possibili) pronunciata più o meno « sulla scorta » (an Hand, che non si
gni fica auf Grund) del dato. Qui è l 'autentica origine della nozione del cono
scere umano com e esercizio di interpretazione e del linguaggio come processo
ermeneutico la cui libertà ed i nesauribilità possono essere negate s o lo in base
all 'ast ratta schematizzazione di un « dato » assoluto e irrevocabile. Estrema
mente interessanti appaiono, anche sul piano antropologico, i seguenti ril ievi
di R . Rorty : « Se riuscissimo a trasformare la conoscenza da un fatto discor
sivo, raggiunto attraverso il continuo aggi ustamento delle idee e delle parole ,
in qualcosa di tanto ineluttabile come l 'essere sconvolti oppure l 'essere tra
passati da uno s guard o che ci lasci senza parole, in questo caso allora no n
avremmo più la responsabilità di scegl iere fra idee e parole tra loro in concor
renza , fra teorie e vocabolari . Questo tentativo di liberarci dalla responsabilità
3 L'ultima parte della bergson iana Evo/u tion créatrice contiene alcune conside·
razioni su questo argomento che sono ormai di venute classiche .
LA V E R I TÀ COM E COER ENZA 77
s Si veda a p . 30.
LA V E R I TÀ C O M E COERENZA 79
a Ne La filosofia e lo specchio della nat ura Rorty afferma che l a diffusa e ra di
cata tendenza a vedere nell'ermeneutica un modello teorico soft, adottabile
nello studio di ambiti oggettuali cui non sembra applicabile, strutturalmente o
per lo meno di fatto, il « metodo scienti fico » vero e proprio (quello tematizzato
dall '« epistemologia ,. in senso stretto, dalla hard ph ilosophy of science) , si può
in realtà spiegare facendo riferimento alla distinzione tra scienza « n ormale »
e scienza « rivoluzionaria » e alla naturale inclinazione a privilegiare e , quas i ,
ad ipostat izzare l e strategie e gli « stili ,. cognitivi caratteristici della prima, la
sciando in ombra le modalità, spesso altamente problematiche, della loro genesi
storica. « Da questo punto di vista, la l inea che divide i campi rispettivi dell 'epi
stemologia e dell'ermeneut ica non ha a che fare con la differenza tra Natur·
wissenschaften e Geistes wissenschaften , o tra fatto e valore, o tra " conoscenza
� solo differenza di fami
ogget tiva " e qualcosa di più improvvisato e dubbio.
liari tà. Avremo un atteggiamento epistemologico quando, conoscendo perfetta
mente quel che s ta succedendo, sentiremo l'esigenza di codificarlo per am
pl iarlo, o irrobust irlo, o insegnarlo, oppure per " fondarlo " . Saremo ermeneutici
quando, non comprendendo quel che succede, saremo tuttavia abbastanza one
sti da ammetterlo ... Questo significa che poss iamo assumere u n atteggiamento
di commisurazione epistemologica solo quando abbiamo gi à convenuto sulle
norme della ricerca (o, più in generale, del discorso) - tanto nell"' arte accade
m ica " , nella fìlosofia " scolastica " , nella " politica parlamentare ", quanto nella
scienza " normale " . Lo possiamo assumere ... perché, quando una pratica è
durata abbastanza a lungo, le convenzioni che l 'hanno resa possibile ... sono
relati vamente facili da isol are . . . Non c'è nessuna difficoltà nell 'ottenere la
commisurazione nella teologia, nella morale o nella critica letteraria quando
queste arce di cultura siano " normali " . In alcuni periodi è stato altrettanto
facile determin are quali crit ici avessero una " percezione giusta " del val ore di
una poesia quan to lo è oggi determin are quali esperimenti sono in grado di
fornire osservazioni e misurazioni prec ise. I n al tri periodi... sapere q uali scien
ziati stiano realmente ofT rendo spiegazioni ragionevoli può risultare t a n to ditTi
ci le quanto ca pire quali pit tori siano destinati all 'immortalità » ( p . 244 s.). Il fi.
losofo ameri c<�no gi unge alla conclusione che l 'ermeneutica dovrebbe essere
riguardata non come un metodo (il « metodo delle scienze umane », à la
Dilth ey) ma come un atteggiamen to, à la Gadamer: l 'atteggiamento culturale e
i n t ellet tuale cui precisamente si giunge quan d o si mette da parte l 'i d ea tipica
mente moderna ( c<�rtesi ano-k antian<J) di u n « metodo » della conoscenza , con
LA VERITÀ COM E COERENZA 81
scienza fosse dovuta part ire dall 'osservazione non avrebbe com p i u to nemmeno
il p ri mo pa s s o , perché s enz a ipotesi o aspe t t at iv e d i qu a l c h e t i po non saprem
mo n e ppure che cosa guardare. Ne viene che la nostra mente non p otr ebbe mai
essere la c la ss ica tabula rasa voluta d a l l a trad i z ione e m p i ristica perché ogni
nos t ra osservazione è già sempre , in rea l t à , « i m p reg nata di teori a ». Ma che
cosa p u ò signi ficare ciò se non ch e lo s p er i m e n t a t o r e è se m p re una mem oria ,
una com pl e s s a memoria biologico-culturale in c on t i n u a interazione con il suo
ambiente? Tanto basta, d u n q u e , perché questo c o n cet to s i fac c i a strada anche
a l l 'interno d i un o ri zz ont e n a t u ra l i s t i c o , s e s i vo g l i ono evitare le p i ù gravi d i f
ficoltà co n n es se all'osservativismo della teori a e p i s te m ologi c a tradi zionale.
82 L'ORIZZONTE DELL 'ATTIVITÀ POTENZIALE
2 . Coerenza ed e viden z a
12 G iova precisare fin d 'ora che non sarà nostro intendimen to, nelle pagine che
seguono e s p e cialm e nt e nel terzo paragrafo, muovere all 'attacco della nota
dottrina di A. Tarski. Non avremmo alcun biso g no d i entrare in confli tto con
una teori a c he si inquadra i n un ori zzon te stre t t amente sem a n t i co e che dal suo
stesso a u t ore è stata pre sent a t a come « neutrale » (quindi i rrilevante) rispetto
a quel piano e p i s t em olo g i co che è a l cen tro del nostro interesse in questa sede.
ficaz io ne dei singoli g iudiz i in base alla loro inseri b i l i t à , in u n momento deter
minato, nel c onti nuo processo di i n terpre tazione e d i sistemazione dell 'espe
rienza : sì che non ha torto D . Davidson nell 'a ffermare che, nel senso i n cui la
teoria di Tarski è una teoria della corrispondenza , « nessuna battagl i a è stata
v i n t a , e n e p pure combat tuta fra la teoria della corrispondenza e le al tre » ( True
to the Facts, c Journal of Phi losophy » , 1 969 , p. 7 6 1 ) , cioè nessuna battaglia
che co n ce rn a la erkenntnistheoretisch controversa « teoria della veri tà come cor
rispondenza » , di c u i le teorie della coerenza e pra gmatiche sono ritenut e
essere alternative. D ' a l t r a parte, si può osservare che la s empli c e esistenza d i
1 3 I l che non i m plica affatto che debbano essere t r a loro « i solati » o " sepa
3. Coerenza e corrispondenza
1s C i t . , p . 1 34 .
LA VERITÀ C O M E COERENZA 97
16 P roprio quest i , com'è noto, sono gli esiti cui giungono le prospettive di
Kuhn e di Feyerabend, ossia di due fra i più celebrati esponenti dell 'epistemo
logia post-popperiana . Non saremo certamente noi a disconoscere i meriti che
questi autori si sono conquistati con la loro intelligente opera di chiarifica
zione delle autentiche strutture del sapere scientifico, riguardato anche e so
prattutto nell a sua dimensione diacronica . Tuttavia essi ci sembrano critica
b i l i per le conclusioni che hanno ritenuto di paterne trarre : conclusioni che ,
mentre paiono ispirate ad un generale scetticismo riguardo alla funzione del
conoscere come tale, nulla veramente aggiungono ai momenti più validi ed
interessanti della sullodata opera (sostanzialmente riassumi bili, secondo noi ,
nella critica serrata della dicotomia linguaggio osservativo-linguaggio teorico e
nel deciso rifiuto delle nozioni di fondazione assoluta e d i experimentum crucis
n e l campo delle scienze positive) . La teoria dell 'incommensurabilità dei vari
c p a ra d i gm i » non ci sembra essere altro che un modo particolarmente ener
bra difficile negare che siano state, comunque, promosse e attuate dai loro
protagonisti « a ragion veduta », il che a ben guardare sufficit per ridimensio
nare le pretese di ogni radicalismo epistemologico (tanto più che « veduto • non
vuoi dire affatto, di per sé, « non rivedibile » o incontrovertibile). Il fatto è che
anche la differenza fra ciò che storicamente si rivela come continuità o linearità
di evoluzione (come « normalità • ) e ciò che, invece, si manifesta senz'altro
come una « frattura • è una differenza di grado, per quanto grande, e non di
natura; una divaricazione fra universi teorici che risultasse in linea di principio
insuperabile sarebbe tanto astratta e « intellettualistica » quanto quella sepa
razione fra realtà data e pensiero, fra soggetto e oggetto della quale gli autori
ricordati sono invece, e giustamente, i critici più sarcastici e corrosivi .
Non è difficile, tuttavia, rendersi conto delle ragioni che ciò nonostante sem
genuo ( e pur riconoscendo che nell 'effettiva pratica scienti fica l 'ideale della
coerenza si specifica e si traduce spesso i n valori lato sensu pragmatici, come
quelli richiamati all'inizio del paragrafo precedente a proposito dei moderni
sistemi a ssiomatico-deduttivi ma rinvenibili anche i n altri contesti più d i retta
mente legati alla componente sperimentale della ricerca) . La nostra proposta
non può non richiamarsi esplici tamente alla classica dottrina della afisicità
del logo (cioè del l 'unico attri buto che può consentire al lago di essere, in qual
che modo, tutte le cose) , rivissuta nella speculazione ideali s t ica e neoideali
stica degli ultimi due secoli ed espressa in forma particolarmente vigorosa
nel l ' a t tualistica dott ri na del l 'inobiettiva b i l i t à . Quale sia stata, storicamente, l a
coherence-theory p i ù attenta a queste e s igenze e , quindi filosoficamente p i ù
,
dice, che più proposizioni vere debbano essere coerenti fra loro,
non potrebbero tuttavia essere coerenti senza essere vere ? Non
vi sono forse molti sistemi di notevole coesione intrinseca e di
altrettanto notevole ampiezza che, nondimeno, sono falsi? Non si
possono inventare favole, novelle , trame d i romanzi, di opere
teatrali o cinematografiche che per la loro estrema comples s i tà
e per la loro interna coerenza dovrebbero, i n base alla teoria
proposta, essere senz 'altro vere (anzi più vere di tante situazioni
reali che , almeno in apparenza, non presentano quei caratteri con
eguale intensi tà) ? Dal punto d i vista della nostra teoria della
coerenza la risposta è estremamente semplice : diciamo che come
operazione conoscitiva (finalizzata , cioè, al conseguimento de lla
verità) non avrebbe alcun senso la costruzione di un sistema che
già per libera scelta del suo ideatore, e non solo per inev i t abile
quanto indesiderata conseguenza della limitatezza delle nostre
capacità , fosse escluso dalla possibilità di abbracciare in sé la
totalità del reale (nella fattispecie, di abbracciare quei contenuti
del « nostro » mondo con i quali le costruzioni fantastiche non
potrebbero mai armonizzarsi , per quanto armoniche risultassero
18•
al loro interno)
reali dai fenomeni immaginari (pp. 7 1 9 ss. del l'ediz. UTET degli Scritti fil o sofi ci.
a cura di D.O. Bianca) , nel quale appu nto il mondo della vegl ia v i e n e con
trapposto a quello dei sogni non per la presenza di qualche (impossibile) con
trassegno intrinseco delle sue singole part i , ma nel modo in cui si può con
trapporre un 'unica trama organica, imponente per la copiosità e la complessità
degli elementi in essa unificati e suscettib ile di essere sempre ripresa n o n ostan
te le periodiche in terruzioni cui è soggetta, ad una miriade di vicende fram
mentarie e del tutto prive di comunicazione fra loro.
La consapevolezza del valore sintet ico del principio di non contraddizione e il
conseguente superamento di una visione puramente formalistica di quel l a coe
renza logica che si assume come criterio di verità sono rinvenibili n e l l a ver
sione della coherence-tlzeory offerta dal neoidealismo britannico : da Bradley.
che n e è stato notoriamente il principale ispiratore e che l 'ha svol ta, p i ù che
in Appearance and R eality, in alcuni degli Essays on Truth and Reality ( C i a ren
don Press, Oxford 1 9 1 4) per i quali rimandiamo al nostro Unità e relazione,
Vita e Pensiero, M i lano 1981 (cfr. il saggio su L'evidenza e la sua espressione
nel pensiero di Brad/ey) ; da B. Bosa nquet, che le ha dedicato i l penultimo
capitolo della sua ponderosa Logic or the Morplwlogy of Knowledge (Clarendon
Press, Oxford 1 888); e po i , soprattutto, da H .H . J oachim, tra gli a l l i e v i di
Brad lcy colui che ha maggiormente insistito su questa tematica contribuendo
a rendcrla in qualche modo « classica ,. all 'in terno del dibattito gnoseo-episte
mologico svoltosi in questo secolo nei paesi anglosasson i . II suo l i b ro The
Nat ure of Truth, comparso ad Oxford nel 1 906, e i v i riedito nel 1 9 39 ( tr. it. di
LA V E R I TÀ CO M E COERENZA 101
gersi contro una teoria della coerenza sganciata dai suoi genuini
fondamenti. Si suppone che secondo l 'autentica prospettiva oli
stica ciò che risulta affermato o stabilito in una data epoca,
nel senso che « tiene il campo >> in cui si sviluppa la vita scienti
fica e culturale propria di quell 'epoca , sia per ciò stesso da conce
p irsi come stabilito logicamente, laddove l a teoria correttamente
intesa nega a chiare lettere che possa essere così . Certo, l a teoria
rivendica con vigore contro ogni impostazione empiristica il ca
rattere schiettamente logico del principio generale sulle cui fon
damenta viene operata ogni mediazione o unificazione concet
tuale, dalle più oscure ed elementari alle più complesse e sottili,
e su questo punto noi abbiamo infatti insistito convenientemen
te a suo tempo; ma si premura anche di aggiungere che nessun
sistema può essere riguardato come definitivo al di fuori d i quel
s istema onniinclusivo e perfettamente integrato nel quale l 'i deale
del pensiero troverebbe la sua realizzazione e con i l quale , evi
dentemente , nessuno dei sistemi storicamente comparsi (e poi
scomparsi o destinati a scomparire) è identificabile. Si deve
tuttavia riconoscere che, sebbene questa risposta sia sufficiente
a togliere di mezzo la difficoltà di principio alla quale l 'obie
zione si riferiva , può sempre rimanere qualche dubbio sul modo
in cui secondo la teoria è possibile sconfiggere in concreto il
dogmatismo affermatosi in un 'epoca particolare . Pur ammettendo
in generale ed in astratto che ogni sistema di credenze in vigore
i n un determinato periodo storico sia imperfetto e manchevole,
come si può in pratica correggere un certo sistema là dove non
c 'è altra misura della sua correttezza che non sia data dal sistema
(dal « paradigma » ) stesso ? Giudicato alla stregua del paradigma
tolemaico , quello galileiano-newtoniano era falso; giudicato alla
stregua di quest'ul timo è falso quello einsteiniano . In ognuno di
questi casi il sistema più antico ha di fatto perduto l a gara con
quello rivale , }asciandolo alla fine padrone del campo; ma se
l 'unica concreta misura della verità fosse stata la congruenza con
ciò che era già accettato, un simile esito non avrebbe mai potuto
aver luogo. Tale ragionamento si fonda , però , su u n 'arbitraria
limitazione della natura delle persuasioni che entrano nella co
p rio questo che si tenta ora di fare da parte nostra con la stessa
teoria olistica ? Quando affermiamo che la verità è coerenza
non in tendiamo che ciò sia vero solo in parte ; quando diciamo
in generale dei nostri enunciati che sono veri in misura soltanto
parziale riteniamo certamente che questa nostra asserzione su
di essi sia interamente vera . Quest 'argomentazione sembra soste
nersi sul presupposto che non sia mai possibile , mentre si emette
un giudizio, considerare la possibilità che tale giudizio sia falso .
Se s i ammette una tale possibil ità allora ciò che si sta realmente
affermando è che l 'asserzione considerata ha solo la possibilità
di e ssere vera , e almeno questo viene affermato senza riserve.
Il d i fensore della coerenza sarebbe quindi posto con le spalle
al muro. Se , quando dice che tutte le proposizioni enunciabili
sono vere solo in parte , conferisce un valore assoluto a questa
sua asserzione allora si contraddice immedi atamente . Se , d 'altra
part e , non gl ielo conferisce l 'esito non sarà molto m igliore . Per
ché l 'enunciazione della teoria non abbia a contraddire immed ia
tamente la teoria bisognerà precisare che quest 'ul t ima è vera o
adeguata solo a certe condizion i : ma l a seconda enunciazione
così ottenuta non sarà vera solo a certe con dizioni , bensì senza
ri serve . E ciò senza dire del fatto che una teoria che pretendeva
di avere colto in pos i t ivo la natura della verità ha dovuto con
fessare la propria inadeguatezza 20 •
Bisogna però osservare che , sebbene sia vero che se vedo ]a verità
soltanto ipotetica della mia proposizione emetto un giudizio che
in quanto esprime tale si tuazione è vero i n assoluto , ciò ha i n
realtà meno importanza di quanta l 'obiezione gl iene attribuisca.
Ché , per quanto un tale g i u d i z i o possa essere categorico ed as
soluto nella forma , è lungi dall 'esserlo ne] con ten uto. Quali siano
]e condizioni che renderebbero vera ] 'apodosi non m i è dato sa
pere , e nemmeno so se quelle attual mente esi stenti ]a possano in
val idare . La mia asserzione può benissimo limitarsi a d i re che
all a luce delle condizioni a m e note l a proposizione è cred ibile 2 1
22 E che non era affatto sfuggita all'idealismo inglese (si legga ad esempio il
capi tolo conclusivo dell 'opera citata d i Joachim, in gran parte ispirato agli
esiti più radicali della scepsi bradleyana di Appearance and Reality e riguar
dabile proprio come l 'interno processo di autocri tica, maturato a livello meta·
fi s ico, di una posizione originariamente elaborata sul piano gnoseologico e in
tale ambito validamente difesa contro le sue rival i ) . Si può dire anzi che proprio
questa consapevolezza è ciò che d i fferenzia strut turalmente l 'hegelismo anglo
sassone da quello di H egel, conferendo alla riflessione svolta dagli autori insu-
LA V E R I TÀ COME COERENZA 107
questa impossibilità di bloccare il reg resso all 'infinito delle metateorie, costi
tuisce la pu n t u a l e conferma a l i vello tecnico di una l i m i tazione interna al
p.d.v. della c o e re n za che, a n o s tro parere, era già accertabile a t t ra v ers o consi
derazioni filosofiche g e n e r ali del tipo di que l l e esposte or ora nel testo , co n s i
derazioni a cc e ss ibi li nel loro valore essenziale anche p r i m a della sc o pe r ta com
piuta da Godei.
Una particolare attenzione pe r l e imp lic a z i on i c ul t u ra l i de g l i sviluppi tecnici
intrinseci a ll i nda gine e p iste m o l o g i c a sui fondamenti è ri l eva b i l e in M. C acc i a r i
' .
1 Cfr. p. 1 7 s.
2 t:: nota l'obiezione formulata da F.A. Trendelenburg contro la stessa possibi
l i t à di una dialettica i ntesa alla maniera hegeliana: il processo in cui questa con
siste è in realtà possibile solo a patto di operare con tinui e surret t izi appelli
all'esperienza , cosl da mascherare in qualche modo la steri l i t à di quel puro
pensiero nell 'ambito del quale, invece , esso pretenderebbe di svolgersi intera
mente. In risposta si può citare il seguente passo dell a Lo[l,ica di Bradley ( i n
u n contesto dove peraltro n o n si f a alcun riferimento esplicito a Trendelen-
1 12 L 'OR I ZZONTE D E L L ' I N F I N I TÀ ATT U A L E
c i t . , p. 408 s . ) .
COERENZA E M E TODO D I A LETT I CO 1 13
presen t a t i v o ; giacché anche l 'assol uto, come quello che deve esprim ere D i o nel
senso e nella fanna del pensiero, res t a , i n re lazione col suo predicato che è la
sua espressione determ inata e rea le in pensieri , un pensiero soltanto i n tenzio
nale [ e in gemein ter Gedan ke, qualcosa che desi dera o crede sol tanto di essere
un pensiero, senza esserlo veramente] , un sostrato per sé indetermi nato. Essen
do i l pensiero, che è la sola cosa di c ui qui si tra t t a , contenuto sol amente nel
pred i c a to , la forma d i una proposizione, con rel at ivo sogge t t o , è del tutto super
fl u a » . I l corsivo è nos t ro. Hegel r i n v i a al § 3 1 , del quale è per noi i m
portante soprattutto la A n m e r k u ng « N e l l a proposizione : Dio è eterno ecc.
.
6 Anche se alcuni passi hegeliani sembrano poi denotare una sostanziale in
comprensione di questo fondamentale lato della questione: si veda la nota 3 di
questo stesso capi tolo.
L'interpretazione di Bradley da noi ricordata, che è in tal senso la più chiara
e che, come vedremo fra poco, sta alla base anche delle riflessioni svolte da un
altro rappresentante dell'anglo-hegeli smo, J .E. McTaggart (cfr. il nostro saggio
su Differenza e opposizione nell'idealismo britannico: Bradley e McTaggart in
La differenza e l'origine, cit.) , ci sembra concordare per alcuni aspetti fonda
mentali con quella proposta nei giorni nostri da E. Severino e non a caso ri
chiamata nel l ' I n troduzione del presente l avoro (si veda, colà, la nota 6). Anche
per questo autore « la connessione necessaria tra l e determinazioni non deve
essere un ri sultato, ma l 'originario: solo cosl l'isolamento della determina
zione può essere il fondamento del costituirs i della contraddizione di alettica e
tale contraddizione riesce a liberarsi dal carattere di presupposto che invece
essa possiede nel testo hegeliano » (La struttura origi�taria, Adel phi , M i lano
1 98 1 ", p. 56). La dialettica è da intenders i , nel suo signi ficato centrale, come
« il rapporto tra il concetto concreto e il concetto astratto dell'astratto » ( ibid.,
l a stessa struttura originaria nella sua relazione determ inata a i tratti che la costi
tuiscono ». Il concetto astratto dell'astratto è « l 'apparire della determinazione
particolare dell 'originario come determinazione che non solo è d i stinta ma è se
parata dalle a ltre determinazioni dell'originario » (p. 42 s . ) . Non solo : « Ogni
negazione dell'originario è concetto astratto dell'astratto, perché ogni nega
zione è una determinazione particolare dell'originario che viene separata dalla
relazione necessaria che la unisce, come nega ta, alla struttura originari a . Ogni
concetto astratto dell'astratto è una negazione deli 'originario appunto perché
oesso è, esplici tamente o i mplicitamente, negazione del nesso necessario in cui
la struttura originari a consi ste. Poiché la s trut tura originaria è la struttura
della Necessi t à solo i n quanto essa è negazione della propria negazione, la strut
tura originaria è il concetto concreto come negazione del concetto astratto
del l 'astratto, e qu indi della totalità, at tuale e possibile, dei concetti as tratti del
l 'astratto » (p. 43). Che poi i l concetto concreto dell'astratto differisca dal con
cetto astra tto dell 'astratto essenzialmente come il « per sé • differisce dall'c in
sé » e che, quindi, la dialettica non sia al tro che un graduale processo di appro
priazione in actu signato di ciò che è comunque presente in actu exercito, ri·
sulta chiaramente da questi ulteriori ril ievi severiniani: « Il concetto astratto
dell 'astratto si riferisce all 'astratto ... nel suo apparire come quella determina
zione che è ciò che essa è in quanto essa è necessariamente connessa all'origi
nario. L'astratto, cui il concetto astratto dell'astratto si riferisce , è l 'astratto
nel suo esser signi ficante all'interno del concetto concreto dell'astratto, ossia è
l 'astratto nel suo apparire come necessariamente connesso all'ori ginario.
L'astratto, su cui cade la rete isolante del concetto astratto del l 'astratto, è un
tratto d eli 'ori gina rio, nel suo concreto strutturarsi come originari età. t di questo
tratto - che dunque può apparire nel concetto astratto dell'astratto solo in
COE R E !"'I ZA E M E TODO D I A L E T T I CO 1 19
L 'accento posto sin qui sulle figure della negazione e della con ·
traddizione non deve mai indurci nell 'equivoco di credere che
il metodo dialettico possa fare leva sulla scoperta di auto-con
traddizioni : ché queste , nel caso venissero effettivamente ri le
vate , sarebbero del tutto insanabili e n on darebbero luogo ad
alcun processo dialettico , potendo essere tolte solo con la pura
e semplice cancellazione o eliminazione di ciò che da esse risulta
affetto. In questo senso , anzi , si deve affermare con il massimo
della decisione e della chiarezza che la verità e la realtà consisto
no non di contraddizioni , ma di momenti che , se fossero i solati,
sarebbero contraddittori , laddove nella loro sintesi (nel loro or
ganismo, nel loro si stema) si presentano conciliati e coerenti : la
contraddizione non è mai intrinseca ad alcunché, perché è qual
cosa che si delinea sempre fra l 'astratto esplicito ed il concreto
più o meno implicito , fra il tema e lo sfondo 7 • Ma da questi
fon damentali rilievi segue che il ruolo giocato dalla negazione
entro il processo dialettico è, nonostante ogni apparenza con
trari a , sostanzi almente secon dario . L 'aspetto realmente essenziale
della dialettica non è infatti la tendenza della categoria finita a
negarsi m a , piuttosto , la sua tendenza a completarsi . Certo , le
varie sintesi relative che segnano le tappe del processo constano
ognuna di due momenti od aspetti che , isolati , stanno fra loro
nella relazione di idee contrarie, sì che una caratteri stica del
moto di alettico sembra con sistere proprio nel passaggio da
un 'idea alla sua contraria : ma ciò non è dovuto , come volentieri
s i suppone , ad un 'intrinseca tendenza di ogni categoria ad affer
mare la propria negazione in quanto negazione , ma ad u n 'intrin
seca tendenza ad affermare il proprio complemento. Nella pro
spettiva hegel iana non è un fatto meramente contingente che il
com plemento o l 'i n tegrazione di una categoria sia in qualche
m isura la sua negazione, ché anzi si tratta di un principio neces
sario ed assoluto : tuttavia resta vero che una categoria trapassa
n eli 'altra non perché questa negh i il suo significato , ma perché lo
compl e t a . La antiteticità rispetto alla categoria precedente sem-
Sembra allora che il metodo con il quale nel la Logica hegeli ana
si procede da una ca tegoria a quella success iva non sia qualcosa
che s i manti ene invariato lungo tutto il processo ma che , al con
trario, muti a mano a mano che questo avanza . Abbiamo visto
il § 240 dell 'Enciclopedia , che di questo punto dà una pros petta
zione estremamente sintetica ; la differenza tra il modo di proce
dere della dottrina dell 'Essere e quello della dottrina dell'Es senza
e tra quest 'ul timo e quello della dottrina del Concetto è espressa
in modo più dettagl iato nei Zusiitze al § 111 11 e, rispett ivamente ,
11 « Nell 'Essenza non avviene più alcun passaggio, ma c'è sol tanto la relazione.
La forma della relazione è n eli 'Essere soltanto come nostra riflessione ; invece
n eli 'Essenza la r i llcssione è la sua determ inazione propria . Se nella s fera del·
l 'E ssere il qualcosa diventa altro con ciò stesso il qualcosa è scomparso. Nel·
l ' Essenza invece le cose non stanno così ; qui non abbiamo alcun vero altro,
ma soltanto d i versità, relazione dell 'uno al suo al tro. Il passare dell'Esse nza non
è dunque un passare, perché nel passare del d iverso nel diverso il diverso non
scompare, ma i di versi rimangono nella loro relazione. Se per esempio parliamo
dell 'essere e del nulla, l 'essere è per sé e il nulla per sé. Le cose stanno in modo
del tutto d iverso nel caso del positivo e del negativo. Questi termini hanno sì la
C O E R E N ZA E M E TOOO D I A L E TT I CO 1 23
i l c u i d i fetto consiste nel fatto che c i ò che d apprima c 'è in modo s ol t a n t o ideale
v i e n e considerato come già esistente. Ciò che vi ha di giu s to in questa ipotesi
è i nvece che il Concetto n e l suo processo rimane presso d i sé , e mediante
tale processo non è posto niente di nuovo q u a n t o a l contenuto, m a sol tanto
viene prodotto un mu tam e nto di form a . Questa natura del Concetto d i mostrars i
nel suo processo come sviluppo di se stesso costi tuisce p o i a n c h e i l term i ne d i
ri fe r i m e n t o d i c h i p arla di id ee i n n a t e nell 'uomo o d i c h i , come Platone , con
si dera ogni i mparare c om e ricordare ; il che però non deve essere inteso come
se quanto cost i tuisce i l conte n u t o d e l l a cosc i enza formata attraverso l 'i s t ru
z i o n e fosse già stato presen te prima n e l l a coscienza medesi ma i n modo deter
minato ed esplicito. Il movimento del Concetto va con s i derato, per così d i re ,
soltanto come u n gioco; l 'altro c h e v i e n e posto mediante questo movi mento
i n effetti non è un a l t ro . I l c he t ro v a espress ione nella dottr i na del l a rel i g i one
cristiana, quando dice che D i o non ha c reato sol tanto u n mondo c h e gli sta d i
fronte come a lt ro , ma d a l l 'eternità ha anche generato un fi g l i o nel quale è
come s p i ri t o presso di sé » (lbid., p. 3 7 9 s . ) .
1 24 L 'ORI ZZONTE DE L L ' I N F I N ITÀ ATT U A L E
13 § 1 59 , A n m .
a L a t ra ttazione c h e ora segue sintetizza il con tenuto di buona parte d e l I V ca
p i tolo (The development of the method) del l i b ro sopra ricordato e ricalca
l 'e sp o si z i o n e che del medesimo punto g i à avevamo data nelle p p . 200 ss. del
saggio Differenza e opposizione nell'idealismo britannico . . . , cit., al quale riman
d i a m o per ul teriori r ag g u a g l i sull 'opera svol t a da questo autore in q u a l i t à di
s t u d i os o di H egel . Ciò che ci sembra particolarmente significativo e prezioso
a l l ' i n t e r n o di tale o p e ra , sl d a meritare di essere ri p ro p os to entro l 'odierno
d i ba t t i t o fi losofico come q u a l c o s a di ancora fecondo ed attuale, è la scoperta
del l a necessi t à d i d issen t i re da certe persuasioni heg e l i ane « in forza d e l l e s tesse
premesse h e g e l i a n e • : s c o pe r ta che si pone al term i n e di u n tragitto cara tteriz
za t o da u n a compenetrazione m i ra b i l e di lu c i d a intell igenza storica e di v i g i l e
s en s i b i l i t à teoretica , tale da con fi gu ra re l a c ri t i c a q u a s i come u n p o rt a to n a tu·
rate del l 'e s e ge s i e l 'ese ges i come qu a l c o s a di s pon t a n e a m e n t e ed i n tri n seca
mente orien tato verso il momento d e l l ' i n t e r p ret a z i on e speculativa. L'aspetto
sul quale, come già in parte abb i a m o v i sto e come a ncora v e d rem o , lo studioso
scozzese i nsist e mag g i o rm e n te è la rilevazion e del carattere subordinato. e in
u l t i m a ana l i s i provvisorio e acci dentale, spettante alla negazione entro i l pro
ce d i me n t o d i alettico : g i à il riconosc i me n to di q uesto punto impl ica secon d o
l u i il coragg io di « a ff e rm a re esp l i c i tamente qualcosa che nei testi hegeliani
n o n si trova sc ritto • , s i a pur facendo l e v a su asserzioni che, peraltro, quei testi
c o n tengo n o in modo s u ffi c i e n te m e n te c h i aro. Ma da qui il nostro a u t ore
parte per compiere u n 'afTermazione u l t e ri o re e più im pegnativa , che ci dà pro
p riament e l a m isura d e l l 'eret ical i t à d e l l a sua po si z ione ri s petto a q u e l l a di
H egei : si tra t t a d e l l a tesi secondo la q u a l e la dialettica , i ntesa come p roces
s i o ne delle categorie svolgentesi per successi vi con trasti e co n c i l i a z i o n i , n on
esprime e non può e s p r i mere la verità a ss ol u ta , ossi a la natura pro f o n d a del
p uro pensiero , essendo quest 'u l t i m a r i s p e c c h i a t a piut tosto da una progress i one
c o s t ru i ta sul modello di uno s v i l u p p o l i neare e privo di op po s i z i on i , come
sarebbe ad esempio la c re s c i t a d i u n seme fi n o a diven ire pianta (il che nel
corso efTc t t i vo d e l l a d i a l e t t i c a non si v eri fi c a mai perché è piuttosto un id ea l e
a s i n to tico) . S a re b b e questo, in n uce, il paradosso della d i a l e t t i c a , come lo
COERENZA E M E TODO D I A L E T T I CO 125
tratti dal processo ded ut t i vo così come questo si configura nella Logica del·
l'Enciclopedia. Nella prima triade della logica hegeliana tesi e antitesi sono
tali in senso assol u t o : il Nulla non è su u n piano più alto dell 'Essere né l o
contiene i n un senso nel quale anche l'Essere non lo contenga. Si può passare
con eguale facilità dall 'uno all al t r o e vicever s a e ci ascuno dei due è inca pace
' ,
ass o l u t amente puro della logica dell 'Essere : gi à all'interno della prima s fe ra .
16 In questa seconda ipotesi, infatti, sarebbe già disponibile prima facie quella
prospettiva di perfetta unità e continuità fra i termini (tanto perfetta che perde
rebbe addirittura senso in relazione ad essa continuare a parlare a qualsiasi
titolo di una pluralità di termini) alla quale viceversa, nel caso preced ente. si
pensava di poter accedere proprio attraverso il processo dialettico. Non solo
ma, non essendovi più alcun luogo per passaggi o mediazioni di sorta, q u esti
ultimi diverrebbero anche materialmente impossibili. E, a ben guardare, p�
prio cosi dovrebbero stare le cose se noi dovessimo prendere sul serio il re
sponso della dialettica: ché il luogo obiettivo per la possibilità del darsi di
una mediazione non potrebbe essere, in ultima analisi, se non uno iato o una
frattura presenti in seno alla realtà, e invece proprio dalla dialet tica noi ve
niamo a sapere che di tali iati o fratture non ve ne sono. Dunque sembrerebbe
proprio, come sopra si diceva, che se la dialettica ha ragione nella sua conclu
sione fondamentale e nel suo esito ultimo non debba, poi, poter esistere come
processo: e in ciò consisterebbe appunto il suo supremo paradosso. Di fatto le
varie determinazioni logiche ci appaiono inizialmente come isolate da quel
l'organismo vivente nel quale soltanto sono reali (e nel quale dovrebbero com
penetrarsi e fondersi in modo tale che nulla di esse vada predu to) ; ora, com'è
possibile che ciò avvenga? E, in ogni caso, giova osservare che il processo d ialet
tico che da esse può svilupparsi non sarà mai veramente soddisfacente perché,
anche ammesso che la sintesi destinata a scaturime risolva davvero in sé tutto il
contenuto positivo dei momenti che l'hanno preceduta , non riuscirà comunque
a risolvere in se medesima per lo meno quel loro aspetto per cui tali contenuti
sono apparsi discreti o isolati fuori di essa : sl che, se vorrà presentarsi come
integrale o assoluta risoluzione di tutti i conflitti presenti nelle determinazioni
ad essa inferiori, potrà farlo solo operando in qualche modo una forzatura,
ossia - come dicevamo nel testo - senza che tale sua pretesa goda di un 'auten·
tica legittimità. Cercheremo comunque di delineare nell 'ultimo capitolo della
nostra indagine quella che ci sembra essere la soluzione più appropriata per
questa fondamentale e impegnativa problematica.
17 Rimandiamo qui alla nota 9 del cap. I I I e alla trattazione in cui essa era
inserita.
C O E R EN ZA E M ETODO D I A LE T T I C O 131
stringe in seno all ' I ntero è diversa e assai più stretta , potendosene
caso mai scorgere una prefigurazione , come sappiamo, soltanto
nelle p arti conclusive della logica del Concetto. L 'essenza della
mediazione , in quanto consiste dapprincipio nel superamento del
l 'immediato, si configura in ultimo come superamento della stessa
medi azione : ritroviamo così , con una consapevolezza ancora
più p rofonda del suo significato , l 'affermazione dell 'essenziale e
già ric ordato § 50 dell 'Enciclopedia 1 9 • Non resta allora che ripe-
darsi tutta al suo inte rn o , tra i l suo fondamento e l a sua effettiva app l i c a b il i t à ) �
nessun « si s t e ma ,. di d eter m i na z io n i concettuali potrà m a i , quand'anche risul
t as se logicamente i nc o rre gg i b i le o storicamente immodificabile, essere r i gu a rd ato
come u n documento del l 'Assoluto. Ma siamo con sap e v o l i che il senso di quest a
affermazione ris u l ter à in terame n te c om p rens i b ile s o l o nell'ult i mo c a p i to l o del
presente lavoro.
1 9 Alla lettura del q u ale si deve a ffi ancare q u ella del parimenti i m p o rt a n te
§ 12 con la sua A nmerkung, p re z io sa per il co n t r i b u t o alla delineazione de l
fatidico nesso di immediatezza e mediazione e, soprattutto, dei sensi in cui la
seconda può essere detta di pe nde n te o i nd i pen d ente dalla pri m a. « Qui biso
gn a ... richiamare l 'attenzione , in l i nea pre l i m ina re, sul punto c h e se anche i
d ue momenti appaiono come d i stinti , nessuno d e i due può mancare e che essi
sono in connessione i n sci ndibile. Così la c o n os ce n z a di Dio, e quel la di ogn i
s o p r a sen si bi l e in genere, con tiene essenzialmen te un elevamento su ll ' a pp ren
sione s e nsi bile o i ntu i z i one ; contiene dunque un a ttegg ia m ent o negativo v e rs o
questa, ma, in quell 'atteggiamento, è i n s i e m e la mediazione. G i acché media·
zione è pri n c i p i o e pa s sa ggi o a un secondo term i n e , in modo che q ue sto se
c o ndo solo in tant o è in q u a n t o vi si è gi u n ti da un qua lcosa che è a l t ro r i s pe tto
ad es s o . Con ciò, per altro, la conoscenza d i D io non è meno i n d i p e nd e nte
rispe t to a quel lato empirico, anzi si conq u i st a la s u a indipendenza essenzial
mente mediante siffatta negazione ed elevazione . Se la medi azione è prese ntat a
come una co ndi z io nal i t à [Bedingtheit ] ed è messa u n i l at eralmen te in ri l ievo,
si può dire - ma non si dice gran cosa - che la filosofia deve l a sua prima
origine a l l 'espe ri e nz a (all 'a posteriori ) . In r eal t à il p en s i ero è es s e n z i a lm ente
la n eg az i on e di un e s i s ten t e i m med iato. Allo stesso modo il mangiare si d eve ai
m ezzi d i nutrizione, p e rc h é senza questi non s i potrebbe mangiare : il man
gi are viene in verità, sotto questo aspetto, rappresen t a to come u n i ngrato, che
distrugge ciò a cui deve se stesso. E il pe n s i e r o, in questo senso, no n è meno
un i n grato » . Poiché è i n neg a b i le che il m a n g i a re s a re bbe i m p o s s i b i l e s e nza
q u al cosa d a mangi are m a , al tempo stesso, Hegel d i c e che esso non d i p e nd e
d a l l 'esistenza di questo qualcosa , così dobbiamo pensare che l 'i n d i spe n sab i l i t à
d ell 'es perienza per l 'esistenza del la fi losofia non c ompo r t i la d i pendenza d i
qu est a d a qu el la (ossia , nel l a te rm i nolo g i a sopra v i s t a , l a s u a condizionalità o
condizionatezza ad op e r a d i q u el l a ) . t i n somma p os s i b i l e che il pe n s i e r o si
svi luppi come m e d i a z ion e di un p u n t o di i n i z i o , e che abbia d u n que bisogno
di tal e punto di i n i z i o , senza per questo e sse r ne d i pendente. In ass en za del
materiale su cui d i volt a i n v o l ta s i e se rc i t a , è ovv i o , l a d i a l e t t i c a non c i sa
rebbe : non si p u ò d i re tut t a v i a c h e sia cau sata da tale materiale perc hé è sem-
1 34 L 'ORI ZZONTE DELL' I N F I N I TÀ ATT U A LE
mai con esso necessariamente fusa in un'unità superiore, e non ne dipende più
di quanto un 'astrazione operata a partire da una certa totalità dipenda da
altre astrazioni pure derivabili da quella medesima totalità. Ogni passo che
essa com pie è determ inato, come sappiamo, dalla relazione che sussiste fra i l
passo p receden t e e la meta dell 'intero processo : quest 'ultimo, dunque, può a
ragione essere considerato come non dipendente da alcunché.
C A P I T O LO QU I NTO
2 bi R
Osserva ancora il De Negri (nella pagi na successiva a quella appena c i tata) :
c E si può appena immaginare lo scompigl io che sarebbe nato nel mondo dello
Hegel , se questi fosse riuscito davvero a saldare l' 'in sé', il ' per noi ' e il ' per sé'
egualmente in ogni categoria dialettica, anche in quel le nelle quali si riflet
tono p osi z io n i matematizzanti, posizioni empirico-natural istiche e ipostasi del
pensiero formale ».
3 Del resto non è lo stesso Hegel che, all ' i nizio della Logica, c i avverte che
c in filosofia l 'andare innanzi è piuttosto un andare indi etro e un fondare »?
(Scienza della Logica, cit., p . 56). E i n che cosa d i fferisce nell 'essenziale una
simile visione del sapere da quella professata da Aristotele , notoriamente ne
mico dichiarato di ogni panlogismo ed esplicito teorizzatore della d ivergenza
fra le due serie (quella conoscitiva e quella reale ) ?
138 L'ORIZZONTE DE L L ' I N F I N I TÀ A TT U A L E
6 t significativo il fatto che, anche quando si riferisce sia pur brevemente al
l 'esperienza in contesti nei quali non viene temat i zzato l 'aspetto che stiamo ora
considerando, H egel tenga comunque a sottoli neare come in tale concetto sia
inclusa l 'idea di un mutuo e dinamico coinvolgimento d i soggettività e ogge t t i
vità, cioè di qualcosa che è ben diverso da una « semplice-presenza » di que
st 'ultima (per usare una nota espressione hei deggeriana). Vedasi l 'A nmerk ung
del § 7 dell'Enciclopedia : « I l principio dell 'esperienza contiene l 'a ffermazi one
infinitamente importante che l 'uomo, per accettare e tener per vero u n conte
nuto, deve esserci den tro esso stesso; più determinatamente, c he egli trova quel
contenuto i n accordo ed unione con la certezza di se stesso . Dev 'essere esso
stesso colà, o soltanto coi suoi sensi esterni o col suo più profondo spirito, con
la sua autocoscienza essenziale » (corsivi nel testo) . Nell'A n m . del § 38
si parla dell '« importante p rincipio, che si trova nell'empirismo, della libertà :
che cioè quello che l 'uomo vuole ammet tere nel suo sapere deve esso st esso
vederlo, vi si deve esso stesso sapere presen te » : non sorprende che il nostro
filosofo attribuisca ad un simile concetto fondamentali impl icazioni pratiche,
ravvisando anche e proprio nell 'enucleazione d i questo legame il fondamen tale
apporto storico e culturale dell 'em p i rismo e dell 'illuminismo.
7 Fenomenologia, cit., p . 77 s .
1 40 L'ORI ZZONTE DELL' I N F I N I TÀ A T T U A LE
nologica dicendo che essa « non è una vita della coscienza a pro
posito delle cose . . . [ma] è divenire della coscienza nelle cose ed
è anche un venire delle cose a sé medesime nella cosci enza e
mediante la coscienza » 8• Ma allora si scorge agevolmente come
la classica struttura circolare di tipo ermeneutico da n o i ben
conosciuta non possa non ripresentarsi anche all'interno di
una corretta e concreta applicazione del metodo fenomenologi-
l 'Erfahrung he ge lia n a riveste poi una g rande i mportanza anche all 'interno della
sin tesi che della propria posizione ( l 'ormai famoso « pens iero debole » , con
siste n te nell 'estrema radicalizzazione di alcuni spunti e motivi già p re se n t i
nella prospettiva ermeneutica) ha dato G . Vattimo in Al di là del soggetto,
F e l trin el l i Milano 1 984 .
,
Il Lo stesso Hegel nella prefazione alla sua seconda edizione della Scienza della
Logica ( 1 83 1 ) scrive : « Quell 'attività del pensiero che c 'intesse tutte le rappre·
sentazioni . tutti gli scopi, tutti gl'in teressi e tutte le azioni, opera, come dicem·
mo, i nconsciamente (è la logica naturale) )) (cit., p. 1 5 ) . Ora « portare alla
coscienza codesta natura logica che anima lo spirito, che i n esso spinge ed
agisce, questo è il compito » (lbid. , p. 1 6 ) . La libertà dello spirito comincia
proprio quando il contenuto di tale operare viene sottratto alla sua immediata
unità con il soggetto e viene por tato ad una condizione d i oggettività. « Depu·
rare pertanto queste categori e , che operano soltanto istintivamente come im·
pulsi , e che son dapprima portate nella coscienza dello spirito come isolate,
epperò come mutevoli e come intralcianti s i , mentre procuran così allo spirito
una realtà a sua volta isolata e malsicura , depurarle, e sollevar con ciò in
esse lo spirito alla libertà e alla veri tà, questo è il più alto compito logico •
(p. 17).
12 S u questo importante aspetto vedasi la prima parte, dedicata a Hegel, del
13 In questo senso si deve ra mment a re che l 'opera d i obiet tivazione di cui alla
nota 1 1 , indipendentemen te d a l l e sue concrete po ss i b i l it à d i successo finale, non
riu s ci rà comunque mai ad abol i re questa base e ad i n st a u ra re il regno i n te
g r a l e d e l l a c o nsap ev o lez za , cioè a far sl ch e la vita dello spirito si s v olga tutta
nell 'orbita di ques t ' u l t i m a . Quand 'anche i segreti del l a l ogi c a inconscia fossero
svelati p er i n t e r o d al l a « fatica del conce tto » , q u e l la l ogica continuerebbe
comunque ad o p e rare come opera adesso , cioè, a p p u n t o , inconsciamente (lo
stesso accade , su un altro piano, allorché si nota che un ' i l l us ione ottica non
v i e n e el iminata dal fa tto d i d i v e ni r n e co n sa p e v o l i ) : pretendere i l contrario sa
rebbe come voler saltare sulla propria omb ra o, forse meg l io , come voler e l i
minare il terreno sul quale si poggiano i pied i .
1 4 Si v e d a anche l 'esposizione c h e Hegel dà d e lla Wirklich keit : i n particolare,
nell'Enciclopedia, i § § 1 47-49 . U n notevole s v i l uppo queste cons i derazioni tro
vano nella prima delle due opere ricordate nella nota 1 2 .
1 44 L 'ORIZZONTE DELL 'INFINITÀ ATT U A LE
lità del suo processo genetico : non esprime altro che il diritto
della determinazione che afferma se stessa , sì che può soltanto
difenderla quando è già posta , ma non prescrive alcunché sul
divenire o sul nascere . Quest 'ultimo è per definizione ciò che
antecede quella determinazione senza di cui non c 'è negazione e
senza di cui , per conseguenza , il principio di non contraddizione
non ha alcuna base . Non è esatto, dunque, affermare che il fon
damento così come è stato delineato in queste pagine violi il
principio. Piuttosto si dovrà dire che esso sfugge alla giurisdi
zione del principio , in quanto non verifica le condizioni del co
stitu irsi dello stesso significato di questo (e non le verifica pro
prio perché le fonda) : si che , a rigore, non è né contraddittorio
né incontraddittorio, ma, piuttosto, a-contraddittorio 1 5 •
Con queste considerazioni , tuttavia , la nostra indagine è ormai
pervenuta ad un grado di radicalità tale da consentirle di af
frontare senza ulteriori indugi le ultime , decisive questioni alle
quali dedicheremo infatti il capitolo che segue , conclusivo di
tutto il nostro lavoro .
2 Cfr. pp. 1 32 ss. Si che, in ul tima istanza, risulta insostenibile anche lo schema
(si vedano le citazioni severiniane contenute nella nota 6 del cap. IV) secondo
il quale l'originario è il concetto concreto dell'astratto, e Io è in quanto nega
zione dell'isolamento dell 'astratto. I n sé, l 'originario è il concreto simpliciter
e n on è strutturazione dell 'astratto ; il riferimento all 'astratto vale solo quoad
nos. In generale si deve affermare che la norm a per cui qualcosa è vero perché
è negazione della propria negazione definisce solo la ratio quia ; la ratio propter
quid rimane espressa soltanto nella connessione i nversa, in base alla quale qual
cosa è negazione della propria negazione perché è vero.
1 48 L'ORIZZONTE DELL'IN F I N ITÀ ATT U A LE
già sempre , per ciò stesso, in qualche modo unificato , è già sem
pre un uno-di-molti (dunque , in questo senso elementare , è già
un sistema o una struttura , sia pure con un grado infimo di
coesione delle sue componenti : ma sappiamo , peraltro , dalle in
dagini della prima parte che in questo campo è sempre soltanto
questione di gradi) ; insostenibile perché un' originaria moltepli
cità di determinazioni è impensabile , in quanto l 'unità-nella
molteplicità , o analogia che dir si voglia, rimanda sempre per sua
natura ad un Primo che è pura ed assoluta unità ( non unità s iste
matica) , e dunque non può in se stessa intendersi come docu
mento dell 'Assoluto o dell'Originario 3 •
L a dialettica è perciò qualcosa che si svolge fuori dell 'Assoluto :
non è più il caso , ormai , di nutrire la minima perplessità di fronte
a questa affermazione , la cui verità e ra già stata d 'altro canto
intravista nei due capitoli precedenti , al termine di percorsi
diversi eppure complementari . Ma una tale acquisizione solleva
immediatamente un grave problema . Non ci si può non doman
dare come si debba propriamente intendere, e come s i possa
p ropriamente spiegare , l 'esistenza stessa di un ambito della
realtà situato « fuori dell'Assoluto » , cioè , in certo qual modo ,
situato fuori della Realtà ; come , in altre parole , debba conce
pirsi il rapporto antologicamente sussistente tra la dialettica , così
depotenziata gnoseologicamente , e l 'Originario metadialettico.
Certo , quando si giunge alla formulazione di un simile quesito
s i ha l 'impressione che la teori a filosofica del conoscere abbia
1:>rmai sostanzialmente assolto il suo compito introduttivo e quasi
« aperitivo » nei confronti dell'indagine schiettamente metafisica
e che non resti perciò che cedere il campo a quest 'ultima : la
quale , proprio mentre obbliga l 'intelligenza a tendere le sue
forze fino allo stremo, le richiede insieme uno sforzo non meno
v igoroso di vigilanza critica sui propri limiti e, in definitiva, di
umiltà. Noi , in questa sede , non intendiamo cimentarci in una
simile impresa ; prima di conged arci con riconoscenza dagli even
tuali lettori che avessero avuto la bontà di seguirei sino alla fine
ci limiteremo a formu l a re poche , modeste considerazioni che pos
sano eventualmente valere come una prima , generica prefigura
-zione dell 'itinerario che a nostro avviso una tale indagine po
trebbe seguire .
3 S i veda a p . 59 s.
I L R I S U LTATO DELLA D I A LETT I C A 1 49
" Diciamo « per lo meno ,. perché non siamo ignari della proposta che ormai
da quasi un quarto di secolo E . Severino va formulando con insistenza nei suoi
scri tti - la proposta di riguardare il divenire, ogni d ivenire, come un semplice
apparire e scomparire - e perché siamo nello stesso tempo persuasi che essa
possa essere presa in considerazione , almeno i n linea di principio, soltanto per
quanto concerne l 'oggetto della coscienza ma non certamente per quanto
attiene a quest 'ultima: atteso che il sottrarsi ad essa di un oggetto che, pure,
in sé sarebbe eterno non può non comportare « per Io meno » (ci siamo ! ) l 'an
nullarsi di quel positivo che è costituito dal rilucere o dall 'apparire del mede
simo oggetto alla coscienza , la quale , dunque, risulta innegabilmente sottoposta
a un divenire che è tale nel senso forte . « nichilistico », dell'espressione e non
solo nel senso debole voluto da Severi no. Ché la coscienza è proprio quel
l 'unico ambito nel quale il senso forte e il senso debole coincidono i mmedi a
tamente, se solo si considera che predicare il non-apparire di quel particolare
soggetto che è l 'apparire significa appunto predicarne il non-essere. In questo
senso i rilievi formulati nella Postilla bontadiniana apparsa già nel lontano
1 965 sulla « Rivista di Fi losofia Neoscolastica » in risposta al Poscritto di
R itornare a Parmen ide (riedita, quella, in Con versazioni di Metafisica , vol. I l ,
Vita e Pensiero , Milano 1 97 1 , all'interno del saggio Dialogo di metafisica ; ri
stampato, questo, in Essenza del nichilismo, Paideia, Brescia 1 972) ci sembrano
tuttora decisivi e non ci pare che in nessuna delle successive opere severiniane
siano stati validamente ribattuti.
M a proprio partendo dalla sua peculiare concezione metafisica Severino svolge
ne La struttura originaria, cit. (cfr. la nota 6 del nostro cap. IV) alcune consi
derazioni critiche i ntorno al metodo dialettico hegeliano, volte a metterne in luce
u n a sorta di strutturale ambiguità o i nstabilità, per certi aspe t t i non dissimile
da quella denunciata nel presente lavoro anche se i n terpretata i n man iera assai
d i fferente. Il metodo dialettico sarebbe dunque, insieme, « una teoria del signi
ficato e una teoria del diveni re : teoria del significato come divenire » (p. 5 5 ) .
Nel s u o senso fondamentale - c h e è conforme al dogma sovrano n e l quale si
esprime l 'alienazione essenziale dell 'Occidente, ossia è conforme alla fede nel
l 'evidenza originaria del di venire dell 'en te i n quanto tale - esso equivarrebbe
all'affermazione che « poiché l 'astratto . è il cominciamento del movimento del
..
concetto, per questo l 'astratto, andando oltre se stesso, si mostra come l 'al tro
di se stesso ... [ossia] è perché l 'astratto è cominc iamento, che l'isolamento
della determinazione operato dall'intelletto produce la contraddizione dialettica
in cui la determinazione andando oltre se stessa si mostra come l 'altro da sé.
Il d ivenire è il fondamento del prodursi della contraddizione dell 'astratto (cioè
l 'affermazione dell'esistenza del divenire è il fondamento dell 'affermazione che
l 'astratto è un contraddirsi) » (pp. 51 ss.) . Ma, continua Severino, se nel l i n
guaggio hegeliano domina la persuasione del l 'originaria evidenza del divenire,
questa persuasione dominante tende tuttavia a rimanere implicita : sì che la con-
1 52 L'ORIZZONTE DELL'I N F I N I TÀ ATT U A L E
(pp. 52 ss., passim ) . Eppure, in quanto il metodo dialettico non intende valere
come una pura fede nel divenire, in quanto i n tende cioè dedurre i l di venire
della determinazione dalla determinazione in quanto tale, la sua strumentazione
logica appare fortemente inadeguata, dal momento che una siffatta deduzione
del divenire opera presupponendo proprio ciò che vorrebbe dedurre. t a questo
punto del suo discorso che Severino introduce una serie di considerazioni singo
larmente convergenti con quelle su cui noi abbiamo fatto leva nella nostra
critica dell'hegelismo storico (e significativamente conformi , nello spirito se
non nella lettera, ad un ap proccio come quello del McTaggart, benché i l nostro
autore non si sia mai riferito nelle sue opere all 'idealismo anglosassone, almeno
stando a quanto ci risulta). « Se ... si sta alla forma esplicita della ded uzione
ogni passo del metodo risulta inesplicabile. Perché la detenninazione indugi4
nella propria immediatezza e riesce ad essere qualcosa di • fisso• che ancora
non è andato oltre di sé? Ossia perché non è un originario star oltre di s.é ?
C h e cosa trattiene la determinazione alla propria immedia tezza (anche se solo
provvisoriamente essa vi si trattiene)? E perché la determinazione, a ndando
oltre di sé, indugia daccapo nella contraddizione costituita da questo andar
oltre - indugia nella contraddizione come contraddizione non tolta? E solo
dopo che la contraddizione è riuscita a fissarsi nel suo essere come ancora non
tolta, essa è tolta nel l a negazione della negazione in cui consiste l'unità degli op
posti? Perché la determinazione non è originariamente negazione della propria
negazione? Perché la dete rm i n azione indugia " d apprima " nel proprio isola
mento e, poi, nella contraddi zione da esso provoca ta, e non è invece originaria
mente il toglimento della contraddizione e cioè dell 'isolamento che l a provoca?
t indubbio che per Hegel i momenti del metodo non debbono essere separati
fra loro ... , ma la loro unità non elimina la loro scansione, e quindi è perché
la determinaz ione riesce dapprima a fissars i , che essa si contraddice, ed è perché
la contraddizione riesce, a sua vol ta, a costituirsi come non tolta, che poi essa
la seconda delle due connessioni sopra enunciate, nelle quali veniva condensato
il s i gn ificat o del metodo dialettico, sia destinata in ultima istanza a risolversi
nel l a prima, di cui era però parso chiaro il carattere tautologico e, quindi,
tut t 'altro che genuinamente medi azionale. Ora, secondo noi è verissimo che
Hegel n on indica nei suoi testi la ragione per l a quale il sapere si struttura
come m ediazione e come processo invece di confi gu rarsi come un'istantanea
an t ologiche di una processua l it à che, per un aspetto essenziale, non può non
presentarsi aporetica en tro una coerente e compiuta visione dialettica del reale
(e per l 'illustrazione d i quell 'aspetto e per la fondazione di tale aporeticità,
ambedue condotte indipendentemente da ogni prospettiva parmenidca o neo
parmenidea, non poss iamo che riman dare all 'esposizione dei nostri u l t i m i tre
capitol i , nei quali esse si appoggiano semmai a testi dovut i allo stesso Hegel ) ;
riteniamo d 'a ltra parte che, al meno in l i nea di principio, il metodo hegeliano
s i a i n grado di offri re una sufficiente giusti ficazione dell 'asserto che « l 'isola-
1 54 L 'ORIZZONTE DELL ' I N F I N I TÀ A TT U A L E
s Per ciò che diremo da qui sino alla citazione testuale cfr. La struttura origi
naria, cit., pp. 543-49, passim (nella vecchia edizione, pp. 40 1 -6) .
1 56 L 'OR I ZZONTE D E L L ' I N F I N I TÀ A T T U A L E
Paci , E . , 1 35 n. Sellars, W . , 1 3 n . , 2 4 n . , 2 7 n.
Platone, 8 1 , 82, 123 n . Severino, E., 1 7 n., 1 1 8 n., 1 1 9 n.,
6 4 n . , 9 8 n . , 1 04 n. Spencer, H . , 50
Stein, P., 42 n.
Quine, W.V.O ., 12 n., 84
Tarski , A., 85 n., 1 07 n.
Reichenbach, H . , 5 8 Temistio, 3 1 n .
Restaino, F . , 1 3 n . Toulmin, S . , 1 3 n., 1 4 n .
Ricoeur, P . , 1 4 n. Trendelenburg, F.A ., 1 1 1 n., 1 1 4 n.
Rorty, R., 13 n., 1 4 e n., 24 n.,
2 6 n . , 27 n., 3 8 n . , 75 n., 79 n., Vanni Rovighi, S., 46 n .
80 n., 81 n. Vattimo, G., 1 1 n . , 1 4 e n., 1 4 1 n.