Carlo Randoni
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Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
OSSERVAZIONI
DELLA
LEZIONE
DELL’ARCHITETTO RANDONI
Non si può asserire, che gli antichi non abbiano conosciuti gli effetti ottici, e che
nelle loro architetture, e pitture non ne abbiamo fatto uso; giacchè negli scrittori
antichi s’incontrano sovente alcuni passi, che apertamente dimostrano quanto
chiara, di simili effetti, essi avessero l’idea, e come ad essi applicassero i principii
della scienza. Vitruvio, per quanto spetta agli effetti ottici, in molti casi ci avverte
sopra le aggiunte che si debbono fare per supplire alla apparente diminuzione
prodotta negli oggetti, in proporzione alla distanza dalle quali sono veduti, e nella
prefazione del libro settimo egli fa menzione del Trattati di Agatarco, di
Democrito, e di Anassagora, nei quali dice si trovassero le regole di Prospettiva
particolarmente applicata al Teatro, onde potere, dato un punto fisso, imitare al
naturale con lince le apparenze degli oggetti da dipingersi, acciocchè da una cosa
vera si possano rappresentare imagini d’edifizi, alcuni dei quali, benchè dipinti
sopra superficie piane, sembrino allontanarsi ed altri avvicinarsi. Dopo una così
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esatta descrizione al disegno di prospettiva lineale concorrente, non v’ha più
luogo a dubitare, che gli antichi non lo abbiano eseguilo con metodo e regole
certe; ma fatalmente questi trattati, e queste così esatte regole non sono giunte
sino a noi; e sebbene Vitruvio discorra a lungo della pittura, e dei colori, dei quali
discende sino a darcene la derivazione, ed il loro costoso prezzo, nulla di meno
da’ suoi Trattati non possiamo rilevare quali fossero le regole, o teoriche o
pratiche usale dagli antichi per eseguire il disegno prospettivo; nè definisce egli
da che sia generata la prospettiva lineale concorrente, nè fa cenno della piramide
formata dai raggi visuali, nè della sezione di questa, ne quali regole si tenessero
per delineare le projezioni prospettive.
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Teone, poichè, come dice il citato Caylus, Euclide non ha fatto altro, ed è pure
assai, che disporre con ordine geometrico le scienze degli antichi: su lo stesso fare
sono i precetti di Prospettiva di Eliodoro Larisseo tradotti dal greco dal Danti, e
fra moderni quelli di Vittelione, che visse nel 1300; ma tutte le regole, che in essi
trattati si contengono, non spiegano altro se non se gli effetti della visione, e le
leggi con cui dipingono nella retina dell’occhio le imagini delle cose vedute.
Nessuno dei citati filosofi dà regole pratiche per determinare con linee le
apparenze; questa è pure l’opinione di Guido Ubaldi, come si rileva dalla
Prefazione della sua Prospettiva: dunque tutta la Prospettiva di Euclide non
poteva produrre, che una maggiore facilità, e dare una migliore direzione ai pittori
che imprendevano ad imitare dal vero la veduta di una fabbrica, o di un paesetto e
simili; e sembra, che tutte le loro regole di prospettiva consistessero in qualche
metodo pratico per più facilmente ritrarre dal vero le imagini delle cose vedute;
per esempio quelle, che forse avranno insegnato gli antichi ai loro allievi, e che
tuttora insegnano i moderni, detto la regola del traguardo, o dell’appiombo, e
livello, al cui metodo, per più facile e sicura guida Leon Battista Alberti aggiunse
l’uso del velo colla graticola, regola colla quale si conoscono le linee che
sfuggono, e si uniscono al centro dell’occhio, quelle che obbliquamente si
diriggono ai punti accidentali, le parti, che sono a destra, od a sinistra dello
spettatore, le più vicine, o quelle più lontane ec., ma bisogna poterle ritrarre dal
vero come facevano li pittori ai tempi di Vitruvio, e coloro, che più erano abituati
nell’esercizio di questo metodo ritraevano con maggiore facilità, ed aggiustatezza,
e le imagini ritratte erano più somiglianti: nella stessa guisa che tuttora fanno li
nostri pittori che non conoscono le regole teorico-pratiche per eseguire il disegno
di Prospettiva lineale concorrente.
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doviziosi e potenti personaggi di Roma, nello abbellire le quaili certamente non
avranno impiegato pittori dozzinali; lo stesso è da credere di quelle delle terme di
Tito, giacchè per attestato di Raffaele Mengs quelle dipinture sono distinte
particolarmente pella lucidezza ed armonia del colore; dunque da quelle si
dovrebbe dedurre parimenti, a quale grado di perfezione in esse si trovi la
Prospettiva lineale concorrente: l’esame si faccia sopra soggetti d’architettura,
genere di disegno nel quale gl’effetti ottici sono più sensibili, e scelgansi que’ che
più degli altri sono commendati: ciò non pertanto in quanto alla giustatezza della
Prospettiva lineale li troviamo assai imperfetti.
Vitruvio4 si lagna che a’ suoi tempi le pitture copiate dalla natura andavano
in disuso, ed a quelle s’anteponevano i rabeschi: dunque io dico, che per questo
fatale assurdo l’arte non ha più potuto fare progressi.
Dopo la prima costruzione dei teatri, l’uso degli spettacoli teatrali, dalla
prima semplicità greca, giunse alla più grande sontuosità presso i Romani, ed il
costume si mantenne fino a’ giorni nostri; si può dunque congietturare, che
l’impiego delle pitture teatrali non fu interrotto mai, e che i professori di
quest’arte successivamente si sono imitati; anzi io porto opinione, che le scene
degli antichi fossero fatte a quel modo, che si usavano ancora ai tempi di Daniele
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Barbaro cioè parte in pittura e parte in rilievo, ed erano stimatissime, poichè il
Barbaro ne parla con molta lode nel seguente passo5:
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geometrico, come lo sono il disegno icnografico, e lo ortografico, e l’altro, cioè il
prospettivo, e l’imitazione della natura; in conseguenza le misure sono tutte
alterate dagli effetti ottici, per cui debbe essere diverso il metodo da usarsi nel
descriverne la projezione; nel disegno geometrico, il sistema de’ raggi è paralello,
nel prospettivo è concorrente all’apice del cono visuale, ed ai punti accidentali; e
sebbene il disegno scenografico dimostri ad un tempo stesso la pianta, il
prospetto, ed i lati, tuttavia non perde la qualità di essere disegno geometrico.
FIGURA I.
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posteriore dell’ortografia, le A. E, e B. F le faccie laterali, od i lati, e la D. E, la
faccia superiore, o la copertura: di ogni pezzo di questo componimento se ne può
rilevare col compasso la precisa geometrica dimenzione, per valersene a comporre
un altro simile cubo da servire di modello all’operajo.
È cosa ovvia e naturale, che Vitruvio abbia descritta la proprietà del disegno
scenografico, piuttosto che quella del prospettivo, poichè quest’ultimo appartiene
alla pittura, e non direttamente all’architettura, e ragion vuole che Vitruvio
descriva l’essenza del disegno scenografico, poichè tutti sanno, che Vitruvio era
pure Architetto militare, ed il suo impiego al servizio dell’Imperatore Cesare
Augusto era quello d’Ispettore delle Fortificazioni, e Macchine belliche, onde è
che il disegno scenografico è quello di cui più comunemente si servirono
gl’Ingegneri militari, e tuttora si servono anche i moderni sotto l’improprio nome
di Prospettiva alla Cavaliera, per delineare i nuovi progetti delle macchine e dei
piani di fortificazione, stante che nel tempo stesso si esprime e l’icnografia e
l’ortografia, tiene la proprietà di dare la vera misura della pianta, e quella
dell’elevazione, e come opportunamente il Filandro dice, serve qual modello
all’operajo per eseguire la futura opera: di fatti Ferdinando Bibiena9 dice
affermativamente non potersi dire Prospettiva: Pietro Accolti questo metodo di
disegno lo chiama Prospettiva parallela e non concorrente, e se ne serve appunto
di modello per ricavare le ombre geometriche, e quindi applicarle al disegno
prospettivo concorrente10 . Ma poichè Vitruvio non parla in nessun luogo del
modo d’eseguire con precisione il disegno prospettivo, ossia propriamente della
projezione ottica, conviene persuadersi, che ai tempi di Vitruvio, e di Augusto,
tempi nei quali le arti e le scienze erano tenute in grande stima, e più che mai
protette, li pittori d’allora eseguissero la prospettiva per sola abitudine, e
dobbiamo conchiudere, che il metodo di delineare la Prospettiva lineale
concorrente sia opera dei moderni, i quali dallo studio delle regole d’ottica
insegnate dai filosofi, hanno saputo dedurre le regole pratiche per disegnare non
solo le vedute di cose vere, ma anche di quelle non vere e solamente imaginate.
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Le prime regole pratiche di Prospettiva lineale, dalle ricerche state fatte dai
professori in quest’arte, s’attribuiscono al maestro Pietro della Francesca di Borgo
S. Sepolcro, morto nel 1460, e pubblicate da frate Lucca del Borgo S. Sepolcro; il
Serlio le ha unite alla sua Architettura: scrisse della Prospettiva Leon B. Alberti, il
Durero, il Daniele Barbaro, e il Vignola parimenti ha date le sue regole della
Prospettiva risolte con due metodi ai quali il Danti vi ha unite le geometriche
dimostrazioni; quindi eccellenti matematici si occuparono a dichiarare gli arcani
di questa scienza e ad esporla con metodi ordinati e piani, come fecero il Volfio,
Dechales, Ozanam, Taylor, la Caille; il celebre Eustachio Zanotti, e moltissimi
altri.
Note
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