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I FRATELLI

(libero adattamento de “ I Fratelli ” di Terenzio di E. Zancanaro)

Personaggi: (8 maschi; 10 femmine)


Micione (vecchio)
Demea (vecchio)
Eschino (giovane)
Ctesifone (giovane)
Parmenone (servo)
Siro (schiavo)
Sannione (lenone)
Egione (vecchio)
Euriclea (nutrice di Eschino)
Frigia(solo voce, moglie di Siro)
Smirne (amica di Anthea, figlia di Cantara)
Anthea (ragazza amata da Eschino)
Panfila (etera amata da Ctesifone)
Cloe (etera)
Bacchide (etera)
Sostrata (madre di Anthea)
Cantara (amica di Sostrata)
Dafne (schiava di Anthea -al posto di Geta-)

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I Atto
MICIONE, DEMEA, EURICLEA, FRIGIA

MICIONE - Euriclea! Euriclea! Per Zeus!


FRIGIA – (dall’interno)Ma che gli piglia al padrone? È notte, il gallo ancora non ha cantato!

EURICLEA –(dall’interno)Aaah, smettila di cianciare, Frigia, e dammi il mantello piuttosto! Alla


sua età star fuori, quando ancora il sole dorme, non gli farà certo bene alle ossa! (esce di
casa) Che c’è Micione? Cosa ti tormenta?
MICIONE- Eschino! Eschino stanotte non è rientrato, come pure nessuno degli schiavetti che
gli erano andati incontro!
EURICLEA – Ma Micione! Son ragazzi, cosa vuoi che sia successo? La notte è ancora giovane,
avran trovato modo di far giorno…vieni dentro che tira vento e si avvicina un temporale.
MICIONE –(alterato) Non capisci niente! È proprio vero quel che dicono: sei andato da qualche
parte? Hai fatto tardi? Allora è proprio meglio che ti capiti quello che ti augura, o che pensa in
cuor suo, tua moglie quando ce l'ha con te, piuttosto che quello che temono i genitori per i
propri figli!
EURICLEA - (mettendosi le mani sui fianchi e sorridendo)- Ma senti un po’ cosa mi tocca
sentire! Lo sai bene che se un marito esce e…tarda una moglie, pensa che sia innamorato, o
che qualcuna sia innamorata di lui, o che stia sbevazzando, facendosi i fatti suoi, mentre lei a
casa si strugge! E quando rientrate? Eh! Non la smette più, di farvi domande, di tormentarvi!
Voi uomini ci detestate per queste nostre…ansie!!!
MICIONE – E’ vero, ma ora, siccome è mio figlio che non torna…ho paura!
EURICLEA- E di che cosa hai paura? Che non si sia messo la maglia di lana? Che sia caduto in
un dirupo, o che si sia spaccato qualcosa?
MICIONE – Già, è proprio così! Guarda un po’ se si deve far posto nel proprio cuore o andarsi
a cercare qualcuno da amare più di se stessi!
EURICLEA- E non è neppure figlio tuo, ma di tuo fratello Demea! Quel vecchio brontolone!
MICIONE - Siamo sempre stati d’indole diversa noi due, fin da ragazzi: io ho condotto una
tranquilla e agiata vita cittadina e non ho mai, MAI, preso moglie…
EURICLEA - (con atteggiamento di chi conferma quanto detto poco sopra) Cosa,
appunto, che la gente reputa una fortuna!
MICIONE – Lui, invece, vita in campagna, economia attenta e rigorosa, matrimonio, due figli.
Uno, poi, il maggiore, l’ho adottato io, per farne il mio erede, l'ho allevato fin da bambino, l'ho
considerato e amato come se fosse mio. E’ tutta la mia gioia, la mia consolazione e faccio di
tutto perché mi contraccambi…
EURICLEA - (complice e dolce) Lo so, lo so! Al nostro caro Eschino concedi ciò che vuole,
lasci correre, non ritieni necessario che faccia tutto come vorresti tu…
MICIONE -… e soprattutto, quelle ragazzate che gli altri fanno di nascosto dal padre ho abituato
mio figlio a non nascondermele, perché chi avrà l'abitudine di mentire a suo padre, o avrà il
coraggio di ingannarlo, tanto più lo avrà con gli altri.
EURICLEA - Hai ragione, è meglio frenare i figli col rispetto e con l'indulgenza piuttosto che con
la paura.
MICIONE - Su questo mio fratello però non è d'accordo con me, non gli va!
EURICLEA - Non gli va no! Spesso arriva qui tutto agitato e rabbioso e grida, grida: (gli fa il
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verso) «Che fai, Micione? Perché mi rovini quel ragazzo? Perché va a donne? Perché si ubriaca?
Perché favorisci tutto questo dandogli la paghetta? Perché è sempre vestito all’ultima moda?
Sei davvero una pappamolla!» -
MICIONE – Io un pappamolla! Lui come padre è troppo severo, al di là del giusto e del lecito!
A mio avviso, si sbaglia di grosso se crede che l'autorità basata sulla forza sia più salda e sicura
di quella ottenuta con l'affetto. Io la penso così e mi regolo di conseguenza: chi fa il proprio
dovere per timore di un castigo, finché pensa che la cosa si verrà a sapere, sta attento; ma se
spera di farla franca, torna a seguire la propria indole. Quello, invece, che ti sei conquistato
trattandolo bene, agisce spontaneamente, cerca di contraccambiarti: che tu ci sia o no, si
comporterà, sempre, allo stesso modo. Questo è il compito di un padre, abituare suo figlio ad
agire onestamente da solo, anziché per paura degli altri: è questa la differenza tra un padre
e un padrone. E chi non ci riesce, ammetta di non saper comandare ai figli!
EURICLEA – (sospira)Ormai albeggia; Oh, guarda un po’chi sta arrivando? Lupus in fabula! Iiii
come è nero…entro in casa, non voglio sentire la solita lagna!
(entra dal pubblico Demea)
MICIONE - Mio fratello Demea, ha un’aria piuttosto scura…come al solito, mi pianterà delle
grane. (ad alta voce) Mi rallegro di vederti in buona salute, mio caro, guarda che bell’alba
abbiamo oggi! Goditi quest’aria tersa che pulisce i pensieri e…calma il cuore!
DEMEA - Capiti al momento giusto: stavo proprio cercando te.
MICIONE - Perché sei così scuro in volto?
DEMEA – A me, che ho Eschino per figlio, vieni ancora a chiedere perché sono scuro in volto?-
MICIONE (rivolto al pubblico sottovoce) - Non l'avevo detto? (a voce alta) Che ha
combinato, questa volta, il nostro Eschino?-
DEMEA - Cosa può aver combinato? Lui che non si vergogna di nulla, che non ha paura di
nessuno, che ritiene di non dover rispettare alcuna legge! Lasciamo perdere quel che ha
combinato in passato: ADESSO/ ha veramente/ superato/ il limite!
MICIONE - Che avrebbe fatto?
DEMEA - Ha fatto irruzione in casa altrui dopo aver buttato giù una porta; ha pestato a sangue
il padrone e i suoi schiavi; ha rapito la donna, di cui è innamorato. Tutti gridano che è roba
dell'altro mondo, dell’altro mondo! In quanti, Micione, me l'hanno detto, lungo la strada! È sulla
bocca di tutti. (si siede, la testa tra le mani, breve pausa)Ma insomma, se ha bisogno di
un esempio, non lo vede suo fratello Ctesifone? Aiuta, me, suo padre, vive semplicemente e
sobriamente in campagna e non ha MAI, MAI combinato niente di simile. Questo, Micione,
mentre lo dico a lui, lo dico anche a te: sei TU che lasci che si rovini! (abbassa e scuote la
testa)

MICIONE – (scuote la testa)Non c'è persona più ingiusta dell'inesperto che ritiene che sia ben
fatto solo quel che fa lui!
DEMEA – (alza la testa, sguardo interrogativo, come a dire:”cioè?”)… Non capisco
MICIONE - Tu, Demea, sbagli nel giudicare queste cose. Andare a donne e ubriacarsi, quando
si è giovani, non è un delitto, credimi, proprio non lo è; e neppure buttar giù una porta. Se tu
ed io non l'abbiamo fatto, è solo perché non ne avevamo i mezzi! Adesso non verrai mica a
dirmi che quel che non hai fatto perché eri povero torna a tuo vanto? Sarebbe ingiusto! Quindi,
se tu fossi un essere umano, lasceresti che facesse tutto questo anche Ctesifone, il figlio che
vive con te, ORA che l'età glielo consente, invece di dover attendere di averti sotterrato, per
farlo poi, ugualmente, ma quando non è più il momento.
DEMEA –Per Zeus! Se fossi un essere umano?IO? Vuoi farmi diventare pazzo! Fare queste cose
da giovani non è un delitto?-
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MICIONE - Ooh, sentimi bene, e che sia l’ultima volta! Mi hai affidato tuo figlio Eschino in
adozione? Ebbene di lui mi assumo io la responsabilità maggiore! Gozzoviglia, si ubriaca, olezza
di profumi? Lo fa con soldi miei! E’ innamorato? Gli darò soldi finché gli serviranno; se non ne
avrà, forse lo chiuderanno fuori. Ha buttato giù una porta? Sarà rimessa a posto; ha lacerato
un abito? Sarà ricucito! Grazie al cielo ho di che provvedere e finora non mi dispiace farlo. Falla
finita, in questa faccenda chi sbaglia di più sei tu!
DEMEA (tra attonito e arrabbiato, alza la voce)- Ai corvi! Impara a fare il padre da quelli
che sanno esserlo davvero!
MICIONE - Tu gli sei padre perché lo hai messo al mondo, io perché gli insegno a stare al
mondo!
DEMEA – (arrabbiato)Perché sei forse in grado d'insegnare qualcosa tu? -
MICIONE - Senti, se continui, me ne vado! -
DEMEA - Ah, è così che mi tratti?
MICIONE – E che? Dovrei stare a sentire sempre la stessa canzone?
DEMEA – Ma sono suo padre, sono io che devo occuparmene!
MICIONE - Ma io pure. Comunque, Demea, dividiamoci equamente i pensieri: tu pensi a uno e
io all'altro; voler pensare a entrambi, da parte tua è come chiedermi indietro quello che mi hai
affidato.
DEMEA – Senti(fremendo),… Micione!
MICIONE (impuntato deciso) - Io la vedo così!
DEMEA – (sospira)Che dirti a questo punto? Se a te va bene così: sperperi, rovini, TI rovini!
La cosa non mi riguarda! Ma non sono un estraneo, se mi oppongo è perché…Oh, Basta! Se
d'ora in avanti dirò una sola parola...(si morde la mano) Visto che tu desideri che io pensi a
uno solo, d'accordo, lo farò. Grazie al cielo, lui è come voglio che sia! Il tuo se ne accorgerà in
seguito… non voglio andar giù troppo pesante sul suo conto…
(Demea si allontana tra il pubblico)
MICIONE – (perplesso e seccato) Non è tutto sbagliato quel che dice, lo so… la faccenda mi
secca alquanto! Ma non ho voluto far vedere che la cosa mi dava fastidio. Se voglio calmare
Demea, devo essere pronto a contrastarlo e a distoglierlo dai suoi timori; non riesce ad essere
comprensivo, ma se gli do corda e alimento la sua collera, finirò coll'impazzire insieme con lui.
Certo che Eschino in questa faccenda qualche torto me lo ha fatto. Non c'è puttanella qui con
cui lui non abbia fatto l'amore o a cui non abbia fatto regali. Da ultimo, poco tempo fa (gli erano
venute a noia tutte, credo), m'ha detto che voleva sposarsi. Mi sono illuso che gli ardori della
gioventù fossero sbolliti…ero contento! Ed eccoci, invece, daccapo! Comunque sia, però, voglio
sapere la faccenda da lui e parlargli. (si allontana)

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ATTO II
CANTARA, SOSTRATA, ANTHEA, SMIRNE SCENA 1
(Cantara e la figlia Smirne vanno a trovare Sostrata e Anthea).

CANTARA – Cara Sostrata, che gioia rivederti!


SOSTRATA – Cantara, ma quando siete arrivate?
CANTARA – Giusto ieri, siamo venute subito a trovarti e a sapere come sta tua figlia Anthea.
Nessuno infatti ha saputo o voluto dirci nulla se non che sono mesi, dall’ultima festa in onore
di Demetra, che non la si vede in giro…
SOSTRATA – Eh, il male di Anthea avrà presto un nome...ma non voglio che la gente parli, per
questo non esce mai. Anthea, cara, vieni a vedere chi c’è!(Anthea esce, le ragazze si
abbracciano). Noi andiamo di là, Cantara, ho tante cose da raccontarti!-

ANTHEA –(tenendola stretta)Amica cara, quanto mi sei mancata! Artemide, soccorritrice nelle
doglie, ha ascoltato le mie preghiere!
SMIRNE –A quanto vedo, fai bene a pregare Artemide (maliziosa indicando il ventre)…quanto
ad Afrodite l’hai già fatto!
ANTHEA- Temevo non sareste più tornate da Calcide…
SMIRNE- Mio padre per fortuna ha deciso di tornare, gli mancavano… le nostre cipolle ha detto
(si guardano e si mettono a ridere) Ma tu piuttosto…raccontami come hai fatto ad “ingrassare”
così, chi è il padre, dove l’hai conosciuto?
ANTHEA-Mi ha vista la prima volta al funerale di mio zio, il vecchio Ibico
SMIRNE- Un classico! Cerimonie religiose e funerali sono ghiotte occasioni per innamorarsi! E
poi, e poi?
ANTHEA- la sera passava sotto casa e appena sentiva mia madre russare…-
SMIRNE- ah, ah, ah, vero! Tua madre è famosa per questo in città! Un alveare al confronto è
un cimitero!
ANTHEA- Veniva sotto la finestra nel buio più buio e… cantava!
SMIRNE - Cantava?
ANTHEA - Sì, cantava, canzoni mai udite prima e così belle! Ci vorranno secoli per risentirle!
Diceva…” affacciati alla finestra amore mio…”, oppure “Buonanotte, buonanotte fiorellino…”
SMIRNE – Oh, che dolce…e tu? Non ti sarai mica affacciata?
ANTHEA - Scherzi?!?...per un po’ di sere ho sbirciato dalla tenda, ma…-
SMIRNE - ma poi…
ANTHEA - Poi, poi!…poi si lamentava, piagnucolava, diceva di farmi mandare dalla mamma al
pozzo, a prendere l’acqua, che doveva dirmi una cosa riguardo noi due…”
SMIRNE - E tu? Non eri curiosa? Noi donne siam famose per farci prendere all’amo, le frasi a
metà…ci mettono…(strizza l’occhio) una fregola addosso!
ANTHEA – diceva: “da quando ti ho visto al funerale di tuo zio, non son più io!”
SMIRNE - Io chi? Ma ti ha detto chi è?
ANTHEA – Mi disse di chiamarsi come lo scaltro Odisseo, Nessuno! L’uomo misterioso, dalla
voce vellutata e… mi sono innamorata! Mi recitava versi, ogni sera diversi! Ha cantato il collo
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candido del mio piede, il mio corpo flessuoso, sottile come un virgulto di palma che svetta versa
il cielo, l’onda morbida dei miei capelli, i dardi dei miei occhi conficcati nel suo cuore che l’hanno
incatenato e…e poi una notte, (con enfasi) l’apoteosi!”
SMIRNE - L’apo che?
ANTHEA - Era allegro, un po’ ubriachello…dagli occhi è sceso alle labbra e…
SMIRNE - e…
Anthea - ed è passato a parlar di…baci! Dolce (fa una piroetta)…,sussurrava…” Ma poi che cosa
è un bacio? Un giuramento fatto un poco più da presso, un più preciso patto, una connessione
che sigillar si vuole, un segreto detto sulla bocca, un istante d'infinito, un mezzo di potersi
respirare un po' il cuore, e assaporarsi l'anima a fior di labbra, un apostrofo roseo messo tra le
parole t'amo!
SMIRNE - Ah! Però!...tuttavia, generalmente… chi tanto parla, niente poi fa!
ANTHEA - Infatti! Gli ho detto “sì, sì! parole, parole, parole, sempre soltanto parole, parole fra
noi!”
SMIRNE - E lui? (maliziosa) che ti ha detto?
ANTHEA- Ora salgo e ti dimostro quale altra arma so bene usare!
SMIRNE – Ma non gli hai detto di andarsene, che se tua madre si fosse svegliata lui non avrebbe
visto nessun’altra alba?
ANTHEA- Gliel’ho detto, certo! “Rinuncia al tuo potere di attrarmi ed io rinuncerò alla mia
volontà di seguirti!” Mi ha risposto deciso e si è arrampicato sull’edera che abbraccia la casa!-
SMIRNE - E tu…l’hai baciato!
ANTHEA-(facendo spallucce a aprendo le mani) Son femmina, son curiosa…(piagnucolando),
ma non credevo che un bacio facesse diventare la pancia grossa come una zucca!
SMIRNE - E brava! (con tono melodrammatico)La sventurata rispose! (rivolta al pubblico) è
rimasta al cavolo e alla cicogna!
ANTHEA - Per fortuna è un galantuomo e mi ha promesso che mi sposerà anche se non ho
dote…l’unica che avevo infatti se l’è presa lui!
SMIRNE - E ora, me lo dici chi è questo (con ironica enfasi) galantuomo Nessuno?
ANTHEA - Ancora no, ma presto lo saprai, te lo prometto! Ma tu giurami su Persefone, che tu
finisca a casa di Ade se rompi il giuramento, che non dirai nulla di quanto ti ho confidato a
nessuno! Mia madre non deve sapere la verità, ne morirebbe! Per salvare il mio onore lui infatti
le ha detto che, ubriaco, mi ha presa con la forza alla festa di Demetra!
SMIRNE – Stai tranquilla, sarò muta come un pesce! (rientrano le madri)
SOSTRATA –Eh sì, cara la mia Cantara, le cose stanno così…Non è stato facile per una donna
sola come me! Anthea è una brava ragazza, ma lo sai anche tu, i giovani, a volte, ostaggi di
Dioniso, e le fanciulle complice Afrodite, non pensano a ciò che fanno!
CANTARA- Nella disgrazia sei fortunata però! Mi hai detto che il giovane viene qui ogni giorno,
che non l’ha sedotta e abbandonata!-
SOSTRATA- Eschino è l’unico conforto delle mie disgrazie!-
CANTARA – E un gran bel conforto! Anthea è stata sedotta, ma da un uomo come lui di casa e
animo nobili e di famiglia ricca!
SOSTRATA- Sì, certo, hai ragione: prego gli dei che ce lo conservino!_
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SCENA 2
SANNIONE, ESCHINO, PARMENONE(PANFILA)

SANNIONE (gridando) -Vi prego, cittadini, aiutate un povero innocente, soccorrete un debole!
ESCHINO (a Panfila)- Tranquilla, adesso fermati lì. Che guardi? Non c'è alcun rischio: finché ci
sarò io, questo qui non ti toccherà mai!
SANNIONE – (minaccioso) Io questa qui… anche contro il volere di tutti...
ESCHINO (a Panfila) - Anche se è un delinquente, oggi starà ben attento di non prenderle
un'altra volta.
SANNIONE - Sentimi bene, Eschino: io sono un ruffiano, (Eschino annuisce) ma anche un uomo
leale, di parola come nessun altro mai. Per cui, se in futuro vorrai scusarti, dicendo che non
volevi recarmi offesa, non m'importa nulla! Credimi! Farò valere i miei diritti fino in fondo, e tu
non potrai ripagare con le parole il danno che mi hai arrecato coi fatti. La conosco bene io la
vostra canzone: “Non volevo farlo” e sotto giuramento dirai “tu non meriti di essere offeso
così”, ma intanto sono stato offeso come non meritavo!
ESCHINO (a Parmenone) - Coraggio, va' avanti! Apri la porta.
SANNIONE - Allora non te ne importa niente?
ESCHINO (a Panfila) -Va' dentro, ora.
SANNIONE (si mette davanti a Panfila)- Non lo permetterò davvero!
ESCHINO (a Parmenone) – Mettiti lì, Parmenone,…no, non troppo lontano, fermati qui accanto
a lui: ecco, così. Ora tieni i tuoi occhi ben fissi nei miei…non staccarli; se ti faccio segno, non
aspettare, mollagli subito un altro pugno in faccia.
SANNIONE - Voglio proprio vedere!(afferra per un braccio Panfila)
ESCHINO – Guarda allora(fa un cenno a Parmenone che dà un pugno a Sannione). Lascia
andare la ragazza!
SANNIONE - Che infamia!
ESCHINO - Se non stai attento, arriva il bis. (Parmenone dà un altro pugno a Sannione)
SANNIONE -Ahi, povero me! Ahi! (lascia andare Panfila)
ESCHINO (a Parmenone)- Veramente non ti avevo fatto segno; ma in questo senso esagera
pure. Vattene svelta. (Parmenone entra in casa con Panfila)
SANNIONE - Ma che cavolo fai? Sei tu il re qui, Eschino?
ESCHINO -Se lo fossi, saresti sistemato come meriti.
SANNIONE - Ma cosa abbiamo da spartire noi due?
ESCHINO - Niente.
SANNIONE - E allora? Lo sai chi sono io?
ESCHINO - No, e non voglio saperlo.
SANNIONE- Ho mai toccato niente di tuo?
ESCHINO - Se ci avessi provato, avresti passato i tuoi guai.
SANNIONE – E perché tu, invece, hai il diritto di tenerti una donna che è mia e che ho comprato
con moneta sonante? Rispondimi!

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ESCHINO -Sarebbe meglio non fare questo bordello proprio qui sotto casa; se continui a
scocciare, ti faccio portare dentro e coprire di legnate fino a quando tiri le cuoia.
SANNIONE- Legnate a un uomo libero?
ESCHINO - Proprio così.
SANNIONE - Brutto sporcaccione! Ma non dicono che in questo paese la libertà è uguale per
tutti?
ESCHINO -Se ti sei sfogato abbastanza, ruffiano, ascoltami adesso, per favore!
SANNIONE –Sono un ruffiano, è vero, la classica rovina della gioventù, sono uno spergiuro,
una carogna; però a te non ho mai torto un capello. Sono stato io a fare il matto, (alzando la
voce) mi sono sfogato io oppure tu sulla mia pelle?

ESCHINO- Per Ercole,ci mancherebbe altro! Lasciamo perdere questi dettagli, e veniamo al
dunque.
SANNIONE - Quale «dunque»? Dove devo venire?
ESCHINO -L'hai comprata per venti mine- ti venga un accidente!- e tanto ti sarà dato!
SANNIONE - E se io non voglio vendertela? Mi vuoi costringere?
ESCHINO- Neanche per sogno...
SANNIONE –Volevo ben vedere!
ESCHINO- Hai proprio ragione! Non credo che si possa vendere, dato che è libera(in tono
solenne):io infatti la dichiaro libera secondo la legge, per imposizione di mano. Ora vedi tu
cosa preferisci, se prendere i soldi che ti offro, o… pensare al processo. Pensaci su, finché torno,
ruffiano. (si allontana)
SANNIONE (spalanca la bocca)- Per tutti gli dei dell’Olimpo! Capisco quelli che diventano pazzi
per un torto! Mi ha trascinato fuori casa, mi ha bastonato, mi ha portato via la ragazza contro
la mia volontà e ora, grazie a queste prodezze, pretende che gliela venda al prezzo per cui l’ho
comperata io; me disgraziato, e mi ha pure riempito di schiaffoni! (con amara ironia) E allora,
va bene, ormai desidero anch'io che la cosa finisca qui, purché mi renda i miei soldi! Ma vedrai:
appena dirò che gliela vendo a quel prezzo, porterà subito dei testimoni che gliel'ho già
venduta; e i soldi...li vedrò in sogno! Quando ti metti a fare questo mestiere la prepotenza dei
giovanotti devi tenertela e mandarla giù! Non prenderò un soldo... è inutile che stia a fare tanti
conti.
SIRO, SANNIONE SCENA 3

SIRO (esce di casa rivolgendosi a bassa voce a Eschino che sta dentro) -Zitto, vado io da lui.
Farò in modo che sia ben contento di accettare, anzi, dirà di essere stato trattato bene!(ad alta
voce, a Sannione) Cos’è questa storia, Sannione? Sento che hai avuto non so che discussione
col mio padrone.
SANNIONE - Non ho mai visto un combattimento più impari di quello che c'è stato oggi fra noi:
io a prender botte, lui a bastonare, fino allo sfinimento di entrambi!
SIRO - La colpa è tua.
SANNIONE - Cosa dovevo fare?
SIRO - Dovevi assecondare gli umori del ragazzo...
SANNIONE – Non ho fatto altro, gli ho offerto la faccia tutto il giorno!
SIRO – Ascolta, sai che cosa ti dico? Il guadagno più grande, a volte, è lasciar perdere il denaro
al momento giusto. Ma sì! Se tu avessi rinunciato a una piccola parte del tuo diritto e avessi
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dato corda al ragazzo, cretino che non sei altro, saresti stato subito ben ricompensato! Cosa
sono per te venti mine?…tra l’altro ho sentito dire che sei in partenza per Cipro…
SANNIONE – ( imbarazzato) Ehm, ehm…
SIRO -...che hai comprato qui molta merce da portare laggiù e che hai già noleggiato la nave:
è per questo, lo so, che sei in dubbio su cosa fare...partire o restare e concludere prima questa
faccenda? Vai, vai, parti tranquillo, lo farai quando, ad Eolo piacendo, sarai tornato di laggiù.
SANNIONE (a parte, verso il pubblico)- Maledetti! Non devo allontanarmi di un passo! Per
Eracle, sono rovinato: era questo che speravano quando si sono messi in questo affare!
SIRO (a parte verso il pubblico)- Ha paura: gli ho messo la pulce nell'orecchio.
SANNIONE (a parte)- Che mascalzonata! Mi ha colto proprio nel punto debole. Ho comprato
parecchie ragazze e anche altra merce che da qui porto a Cipro. Se non arrivo là durante il
mercato, ci rimetto un sacco. Ma se adesso trascuro questa faccenda e la rinvio al mio ritorno,
i giochi saranno fatti! La cosa si sarà raffreddata: «Adesso te ne arrivi? Perché non te ne sei
interessato prima? Dov'eri?» ... È meglio rimetterci in denaro che rimanere adesso un sacco di
tempo qui o fargli causa dopo…
SIRO – Allora? hai fatto i conti di quel che pensi di guadagnarci con Panfila?
SANNIONE- È un comportamento degno di Eschino, questo?
SIRO (a parte)- Ci sta cascando. (ad alta voce) Posso farti solo quest'ultima proposta. Vedi se
ti va: invece di correre il rischio di avere tutto o di rimetterci tutto, fagli metà prezzo, Sannione:
dieci mine da qualche parte riuscirà a rastrellarle!
SANNIONE - Povero me! Ma non si vergogna? Mi ha spaccato tutti i denti e la mia testa è tutta
un bernoccolo a forza di pugni. E per di più mi vuole ancora truffare? Non vado da nessuna
parte!
SIRO - Come vuoi; ti serve qualcosa, prima che me ne vada?
SANNIONE - Per Eracle, no, Siro, fammi questo favore: pur di non andar in causa, mi accontento
almeno del prezzo che l’ho pagata. Siro, so che tu prima d'ora non hai avuto prove della mia
amicizia, ma vedrai! Sono uno che si ricorda e sa essere riconoscente…
SIRO - Provvedo subito. Oh, arriva Ctesifone: è felice per via della sua amante.
SANNIONE – Allora? Che ne dici di quel che ti ho chiesto?
SIRO - Aspetta un momento.
CTESIFONE, SIRO (SANNIONE)

CTESIFONE (sopraggiunge da sx senza scorgere Siro e Sannione)- Quando ne hai


bisogno, ricevere del bene fa piacere, da chiunque ti venga. Ma è una gioia ancora più grande
se a fartelo è la persona da cui più te lo aspetti! O fratello, fratello mio, come potrò mai rivolgerti
un elogio all’altezza dei tuoi meriti. Non esiste nessuno che abbia un fratello pari al mio…
SIRO - Salve, Ctesifone.
CTESIFONE - Ehi, Siro. Dov'è Eschino?
SIRO – (indicando la casa ) È lì, ti aspetta in casa.
CTESIFONE – (tirando un respiro di sollievo) Aah, bene!-
SIRO - Che c'è?
CTESIFONE - Cosa vuoi che ci sia? Grazie a lui, Siro, ora sono vivo! È un tesoro! Ha subordinato
ogni cosa al mio interesse! Si è tirato addosso insulti, dicerie, il mio amore, la mia colpa! Non
poteva fare di più. (timoroso, si nasconde dietro Siro) Cos’è questo rumore?
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SIRO - Aspetta, aspetta: è lui che sta uscendo.
ESCHINO, CTESIFONE, SIRO, SANNIONE

ESCHINO – (uscendo di casa ) Dov'è quella carogna?


SANNIONE - (a parte) Cerca me. Forse mi porta qualcosa? Maledizione: non vedo nulla!
ESCHINO – (vedendo il fratello) Ehilà, arrivi al momento giusto: cercavo proprio te. Che
succede, Ctesifone? È tutto a posto: piantala con le malinconie, lascia da parte quella faccia
scura!
CTESIFONE – (dandogli una manata sulla spalla) La pianto sì, per Eracle, visto che ho un
fratello come te! Grazie, grazie, grazie, fratello caro!
ESCHINO – Eh dai, basta ringraziarmi, Ctesifone! Mi spiace soltanto di averlo saputo tardi, per
un pelo non facevi una cavolata!
CTESIFONE - Avevo vergogna d’essermi innamorato di un’etera...
ESCHINO - E per una cosa tanto piccola, ci è mancato poco che ti arruolassi e te ne andassi
via, lontano dal tuo paese! Di questo ti devi vergognare! Che il cielo ce ne scampi!
CTESIFONE – (mortificato) Ho sbagliato.
ESCHINO - (a Siro) Allora, cosa dice il nostro Sannione?
SIRO - Ormai si è calmato.
ESCHINO - Vado in piazza, così lo pago; (ammiccando al fratello) tu va' dentro da lei, Ctesifone,
e divertiti.
SIRO (a Eschino) Andiamo, questo qui ha fretta di andarsene a Cipro.
SANNIONE - Non a questo punto! Ho tempo, posso restare qui tranquillissimo finchè vuoi tu.
SIRO - I soldi ti saranno restituiti; non aver paura.
SANNIONE - Purché mi restituisca tutto.
SIRO - Ti renderà tutto; sta' solo zitto e seguimi.
SANNIONE - Ti seguo. (si allontanano un po’)
CTESIFONE (fermo sulla soglia, richiamando lo schiavo)- Ehi, ehi, Siro!
SIRO - Che c'è?
CTESIFONE - Te ne scongiuro, per Eracle, saldate al più presto il conto a questo sporcaccione.
Se si arrabbia di più, ho paura che mio padre venga a saperne qualcosa, in un modo o nell’altro.
Allora per me sarebbe finita, per sempre.
SIRO - Non succederà, stai tranquillo e divertiti con lei.
(MUSICA Eschino e Siro si avviano verso la piazza, seguiti da Sannione. Ctesifone entra nella
casa di Micione).

-10-
ATTO III
CLOE, BACCHIDE, DAFNE, SCENA 1
(al pozzo, a sx, due etere Bacchide e Cloe commentano quanto è successo al lupanare, Dafne,
passando, rallenta il passo per ascoltare)

BACCHIDE- Ah, come invidio Panfila! Fa innamorare tutti con quegli occhi da cerbiatta! Grazie
a lei, per lei, Eschino stanotte ha dato a Sannione proprio quello che si meritava!-
CLOE – Già! Finalmente quello sporcaccione ha perso qualcosa di prezioso! Magari fossero tutti
come Eschino quelli che cercano la nostra compagnia!-
BACCHIDE- Belli, ricchi, profumati, gentili e…-
CLOE- Generosi! Senza pregiudizi! Se una ragazza ti piace, ma ti piace proprio, te la prendi, te
la porti via, a casa tua!-
BACCHIDE- …senza doverla dividere con nessun altro! Solo per te danzerà(fa una movenza di
danza), reciterà parole di miele, solo a te mordicchierà le labbra (imita il gesto giocando con
Cloe che le avvicina il viso)

CLOE- (divertita e ironica) E lo ha pagato bene, Sannione!! Aveva proprio due borse belle
piene…-
BACCHIDE- … sotto gli occhi!!!(ridono di gusto) Ah, ah,ah –(si allontanano con le anfore in
testa camminando lente per attirare gli sguardi dei passanti)

DAFNE, SOSTRATA, CANTARA

DAFNE – (incredula, ferma sul posto) Non è possibile! Non ci credo! Eschino! Il nostro Eschino!
(cammina nervosa avanti e indietro, poi si ferma rivolta al pubblico, parlando fra sè) Adesso
le cose sono giunte al punto che, se anche tutti offrissero i loro consigli per cercare di rimediare
a questa sciagura, non sarebbero di alcun aiuto né a me, né alla padrona, né alla figlia della
padrona. Che disgrazia! Quante avversità tutte insieme, all’improvviso! Non se ne viene fuori:
povertà, seduzione, ingiustizia...e ora…ora abbandono e disonore! È questa la nostra
generazione? Che mascalzonate, che razza di carognate, che delinquente!(va verso casa)
SOSTRATA –(rivolta a Cantara) Povera me, come mai Dafne è così sconvolta? E che fretta ha!
DAFNE – Niente lo ha trattenuto o fatto riflettere: né la promessa, né il giuramento, né la pietà,
né il fatto che sia imminente il parto della poveretta che, ingenua, si è fatta ingannare cedendo
a dolci lusinghe!
SOSTRATA (tirando le orecchie per sentire) Non capisco bene quel che dice…-
CANTARA - Avviciniamoci, Sostrata, te ne prego.
DAFNE -O me infelice! Cosa ho dovuto sentire da quelle due! Eschino! Il nostro Eschino si è
innamorato di un’altra - un’etera!-, e se l’è portata in casa! Riesco appena a trattenermi, tanto
sono fuori di me. Il mio più grande desiderio adesso sarebbe quello di incontrare tutta la sua
famiglia, così da vomitare fuori contro di loro tutta questa rabbia a botta calda. Se solo potessi
vendicarmi di loro!!! Prima di tutto toglierei la vita al vecchio che ha tirato grande quel
mascalzone; e poi quel Siro, l'istigatore di tutta la faccenda aaaah, come lo farei a pez-zet-ti-
niii!!! (mima i gesti)Prima lo solleverei a mezz'aria e gli farei battere la testa per terra, così da
fargli schizzare fuori il cervello per la strada; infine, a lui, al giovanotto, gli caverei gli occhi e
poi… lo butterei giù in un precipizio!!! (spossata si ferma) Ma quando mi decido a informare la
padrona di questo guaio?
SOSTRATA – Chiamiamola- (insieme a Cantara): Dafne!
DAFNE - Uff! Chiunque tu sia, lasciami in pace!
-11-
SOSTRATA – Dafne! Sono io, Sostrata!
Dafne -(ansimante, agitata) Oh, proprio te sto cercando, padrona...
SOSTRATA - Che c'è? Perché sei così trafelata?
CANTARA – Cos’è tutta questa fretta? Riprendi fiato!
DAFNE - Ahimè!...oramai (rassegnata)!!!
SOSTRATA (guardando Cantara)- Cosa vuol dire (insieme a Cantara) “ oramai”?
DAFNE – (tragica) Siamo perdute. E’ finita!
SOSTRATA – …ma cosa succede? (in ansia) Dimmelo, ti scongiuro!
DAFNE - siamo rovinate..., è finita…Adesso..
CANTARA - …adesso cosa?
DAFNE - Eschino...
SOSTRATA - Eschino…Eschino cosa?
DAFNE – (d’un fiato) Per la nostra famiglia è un estraneo!
SOSTRATA – (si sente mancare, Cantara la sostiene)Aiuto, sono morta! Cosa dici? Perché?
DAFNE - Si è innamorato di un'altra.
SOSTRATA – (disperata, si siede, si tiene con le mani la testa che scuote a dx e a sx, Cantara
le fa aria) O me infelice!

DAFNE - E non lo tiene certo nascosto! Ha rapito un’etera!!! Lui stesso, alla luce del sol,e l'ha
portata via al ruffiano a suon di pugni! Se l’è portata a casa! A casa sua!
CANTARA - Ma ne sei sicura?
DAFNE - Sicurissima; l'ho sentito io, con queste orecchie, Cantara!
SOSTRATA – Povera me! A cosa credere ormai, a chi credere? Il nostro Eschino, la vita di tutte
noi, l'uomo in cui erano riposte tutte le nostre speranze e le nostre fortune! E giurava che non
sarebbe sopravvissuto neppure un giorno solo, senza di lei! Diceva che avrebbe posto il bimbo
in braccio a suo padre per ottenere così da lui di poterla sposare! (piange) uhuhuh
DAFNE – Su, smetti di piangere, padrona, e pensa piuttosto a quel che bisogna fare: dobbiamo
rassegnarci, o raccontarlo a tutti?
CANTARA - Ehi, ehi, piano tu, sei forse impazzita? Ti sembra questa una faccenda da raccontare
in giro?
DAFNE- No, certo, neanche a me sembra opportuno farlo. Eschino si è allontanato da noi, se
ora rendi nota la sua storia con Anthea, Sostrata, dirà che mentiamo e metterai così a
repentaglio la tua reputazione e il futuro di tua figlia. Se invece lo ammettesse, visto che ormai
ama un'altra donna, non ha senso dargli in moglie Anthea. Perciò, in ogni caso, bisogna tacere.
SOSTRATA (alzandosi in piedi, decisa)- Assolutamente no! Non lo farò.
CANTARA – E che cosa vuoi fare?
SOSTRATA – (arrabbiata)Lo racconterò in giro! Tutti devono sapere la verità! Altro che
galantuomo! Un malscalzone ha allevato quel damerino, senza moglie di Micione!
CANTARA - Cara Sostrata, calmati… pensa a quello che fai, all’onore della tua bambina...
SOSTRATA -Non è possibile che la cosa si metta peggio di come sta adesso. Mia figlia non ha
-12-
la dote e quella naturale che aveva, lo sai, l'ha perduta: non si può darla in sposa spacciandola
per vergine…Resta un solo appiglio: se Eschino negherà, ho come prova un anello che le aveva
regalato! E se non bastasse, siccome né io né Anthea abbiamo qualcosa di cui dobbiamo
vergognarci, mia cara Cantara, gli intenterò un processo.
CANTARA – Che dire? Sono d’accordo, dal momento che hai ragione tu.
SOSTRATA – Dafne, corri da Egione, lo zio di Anthea, era molto legato al mio Simulo e ci voleva
bene, spiegagli, per filo e per segno, la faccenda.
DAFNE – Corro!
(Dafne esce a sx, Smirne esce di casa agitata)

SMIRNE – Sostrata, mamma, presto, presto! Anthea ha forti dolori al ventre, dice che il bambino
vuole uscire! Cosa succede adesso, cosa succede???
CANTARA- (Abbraccia e consola la figlia) Tranquilla! E’ normale, è maturo! Vuole uscire a
sgranchirsi le gambe! Andrà tutto bene! (dall’interno Anthea si lamenta)
SOSTRATA – Vieni Cantara, raggiungiamo Anthea. Tu, Smirne, affrettati, corri, va’ da Zoe la
levatrice, falla venire qui in modo da non perdere tempo quando verrà il momento.

DEMEA SIRO PARMENONE SCENA 2

DEMEA – (venendo da sx. Scuote la testa) Ahimè! Sono disperato! Ho sentito dire che mio figlio
Ctesifone ha partecipato al rapimento di un’etera con Eschino! Povero me, mi manca soltanto
che, se ci riesce, mi porti alla perdizione anche lui, che è una perla di ragazzo! Dove posso
cercarlo? L'avrà trascinato in qualche casino, penso: quello sporcaccione del fratello lo ha
convinto, ne sono sicuro. Ma ecco, vedo venire Siro: da lui saprò subito dov'è. Un momento,
per Eracle, anche lui fa parte dell’allegra brigata: se capirà che lo cerco, non me lo dirà mai,
quel boia. Non gli farò capire che cosa voglio.
PARMENONE (venendo per strada con Siro che sorride soddisfatto) - Hai raccontato al
padrone, per filo e per segno, come è andata tutta la faccenda: non si è mai vista una persona
più contenta!
DEMEA (a parte) – Per Zeus, che razza di imbecille mio fratello!
PARMENONE - Ha fatto gli elogi di suo figlio e ti ha ringraziato per avergli dato quel consiglio.
DEMEA – (stringendo i pugni) Scoppio!
PARMENONE – E ti ha dato la somma pronta cassa! Venti mine per pagare la ragazza e ci ha
pure aggiunto mezza mina da spendere per la festa!
DEMEA - (ironico) E bravo, Siro! Ecco a chi dare un incarico, se vuoi che te lo svolga a puntino.
SIRO (scorgendo il vecchio) - Oh, Demea, qual buon vento! Non ti avevo visto. Che si fa?
DEMEA - Che vuoi che ti dica? Il vostro sistema di vita non riesco proprio a farmelo piacere.
SIRO –Vale poco davvero, per Eracle; anzi, è assurdo. (A Parmenone che entra in casa)
Parmenone, mi raccomando, pulisci bene tutto il pesce; questa enorme anguilla lasciala giocare
per un po' nell'acqua: quando torno le toglieremo le lische, ma prima no, e fai macerare bene
lo stoccafisso.
DEMEA – Che porcheria!
SIRO –Non piace nemmeno a me, per la verità, e mi lamento sempre.
DEMEA – Per tutti gli dei! Ma mio fratello Micione lo fa apposta a rovinare mio figlio o pensa
che le sue bravate gli possano procurare gloria, onore? Povero me! (tono triste, sguardo nel
-13-
vuoto) Mi sembra già di vedere il giorno in cui, ridotto in miseria, scapperà via a fare il soldato
di ventura, chissà dove…
SIRO - Bravo Demea! Questo significa esser saggio: non vedere soltanto quello che hai sotto il
naso, ma presagire anche il futuro.
DEMEA – Ma…dimmi…quella suonatrice è già a casa vostra?
SIRO – Sì, certo è dentro.
DEMEA - (sbalordito) Cosa? Ma intende tenersela in casa?
SIRO - Credo proprio di sì; è così bizzarro.
DEMEA – Come possono succedere cose del genere!
SIRO –Eeeh…colpevoli sono la sciocca indulgenza e la leggerezza corrotta di suo padre!
DEMEA – Davvero, mi vergogno e mi rincresce per mio fratello.
SIRO - Tra voi due, Demea, - e non lo dico perché sei qui - c’è una bella differenza, anzi enorme.
Tu sei tutto saggezza, lui ha la testa fra le nuvole. Ma tu, a tuo figlio, gli lasceresti fare cose
simili?
DEMEA – Io? A Ctesifone? Lasciarlo fare? L’avrei sentito al fiuto che tramava qualcosa già sei
mesi buoni prima che si mettesse in azione, tanto conosco BENE mio figlio!
SIRO – EH! Lo so, lo so bene come lo sorvegli!
DEMEA – Spero soltanto che resti così com'è ora.
SIRO – Così è, ciascuno ha il figlio che vuole.
DEMEA – A proposito, che ne è di lui? L'hai visto oggi?
SIRO - Tuo figlio? (a parte a voce bassa, protendendosi verso il pubblico) Adesso lo mando in
campagna. (ad alta voce) Credo che sia già da un pezzo a lavorare in campagna.
DEMEA - Sei proprio sicuro che sia lì?
SIRO - Certo, ce l'ho accompagnato io!
DEMEA - Molto bene: temevo che avesse piantato le tende qui.
SIRO - Ed era FURIBONDO!
DEMEA - E perché?
SIRO - In piazza ha litigato con suo fratello Eschino per quella suonatrice.
DEMEA – (tutto orgoglioso) Dici sul serio?
PARMENONE –(esce con un catino da svuotare, tiene il gioco a Siro) Eccome! Ho sentito
anch’io! Gliene ha dette di tutti i colori. Eschino stava contando il denaro, Ctesifone gli è arrivato
addosso all’improvviso e si è messo a gridare «Eschino, che vergogna, cosa stai facendo!
Queste mascalzonate non sono degne della nostra famiglia!»
SIRO «Non è il denaro che getti via, ma la tua stessa vita».
DEMEA –( si toglie un fazzoletto lercio dal collo, lo apre e si soffia forte il naso, poi lo riavvolge
intorno al collo) Ah, piango di gioia! Che il cielo lo protegga! E’ tutta la mia speranza! Assomiglia
in tutto ai suoi avi!
SIRO E PARMENONE (si guardano, annuiscono, insieme dicono) – Eeeeh, Come no!
DEMEA – (ancora commosso, tirando su col naso) Quello è ricco di buoni principi, Siro.
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SIRO – (fischio)Phyphyphy! Altro che! (indicando Demea) L'esempio ce l'aveva in casa.
DEMEA – (gonfiandosi d’orgoglio) Io mi do da fare: non trascuro nulla; lo abituo; insomma lo
spingo a guardare dentro la vita di tutti come in uno specchio e a prendere per sé esempio
dagli altri (atteggiandosi a prof): “ Questo va fatto...”
(Siro e Parmenone uno a dx, uno a sx di Demea, si guardano complici negli occhi, alternandosi)

PARMENONE - Giustissimo.
DEMEA –“... questo va evitato...”
SIRO – Benissimo!
DEMEA – “... questo fa onore...”
PARMENONE - Proprio così.
DEMEA “... questo procura disonore”.
SIRO – A meraviglia!
DEMEA – (alzando il dito)Inoltre poi...
SIRO – Per Eracle, ora non ho tempo per starti a sentire. Mi sono procurato dei pesci proprio
come dico io; devo stare attento che non me li sciupino. Per me, caro Demea, questo sarebbe
un disonore come sarebbe un disonore per te non fare tutto quello che mi hai detto poco fa.
Per quanto ci riesco, io faccio la lezione ai miei compagni di schiavitù allo stesso modo (guarda
Parmenone e con la mano gli dà la parola)

PARMENONE-(Parmenone lo imita): “Questo è troppo salato, questo troppo cotto, questo è


lavato male, quello va bene: la prossima volta ricordalo!”(rientra in casa)
SIRO - Insomma, ce la metto tutta ad istruirli meglio che posso, certo per quel poco che so io.
In una parola, Demea, impongo loro di guardare dentro i piatti come in uno specchio e insegno
cosa occorre fare.( fa una smofia, allarga le braccia) Sono cose da poco quelle che facciamo
noi, me ne rendo conto, ma che vuoi farci? Ognuno ha le sue capacità. Ti serve altro?
DEMEA – Che vi venga un po’ di buon senso!
SIRO - Tu vai in campagna?
DEMEA – Immediatamente!
SIRO - Hai ragione, cosa ci stai a fare qui? Quando dai un buon consiglio nessuno ti dà retta!
(entra in casa a dx)

DEMEA – Me ne vado sì; ero venuto a cercare Ctesifone, ma lui è già tornato in campagna: io
mi preoccupo solo di lui, lui mi sta a cuore: dal momento che mio fratello Micione vuole così, a
quell'altro scapestrato ci pensi lui! Ma chi vedo laggiù? Sembra Egione, il mio compaesano… Sì,
sì, lo riconosco, è proprio lui. E’ un amico da quando eravamo piccoli. Santi numi! Son mosche
bianche ormai i cittadini del suo stampo! Un uomo di valore e lealtà, d’altri tempi! Da persone
simili non viene certo un danno alla città! Ma come son contento! Quando vedo che esistono
ancora persone del genere, la vita torna a piacermi. Voglio aspettarlo qui, così lo saluto e mi
faccio due chiacchiere.
EGIONE, DEMEA, DAFNE, ANTHEA SCENA 3

EGIONE - Per gli dei immortali, che mascalzonata, Dafne! Cosa mi hai raccontato!
DAFNE - È andata così.
EGIONE – Che da una tale famiglia sia venuta un'azione così vile! Oh Eschino, hai commesso
un atto non certo degno di tuo padre.
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DEMEA (a parte)- Deve aver saputo della suonatrice: se ne addolora lui che è un estraneo,
mentre suo padre se ne infischia! Ahimè! Se almeno Micione fosse qui adesso e sentisse!
EGIONE - Se non faranno quello che va fatto, non la passeranno liscia.
DAFNE – (inginocchiandosi e toccandogli il ginocchio) Tutte le nostre speranze sono riposte in
te, Egione: abbiamo solo te, tu sei il nostro padre e il nostro patrono; il vecchio morendo ci
affidò a te: se ci vieni a mancare tu, siamo perdute...
EGIONE -Non lo dire neanche: non vi abbandonerò, né credo in coscienza che ci riuscirei.
DEMEA(a parte)-Gli vado incontro.(ad alta voce)Ti porgo i miei saluti più cari, Egione.
EGIONE - Oh, cercavo proprio te! Salve, Demea.
DEMEA - Mi cercavi? Perché?
EGIONE - Il tuo figlio maggiore, Eschino, quello che hai dato in adozione a tuo fratello Micione,
non si è davvero comportato da persona onesta né di buona famiglia.
DEMEA – Cosa intendi dire?
EGIONE - Conoscevi il mio amico Simulo, un uomo della nostra età?
DEMEA - Come no?
EGIONE - Eschino ha sedotto sua figlia, ancora una ragazzina! (Demea strabuzza gli occhi,
spalanca la bocca) Aspetta! Non hai ancora sentito il peggio, Demea.

DEMEA - Ah, perché, c'è di peggio?


EGIONE – Altro che peggio! In un modo o nell’atro questo si poteva giustificare. Tante cose
possono averlo spinto: la notte, l’amore, il vino, la giovinezza…è umano. Quando si è reso conto
dell’accaduto, è andato lui stesso, spontaneamente, dalla madre della ragazza: piangeva,
pregava, supplicava, assicurava che l’avrebbe portata in casa come sua sposa. Fu perdonato,
si mise a tacere la cosa, gli si è creduto. La ragazza, rimasta incinta, è prossima al parto; ed
ecco che il nostro galantuomo si è procurato una suonatrice, per vivere con lei e l’altra...finito!
DEMEA - Sei sicuro di quello che dici?
EGIONE - Possono testimoniarlo la madre della ragazza, la ragazza, la gravidanza stessa e
Dafne (indicandola) che tanto si dà da fare per aiutare quelle due povere donne!
DEMEA (a parte) - Che vergogna! Non so cosa fare, cosa rispondere a quest’uomo.
ANTHEA (da dentro) – Ahi, che male! Povera me! Era…Artemide, aiutooo! Salvatemi, vi
supplico!
EGIONE – E’ Anthea? Sta partorendo?
DAFNE – Proprio così, Egione.
EGIONE – Ecco, questa ragazza si rivolge ora alla vostra lealtà, Demea: la legge vi obbliga, ma
voi fatelo spontaneamente. Prego gli dei che questa cosa vada come è vostro dovere. Ma se
voi avete intenzioni diverse, Demea, io difenderò lei e suo padre morto con tutte le mie forze.
Era mio parente: siamo cresciuti insieme fin da bambini, siamo sempre stati insieme, sotto le
armi e in tempo di pace; abbiamo sopportato insieme una dura povertà. (deciso) Per queste
ragioni mi darò da fare, le proverò tutte, magari ci lascerò l'anima, ma non le abbandonerò.
Che cosa mi rispondi?
DEMEA - Andrò a trovare mio fratello, Egione.
EGIONE – Bene, Demea, riflettete attentamente insieme su questa faccenda. Per voi è tutto
facile nella vita: siete potenti, ricchi, fortunati, nobili più di chiunque altro. Tanto più, quindi,
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occorre che voi riconosciate con animo giusto ciò che è giusto, se volete che si abbia una buona
reputazione di voi. (fa per entrare in casa di Sostrata)
DEMEA – Stai tranquillo, si farà tutto ciò che è giusto fare! (si allontana)

ATTO IV
SCENA 1
CTESIFONE, SIRO, DEMEA, MICIONE, EGIONE, ESCHINO

CTESIFONE – (sbirciando dalla porta) Siro, se n’è andato mio padre?


SIRO – Sì, se n’è andato in campagna da un bel pezzo!
CTESIFONE –(titubante) Ma…ne sei proprio…proprio sicuro? Mio padre se n'è davvero andato
in campagna?
SIRO –Ti dico di sì! È alla fattoria: ora penso che sia impegnato in qualche grosso lavoro.
CTESIFONE - Speriamo! Purché non gli faccia male, vorrei che si stancasse a tal punto da non
potersi alzare neppure dal letto per i prossimi TRE giorni! Ho una voglia matta di trascorrere
questo giorno tutto in allegria, così come ho cominciato. Quanto odio la nostra campagna! E’
maledettamente vicina! Se fosse più distante, lo sorprenderebbe la notte prima che possa far
ritorno qui! Adesso invece, quando non mi vedrà laggiù, correrà subito qui, lo so bene. Mi
chiederà dove sono stato: «Oggi in tutto il giorno non ti ho mai visto». E io, Siro mio, cosa gli
racconterò?
SIRO (scuotendo sconsolato la testa) Non hai nessuna idea in testa?
CTESIFONE - Manco l'ombra.
SIRO -Sei proprio un buono a nulla! Non avete un cliente, un amico, un ospite?
CTESIFONE – Certo, ne abbiamo. E quindi?
SIRO – E tu, non puoi aver fatto un piacere a questa gente?
CTESIFONE – Senza averlo fatto? No no, non regge.
SIRO - Regge, regge.
CTESIFONE - Di giorno! Ma se passo qui la notte, che scusa troverò?
SIRO - Aah, come vorrei ci fosse l'abitudine di fare un piacere agli amici anche di notte! Ma tu
sta' tranquillo: quando va su tutte le furie, so bene come trasformarlo in un agnellino.
CTESIFONE – Come fai?
SIRO - È tutto felice di sentire le tue lodi: io ti faccio diventare un dio ai suoi occhi; racconto i
tuoi meriti.
CTESIFONE (stupito)I miei…meriti?
SIRO – I tuoi, sì: e subito gli vengono le lacrime agli occhi per la gioia, come a un bambino. Ma
garda! Eccolo qui. Lupus in fabula!
CTESIFONE - Mio padre?
SIRO - In persona!
CTESIFONE (spaventato)- O Siro! Che facciamo?
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SIRO - Tu scappa subito dentro; ci penso io.
CTESIFONE - Se ti chiede qualcosa, tu non mi hai visto da nessuna parte! Capito?
SIRO (scocciato spingendolo in casa) E smettila, una buona volta!

DEMEA CTESIFONE SIRO SCENA 2

DEMEA (venendo per la strada) Sono proprio disgraziato io! Non riesco a trovare mio fratello
da nessuna parte e, mentre lo cercavo, ho incontrato un bracciante, che veniva dalla mia
fattoria…e sostiene che mio figlio non è in campagna. Non so che fare.

CTESIFONE (a bassa voce dall’interno) - Siro! Cerca me?


SIRO - Sì.
CTESIFONE - Sono morto!
SIRO – Su, sta’ tranquillo.
DEMEA (tra sè) Che disgrazia è mai questa, maledizione! Non riesco a capire; a meno che non
sia questo il mio destino sopportare ogni disgrazia. Sono il primo a prevedere i nostri guai, il
primo a sapere tutto, il primo a darne notizia…e sono il solo a patire, se succede qualcosa.
SIRO (a parte)- Mi fa proprio ridere Demea: dice di essere il primo a sapere ed è il solo a non
sapere nulla.
CTESIFONE (a bassa voce, dall'interno, si intravede solo la testa)- Siro, ti scongiuro, fa' in
modo che non entri qui all'improvviso.
SIRO (scocciato)- Ma vuoi star zitto? Ci penserò io.
CTESIFONE – Eh no, per Eracle! Oggi non voglio lasciar fare tutto a te!(con tono deciso) Mi
nasconderò in cantina con la mia dolce Panfila; è la soluzione più sicura.
SIRO - Fa' pure; ma questo lo mando via io.
DEMEA - Ecco quel delinquente di Siro!
SIRO-(fingendo di parlare da solo ad alta voce) No, no, qui non si può resistere, per Eracle, se
le cose vanno così! Vorrei proprio sapere quanti padroni ho: che vita di schifo!
DEMEA - Senti un po', galantuomo, mio fratello è in casa?
SIRO- Maledizione, perché mi chiami galantuomo? Sono rovinato.
DEMEA - Che ti è successo?
SIRO - E me lo domandi? Ctesifone ci ha sistemati a suon di pugni me e quella suonatrice!
Guarda! Guarda come mi ha spaccato il labbro!
DEMEA – Oh cosa mi dici mai! E perché?
SIRO -Dice che questa qui è stata comprata dietro mia istigazione.
DEMEA - Ma non dicevi di averlo spedito poco fa in campagna?
SIRO – L’ho fatto; ma poi è ritornato fuori di sé: non ha avuto la minima pietà. Non si è fatto
scrupolo di bastonare un vecchio! Io che l’ho tenuto fra le mie braccia quando era piccolo così!
DEMEA – (entusiasta) Magnifico, Ctesifone, sei tutto tuo padre: va' pure, ormai per me sei un
uomo!
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SIRO - Come «magnifico»? Se avrà un po' di sale in zucca, sta' pur certo che in futuro terrà le
mani a posto!
DEMEA- Bravissimo!
SIRO(ironico)- Sicuro! Ha battuto una povera donnetta e un servo che non osava restituirgli le
botte. Sì, sì, proprio bravissimo!
DEMEA (compiaciuto)- Non avrebbe potuto far meglio. Ha capito tutto, eeeh come me: sei TU
il capo di questa storia! Ma, mio fratello è in casa?
SIRO – No, non c’è. Io lo so dov’è, ma oggi non te lo voglio rivelare
DEMEA -Ehi, ma cosa dici? Vuoi che ti spacchi la testa?
SIRO- Il nome di quell’uomo non lo so, il posto però so dov'è.
DEMEA - Dimmi il posto, allora.
SIRO – Sai quel portico vicino al macello giù di qua?
DEMEA- Certo!
SIRO -Continua diritto su dalla piazza; quanto arriverai là, svoltando a destra c'è una discesa:
buttati giù di lì. Poi a sinistra c'è un tempietto: lì vicino c'è un vicolo.
DEMEA – Ma quale?
SIRO -Quello dove c'è anche una grossa pianta di fico selvatico.
DEMEA - Lo conosco.
SIRO - Continua di là.
DEMEA - Ma è un vicolo senza uscita.
SIRO- Giusto, per Eracle! Mah, sono anch'io un uomo, non credi? Mi sono sbagliato: (fa con le
mani il gesto di tornare indietro) torna di nuovo al portico; di lì avrai meno strada da fare e
meno possibilità di sbagliare. Conosci la casa di Cratino, quel riccone? (Demea annuisce
attento) Quando l'avrai oltrepassata, va' dritto a sinistra rispetto alla piazza, quando arriverai
al tempio di Diana, prendi a destra; prima di giungere alla porta, proprio vicino alla cisterna,
c'è un piccolo mulino e, di fronte, la bottega di un falegname: è lì.
DEMEA -E che ci fa lì?
SIRO -Gli ha ordinato dei lettini, con i piedi di quercia, per stare all'aria aperta.
DEMEA – Eh certo, dove voi possiate ubriacarvi: benissimo! Vado! (si allontana in fretta)
SIRO (a parte) - Va', va'. Oggi ti farò fare una bella passeggiata, vecchia mummia! Io intanto
vado a mangiarmi i bocconcini migliori e a sorseggiare con calma le mie coppe di vino. (entra
in casa).

MICIONE EGIONE ESCHINO SCENA 3

MICIONE (discorrendo per strada con Egione)- …in questa vicenda, Egione, non capisco perché
mi lodi così tanto. Faccio solo il mio dovere, cercando di porre rimedio a un male da noi
provocato.
EGIONE – Ti ringrazio davvero, Micione, ma ti prego, vieni con me dalla madre della ragazza e
ripetile tu stesso quello che mi hai appena detto: spiegale che questo sospetto è nato a causa
di suo fratello Ctesifone e della suonatrice.
MICIONE - Se ti pare giusto o se è necessario farlo, andiamo.
-19-
EGIONE –Fai bene! Darai conforto a lei, che è distrutta dal dolore e dalla povertà, e farai il tuo
dovere. Ma se non sei d’accordo, le riferirò io stesso quel che mi hai detto.
MICIONE - No, no, verrò anch'io.
EGIONE - Fai bene…le persone che non hanno fortuna nella vita sono più sospettose, in un
modo o nell’altro. Per ogni cosa si offendono e, a causa della loro debolezza, credono di venire
sempre esclusi. Perciò, sarà più facile sistemare le cose, se tu stesso ti scuserai pubblicamente
davanti a lei. Seguimi, entriamo.
MICIONE - Volentieri. (entrano in casa)
ESCHINO – Che pena ho in cuore! Non so più che fare, mi tremano le gambe! Il mio animo è
sconvolto e non riesco a prendere una decisione! Mah! Come uscirò fuori da questo casino?
Tanti sospetti sono caduti su di me, e…giustamente! Sostrata pensa che io abbia comprato la
suonatrice per me! Me lo ha fatto ben capire Dafne! L’ho vista uscire dalla casa di Zoe, la
levatrice. Corro verso di lei, le chiedo come sta Anthea, se il parto è ormai prossimo e se è per
questo che ha chiamato la levatrice. Lei furiosa grida: “Vattene lontano, vattene, Eschino, ci
hai prese in giro abbastanza, con le tue false promesse hai tradito la nostra fiducia”. “Cosa? Ma
che diavolo stai dicendo?” rispondo “Stammi bene! E goditi la ragazza che ti piace tanto!”. Ho
capito subito qual è il loro sospetto, ma mi sono trattenuto. Non volevo parlare di mio fratello
a quella pettegola! Ma adesso che farò? Devo dire che la ragazza è di mio fratello? (va avanti
e indietro nervoso) No, no che questo si sappia in giro è l'ultima cosa di cui c'è bisogno…
lasciamo perdere: può anche darsi che non trapeli nulla. Quello che temo è che loro non credano
alla verità! Ci sono troppe, troppe coincidenze: io stesso l'ho rapita, io stesso ho versato il
denaro, è a casa mia che l’ho portata! E comunque, lo ammetto, è colpa mia se succede tutto
questo! Ho sbagliato a non raccontare a mio padre come erano andate le cose! A forza di
supplicarlo, avrei ottenuto di sposarla! Invece ho tirato in lungo. Eschino, svegliati! Adesso la
prima cosa da fare è andare dalle donne a discolparmi. Avviciniamoci alla porta…mi sento
morire, mi vengono sempre i brividi quando busso qui. Ehi, ehi di casa, sono Eschino! Aprite la
porta! (si sente rumore all’interno) Sta uscendo qualcuno: è meglio tirarsi da parte. (si
allontana un bel po’)

MICIONE (sull’uscio rivolto all’interno della casa di Sostrata)- Fate come vi ho detto, Sostrata;
io andrò a cercare Eschino per informarlo di come abbiamo sistemato le cose. Ma chi bussava
alla porta? Oh! Ma guarda, Eschino!
ESCHINO (a parte) Mio padre! Sono perduto! Che ci fa qui?
MICIONE - Hai bussato tu a questa porta? (a parte) Tace. Perché non prenderlo un po’ in giro?
Gli starebbe bene, visto che non ha voluto confidarmi lui stesso questa faccenda. (ad alta voce)
Non mi rispondi?
ESCHINO (rispondendo alla prima domanda di Micione) – No, non ho bussato io.
MICIONE – Certo! Mi domandavo, infatti, che affari potevi trattare qui. (a parte) È arrossito:
va tutto bene!
ESCHINO - Ma dimmi, padre, ti prego, tu cosa ci fai qui?
MICIONE – Io? Nulla. Un vecchio amico mi ha portato qui adesso dalla piazza…come consulente.
ESCHINO - Perché?
MICIONE - Te lo dirò: qui abitano delle donnette senza mezzi; non le conosci, credo, anzi ne
sono sicuro, si sono trasferite qui da poco. Sono una ragazza orfana e sua madre.
ESCHINO - Va' avanti.
MICIONE - Questo mio amico è il loro parente più stretto e le leggi gli impongono di sposarla.
(Eschino sbarra gli occhi, ha un tremito) Ma che hai?

-20-
ESCHINO –Niente! Tutto bene, continua.
MICIONE - È venuto per portarla via con sé, lui abita a Mileto.
ESCHINO - Per portare con sé la ragazza? Fino a Mileto dici?
MICIONE - Sì.
ESCHINO (a parte) Sto male. (ad alta voce) E loro? Loro cosa dicono?
MICIONE - Cosa vuoi che dicano? La madre ha raccontato di un bambino che sarebbe figlio di
un altro uomo, non so chi, lei non dice il nome. Sostiene che la priorità spetta a lui, che non si
deve dare la ragazza a questo qui.
ESCHINO – E allora? Non ti sembra che abbiano ragione? Dopo tutto… (Micione lo interrompe)
MICIONE -No!
ESCHINO – Come no, scusami? E allora la porterà via di qui, padre?
MICIONE - E perché non dovrebbe portarla via con sé?
ESCHINO– Siete stati crudeli, senza pietà! Anzi, padre, se devo essere sincero, avete agito in
modo indegno!
MICIONE (finge stupore per la sua reazione)- Indegno? E per quale ragione?
ESCHINO -E me lo chiedi? Cosa credete proverà nel suo cuore quel poveretto? E’il primo che è
stato insieme a lei, forse l'ama ancora perdutamente, sventurato! E ora se la vedrà strappare
dalla sua vita, portare via dai suoi occhi! È una mascalzonata questa, padre!
MICIONE –E perchè? Chi gliel'ha promessa in sposa? Chi gliel'ha concessa? Quando e con chi
lei si è sposata? Perché lui si è preso una donna non sua?
ESCHINO – Ma una ragazza in età da marito doveva starsene in casa ad aspettare che arrivasse
da una parte o dall’altra un parente? Questo, padre mio, sarebbe stato giusto che tu avessi
detto!
MICIONE – Non farmi ridere! Avrei dovuto prendere posizione contro l’uomo che mi aveva
chiesto di assisterlo? Ma poi, Eschino, a noi di loro che importa? Andiamocene. (vedendolo
esitante) Che c'è adesso? Perché piangi?

ESCHINO -Ti prego, padre, ascoltami.


MICIONE – Eschino, mi hanno raccontato tutto, so tutto; ti voglio bene, perciò tutto quello che
fai mi sta a cuore.
ESCHINO- Vorrei meritarmi il tuo amore, padre mio, finchè vivi. Mi addolora terribilmente di
aver commesso questa colpa e davanti a te provo una gran vergogna.
MICIONE -Ti credo! Conosco la tua indole generosa; ma ho paura che tu ti comporti con troppa
leggerezza. Ma in quale città pensi di vivere? Hai sedotto una ragazza che non avevi il diritto
di toccare. Già è grave questo primo errore, tuttavia è umano, l’hanno commesso molte altre
persone oneste come te. Ma dopo che era successo, dimmi, ci hai riflettuto sopra? Ti sei chiesto
cosa c’era da fare e come? Se ti vergognavi a parlarmene di persona, come potevo venirlo a
sapere? E mentre eri incerto sul da farsi, sono trascorsi nove mesi. Hai messo tutti in pericolo:
te stesso, quella poveretta e tuo figlio. Di’ un po'? Aspettavi che la soluzione piovesse dal cielo,
mentre tu dormivi? Che te la portassero a casa tua, in camera da letto, mentre te ne stavi con
le mani in mano? Non vorrei che tu fossi così pigro anche nelle altre cose. (pausa, poi fa un
sorriso). Ma sta' tranquillo, la sposerai. (Eschino lo guarda stupito). Tranquillo, sì, ti dico, la
sposerai. Ora va’ dentro e prega gli dei, così porterai a casa tua moglie. Va’!
ESCHINO -Come? Mia moglie, subito?
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MICIONE –Sì, subito.
ESCHINO -Che il cielo mi stramaledica, babbo, se ora non ti amo più dei miei occhi.
MICIONE – Ma va’, più di lei?
ESCHINO- Come lei…ma quello di Mileto dov’è?
MICIONE - È morto, se n'è andato, s'è imbarcato. Ma cosa aspetti?
ESCHINO -Vai tu, padre, pregali tu gli dei, daranno più volentieri ascolto a te, sei di gran lunga
migliore di me.
MICIONE – Allora entro a fare i preparativi.
ESCHINO – Essere padre, essere figlio significa questo? Se fosse un fratello o un amico,
potrebbe forse favorirmi di più? Un uomo così non è forse da amare, da tenere nel cuore? Mah!
Col suo essere accondiscendente mi dà un gran pensiero: non vorrei fare qualcosa che non gli
va senza accorgermi. Ora che ne sono consapevole, starò attento. Ma cosa aspetto ad entrare?
Finirò per ritardare io stesso le mie nozze! (entra in casa)
SCENA 4
DEMEA, MICIONE (arriva Demea tutto affannato)

DEMEA - Sono sfinito a forza di camminare: che Giove ti strafulmini, Siro, te e le tue spiegazioni!
Sono andato vagando praticamente per tutta la città: alla porta, alla cisterna, dove non sono
arrivato? Non c'era nessuna bottega da falegname, tutti negavano di aver visto mio fratello.
Ma adesso ho deciso: cingerò d'assedio casa sua finché non torna.
MICIONE (uscendo di casa, rivolto verso l’interno) - Vado a dire alle donne che qui tutto è
pronto.
DEMEA – Eccolo! (ad alta voce) È un pezzo che ti cerco, Micione.
MICIONE - E perché?
DEMEA (ironico) Vengo a raccontarti altre belle prodezze di quel bravo ragazzo!
MICIONE – Ci siamo un’altra volta!
DEMEA - Fresche fresche, inaudite, da criminale!
MICIONE- Addirittura!
DEMEA - Aah, tu non sai che razza di uomo sia!
MICIONE – Lo so
DEMEA – Stolto! Ti illudi che io mi riferisca alla suonatrice? Questo delitto è contro una cittadina,
una vergine.
MICIONE (tranquillo) - Lo so.
DEMEA - Ah, lo sai e lasci correre? Non gridi? Non dai i numeri? Non…
MICIONE - Certo preferirei...
DEMEA - Hanno avuto un figlio.
MICIONE – Lo protegga il cielo!
DEMEA- La ragazza non ha un soldo! Dovrà sposarla senza dote!
MICIONE – Naturalmente.
DEMEA - Che si può fare ora?
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MICIONE - Esattamente quel che la cosa richiede: la ragazza verrà a vivere qui.
DEMEA- Per Zeus! E’ proprio necessario? Se veramente non ti dispiace, almeno fa' finta!
MICIONE –Ormai gli ho promesso la ragazza, l’affare è concluso, facciamo il matrimonio. Ho
tolto di mezzo ogni timore: questo è comportarsi da uomini.
DEMEA – Ma tu sei contento che sia andata così, Micione?
MICIONE – No, se potessi cambiare le cose. Ma dato che non posso, mi adatto di buon animo.
La vita degli uomini è come una partita a dadi. Se non viene il colpo di cui si avrebbe bisogno,
occorre correggere con abilità quello venuto per caso.
DEMEA – (ironico)Guardatelo, quello che si destreggia! Intanto, grazie alla tua abilità le venti
mine sono andate in fumo per una suonatrice! Ora questa va tolta di mezzo, anche gratis, se
non riesci a venderla!
MICIONE -Manco per sogno! Non ci penso affatto a venderla. La terrò in casa.
DEMEA – Per tutti gli dei! Una prostituta e una madre di famiglia insieme sotto lo stesso tetto?
MICIONE – Perché no?
DEMEA - Ma tu pensi di essere sano di mente?
MICIONE - Io credo proprio di sì.
DEMEA – Il cielo mi protegga! A vedere la tua stupidità, si direbbe che lo fai per avere chi ti
accompagna quando canti!
MICIONE – E perché no?
DEMEA - E queste cose le imparerà anche la sposina?
MICIONE - Naturalmente.
DEMEA - E tu, ballando in mezzo a loro, guiderai la danza?
MICIONE – Esatto!
DEMEA (fuori di sé, tenendosi i capelli) Esatto?
MICIONE (ironico) - Anche tu starai con noi, se c’è bisogno.
DEMEA –(svuotato) Povero me! Ma non ti vergogni?
MICIONE (allegro)- Adesso basta con le tue sfuriate, Demea! Mostrati allegro e felice alle nozze
di tuo figlio. Io vado da loro, poi torno qui. (entra in casa di Sostrata)
DEMEA – Per Zeus! Che vita, che sistemi! Che pazzia! Ma è così che si vive? È così che ci si
comporta? Verrà una moglie senza dote e dentro abbiamo già una suonatrice, una casa piena
di spese, un ragazzo rovinato dai vizi, un vecchio in preda al delirio! Una famiglia così nemmeno
la dea Salute in persona potrebbe salvarla!
MUSICA

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ATTO V
SIRO DEMEA PARMENONE MICIONE SCENA 1
(Siro esce di casa con la pancia gonfia)

DEMEA (commenta ironico a parte)- Ma guardatelo, pieno di cibo e di vino, barcolla come
una nave alla deriva: un vero modello di comportamento!
SIRO (si tocca compiaciuto la pancia, fa un rutto, vede Demea) Oh, ecco il nostro Demea! Che
succede? Perché sei così nero?
DEMEA- Delinquente!
SIRO -Ehi, ehi, ora basta! Sei ancora qui a sproloquiare, signor Sotutto?
DEMEA -Se tu fossi uno schiavo mio...hiiii ti farei diventare un esempio per tutti!
SIRO - Perché? Cos'ho fatto?
DEMEA - E me lo chiedi? Nel pieno dello scompiglio, di fronte a un fatto gravissssimo al quale
si è posto a stento rimedio, tu fai baldoria, delinquente, come a festeggiare un’impresa
gloriosa!
SIRO (a parte) - Era meglio se non uscivo qui fuori.
PARMENONE- (sulla porta di casa di Micione) - Ehi, Siro, Ctesifone ti prega di tornare dentro.
DEMEA - Di che Ctesifone parla il tu degno compare? (Siro fa spallucce) Ehi, boia d’un cane,
Ctesifone è mica lì dentro?
SIRO –No, no, è un altro Ctesifone, una specie di parassita, piccolo così (fa segno con le dita),
ma non lo conosci?
DEMEA (dirigendosi verso l'ingresso, Siro si mette in mezzo) -Ora vedremo.
SIRO - Che fai? Dove vai? (lo trattiene)
DEMEA – Lasciami! (si divincola) Tieni giù le mani, schiena da frustate! O preferisci che ti
spappoli il cranio, qui all’istante?
SIRO (barcolla e lo lascia andare; Demea entra in casa) È andato. Burp! Che faccio ora?
(allarga le braccia) Niente, aspetterò che torni la calma, intanto me ne vado in un angoletto
tranquillo a smaltirmi la sbornia con una bella dormita: sì, sì, farò così. (si allontana verso un
vicolo, si siede e si addormenta)

MICIONE (sulla soglia della casa di Sostrata, verso l’interno) – Da noi è tutto pronto, Sostrata,
quando vuoi venire…
DEMEA (Precipitandosi fuori dalla casa di Micione, tenendosi la testa con le mani)- Ahimè!
Cosa farò adesso? Come devo comportarmi? Con chi posso prendermela, cosa posso invocare?
O cielo, o terra, o mari di Nettuno! (vede il fratello) Eccolo, eccolo qui il corruttore di entrambi
i nostri figli!
MICIONE – (tranquillo) Ma smettila una buona volta con le tue furie! Ritorna in te.
DEMEA (sorride ironico)- Ho smesso, sono ritornato! Consideriamo i fatti! Non ci eravamo
accordati (e l'idea è stata tua) che tu non ti saresti occupato di mio figlio, né io del tuo? (guarda
minaccioso Micione che annuisce e conferma. Demea in crescendo) Perché allora è dentro da
te ad ubriacarsi? Perché accogli mio figlio in casa tua e gli paghi un'amante, Micione? Hai forse
più diritti di me? Dal momento che io non mi occupo di tuo figlio, tu non occuparti del mio!
MICIONE- Cos’è che ti tormenta, Demea? Che i ragazzi sperperino soldi? Rifletti: una volta li
allevavi da solo, credendo che le tue sostanze dovessero servire per entrambi ed eri convinto
-24-
che io mi sarei sposato. Quindi continua pure nella tua vecchia idea di mettere da parte,
guadagnare, risparmiare per lasciare loro più che puoi-(ironico) questa gloria tienitela tutta
tu!- ma permetti che godano dei miei soldi una volta che se li sono trovati contro ogni attesa!
DEMEA - Lasciamo pur stare i soldi… ma il loro modo di vivere...
MICIONE – Non temere, Demea, ho fiducia che saranno uomini come noi li desideriamo. Sono
assennati, intelligenti, al momento opportuno hanno rispetto, si vogliono bene e, il giorno che
vorrai, li riporterai al loro dovere. Sono troppo spendaccioni? Con l’età diventeranno più saggi
anche in questo! Con la vecchiaia diventiamo tutti troppo attenti alla roba!
DEMEA – Sempre che questi tuoi bei ragionamenti e questa tua bontà d’animo non ci mandino
in rovina!
MICIONE - Sta' zitto: non succederà. Piantala con questa lagna e sorridi!
DEMEA - D'accordo, le circostanze lo richiedono e lo farò. Ma domani, all’alba, me ne ritornerò
in campagna con mio figlio...e insieme con me porterò via di qui anche questa suonatrice.
MICIONE - In questo modo, certo, terrai inchiodato il ragazzo. (ridendo) Soltanto sta’ attento
che lei non scappi!
DEMEA (sicuro di sé) – Non c’è pericolo! Ci penserò io: farò in modo che a forza di cucinare e
macinare si ricopra di fuliggine, di fumo e di farina! E a mezzogiorno in punto la spedirò a
raccogliere le stoppie: la farò abbrustolire e diventare nera come il carbone.
MICIONE - Bene: adesso mi pare che ragioni. (imitando la voce di Demea) “E allora costringerò
mio figlio ad andare a letto con lei, anche se non vuole!”
DEMEA – Mi deridi? Beato te, che sei allegro, io mi sento…
MICIONE - Aah, ancora? Basta! Dai, vieni dentro, e trascorriamo come si deve questo giorno
di festa! (entra in casa)
DEMEA SIRO ESCHINO FRIGIA (VOCE) MICIONE SCENA 2

DEMEA (rimasto fuori, riflette ad alta voce) – E’ proprio vero, nella vita non sai mai cosa ti può
capitare! Gli avvenimenti, l’età, l'esperienza ti insegnano sempre qualcosa di nuovo! Capisci di
non sapere quello che credevi di sapere e arrivi ad abbandonare le tue convinzioni più
importanti…Come è capitato a me! La mia vita, fatta di fatica e privazioni, non la tollero più.
Dalla realtà stessa ho appreso che per l'uomo non c'è niente di meglio della tolleranza e della
dolcezza. Basta guardare me e mio fratello. Lui ha trascorso tutta la sua vita nel dolce far niente
tra le feste, mite, sereno, senza offendere nessuno, sorridente con tutti; si è goduto la vita e i
soldi: tutti ne parlano bene, tutti lo adorano. Io? Selvatico, duro, severo, avaro, scorbutico,
ostinato e ho preso moglie! Quante miserie da allora! Poi i figli, altre preoccupazioni. Per loro
ho consumato la mia vita e i miei anni a risparmiare. E adesso cosa ho in cambio? Odio, solo
odio! Quell'altro? Senza faticare si gode i vantaggi che spettano a un padre. Lui lo adorano,
quanto a me, mi evitano: a lui confidano tutti i loro pensieri, gli vogliono bene, stanno entrambi
a casa sua…(triste) io sono stato abbandonato. A lui, augurano lunga vita, quanto a me,
aspettano che muoia. Io li avevo tirati su con una fatica enorme, lui se li è guadagnati con una
manciata di spiccioli. Anch'io desidero essere amato e stimato dai miei cari: se questo si ottiene
facendo doni e approvando ogni cosa, farò così. Resterò senza denaro? Poco importa alla mia
età.
DEMEA – (vedendo Siro arrivare dal vicolo) Siro carissimo, salve! Che si fa di bello? Come va?
(a parte) È la prima volta che contro la mia natura aggiungo queste tre cose “carissimo, che si
fa di bello? Come va?”
SIRO - Bene.
DEMEA - Sono proprio contento. Sei uno schiavo degno della libertà, sarei contento di esserti
utile e a breve lo vedrai coi fatti!
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SIRO (stupefatto) – Grazie!
DEMEA (ad Eschino che esce di casa) – Eschino, vita mia? Perché non porti tua moglie in casa?
ESCHINO – E’ quello che desidero, ma manca ancora qualcosa e quelli che cantano l'imeneo
sono in ritardo…
DEMEA - Eeeh, ascolta il tuo vecchio! Lascia perdere questa roba: imeneo, cortei, fiaccole,
flautiste. Piuttosto, fa’ demolire al più presto il muretto in giardino e falla passare di lì, forma
una sola casa, e porta qui da noi anche la madre e tutta la famiglia.
ESCHINO - Splendida idea, padre carissimo!
DEMEA (a parte) – A meraviglia! Ormai mi chiamano caro e mi trovano simpatico! (rivolto a
Siro) Siro, cosa aspetti? Va’ e butta giù il muro!
FRIGIA (dall’interno)- Sì, Micione, è un ordine di tuo fratello Demea abbattere il muro in
giardino, per far passare comodamente in casa nostra la ragazza, che ha appena partorito, e il
bambino. Quanto è gentile, premuroso, un vero galantuomo!
MICIONE (uscendo)- Che succede Demea?
DEMEA - Succede che io desidero ardentemente che questa famiglia diventi quanto più è
possibile una sola cosa con la nostra!
ESCHINO – Sì, ti prego, padre.
MICIONE – Sono d’accordo!
DEMEA- Benissimo! E’ un dovere per noi. In primo luogo c’è la madre della sposa, Sostrata...
(pausa ad effetto) una donna seria, riservata, di una certa età, ormai non può più avere figli,
non c’è nessuno che pensi a lei, è sola…è giusto che tu la sposi!
MICIONE –(sbalordito) Sposarla, io?
DEMEA –Sì, proprio tu! (rivolto a Eschino) Se tu sei un uomo lo farà.
ESCHINO –(supplichevole) Padre mio!
MICIONE – Anche tu, somaro, gli dai retta?
DEMEA – E’ inutile che ti agiti, non si può fare diversamente.
ESCHINO - Lasciati convincere, padre mio.
MICIONE - Ma sei impazzito? Smettila!
DEMEA - Su, fa' questo piacere a tuo figlio.
MICIONE (scocciato) - Ma sei fuori? A sessantacinque anni dovrei fare lo sposino e prendere in
moglie una vecchia decrepita? È questo che volete da me?
ESCHINO - Fallo: io gliel'ho promesso.
MICIONE – (camminando nervoso) Ah sì? Gliel'hai promesso? Senti, ragazzo, fa' il generoso
con ciò che è tuo!
DEMEA - Suvvia, e se ti domandasse qualcosa di più importante?
MICIONE - Come se questo non fosse il massimo!
DEMEA (incombono su Micione, uno a dx, uno a sx) – Per favore!
ESCHINO –(piagnucoloso) Non dirci di no!
DEMEA - Prometti che lo farai.
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MICIONE (spingendoli via) -Ma volete piantarla?
ESCHINO (lo implora con gli occhi giungendo le mani)-Non prima di averti convinto.
DEMEA-Su, da bravo, Micione…
MICIONE –(cedendo) Ma questa è una violenza bella e buona! E’ una cosa che mi sembra
sbagliata, sciocca, assurda e del tutto contraria al mio modo di vivere, ma (pausa, li guarda
sconsolato, prima Demea, poi Eschino implorante)…se proprio insistete,(rassegnato) così sia!

ESCHINO (lo abbraccia)- Come sei buono! Ho ragione a volerti bene.


DEMEA –Vero! Ah, c’è ancora una cosa: Egione, quel loro parente stretto, ora anche nostro, è
povero, mi par giusto fargli un po’ di bene. Potresti dargli in usufrutto quel piccolo campicello
nei sobborghi che affitti a gente di fuori…
MICIONE – E quello è piccolo secondo te?
DEMEA -Anche se è grande, dobbiamo farlo: per la ragazza è come un padre, è giusto darglielo!
Così non ci macchieremo della colpa di cui parlavi poco fa e cioè che i vecchi sono troppo
attaccati alla roba!
MICIONE - Cosa posso dire? Se a Eschino fa piacere, diamoglielo.
ESCHINO- Padre carissimo!
DEMEA – Sono proprio contento! (a parte, fa il gesto) Lo sgozzo con la sua stessa spada

SIRO (uscendo dalla casa di Micione) Fatto! ho abbattuto il muro, Demea.


DEMEA - Sei una brava persona. (a Micione) Perciò, per Eracle, ritengo giusto che oggi Siro
diventi un uomo libero.
MICIONE - Libero lui? E per qual motivo?
DEMEA – (ruota la mano) Hiii! Hai voglia! Per molti motivi.
SIRO - Demea carissimo, sei davvero un galantuomo! Questi ragazzi ve li ho curati fin da
bambini con ogni attenzione; li ho istruiti, li ho consigliati, ho dato loro tutti i buoni principi che
ho potuto.
DEMEA (con inflessione ironica) E’ una cosa che si vede. E inoltre gli hai insegnato anche a
organizzare i pranzi con cura, a portarsi in casa le etere, a banchettare in pieno giorno: non
sono mansioni di un uomo dappoco!
SIRO - Che spiritoso!
DEMEA – E oggi ha prestato il suo aiuto per l'acquisto della suonatrice. E’ giusto ricompensarlo!
E poi (indicando Eschino) è lui a volerlo.
MICIONE (stupefatto, rivolgendosi a Eschino) - Desideri così?
ESCHINO - Sì.
MICIONE -Se lo vuoi tu: ehi, Siro, avvicìnati! (ponendogli la mano sul capo) Sei libero.
SIRO - Ringrazio tutti, in particolare te, Demea. Se per completare questa gioia …potessi vedere
libera anche Frigia, mia moglie!
DEMEA – Ma certo, anche lei deve essere libera! Pagherò io il suo prezzo. E tu, Micione, dovresti
dargli anche un po’ di denaro per le loro necessità.
SIRO - O Demea, che il cielo possa esaudire sempre tutti i tuoi desideri! Che brava persona sei!
ESCHINO - Padre mio dolcissimo!
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MICIONE (a Demea)- Ma cosa è successo? Cosa ti ha fatto cambiare d'improvviso i tuoi metodi?
Cos'è tutta questa generosità?
DEMEA - Volevo dimostrarti che se questi ti considerano gentile e amabile, questo non dipende
da una retta concezione della vita, né da un senso di giustizia e di bontà, ma soltanto dal tuo
essere arrendevole, indulgente, prodigo, Micione. Ora, Eschino, visto che il mio modo di fare
non vi piace, perché non vi assecondo, in modo indiscriminato, in ogni cosa giusta e ingiusta, i
miei principi li lascio perdere: spendete, comperate, fate quel che volete. Ma ci sono cose che
per la vostra giovinezza voi vedete di meno, desiderate con troppa foga, non sapete valutare
abbastanza. Se volete che io vi ammonisca, vi corregga e ceda solo quando è opportuno, sono
qui, a vostra disposizione!
(Ctesifone esce di casa dietro di lui la sua amante)

ESCHINO - Ci rimettiamo a te, padre, tu sai meglio di noi quel che bisogna fare.
CTESIFONE- E di me? E di lei…Che sarà?
DEMEA – Ti do il mio permesso, tienitela pure: ma che questa sia l'ultima che fai!
MICIONE- Che la festa abbia inizio!
(MUSICA entrano tutti in scena Euriclea porta un cesto di frutta, Dafne un’anfora di vino,
Parmenone le coppe Panfila canta)

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