Sei sulla pagina 1di 3

Mc 1,12-15

I° di quaresima
Domenica delle tentazioni di Gesù

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da
12

Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 14Dopo che Giovanni fu
arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è
compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Note esegetiche
Il vangelo di Marco, il più antico dei vangeli scritti che sono giunti a noi, è molto
sobrio nel raccontare la pagina delle tentazioni (Lc e Mt presentano un testo più articolato
poiché si soffermano a raccontare anche i contenuti delle tentazioni).
Il tempo della tentazione è posto all’inizio del ministero pubblico di Gesù, ma la
realtà della tentazione abbraccia tutta la sua esistenza. Ci sorprende, ci lascia perplessi
sapere che Gesù – e anche Maria – hanno avuto delle tentazioni. E di che spessore! In questo
senso va compreso il numero 40 che indica un tempo molto lungo, che in realtà abbraccia
tutta la vita.
Il luogo della tentazione è il deserto ripetuto due volte per sottolinearne l’importanza.
Più esattamente il deserto è il luogo in cui le tentazioni possono emergere. Il deserto è il
luogo dell’incontro con Dio, il luogo in cui Israele ha sperimentato la presenza fedele del
suo Dio e nello stesso tempo la propria ripetuta infedeltà. Gesù attraversa quello stesso
deserto di Israele (e dell’umanità) affinché si realizzi un nuovo “Esodo” e una nuova
“alleanza”. Il deserto è il luogo privilegiato del silenzio/vuoto per fare spazio a Dio.
Il tentatore è chiamato Satana che è una parola ebraica scritta in greco: “satàn”
significa accusatore, “pubblico ministero” in un processo; il verbo della stessa radice
significa avversare, accusare. In greco è reso con la parola “diàbolos”: colui che si
intromette, che ostacola il cammino e intende far cadere; Marco preferisce conservare la
parola ebraica Satan. “Satana” è colui che avversa e ostacola il cammino messianico di
Gesù.
Cosa può significare l’affermazione “Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo
servivano”? La parola “therìon” tradotta con “bestie selvatiche” indica gli animali feroci e
pericolosi per l’uomo. Nella letteratura giudaica contemporanea del vangelo di Marco si
affermava che Adamo ed Eva hanno avuto paura degli animali solo dopo il peccato, invece
prima, uomini e animali si cibavano solo di erbe e di quanto la terra produceva; in altre
parole, non c’era alcuna violenza tra loro. Inoltre si riteneva gli angeli portassero da
mangiare ad Adamo ed Eva.
Vincendo il tentatore Cristo riporta l’umanità alla pace degli inizi della creazione,
compiendo la parola profetica del Salmo 90 e della profezia di Isaia:
“Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. Sulle mani essi
ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra. Calpesterai leoni e
vipere, schiaccerai leoncelli e draghi” (Sl 90,11-13) ;
“La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il
leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della
vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso” (Is 11,8).

Attualizzazione
Come gestiamo le tentazioni? Le riconosciamo? Credo che abbiamo una
scarsissima considerazione dei pericoli delle tentazioni. In generale non abbiamo
maturato una buona educazione all’igiene spirituale. In altre parole di solito abbiamo
cura di prevenire le malattie del corpo (curiamo di solito l’alimentazione, ricorriamo
subito a dei farmaci se qualcosa non va,colesterolo, tiroide, diabete… ci teniamo,
opportunamente a tenere tutto sottocontrollo); alla stessa maniera opportunamente non
trascuriamo la salute psicologica e ci preoccupiamo se dei sintomi di nevrosi o di psicosi
si presentano in noi o nei nostri cari. Non altrettanto facciamo circa ciò che può attentare
alla nostra salute spirituale.
Cosa vuol dire salute spirituale? Ci sono delle dimensioni che non sono né
biologiche né psicologiche, ma appunto spirituali. Possono sorgere nel cuore degli
interrogativi: perché non fermarmi da una prostituta? Perché non accettare l’invito
seducente di un(a) collega (sposato/a)? Perché non provare il piacere di una droga?
Chissà come sarà? Che male c’è? Perché non farlo? Non so quante persone sono
consapevoli che questi interrogativi hanno un nome preciso: tentazioni. E costituiscono
un pericolo grave per la nostra vita. Non scambiamo le tentazioni per occasioni.
Le tentazioni sono costantemente presenti nella nostra vita. Sono come i virus
dell’erpes o di altre malattie infettive: normalmente sono sottocontrollo, tuttavia se non
manteniamo un buon grado di igiene e se vengono meno le nostre difese diventa molto
facile che abbiano il sopravvento su di noi. Se non stiamo attenti, se facciamo cadere il
nostro livello di guardia, se diventiamo più deboli, proprio allora questi virus vincono e
fanno emergere tutta la loro forza devastante con infezioni dolorosissime. A volte
provocano delle drammatiche compromissioni delle funzioni organiche, come quando il
virus dell’Erpes Zoster finisce negli occhi. Se ci alimentiamo male, se ci sottoponiamo a
degli stress superiori alle nostre possibilità, se viviamo una vita disordinata, più
facilmente certe malattie possono invadere la nostra esistenza. Desideri smodati sono
presenti in noi, ma in certi momenti, se non stiamo attenti, possono divenire impetuosi e
rovinare la nostra vita. In questo senso dobbiamo riconoscere che potenzialmente siamo
tutti ladri, tutti adulteri, tutti pedofili, tutti traditori, tutti violentatori.
Le tentazioni, tuttavia, possono essere anche una risorsa e non solo un rischio. A
patto che siano illuminate dalla Grazia, cioè dalla forza e dall’amore di Cristo che ci
rende vincitori. Se impariamo a gestirle bene possiamo farle diventare un “vaccino” che
ci “immunizza” dal commettere i peccati invece che indurci a compierli. Sant'Antonio
Abate ha lasciato questo detto: “sopprimete le tentazioni e più nessuno si salverà”; in
altre parole le tentazioni sono una risorsa, un occasione di crescita, sono lo spazio della
nostra libertà. Le tentazioni sono la prova del nove del nostro cammino spirituale, poiché
la fede è anche lotta, combattimento: non è una passeggiata. Se non siamo tentati,
preoccupiamocene seriamente. Cioè, se non siamo consapevoli delle tentazioni che
abitano in noi, se non siamo capaci di dare un nome alle tentazioni significa che non
stiamo camminando nella fede. Le tentazioni non sono peccato, ma sono lo strumento
per aprire o chiudere la via al peccato. Imparare a riconoscerle e a chiamarle per nome è
fondamentale per un cammino di amore, di fedeltà, di autenticità, di verità.
E’ necessario andare nel “deserto” per imparare a discernere le tentazioni. Nel
deserto è possibile andare all’essenziale, ascoltarci in profondità, ma il deserto da solo
non basta. Non basta semplicemente fare silenzio, fare il vuoto dentro e intorno a noi.
Non basta andare in montagna o in campagna. Non basta fare esercizi di meditazione
come lo yoga o il training autogeno. Occorre incontrare la Parola che ci da salvezza.
È decisivo l’incontro con la “buona notizia” che è il vangelo. Da soli, con le
nostre analisi e con i nostri sforzi, non ci salviamo. Occorre incontrarsi con questa buona
notizia, con l’assoluta bella novità del vangelo. Ronchi afferma: “non è la denuncia ma
l’annuncio che salva”; è il fascino e la bellezza della buona notizia del Vangelo che
salva il mondo. “Vuoi vincere il male? – continua Ronchi - non basta il tuo sforzo, devi
prima conoscere la bellezza di ciò che sta succedendo, la grandezza di un dono che
viene da altrove. E questo dono è il Regno di Dio: che è vicino, che è qui, che è dentro
di te. (…) Credi nel Vangelo equivale a dire: fidati dell'amore, dai fiducia all'amore in
tutte le sue forme, come forma della terra, come forma del vivere, come forma di Dio.
Ricomincia da qui. E sarà il Regno”.
La vittoria sulla tentazione infatti è finalizzata a costruire il “regno”, non è solo
per se stessi, ma ha risvolti comunitari. Il tuo micro-mondo si riflette sul grande mondo
che è intorno a te. Quindi dopo aver gettato in Dio tutta la tua fiducia, fidati di te, della
tua intelligenza della tua coscienza illuminata, della tua capacità di lavoro. Fidati delle
relazioni che hai costruito e che vuoi costruire per essere protagonista positivo in questo
mondo. E soprattutto, in questo tempo, prediligi concretamente i poveri, i piccoli, gli
anziani, i senzatetto, i senza lavoro, i senza famiglia. Sii tu buona notizia, sii il contrario
dell’accusatore (satàn), sii il consolatore, sii dovunque non il denunciatore delle cattive
notizie, ma l’annunciatore della buona notizia. Cosi vivrai la tua conversione e con la
vita testimonierai che il regno è già.

Potrebbero piacerti anche