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Hashtag: Ricchioners.

La questione delle unioni civili ci riguarda tutti: ricchioni, omosessuali, bipedi, onnivori,
hegeliani, vegani, femmine, femminelli, cinefili, cinofili e nemici del tabacco compresi. La
questione in ballo è ben più ampia dell’orientamento sessuale di quanti richiedono il diritto civile a
legarsi. Non si tratta, come si pensa, di permettere con misericordia o di negare con intolleranza il
diritto di due cittadini adulti a unirsi legalmente. Il cattolicesimo, stavolta, non c’entra - almeno non
direttamente - e temo che sia proprio una simile estromissione ad aver scoraggiato ogni tentativo
lucido di comprensione dei fatti. D’altronde, quando non c’è almeno un pezzettino di gesucristo a
chiarirci le idee, la sofferenza diviene oscura e immane. È sempre dietro la porta del dolore, la paura
del buio.
La chiave di lettura dell’intera faccenda, a mio avviso, non va rintracciata nell’unione in
questione ma nella sua particolare connotazione: civile, si tratta di unioni civili. Ho riletto alcuni
passi della Genealogia della Morale, ripensando alle diverse traduzioni fraudolente del testo e al
fatto che Nietzsche, se fosse stato napoletano, avrebbe certamente utilizzato, in luogo di
“malaticci”, l’espressione ricchioni. Ecco che riappare la parola intrusa, il pretesto di tutta questa
farneticazione: ricchione. Per i linguisti più accademici e irrigiditi, è bene dire da subito che la
bassa plebe (quella sporca, zozza e viva) è l’unica conoscitrice veramente aggiornata e aggiornante
della lingua italiana. Tutto il resto non è che spocchia e isteria molesta. O frigidissima finzione.
Ricchione, ci insegnano i dotti amici popolani, è una parola polisemica: un contenitore di significati
eterogeneo e straordinariamente umoristico. Sarebbe convenzionale e assai pedante - un po’ come
quelli che “o la lettera maiuscola dopo il punto o la gogna” - rintracciare la data esatta in cui
ricchione smise di significare solamente omosessuale. Si tratta, ad ogni modo, di tempi che
oscillano tra il remoto e il mai accaduto e, ad essere sinceri, le ricerche etimologiche che superano
la mezza riga sono un’ingiustificata rinuncia alla pigrizia. In questo caso però, trattandosi di un
simpatico aneddoto, ce ne possiamo allietare insieme. L’assonanza tra ricchione e recchia, che in
napoletano significa orecchio, è la chiave di lettura più quotata. O, quanto meno, la più divertente.
Napoli è un importante centro portuale e nei porti, si sa, quando il passaggio di solitari e avvenenti
marinai non fa strage di donne, è perché ha già fatto strage di marinai. Che poi, ce lo chiediamo
tutti, ma De Gregori se l’è chiesto meglio: «Come fanno i marinai / a baciarsi tra di loro / a
rimanere veri uomini però». Ad ogni modo, quelli che dalle Americhe sbarcarono a Napoli durante
la dominazione spagnola - per lo più appartenenti alla cultura Incas - indossavano degli orecchini
grossi così. Se i marinai già si baciano tra di loro, per di più indossando degli orecchini, è irrilevante
che restino “veri uomini però”. Sempre ricchioni sono, no? Ed ecco illustrata la simbologia della
recchia. L’anomalia iniziale, come si vede, si configura come discrepanza etica, cioè relativa ai
costumi di un popolo. L’arredamento delle orecchie marinaresche sarà somigliato così tanto a quello
delle vaiasse napoletane, e così poco a quello degli scugnizzi più mascolini, da aver attirato tutta la
vis comica dei nostri burloni.
Ma ritorniamo alla questione lasciata in sospeso; dicevo della Genealogia e della civiltà. In
quello scritto assai polemico che è la Genealogia nietzschiana, il bersaglio è certamente lei: la
signorina civiltà. Proprio ella, in combutta con gli ebrei più rachitici, ha fatto di noi uomini gli
animaletti mansuefatti che siamo ancora oggi. Una comitiva di ebrei, fin troppo consci della propria
muscolatura imbarazzante, pur di deviare la strada della palestra introdussero, illo tempore, una
strategia di lotta originalissima: la cosiddetta trasvalutazione ebraica dei valori aristocratici. I viri
boni, e prima di loro gli aristoi, da ricchi e possenti maschioni imperialisti divennero d’un tratto i
nemici cattivi: il malum da combattere con la spada dell’amore e della misericordia. Così faceva
quell’ebreo di Gesù di Nazareth; tu gli davi un ceffone pieno della più gioiosa virilità e lui, di tutta
risposta, ti offriva l’altra guancia rinsecchita e ossuta, perché non si esaurisse il divertimento. Quel
gioco bellico, però, durante il quale a divertirsi era sempre stato il più forte, venne improvvisamente
invertito. Il divertimento restò tale, ma divenne anche una vergogna. Così, chi godeva del patimento
altrui si trasformò, con l’avvento di Cristo, nel malvagio, e l’impotenza dei rinsecchiti si impose, di
contro, come nuovo valore di bontà. Sopra i ricchi e sotto i poveri, con i greci e coi romani; viva i
poveri e ladri i ricchi, con gli ebrei e i nuovi cristiani. Perciò, gira e vota, sono sempre i più potenti
- di muscolatura o di furbizia - a imporre i valori morali. Sono pochi e furbi da un lato, pochi e forti
dall’altro: di fatto, sono sempre pochi. E il popolo non c’entra mai col potere, manco per sbaglio.
Che li scrivano nei poemi, sulle tavole o nelle chiese, i valori morali non discendono da alcuna
natura misteriosa o trascendente. Non c’è sostrato da scoprire, quando si tratta di buoni e di cattivi,
la posizione dei valori è affatto arbitraria e irrimediabilmente soggettiva. L’universale cui tende
ogni filosofia morale non è che l’intesa, un po’ coatta all’inizio e un po’ interiorizzata alla fine, tra
pochi e molti, tra legiferanti e subalterni, tra uomini veri e ricchioni passivi. La strategia morale di
Cristo, si badi bene, non si limita a porgere l’altra guancia; o meglio, la postura della guancia
ancora in-schiaffeggiata, è tutt’altro che passività inerme: è reazione. L’uomo della reazione - dice
Nietzsche - è mosso dal ressentiment. Il nazareno reagisce allo schiaffo senza schiaffeggiare solo
perché, con quelle manine da rinsecchito, fa più bella figura a giocarsi la carta della fratellanza e
della messa in croce. I tempi di Cristo erano sì diversi, e pure le rispettive azzuffate, ma tutto
sommato non è un azzardo affermare che Gesù sia stato ucciso di mazzate. La grossa differenza è
che gli spettatori a lui coevi, e quanti appresero della crocefissione soltanto per via narrativa, si
appassionarono alla vicenda piuttosto che accodarsi al pubblico ludibrio. In genere, lo spettacolo di
una tortura garantisce alle masse un nutrimento pelvico bello sostanzioso; in quel caso, addio
piacere della crudeltà. Piansero tutti. «Povero cristiano!» dovette esclamare qualcuno tra la folla.
Immagino che tutto sia iniziato così, per un’intuizione anacronistica. Non si chiamava ancora
evangelicamente compassione, ma di quello doveva trattarsi. La reazione pacifica era una grossa
novità e, come si può immaginare, dinanzi all’inedito si resta sempre un po’ scombussolati. In quei
casi è così difficile sapere cosa si dovrebbe provare, tanto da inaugurare sentimenti nuovi. La
crocefissione non era certamente una nuova strategia punitiva, Cristo non ha avuto l’esclusiva. Egli
però, a differenza dei colleghi in mortem, non se l’era andata a cercare. Anzi, aveva addirittura porto
l’altra guancia piuttosto di dare calci e morsi all’impazzata. Quando si dubita della colpa di un
torturato, il passo verso la glorificazione postuma è veramente breve. E così è stato, gloria fu, nei
secoli dei secoli.
Mi si chiederà, a questo punto, dove voglia andare a parare con questa novella piena di ebrei e di
romani. Alla signorina civiltà, là voglio ritornare; e, più precisamente, alla civiltà contemporanea
delle carte costituzionali, all’anima bella degli stati di diritto. Tutta roba che ci riguarda da vicino,
eh! So che si fatica a crederlo, ma quello italiano, sulla carta, è uno stato di diritto. A essere più
precisi, la civiltà è l’unico strumento legale di cui disponiamo, per convivere insieme agli altri; ed è
anche quello meno usato dalla popolazione italiana. È talmente misconosciuto, il nostro stato di
diritto, che molti illustri esponenti della politica nostrana inneggiano al diritto di restare italiani,
senza esserlo mai stati. Negri merda, ricchioni infami e femmine infanticide affollano gli slogan
degli italiani più fieri, nonostante la nostra costituzione ripudi ognuna di queste sottilissime
antipatie fasciste. Che sia chiaro, il problema non è odiare i neri o mandare le femmine a fare il
caffè, per carità. Lo si può fare e lo si può gridare, ma non si può essere contemporaneamente
italiani. Lo stato italiano, con grande dispiacere di tutti, è uno stato civile che si fonda sulla
disgraziatissima democrazia. Decisione, quella democratica, presa tra l’altro con lo stesso suffragio
oligarchico di cui parlava Nietzsche: lo decisero in pochi, associandosi in quella che fu detta, poi,
“Assemblea costituente della Repubblica italiana”. Scrissero un bel testo, lungo 139 articoli. Così
lungo da contenere diritti per tutti, tranne che per i violenti e per gli odiatori più rumorosi. Non si
discriminava nulla, nella Costituzione, fatta eccezione per le discriminazioni. Si domanderà, a
ragione: che razza di mondo è mai questo se viene meno il diritto di odiare? E me lo domando
anche io ma, amici miei violenti e forti, i fatti sono questi. È peggio della legge cattolica - che di
discriminazioni fortunatamente ne fa che c’è da perdere il conto - quella di stato: non solo è laica
ma è pure sfacciatamente egualitaria. Ci hanno fregato, lo so, ma mi premeva avvertirvi del fatto
che la violazione del sacrosanto diritto alla crudeltà va imputato ai padri costituzionali, prima che ai
negri, ai ricchioni e alle femmine assassine. Vi hanno reso non-italiani senza che ve ne accorgeste,
bisogna che ne prendiate atto. Però, per non ricascare nel solito tranello della democrazia seducente,
è altrettanto vano pensare di poter sovvertire il potere dal basso. Comandiamo poco o niente, perciò
converrebbe - al di là della polemica sterile che al bar fa sempre scena e guai a chi la tocca - trovare
una maniera per approfittare di questa maledetta Costituzione. Facciamo due conti insieme. Vi
ricordate dell’etimologia di ricchione di cui ho scritto all’inizio? Bene, per rendere meglio la
complessità del significato di ricchione basti immaginare che - ed è sufficiente una lettura rapida -
la Costituzione italiana vuole letteralmente che siamo tutti ricchioni. Lo stato italiano ci vuole
ricchioni, avete sentito bene, e non si vergogna neppure a dirlo. Il punto, adesso, è capire cosa
significhi veramente ricchione. Come vi dicevo, è una parola polisemica e non c’è altro modo per
spiegarla che ricorrere a qualche esempio. Così procedo. Cari amici, la Costituzione ci vuole tutti
ricchioni poiché ci invita alla civiltà e all’uguaglianza e ci dissuade dall’odio e dalla violenza. Un
ricchione vero è uno che si sente libero di camminare come gli pare, a patto che, per farlo, non
debba calpestare il suo vicino; ricchione è chi usa quattro pagine di frasi complesse (con molti -ismi
qua e là) per assicurarsi che un altro non lo fraintenda; ricchione significa pure disporre del proprio
corpo senza usurpare quello di un altro. Ricchione, ancora, è quel manifestante pacifico che si fa
picchiare dai poliziotti per dire quello che pensa. Cosa da ricchione è anche ritenere possibile uno
stato sociale; ricchionissimo, poi, è pensare che la propria opinione sia solo una tra le tante e che
ascoltare quella degli altri possa aiutare ad arricchire la propria. È anche ricchione chi ritiene
possibile una proporzione congrua tra diritti e doveri e, ancora di più, quanti pensano che esistano
dei diritti umani inviolabili. Ricchione, per continuare, è chi pensa che l’uguaglianza sia possibile e
che, in linea con la Costituzione, se non si invade lo spazio dell’altro si campa centovent’anni.
Ricchione è pure chi pensa che con la guerra non si può fare la pace, perché se tu mi dai uno
schiaffo e io te ne dò uno più forte è assai probabile che la lite continui; se invece al tuo schiaffo
reagisco con un poco di pazienza ci troviamo con uno schiaffo in meno e verso una tregua più
auspicabile. Si potrebbe continuare per quanti sono gli articoli, ma, di fatto, una somma generale si
può già intravedere adesso. La Costituzione italiana ci vuole tutti ricchioni, cioè tutti liberi di essere
liberi, a patto che nessuno si faccia male. È una grande stronzata, starete pensando tutti, ma questi
sono i fatti. La nostra carta costituzionale ha dato e continua a dare letteralmente i numeri, però se
ci pensate un attimo, essere ricchioni conviene un poco a tutti. Per lo meno se si intende stare quieti,
farsi i fatti propri e vivere un’esistenza tutto sommato tranquilla. Per questo dicevo che la questione
delle unioni civili ci riguarda tutti, omosessuali e non. Scusate, ma se pure due ricchioni - ricchioni
non significherà solo omosessuali, ma pure quello, qualche volta - possono unirsi legalmente, vuol
dire che le danze sono aperte e possiamo abballare tutti come ci piace. Pure tu, uomo vero, che
muori dalla voglia di comprarti una camicia a fiorellini gialli, se accetti le unioni civili, avrai il
diritto di andare in giro vestito, liberamente, una chiavica. Se a due ricchioni è concessa l’unione
civile, figurati quanto spazio c’è per il cattivo gusto. Per non parlare del fatto che se due depravati
possono tenersi per mano senza essere picchiati, i picchiatori risparmiano quel gonfiore alle mani
postumo che - si sa - alla fine della giornata, quando si resta soli a letto, può rivelarsi una bella
scocciatura. Conviene compromettere una sessione autoerotica prima di dormire, per via di due
ragazze che vogliono affittare casa insieme? Ma, poi, a quelle due chi le conosce? La Costituzione
dice anche che ognuno deve pagare il proprio affitto; allora, i rischi sono azzerati e la
masturbazione è sana e salva. Se si accetta l’idea di essere tutti ricchioni, c’è un bel po’ di roba da
guadagnare. Soprattutto per il mondo dei maschi, che potrà imbellettarsi e radersi le sopracciglia
quanto gli pare e piace. In quel caso, non appena si riceva un molesto ricchiò, ci si potrà appellare
all’articolo 2, senza sporcarsi le mani [«Tutti i cittadini ricchioni hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali»]. Pure gli scemi sono legittimati dallo stesso articolo,
perciò pure a te che usi venti hashtag per sintetizzare l’esperienza estatica del tuo panino con la
mortadella imbevuto in una Peroni, conviene essere ricchione, italiano e favorevole alle unioni
civili. Se ti danno dello scemo, puoi sostenere che l’espressione libera della tua stupidità è
totalmente costituzionale. L’articolo recita «senza distinzione di razza», deve senza dubbio
includere anche quella degli scemi.
Quindi, ricapitolando, a tutti i sedicenti italiani pieni di orgoglio nazionale, rinnovo la mia
solidarietà per quell’atavico diritto alla crudeltà sottratto loro come le caramelle ai bambini. Era una
bella idea l’umanità autentica, violenta e crudelissima che descriveva Nietzsche. Probabilmente
nella Genealogia è contenuta la bozza teorica che più si avvicina a quella bestia umana che - senza
la messinscena della democrazia - sarebbe ognuno di noi. Ma, temo che stavolta ci sia andata male;
i potenti sono stati più buoni dell’ebreo di Cristo e per gli odiatori italiani non c’è più spazio. È
vergognoso, lo so. Però, tutto sommato, a me questa idea che si possa fare quello che si vuole, a
patto che di dimostri un po’ di buon senso, di intelligenza e di civiltà, pare un ottimo affare. Tutto
quello che voglio è che non mi si rompa il cazzo; tanto di romperlo io non se ne parla, anzitutto per
una questione di pigrizia. Perciò ricchione sia, ricchioni siamo. Grido “Evviva le unioni civili!”
nonostante fatichi a capire che gusto si provi a unirsi con gente come noi. Ma, tanto, mica devo
unirmi io con qualcuno, giusto? La solitudine - domando per precauzione - è altrettanto
costituzionale? «Sì!» Si può essere legalmente scemi e legalmente soli? «Sì!». E la possibilità di
non essere cacata il cazzo, pure resta costituzionale? «Sì!». Allora chiudiamo ‘sto accordo adesso e
riempitemi di lustrini. Evviva le unioni civili, lunga vita ai ricchioni e a mai più rivederci!

Nb: è costituzionale anche il napulegno utilizzato qua e là nel testo. Articolo 6 della Costituzione
italiana: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Compresa quella
italiana.

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